Ungaretti

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Ungaretti

Ungaretti scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano. Nasce l’8 febbraio del 1888 ad Alessandria
d’Egitto e lì studiò in una scuola di lingua francese. Nel ‘12 si trasferì a Parigi e frequento l’università di
Sorbona ed incontrò autori del tempo e approfondì le conoscenze di Boulder. Combatté la guerra sul Carso
e da qui abbiamo i componimenti del Porto sepolto del 1916. La sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi
da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi
principalmente nella raccolta L'allegria (1931);[2] passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto
concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, si ebbe nel 1936 quando accettò la
cattedra presso l’università di S. Paolo in Brasile, dove si trasferì con tutta la sua famiglia, periodo segnato
dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha composto opere meditative dall'intensa riflessione sul
destino umano. Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e
della tristezza dell'età avanzata.

Nel 1942 ritorna in Italia, durante la Seconda guerra mondiale, alla quale partecipò con una forte tensione
umana e lirica, producendo poesie note come testimonianze di questo periodo. Questo duplice dramma
ispirò per la raccolta del 1947 “porto sepolto”. Fu nominato accademico di Italia ottenendo la cattedra
all’università di Roma. Poi mori a Milano per broncopolmonite all’età di 82 anni. Segnando una fase di
trasformazione, diventando un paradigma culturale della vicenda letteraria e culturale di quegli anni. È
stato considerato da alcuni critici come anticipatore dell'ermetismo. Termine che sta a significare chiuso,
che punta alla semplicità e forza d’animo dei primitivi che si oppone al decadentismo d’annunziano, e
Pascoli giudicato troppo bozzettistico, soggettivo e malinconico. Anche ai crepuscolari, perché non sopporta
la retorica. Un
uomo che scopre di essere solo con la sua carica segreta di ideali, egli ricerca una poesia pura, una parola
essenziale, priva di enfasi, di retorica che non deve essere sublime. Liberata da ogni schema metrico che
esprima soltanto ciò che il poeta con la sua inventio, sensibilità umana intuisce le sue poesie che sono
brevi, e che racchiudono in vero e proprio frammenti quella che è la carica umana, in cui ogni termine si
carica di una ricchezza di significati.

Ungaretti riduce al minimo nella prima raccolta dell’allegria quelle che sono i vincoli, le norme della sintassi,
limita la punteggiatura. Rifiuta anche i vincoli della metrica, non adotta più strofe tradizionali, costruendo
una lirica nuova, con una sola parola con grande significato. Rifiuta quei collegamenti tradizionali come
nella lirica “mattina” scritta con soli due versi

“M’illumino
d’immenso”

L’allegria comprende le liriche concepite durante l’esperienza della Prima guerra mondiale. Le liriche sono
dunque incisivamente, intensamente autobiografiche, si parla infatti di diarismo poetico. Questi
componimenti costituiscono un lungo risultato di riflessione e revisione che stesso Ungaretti ha operato.
Le similitudini, le metafore distintiva rappresentano con efficacia la desolazione del poeta coinvolto in una
realtà atroce. Il dramma del primo conflitto mondiale che si associa alla Seconda guerra mondiale e al
dramma della morte del fratello e del figlio Antonietto. Drammi che lo inducono quindi a riflettere sulla
fragilità dell’uomo, sulla vanità delle cose e il dolore dell’esistenza.

Egli abolisce la punteggiatura, usa spazzi Bianchi che fungono da pausa che servono per far focalizzare
l’attenzione si ciò che è stato detto. Tutto ciò per operare l’intentio del poeta che vuole rappresentare
tramite la parola, che si fa metafora, rappresentazione, partecipazione, percezione come il sentimento del
tempo. Dunque, la parola è transfert che trasmette l’interiorità del poeta. Il poeta non si ripiega su sé
stesso ma cerca una via di fuga che lo possa aiutare; dunque, cerca una possibilità di redenzione riflettendo
sulla pienezza della sua vita. Dunque, trovare in questo naufragio una gioia nonostante sia apparente
perché poi si dissolverà. Dal punto di vista stilistico ed espressivo Ungaretti abbandona l’allegria. Egli
compie una ricostituzione dei metri tradizionali della poesia italiana con tutto un movimento della cultura
europea, cercando il recupero del passato. Desiderio di ricongiungimento del passato tramite quella
funzione univoca della parola, con la ricerca di un’ancora di salvezza che possa salvarlo da questa
condizione di solitudine.

