Tesis - Donatella - Donato El Tercer Espacio

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UNIVERSITAT DE VALÈNCIA

FACULTAD DE FILOSOFÍA Y CIENCIAS DE LA EDUCACIÓN

Empoderamiento, Tercer Espacio y Coparticipación: un camino pedagógico

entre la teoría y la práctica.

Una Investigación Acción Participativa y Transformadora en

El Cabanyal.

TESIS DOCTORAL

Programa 3117: RD. 99/2011 de Doctorado en Educación

AUTORA. Donatella Donato

DIRECTOR. Prof. Dr. Ángel San Martín Alonso

Valencia, 2019

1
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Ringraziamenti

Una ricerca di dottorato è un viaggio tra il passato, il presente e il futuro. Tra quello che
è stato, quello che è e quello che sarà. Non è una avventura solitaria ma collettiva e la
propria storia si intreccia con altre vite e altre storie.

Come in un viaggio, questa è la mia cartolina per salutare, ringraziare e ricordare alcune
di quelle persone che mi hanno accompagnato in questo lungo percorso. Le azioni, le
emozioni, le esperienze sono state registrate in un diario di campo che è anche un
quaderno di vita, dal quale riemergono figure fondamentali e protagoniste, di quei flussi
di pensiero e di memorie, che sono state compagne nel corso di tutto il lavoro.

Scrivere una tesi di dottorato a 42 anni significa dover ringraziare molte persone, perché
ognuno, a suo modo, ha condiviso con me un pezzo della sua vita e mi ha regalato
qualcosa. Cercherò di fare un breve elenco, sperando di non dimenticare nessuno.

Grazie a mio zio Tommaso scomparso quando ero bambina ma che ricordo ancora
leggermi Pinocchio… la mia favola preferita. Ho appreso la costanza, il valore
dell’impegno, l’amore per lo studio.

Grazie a mia zia Pina. Senza i suoi fili, gli aghi, le squadre e le forbici che usavo a casa
sua non ci sarebbero stati né questa ricerca, né questo progetto. È lei che mi ha insegnato
l’arte dell’uncinetto e del cucito.

Grazie a Francesc amico, guida e poeta. Non dimenticherò mai quella colazione a base di
uova e bacon con le note di Luigi Tenco che risuonavano in tutta casa. Grazie Francesc,
so che sei qui con me.

Grazie a Josefa, Saray, Emi, Eli, Alegria, Dina, Sara. Donne forti, che mi hanno accolto,
mi hanno stimolato, mi hanno fatto conoscere un mondo nuovo e mi hanno fatto sentire
libera e felice.

Grazie a Pilar e Ana amiche eterne, che mi hanno sostenuto, accarezzato, abbracciato
quando ne avevo bisogno. Abbracci ricchi di amore ed energia.

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Grazie ad Angel, professore, guida, confidente, amico. Grazie a lui ho continuato a
sperare, a sognare e a lottare. Grazie a lui ho continuato a crederci e grazie a lui tutto
questo è ora possibile.

Grazie a Lola, sempre di supporto.

Grazie a tutti i professori e le professoresse del centro scolastico, grazie alla direttrice,
alle maestre, ai maestri, alle alunne e agli alunni e a tutte le persone che hanno appoggiato
questo progetto.

Grazie a Michela amica di sempre e per sempre.

Grazie a Joan María per aver creduto in me.

Grazie a Eliseo per la fiducia concessa.

Grazie a Isabel per le pagine lette e rilette.

Ma soprattutto…

Grazie ad Anna Rita e Vincenzo: i miei splendidi genitori. Semplicemente grazie… tutto
questo è per merito vostro.

Grazie ai miei fratelli Elios e Fulvio e alle mie cognate Nina e Gaia, con loro non ci si
sente mai soli.

Grazie a Micheal, compagno che ho sentito vicino soprattutto quando è stata più difficile
la salita.

Grazie a Lorenzo, mio figlio, amore immenso della mia vita, ci siamo scelti e
camminiamo insieme. La vita è meravigliosa con te…sii libero e godi dell’energia della
scoperta! Sii curioso e lasciati trasportare dalla sorpresa.

Grazie a tutti/e voi e a tutti/e quelli/e che si ritroveranno ritratti/e in queste pagine.

