Il Realismo Magico Oggi Sguardi Incrocia

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ANO XIII - NUMERO 174

IL REALISMO MAGICO OGGI


SGUARDI INCROCIATI SUL NOVECENTO
E LA CONTEMPORANEITÀ
Volti e esperienze
Luglio 2018
Editora Comunità
del realismo magico
Rio de Janeiro - Brasil
www.comunitaitaliana.com
[email protected]
Direttore responsabile
Pietro Petraglia Il numero di Mosaico di luglio 2018 è dedicato a due scrittori, compagni nella
Editori vita, che hanno attraversato l’intero corso del ‘900, Massimo Bontempelli, di
Andrea Santurbano cui ricorrono nel 2018 i 140 anni dalla nascita, e Paola Masino, di cui ricorrono i
Fabio Pierangeli
Patricia Peterle
110 anni dalla nascita nel medesimo anno.
Revisore L’idea che sottende a questo numero, che vede il contributo di giovani
Elena Santi
ricercatori al dibattito su queste figure di primo piano della cultura italiana, è
Grafico
quella di aprire uno spazio di discussione che culminerà alla fine di ottobre del
Wilson Rodrigues
2018 in un prestigioso Convengo internazionale a Parigi.
COMITATO Scientifico
Il contributo dei giovani ricercatori è stato incorniciato dalle preziose parole di
Andrea Gareffi (Univ. di Roma “Tor
Vergata”); Andrea Santurbano (UFSC);
Giovanni Antonucci che ha tracciato un profilo illuminante sia di Bontempelli
Andrea Lombardi (UFRJ); Beatrice Talamo che della Masino.
(Univ. della Tuscia di Viterbo) Cecilia Casini
(USP); Cristiana Lardo (Univ. di Roma Il Convegno parigino intende aprire una finestra su protagonisti della
“Tor Vergata”); Daniele Fioretti (Univ. letteratura italiana tra cui Bontempelli, Masino, Pirandello e Moravia, che
Wisconsin-Madison); Elisabetta Santoro
(USP); Ernesto Livorni (Univ. Wisconsin-
hanno attraversato l’intero ‘900 e hanno caratterizzato alcuni aspetti del
Madison); Fabio Pierangeli (Univ. di cosiddetto “realismo magico”, coinvolgendo scrittori, cineasti, drammaturghi
Roma “Tor Vergata”); Giorgio De Marchis ma anche economisti, geografi ed esperti di scienze politiche per dare un
(Univ. di Roma III); Lucia Wataghin (USP);
Mauricio Santana Dias (USP); Maurizio quado interdisciplinare della eredità che oggi ci hanno lasciato. L’evento
Babini (UNESP); Patricia Peterle (UFSC); intende anche proporre una chiave di lettura innovativa che proprio partendo
Paolo Torresan (Univ. Ca’ Foscari); Roberto
dalle suggestioni delle relazioni possa condurre ad aprire un breve squarcio
Francavilla (Univ. di Genova); Sergio
Romanelli (UFSC); Silvia La Regina (UFBA); sulla ricezione anche interdisciplinare, che è arrivata fino ai giorni nostri, delle
Wander Melo Miranda (UFMG). loro poetiche.
COMITATO EDITORIALE Daranno il loro contributo al convegno professori dell’Università degli Studi
Affonso Romano de Sant’Anna; Alberto di Roma “Tor Vergata”, della Ludwig Maximillian Universität di Monaco di
Asor Rosa; Beatriz Resende; Dacia Baviera, dell’Università di Poitiers, dell’Università “Aristotele” di Salonicco e
Maraini; Elsa Savino (in memoriam);
Everardo Norões; Floriano Martins; dell’Università di Colonia. Saranno inoltre coinvolte in un’ottica di integrazione
Francesco Alberoni; Giacomo Marramao; le istituzioni culturali a Parigi del Kuwait e degli Emirati Arabi Uniti.
Giovanni Meo Zilio; Giulia Lanciani; Leda
Papaleo Ruffo; Maria Helena Kühner; L’evento sarà realizzato in due giornate a Parigi e strutturato su tre grandi
Marina Colasanti; Pietro Petraglia; sezioni. La prima e la seconda dedicata alle figure di Massimo Bontempelli e
Rubens Piovano; Sergio Michele; Victor
Mateus Paola Masino e dintorni. La terza che chiuderà il momento di studio coinvolgerà
il maggior numero possibile di discipline. Ogni sezione, suddivisa in panel, sarà
ESEMPLARI ANTERIORI bilingue con interventi in italiano e in francese e sarà accompagnata da un corto
Redazione e Amministrazione girato da giovani filmaker dei due paesi basato sui contenuti del convegno.
Rua Marquês de Caxias, 31
Centro - Niterói - RJ - 24030-050 A partire dal mese di settembre verrà attivato un portale dedicato all’iniziativa
Tel/Fax: (55+21) 2722-0181 / 2719-1468 denominato MARWIT (Magic Realism in the wind of time) dove oltre alle notizie
Mosaico italiano è aperto ai contributi
e alle ricerche di studiosi ed esperti sull’evento verranno pubblicati importanti contributi di studiosi e che rimarrà
brasiliani, italiani e stranieri. I un punto di riferimento per gli esiti dell’iniziativa.
collaboratori esprimono, nella massima
libertà, personali opinioni che non Le relazioni degli studiosi saranno poi pubblicati in italiano e francese sia a
riflettono necessariamente il pensiero
della direzione. stampa che sotto forma di ebook integrato da un prodotto multimediale
realizzato con i materiali della copertura video e audio che sarà assicurata
SI RINGRAZIAno al Convegno dalla organizzazione e prodotto dalla casa di produzione
“Tutte le istituzioni e i collaboratori cinematografica ARPA FILM.
che hanno contribuito in qualche modo
all’elaborazione del presente numero”

STAMPATORE Giovanni La Rosa


Editora Comunità Ltda.

ISSN 2175-9537

2
Indice
Massimo Bontempelli, uno scrittore ai confini del post-umano pag. 04
Giovanni La Rosa

A colloquio con Giovanni Antonucci pag. 11


Giovanni La Rosa

Un profilo e un ricordo di Paola Masino pag. 15


Giovanni Antonucci

Il surrealismo della Massaia tra Parigi e Venezia pag. 17


Carla Valesini

Massimo Bontempelli e l’esperienza musicale, ovvero l’arte della curiosità pag. 24


Luca Bassi

Bontempelli, il cinema, il suo tempo pag. 28


Paola Populin

Rubrica

Le staminali dell’anima pag. 34


Francesco Alberoni

PASSATEMPO pag. 35

3
Massimo Bontempelli,
uno scrittore ai confini del post-umano
Giovanni La Rosa

quando dico l’arte è immaginazione non va inteso niente di simile al favolismo delle fate: niente millueunanotte.
[…]. No. L’immaginazione non è il fiorire dell’arbitrario, e molto meno dell’impreciso. Precisione realistica di con-
torni, solidità di materia ben poggiata sul suolo; e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire attraverso
un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la nostra vita si proietta.1

Io credo nella vita. Infatti ho spremuto più vita che mai dalla nostra terra. Ma sta morendo. Voi state morendo. Le
stelle si celano dietro le vite che non mi consentite di creare. Le vostre leggi hanno incatenato le mani del progresso.
Questo è un angelo e l’ho creato io.

Con queste parole si chiude il cortometraggio


2036: Nexus Dawn, diretto da  Luke Scott  (figlio di
Ridley Scott) tutto incentrato sul personaggio del
non vedente Neander Wallace, interpretato da Ja-
red Leto, primo di tre corti che sono stati diffusi per
preannunciare l’uscita nelle sale cinematografiche
del recente Blade Runner 2049.
Le parole pronunciate da Jared Leto riflettono
la nostra contemporaneità e ben si attanagliano ad
alcuni degli esiti più felici della vasta produzione
drammaturgica e narrativa di Massimo Bontem-
pelli. D’altronde mai come oggi memoria e identità
sono concetti strettamente connessi alle piccole e
grandi narrazioni di un mondo globalizzato in cui
ormai sempre più si sta affermando il post-umano
come recentemente ha affermato un filosofo del
calibro di Remo Bodei.
Ora però sta accadendo qualcosa di ulteriore.
Viene messa in discussione l’idea stessa di umano,
almeno per come l’abbiamo conosciuta sin qui.

Sono in particolare le biotecnologie che metto-


no in crisi convinzioni, abitudini e idee di durata
millenaria. Fin qui è stato ovvio, evidente, che
un individuo viene al mondo secondo i vecchi
e collaudati metodi della riproduzione sessuata
naturale, con un corpo e una mente soggetti a
malattie e deformità congenite e soffre, gode e
muore assieme a tutti i suoi organi; ora non più.
Si nasce - ormai lo sappiamo - con frequenza
sempre maggiore attraverso metodi di feconda-

1 M. Bontempelli, Opere scelte, Mondadori, Milano, 1978, pp. 750-751

4
zione assistita, si è padri o ma-
dri al di fuori dell’età fsiologica
abituale, si hanno trasferimenti
di materia vivente attraverso
trapianti di organi, che collega-
no storie e vicende differenti
in un solo corpo. Secondo una
proiezione abbastanza atten-
dibile di una prestigiosa rivista
di medicina, in Occidente, alla
fine di questo secolo saremo
tutti pluritrapiantati e provvisti
di numerose protesi che faran-
no funzionare organi malati del
nostro corpo, miglioreranno le
prestazioni esistenti o aggiun-
geranno prestazioni nuove.2

Non abbiamo ancora potuto


misurare il senso della metamorfo-
si in corso dallo stadio dell’umano
a quello del post-umano, dai corpi
organici agli esseri formati di carne
e metallo, silicio e plastica, di par-
ti umane e animali, trasferibili con
trapianti da un individuo all’altro.
Non abbiamo ancora potuto
misurare se non in minima parte
quali implicazioni sulla memoria e
sul concetto di identità potranno
esserci.
Dobbiamo chiederci tuttavia
se qualcuno nel passato almeno in
Italia non abbia tentato di dare una
risposta anche se solo profetica a
queste domande. Un anno in par-
ticolare ho focalizzato per questa
mia breve ricerca: il 1925.
È l’anno di apertura del Teatro
degli Odescalchi3 a Roma diretto
da Luigi Pirandello e del clamoroso
successo di Nostra Dea di Massi- Baldacci, nella sua introduzione ce n’erano tracce vistose in
mo Bontempelli con la straripante alle Opere scelte di Massimo Bon- Siepe a nordovest come in Eva
performance di Marta Abba. Ma è tempelli, pubblicate per l’edizione ultima, per assurdo possiamo
anche un anno fondamentale per meridiani mondadori del 1978: dire che c’è Pirandello anche
la simbiosi poietica tra due grandi nell’opera teatrale bontem-
protagonisti della nostra letteratu- il pirandellismo di Bontem- pelliana più lirica e gridata
ra come ha messo ben in eviden- pelli esisteva già da un pezzo, meno dialettica e sofistica,
za un profondo conoscitore della addirittura dai racconti dei La guardia alla luna: un Piran-
produzione bontempelliana, Luigi Sette savi, che sono del ‘12 e dello che verrà molto dopo,

2 Intervista rilasciata da Remo Bodei a «Repubblica» il 6 settembre 1913 e pubblicata su http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle-idee/2013/09/06/news/remo_bodei_noi_pove-


ri_post_umani_schiavi_delle_nuove_libert-65992664/ (Visitato il 24/06/2018)
3 Nostra Dea si intreccia con una delle pagine più importanti della teatralità del ‘900. Quel «Teatro degli Undici» fondato da Luigi Pirandello nel 1924. Volevano chiamarlo «Teatro degli
Undici» o «dei Dodici», dal numero dei soci ideatori: Stefano Pirandello, Orio Vergani, Claudio Argentieri, Antonio Beltramelli, Giovani Cavicchioli, Massimo Bontempelli, Maria Letizia
Celli, Pasquale Cantarella, Lamberto Picasso, Giuseppe Prezzolini, Renzo Rendi. Direttore artistico: Luigi Pirandello. Il gruppo si costituì per atto notarile il 6 ottobre 1924. Grazie ad una
sovvenzione, iniziò subito i lavori di ristrutturazione del Teatro Odescalchi, che prima ospitava le marionette di Podrecca. Il 2 aprile 1925 il Teatro d’Arte viene inaugurato con la Sagra
del Signore della Nave di Luigi Pirandello e Gli dei della montagna di Lord Dunsany. Il pubblico fu entusiasta delle novità, ma i conti economici di quattro mesi di attività si rivelarono un
disastro. Luigi aveva aderito al Fascismo, forse nella speranza di un consistente sostegno economico da parte del governo, ma Mussolini diffidò di lui: Pirandello non riuscì mai a creare
un Teatro di Stato, sganciato dalle ragioni commerciali e con una vera sede stabile. Il Teatro d’Arte mise in scena anche opere di Savinio, De Stefani, Vergani, Marinetti, Rosso di San
Secondo e, tra gli autori stranieri, di Ibsen e Unamuno.
Il testo teatrale bontempelliano sarà uno dei primi rappresentati.

5
quello della Favola del figlio
cambiato e dei Giganti del-
la montagna: a riprova che il
rapporto tra Bontempelli e
Pirandello fu più uno scambio
e un’osmosi che un’imitazio-
ne unilaterale; e il Pirandello
dei miti, della Nuova colonia,
di Lazzaro, dei Giganti risentì
l’influsso di Bontempelli.4

Il biennio 1924-1925 ha anche


una ulteriore valenza simbolica ai
fini del nostro discorso. È un perio-
do storico in cui Bontempelli si av-
vicina definitivamente alla Francia e
a Parigi in particolare dove vivrà più
tardi insieme alla compagna Paola
Masino.5 Infatti dopo il grande suc-
cesso di Nostra Dea, Bontempelli
si dedica alla scrittura di un nuovo
testo drammaturgico, Minnie la Can-
dida, che vedrà la luce solo nel 1928.
Minnie nasce in una bella mat-
tina di sole nel marzo del ‘24, pro-
tagonista di una novella, Giovine
anima credula6, scritta da Bontem-
pelli a Parigi per il «Corriere della
sera», con una folgorante gesta-
zione, probabilmente stimolata
dalla commedia RUR (Rossum’s
Universal Robots) di Karel Capek7,
vista dall’autore la sera prima.
Gli viene in mente, camminando
sul Lungosenna del Louvre, ve-
dendo, sopra un carretto fermo,
una gran vasca rettangolare di
vetro piena d’acqua in cui pigri si
muovevano una quantità di pesci
rossi. La trovata su cui si basa la
vicenda è nota: uno scherzo che
gioca crudelmente con l’ingenu-
ità e l’innocenza di Minnie. L’io
narrante, che nella metamorfosi
drammatica prenderà il nome di
Tirreno, le fa credere che i pesci
rossi nella vasca sono finti e che
anche molte persone che sembra-

4 M. Bontempelli, Opere scelte a cura di L. Baldacci, Introduzione, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, I Meridiani, 1978, p. XXXIV.
5 La vita di Paola Masino fu avvolta nello scandalo, persino prima che la giovane donna si affacciasse alla ribalta della Letteratura e del romanzo. Da quando, esattamente, conobbe
Massimo Bontempelli e se n’innamorò, riamata. Un amore durato una vita intera, ma che dovette pagare un prezzo alto al moralismo perbenista di una società che, almeno quanto a
giudizi e pregiudizi erotico-sentimentali non sembra cambiata poi tanto. Quando si conobbero, nel 1927, Paola non aveva ancora compiuto diciotto anni. Lui ne aveva trenta di più ed
era sposato con un figlio. Famiglia, però, da cui viveva da tempo separato. È Bontempelli, direttore della rivista «900», a pubblicarle i primi testi, ma la coppia, per poter vivere libera-
mente il rapporto, deve aspettare la maggior età di lei. Finalmente, nel ’29, per allontanarsi dai pettegolezzi si trasferiscono insieme a Parigi, dove fanno vita bohèmienne.
6 Scritta nel 1924 a Parigi per il «Corriere della Sera», poi confluita nella raccolta La donna dei miei sogni e altre storie d’oggi (1925-1927), la novella fu definita da Pirandello «adattissima»,
finanche nel titolo. Il racconto nasce «da un scherzo e un terribile equivoco» che «sottolinea la soggettività e relatività del reale». L’inganno, per il quale la giovane Minnie crede che i
pesciolini rossi nella vasca siano finti - e che molte persone, apparentemente “vere”, siano in realtà automi artificiali - si origina da un gioco di parole.
7 Presentata la prima volta a Praga, il 25 gennaio 1921, l’opera RUR conobbe fama mondiale in seguito alla rappresentazione londinese di due anni dopo. Fu sancita così la fortuna di un
termine, divenuto presto universale. Il dramma descrive la rivolta dei robot, creati dallo scienziato Rossum, contro gli esseri umani, che li utilizzano come schiavi nei lavori più umili e
pesanti. Composti da materia organica artificiale, e realizzati in catena di montaggio, essi sono resistentissimi alla fatica, estremamente intelligenti, ma privi di sentimenti. Ed è proprio
la consapevolezza della mancanza di questa caratteristica, propriamente umana, a spingere i robot a sterminare l’umanità, e a sostituirsi a essa.