Ungaretti scrisse in questi anni orribili “il dolore” quello che non finirà più di straziarlo e di tormentarlo. Il
dolore si fa TOPOS, oggetto basato sulla personale esperienza e vicenda autobiografica. Nella raccolta di
poesie ad esso dedicata l’autore esami e rielabora le più evolute considerazioni. Uomo che non rimane
nella sofferenza ma che va avanti sostenuto dalla fede che ha riscoperto nel 28 tramite la conversione
permettendogli di percorrere il deserto e raggiungere la terra promessa.

Ungaretti si immedesima nel ruolo di un cantore, con un atteggiamento attivo, cantore di un umano dolore
non solo autobiografico ma universale invitanti alla fraternità, all’unità. Una delle caratteristiche della
poesia Ungarettiana è il vitalismo, un atteggiamento che si manifesta, si esprime che si riversa attraverso la
parola figura, metafora, funzione, nelle condizioni più difficili. La poesia si fa romanzo, non ha canoni
tradizionali, non può rispondere Ale norme della traduzione ottocentesca ma deve adeguarsi al tempo, alla
sensibilità, li stati d’animo e la condizione dell’uomo di questo periodo. Narrare come un romanzo in versi,
lirico fino all’esperienza della prima guerra e poi della seconda con il dolore del 47. Dunque, primo tempo
ungarettiano l’allegria e poi il dolore. Il protagonista è sempre la PAROLA, (VEICOLO FONDAMENTALE PER
LA RISCOPERTA DELL’IO NELLA SUA SIGGETTIVITA, e NATURA PROFONDA

I modelli ungarettiana furono Mallarmé e Valerì.

SENTIMENTI DEL TEMPO: il porto è simbolo di un viaggio introspettivo alla ricerca dell’essere umano.
PORTO SEPOLTO: vi è un’immagine carica di simbolismo che fa riferimento a Mallarmé e a Valerì, in cui il
dato reale che fa tramite per comunicare una verità non soggettiva ma universale che porta con sé l’idea di
un mondo sottostante che vuole indurre a disseppellire il mistero. Da un lato allude al porto di questa
tolemaica nella città di Alessandra di Egitto antecedente alla fondazione di Alessandro Magno che colpisce
la fantasia del poeta. L’aggettivo sepolto che si fa simbolo di un mistero e che racchiude in sé questo
segreto paragonabile all’animo umano. Versi dunque brevi, con anche una parola, schietta autentica, di
grande impatto e forza comunicativa.

FIUMI: in questa poesia Ungaretti vuole esprimere le sue emozioni. Ungaretti ci vuole rendere partecipi di
questo vuoto dettato dall’atrocità della guerra e dal dramma umano. Dunque, canto di dolore che vuol
coinvolgere i suoi interlocutori perché i singoli trovino quel senso di fraternità, unità. Composto a codici il
16/8/1916, all’interno del porto sepolto e infine nella silloge “Allegria” del 1931.
Questo viaggio del poeta nomade alla ricerca di un mistero, a rivivere le tappe della sua vita, le fasi che lo
hanno visto protagonista. I fiumi rappresentano elementi che ci rendono partecipi della sua evoluzione
esistenziale. Ungaretti è sul Carso, e tra i suoi soldati, fanti, abbandonato nella cavità che è La Dolina, tipica
delle regioni carse, ha la malinconia di un circo vuoto, ci vuole rendere partecipi di questa vacuità, data
dall’orrore della guerra. Circo assimilato a quelle immagini (parola che si carica di una figuratività, assoluta,
vera-utilizzata come TRANSFER). “Urna” parola posta in relazione a “reliquia” = valore sacrale di un
momento solenne, scandito, segnato, rappresentato dal valore della parola (rivelazione dello stato d’animo
di Ungaretti).

Il disfacimento (“disfatto”), senso che si può equiparare a una disgregazione.

•Qui il correlativo oggettivo che U. adotta per caratterizzare ciò che vuole rendere il poeta.

• Autobiografismo lirico, “io”, in termini narcisistici, proprio dell’Allegria, a cui si aggiunge un Diarismo, una
poesia che diventa narrativa che vuole raccontare una esperienza personale.
Non si ripiega su sé stesso, e vuole che anche i suoi confratelli trovino un senso di fratellanza. In guerra U.
approfondisce meglio e capisce meglio sé stesso. Avverte armonia, unità, corrispondenza con tutto, con
l’universo (La ricerca, tema fondante della raccolta del ‘31). “Quelle mani” si riferisce alle acque del fiume
(umanizzazione), che gli recano felicità, autentica ma vana. Qui l’Allegria del naufrago che indica questo
attimo di esultanza, rara felicità in quel deserto, in una situazione di dolore che è costretto a vivere. C’è
questa ricerca, riesce a trovare un istante di rara felicità in questo magna di dolore e patos. Questo è il
fiume Serchio al quale hanno fatto riferimento i suoi avi, e contadina come la madre e padre e in riva al
quale è nato e cresciuto, e si è circondato di inconsapevolezza che è l’adolescenza. Si è conosciuto per la
prima volta. Non dimentichiamo che a Parigi, dopo l’esperienza sul fronte del Carso, seguirà le lezioni del
Padre dell’’esistenzialismo e farà propria la lezione di Baudelaire o Mallarmé o Apollinaire.