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Indice
Introducción .............................................................................................................................. 9
Introduzione .............................................................................................................................. 15

Capítulo 1
Aproximación al problema y conceptos claves

1.1 Antecedentes del objeto de estudio ...................................................................................... 23


1.2 El planteamiento del problema de investigación ................................................................. 25
1.3 Llegando a El Cabanyal: el contexto del trabajo de campo ................................................. 26
1.4 Las preguntas de investigación ............................................................................................ 30
1.5 Metodología y método ......................................................................................................... 32
1.6 La investigación como praxis .............................................................................................. 34
1.7 Una teoría en construcción................................................................................................... 37
1.8 El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas ....................................................................... 39
1.9 Los límites de este estudio ................................................................................................... 42
Recapitulando ............................................................................................................................. 43

Capítulo 2
Revisión de las aportaciones en:
La participación ciudadana y la Teoría del Empoderamiento

2.1 Los modelos de participación ciudadana ............................................................................. 46


2.2 El concepto de Empoderamiento ......................................................................................... 52
2.3 La relación entre Poder y Empoderamiento......................................................................... 56
2.4 Contribuciones teóricas sobre el Empoderamiento .............................................................. 60
2.5 Las teorías del Empoderamiento y el enfoque de la investigación ...................................... 64
Recapitulando ............................................................................................................................. 69

Capítulo 3
La Teoría del Tercer Espacio y la pedagogía para la Emancipación

3.1 El Tercer Espacio: entre investigación científica y activismo ............................................. 72


3.2 Las formas de las interacciones ........................................................................................... 73
3.3 El Tercer Espacio en la teoría postcolonial.......................................................................... 75
5
3.4 El discurso sobre la Hibridez: de la diversidad cultural a la formación del Tercer Espacio 76
3.5 El espacio como dimensión cultural .................................................................................... 78
3.6 Las críticas al concepto de Tercer Espacio y de la hibridez ................................................ 80
3.7 La Teoría del Tercer Espacio y el enfoque de investigación ............................................... 83
3.8 Del espacio de vida a la pedagogía para la emancipación ................................................... 84
3.9 Espacio urbano y espacio de vida ........................................................................................ 86
3.10 La pedagogía para el cambio social y el proceso de Emancipación .................................. 89
Recapitulando ............................................................................................................................. 94

Capítulo 4
Metodología de investigación

4.1 Rutas históricas en la coproducción del conocimiento ..................................................... 98


4.2 La Investigación Acción Participativa .............................................................................. 102
4.3 La comunidad en la investigación y la investigación con la comunidad .......................... 105
4.4 La investigación etnográfica y feminista .......................................................................... 107
4.5 Viabilidad de la investigación ........................................................................................... 111
4.6 Las estrategias para el trabajo de campo........................................................................... 113
4.6.1 La observación participante y el diario de campo.......................................................... 114
4.6.2 La netnografía ................................................................................................................ 117
4.6.3 Las entrevistas en profundidad ...................................................................................... 121
4.6.4 El Grupo Focal ............................................................................................................... 124
4.6.5 Mapas conceptuales ....................................................................................................... 127
4.6.6 La fotografía participativa.............................................................................................. 130
4.6.7 El cuestionario de evaluación ........................................................................................ 133
4.7 Aspectos éticos ................................................................................................................. 135
Recapitulando .......................................................................................................................... 141

Capítulo 5
Contextualización y Etapas de estudio

5.1 La Aplicación de los instrumentos en la Investigación Acción Participativa ................... 143


5.2 La fase de Exploración: Análisis del contexto .................................................................. 145
5.3 La llegada al campo .......................................................................................................... 149
5.4 Las voces que salen del barrio .......................................................................................... 150
5.5 Gentrificación. ¿Sueño o pesadilla ................................................................................... 153
5.6 El Cabanyal entre el pasado y el futuro ............................................................................ 156
5.6.1 Segregación social y problemas de convivencia ............................................................ 160
5.6.2 Entre las comunidades ................................................................................................... 165
5.7 La interpretación de la realidad social .............................................................................. 171
5.8 El análisis de los recursos ................................................................................................. 174
5.9 Las participantes en la Investigación Acción.................................................................... 179
5.10 Etapas de la Investigación de Campo ............................................................................. 181
6
5.10.1 La fase de diagnóstico.................................................................................................. 182
5.10.2 La fase de prescripción y planificación de la acción ................................................... 184
5.10.3 Fase de implementación............................................................................................... 193
5.10.4 Fase de evaluación ....................................................................................................... 201

Capítulo 6
Presentación de los resultados

6.1 Análisis y evaluación de cómo los métodos han satisfecho las necesidades de las
participantes y del contexto ..................................................................................................... 205
6.2 Análisis de las necesidades: ¿Cuáles son las necesidades que se pueden identificar en los grupos de
mujeres participantes ............................................................................................................... 208
6.3 Análisis de la relación entre estrategias y resultados ........................................................ 212
6.3.1 Las Tejedoras: necesidades y resultados........................................................................ 214
6.3.2 Las Coristas: necesidades y resultados .......................................................................... 219
6.4 La historia de vida............................................................................................................. 224
6.5 Las mujeres de cultura gitana y el cambio social necesario ............................................. 231
6.6 Análisis de las necesidades del centro escolar .................................................................. 237
6.7 El centro escolar: procesos y resultados ........................................................................... 242
6.8 La evaluación externa ....................................................................................................... 249
Recapitulando .......................................................................................................................... 256