6
no «vere» sono costruite da mi-
steriosi meccanismi con una tale
verosimiglianza che è impossibile
distinguerle dagli uomini e dalle
donne in carne e ossa.
La nascita del dramma è dovuto
all’iniziativa di Luigi Pirandello: non
solo un invito ma una parte attiva.
Lo scrittore agrigentino suggerisce
per il soggetto la transcodificazio-
ne da una novella e individua il te-
sto su cui operare la metamorfosi

Dopo il fortunato esito romano


di Nostra Dea, spesso Pirandello
mi raccomandava di scrivergli
qualche altra cosa per il suo re-
pertorio. Non so - rispondevo
io - quando mi verrà in mente
un altro soggetto. - Fa come ho
fatto tante volte io, prendilo da
qualche tua novella. - Pirandello
era desiderosissimo di suscitare
teatro nuovo, e prodigo di inci-
tamenti e consigli dappertutto
ove gli apparisse la menoma
possibilità.
Pochi giorni più tardi lui tornò
alla carica dicendomi - Ho cer-
cato tra le tue novelle (il vo-
lume La donna dei miei sogni,
ch’era uscito da poco), Giovine
anima credula è adattissima, fal-
la, anche il titolo può stare tale
e quale - Ho seguito il consiglio
(tranne che per il titolo).
La novella l’avevo scritta nel
’24 a Parigi per il ‘Corriere
della Sera’ m’era venuta in
mente nel marzo di quell’an-
no, in una bella mattinata di
sole che m’aggiravo sul lun-
gotevere del Louvre, veden- quella che costituirà la base della al tema da parte dello scrittore
do, sopra un carretto lì fermo trama narrativa del futuro dram- siciliano, un tema che pervade
una gran vasca rettangolare ma. C’è da chiedersi il perché lo l’intero testo drammaturgico
di vetro piena d’acqua in cui scrittore abbia scelto proprio bontempelliano. Ma il passag-
pigri movevano una quantità quella novella. gio dalla novella alla commedia
di pesci rossi.8 Nella biblioteca personale di non fu molto semplice. Anche
Luigi Pirandello conservata pres- se rimase immutata la serie degli
Ma Pirandello non si limita a so l’Istituto di Studi Pirandelliani eventi Bontempelli testimonia
suggerire a Bontempelli le mo- di Roma è conservato Il Suicidio come i fatti acquistassero un sen-
dalità poietiche per creare un testo scritto dal Vescovo di Cre- so nuovo nella transcodificazione
nuovo testo drammaturgico ma mona Geremia Bonomelli nel drammaturgica rivelando nel tes-
legge l’ultima raccolta pubblica- 1892 e ripubblicato nel 1910. Il suto del congegno scenico un a
ta dallo scrittore nel 1925 e indi- testo è sottolineato in più parti quanto nel racconto era rimasto
vidua tra le 23 novelle del volume facendo supporre una attenzione a livello di mera cronaca.9

8 M. Bontempelli, Op. cit., p. 956.


9 Il racconto del passaggio dalla novella al dramma sembra una pagina teorica di quanto oggi avviene con la cosiddetta “transmedialità narrativa”.

7
Louvre, assume una seria ra-
gione di esistenza.10

L’incarnazione femminile del-


lo scrittore è una donna fiduciosa
e sprovveduta, resa patetica da
un modo di parlare post-umano. Il
sistema narrativo edificato dallo
scrittore comasco per costruire i
pilastri del dramma è segnato dal-
la matrice narrativa derivata dalle
raccolte La donna dei miei sogni e
altre storie d’oggi e Mia Vita morte e
Miracoli (1923-1928) da cui attinge a
piene mani per dare corpo e immer-
sività al testo drammaturgico. Le
novelle tratte dalle raccolte si muo-
vono come in uno spartito in cui la
sinfonia quasi si muove alla perfe-
zione con il disegno di Minnie e con
il contesto. L’architetto del dramma
utilizza così Avventura disonorevole
con la bella crimeana per la marca
linguistica della protagonista, Ca-
taclisma per la definizione spaziale
della commedia e infine come ab-
biamo visto Giovane anima credula
per la trama del dramma.
Giovine anima credula fornisce an-
che alla fanciulla il suo nuovo nome,
alcune grottesche figure di contorno
e il tema centrale della commedia,
cioè il rapporto tra la verità e il can-
dore da un lato e dall’altro il rapporto
tra memoria e identità. Un rapporto
sempre più minato dalla incomunica-
bilità del linguaggio11 come dimostra
questo passaggio a specchio tra il
discorso di Olga, la protagonista di
Avventura disonorevole con la bella
crimeana riprodotto poi quasi inte-
Di qui nacque spontaneo il del dramma con la sua intelli- gralmente in Minnie la candida:
mutamento di titolo. La trama genza elementare soverchia e
esteriore, dicevo, identica, ma semplifica tutto il mondo che OLGA Non sono nata qua e là, io
nuova l’atmosfera tutta, anzi le sta intorno; la sua interpreta- sono nata tutta insieme in un luo-
la radice. Nella novella la pro- zione candida della realtà sale go solo, che è una città di Crimea.
tagonista è solamente «Min- in quella zona in cui pensiero Ma se ho detto “sono di Crimea”
nie», nel dramma la troviamo e immagine sono fatti della qualcuno comincia a parlare lin-
diventata «candida». Quella stessa sostanza, e lo stesso gua crimeana, e poi domanda ha
che nel racconto era credulità, dolore umano assume il colore veduto questo ha veduto quello,
nel dramma è «candore». La d’un pianto di stella. Solo col e io invece niente sapevo perché
Minnie del racconto può anche dramma la trama, immaginata ero venuta via molto piccolina.
essere una sciocca, la Minnie un giorno sul Lungosenna del Perché mio padre era nato nella

10 M. Bontempelli, Op. cit., p. 957.


11 Il linguaggio di Minnie nella commedia è stato da alcuni studiosi accostato al fenomeno della anomia, letteralmente assenza di norme. Il termine fu coniato da Durkheim nel suo
studio sul suicidio del 1897 per identificare quello stato di tensione e smarrimento che affliggerebbe l’individuo qualora posto in un contesto sociale debole, ossia incapace di proporre
norme e valori sociali condivisi e riconosciuti. Senza la guida della società, delle sue norme e dei suoi valori, l’individuo non sarebbe in grado di porre un freno alle sue aspettative e
ai suoi desideri, cadendo in uno stato di angoscia e frustrazione di fronte all’impossibilità poi di realizzare le ambizioni stesse. Per Durkheim l’anomia rappresenta la causa sociale per
eccellenza delle correnti suicidogene che attraversano le diverse società. Attraverso il linguaggio Bontempelli arriva a toccare sia il Candore sia il tema del Suicidio che tanto aveva
attirato come abbiamo visto Pirandello.

8
India, giù giù, e al contrario mia liano, come mia madre. no, no ... sono una di loro, quelle
madre era nata nella parte di La memoria e l’identità di Min- povere ... fabbricate. Lon­ tano
Norvegia su su, ma quasi sempre nie pongono la donna nuda di state, lontani... abbiate paura
abitava in Italia lei, prima, ma io fronte al mondo ancorata solo al abbiate paura di me. E non lo sa-
no; ed io con mia madre insieme linguaggio come dimostra il mono- pevo ... Vedere (Si fissa ancora,
siamo sempre cambiate paese logo finale della protagonista che poi il suo sguardo dallo specchio
finché ella era viva e per queste qui riportiamo integralmente si trova a mirare come un pun-
cause io parlo solamente bene lin- to lontano) Ma però, però ... io
guaggio italiano come mia madre MINNIE (ride) Credo tutti sia- mi ricordo tante cose vecchie.
mo una vera donna e un vero E allora? Si, mi ricordo, la mia
MINNIE Prego, non ero nata uomo senza che si dice ... Uh, madre ricordo, e mi parlava del-
io qua e là, io ero nata tut- uh, penso che uomini fabbrica- la penisola Italia: io piccola ero.
ta insieme in un luogo solo, ti, non lo sanno, ma però dico- Ma, ma, anche ricordare può
che è in una città di Siberia. no essi molto spesso “io sono esser finto. Si, cosi: cosi hanno
Ma se ho detto «sono io di Si- un uomo vero”, “io sono una messo dentro, dentro, dentro
beria», qualcuno comincia a donna vera” -. Oh…, scusate, io insieme questo ricordare, quelli
parlare lingua siberiana, e poi a voi non dico. Forse vi offende che m’hanno fabbricata, per in-
domanda ha veduto questo, un poco, ma no … angelo di Tir- gannarmi di più. Si vede, Si ca-
ha veduto quello, e io inve- reno siete voi, dunque basta, oh pisce tutto. E non lo sapevo! Oh
ce niente sapevo perché ero lasciate toccare vostra mano, tante cose ora capisco, tutto ca-
venuta via molto piccolina. vostra mano un poco è più fred- pisco io, Voi non potete sapere.
Perché mio padre era stato da di tutte le mani: vostri occhi Come fare ora? Come faccio? Oh
della India giù giù, e contra- sono molto belli, io non posso tu perdonami, Skager ... Ah ma
rio mia madre era stata dalla capire troppo bene, soltanto, no, sai, l’amore mio era vero, sai;
parte di Norvegia, su su, ma soltanto ... dentro occhio vero quello no, nessuno l’ha messo
quasi sempre abitava in Italia, può essere messo uno sguardo lui fabbricato dentro in me: sono
lei prima, io no: e io con mia fabbricato forse? dimmi dimmi io, quello, l’amore mio, sai? tutto
madre insieme siamo sempre Skager oh guarda guarda come vero l’amore mio. li resto no, no:
cambiate di paese finché ella angelo Adelaide guarda me fis- mio piccolo Skager, la donna tua
era viva; e Skager conoscevo so. (Si alza e arretra). non vera è, cosa fai tu della tua
a Costantinopoli e insieme donna fabbricata tutta, ah ... Hai
siamo partiti, ma io parlo so- Ecco è certo. Si, ora si, vedo chia- paura .. , E non era colpa mia,
lamente bene linguaggio ita- ro, sono io, io. Non sono vera, io, Skager, credilo ... uuh! (stringe i

9
denti, si stringe tutta in sé come Eva. L’idea di costruire un disegno e una fanciulla rimangono nelle
per distruggersi e scomparire. I narrativo sulle due figure primor- condizioni di ricominciare la
due la afferrano per le braccia, diali della nascita della vita sulla Storia dell’uomo.14
lei urla) noh (imperiosa) abbia- terra viene quasi contemporanea-
te paura! No! Andate via di qua. mente ai due scrittori. Con queste parole si conclude
Non potete mai ... 12 Bontempelli nella raccolta di ri- la Storia di Bontempelli tesa a su-
flessioni di natura filosofica la donna perare i limiti del nostro mondo
Ed è sintomatico che un sintag- del Nadir, scritte tra il 1922 e il 1923, lasciandoci in eredità domande ir-
ma del monologo, «ma, ma, anche intitola un capitolo Adamo ed Eva risolte sulla nuova identità dell’uo-
ricordare può esser finto», sembra mo tesa ad una memoria collettiva
far precipitare inesorabilmente il Adamo ed Eva vuol dire non che possa farci superare le crisi
testo drammaturgico bontempel- avere passato, e ignorare l’av- delle grandi narrazioni della Sto-
liano nella contemporaneità dove venire e la continuità: essere ria e forse dare risposte definitive
tutto sembra finto, persino i ricor- privi del Tempo, e della Memo- ai grandi interrogativi di oggi sul
di. Sarà lo stesso scrittore a pro- ria. La loro vita, priva del tem- mondo post-umano.
fetizzare qualche riga più avanti po, veniva spontaneamente a Chiudo questo breve saggio
l’impianto di ricordi artificiali nella essere immune di tutti i concet- con uno straordinario pensiero di
personalità della protagonista qua- ti che dal tempo derivano: tali Luigi Pirandello tratto dal taccuino
si a voler preannunciare quanto l’età, la speranza il rimorso.13 di Harvard che dovrebbe oggi farci
avverrà nel sequel di Blade Runner riflettere tutti quando ci accania-
uscito nelle sale nel 2017 ben no- E poi parecchi anni dopo par- mo su problemi e pensieri che sem-
vanta anni dopo. lando di Pirandello nel discorso brano essere al centro del mondo:
Bontempelli pronunciò nel 1937 commemorativo
un discorso commemorativo Piran- Noi spesso chiediamo alle stelle
dello o del Candore esattamente un In quel romanzo che doveva il perché della vita e della morte;
anno dopo la morte dello scrittore intitolarsi Adamo ed Eva per un ma le stelle col loro incessante
siciliano. Nel mezzo del suo discor- cataclisma cosmico di un atti- tremulo palpitìo par che invece
so Bontempelli cita un romanzo in- mo la terra si trova all’improv- lo chiedano a noi, a noi povere
compiuto di Pirandello, Adamo ed viso disabitata solo un fanciullo minuscole creature della Terra.15

12 M. Bontempelli, Op. cit., p. 744.


13 M. Bontempelli, La donna del Nadir, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1928.
14 M. Bontempelli, Op. cit., p. 815.
15 L. Pirandello, Taccuino di Harvard, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002, pp. 122-123.

10
A colloquio con
Giovanni Antonucci
Giovanni La Rosa

Giovanni Antonucci rappresenta oggi una me-


moria storica del ‘900 che ha attraversato, incon-
trando i grandi protagonisti della drammaturgia
internazionale e analizzando con il suo sguardo
penetrante le pieghe di tanti testi drammaturgici
della nostra contemporaneità. Non potevamo, per-
tanto, resistere al richiamo di un breve colloquio
su uno dei personaggi ancora poco affrontati del
panorama teatrale italiano, Massimo Bontempelli,
anch’esso studiato con lucida maestria.

