Filosofia
Filosofia
Filosofia
Sappiamo che nella filosofia kantiana l’io era un’entità finita, che aveva
carattere formale in quanto si limitava ad ordinare una realtà che gli
preesisteva; sullo sfondo dell’attività condotta dall’io abbiamo il concetto di
cosa in sé.
E’ questa la ragione per cui con l’idealismo ci troviamo per la prima volta di
fronte ad una forma di panteismo spiritualistico, ossia una dottrina
secondo la quale Dio è lo spirito operante nel mondo. Questa dottrina si
distingue sia dal panteismo naturalistico, che faceva coincidere Dio con la
natura, sia dal trascendentalismo, che invece identificava Dio come essere
esterno e perfetto.
Fichte
Egli parte da una riflessione sulla legge di identità, allora concepita come
base del sapere; Fichte afferma che essa non rappresenta tuttavia il primo
principio della scienza in quanto implica un principio superiore, che è
proprio l’io. La legge di identità presuppone infatti che, dato un elemento,
esso è uguale a se stesso; questo elemento va ovviamente inteso come
esistente, ed in quanto tale dipendente dall'Io. L’Io non può però porre quel
determinato rapporto se prima non pone se stesso come esistente.
Il primo principio del sapere, detto principio supremo, non è quindi quello
di identità, ma l’Io stesso. La prerogativa di creazione e autocreazione che
appartiene all’Io viene denominata da Fichte Tathandlung, termine che
indica come l’Io possa essere allo stesso tempo attività agente e prodotto
della sua stessa azione → per questo l’Io è assoluto.
1. Il primo principio stabilisce che l’Io pone se stesso e chiarisce come il
concetto di Io si identifichi con quello di attività creatrice,
autocreatrice ed infinita.
3. Il terzo principio mostra come, una volta posto il non-Io, l’Io si ritrovi
ad essere limitato da esso. Da questo principio si arriva alla
rappresentazione della situazione concreta del mondo, in quanto
abbiamo una molteplicità di Io finiti a cui si contrappone una
molteplicità di oggetti (mondo=manifestazione del non-Io)
ugualmente finiti.
L’Io risulta allo stesso tempo finito ed infinito: esso è infinito perchè tutto
esiste soltanto in relazione ad esso, quindi si pone come attività creatrice; è
invece infinito perchè limitato dal non-Io (anche se quest’ultimo è
compreso all’interno di esso).
Fichte afferma che gli unici sistemi filosofici possibili sono il dogmatismo e
l’idealismo; egli infatti concepisce la filosofia come una riflessione il cui
scopo è trovare il fondamento dell’esperienza, all’interno della quale il
soggetto (l’intelligenza) e l’oggetto (la cosa) operano.
Tutti questi Io finiti hanno lo stesso scopo, ossia la libertà; chiaramente ogni
Io finito risulta però costretto a porre dei limiti alla propria libertà a favore di
quella degli altri, agendo in modo tale che l’umanità nella sua totalità risulti
sempre più libera. Il fine dell’uomo nella società è quindi quello di rendere
libero se stesso e gli altri, mirando alla totale unificazione del genere
umano.
Per realizzare questo scopo, Fichte ritiene che si debba mettere in atto una
sorta di “mobilitazione” dei dotti, i quali possiedono maggiore
consapevolezza rispetto agli altri uomini. Gli intellettuali non devono quindi
vivere isolati, ma all’interno della società ed in mezzo agli altri uomini,
diventando maestri di questi; questa è quella che il filosofo definisce la
missione del dotto, il cui fine supremo è il perfezionamento morale di ogni
uomo.
Pensiero politico
La filosofia politica di Fichte si sviluppa attraverso diverse fasi che
subiscono l'influsso delle vicende storiche. In due scritti del 1793 il filosofo
mette in luce la sua visione contrattualistica ed antidispotica dello Stato,
particolarmente sensibile al tema della libertà di pensiero. Egli afferma che
lo scopo del contratto sociale è l’educazione alla libertà, da cui deriva a sua
volta il diritto alla rivoluzione: se lo Stato non permette l’educazione alla
libertà, ognuno ha il diritto di “rompere” questo contratto sociale e dare vita
ad uno nuovo.