Capítulo 7
Análisis de los resultados

7.1 El diálogo entre Innovación Social y Pedagogía .............................................................. 261


7.2 El punto de partida ............................................................................................................ 267
7.2.1 Reflexiones, encuentros y aplicaciones ......................................................................... 269
7.3 El proceso de Empoderamiento: Análisis en la fase de evaluación interna ...................... 274
7.3.1 Empoderamiento personal ............................................................................................. 277
7.3.2 Empoderamiento en las relaciones cercanas .................................................................. 279
7.3.3 Empoderamiento colectivo ............................................................................................ 281
7.4 El proceso de Empoderamiento: Análisis en la fase de evaluación externa ..................... 283
7.5 Empoderamiento y participación social ............................................................................ 286
7.6 Hibridación y ciudadanía .................................................................................................. 289
7.7 Espacio y cohesión social ................................................................................................. 291
7.8 Categorías interpretativas en la Investigación Acción Participativa ................................. 294
7.9 La documentación pedagógica y la restitución como momentos formativos ................... 296
Recapitulando .......................................................................................................................... 300

7
Capítulo 8
Conclusiones y perspectivas

8.1 La posición de la investigadora social .............................................................................. 303


8.2 Retos, procesos y resultados ............................................................................................. 306
8.3 Escuela, territorio y cambio social .................................................................................... 309
8.4 Conclusiones globales del estudio y nuevos desafíos ....................................................... 311

Capitolo 8
Conclusioni e prospettive

8.1 La posizione della ricercatrice sociale .............................................................................. 319


8.2 Sfide, processi e risultati ................................................................................................... 322
8.3 Scuola, territorio e cambiamento sociale .......................................................................... 325
8.4 Conclusioni globali dello studio e aspettative future ........................................................ 326

Referencias Bibliográficas ..................................................................................................... 333


Anexos ..................................................................................................................................... 374

8
Introducción

Iniciamos la presentación de esta tesis con una galería de imágenes que retratan los
momentos más significativos del proyecto Las Tejedoras y Las Coristas. Estos momentos
son parte consustancial de nuestro proyecto de investigación y transformación de un
contexto accesible y comprensible, más aun con las imágenes.

Figura 1. Manos que trabajan el ganchillo


Fuente: Elaboración propia

En las diferentes fotografías se puede observar la intensidad de la participación colectiva


y el diálogo emocional entre las personas. Estas viven y conviven en un contexto con
muchos planos de complejidad, en virtud de la cual, consideramos por precepto
deontológico, mantener la confidencialidad de la identidad real. Por tanto el nombre de
tejedoras y coristas es simbólico.

9
Figura 2. Las Tejedoras y Las Coristas encuentran los vecinos y las vecinas del barrio
Fuente: Elaboración propia

La fotografía ha sido utilizada como testimonio de las experiencias, las acciones y las
situaciones. Cada imagen cuenta un encuentro, no solo entre las que tomaron la foto y los
sujetos fotografiados, sino también con quienes han visto y verán las fotografías. Las
historias se completarán al contactar diferentes pensamientos, conciencias y emociones.

Figura 3. Premio Emergents- Estratègia d’Innovació Social en el territori 2017


Fuente: Elaboración propia

La esperanza y la posibilidad de otro mundo posible, irrumpen en la vida cotidiana y


estas fotos son un ejemplo. Al desenmascarar los mecanismos del poder y denunciar las
desigualdades, este trabajo adquiere un carácter fuertemente político, ya que a partir del
análisis de la situación, sugiere posibles salidas.
10
Figura 4. Presentación del proyecto de Las Tejedoras en la Universidad de Valencia
Fuente: Elaboración propia

Basada en los marcos conceptuales de la teoría del Empoderamiento y de la formación


del Tercer Espacio, con una perspectiva de Acción Participativa, esta Investigación ha
tenido como objetivo desarrollar un modelo de intervención social innovador.
Si bien la Innovación Social incluye campos muy diferentes, la fuerza de la creatividad
que impulsa el cambio, se encamina en este estudio a los problemas de segregación y de
marginalidad social en un contexto específico: el barrio de El Cabanyal en la ciudad de
Valencia.