GLR - In tutta la drammaturgia bontempel-


liana troviamo le tracce di un realismo magico
che verrà teorizzato solo con l’impresa edito-
riale di ‘900. Molta letteratura critica ha col-
locato opere come La guardia alla luna e Siepe
a nordovest entro il solco del futurismo. Ma è
realmente così? Possiamo trovare all’interno di
queste prime pièce teatrali dello scrittore co-
masco alcune tracce di quel mondo tra il reale e
il fiabesco che Bontempelli inizierà ad esplora-
re a partire dagli anni ‘20?
ANT – La guardia alla luna e Siepe a nordovest1
rappresentano il momento in cui lo scrittore coma-
sco si è più avvicinato al futurismo. Sono due pièce
scritte negli anni in cui il futurismo faceva sentire
ancora la sua voce. La guardia alla luna viene scritta
nel 1916 durante il periodo in cui Massimo Bontem-
pelli è impegnato al fronte come Ufficiale d’arti-
glieria. Il testo teatrale troverà molte difficoltà nel
venir rappresentato tanto da essere messo in sce-
na solo nel 1920 quando Maria Melato, una grande
attrice di quegli anni, accetta di rappresentarla. È
un tonfo clamoroso.
Gli elementi futuristi sono molto evidenti. Tro-
viamo nella pièce il linguaggio futurista, la sintesi, il
ruolo fondamentale della luce. La guardia alla Luna
diventa poi una esemplificazione di Uccidiamo il

1 La guardia alla guna è composta nel 1916. È pubblicata per la prima volta in «Comoedia», 10 aprile 1920. È poi ristampata, insieme a Siepe a nordovest, nel vol. Primo spettacolo, Milano,
Mondadori, 1927. È raccolta, quindi, in Teatro di Massimo Bontempelli, Roma, Edizioni di Novissima, 1936 (volume unico); infine, è presente in Teatro di Massimo Bontempelli, vol. I, Mi-
lano, Mondadori, 1947, insieme con Siepe a nordovest, Nostra Dea, Minnie la candida. Il dramma andò in scena per la prima volta al Teatro Olympia di Milano il 15 marzo 1920, ad opera
della compagnia Talli. Il ruolo della protagonista fu tenuto da Maria Melato, che ne dette una splendida interpretazione, senza tuttavia riuscire a vincere l’avversione del pubblico.
Inizialmente l’autore pensò per il ruolo di protagonista a Eleonora Duse, sia come interprete del ruolo della protagonista, sia come destinataria della dedica. Fu, poi, la stessa Duse a
suggerire a Bontempelli il nome della Melato. Dopo il clamoroso fiasco milanese La guardia alla luna è tornata sulla scena nel 1929 al Teatro del 2000 a Roma, per iniziativa di Marcello
Gallian, con la scenografia di Gaudenzi. In quel medesimo anno, il dramma fu accolto molto favorevolmente dal pubblico sudamericano, durante la tournée di Berta Singermann. Dal
1938 al 1940 l’opera fu recitata più volte in Romania sotto la regia di De Cruciani.

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mo-marionetta. Ritorna anche in luna e a Siepe a nordovest dove
quest’opera teatrale il linguaggio Bontempelli si affranca dal futuri-
futurista la cui spia sono alcune smo e si avvicina alla drammatur-
battute dei protagonisti, come ho gia pirandelliana. Pirandello sarà il
sottolineato nella mia Storia del regista della messa in scena della
teatro italiano contemporaneo,3 pièce al Teatro degli Odescalchi di
che sembrano quasi scritte da Roma con una attrice allora debut-
Marinetti. È il periodo avanguar- tante, Marta Abba, che quella sera
distico di Bontempelli che non è diventa la musa ispiratrice dello
ancora lo scrittore che diventerà scrittore agrigentino fino alla sua
nei testi successivi, uno scrittore morte. Nel testo bontempelliano
originale, con un suo mondo af- troviamo già molti elementi del
francato sia dal futurismo che dal realismo magico. Dea ha uno svi-
pirandellismo. luppo drammaturgico legato sol-
tanto alla sua personalità. È infatti
GLR - Nel 1925 assistiamo al una donna che cambia il proprio
grande successo di Nostra Dea al carattere ogni volta che cambia un
teatro degli Odescalchi. Le letture vestito. D’altronde è un fenomeno
del testo bontempelliano si sono che succede anche nella realtà di
soffermate sul personaggio prin- oggi. La parte forse più interessan-
cipale della pièce e sul congegno te della pièce è la dissoluzione del
scenico che veniva azionato dalle personaggio. Dea ha, infatti, una
sapienti mani della sarta e della moltitudine di personalità che si
cameriera con il cambio dei vestiti. specchiano nei vestiti che di volta
Ma andiamo oltre e focalizziamo in volta indossa.
l’attenzione su un personaggio ap- Il personaggio del Dottore in
chiaro di luna! di Filippo Tommaso parentemente secondario il Dot- medicina è altresì legato a filo dop-
Marinetti.2 La madre, protagonista tore in medicina. Un personaggio pio al realismo magico. Bontem-
del dramma, che odia la luna che le che non cura le persone ma prati- pelli in un articolo del 1927 apparso
ha fatto perdere la figlia è un tipico ca una nuova medicina, quella che sulla rivista «900»5 da lui diretta
prodotto dell’atmosfera futurista cura i malati in absentia, e visita parla dello stupore di fronte alla
così come il modo stesso di taglia- l’ambiente e gli oggetti, facendone realtà. Il Dottore ha una parte pic-
re drammaturgicamente il testo è una diagnosi “metacorporale” per cola nel complesso del testo dram-
molto legato al futurismo. scoprirne i sintomi più preziosi. È maturgico ma nel primo atto è fon-
Siepe a Nordovest è legata secondo lei un’allusione alla crisi damentale per il congegno scenico
anch’essa al futurismo. Il riferi- dell’ambiente in cui l’individuo sof- creato. Sostiene che la cura delle
mento archetipico della pièce è fre l’ottusità della civiltà moderna malattie non passa attraverso la
un omaggio a Poupées Electriques e la vita meccanizzata, scandita dal diagnosi degli organi dell’uomo
sempre di Marinetti, testo scritto ritmo delle macchine che lo disu- ma soltanto analizzando l’ambien-
a Parigi originariamente in france- manizzano? E il realismo magico in te (parla di semeiotica ambientale.
se per poi essere rappresentato in questo caso può essere una rispo- È sorprendente l’uso del termine
Italia con il titolo Fantocci Elettrici. sta o è solo un rifugio dalla disuma- semeiotica, oggi di uso comune,
Ma troviamo la fonte anche in al- nizzazione? citato da Bontempelli nel lontano
cune sintesi futuriste che rappre- ANT - Nostra Dea4 rappresenta 1925). Il Dottore in medicina ope-
sentano l’uomo-fantoccio, l’uo- un salto rispetto alla guardia alla ra una diagnosi della protagonista

2 Uccidiamo il chiaro di luna! di Filippo Tommaso Marinetti è considerato il secondo manifesto futurista. In realtà si colloca in terza posizione tra i manifesti futuristi. Il secondo, infatti,
è Elettori futuristi!, uscito in volantino in occasione delle elezioni del 7 marzo 1909. Sarà lo stesso Marinetti a creare l’equivoco, fin dall’agosto 1909, pubblicandolo come prefazione al
libro di Paolo Buzzi Aeroplani, col titolo di secondo proclama futurista, e tale appare anche negli elenchi dei manifesti al retro dei primi volantini del Movimento Futurista a partire dal
1911/1912. D’altra parte il manifesto politico non aveva avuto molto successo…E poi non era questo il titolo originario. Il proclama, redatto nell’aprile 1909, viene pubblicato in luglio
con un titolo più prosaico: La rassegna internazionale Poesia pubblica questo proclama di guerra, come risposta agli insulti di cui la vecchia Europa ha gratificato il Futurismo trionfante
(Milano, Poesia), in doppia versione, italiana e francese (La revue internationale Poesia publie cette proclamation de guerre en réponse aux insultes dont la vieille Europe a gratifié le
Futurisme triomphant): «Vogliamo che i nostri figliuoli seguano allegramente il loro capriccio, avversino brutalmente i vecchi e sbeffeggino tutto ciò che è consacrato dal tempo! […]
È perciò che noi oggi insegniamo l’eroismo metodico e quotidiano, il gusto della disperazione, per la quale il cuore dà tutto il suo rendimento, l’abitudine all’entusiasmo, l’abbandono
alla vertigine… Bisogna che gli uomini elettrizzino ogni giorno i loro nervi ad un orgoglio temerario! Bisogna che gli uomini giuochino d’un tratto la loro vita… bisogna che l’anima lanci
il corpo in fiamme, come un brulotto, contro il nemico, l’eterno nemico che si dovrebbe inventare se non esistesse!». La seconda compare come abbiamo detto nel libro di Paolo Buzzi,
Aeroplani (Milano, Edizioni di Poesia, agosto 1909), in lingua italiana, con il titolo di Proclama futurista. La prima volta che compare il titolo finalmente futurista è nella terza edizione, e
solo in lingua francese: Tuons le clair de lune!, nella rivista di Marinetti POESIA, Anno V, n. 7-8-9, Agosto/Settembre/Ottobre 1909. Il titolo definitivo in lingua italiana fa la sua apparizione
molto più tardi, nella quarta edizione del 1911:F.T. Marinetti, Uccidiamo il chiaro di luna!, (Milano, Edizioni Futuriste di Poesia), ed è strettamente in relazione con una famosa scazzottata
futurista, quella del 22 giugno 1911 contro i vociani di Prezzolini. La polizia interviene e arresta tutti. Marinetti racconta che “Prezzolini benché sanguinante tentava ancora di mordere
con ironia il mio manifesto Uccidiamo il chiaro di luna!, che era stato evidentemente pubblicato poco prima (F.T. Marinetti, in: Francesco Cangiullo, Le serate futuriste, Milano, Ceschina,
1961, pag. 17). Infine, nel gennaio 1915 Marinetti ne pubblicherà un breve estratto in un volantino interventista dal titolo Discorso futurista agli abitanti di Podagra (Roma) e di Paralisi
(Milano), con in calce la fonte: «Dal 2° Manifesto Futurista Uccidiamo il chiaro di luna!» e la data «Aprile 1909», che è quella della sua redazione.
3 G. Antonucci, Storia del teatro italiano contemporaneo, Roma, Edizioni Studium, 2012.
4 Dea è la protagonista della piece teatrale di Massimo Bontempelli Nostra Dea. Il dramma concepito durante le vacanze dello scrittore comasco in Austria del 1922 fu scritto in poco più
di due settimane all’inizio del 1925 per diventare uno dei più grandi successi del Teatro degli Odescalchi di Luigi Pirandello. Nel Dicembre del 1926 fu accolto favorevolmente a Madrid,
nella versione datane da Margarita Xirgu. Nel 1927 fu portato in scena da Maria Potocka a Varsavia nella traduzione di Sofia Chrzanowska, ma non riscosse molto successo, sovraccari-
cata, come nell’edizione milanese del teatro Olympia, da riferimenti e significati nascosti. Di contro, nello stesso anno incontrò il favore del pubblico a Praga nella traduzione in ceco di
Venceslao Jirina e sotto la regia di Guido Salvini, che seguì i suggerimenti di Pirandello di dare la maggiore naturalezza possibile alla rappresentazione. Nostra Dea fu poi stampata per
la prima volta in «Comoedia». 1° Agosto 1925. Pubblicata in volume nel 1925 per i tipi della Mondadori fu accolto nella silloge, dell’Edizione di Novissima del 1936.
5 La rivista diretta da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte esce per i primi due anni, il 1926 e il 1927, in francese. Il primo numero intitolato «900». Cahier d’Italie et d’Europe. 1926. Cahier
d’automne. n. 1. annovera scritti di Bontempelli, Pierre Mac Orlan, Bruno Barilli, Corrado Alvaro, Ramòn Gòmez de la Serna, Philippe Soupault, Emilio Cecchi, Antonio Aniante, Piero Solari,
James Joyce, Ivan Goll, Achille Campanile, Alberto Spaini, Paul Mouratoff, Nino Frank, Alberto Cecchi ed è curato da un comitato internazionale coordinato dallo stesso Bontempelli e
composto da Ramòn Gomez de la Serna, James Joyce, George Kaiser e Pierre Mac Orlan. A partire dal numero due che ha come sottotitolo Cahier d’hiver si aggiunge il russo Il’ja Ehrenburg.

12
Dea arrivando ad affermare, e que-
sto lo lega al realismo magico, che:
«Noi dovremmo costruire delle
Università non solo per i medici ma
anche per gli ammalati». Ed in que-
sta affermazione troviamo il lucido
stupore con cui lo scrittore coma-
sco giustifica due anni più tardi nel
suo articolo del ‘27 il realismo magi-
co. Un lucido stupore che pervade
per intero il Dottore in medicina e
che forse ritroviamo anche nel rap-
porto che hanno gli altri personag-
gi con Dea nel suo atteggiamento,
nel suo essere tante personalità
diverse. In questa pièce la chiave è
quella del fantastico, del favoloso.
I testi bontempelliani, d’altronde,
sono fiabe e anche Dea in fondo
diventa, attraverso un congegno
fiabesco quasi perfetto, un mito
del Novecento, il mito della donna
che cambia personalità con il cam-
bio dei vestiti.
Nostra dea, quindi, segna con il
suo sistema favolistico un autenti-
co affrancamento dalle precedenti re è tutta fondata su questa vi- drammaturgo, Minnie la candi-
pièce teatrali, La guardia alla luna e sione. La storia comincia in un da6, ma l’idea che poi sarà alla
Siepe a nordovest e per questa via salotto di un albergo durante la base del dramma di Minnie, di
un avvicinamento sostanziale alla cena del protagonista e la sua due mondi diversi è già ben pre-
categoria del realismo magico teo- fidanzata. Vedendo che la sua sente sia in Nostra Dea che in Sie-
rizzata dallo scrittore due anni più fidanzata si specchia nel vetro pe a nordovest, due mondi che
tardi sulla rivista «900». della finestra, il protagonista co- non riescono a fondersi.
mincia a riflettere sulla relazione
GLR - Rimanendo a Nostra Dea tra la propria immagine nel vetro GRL - Passando ad un'altra
si ha come l’impressione che i per- e il mondo al di là del vetro: «Due opera teatrale di Bontempel-
sonaggi siano immersi una sfera di mondi che occupano tutti e due li che abbiamo pocanzi appena
vetro e che l’ambiente sia l’unico lo stesso spazio. Ma – questo è il sfiorato, forse il suo capolavoro,
deux ex machina della vicenda tan- curioso – non si mescolano, non Minnie la candida, e cambiando
to da condizionare anche la scelta si urtano, non si sovrappongono, argomento vorrei soffermarmi
dei vestiti che fanno indossare a non si completano. Non si danno sul linguaggio della protagoni-
né piacere né fastidio. Perché sta. Secondo lei il linguaggio sin-
Dea. Assistiamo nell’accavallarsi
copato di Minnie deve qualcosa
delle scene alla creazione di mondi non si conoscono. [...] Ognuno
al linguaggio anch’esso pieno di
diversi quasi non comunicanti tra di quei due mondi è opaco in sé,
pause e di puntini di sospensione
loro. Per questa via secondo lei No- e trasparente rispetto all’altro».
di Maria, la protagonista di Guar-
stra Dea potrebbe essere accosta- Bontempelli utilizza due termini dia alla Luna? Esiste una linea di
ta a Siepe a nordovest? antinomici, opaco e trasparente, continuità drammaturgica nei
ANT – I mondi che non comu- quasi a voler riaffermare l’inelut- personaggi femminili messi in
nicano sono un elemento che tabilità di mondi che non comu- scena da Bontempelli?
ritroviamo in Siepe a nordovest nicano. Sono, d’altronde, molto ANT – l’accostamento tra il lin-
e che è ben presente anche in d’accordo con il suggerimento guaggio di Maria, la protagonista di
Nostra Dea. D’altronde la temati- che proviene dalla domanda. La Guardia alla Luna, e di Minnie, la
ca di due mondi paralleli, cioè il Esiste una atmosfera tecnologi- protagonista di Minnie la candida,
mondo reale e il mondo rispec- ca in questa fase della scrittura lo vedo legato al concetto di anima
chiato nel vetro, è ben presente bontempelliana. L’intuizione dei candida che Bontempelli espresse
in Bontempelli. Ad esempio la disastri della tecnologia la tro- nel famoso discorso su Luigi Piran-
base del racconto Quasi d’amo- viamo nel testo successivo del dello, pronunciato il 17 Gennaio del

6 La protagonista dell’opera teatrale più fortunata di Massimo Bontempelli è sicuramente Minnie da cui prende le mosse il titolo della favola teatrale Minnie la candida pubblicata per
la prima volta su «Comoedia» il 20 marzo del 1928. Anche per la favola bontempelliana come per la precedente commedia storica Nostra Dea lo spunto della nascita dell’opera è di Luigi
Pirandello. Dopo il successo romano di Nostra Dea Pirandello spinse Bontempelli a scrivere per la sua compagnia un nuovo testo e gli suggerì di ricavarlo dalla novella Giovane anima
credula che faceva parte della raccolta La donna dei miei sogni. Bontempelli accolse l’invito e nell’estate del 1925 compose il primo e il terzo atto di Minnie mente il secondo vide la luce
nel 1927. Il dramma fu messo in scena per la prima volta il 29 Dicembre 1928 al Teatro di Torino dove il ruolo della protagonista fu affidato a Carola Zopegni. Fu poi rappresentato in
varie città italiane a opera della compagnia Italianissima, a cura di Lucio d’Ambra e Alessandro De Stefani ma non fu accolto con medesimo favore del pubblico di Torino. Cadde, infine,
clamorosamente a Napoli. Evi Maltagliati e Sergio Tofano tentarono di rilanciare il dramma riportandolo sulle scene, nell’autunno del 1936 al Teatro Alfieri di Torino e nell’inverno del
1937 al teatro Quirino di Roma ma con scarsi risultati di pubblico e di critica. Il 30 marzo 1942 Ruggero Jacobbi e la giovanissima Anna Proclemer, che interpretava la parte di Minnie,
fecero trionfare l’opera bontempelliana al Teatro Universitario di Roma.