In virtù dei rapporti di diritto, l’Io conferisce a se stesso una sfera di libertà e
si distingue dagli altri Io, i quali sono dotati ognuno della propria sfera; l’Io si
pone quindi come persona.
Ogni individuo, per potere agire nel mondo, gode di tre diritti originali e
naturali: la libertà, la proprietà e la conservazione; questi devono essere
garantiti dallo Stato.
Quest’ultimo non deve tuttavia limitarsi alla tutela dei diritti, ma deve agire
al fine di garantire ai cittadini lavoro e benessere, rendendo impossibile la
povertà. Per fare ciò, il modello di governo a cui arriva la riflessione di
fichtiana è uno statalismo di carattere socialistico (la vita pubblica è
regolamentata) e autarchico (economicamente autosufficiente).
Una celebre opera del filosofo all’interno della quale è possibile riscontrare
il suo pensiero politico sono i Discorsi alla nazione tedesca; uno dei temi
fondamentali dell’opera è l’educazione, in quanto secondo Fichte il mondo
moderno richiede un’attenta azione pedagogica rivolta alla maggior parte
del popolo.
Nel suo svolgimento l’opera passa tuttavia dal piano pedagogico a quello
nazionalistico; Fichte sostiene infatti che il popolo tedesco sia l’unico adatto
a promuovere la “nuova educazione” e giustifica questa sua tesi
affermando che:
- i tedeschi sono gli unici ad avere una patria nel senso più alto del
termine e a costituire una realtà che si identifichi con il profondo
concetto di nazione.
Il giovane Hegel
Religione e politica
Hegel crede che non sia possibile realizzare alcune rivoluzione politica se
non accompagnata da una rivoluzione del cuore, cioè una rigenerazione
della persona nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura. Proprio
per questo negli scritti del filosofo è impossibile distaccare in modo netto il
tema politico da quello religioso, poiché formano un’unità inscindibile.
Finito e infinito
L’infinito come unica realtà
L’organismo unitario non ha nulla al di fuori di sè, quindi coincide con
l’Assoluto o con l’infinito, mentre i vari enti del mondo coincidono con il
finito. Ciò che quindi noi definiamo “finito” è espressione parziale
dell’infinito. Come nessuna parte può esistere senza essere messa in
connessione col tutto, così il finito esiste unicamente nell’infinito e in virtù
dell’infinito. Il finito, poiché reale, non è tale, ma è lo stesso infinito.
Ragione e realtà
L’aforisma di Hegel
In Lineamenti di filosofia del diritto è possibile trovare un’aforisma che
identifica il vero e proprio senso della filosofia hegeliana: “Ciò che è
razionale è reale; e ciò che è reale è razionale”:
➔ nella prima parte della formula, Hegel afferma che la razionalità non
è idealità o schema, ma la forma stessa di ciò che già esiste;
La dialettica
L’assoluto per Hegel è il “divenire”; ciò che regola il divenire è la dialettica
che è sia legge di tipo ontologico di sviluppo della realtà sia legge di tipo
logica di comprensione della realtà. La dialettica di Hegel non è mai stata
approfondita dal filosofo, ma grazie ad alcuni usi legati a certi settori della
filosofia è possibile fissarne qualche tratto generale.
I tre momenti del pensiero
Distingue tre diversi aspetti del pensiero:
1. astratto o intellettuale;
2. dialettico o negativo-razionale;
3. speculativo o positivo-razionale.
L’Aufhebung
La sintesi è quindi la ri-affermazione potenziata dell’affermazione iniziale,
cioè la tesi, che si ottiene tramite la negazione dell'antitesi. Questa
ri-affermazione è nominata nell’hegelismo “Aufhebung”, questo concetto
esprime l’idea di un superamento che sia togliere che conservare: esso
toglie attraverso l’opposizione tra tesi ed antitesi, e conserva consolidando
la verità della tesi, dell’antitesi e della loro opposizione. L’ “Aufhebung è il
progresso che accoglie in sé quello che c’è di vero nei momenti precedenti
alla tesi e all’antitesi, portando tale idea alla sua più alta espressione.