La pedagogía social aporta substrato conceptual a las estrategias innovadoras para afrontar
la solución de problemas concretos, dirigiendo las prácticas a la formación del sujeto
activo y socialmente comprometido. Esto eleva la praxis creativa de la Innovación Social
a la esfera del saber, saber hacer y saber ser, de modo que la escena social se convierte
en un espacio pedagógico para la formación de la persona en contacto con el mundo.
Las interacciones que se establecen entre lo interno y lo externo, entre la dimensión
personal y publica, están en la base del cambio y de la posibilidad de desarrollo del poder
en un sentido generativo con una connotación positiva. La relación entre la acción, el nivel
cognitivo y emocional, impulsa un proceso de transformación que reestructura las mismas
relaciones de poder. Tanto que esta investigadora considera la reflexión y la meta-
11
cognición planos de análisis fundamentales en la presente investigación.

El proyecto tiene como objetivo promover la formación de un espacio de interacción y


cohesión social entre mujeres de diferentes culturas en el distrito de El Cabanyal. Se parte
del reconocimiento del papel fundamental de las comunidades locales para construir
modelos innovadores de desarrollo sostenible, basados en la mejora de la utilización de
los recursos, la condivisión de las experiencias personales y la integración del
conocimiento. La experiencia del proyecto ha demostrado que a través del proceso de
Empoderamiento y Co-participación, se impulsa una transformación social ya que se
genera un cambio a nivel personal de percepción de sí mismas y de las demás.

Este es un punto de partida importante para avanzar en las políticas de integración social,
con el fin de proponer una estrategia plural, innovadora y creativa dirigida a toda la
población que vive en un territorio determinado y no solo a un grupo específico que sufre
la condición de marginalidad. Se demuestra la necesidad de presentar medidas de acción
afirmativa, reconociendo las nuevas formas de ciudadanía activa promovidas por parte de
las mujeres protagonistas del cambio social positivo en el barrio de El Cabanyal: un
modelo de superación en un contexto de interacción, empatía y solidaridad.

Se reclama el derecho a la co-participación en la vida social como una herramienta de


capacitación basada en la relación, el intercambio y la comunicación, para experimentar y
proporcionar un significado compartido sobre la realidad y las posibilidades de cambio.
Las dificultades y los obstáculos de plena implicación social se hacen evidentes a todas
las mujeres participantes en esta investigación, como parte de un conocimiento
coproducido. Las convocatorias para la concesión de ayudas de carácter económico para
estructurar proyectos innovadores y para la formación de asociaciones de utilidad social y
comunitaria, deberían tener en cuenta que el establecimiento de los requisitos no puede
convertirse en un obstáculo. La complejidad de los criterios y la excesiva burocracia, se
convierten en elementos que disminuyen la posibilidad de que las mujeres pertenecientes
a grupos marginados, participen en las mismas condiciones que el resto de grupos.

Este estudio ha permitido construir un espacio de interacción no solo entre comunidades


de diferentes culturas, sino también entre los diversos niveles de desarrollo individual,

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colectivo e institucional, activando un proceso multidireccional y dinámico desde lo
personal a la comunidad y viceversa. La sistematización de la experiencia de un proyecto
de Innovación Social dentro de una Investigación Acción Participativa ha sido posible
gracias a la identificación de las dimensiones características de este enfoque
metodológico:

a) La dimensión contextual de la propuesta, con atención a la complejidad cultural


social y económica presente en el territorio.

b) La dimensión dialógica y la condivisión de las experiencias de vida personal.

c) La dimensión auto-reflexiva de las participantes y de la investigadora.

Estas tres dimensiones pueden ser referentes para la estructuración de próximos trabajos
de investigación acerca de las oportunidades ofrecidas por la co-participación social
activa, relacionadas al reconocimiento de nuevas estrategias de formación para la
ciudadanía responsable y políticamente comprometida, el rol de la investigadora como
agente de transformación social y la ciencia conectada a las necesidades y a los problemas
concretos.

En cuanto a la estructura de este estudio, después de un primer capítulo de introducción al


trabajo de investigación, en el que se profundiza el interés de la investigadora para un
tema y un contexto específico, se exponen el problema, las preguntas y los objetivos de la
investigación.

En el segundo capítulo se describe el marco teórico de los modelos de participación


ciudadana y del concepto de Empoderamiento. En el tercer capítulo se analiza la Teoría
de la formación del Tercer Espacio, la relación entre Innovación y Pedagogía Social y su
implicación en la vida cotidiana y en el espacio urbano. Se activa además una reflexión
sobre los temas de política de inclusión, que en algunos casos, hacen viable cierta
reproducción de las condiciones de conflicto social, cuando no se profundiza en la
dimensión de intersección entre las desigualdades y la condición de marginalidad.

En el cuarto capítulo se describe la metodología y los métodos utilizados en referencia a


un paradigma de Investigación Acción Participativa (IAP) en la que las protagonistas son

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las personas involucradas, autoras de todo el proceso con sus experiencias, sus recursos,
sus aspiraciones, sus miedos y sus esperanzas.