13
ANT – Stiamo precipitando ahimè
in un abisso profondo. Il nostro tem-
po non conosce la memoria. Oggi
lasciamo la memoria alla tecnologia.
Internet conosce tutto di noi, cono-
sce i nostri gusti, le nostre passioni
ma contemporaneamente crea un di-
stacco dalla realtà. Rileggendo alcuni
testi di Paola Masino, la compagna di
Massimo Bontempelli, mi ha colpito
una sua affermazione: «sta scom-
parendo l’individuo». Ormai oggi la
collettività è diventata la tecnologia
che annulla l’umanità, annulla le pas-
sioni e tutto viene rappresentato.
Oggi tutti noi attraverso le tecnolo-
gie social ci mettiamo in scena ci rap-
presentiamo. Da qui nasce l’illusione
che la realtà sia quella che viene rap-
presentata sullo schermo. La realtà
umana è totalmente diversa. L’acco-
1937, un anno dopo la morte dello civiltà che rischia di veder nascere la stamento tra Massimo Bontempelli e
scrittore agrigentino.7 Nel discorso schiavitù dell’uomo nei confronti del- Ezra Pound lo trovo molto azzeccato
Bontempelli affermerà che l’anima la tecnologia. Il rischio della disuma- perché anche Pound è stato uno
candida ha un particolare linguaggio nizzazione che è un tema che oggi scrittore che ha intuito tutti i rischi e
per esprimersi, un modo distaccato, viviamo profondamente, venuto i pericoli che oggi vediamo molto di
un codice infantile. L’anima candida anche fuori in un film spesso citato più di quando loro scrivevano. È un
è una entità che arriva al fondo delle Blade Runner di Ridley Scott, dove il tema determinante e importante per
cose, al fondo della realtà. Minnie la protagonista come Minnie scopre il presente e per il futuro.
candida è definito dramma da Bon- uomini perfettamente uguali a quelli
tempelli. Lo scrittore comasco aveva veri ma nella realtà androidi. GRL - Dal secondo dopoguerra
definito altri suoi testi teatrali rappre- Tra Minnie la candida e gli al- ad oggi chi secondo lei ha eredita-
sentazione, farsa, commedia. Minnie tri testi del drammaturgo c’è un to la lezione bontempelliana? Esi-
non è una commedia ma è un dram- salto di grande qualità che fa di stono oggi giovani drammaturghi
ma e l’anima candida della protago- Bontempelli uno dei grandi prota- che possano ripercorrere le orme
nista rappresenta una innocenza gonisti non solo del teatro ma della dello scrittore comasco?
che permette di capire la drammati- cultura italiana e non solo italiana ANT – Decisamente no. Ci sono
cità della realtà. La protagonista del dell’intero Novecento. due scrittori non più molto giova-
dramma è un personaggio femminile ni, uno è Rocco Familiari e l’altra è
che viene da un paese probabilmen- GLR - Rimanendo a Minnie la una poetessa, Maura del Serra, che
te dell’est, che utilizza un linguaggio candida è evidente nel suo perso- hanno la capacità di andare al di là
disarticolato. Il tema fondamentale naggio la denuncia dell’abisso di del contingente. Producono una
della pièce è quello degli uomini arti- una società disumanizzata. E per drammaturgia che cerca costan-
ficiali. Quando la protagonista, infat- questa via anticipa sorprendente- temente di superare l’apparenza
ti, scopre che anche gli uomini posso mente gli esiti della cinematografia della realtà. Ricordiamoci che il te-
essere artificiali si chiede se si può fantascientifica a partire dagli anni atro non può essere mai realistico.
ancora vivere in un mondo così co- ’80 del ‘900. Bontempelli, quindi, Anche il teatro verista è sempre
struito. Il dramma rappresenta, quin- con una formidabile preveggenza metaforico della realtà. I grandi
di, il capolavoro assoluto non solo riesce a cogliere le aberrazioni del scrittori sono sempre visionari, su-
di Bontempelli ma assieme ai testi post-umano e il suo esito sembra perano sempre la realtà. La realtà
drammaturgici pirandelliani dell’inte- essere incanalato con il finale di è sempre più complessa di come
ra drammaturgia di tutto il Novecen- Minnie verso il precipizio nell’abisso appare alla gente comune.
to. Nel testo assistiamo alla nascita di oscuro della società tecnologica.
una profetica anticipazione dei rischi Secondo lei Bontempelli precipita- GRLR – Non possiamo che rin-
della civiltà tecnologica. Una civiltà to nel fondo del pozzo come è acca- graziare il prof. Giovanni Antonucci
che rischia di distruggere l’uomo, la duto a Ezra Pound riuscirà a vedere per la grande lezione che ha dato
sua umanità e i suoi sentimenti. Una dal fondo le stelle? in questo breve colloquio.

7 Massimo Bontempelli pronunciò tre discorsi per ricordare e celebrare (e interpretare) tre dei massimi scrittori che abbia avuto la letteratura italiana moderna. Quello su Pirandello fu
pronunciato a Roma il 17 Gennaio 1937, quello su Leopardi nel civico palazzo di Recanati il 15 Giugno 1937 e quello su D’Annunzio nella sala del palazzo di città di Pescara.
I Discorsi furono pubblicati la prima volta nel 1938 da Bompiani. Una seconda edizione, del ‘42, vide l’aggiunta di altri quattro, protagonisti della cultura italiana ai primi tre, Verga,
Aretino, Scarlatti e Verdi; La terza edizione, quella definitiva del ‘45, completò il libro con il discorso su Galileo e con le Introduzioni; a parte queste ultime, i Discorsi di Bontempelli sono
conferenze celebrative di personaggi importanti nel panorama letterario e musicale italiano. Pronunciati in circostanze ufficiali tra il ‘37 e il ‘42, i Discorsi disegnano uno schizzo a tutto
tondo dei personaggi esaminati, servendosi della vita e dei riferimenti alle opere nella più generale ottica dell’interpretazione. Sono quindi trascorsi parecchi anni da quando furono
pronunciati ma il tempo, il terribile tempo, poco ha potuto fare su di loro. La loro freschezza formale, la loro inventività mitica, la loro acutezza interpretativa sono ancora intatte. In un
tempo in cui il povero lettore della saggistica critica si trova avvolto in una selva di parole difficili, a volte astruse, si leggeranno volentieri questi discorsi di Bontempelli in cui non ci sono
parole difficili ma le parole che sono usate per creare o tentare di creare, nuove prospettive sull’opera del poeta prescelto o sulla sua figura, e sono accessibili a tutti, di uso comune.
Invece delle parole difficili, Bontempelli usa spesso il mito non difficile da capire ma difficile invece da inventare.

14
Un profilo e un ricordo di
Paola Masino
Giovanni Antonucci

Mi accorgo che non posso disciplinare la mia me-


moria, così come non ho saputo disciplinare la mia
vita. Anche la memoria ha un suo estro ed è inutile
contraddirla. Angoli che resteranno bui per molto
tempo, a un tratto si illuminano e si fanno prepoten-
temente avanti. Altre zone, che pure sono presenti,
quasi fisicamente in noi, non vogliono essere svelate.
Tutto quanto veste gli attimi di abbandono amoroso
si son fatti lembi vivi di noi e non è possibile svelarli
forse neanche a noi stessi. Non si deve mai risuscitare
quanto di noi fu dato, senza controllo. E forse quegli
abiti, proprio perché ce li togliemmo con tanta fol-
le veemenza, stanno a dimostrare come noi stessi
ci lacerammo l’animo ... Un amore è una conquista
spirituale.1

Ho conosciuto Paola Masino negli ultimi anni


della sua vita. Era una donna molto vivace e graf-
fiante nei giudizi, molto acuta e dotata di una gran-
de intelligenza e sensibilità. Quando la conobbi ave-
vo letto soltanto il suo capolavoro Nascita e morte
della massaia che avevo scoperto casualmente. Un
testo ripubblicato nel 1982 da parte delle Edizioni
della Tartaruga2, una casa editrice che si occupava
di pubblicare nuovamente i racconti di scrittrici del
panorama letterario italiano.
Nascita e morte della massaia è un romanzo
scritto con un linguaggio raffinato e sottile. Un te-
sto anche molto pessimistico nei confronti anche
della realtà come dice lo stesso titolo. È una visione
della donna che ha una sua autonomia che non può
ridursi ad essere solo una massaia. Un libro visio-
nario, forte e duro molto diverso per certi aspetti
dalle opere di Bontempelli.
Due o tre anni dopo durante il mio lavoro pres-
so la RAI fui presentato a Paola Masino che ogni

1 P. Masino, Album di Vestiti, Roma, Elliot, 2015.


2 Dalla Tartaruga, casa editrice femminista che godeva a quei tempi di molta attenzione, era appena stato riproposto uno dei suoi romanzi più stravaganti, Nascita e morte della massaia,
scritto alla fine degli anni Trenta e, dopo varie vicissitudini che contemplarono la censura fascista come un bombardamento alleato che ne distrusse la prima tiratura, pubblicato nel ‘45
da Bompiani, ma oscurato dalla sempre ostile critica di regime che lo considerò “disfattista e cinico”. È la storia di una giovane donna irriducibile e ribelle, che una volta normalizzatasi,
e quindi sposatasi, diventa preda di una vera e propria mania per le faccende domestiche e di una fissazione maniacale per l’ordine e le pulizie. È una disperata ricerca d’identità fuori
dagli stereotipi femminili imperanti, una ribellione radicale e fallimentare, uno scavo nella scissione profonda della natura della donna divisa fra dover essere e anarchia desiderante,
complesso incontro col doppio che tentiamo di soffocare e che, proprio per questo, esplode un bel giorno ingovernabile e funesto.

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tanto proponeva radiodrammi. In personaggio della Contessa è ispi- in cui è morto Massimo. Ed infatti
quella occasione nacque la nostra rato alla figura della Abba. la Masino parlava dell’uomo Bon-
conoscenza. Avevo appena pubbli- Le chiesi che cosa ne pensava tempelli. La Masino mi chiese con
cato la mia Storia del teatro italia- di quella frase carpita. Rispose: «io una domanda retorica in quella oc-
no del novecento in cui un capitolo penso che quella frase che ho sen- casione: «Che cosa abbiamo oggi?»
era dedicato alla figura di Massimo tito dalla voce di Pirandello fosse a cui rispose lei stessa «Ho cono-
Bontempelli. vera». Pirandello era un uomo che sciuto Picasso, De Chirico, Savinio,
Sono andato a trovarla qualche aveva vissuto una tragedia fami- Carrà, Severini, i surrealisti».
giorno dopo nella sua abitazione liare terribile con la vicenda della Le chiesi, quindi, come avevano
di Viale Liegi che era anche la casa moglie a cui le era stato accanto fatto ad avere scrittori del calibro
dove avevano vissuto con Massi- durante il periodo della pazzia per di James Joyce o dei surrealisti
mo Bontempelli fino alla morte. In ben dieci anni. Una pazzia che ave- francesi sulle pagine della rivista
quella occasione è nata una simpa- va portato Antonietta Portulano «900» di Bontempelli. Rispose:
tia tra noi. Mi stavo occupando in ad accusare il marito di avere avu- «Era un mondo straordinario. Stan-
quegli anni di Pirandello. Sapevo to rapporti incestuosi con la figlia. do a Parigi incontravo questi per-
che lei lo aveva conosciuto in ma- Per lo scrittore ancorato alla vec- sonaggi con i quali non era difficile
niera intima perché assieme a Bon- chia tradizione familiare siciliana dialogare».
tempelli e Marta Abba andavano in doveva essere stata una accusa in- L’ultimo episodio che voglio ri-
vacanza assieme a Castiglioncello.3 famante. L’angosciosa situazione cordare è quando vidi assieme a lei
Le chiesi se poteva darmi qual- di Pirandello è testimoniata anche nel 1988, un anno prima della mor-
che notizia sui rapporti tra Marta dalla vicenda della scrittura di uno te, la Fedra per la regia di Massimo
Abba e Luigi Pirandello. Lei fece un dei suoi capolavori Il fu Mattia Pa- Castri al teatro romano di Ostia an-
sorriso e mi raccontò un episodio scal, scritto di notte non potendo tica. Quella sera abbiamo assistito
avvenuto in una delle vacanze pas- pagare una infermiera che potesse ad una parodia in chiave grottesca
sate a Castiglioncello. La Masino sostenere la moglie. della Fedra di Gabriele D’Annunzio.
mi raccontò che durante una delle E quindi il rapporto tra Marta Fedra era una giovane vestita come
estati casualmente passando vici- Abba e Luigi Pirandello anche per ai tempi della belle epoque. La Masi-
no la porta socchiusa dello scritto- la differenza di età tra i due fu di no faceva commenti irresistibili su
re agrigentino sentì una frase pro- una complicità creativa e dramma- questa visione registica del capo-
nunciata da Pirandello: «che vuoi turgica e non andò oltre. lavoro dannunziano. Paola Masino
che alla mia età mi tolga i calzoni?». Sono andato a ritrovare qual- aveva conosciuto Gabriele D’An-
Sicuramente Marta Abba è stata che tempo dopo Paola Masino nel- nunzio e disse che non avrebbe mai
una ispiratrice per la vena creativa la sua casa che era colma di ritratti immaginato alla sua età di vedere
di Pirandello. Le ultime undici ope- di Massimo Bontempelli. Viveva uno scempio di D’Annunzio.
re dello scrittore sono state scritte nel passato. Una frase significativa È stata l’ultima volta che l’ho
per lei compresa l’ultima incompiu- che lei ha pubblicato è quella in cui vista ed è il mio ultimo ricordo per-
ta, I giganti della montagna, dove il afferma di essere morta il giorno sonale della figura di Paola Masino.

3 Castiglioncello divenne un ambitissimo meta di vacanza furono il fior fiore di artisti ed intellettuali alla fine degli anni ’20. Furono moltissimi i personaggi illustri che la frequentarono e
fra essi, senza dubbio, il più assiduo era Luigi Pirandello. In una sua lettera indirizzata alla famosa attrice e sua musa ispiratrice Marta Abba scriveva: «Qua il posto è veramente delizioso,
un paradiso. Un silenzio! Una quiete! Bellezze naturali incantevoli, ti dico, un vero paradiso. Io sto tutto il giorno a lavorare al cospetto del mare». A quel tempo ospiti estivi di questo
angolo di costa erano anche Gabriele d'Annunzio, l'attore Sergio Tofano, autore anche del signor Bonaventura, popolare personaggio del «Corrierino dei Piccoli», il pittore Giorgio
De Chirico, il commediografo livornese Sabatino Lopez, il grande critico teatrale Silvio d'Amico e l’amico Massimo Bontempelli con la sua compagna Paola Masino. Insomma Luigi
Pirandello si trovava in ottima compagnia della quale naturalmente avrebbe fatto parte ben presto anche la sua Marta. Infatti fin dall’estate del 1932 insieme a lui arrivò anche l'attrice.

