Federico De Roberto era uno scrittore italiano nato nel 1861 a Napoli e cresciuto a Catania. Iniziò la sua carriera come giornalista e in seguito pubblicò raccolte di novelle e romanzi, tra cui il suo capolavoro I Viceré del 1894 che descrive la decadenza di una nobile famiglia siciliana dopo l'unificazione d'Italia.
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Federico De Roberto era uno scrittore italiano nato nel 1861 a Napoli e cresciuto a Catania. Iniziò la sua carriera come giornalista e in seguito pubblicò raccolte di novelle e romanzi, tra cui il suo capolavoro I Viceré del 1894 che descrive la decadenza di una nobile famiglia siciliana dopo l'unificazione d'Italia.
Federico De Roberto era uno scrittore italiano nato nel 1861 a Napoli e cresciuto a Catania. Iniziò la sua carriera come giornalista e in seguito pubblicò raccolte di novelle e romanzi, tra cui il suo capolavoro I Viceré del 1894 che descrive la decadenza di una nobile famiglia siciliana dopo l'unificazione d'Italia.
Federico De Roberto era uno scrittore italiano nato nel 1861 a Napoli e cresciuto a Catania. Iniziò la sua carriera come giornalista e in seguito pubblicò raccolte di novelle e romanzi, tra cui il suo capolavoro I Viceré del 1894 che descrive la decadenza di una nobile famiglia siciliana dopo l'unificazione d'Italia.
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FEDERICO DE ROBERTO
Federico De Roberto nacque a Napoli nel 1861 da un ufficiale napoletano e da
una nobile siciliana, e si trasferì molto presto a Catania, dove visse sempre in stretto rapporto con la madre, invadente e autoritaria (il padre era morto molto presto, nel 1870 ). Intorno ai vent’anni iniziò a Catania una vivace attività giornalistica, che lo fece subito entrare in contatto con Verga e Capuana: sviluppò la propria vocazione di scrittore negli anni Ottanta, il decennio di piú forte espansione del verismo italiano e di piú vivace creatività dei due piú anziani scrittori siciliani. Collaborò a vari giornali nazionali (tra i quali il «Fanfulla della Domenica»); dal 1889 compí vari viaggi e fece lunghi soggiorni a Milano, dove da Verga fu introdotto negli ambienti e nei salotti letterari.Come narratore De Roberto esordí nel 1887 , con il volume di novelle La sorte, a cui seguí l’anno dopo un’altra raccolta dal titolo Documenti umani, caratterizzata da un’attenzione sperimentale ai casi piú vari. Nel 1889 uscí il suo primo romanzo, Ermanno Raeli, fitto di dati autobiografici e incentrato su un personaggio maschile che deve fare i conti con la propria immaturità sentimentale. Molto piú riuscito il successivo romanzo L’illusione del 1891, storia di un personaggio femminile, Teresa, che si configura come «l’incarnazione della ricerca dell’amore e dello scacco a cui questa ricerca conduce» tra vicende di inquietante lentezza e corrosiva analisi psicologica, la protagonista vede catturato il proprio io nel gioco di illusioni che domina i rapporti umani. Nel 1894 vide la luce il grande romanzo I Viceré, che aveva imposto allo scrittore uno sforzo gravosissimo; e da allora egli ebbe a soffrire di una malattia nervosa che si protrasse per gran parte della vita. Deluso dallo scarso successo dell’opera, De Roberto intensificò la sua produzione saggistica e giornalistica, collaborando, con articoli sugli argomenti piú diversi, al «Corriere della Sera». Appartato rispetto alle tendenze culturali dominanti nel nuovo secolo, visse quasi sempre a Catania, nella casa familiare, accanto alla vecchia madre. Tentò anche nuove esperienze di scrittura, come quella teatrale. Piú intensi e vivaci furono i suoi soggiorni a Roma tra il 1908 e il 1913 (quando lavorò, senza però condurlo a termine, al romanzo L’imperio, iniziato già da tempo come continuazione de I Viceré). Aveva sempre guardato con distacco e sdegno alla vita politica, ma poi si accostò ai movimenti nazionalistici e seguí con partecipazione le vicende del grande conflitto mondiale, durante il quale scrisse vari articoli politici e novelle di guerra. Visse gli ultimi anni solo e dimenticato, dedicandosi all’assistenza della vecchia madre malata: pochi mesi dopo la morte di questa, morì a Catania nel 1927. Dopo una prima stesura nel 1882 e un lungo lavoro di correzione durato fino al 1893 , De Roberto pubblicò il romanzo I Viceré l’anno successivo . Il romanzo, diviso in tre parti, narra la storia di una famiglia catanese di antica nobiltà di origine spagnola, gli Uzeda, principi di Francalanza (antichi viceré di Sicilia sotto la dominazione spagnola). La vicenda si colloca negli anni 1855 -1882, che videro il passaggio dalla dominazione borbonica ai recenti sviluppi dello Stato unitario e del suo regime parlamentare: si tratta di una vicenda d’invenzione, ma fittamente intessuta di riferimenti a fatti reali e concreti; ed estremamente precisa è la rappresentazione degli eventi pubblici e dell’ambiente cittadino in cui si svolge la storia privata della famiglia. Il romanzo affronta dunque una realtà in divenire che converge verso il presente: i processi innescati in Sicilia dal Risorgimento vi sono seguiti attraverso gli echi e le reazioni che essi suscitano nell’antica nobiltà feudale dell’isola, da sempre abituata a gestire il potere, a guardare le cose dall’alto. Il metodo naturalistico si presenta ne I Viceré in una delle sue soluzioni piú ambiziose: la narrazione è tutta versata all’esterno, intessuta di presenze fisiche, di realtà concrete, di gesti e di azioni, e il linguaggio emana da persone caratterizzate con immediata evidenza. Non ci sono personaggi e punti di vista dominanti, ma una folla varia e rissosa di voci e di presenze, un proliferare di figure che si muovono sullo sfondo di ambienti diversi; e tra spazi pubblici e spazi privati si dà un costante e mutuo scambio. La vita privata degli Uzeda si riflette in alcune essenziali scene di massa, tracciate da De Roberto con respiro potente; esemplari quella iniziale e quella finale, che fanno da suggello al romanzo e ci mostrano tutto lo spostamento che l’asse della famiglia ha compiuto in seguito al moto della storia. All’inizio, il teatralissimo funerale della vecchia principessa Teresa, il cui rituale è ancora da Antico regime; verso la fine, il comizio del giovane principe Consalvo, al termine della campagna elettorale che lo porterà, deputato «progressista», nel parlamento italiano.come trascinata via dall’incalzante ritmo della narrazione, che tutto nervosamente corrode. Nel delineare gli atti, le risse e le dissennatezze della famiglia Uzeda, il libro raggiunge momenti di comicità impietosa e scatenata: pare allora di assistere alle smorfie di un grottesco carnevale o di visitare un bislacco inferno che racchiude in sé tutto il senso della vita sociale. Siamo di fronte a una delle prove piú alte di naturalismo critico e negativo.Nei successivi scritti De Roberto non riuscí a mantenere la tensione corrosiva de I Viceré: e non riuscí a lavorare con altrettanta lena a L’Imperio (pubblicato postumo, ma lacunoso, nel1929 )Il romanzo intende rappresentare dal centro – da Roma capitale – la realtà politica del nuovo Stato, attraverso le imprese spregiudicate del principe Consalvo, deputato, e le disillusioni del giovane Federico Ranaldi, pieno di ideali risorgimentali.