Nella prima parte Hegel affronta diverse tematiche, spiegando come nella
fase della coscienza predomini l’attenzione verso l’oggetto, in quella
dell’autocoscienza l’attenzione è rivolta verso il soggetto e infine in quella
della ragione si arriva ad una conclusione; riconoscere l’unità profonda di
soggetto e oggetto.
Autocoscienza
Le figure Più celebri della fenomenologia si trovano nella parte dedicata
all'autocoscienza. con l'autocoscienza, l'attenzione non sarà più posta
nell'oggetto bensì sarà nel soggetto, cioè all'attività concreta realizzata
dall'io, sempre preso in considerazione nei rapporti con gli altri. Questa
sezione tocca diversi settori come per esempio la storia della filosofia e la
ragione.
Servitù e signoria
La necessità di un reciproco riconoscimento tra le autocoscienze
L'uomo, secondo il filosofo, diverrà autocoscienza solo se riesci a farsi
riconoscere da un'altra autocoscienza, cioè da un altro essere libero e
pensante: proprio per questo l'uomo non può limitarsi a cercare
l’appagamento dei propri desideri in oggetti sensibili. Sarebbe facile
credere che il reciproco riconoscersi tra autocoscienze avvenga tramite
l’amore, cioè il miracolo per ciò che prima era due diviene uno. Nella
Fenomenologia però Hegel non sceglie l’amore, esso non insiste
abbastanza sul carattere drammatico della separazione tra le
autocoscienze e delle diverse situazioni che portano al reciproco
riconoscimento, ad esso quindi mancano dolore e pazienza. Proprio per
questo il riconoscimento deve passare attraverso un momento di lotta e di
sfida, tramite un conflitto tra le due autocoscienze.
Il rapporto servo-signore
Tale conflitto non finirà con la morte delle due autocoscienze, ma con il
subordinarsi di una all’altra, in un rapporto servo-signore. Il signore è colui
che ha messo a repentaglio la sua vita pur di ottenere la propria
indipendenza, mentre il servo è colui che ha deciso di perdere la propria
indipendenza, pur di vivere. La dinamica di tale rapporto, analizza Hegel,
porterà comunque ad una paradossale inversione di ruoli, quindi il caso in
cui il signore diviene servo del servo e il servo signore del signore; ciò
avviene poiché il signore, che gode passivamente del servizio dei servi,
finisce per essere dipendente da questi nonostante la sua indipendenza; il
servo invece per come trasforma le cose diverrà indipendente.
Il processo dell’acquisizione dell’indipendenza compiuto dal servo avviene
tramite tre momenti: paura della morte, del servizio e del lavoro. Lo schiavo
diviene tale poiché ha avuto paura davanti alla morte, egli non ha avuto
paura della perdita della propria essenza. Ha avuto paura del servizio,
poiché in tale momento la coscienza si autodisciplina e impara a vincere i
propri impulsi naturali; infine il momento della paura del lavoro, formando
e coltivando le cose il servo aiuta se stesso e imprime nell’essere quella
forma che è dell’autocoscienza, trovando se stesso nella propria opera.
Stoicismo e scetticismo
Il raggiungimento dell’indipendenza dell’io nei confronti delle cose sta
nello stoicismo, un tipo di visione del mondo che celebra l’autosufficienza e
la libertà del saggio nei confronti della vita che lo circonda, ma in esso
l’autocoscienza, che vuole liberarsi dalle passioni futili, arriva solo ad
un’astratta libertà interiore.
Allo scetticismo appartiene quella visione del mondo che sospende
l’assenso su tutto ciò che è comunemente ritenuto vero e reale; a causa
però del suo atteggiamento di negatività verso l’alterità, lo scetticismo
porta ad una situazione contraddittoria e insostenibile. Hegel, infatti, va
contro lo scetticismo usando l’argomento tradizionale: lo scettico si
autocontraddice, poiché dichiara che tutto è vano e non vero, mentre
dall’altro pretende di dire qualcosa che sia reale.