16
Il surrealismo della
Massaia tra Parigi
e Venezia
Carla Valesini

(…)
Arcangelo di morte
in questo a me ti sveli:
aghi di sangue gli occhi
e le tue mani son algide fiammelle.1

Molto è stato detto e scritto sull’inebriante


esperienza vissuta da Paola Masino a Parigi negli
anni 1929-30, anni bohémiens, fatti di amore, di pas-
sione, di solitudine e tristezza, ma anche di incontri
straordinari, di frequentazioni fuori dall’ordinario
nella città più cosmopolita del mondo in un mo-
mento storico-culturale di grandi fermenti e pro-
fonde trasformazioni. Paola ebbe in sorte l’hic et
nunc. C’era arrivata quasi per disperazione, letteral-
mente fuggita prima da Roma, dove risiedeva con
la famiglia, e poi da Firenze a causa del suo incauto
innamoramento per Massimo Bontempelli. Lei ne-
anche ventenne si era perdutamente innamorata di
quest’uomo maturo, cinquantenne, scrittore affer-
mato e prossimo accademico d’Italia, separato (ma
pur sempre sposato) e padre di un figlio già adole-
scente. Non potevano vivere la loro storia e rima-
nere in Italia, troppo grande lo scandalo che ave-
vano suscitato. Così, appena raggiunta la maggiore
età, l’esigenza di trasferirsi, prima in un’altra città
italiana, poi all’estero, in Francia. A Parigi Paola la-
vora come segretaria prima all’«Europe nouvelle»,
poi al Bureau international de Cooperation intellec-
tuel. La sua storia personale e sentimentale l’aveva
preceduta, così quando arrivò in ufficio, tutti sa-
pevano della giovane italienne fuggita per amore,
come lei stessa racconta nell’Album di vestiti.2 Ma
alle difficoltà della situazione si sovrappongono,

1 P. Masino, Poesie, Desiderio, Bompiani, Milano, 1947.


2 Paola Masino, Album di vestiti, a cura di Marinella Mascia Galateria, elliot, Roma, 2015.

17
Dalì. Sono nomi che impressionano
per la loro importanza e che testi-
moniano la vivacità e lo spessore di
quegli anni nella Ville Lumière.
Ma simili contatti, c’è da chie-
dersi, cosa hanno lasciato nella gio-
vane Paola? Quale eredità d’affetti
ha germogliato maggiormente nel
suo universo poetico e nella sua
produzione letteraria?
Difficile rispondere, troppo
ampio il ventaglio di sollecitazio-
ni, eppure il suo libro più famoso
e più complesso, Nascita e morte
della massaia, scritto fra il 1938 e
il 1939 a Venezia e pubblicato nel
1945 a guerra finita per una serie
di circostanze sfortunate, mostra
abbastanza chiaramente degli ele-
menti surreali con venature maca-
bre o scabrose che lo apparentano
all’ambiente del surrealismo e, in
particolar modo, al film manifesto
del movimento: Un chien andalou
di Luis Buñuel e Salvator Dalì. Già
Mascia-Galateria ha notato come
la visione di quel film «la entusia-
sma e imprime una svolta alla sua
scrittura surreale, facendole assu-
mere una più accentuata attenzio-
ne non solo per il sublime, ma per
la crudeltà e la fisicità dell’orrido».5
Un chien andalou è un cortome-
traggio della durata di 21 minuti,
scritto in appena una settimana da
Luis Buñuel e Salvador Dalì, auto-
prodotto e diretto dal solo Buñuel.
Le riprese richiesero circa quattor-
dici giorni e il film venne proiettato
per la prima volta il 6 settembre
del 1929 presso lo Studio Ursulines
di fronte a un pubblico composto
da esponenti dell’avanguardia, tra
cui Jean Cocteau, Pablo Picasso, Le
Corbusier e André Breton. Il suc-
finendo con l’imporsi, le opportu- misso, Moretti, Barilli e Marinetti, cesso arrivò inaspettato, accompa-
nità che tale ambiente fornisce via Gide e Valéry, Ehrenburg e Jacob, gnato comunque da immancabili
via alla giovane donna, scrittrice3 e Crémieux, Maurois, Ramon Gomez critiche e reazioni scandalizzate
intellettuale. Conosce e frequenta, de la Serna, Picasso. Incontra di da parte del pubblico più confor-
da sola o con Massimo, i protago- nuovo Pirandello4 e Savinio. Rima- mista, incapace di metabolizzare
nisti dell’avanguardia e della vita ne affascinata dalla recitazione di l’illogicità, la ripugnanza e la tra-
culturale degli anni Venti-Trenta: Josephine Baker e dalla cinema- sgressione onirica che la pellicola
De Chirico, Moravia, De Pisis, Co- tografia di Luis Buñuel e Salvator proponeva. Paola Masino rimase

3 Masino già da alcuni anni scrive per «900», la rivista di Bontempelli e appena a Parigi riordina prose e racconti in una raccolta, Decadenza della morte, pubblicata nel 1931. Nello stesso
anno esce il suo primo romanzo, Monte Ignoso.
4 Lo aveva conosciuto a Roma, al teatro Argentina, quando, spinta del padre Alfredo, aveva proposto a Pirandello il suo lavoro teatrale Le tre Marie, ricevendone attenzione e apprezzamento.
5 M. Mascia Galateria, L’autobiografia trasfigurata di Paola Masino, in Paola Masino, a cura di F. Bernardini Napoletano e M. Mascia Galateria, Fondazione Arnoldo e Alberto Mon-
dadori, Milano, 2001.

18
colpita da quel linguaggio capace giunzione con la Luna. Il sole si va concretando, nell’immagi-
di far affiorare il magma dell’incon- sorge a 7h 39m, 9 tramonta a nazione della donna, IL GIOVA-
scio mediante immagini fortemen- ore 18,35. Ave Maria a 17h 15m. NE BRUNO che sbadiglia):
te simboliche; ciò andava incontro Luna perigea a 13 h.6 «So», fa.
alla sua naturale esigenza di espri- LA MASSAIA (non si volta, lo
mere l’assoluto dell’esistenza e in Con queste minuziose coordi- vede sul divano, dentro di sé. S’in-
particolare quel momento impal- nate la scrittrice fissa l’inizio del canta a guardarlo, prima di parla-
pabile e indefinibile in cui la vita grande ricevimento dato dalla re) «Perché ce l’hai tanto con me?
esiste allo stato di potenza, prima Massaia ormai coniugata e nell’e- Mi arrangio a vivere come posso;
di incarnarsi in forma di individuo e sercizio delle sue funzioni, quelle di non mi diverto mica.»7
nascere al mondo. padrona di casa e rappresentante
In Nascita e morte della massaia di un ruolo e di uno status sociale IL GIOVANE BRUNO appare im-
compaiono così alcuni elementi pre- alto borghese. Ma tutto è stravol- provvisamente alla donna evocato
senti nel film di Buñuel, primo fra to e la scena oscilla tra una rap- dal desiderio di lei, incarnazione dei
tutti la distruzione spazio-tempora- presentazione teatrale con tanto suoi sensi frustrati dai vincoli matri-
le. Come nella pellicola le didascalie di personaggi e di didascalie e una moniali e borghesi nei quali, come
presentano una cronologia appa- sequenza onirica, che mescola ap- in una ragnatela, si sente avviluppa-
rentemente realistica ma in realtà parenza e realtà ta. La scena ricorda molto quella del
inverosimile, tanto che le sequenze cortometraggio di Buñuel, in cui la
si succedono mediante nessi asso- In un angolo, su un divano di protagonista, che nel suo soggior-
ciativi, così nel romanzo la narrazio- raso bianco, scalza, dorme LA no sta leggendo un libro con l’illu-
ne procede con un analogo anco- MASSAIA. Sogna e nel sogno strazione de La merlettaia di Verme-
raggio ad una realtà temporale che ride. Si sveglia di soprassalto. er (simbolo della identità domestica
nella sua gratuita precisione fa im- «Mio Dio che sogno! Era tanto della donna), ad un tratto si affaccia
plodere ogni forma di significazione piacevole da farmi paura. A chi alla finestra e vede un giovane bru-
non è abituato il piacere dà più no che, giunto in bicicletta fin sotto
Eccoci al grande giorno, Do- sgomento della sofferenza.» (Si il suo portone, improvvisamente
menica 6 gennaio, Epifania di alza e fa un inchino). «Omaggi cade e batte la testa sul marciapie-
N.S. Nel segno del Capricorno alla filosofia.» (Si aggira tra i ta- de. Lei scende subito in strada e lo
alle ore 3 si ha Venere in con- volini. Al suo posto, sul divano, conduce in casa. Inizialmente il gio-

6 P. Masino, Nascita e morte della massaia, Isbn Edizioni, Milano, 2009, p. 85.
7 Ivi, p. 86.

19
«Ora carezzami.» (Gli prende
le mani e se le passa sul corpo,
ma vedendolo inerte, si ferma.)
«Non sarò mai la tua donna?»8

L’inerzia del giovane è la pro-


va della impossibilità di una piena
realizzazione di tipo sessuale e il
segno di una frustrazione desti-
nata a durare. Nel film di Buñuel
l’uomo cerca di raggiungere la
donna che desidera, e che gli si
nega, trascinando a fatica, all’in-
terno della stanza, due funi a cui
sono legati due prelati, seguiti
da due pianoforti su cui penzola-
no due asini in putrefazione: è il
trionfo del macabro e del surre-
ale ma anche la trasposizione vi-
siva e cinematografica dei vincoli
religiosi e sociali (la borghesia in
decomposizione) che opprimono
e condizionano i comportamenti
degli individui. Anche alla festa
data dalla Massaia partecipano
le stesse categorie sociali: il CAR-
DINALE, la DAMA NAZIONALE,
la REGINA DECADUTA, il MARE-
SCIALLO, simbolo di quelle auto-
rità da cui la società è determina-
ta e condizionata.
Il tema del doppio, presente
una prima volta nel film nel pas-
saggio già indicato, torna poco
più avanti anche nella conclusio-
ne della scena degli asini, quando
il protagonista vede ulteriormen-
te ostacolato il suo tentativo di
conquista della donna da parte
di un suo alter ego forte e au-
toritario, forse allusione ad una
figura paterna, che lo reprime e
lo punisce mettendolo contro il
vane, che indossa alcuni indumenti a cui la Massaia inutilmente aspira, muro. Il giovane reagisce e i libri
prettamente femminili, presenta simbolo di quella libertà che le è che gli erano comparsi in mano
un’incerta identità sessuale ma preclusa dalla rigida gabbia sociale si trasformano in pistole con le
lo stesso uomo, che assiste poco nella quale si dibatte quali uccide l’altro, finendo però
dopo alla morte in strada del suo col morire anche lui. Ma anche la
doppio androgino, recuperata in tal MASSAIA (ha baciato a lungo Massaia ha un suo doppio, dopo
modo la sua mascolinità, cercherà il giovane bruno, ora lo guarda una sorta di fuga dalla sua realtà,
di circuire la donna con la forza, in fisso tenendogli il volto con le ad un tratto la incontra
preda a fantasie erotiche. Anche nel due mani. Il giovane è fermo)
romanzo masiniano le pulsioni ses- «Tanto mi odi? Non guardarmi Sulla terrazza c’era già un’altra
suali profonde, che affiorano in for- così. Chiudi gli occhi, se no mi persona, un’altra donna che volge-
ma onirica attraverso tali fantasie, sgomento, come li hai nudi, va le spalle a chi entrava, stando
costituiscono il nucleo identitario spietati.» (Gli chiude gli occhi.) appoggiata al parapetto con il capo

8 Ivi, p. 90.

20
raccolto nelle due mani. Era molto È lei bambina, piccola, informe, In seguito, in un colloquio, la
esile; la Massaia la prese dapprima indifesa, ignara dei pericoli della vita giovane racconta alla Massaia
per una bambina. Non le si avvicinò e delle insidie che cela, è lei quando l’immagine che del giovane bru-
benché desiderasse vederle il volto era ancora nel baule, ancora non no si è andata formando nella sua
che immaginava minuto e traspa- nata alla vita sociale, nutrita da cro- immaginazione
rente, per educazione anzi se ne al- ste di pane raffermo e con la muffa
lontanava guardando il panorama alla bocca; ora che è una Signora Vidi in ultimo una rondine pas-
delle stelle nel cielo e salutò la Cro- sare davanti alla mia finestra,
ce del Sud. Quando fu all’estremità …si sentiva possente e dentro mentre abbandonata sul da-
opposta della terrazza … udì una aveva un piacere tempestoso vanzale sospiravo, e mi parve
voce robusta che le diceva: «Signo- di quanto stava per compie- colore della notte di luna e subi-
ra, lasciami sola per favore, vatte- re su quella creatura, ridurla, to d’un’eguale ombra impastai
ne». … «Per carità, Signora, lascia- come lei avevano convinta a le palpebre di lui e le orbite. E la
mi sola. Non rubarmi questa notte. ridursi, un’apparenza. … «Ha bocca era un taglio nero.11
…Sono tanto brutta, non ho altro un orgoglio, una volontà un’e-
che le notti per parlare di lui senza sasperazione identica alla mia Tale descrizione richiama alla
vergogna. … La Massaia si voltò di allora. Bella guerra»10 mente l’idea biblica della cre-
come se sapesse quanto stava per azione divina, dove l’impasto
vedere. Erano due occhi densi, un Per un transfert perverso si allude alla creta con cui è stato
volto di guerriero abbattuto, largo, è trasformata nella madre tanto plasmato da Dio il primo uomo;
avvampato da un chiuso divorante odiata, artefice di quella meta- eppure dietro quest’immagi-
ardore, e mani spesse con unghie morfosi che l’ha condotta ad in- ne alberga la suggestione della
corte e visibili anche nella notte, dividuarsi, a prendere un aspetto straordinaria sequenza inizia-
come di cartone. Il suo sterno era umano e un ruolo sociale preor- le di Un chien andalou, quando
alto, il seno non appariva, le gam- dinato, costringendola a diven- Buñuel, che interpreta personal-
be corte e i piedi mal squadrati. tare un’apparenza, un vuoto in- mente un ruolo nel suo film, con
Ma era debole in tanta armatura volucro alla mercé della volontà un rasoio affilato taglia orizzon-
di membra, e piena di commozio- altrui, a diventare sposa e mas- talmente il bulbo oculare della
ne. Non piangeva, c’era in lei mol- saia ideale contro la sua volontà, donna, mentre nel cielo nottur-
to odio e moltissima paura. Anche a rinunciare per sempre ai suoi no delle nuvole sottili attraver-
nella Massaia rapidissimo nacque sogni e alle sue aspirazioni, a pie- sano orizzontalmente il disco
un odio maligno …. 9 gare il suo orgoglio. lunare. E ancora