En la primera parte del quinto capítulo se incluyen unos apartados de contextualización,


tanto del entorno urbano de la ciudad de Valencia y en lo específico del barrio de El
Cabanyal, así como en materia de conflicto social que allí acontece. Con el fin de situar al
lector en el debido tejido cultural, social e histórico que objetiva sus particulares
realidades sociales. Por otro lado, se analizan los conceptos de marginalidad social y
segregación, delimitando en lo que se entiende en el presente trabajo académico por ellos,
en la medida que son múltiples las formas en que éstos se manifiestan o se pueden
manifestar en el seno de la sociedad.

En la segunda parte del mismo capítulo se delinean las etapas de un trabajo de campo
llevado a cabo según los criterios de una investigación de tipo exploratorio y naturalista.
Se pasa a estructurar, implementar y evaluar el proyecto de Innovación Sociocultural de
Las Tejedoras y Las Coristas como instrumento diseñado y validado para la presente
investigación, que buscaba apreciar el grado de correspondencia de los contenidos
teóricos expuestos con la realidad específica del barrio.

En el sexto capítulo se profundiza el análisis de las necesidades, de las expectativas, de


las creencias y de las concepciones de las mujeres que participan en esta Investigación
Acción Participativa. Finalmente, en el séptimo capítulo, se realiza un ejercicio de
reconstrucción, síntesis y triangulación de la información recopilada así como de los
resultados. Por último, en el octavo capítulo se plantean las conclusiones de todo nuestro
estudio. Además se proponen varias líneas de investigación futuras que aborden aquellas
temáticas surgidas en el curso de la presente investigación para desentrañar los límites
encontrados en el modelo de intervención propuesto aquí.

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Introduzione

Con una raccolta di fotografie che ripercorrono i momenti più significativi del progetto
Las Tejedoras y Las Coristas, iniziamo la stesura di questa tesi di dottorato. Nei diversi
scatti si può osservare l’intensità della partecipazione collettiva e quel dialogo
emozionale stabilito tra le persone.
La fotografia è stata testimone delle esperienze, delle azioni e delle situazioni. Ogni
immagine racconta il contatto tra chi ha fatto la foto e i soggetti fotografati, ma anche con
chi ha già visto o vedrà queste foto. Le storie si completeranno così, nell’incontro con
altri pensieri, coscienze ed emozioni.

La speranza e la possibilità di un altro mondo possibile, irrompe nella vita quotidiana e


queste foto ne sono un esempio. Smascherando i meccanismi di potere e denunciando le
disuguaglianze, questa ricerca assume un carattere fortemente politico, sperimentando a
partire dall’analisi della situazione di partenza, comportamenti alternativi e possibili vie
di uscita dalla condizione di marginalità.

Basata sul quadro concettuale della Teoria dell’Empowerment e della formazione del
Terzo Spazio, con una prospettiva di Azione Partecipativa, questa ricerca ha avuto come
obiettivo sviluppare un modello di intervento sociale efficace. Sebbene l’Innovazione
Sociale riguardi campi molto differenti, la forza della creatività che impulsa il cambio, si
dirige in questo studio, ai problemi di segregazione sociale in un contesto specifico, nel
quartiere de El Cabanyal nella città di Valencia.

La pedagogia sociale costituisce il substrato concettuale delle strategie innovatrici, qui


proposte. Con il fine di cercare una soluzione a quelle necessità concrete, che sono
emerse nella fase di analisi del contesto, indirizzando la pratica alla formazione di un
soggetto attivo e socialmente compromesso.
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In questo modo la prassi creativa della Innovazione Sociale si eleva alla sfera del sapere,
del saper fare e del saper essere. La scena sociale si converte in uno spazio pedagogico
per la formazione della persona in stretto contatto con il mondo. La relazione tra azione,
livello cognitivo ed emozionale, favorisce un processo di trasformazione che ristruttura le
stesse relazioni di potere. Le interazioni che si stabiliscono tra la sfera interna ed esterna,
tra la dimensione personale e quella pubblica, sono alla base del cambio e della possibilità
dello sviluppo di una forma di potere generativo. Nel presente studio, la riflessione
e la autoriflessione si considerano piani di analisi fondamentali per comprendere la
relazione con il contesto e le persone e analizzare la propria posizione come attivista e
ricercatrice sociale.

Il progetto ha come obiettivo quello di promuovere la formazione di uno spazio di


interazione e coesione sociale tra donne di differenti culture nel quartiere de El Cabanyal.
Si parte dal riconoscimento del ruolo che assumono le comunità locali nel pianificare,
costruire e consolidare quei modelli innovatori di sviluppo sostenibile, basati sulla
utilizzazione delle risorse sociali presenti, la condivisione delle esperienze personali e la
integrazione delle varie forme di conoscenza. L’esperienza del progetto ha dimostrato che
attraverso il processo di Empowerment e co-partecipazione, si genera una trasformazione
sociale che ha origine dal piano personale e dalla percezione del sé e che a spirale
coinvolge le altre dimensioni: dalle relazioni più intime, alle interazioni stabilite
all’interno della comunità.