La coscienza infelice
Oltre a questa contraddizione tra la negazione della verità e l’affermazione
di una verità, la coscienza scettica trapassa nella figura della coscienza
infelice, dove tale contraddizione diviene evidente e assume la forma di
una separazione radicale tra uomo e Dio. Lo scetticismo di cui Hegel parla è
anche quello religioso di Pascal. secondo cui tutto è vanità. Lo scettico, che
non crede in nulla, è in realtà un religioso, perché sulla nullità della creatura
basa poi l’infinità di Dio. A causa di questa distinzione tra uomo e Dio, tra
finito e infinito, nell’uomo si genera una condizione di infelicità.
L’ebraismo
Questa condizione si manifesta in primo luogo sotto forma di antitesi tra
“intrasmutabile” e il “trasmutabile”; tale situazione è presente nell’ebraismo,
dove l’essenza o la realtà vera, è sentita come lontana dalla coscienza del
singolo e assume le sembianze di un Dio trascendente, padrone della vita e
della morte, una specie di Signore inaccessibile di cui l’uomo è dipendente.
Il cristianesimo medievale
Lo Stato
Lo Stato è nella filosofia hegeliana il momento culminante dell’eticità, cioè
la ri-affermazione dell’unità della famiglia al di là della dispersione della
società civile. Lo Stato è come una grande famiglia, dove l’ethos di un
popolo esprime con consapevolezza se stesso, sta infatti alla società civile
come l’universale sta al particolare. Se la famiglia è una totalità organica
che in una certa misura è ancora “natura”, la società civile introduce
l’elemento della soggettività e della separazione, perdendo però
l’organicità. Con la consapevolezza soggettiva, dove il cittadino sa di essere
parte di tutto, si ha la congiunzione dell’organicità. Lo Stato è per Hegel
“sostanza etica consapevole di sé” esso è il vero soggetto del bene e del
male, ciò che sostiene le scelte del singolo, sapendole orientare.
Il fine della storia del mondo è che “lo spirito giunga al sapere di ciò che
esso è veramente e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un
mondo esistente”: Questo spirito che si realizza in un mondo esistente. è lo
spirito del mondo che s’incarna negli spiriti dei popoli che si succedono
all’avanguardia della storia. I mezzi sono gli individui con le loro passioni:
Hegel non condanna le passioni, esse sono mezzi che conducono nella
storia a fini diversi da quelli a cui esse mirano. L’azione dell’individuo,
quindi, sarà tanto più efficace quanto più sarà conforme allo spirito del
popolo a cui l’individuo appartiene. La tradizione non è solo conservazione,
ma anche progresso e così come la conservazione trova i propri strumenti
negli individui conservatori, ugualmente il progresso trova i propri
strumenti negli eroi della storia del mondo. All’apparenza gli eroi della
storia (Alessandro, Cesare) seguono le proprie passioni, ma per Hegel si
tratta di un’astuzia della ragione che si serve dei singoli e delle loro passioni
come mezzi per arrivare ai propri fini. Il fine ultimo della storia del mondo è
la realizzazione della libertà dello spirito, questa libertà avviene nello Stato,
lo Stato è quindi il fine supremo. Il fine e i mezzi della storia
Nel mondo orientale uno solo è libero, in quello greco-romano sono alcuni i
liberi, in quello germanico tutti gli uomini sanno di essere liberi. La libertà
che viene rivendicata dall’uomo, si può realizzare solo nello “Stato etico”,
che risolve l’individuo nell’organismo universale della comunità e non sarà
certamente uno Stato di tipo liberale. Per Hegel “il diritto, la morale, lo
Stato, e solo essi sono la positiva realtà e soddisfazione della libertà"
Schelling
Schelling cerca di rivolgere il fichtismo alla difesa degli interessi che gli
premevano maggiormente: quelli naturalistico-estetici; a questo fine egli
vuole unire l’Io di Fichte, principio dell’infinità soggettiva, all’Io di Spinoza,
principio dell’infinità oggettiva. Questa unione si manifesta nel concetto di
Assoluto, che non può essere ridotto né all'oggetto né al soggetto in
quanto costituisce il fondamento ultimo di entrambi: il principio supremo
sarà insieme soggetto e oggetto, ragione e natura.
Non esiste quindi una pura oggettività, ossia una natura che sia puramente
natura, o una pura soggettività, ossia uno spirito che sia puramente spirito.
➢ L’Assoluto non è né oggetto né soggetto, ma l’unità o identità
indifferenziata di soggetto e oggetto, spirito e natura, ideale e reale,
conscio e inconscio.