9 Ivi, pp. 147-8.


10 Ivi, pp. 148-9.
11 Ivi, pp. 166-7.

21
«Avevamo vergogna» sussurrò vo, finché d’un tratto la mano si è straniante, la ragazza racconta alla
la Massaia ricordando «vergo- staccata ed è scomparsa….»12 Massaia alcuni suoi sogni ricorrenti
gna a pensare rossa una bocca
d’uomo. Pensavamo a una boc- In una sequenza del cortome- «Da piccola pensavo tanto ai ca-
ca soltanto onde usciva il respi- traggio la donna cerca di allontanare valli che me ne ero ammalata e lo
ro necessario, come un fumo, l’uomo spingendolo fuori dalla stan- sognavo, tutti neri, che correvano
e riempiva di caligine le labbra. za ma lui fa resistenza e la sua mano nell’alba contro il cielo verde…..
Non è così?» rimane chiusa nella porta ed è allora Ogni notte li vedevo più grandi…
che dal palmo aperto e bucato, su La notte dopo mi stavano così ad-
Anche questa focalizzazione cui la cinepresa si sofferma, comin- dosso che li vedevo soltanto dalle
sulla bocca e sulle labbra dell’uomo ciano ad uscire formiche. Questa im- ginocchia in su….Nel quarto, nel
come oggetto del desiderio e sim- magine, come anche altre all’interno quinto, nel sesto sogno, sempre
bolo di un erotismo di cui si prova del film, sono la trasposizione cine- più perdevano di fianchi dorso
vergogna è presente nel film, quan- matografica di alcuni sogni di Dalì, spalla o collo e il muso e la criniera
do ad un tratto la bocca del giova- che condivise con Buñuel il lavoro diventavano immani…..»13
ne improvvisamente si cancella e al di sceneggiatura. La potenza oniri-
suo posto compaiono i peli ascella- ca e visionaria sconfina nell’orrido, E racconta poi anche di un altro
ri della donna. Un ultimo richiamo sfocia nella crudeltà e nel macabro sogno, quello di una statua che la
alle immagini oniriche e visionarie ma è capace di toccare le corde più veniva a trovare spesso
del film è la presenza della mano profonde dell’essere, di raggiunge-
re le regioni inesplorate della psiche Anzi non era una statua, era un
«E’così» ammise la ragazza. «Per in un estremo tentativo di sonda- gruppo di moglie e marito. Il ma-
questo, quando in uno di quei cor- re l’insondabile. Gli spettatori non rito in piedi teneva un pugnale nel
ridoi ho visto una mano poggiata potevano non rimanere turbati da collo della moglie inginocchiata,
a uno spigolo, benché il corpo questo coacervo di immagini inedite perché non cadesse viva in mano
cui apparteneva fosse nascosto affioranti direttamente dall’abisso ai nemici. Ero contenta che la mo-
dall’angolo del muro, ho saputo dell’io. Anche Masino ricorre più vol- glie avesse un ferro nel collo e non
che era sua. La guardavo guarda- te al tema del sogno con funzione potesse parlare, perché a me non

12 Ibidem.
13 Ivi, pp. 170.

22
piace la conversazione delle don- simbolico: la Massaia, con l’aiuto dei do certi moduli espressivi di cui ora
ne. Ma anche il marito, purtroppo, bambini, getta il suo antico baule- si avvale con disinvoltura per com-
parlava poco per lo sforzo conti- grembo materno dal pianerottolo del porre questo che è il suo libro più
nuo di reggere la moglie moribon- quinto piano del palazzo in cui abita- complesso e innovativo. In un pe-
da; lasciarla andare non poteva no, liberandosi una volta per tutte di riodo che guarda al realismo, e ben
per non scomporre il gruppo.14 quell’oscuro oggetto, un po’ nido un presto al neorealismo, la scrittrice,
po’ cella. Solo così può uscire final- ancora una volta in controtenden-
La crudeltà della scena si stem- mente dalla sua esistenza, dopo es- za, esprime la sua weltanschauung
pera nell’ironia pervenendo a quel- sere diventata improvvisamente de- attraverso lo sguardo straniante
lo stesso effetto di straniamento crepita «come se avesse vissuto tante e deformante dell’inconscio e del
che Buñuel aveva raggiunto me- altre vite, portato gente sulle spal- sogno, in cui pulsioni sessuali, desi-
diante la colonna sonora, realizza- le.»18 Anche il protagonista di Un chien derio di morte, gusto del macabro
ta utilizzando alcune musiche dal andalou, dopo aver sparato al suo e crudeltà si mescolano in funzio-
Tristano e Isotta di Richard Wagner doppio muore e il suo corpo giace ina- ne demistificante rispetto alla real-
e due Tango argentini di Vicente Al- spettatamente in un bosco. Entram- tà sociale ed esistenziale di cui gli
varez, che creavano un contrasto be le opere hanno poi uno epilogo da individui, e in particolare le donne,
molto interessante e suggerivano parodia tragica: la Massaia divenuta sono prigionieri. Tali elementi van-
una chiave di lettura delle imma- un fantasma uscirà dalla sua tomba no a comporre l’universo fanta-
gini che scorrevano davanti agli ogni tanto per pulire e lustrare il suo stico della scrittrice e giustificano
occhi perplessi del pubblico in sala. mausoleo, i due protagonisti del film l’epiteto con cui Barberi Squarotti
Nel romanzo di Masino ad un sorridono invece felici e innamorati l’aveva definita in occasione della
certo punto la ragazza-alter ego in riva al mare per poi, subito dopo, sua scomparsa: «scrittrice del “fan-
scompare e da quel momento tutti ritrovarsi dantescamente sepolti nella tastico nero”». Dunque il soggior-
si accorgono del cambiamento del- sabbia dal petto in giù. no parigino rappresentò un viatico
la donna: abbandonata ogni velleità A circa dieci anni di distanza di primaria importanza e un’occa-
e ogni resistenza, abbraccia la sua dall’uscita del film di Buñuel e Dalì, sione di formazione alla quale la
croce e si consacra anima e corpo in un contesto storico e culturale giovane Paola attinse, secondo la
alla sua vita da brava massaia: «Tut- molto diverso, Masino sembra aver propria vocazione, con straordina-
to, ecco, si conclude e ritrova il suo assimilato e rielaborato nel profon- ria intelligenza.
equilibrio e il celeste suffragio dac-
ché la donna si è convinta a fare la
parte che le è stata assegnata».15
Dopo dieci anni di non-vita da per-
fetta padrona di casa la Massaia ri-
trova il suo amato, il giovane bruno
ora enorme e deforme e insieme a
lui la giovane scomparsa, ridotta un
mucchietto di ossa, e i loro dodici
figli che - dice l’uomo - «Sono lembi
tuoi, materia che tu hai disprezzato.
La tua parte di vita, e non sapevi
neppure di avercela data in conse-
gna».16 E’ l’esistenza parallela e poten-
ziale che la Massaia non ha vissuto, è
lo scarto tra ciò che è stato e ciò che
poteva essere: un destino pesante di
maternità a cui la donna si è sottratta
e che invece è toccata in sorte al suo
doppio. Una fortuna? Una scelta? Un
caso? Certo è che Masino considera-
va la maternità come una condanna,
«come diminuzione dell’individualità
personale d’ogni creatura».17 La vicen-
da si chiude in modo assolutamente

14 Ivi, pp. 172.


15 Ivi, pp. 193.
16 Ivi, p. 244.
17 P. Masino, lettera ai genitori del 27 marzo 1941. In Io, Massimo e gli altri, introduzione e cura di M. V. Vittori, Rusconi editore, Milano, 1995.
18w Ivi, p. 261.

23
Massimo Bontempelli
e l’esperienza musicale,
ovvero l’arte della curiosità
Luca Bassi

La materia di quella creazione essendo la passione umana, quell'arte, sincera fino all'estremo sacrificio, è e deve rimanere sempre
e tutta immersa nella vita: la vita non come sostanza ignota ma come fenomeno manifesto: la vita come natura, perché la passione
altro non è che natura e natura vuol rimanere: è sangue, vegetazione; è anche paura, paura dell'intemperia e della sofferenza, paura
dell'aldiquà. Di teatro o da camera, sacra o profana, da Palestrina a Scarlatti e a Rossini tutta la musica era stata un tentativo di sfug-
gire alla vita o con la contemplazione, o col trionfo del numero e del ritmo come sola verità raggiungibile, o con l'assorbimento sola-
re. Avere voluto servirsi degli ultimi portati dell'esperienza musicale di tre secoli per esaltare la vita mortale (perché senza dubbio di
là dall'uomo verdiano non esiste immortalità) fu impresa di coraggio immane. Lo sforzo di questo sacrificio è l'atto che mantiene la
musica di Verdi in continua febbre.1 – Massimo Bontempelli

La molteplicità di interessi, gli ambiti di compe-


tenza e i risultati conseguiti grazie ad una straordi-
naria capacità di approfondimento in diversi settori
dell’intelletto umano, rendono Massimo Bontem-
pelli, una figura centrale (ma, ahimè, colpevolmen-
te poco studiata) nell’orizzonte creativo del Nove-
cento italiano.
Se proviamo a dare una rapida occhiata alla sua
produzione, che spazia dal genere poetico, al gior-
nalismo, al romanzo, alla saggistica, al racconto, al
teatro, al cinema, non possiamo non essere colpi-
ti dall’enorme mole di materiale che Bontempelli
mette in cantiere dai primi anni del ventesimo seco-
lo fino a poco prima della sua morte, sopraggiunta
nel 1960.
Devo ammettere di non conoscere approfon-
ditamente, con l’attenzione che merita, l’opera
di Bontempelli. Ma l’esperienza maturata dalle
letture, di questo poliedrico intelletto, mi ha fatto
concludere che pochi altri nomi si possono acco-
stare al suo, se si considera la straordinaria capa-
cità che questo ha di mescolare, in un amalgama
fatta di connessioni stilistiche, categorie, tessere
poliformi (che vanno dal più puro classicismo fino

1 La prolusione su Verdi che Massimo Bontempelli pronunciò il 2 febbraio 1941 al Teatro La Fenice, corona i Sette discorsi raccolti dall'editore Bompiani nel 1942. L'attività ‘accademica’
di un italiano progressivamente corroso dal fascismo - che in un primo tempo lo aveva convinto - sembra dunque, in quel volume, addirittura chiudersi nel nome di un musicista che ha
attraversato tutta la sua opera. Vero è però che, nello stesso 1942, Bontempelli dà alle stampe anche un breve saggio sull'opera di Malipiero (sempre per Bompiani) con illustrazioni
musicali di Raffaele Cumar; ed è vero anche che, sempre nei primi anni del secondo conflitto mondiale, l'autore offre il suo estro per altri incontri (A Galileo poeta, Apocalisse di San
Giovanni, Al non possedere quadri, Alla lirica italiana, ma anche A Pergolesi). Verrà solo nel 1958 il volume Passione incompiuta (Mondadori), raccolta degli scritti musicali più originali
(tra cui lo stesso su Verdi), sorta di doppio di quell'antologia di meditazioni sull'arte figurativa, Appassionata incompetenza, che intanto aveva pubblicato con Neri Pozza (1950). Né
l'incompetenza né l'incompiuto possono dar ragione al pudore e al desiderio esplorativo (e - in definitiva - passionale) di un autore che alla musica e alle arti ha dedicato buona parte
della sua esperienza intellettuale.

24
ai paradigmi dell’avanguardia, che giamento è il superamento degli
esulano da stilemi convenzionali) steccati che relegano generi e ca-
che tuttavia sembrano innestarsi tegorie musicali in territori invali-
in un continuum stilistico senza de- cabili, pena la contaminazione di
marcazioni nette. genere, considerata quasi blasfe-
L’esito straordinario, la conclu- mia, orrore dal quale tenersi ben
sione di tutto ciò è questo partico- distanti.
larissimo mosaico, fatto di sovrap- Sarà proprio questa contami-
posizioni e mescolanze che rendono nazione di genere, questa spe-
l’autore fucina di elementi eclettici, cialissima fucina musicale, che
dalla quale viene però forgiata un’o- renderà bontempelli un composi-
pera che reca, orgogliosamente, il tore (sicuramente tra i primi) non
sigillo di originalità. esattamente “etichettabile”, e per
Ho provato quindi a conside- questo, specchio traslucido posto a
rare sotto questa prospettiva di cavallo tra diciannovesimo e ven-
eclettismo, chè è in qualche misura tesimo secolo.
il marchio di fabbrica dello spirito Non ho detto, come di solito si
bontempelliano, il suo esito in un usa fare, musicista a cavallo tra un
genere per il quale non è certo secolo e l’altro”, ma ho detto spec-
passato alla storia, ma che andreb- chio traslucido. C’è una bella diffe-
be indubbiamente approfondito: renza.
quello musicale. Provo a spiegarmi. E lo farò at-
E ho immediatamente avuto traverso un esempio che di solito modo, rispecchiandole traslucida-
conferma (non nascondo che me risulta molto efficace. Mozart è ri- mente, ma in maniera efficacissi-
lo aspettavo), che le lenti della tenuto il musicista che traghetta il ma, nel suo naturale modo di com-
curiosità attraverso le quali osser- Settecento nell’Ottocento. porre.
va il mondo che lo circonda, deve Le sue ultime quattro sinfonie Non passa attraverso fasi di sti-
averle inforcate anche quando si abbandonano lo stile classico, fatto le in embrione a fasi mature o ca-
è avventurato nel territorio, non di trasparenze apollinee, per entra- ratterizzanti. No.
certo facile negli anni Venti, della re nei più impervi territori pre-ro- L’aggregazione polistilistica
composizione musicale, visto il ri- mantici e romantici; le sue sonorità sembra essere una sua prerogativa
sultato della sua complessa archi- si amplificano, si addensano; cam- dipendente dalla sua non apparte-
tettura armonica cristallizzata sul biano le dinamiche orchestrali e la nenza a categorie, che ne limite-
pentagramma. timbrica assapora nuances che nel rebbero certamente la creatività.
L’istintivo atteggiamento di Beethoven maturo diverranno un La stessa cosa accade nel suo
ricerca e sperimentazione deriva sigillo inconfondibile. polimorfo stile letterario.
non poco, a mio parere, dal suo Ma tutto questo presuppone Prendiamo a titolo di esempio
percorso musicale in abiti da auto- un prima: un Mozart in erba legato la Piccola suite per quintetto d’ar-
didatta. alla scuola barocca, che matura at- chi, flauto, clarinetto pianoforte e
Questo non trascurabile parti- traverso la tradizione classica vien- piccola batteria, del 1936. L’organi-
colare mette in moto un meccani- nese, che affina la sua arte grazie co strumentale in sé e per sé la dice
smo grazie al quale Bontempelli, all’esperienza di Mannheim e sfo- lunga, circa le scelte strutturali del
allontanandosi dai canonici per- cia poi nel tardo classicismo fino compositore, che sente l’esigenza
corsi formativi, fatti di ortodossia agli esiti di cui abbiamo detto. di inserire una batteria all’interno
modale, armonica, ben saldati a Di tutto questo naturalissimo di una composizione che apparter-
terra grazie al sistema temperato evoluzionismo musicale, in Bon- rebbe già forzatamente e di sghim-
occidentale, si sente libero di av- tempelli, neppure l’ombra. bescio al genere cameristico.
venturarsi con estrema curiosità in Bontempelli non evolve attra- Abbiamo detto che nei primi
mondi sonori che proprio in quegli verso un percorso fatto di un pri- anni venti il jazz, arrivato da New
anni (siamo nei primi anni Venti) ma e di un dopo. Orleans a Chicago e poi a New York,
arrivano nelle sale da concerto e Bontempelli, forse inconsape- si è fatto conoscere dal pubblico
da queste alle prime trasmissioni volmente, forse in maniera del tut- italiano attraverso mezzi diversi,
radiofoniche. to naturale, guarda alle esperienze dalla musica dal vivo agli spartiti,
La conseguenza di tale atteg- d’oltreoceano, al jazz2 in particolar al disco e alla radio. Bontempelli è

2 D’altronde l’attenzione e la curiosità di Bontempelli verso il jazz è testimoniata da una molteplicità di spie. Fin dalla sua opera drammaturgica più importante, Nostra Dea del 1925,
Bontempelli mostra la sua attenzione verso la musica jazz. Risale, poi, al 1926 un suo intervento pubblicato nella raccolta Stato di grazia e intitolato Moralità del jazz-band. Un anno più
tardi Bontempelli curerà la revisione per la censura del primo film sonoro americano arrivato in Italia, Il cantante jazz. Nel 1945, infine, viene pubblicato il volume di Augusto Caraceni,
Jazz dalle origini ad oggi con prefazione di Massimo Bontempelli.