Questo è un punto di partenza importante per avanzare nella ricerca sulle politiche di
integrazione sociale, con il fine di proporre strategie plurali, innovatrici e creative dirette
a tutta la popolazione che vive in un territorio e non solo a un gruppo specifico che soffre
l a condizione di marginalità. Si dimostra la necessità di attivare provvedimenti di azione
positiva, riconoscendo come indispensabili per lo sviluppo locale, quelle nuove forme di
cittadinanza attiva, promosse, come nell’esempio di questo studio, dalle donne
protagoniste del cambio sociale del quartiere de El Cabanyal: secondo un modello di
superamento degli stereotipi e dei pregiudizi, in un contesto di empatia e solidarietà.

Si fa riferimento al diritto alla co-partecipazione nella vita sociale, come opportunità,

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strumento e occasione di emancipazione basato sul confronto, la relazione, l’intercambio
e la comunicazione, per sperimentare la produzione di significati condivisi sia a livello
accademico che pratico, e strategie per la convivenza pacifica. Le difficoltà di
partecipazione piena, effettiva e reale alla vita sociale per le persone appartenenti ai
differenti gruppi sociali, si fanno evidenti a tutte le donne protagoniste di questo studio.

È questo uno dei risultati di quel processo di conoscenza co-prodotta e condivisa, sul
fenomeno della marginalità, della differenza nelle opportunità di vita e sulle condizioni
imposte dalla segregazione di una parte della popolazione. La stessa concessione di aiuti,
per pianificare progetti di innovazione socio-culturale e per la formazione di associazioni
di utilità sociale e comunitaria, dovrebbero tener conto che i requisiti di accesso, non
possono convertirsi in nuovi ostacoli alla partecipazione cittadina. La complessità dei
criteri di selezione dei progetti, l’eccessiva burocrazia, tra registri, documenti da
presentare e garanzie da apportare, si convertono in elementi che impediscono alle persone
più vulnerabili di partecipare attivamente nella sfera sociale.

Questo studio ha permesso strutturare uno spazio di interazione non solo tra persone
appartenenti a comunità di differente cultura, ma anche tra i diversi livelli individuale,
collettivo ed istituzionale, attivando un processo multidirezionale e dinamico dalla sfera
personale alla comunità e viceversa. La sistematizzazione della esperienza del progetto di
innovazione sociale all’interno del percorso di una Ricerca Azione Partecipativa, è stata
possibile grazie alla identificazione di quelle dimensioni che caratterizzano questo modo
di condurre la ricerca scientifica.

Si fa riferimento a:

a) La dimensione contestuale della proposta, prestando particolare attenzione alla


complessità culturale, economica e sociale presente nel quartiere.
b) La dimensione dialogica e la condivisione delle esperienze di vita personale.

c) La dimensione riflessiva e autoriflessiva di tutte le partecipanti e della stessa


ricercatrice.

Queste tre dimensioni possono essere referenti concettuali per la strutturazione di


prossimi lavori di ricerca sulle opportunità offerte dalla co-partecipazione sociale attiva,
17
il riconoscimento delle buone pratiche per la formazione alla cittadinanza responsabile e
politicamente compromessa, il ruolo della ricercatrice come agente di trasformazione
sociale e la scienza connessa alle necessità e ai problemi concreti.

In quanto alla struttura di questo studio, dopo un primo capitolo di introduzione al lavoro
di ricerca, nel quale si approfondisce l’interesse verso il tema qui proposto e il contesto di
riferimento, sottolineando la continuità di questo studio con una precedente ricerca svolta
dalla ricercatrice nello stesso quartiere; si espongono il problema, le domande e gli
obiettivi della ricerca.

Nel secondo capitolo si descrive il quadro teorico dei modelli di partecipazione cittadina
e del concetto di Empowerment. Nel terzo capitolo si analizza la Teoria della Formazione
del Terzo Spazio, la relazione tra Innovazione e Pedagogia Sociale e l’implicazione di
questa interazione nella comprensione dello spazio urbano. Si riflette sui temi della
politica di inclusione, e sulle strategie adottate, che in alcuni casi possono alimentare le
condizioni di conflitto sociale, quando indirizzate solo ad una parte della popolazione e
quando non attente ad approfondire la dimensione di intersezione presente tra la
condizione di disuguaglianza e marginalità.

Nel quarto capitolo si descrivono la metodologia e i metodi utilizzati in riferimento al


paradigma di Ricerca Azione Partecipativa, nella quale le protagoniste sono le persone
implicate, autrici di tutto il percorso di ricerca, con le loro esperienze di vita, le loro
risorse, le loro aspirazioni, le paure e le speranze.