Alla base di questa filosofia abbiamo il rifiuto dei due tradizionali modelli
esplicativi della natura:
- ogni parte ha senso solo in relazione al tutto ed alle altre parti che lo
costituiscono (organicismo)
MARX
Il marxismo rappresentò nelle componenti intellettuali e politiche più
importanti e l’età moderna.
Per quanto riguarda le influenze culturali che stanno alla base del
marxismo troviamo:
Ciò può avvenire secondo Marx tramite la rivoluzione sociale, della quale
viene riconosciuto come soggetto esecutore il proletariato, cioè una classe
priva di proprietà e più propensa a realizzare una democrazie comunista. Si
contrappone così all’emancipazione politica, costituita di uguaglianze
formali, una emancipazione umana, che si basa sull’uguaglianze sostanziali
La critica all’economia borghese
Per quanto riguarda l’economia borghese, Marx sviluppa un doppio
atteggiamento: se da una parte viene vista come espressione teorica della
società capitalistica, dall’altra viene considerata come la causa
dell’immagine falsificata del mondo borghese,in quanto il filosofo
riconosce l’incapacità di pensare in modo dialettico che porta la borghesia
A considerare il capitalismo non come uno dei sistemi economici della
storia ma come il sistema economico per eccellenza,non sapendo
individuare i limiti ,che in particolare stanno nell’opposizione tra borghesia
e proletariato che scaturisce nell’alienazione.
-l’alienazione
Il concetto di alienazione trova le sue radici sia in Hegel (il quale la riteneva
allo stesso tempo sia come una cosa positiva che come una cosa negativa,
in quanto la considerava come il movimento stesso dello spirito che in un
primo momento si modifica da se nella natura e nell’oggetto stesso, per poi
potersi riappropriare di sé in modo arricchito) sia in Feuerbach (Per il quale
assume un significato unicamente negativo, in quanto viene riconosciuta
come la condizione dell’uomo religioso che tramite la scissione si
sottomette addio, estraniandosi dalla realtà).Marx nello sviluppare il
concetto dell’alienazione, si rifà soprattutto a Feuerbach, dal quale riprende
il concetto di dipendenza.tuttavia Marx considera tale concetto come un
fatto reale di natura socio economica e non religiosa, in quanto va a
rappresentare la condizione del operaio all’interno della società
capitalistica. Secondo Marx la causa dell’alienazione, cioè la sottomissione
all’operaio rispetto al mondo capitalista, sta nella proprietà privata , Che
comporta la presenza del capitalista, il possessore della fabbrica, che
sfrutta gli operai per accrescere la propria ricchezza.Per Marx infatti il
lavoratore può essere alienato rispetto:
-il prodotto del suo lavoro,prodotto che non gli appartiene e che gli viene
sottratto
-alla sua attività, Che secondo Marx assume la forma di un lavoro forzato,
poiché il lavoratore diventa strumento per fini a lui estranei, ossia per il
profitto del capitalista e ciò secondo Marx porta l uomo a sentirsi bestia
quando dovrebbe sentirsi uomo (cioè nello svolgimento di lavori utili
socialmente )e e si sente uomo quando dovrebbe sentirsi bestia.
-al proprio Wesen ,cioè la propria essenza, E ciò secondo Marx deriva dal
lavoro forzato e ripetitivo.
-rispetto al prossimo,che rappresenta il capitalista ,cioè colui che sfrutta gli
operai e li elude dai frutti ,dai prodotti del loro lavoro sviluppando in quest
ultimi un rapporto conflittuale
con la società.
Essendo la proprietà privata a causa dell’alienazione, secondo Marx la
dis-alienazione può avvenire unicamente con l’affermazione del
comunismo.
LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA
Il manifesto del partito comunista all’interno del quale Marx espone gli
scopi e metodi della sua azione rivoluzionaria, può essere considerato
come la sintesi del pensiero di marx., Marx espone sinteticamente il suo
pensiero in relazione a tre punti principali e precisamente:
-La funzione della borghesia nella storia
-la lotta di classe e rapporto tra proletari e comunisti
-la critica dei socialismo non scientifici