Ribadisce questo legame, vuole scandire in maniera precisa quelle che sono state le stagioni della sua vita.
Questa è la sua nostalgia che si manifesta di notte. “Corolla” che richiama, in una funziona allusiva, l’idea di
morte e precarietà in cui è coinvolto.

La lirica si presta alla comprensione dell’intera raccolta del ‘31, meglio di come potrebbe dire lui. La lirica
aiuta a comprendere la sua poetica, ci narra attraverso questi versi liberi, attraverso brevità e spazi bianchi
le vicende autobiografiche, della sua vita. Il poeta ci presenta diversi aspetti della sua esistenza e condizione
temporale (dimensione, espressione, manifestazione della poesia), citando fiumi importanti. Il
Serchio, il Nilo, dove è nato e cresciuto, dove non aveva la piena consapevolezza di sé e dell’universo, la
Senna, dove ha conosciuto il torbido malessere esistenziale e si è formato culturalmente, l’Isonzo, su cui i
fanti combatterono 12 battaglie contro i britannici.

Ancora la guerra, un paesaggio macabro in cui il poeta sopravvive e dove cerca di ritrovare una via di fuga.
I fiumi hanno un valore di summa poetica ed esistenziale. Il poeta è nascosto in una Dolina, una cavità tipica
del terreno carsico, usata come una trincea. Il poeta unico superstite si sente una reliquia, urna piega
d’acqua, simbolo di morte, discesa verso gli Inferi. Metafora del “circo” per caricare in maniera più intensa
il senso della comunicazione. L’Isonzo è il fiume in cui si riconosce fino in fondo, la guerra lo mette a nudo e
fa conoscere pienamente la condizione umana. I fiumi ricostruiscono la sua fibra e lo aiutano a entrare in
armonia con il creato e con sé stesso. Sebbene permanga un senso di nostalgia, infatti la poesia si conclude
con un senso di angoscia di un uomo sconfortato dalla condizione.

La poesia presenta data e luogo del concepimento, brevitas, brevi sintagmi (versi ungarettiani), breve
sintassi, si stacca dalla retorica della poesia carducciana e d’dannunziana.

SAN MARTINO DEL CARSO: 27/8/1916 Linguaggio di grande impatto comunicativo. anche qui il poeta ci
rende partecipi della situazione. La poesia tratta degli effetti devastanti della guerra. All’inizio nella prima
strofa prevale l’immagine della distruzione del paese, ridotto a un cumulo di macerie. Il poeta si focalizza
sul suo stato d’animo: trova una forte analogia, relazione di eguaglianza, tra le immagini del mondo esterno
e la sua interiorità, il sentimento del suo cuore. La distruzione del paese è analoga a quella del cuore del
poeta. La struttura è circolare, l’immagine del cuore straziato richiama quella iniziale della prima strofa
(brandello di mura). Così come si richiamano le case e il paese dell’ultimo, il ricordo degli amici scomparsi,
vivo nel cuore del poeta.

Le croci evocano le immagini di un cimitero ma anche di una speranza di una possibile rinascita. La
caratteristica è l’insistito (ossessivo ricorso dell’allitterazione), il linguaggio è semplice, piano, straniante il
sostantivo “brandelli”, linguaggio nominale introdotta per collegarlo alla carne umana. Il “ma” con cui si
apre la terza strofa serve al poeta per sottolineare l’importanza della memoria (congiunzione avversativa).

Altra particolarità: Mancanza di punteggiatura per esaltare le singole parole. Si basa su una serie di
contrapposizioni. La poesia va considerata per essere compresa all’interno dell’esperienza della Prima
guerra mondiale, primaria fonte di ispirazione. In questa lirica sceglie di esprimere tutta la disperazione e
l’orrore dell’esperienza al fronte attraverso un confronto tra l’uomo e la natura, scandita dalla morte dei
compagni (forza semantica della parola). Due momenti, il primo coincidente con le quartine iniziali
costituisce la parte distruttiva e poi la parte conclusiva dove permane quello scatto di umanità attraverso la
metafora del cuore-paese, attraverso il ricordo che si contrappone alla violenza della guerra.