25
calità occidentale, bensì una vocalità Ecco un altro elemento che ren-
e una intonazione di tipo africano, de Bontempelli libero di sperimen-
nella quale le note possono essere tare, di giocare con le strutture, di
intonate tra il modo maggiore e il comporre e scomporre, di asciuga-
modo minore; non rispettano, in po- re e di infarcire. Paradossalmente,
che parole, l’intonazione temperata essere un professionista, limita il
della tradizione europea ma possono proprio estro entro sistemi defini-
essere suonate in maniera variabile. ti e definibili. Al contrario, essere
Questo tipo di variabilità si co- autodidatta e marginalmente oc-
glie molto bene nella suite alla qua- cuparsi di musica e composizione,
le ho accennato. può far mettere le ali a spiriti che
Tessiture melodiche minori, si non mancano di forte, fortissima
intrecciano su strutture armoni- sensibilità. Quest’ultima categoria
che maggiori, donando al brano un appartiene a Bontempelli, che ci
sapore squisitamente jazzistico, regala momenti di grande merito,
arricchito in questo grazie alla pre- anche in ambito musicale.
senza, seppur non troppo esube- La figura alla quale maggiormen-
rante, della batteria. Il tutto incor- te mi sento di accostare Massimo
niciato in una struttura che rispetta Bontempelli, viste le sue caratteristi-
il sistema diatonico. che e competenze, la sua forte ten-
Anche il grande George Ger- denza alla sperimentazione e alla
shwin sperimenta questa alter- commistione tra generi, e il suo va-
nanza modale nel Secondo Prelu- sto terreno d’indagine è James Pri-
dio per pianoforte. ce Johnson;3 una sorta di Gershwin
Nel caso della piccola suite ci nero, molto meno noto perchè, va
troviamo di fronte ad un ibrido che detto, nell’America degli anni Venti
accomuna l’intento bontempelliano e Trenta i musicisti neri non avevano
a quello di musicisti quali Ildebrando certo l’esposizione che poteva ave-
Pizzetti, Alfredo Casella, Gianfrance- re un compositore bianco.
tra questo pubblico e percepisce sco Malipiero e Ottorino Respighi. Quello che Bontempelli è stato
immediatamente che si tratta di La differenza tra il primo e que- in ambito letterario, e certamente
una grande novità che tocca diversi sti altri, sta però nell’audacia e nel anche in quello musicale, ovvero
aspetti del linguaggio musicale. coraggio di sperimentazione che inesauribile miniera di stili e ten-
Non c’è dubbio che la curio- Bontempelli mette in campo. tativi di approcci da diverse an-
sità spinge Bontempelli a capire È pur vero e va debitamente golazioni e prospettive di diverse
come funziona questo nuovo sottolineato, che per Bontempel- categorie dell’estro artistico, trova
linguaggio, che sembra avere li, la musica resta un’esperienza una specie di alter ego oltreoceano
caratteristiche poco compatibili marginale, i cui esiti, nel bene o proprio in Johnson, poliedrico e
con la grande tradizione classica nel male, non ne compromette- multiforme compositore che ope-
europea e italiana, ma che pro- rebbe la reputazione. Per gli al- ra in ambito lirico, quartettistico,
prio per questo risulta essere tri, che con la musica ci vivono, sinfonico, concertistico, liederisti-
maggiormente stimolante per il discorso è ben diverso. Allon- co, canzonistico. Ma la caratteristi-
uno spirito innovatore e curioso tanarsi troppo da canoni este- ca che li accomuna maggiormente
come quello di Bontempelli. tici sperimentati e sicuramente è la mescolanza che caratterizza
Il primo elemento che deve sal- fruibili dal pubblico che resta il la loro produzione: Johnson ave-
tare agli occhi del compositore è giudice ultimo (e che soprattutto va fuso la lezione di Rachmaninov
quello dell’intonazione. paga il biglietto per entrare nel- con lo stride piano di Harlem, di cui
Una delle caratteristiche del jazz le sale da concerto), esporrebbe è stato uno degli iniziatori. Ma le
è l’intonazione strumentale che ri- pericolosamente il compositore armonie della scuola classica, di cui
chiama quella vocale; ma non la vo- a catastrofici flop. era imbevuto, non vengono mai

3 Nativo del New Jersey, fu la vicinanza di New York, con la sua atmosfera cosmopolita, i suoi locali, la sua musica, a contagiare il giovane Johnson. Nel 1908, la sua famiglia si trasferì
a San Juan Hill. Il musicista, dotato di una predisposizione naturale per il pianoforte, fu presto in grado di suonare a orecchio la musica che ascoltava. Influenzato dal ragtime, suonò e
incise ‘Maple Leaf Ragì di Joplin insieme alla più moderna (secondo il suo parere) "Euphonic Sounds". I diritti del disco lo resero finanziariamente più indipendente, tanto che Johnson
pensò - come aveva fatto prima di lui Scott Joplin - di scrivere un'opera per orchestra.
Prima del 1920, Johnson si era guadagnato sulla costa orientale una reputazione di pianista che poteva essere paragonata a quelle di Eubie Blake e di Luckey Roberts. Fu in quel periodo
che incontrò George Gershwin, anche lui giovane pianista.
Notte dopo notte, pezzo dopo pezzo, Johnson andò ad affinare il suo stile, crescendo in esperienza: il doversi misurare ogni volta con esigenze diverse, talvolta con le idiosincrasie dei
molti cantanti che accompagnava, lo resero capace di districarsi in mezzo agli stili, tanto da essere in grado di riprodurre un brano in qualsiasi tonalità. Sviluppò un accompagnamento
sensibile e semplice, l'accompagnamento preferito di Ethel Waters e Bessie Smith.
Nel 1940 Johnson venne colpito da ictus. Quando ritornò ad esibirsi in pubblico il suo stile apparve meno netto e preciso anche se la sua tecnica era ancora formidabile. Si ritirò defini-
tivamente dalle scene nel 1951 dopo essere stato colpito ancora una volta da un ictus paralizzante. Morirà quattro anni dopo a New York.

26
abbandonate; al contrario, vengo- in atto della composizione (Bontem-
no utilizzate per dar vita a questo pelli non utilizza nuclei e strutture
inusitato sistema polimodale e po- musicali per descrivere impressioni
liarmonico che lo hanno reso così del mondo intorno a lui o della na-
“stranamente originale”. tura che lo circonda) è quella della
Un altro spunto di curiosità che completa assenza di sviluppo.
Bontempelli pensa bene di poter Se la classica forma sonata im-
sfruttare a suo modo per il suo sti- pone una esposizione del tema
le musicale, è legato al carattere principale, uno sviluppo di questo e,
ritmico. Nella Danza a cinque tempi infine una ripresa del tema, confe-
per quartetto d’archi e pianoforte, rendo alla struttura una delineazio-
del 1939, il compositore riesce ad ne circolare, nella musica impressio-
ottenere uno swing, un particolare nista (pensiamo a musicisti come
relax grazie ad usa sorta di galleg- Maurice Ravel, Claude Debussy, Erik
giamento ritmico su una struttura Satie, Paul Dukas, Alexander Scria-
basata sulle poliritmie degli archi, bin, e agli italiani Ottorino Respighi
sorrette però da una cadenzata, e Alfredo Casella) la struttura divie-
lenta, larghissima scansione rit- ne lineare, proprio per la mancanza
mica esaltata dal registro basso di sviluppo, di una successione di
del pianoforte. Lo straordinario ri- eventi legati l’uno all’altro, di suc-
sultato è quello che l’ascoltatore, cedaneità in una sorta di racconto
imbrigliato in ben cinque ritmi mar- in evoluzione. E la struttura lineare,
catamente differenti, viene quasi senza sviluppo, conferisce all’opera
estraniato dalla struttura poliritmi- un sapore che sa di tempo sospeso,
ca, da uno solo di questi strumenti: di struttura senza peso, di intervallo
quello del pianoforte; quasi fosse il temporale tra crepuscolo e notte.
movimento di un pendolo, costan- L’esito musicale appare smussato, a Malipiero, ma fanno capolino an-
te e monotono, mosso dalle mani dai contorni volutamente sbiaditi, che il Ravel della Pavane e il Satie
di un esperto ipnotizzatore. quasi impercettibili. della Gymnopedie.
Bontempelli, pur assegnando Nei Tre preludi per pianoforte, La qualità musicale di Bon-
al pianoforte una struttura infinita- del 1941, Bontempelli si avvicina ai tempelli non sarà eccelsa. Cer-
mente meno articolata rispetto ai chiaroscuri di Debussy, attraverso il tamente non passerà alla storia
due violini, alla viola e al violoncel- sapiente utilizzo di strutture armoni- come un grande compositore.
lo, lo rende comunque protagoni- che giocate sugli intervalli di secon- Ma un merito, importante, glielo
sta, grazie proprio al suo costante da minore, su sovrapposizioni moda- dobbiamo. Quello di aver gettato
battere il tempo, in una struttura li che allontanano il flusso melodico in un terreno affollatissimo, un
nella quale il tempo, per forza di dalla tonalità d’impianto, che pro- seme che troppo spesso è consi-
cose, perde di consistenza e di si- iettano i tre brani in una dimensione derato improduttivo: quello della
gnificato, pur restando la preroga- onirica, eliminandone limiti spaziali e curiosità e del mettersi in gioco
tiva principale della composizione. temporali. E forse per questa via rag- senza velleità competitive e di
Una caratteristica che avvicina giunge anche attraverso la musica supremazia. In questo risiede la
Bontempelli a quella corrente mo- una sorta di realismo magico. forza delle sue composizioni. Ma,
derna chiamata impressionismo, ma Balenano tante somiglianze soprattutto, in questo risiede la
solo per quello che riguarda la messa stilistiche riconducibili a Casella e forza del suo intelletto.

27
Bontempelli,
il cinema, il suo tempo
Paola Populin

Se il teatro di prosa continuerà a sussistere, dovrà imparare dal cinematografo qualcuno dei suoi segreti di rapi-
dità e pronta mutevolezza e ricchezza nell’incalzare dei particolari… ma non va solamente nei riguardi del teatro
confrontato con il cinema. Va detto di qualunque altra delle arti che si svolgono nel tempo. Anche alla narrazione
noi chiediamo oggi una sveltezza e una scioltezza e rapidezza e variabilità ben maggiore di quanto non le chiedeva-
mo cinquanta anni or sono […].1

Negli anni intorno al 1925 la questione del ci-


nematografo assume una rilevanza notevole nel
dibattito internazionale: motivi centrali sono la re-
lazione tra il cinema e il teatro e le possibilità tecni-
che del cinema.
Nel 1929 Bontempelli inaugura il primo cineclub
italiano e, nel discorso inaugurale, a proposito della
rinascita del cinema italiano, afferma:

Ed ecco oggi, presentandosi l’occasione propi-


zia (decadenza piena del cinema americano da
una parte, e dall’altra la ferma intenzione del
Regime di aiutare con ogni sforzo la nostra ri-
presa) tutto il vecchio mondo cinematografico
crede che Rinascita voglia dire tornare al pun-
to di prima, cioè tornare a far quattrini come
li avevano fatti allora, con gli stessi mezzi, le
stesse formule; […] Tutto questo con l’arte non
ha niente a vedere, anzi. La rinascita del nostro
film come arte – e solo se risorge come arte ri-
sorge seriamente e durevolmente come industria
– la rinascita (e perché oramai non diciamo con
coraggio la nascita del film italiano?) non può es-
sere compiuta che dagli altri, dai nullatenenti,
dagli incompetenti. […] non diciamo dunque
che il cinema moderno voglia la povertà piena e
assoluta; non si costruisce una casa sulla carta,
come un poema. Diciamo che anche i capitali è
necessario siano nuovi, siano coraggiosi, siano
incompetenti.2

1 M. Bontempelli, L’avventura Novecentista, Firenze, Vallecchi, 1974, p. 270-271.


2 R. Jacobbi, L’avventura Novecentista ,…… pp. 273-274.

28
Non era una novità per Bontem-
pelli intervenire nella questione:
infatti già nel 1922, quando inizia a
occuparsi di cinema, lamenta subi-
to la mancanza di ‘immaginazione
e fantasia’ quali elementi costituti-
vi di un possibile nuovo cinema. Se
si pensa al panorama europeo di
quegli anni, si comprende il senso
delle parole pronunciate durante il
discorso inaugurale: infatti, in tutta
Europa si avverte l’esigenza di un
cinema d’arte che vada in senso
contrario alla via percorsa fino a
quel momento dalle grandi produ-
zioni, impegnatesi in colossal o film
in costume. Il riproporre grandi ro-
manzi sullo schermo segna l’indub-
bia dipendenza del cinema dalla
letteratura:

Ho avuto di recente occasione di


riconoscere assai chiaramente delle potenzialità di questa arte -, tamente nel contesto sperimenta-
la situazione del cinematografo ma anche in una serrata attività dei le delle avanguardie. La proprietà
di fronte alla capacità fantasti- cineclub. In molte città europee si del cinema di essere messaggio in
che del nostro tempo. Gran par- aprono cineclub che hanno come cui il significante assume, rispetto
te della sua produzione, com’è scopo principale la diffusione del allo spettatore, un aspetto multi-
noto, si limita alla traduzione in cinema ‘d’arte’: in Francia l’inter- forme più ancora che qualsivoglia
scena di noti romanzi, possibil- vento di Delluc già sin dal 1918 e mezzo utilizzato, che sia parola o
mente avventurosi e popolari.3 poi di Ricciotto Canudo con la fon- immagine, grazie alle sue peculia-
dazione del Club des Amis du Sep- rità di movimento, consente allo
Senza tener conto del fatto che tième Art (CASA) fino all’inaugura- spettatore di giocare, in accordo
la produzione di film di questo tipo zione, nel 1924 e ad opera di Jean con l’autore, con la percezione:
avesse impegnato risorse ecces- Tedesco, di una prima sala spe- l’oggetto che ha davanti pertanto,
sive, tali da mettere in crisi molte cializzata per la proiezione di film è riprodotto in una infinità di volte
produzioni e che quindi il ripensare ‘d’arte’ aprono la via al proliferare pur restando sempre lo stesso, ma,
una proposta di spettacolo cine- di cineclub che precedono di poco rispetto alle altre modalità dell’e-
matografico avrebbe potuto esse- l’attività berlinese. Nel 1925 infatti spressione artistica, si compone di
re anche più vantaggiosa sotto il si tenne a Berlino la ‘Kipho’, Kino un numero maggiore di elementi
punto di vista economico, è pro- und Photo Austellung, un vero e – la luce, il movimento- che deter-
prio l’idea di film ad essere posta in proprio primo festival-mercato del minano una percezione globale
discussione e a cercare nuovo mo- cinema, in cui non mancò attenzio- derivante da una immediata per-
dello; niente di meglio dunque che ne verso il cinema artistico. cezione analitica e involontaria del
‘usare’ il cinema come un ulteriore Ma cosa si intendeva di fatto singolo significante.
mezzo dell’espressione artistica, con cinema ‘d’arte?
medium in grado di rappresentare Se si pensa che negli anni im- Mi pare che la missione del
qualcosa ma nel contempo se stes- mediatamente seguenti il nascere cinematografo non sia stata
so e le sue potenzialità. La questio- delle avanguardie il concetto cano- esattamente compresa. L'o-
ne estetica ed espressiva del cine- nico di arte muta e si rivoluziona biettivo dell'apparecchio di
ma si affronta in molte occasioni: sia in relazione all’oggetto artistico ripresa è un occhio che Apolli-
non solo convegni e pubblicazioni che al soggetto che ne usufruisce, naire avrebbe definito surreale
– si pensi al numero4 Les Cahiers du si può chiaramente comprendere (senza alcun rapporto con il
mois del 1925 interamente dedica- come il cinema, nel suo carattere surrealismo di oggi), occhio do-
to al cinema e a cui collaborarono di novità, possa essere considerato tato di proprietà analitiche non
attori, registi e artisti, ciascuno dei come una possibilità di evoluzione umane. È un occhio senza pre-
quali rappresentò ogni aspetto del mezzo d’arte e inserirsi perfet- giudizi, senza morale, astratto

3 Ibidem, p. 271.
4 «Les Cahiers du mois» Cinèma, n. 16/17, Paris 1925, trad.it. ed. Cineteca di Bologna, a cura di M. Canosa.