Nella prima parte del quinto capitolo si presentano alcuni paragrafi di analisi del contesto,
necessari per comprendere la realtá urbana della città di Valencia e specificatamente
quella del quartiere de El Cabanyal, approfondendo la questione del conflitto sociale
presente tra le comunità che qui vivono. Si analizzeranno i concetti di marginalità e
segregazione sociale, e le multiple forme nelle quali si manifestano o si possono
manifestare all’interno della società o di un territorio specifico.

Nella seconda parte dello stesso capitolo si descrivono le differenti fasi che hanno
caratterizzato il lavoro sul campo, e quindi le tappe della pianificazione, della
strutturazione e della valutazione del progetto di Innovazione Sociale de Las Tejedoras y
18
Las Coristas. La valutazione di tipo partecipativo, è uno strumento disegnato e utilizzato
nell’ambito di questa ricerca, per cercare di analizzare il grado di corrispondenza tra i
concetti teorici esposti e le strategie proposte, per far fronte alla realtà specifica che ci
incontravamo nel quartiere.

Nel sesto capitolo, si esplicitano le necessità, le aspettative, i valori delle donne che
partecipano a questa ricerca azione. Nel settimo capitolo si realizza una ricostruzione, una
sintesi e una triangolazione delle informazioni raccolte durante l’intero processo di ricerca,
così come dei risultati ottenuti. Infine nell’ultimo capitolo, si presentano le conclusioni
dell’intero studio, cercando di fare una analisi approfondita dei limiti che hanno
caratterizzato il modello di intervento comunitario qui proposto. Si conclude abbozzando
le linee di interesse, per seguire investigando su quelle tematiche che sono emerse
nell’ambito di questa ricerca.

19
20
Capítulo 1

Aproximación al problema y conceptos claves

Este estudio tiene como objetivo general contribuir al debate y la reflexión de los proyectos
de Innovación Social que fomentan procesos de Empoderamiento para las mujeres.
Al mismo tiempo quiere contribuir a la reflexión de un enfoque más crítico en el uso de
las técnicas de participación para desarrollar estrategias efectivas para el cambio social.

Esta Investigación Acción Participativa (Fals-Borda, 2001; Reason y Bradbury, 2001) se


lleva a cabo en el barrio de El Cabanyal, en la ciudad de Valencia, España. Para el
análisis de las posibles estrategias a desarrollar con el propósito de iniciar un proceso de
Empoderamiento individual y colectivo, ha sido fundamental tener en cuenta las
necesidades, los valores y las experiencias de todas las mujeres participantes (Thompson,
1993).

El primer paso ha sido un análisis profundo de las diferencias y de la complejidad social,


económica, cultural y psicológica de la vida de las mujeres que participan en la
investigación, tratando de analizar e identificar las barreras que no han permitido la
participación de otras mujeres. De acuerdo con la literatura de referencia, se han
identificado los aspectos del proceso de Empoderamiento: psicológico, cultural, social,
económico, en la dimensión personal, en las relaciones más cercanas y en la comunidad
de referencia (Rowlands, 1997).

A partir de la condición de Empoderamiento, la Investigación Acción Participativa (IAP)


se centró en el desarrollo de un modelo de intervención comunitaria en relación con la
21
formación de un espacio para la co-participación activa en la vida social. En este sentido
la investigación participativa se considera una práctica para fomentar procesos de
democracia activa en los proyectos de desarrollo comunitario sostenible.

Se define el desarrollo comunitario como el conjunto de “aquellos procesos de


transformación social que buscan mejorar las condiciones de vida de las personas que
habitan un determinado territorio, barrio, distrito, municipio, a través del Empoderamiento
de las mismas” (Rubio, 2006, p. 288). Los estudios muestran el potencial de la
Investigación Acción Participativa para fomentar las oportunidades de cooperación, co-
participación y bienestar (Kemmis, McTaggart y Nixon, 2014). Otros autores animan a
un uso más crítico de las mismas técnicas participativas, subrayando la necesidad de
analizar la relación de poder entre investigadora y participantes (Le Compte, 1995; Le
Compte y Marrais, 1992;) y la reciprocidad que en realidad puede ocultar una diferencia
de poder (Acker, Barry y Esseveld, 1983; Nespor y Groenke, 2009).

En este trabajo de investigación el punto de partida es propiamente la diferencia de poder.