Autobiografismo non fine a sé stesso, che parte da una condizione di dolore (del poeta).
*SENTIMENTO DEL TEMPO (1933), l’influenza petrarchesca e leopardiana. Il verso è libero che rende
appieno, accanto alla ricerca di armonia, una poesia pura, essenziale. La memoria è per U. la luce che coglie
anche dolorosamente il carattere del distacco, dell’abbandono che coincidono con la morte. Il viaggio è
l’anafora della vita, che si precisa come un itinerario umano e poetico, alla ricerca di una metà che può
tradursi nell’immagine della nave che aspetta di raggiungere il porto.
Amore, dolore, morte: non stupisce che i versi possano assumere una marcata valenza religiosa, che si
snoda nel destino di ogni uomo.

Le poesie scritte a partire dal 1919 e inserite nel Sentimento del tempo rappresentano un mutamento delle
prospettive: si ritorna all’ordine, alla punteggiatura, alla poetica dell’attimo.
Recupera l’endecasillabo e quella punteggiatura che era stata abolita. Si comprende così il vero significato
dell’opera di U.: un recupero dell’armonia tradizionale per ricomporlo e farlo rinascere dall’interno.

Ciò presuppone la rilettura di Petrarca e Leopardi, essenziale per questa ricostruzione. Il mondo da
ripristinare di cui fa riferimento Ungaretti riguarda la classicità attraverso la memoria che si identifica in
qualche forma mutilata del sentimento del tempo.

Per comprendere il suo mistero occorre risalire a Michelangelo e alla sua arte: fusione di uomo in Dio.
Ungaretti scriverà La Pietà. Nasce la poesia delle Metamorfosi, delle ore e delle stagioni: attenzione che
consegna al paesaggio. Altri elementi in Sentimenti del Tempo, sono il senso del vuoto da un lato e il mito
del tempo (Crono) dall’altro. Il valore dell’eternità costituisce in altra cifra importante della raccolta di
Ungaretti. La sofferenza, collettiva, universale, corale.

L’ISOLA (in Sentimento del Tempo)

1925, in due strofe. L’isola entra a far parte della raccolta del 33, che segna una svolta nella carriera poetica
di Ungaretti, in cui abbandona lo stile franto dell’Allegria del 31 e approda questa silloge nel classicismo
oscuro e barocco. La poesia è quasi un manifesto della nuova maniera poetica che Ungaretti introduce.
L’atmosfera della poesia è fin da subito misteriosa e rarefatta. Lo spazio in cui si muove un protagonista
senza nome (spazio irrealistico). Il tempo a cui viene creato una dimensione sospesa (tempo che suscita
stupore). Il protagonista approda sull’isola, è angosciato dal rumore di un uccello che vola, si imbatte in
ancella che canta e giunge poi in un prato che ospita fanciulle addormentate, le pecore.. Stile analogico
basato su immagini che comunicano una pregnanza figurative (metamorfosi). Si ha un l’atmosfera favolosa,
in cui l’ignoto personaggio sembra camminare, resa da immagini brevi ed essenziali.
Dall’influenza simbolista scaturisce il senso di mistero di cui è caricato il paesaggio (fantastico, magico,
bucolico). Il componimento ha un significato metapoietico, di riflessione sulla poetica stessa. Vengono
riconosciuti tutti gli elementi che richiamano la tradizione antecedente (ritorno). Viene giustificato questa
tensione-intenzione (ritorno) al classicismo. Lessico classicheggiante. La sintassi è aulica, l’impianto retorico
è barocco, la metrica è tradizionale. La svolta riguarda anche temi e funzioni della poesia. U. non è più il
poeta soldato che scrive dal fronte della guerra, ma si volge alla cultura per operare una trasformazione
poetica con le proprie avventure interiori. Tra il primo e il secondo tempo di Ungaretti (allegria e dolore)
esiste una continuità, tensione verso una poesia pura quasi metafisica che sopravvive in un contesto
tematico e stilistico. Il Sentimento del Tempo è ancora basato sulla tematizzazione delle pause.
LA MADRE: 1930. Composto due anni dopo la conversione del poeta e del suo ritorno alla fede cristiana,
in endecasillabi e settenari. Stesa e redatta in occasione della morte della madre. In merito alla propria
conversione a Roma, U. dice che Roma diventa la città dove la sua esperienza religiosa si ritrova in un
carattere di iniziazione. Parola=immagine, ricordo, memoria. La madre che appartiene alla raccolta del 33
mette in luce tutta la carica del Sentimento di Ungaretti. Cambia l’impostazione delle liriche che non sono
più il frutto di illuminazione improvvisa, ma rientrano in una riflessione di una ricerca del vero significato
dell’esistenza, nascosto dietro al muro d’ombra (v.2) Ancora una parola che si fa ricerca per comprende
cosa si nasconde dietro quel muro, quelle apparenze del mondo. Il muro che impedisce a U. di vedere
l’aldilà. Ha bisogno della madre che possa intercedere con Dio per farsi che ti ricongiunga con Dio. Li solo
rivedrà la madre, che gli darà la mano come nell’infanzia. Sarà immobile nell’attesa del giudizio divino, e
intercederà per lui presso Dio. Solo quando sarà sicura di aver assicurato il perdono a Ungaretti si volterà a
guardarlo. È evidente il cammino di conversione di Ungaretti ma anche il suo profondo sentimento
cristiano.