29
da ogni influenza; e vede nel parla di «cinema puro. Queste «spettacolo», cioè nel dovere
volto e nel movimento umano «purità» sono state caratteri- soprattutto rispondere a una ne-
tratti che noi, col nostro carico stiche di tutti i tentativi di avan- cessità popolare, in alto senso.
di simpatia ed antipatie, di abi- guardia che hanno segnato la L’arte cinematografica si trova
tudini e di riflessioni, non sap- fine del romanticismo, e hanno nelle migliori condizioni per po-
piamo più vedere.5 scavato l’abisso tra noi e l’altro ter dominare il più grande e il
secolo, lasciandoci tabula rasa più vario e compiuto pubblico:
Se Jean Epstein così si esprime, (per nostra fortuna, se sapre- per imporre se stessa come arte
confidando sia nella proprietà ana- mo usarne). Ora queste «puri- centrale di un’epoca e rinnovare
litica che nel gioco della percezione tà» sono distruttive: la pittura le altre; per diventare il fuoco
tra oggetto percepito e soggetto pura finisce nell’arabesco, la centrale dell’espressione di un
percipiente, e così in tutto il gioco poesia pura nel balbettamento tempo, e la più efficace educa-
che l’arte d’avanguardia prevede, sillabico. Un’architettura pura zione di una razza. Può darsi che
Bontempelli nel 1926 continuerà a ci darebbe città inabitabili.6 il cinema abbia a diventare per
parlare di cinema, intuendone che l’Italia nel secolo XX quello che fu
le possibilità di novità sono legate Dunque egli riconosce il ruolo per lei l’arte figurativa nel Rinasci-
alle avanguardie proprio in virtù fondamentale delle avanguardie mento, e la musica nel Settecento
del potere distruttivo che queste nel cinema ma ritiene che questo e nel primo Ottocento.7
hanno avuto nei confronti del ca- non debba spingersi troppo oltre il
none estetico: limite del rappresentabile: La visione di Bontempelli dun-
que rimane legata ad un cinema
Il problema del cinematografo Il cinema d’avanguardia è incom- che possa essere utile, possa avere
è il più importante dei problemi prensibile. La potenza del cine- una funzione nell’individuare una
artistici d’oggi. […] in Francia si ma sta nel suo nascere come estetica del tempo, e nello stes-

5 J. Epstein, in Les Cahiers du mois, Cinèma, n. 16/17, Paris 1925, trad.it. ed. Cineteca di Bologna, a cura di M. Canosa.
6 R. Jacobbi, op. cit., p. 272.
7 Ibidem.

30
so momento possa fondare una fondata su nuove idee, creatività idee, i miei propositi filmistici.
educazione estetica italiana. Se e progetti innovativi è sostenuto Nessuno ha mostrato, non dico
si considera che «Quanto appare anche da Pirandello, il quale crede di appassionarsi ad essi ma per-
sullo schermo è infatti scelto e di- di poter proporre un cinema ‘d’ar- lomeno di incuriosirsene. Salvo
sposto, assolutamente tutto, se- te’ nei suoi progetti in continua Mussolini, il quale vede tutto,
condo una inalterabile volontà che evoluzione, dalla «cinegrafia» delle sa tutto e che, nell'udienza ac-
determina quello che lo spettatore visioni d’arte’, al concetto di ‘cine- cordatami, ha voluto che io gli
deve vedere, non solo, ma anche e melografia’,al progetto di messa illustrassi le miei idee, le mie
soprattutto il modo con cui deve in scena cinematografica delle sue trovate e tecniche per la tra-
vederlo»,8 l’intuizione di Bontem- opere teatrali: duzione cinegrafica delle mie
pelli sulla necessità di un progetto visioni d'arte. Ho ragione di cre-
culturale italiano alla base della […] E per quale ragione, Ma- dere che la realizzazione, in Ita-
rinascita del cinema anticipa il pro- estro, non avete cercato di lia con capitali e attori italiani, di
getto sistematico sull’industria e il realizzare in Italia il vostro pro- un mio primo film, veramente
discorso sull’estetica cinematogra- gramma cinematografico? mio, che avrà la sua importan-
fica di Barbaro. A questo punto Pirandello ab- za con commerciale artistica,
Di certo però non si può insiste- bozzò uno di quei suoi sorrisi avrebbe aperto la strada ad al-
re sui sistemi produttivi degli anni in cui si mescolano ironia e tri, di altri. Viceversa non appe-
‘10 dal momento che non ci sono stupore. na conosciute le mie intenzioni,
più le stesse richieste o le stesse “Mah! Anche a me sembrava la industriali tedeschi americani si
necessità: quando Bontempelli cosa più logica. Volendo, come sono affrettati a farmi offerte
parla di «capitali nuovi», di «in- dicono, far rinascere la nostra lusinghiere.9
competenza», si esprime contro la cinematografia, mi pareva che
tendenza a considerare il cinema non si potesse dare occasione I progetti di Pirandello riguardo
una forma industriale di tipo sem- migliore di questa. Esposi sul ad una sistematicità della produ-
plice e senza alcun coinvolgimento ‘Popolo d'Italia’, attraverso zione cinematografica comunque
etico ed estetico. Che la rinascita un'intervista chiestami da Enri- non sono definiti nell’ottica di una
del cinema italiano debba essere co Rocca -l'avete letta? - le mie visione unitaria, ma nel 1934, a pro-

8 U. Barbaro, Soggetto e sceneggiatura, ed. Bianco e Nero, 1939-XVII, p. 35.


9 «Comoedia», 15 gennaio 1929 intervista di E. Roma.

31
posito della rinascita del cinema, sere combattuta e dove ogni e forse non adatto al raggiungi-
sostiene la necessità di una dimen- impresa deve avere dinanzi a mento di quella dimensione esteti-
sione artistica degna di imprese sé, come esempio di volontà ca necessaria a creare un modello.
grandiose e significativa per la di- tenace, le opere colossali che Non si dimentichi che, come affer-
mensione industriale: il mondo ci invidia, realizzate in ma Barbaro nel 1938, «Ogni opera
pochi mesi con passione e ardi- d’arte, nel suo contatto col pubbli-
Si parla di rinascita della cine- mento degni dell’Italia fascista. co acquista un valore sociale; essa
matografia italiana e in virtù di Non si deve dimenticare che il promuove cioè e determina certe
queste magiche parole, in ogni cinematografo deve essere, correnti affettive e ideologiche,
angolo d’Italia, sorgono dilet- per il nostro Paese, un’industria certi sommovimenti di opinioni e
tanti, speculatori, registi, pronti redditizia e non un organismo di umori che mai rimangono sterili,
a raggranellare piccoli capitali e male in arnese fatto per dilapi- ma lievitano potentemente nella
a tentare l’avventura, col risul- dare dei capitali.10 massa eterogenea dei fattori so-
tato evidente di costringere e ciali, come anticipazioni ideali della
mantenere la cinematografia Negli scritti di Bontempelli sul storia prossima.»12
italiana in un’atmosfera di me- cinema è evidente la necessità di Sembra quasi che secondo il
diocrità avvilente e produrre considerare la triangolazione pub- parere di Bontempelli, qualora
film assolutamente inutili ai blico/arte/industria come una rela- si dovesse perseguire un intento
fini della famosa rinascita. La zione necessaria per fare cinema. puntualmente ed esclusivamente
cinematografia italiana, per af- E per questo c’è bisogno di una realistico, si possa accontentare
fermarsi, ha bisogno, per ora, dimensione artistica che esuli dalla il pubblico momentaneamente,
di soli pochi film, ma buoni. volontà realistica o dall’ossessione ma questo elemento non possa
Tutto il resto, la zavorra che si nel voler riprodurre il reale, pro- essere determinante o almeno si-
spaccia in suo nome, è nociva e prio in virtù del fatto che un’ope- gnificativo per l’acquisizione della
tende a produrre l’effetto con- ra nasce con una duplice natura: percezione di essere di fronte a
trario. Il “filmino” borghese, la quella della contemporaneità e un oggetto d’arte. Se poi l’ogget-
commediola e il “drammuccio” quella della eternità, come conti- to non è percepito come ‘arte’,
non sono certo contributi attivi nua a sottolineare in uno scritto ossia ‘bello’, non sarà in grado di
alla nostra cinematografia che del 1935.11 Il rischio di una volontà coinvolgere emotivamente il pub-
deve risorgere nel clima di oggi, di riproduzione esatta del reale blico, fattore che invece portereb-
dove ogni mediocrità deve es- renderebbe tutto più ‘meccanico’ be lo spettatore dalla condizione

10 «La Stampa», 21 aprile 1934, intervista di GIM. ‘Radio, teatro, cinematografo e l’opera Nazionale dopolavoro’.
11 R. Jacobbi, op. cit. p. 289.
12 U. Barbaro, op. cit., p. 34.

32
momentanea della codifica della
contemporaneità alla dimensione
di ‘eternità’. Naturalmente si deve
parlare di ‘presente’, ma nel senso
che è necessario respingere quella
tendenza alla ‘ricostruzione’ che
ha segnato e provocato le difficol-
tà della produzione cinematogra-
fica. Sorprendentemente, come
sostiene nel 1930, il pubblico ama
il reale sotto ben altra forma che la
sua riproduzione meccanica:

Sento dire che il pubblico ama


soltanto il reale, il quotidiano,
la riproduzione della sua vita
d’ogni minuto. Ma nemmen
per idea. Le cose più gradite al
pubblico d’oggi (e davvero le
più belle) sono i disegni animati;
antirealistici per eccellenza, po-
emi della immaginazione in pie-
na autonomia; anche l’elemen- to piuttosto la ricerca del ruolo evo- dovrà superare al più presto que-
to sonoro solamente in essi ha cativo che il suno da, in un ambito sto primo periodo in cui la radio è
saputo raggiungere effetti sor- simbolico dalle molte possibilità: ancora succube del teatro, come
prendenti e altamente artistici.13 avvenne del primo cinema.15
tutto questo è una grande sco-
Una riproduzione del reale reso perta. Ma credo che nella scelta La sudditanza del cinema al tea-
estraneo a sé ma perfettamente ed esecuzione di tale messinsce- tro rischia di determinare anche l’i-
riconoscibile: il disegno animato na sonora si dovrà star bene in nutilità del radiodramma, facendo
prende il posto del film in quel pro- guardia dal troppo folto e dal in tal modo perdere ogni speranza
cesso imitativo che lo caratterizza troppo realistico: essi rumori in quella innovazione estetica ne-
ma rende un’idea di ‘cosa bella’ dovranno essere sobri e disposti cessaria che Bontempelli ha sem-
che il film difficilmente può rende- con un certo ritmo che ne faccia pre cercato.
re se non è artisticamente valido. più intenso il valore indicativo e In tutto il suo percorso di stu-
Ad un certo punto sembra che simbolico. Il soverchio realismo dio e analisi del cinema egli sembra
Bontempelli deponga ogni speran- darebbe loro tutto l’aspetto sempre essersi attenuto al prin-
za nel cinema, non trovando una via d’un gioco e di una curiosità.14 cipio da cui è partito: la ricerca di
che possa garantire quel ‘bello’ in una novità in grado di inserirsi in un
grado di educare ad una sensibilità Non c’è immagine, non c’è la solco di sperimentazione di avan-
estetica. Sempre però attento alle possibilità di giocare con le luci e il guardia, ma che possa essere com-
novità e alle forme espressive che movimento, ma sono il ritmo stesso presa, accettata e alla fine amata
possano consentire una sperimen- e il tono a raccogliere in sé ogni ul- dal pubblico, in modo tale da poter
tazione estetica, in uno scritto del teriore possibilità di senso; questo è rappresentare un riferimento cer-
1934 egli rivolge la sua attenzione l’unico mezzo con cui si può evitare to nella ricerca e dell’educazione
alla radio e in particolare alla scrit- ciò che rappresenta il rischio mag- al bello a cui lo spettatore, se pur
tura per la radio: di certo il suono giore: la riproduzione del teatro. inconsapevole, tende. La fiducia in
radiofonico, soprattutto laddove si E proprio qui Bontempelli torna al un progetto unitario, che poi non
tratti di radiodramma, sarà sempre punto da cui era partito nelle sue si realizzò nei tempi e nei modi de-
più interessante quando si tratti di considerazioni riguardo al cinema: siderati, non venne mai a manca-
riprodurre i suoni del reale, ma lo re, e ne è prova la sua multiforme
sforzo della ‘messa in scena’ non Credo che chiunque parla di ra- espressione artistica che gli con-
dovrà essere quello di dimostrare dioteatro ammetta come pre- sentì di esplorare ogni possibilità,
l’abilità nella ricerca di realistica imi- supposto che esso dovrà inven- con lo stesso intento di chi crede
tazione dell’immagine reale, quan- tarsi ex novo una sua forma; cioè in una dimensione estetica umana.

13 R. Jacobbi, op. cit., p. 278.


14 R. Jacobbi, op. cit., p. 293.
15 R. Jacobbi, op. cit., p. 293.

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Le staminali
dell’anima
Oggi sappiamo che ciascuno di noi porta in sè le staminali, cellule indiffe-
renziati e totipotenti che possono diventare qualsiasi tessuto e qualsiasi
organo. Ma sul piano psichico , mentale l’uomo ha addirittura la capacità di
rivoluzionarsi, di rinascere, quasi di generare un nuovo sè stesso. Le forze
che ci consentono questo rinnovamento possono essere considerate le
staminali dell’anima. Alcuni ne fanno poco uso, altri è come se rinasces-
sero diverse volte. Il rinnovamento creativo non e mai solo intellettuale,
coinvolge la persona nel suo complesso, è sempre anche un uragano di
emozioni e di passioni.

Noi possiamo cambiare città, fare un nuovo lavoro senza essere toccati in-
teriormente, rivoluzionati interiormente. Ci adattiamo all ’ambiente e pos-
siamo anche fare delle cose pregevoli. Ma è completamene diverso quan-
do il mutamento viene dal nostro interno. Allora è come se emergesse e
prendesse la parola un nuovo noi stesso, uscito dalle staminali dell’anima.
Michelangelo non voleva dipingere la Cappella Sistina, lo faceva per ob-
bligo, senza convinzione,il risultato era mediocre. Poi un giorno ha intuito
che poteva rappresentarvi la storia dell’umanità dalla creazione alla fine: è
stato come il big bang, un flusso di energia creativa da cui e sorto un nuovo
mondo. Tutti i grandi artisti hanno delle fasi, dei periodi come in Picasso il
periodo blu, il periodo rosa, il periodo africano, il cubismo etc.

Ogni nuova fase è una rinascita, un ricominciamento. Qualche volta il rin-


novamento è così grande, come nell’innamor amento o nella conversione
religiosa, che il personaggio sembra diventato veramente diverso e più
giovane non solo per la freschezza intellettuale ed emotiva ma perfino
nell’aspetto e nella gestualità. Alcuni autori, pensiamo a Lawrence a Na-
bokof, hanno scritto le loro opere più innovative e più rivoluzionarie, l’a-
mante di Lady Chatterly e Lolita, da adulti lasciando sconcertati o i loro
amici e famigliari.

Ma non sono solo i grandi artisti a rinnovarsi. Tutti noi conosciamo persone
che, dopo aver lavorato a lungo come impiegati o con insegnanti, ad un
certo punto della loro vita hanno rotto la routine e liberato nuove potenzia-
lità. C’è chi ha creato un ristorante, chi un negozio, chi una impresa, c’è chi
ha scritto libri di favole o inventato giocattoli, bellissime bambole. Alcuni
hanno scoperto molto tardi la loro vocazione letteraria e sono diventati dei
famosi giallisti. Emanuele Kant ha addirittura rivoluzionato la filosofia.

Francesco Alberoni

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PASSA
TEMPO
DIVERTIMENTO
CRUCIVERBA

CURIOSITÀ
SOLUZIONI
PUZZLE

La zona costiera dell’Asia occidentale è l’ecosistema più fragile del mondo per
il declino delle barriere coralline e la deforestazione. La regione infatti ha per-
so l’1 1% del patrimonio boschivo naturale nel corso degli Anni ‘80 e molti Paesi
accusano carenza di acqua, dati che comunque sono destinati a peggiorare.

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