Alla sezione INNI, appartiene


LA PIETÀ: 1930 scritta durante il soggiorno a Roma. Poesia di grande complessità ermetica anche per la
riflessione che ci consegna in 4 momenti, tempi del testo. Testo di grande forza dal punto di vista
meditativo. Poesia di una perfezione assoluta, tra le più ricche e intense. Riesce a sintetizzare in modo
drammatico, con tanto Patos, veemenza, tutta la crisi spirituale e disperazione che il poeta aveva
accumulato nei suoi 40 anni. Questo poemetto, o canto, o preghiera, può essere definito un capolavoro
assoluto perché conduce un dialogo fatto di rabbia e disperazione con Dio, pervaso di dubbi e richieste, ma
anche un dialogo di condanna e di salvezza per l’uomo. Il poeta parte da sé stesso e alla fine arriva all’uomo
bestemmiatore, nella 4 sezione con cui si chiude l’opera.
Un percorso intriso di interrogativi senza risposte. La forma del testo è altissima e per essere tale….Come
scrive un critico Andrea Cortellessa la sezione è ancora più importante, dove si ha un maggio e impegno
retoricò di U. Occorre sottolineare la crisi spirituale del poeta, uomo ferito (incipit). È dichiarativo, è un
uomo che vorrebbe andare dove è solo con sé stesso: intraprendere un viaggio interiore per scoprire Dio,
per giungere all’Assoluto, e si chiede se non è degno di tornare. L’anima è agitata tormentata, ricominciano
le domande scettiche di U. Il poeta invoca Dio a guardare la debolezza e la fragilità dell’uomo, la loro
caducità, ma subito dopo pretende una certezza, e prega a Dio una traccia di giustizia, e poi lo prega
affinché lo liberi dalle sue emozioni di inquietudine. Il poeta è stanco di urlare senza voci, persa per le
suppliche a Dio.

Nel secondo verso si chiede se la speranza dell’uomo è la morte. I versi esprimono la perplessità lo
spavento del poeta, che si chiede se Dio si riduce a un puro sogno. Nella terza parte chiede a Dio di essere
abbagliato da Lui. Nella quarta parte scopre la natura maligna degli uomini che ferisce U, che non hanno
limiti. Ungaretti non teme la sua vita sulla terra. Uomo di pena, consapevole di questa drammaticità, va
avanti senza arrendersi. Il poemetto si chiede con il riconoscimento del poeta della natura malvagia
dell’uomo, uomo bestemmiatore, natura riconfermata anche nella poesia Caino, del Sentimento del
Tempo.

Volontà di chiedere perdono a Dio per i peccati del tempo, che si trova sempre in Sentimento del Tempo. E
chiude la poesia in un’immagine celeste, straordinaria, ed esprime il travaglio interiore. Non mostra nessun
vittimismo o sentimento di vigliacchissimo verso la vita Brutale. I vuoti nelle strofe, sono vuoti che
esprimono quella ricerca di arrivare a Dio e ricongiungersi con la Verità suprema. Vuoti che conferiscono un
tono aulico, maestoso, tanto da essere questo componimento un inno elegiaco, per essere cantato da un
coro religioso.
SENTIMENTO DEL TEMPO : 1931 poesia che dà origine al titolo della raccolta del ’33 Tema centrale è la
limitatezza del tempo umano. Il poeta osserva la luce del tramonto su una piccola montagna e la visione di
questo spettacolo davanti ai suoi occhi, di questo paesaggio, scatena in lui una riflessione sulla fine
dell’esistenza, sulla precarietà della vita. Il colore viola rappresenta il crepuscolo, il poeta percepisce la
natura del tempo, il battito del suo cuore che scandisce il tempo. E con il passare dei battiti si avvicina la
morte, fine della vita. E il pensiero che sta per arrivare il bacio tanto atteso accelera i battiti del suo cuore

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