La reflexión sobre la condición de desigualdad entre mujeres se convierte en una
oportunidad y una posibilidad para fomentar estrategias innovadoras y para activar una
nueva forma de poder generativo, negociado y compartido para el cambio social positivo.
El enfoque, en lo específico de este estudio, incluye un análisis sobre los siguientes
aspectos:

a) El contexto del barrio de El Cabanyal en la ciudad de Valencia.

b) Las diferencias entre las participantes, así como la evaluación de las


necesidades, de los valores y de las experiencias de vida de las mujeres.

c) El micro, meso y macro nivel estructural de la intervención social propuesta.

d) Las barreras que impidieron la participación de otras mujeres en la


Investigación Acción.

e) Las relaciones de poder entre los dos grupos de participantes, entre las
participantes y la investigadora y las múltiples posiciones de los sujetos
involucrados.

f) La importancia de la co-participación como un proceso pedagógico y político


para la formación a la ciudadanía y sus efectos sobre todas las comunidades.
22
Los resultados de este estudio sugieren un enfoque crítico sobre el desarrollo de
estrategias efectivas para el Empoderamiento de las mujeres, el desarrollo comunitario
sostenible y la creación de espacios sociales híbridos de cooperación entre diferentes
grupos sociales.

1.1 Antecedentes del objeto de estudio

La literatura sobre el desarrollo comunitario, estrechamente relacionada con el tema de la


justicia social y de la equidad, considera los conceptos de participación y activismo como
extremadamente importantes para promover el Empoderamiento de los grupos más
desfavorecidos (Sarkissian y Wenman, 2010). Las personas son las protagonistas del
desarrollo individual y comunitario participando en todas las fases del proceso de cambio
(Barriga, 2006).

Este tema es cada vez más importante con referencia a la participación social de las
comunidades gitanas en España. Es así porque aún permanecen, en una situación de
privación económica y en una condición de ausencia del espacio público (Goienetxea,
2017). En los últimos treinta años, las ciudades españolas han experimentado una fuerte
expansión comercial y residencial. Esta nueva redefinición del espacio urbano, resultado
de la dinámica capitalista (González, Mantiñan y Miró, 2016), ha empujado a muchas
comunidades gitanas hacia las áreas más periféricas o marginales de la ciudad en
condiciones de profunda exclusión social.

Los programas de reintegración propuestos por las políticas locales han perpetuado, en
algunos casos, la exclusión social también debido a las frágiles relaciones que existen con
las comunidades locales (Briggs, 2013). Por lo tanto, resulta importante prestar mayor
atención a los proyectos de desarrollo comunitario sostenible, específicamente al
Empoderamiento y a la Emancipación de los ciudadanos y de las ciudadanas de todas las
comunidades, dirigidos a mejorar las condiciones socio-culturales-económicas y la co-
participación activa (Rakodi, 2014).

En los últimos tiempos, las iniciativas de Innovación Social han ganado cada vez más
impulso, considerándolas como el motor para el cambio social (Moulaert y Van Dyck,
23
2013). Los proyectos de intervención comunitaria ofrecen espacios importantes para la
participación local y el encuentro entre personas de diferentes niveles económicos,
sociales, culturales y entre estos y los diferentes actores sociales (Roberts y Dick, 2003),
por ejemplo las administraciones locales y las escuelas. Los proyectos diseñados
consideran los desafíos sociales como oportunidades para hacer que las sociedades sean
más sostenibles y cohesionadas a través de iniciativas proactivas de base (Grimm, Fox,
Baines y Albertson, 2013).

La Innovación Social aspira, en este sentido, a proporcionar nuevas ideas, nuevas


estrategias y soluciones creativas para satisfacer las necesidades sociales y mejorar la
vida de las personas. Esto se convierte en un desafío dentro de una situación global, que
ve una brecha cada vez mayor, entre las soluciones propuestas por las instituciones y los
problemas experimentados por las personas en sus vidas cotidianas: en cuanto las
herramientas políticas y las soluciones de mercado han demostrado ser inadecuadas hoy
en día (Mulgan, Tucker, Ali y Sanders, 2007).

El punto de partida es la conciencia de una necesidad que no se cumple, de aquí la


participación de las personas interesadas como competentes tanto para interpretar sus
condiciones de vidas como para resolver sus problemas (Fitzpatrick, Hastings y Kintrea,
2000). Las participantes están involucradas en todas las fases de la presente investigación
y esto impulsa un cambio en las estructuras de poder y de la misma manera de ver y
pensar a las personas de diferente cultura. Se transforman las relaciones y se forman
nuevas coaliciones (Murray, Caulier-Grice y Mulgan, 2010).

La Innovación Social es un proceso; se identifica un problema y se buscan nuevas


soluciones, la intervención se prueba paso a paso en un movimiento continuo de
reflexión, evaluación y análisis de las prácticas (Moulaert y Van Dyck, 2013). Es
simultáneamente producción de nuevas ideas y nuevas estructuras con re-
contextualización del bien común, de la justicia y de la equidad y con una
reconfiguración creativa de las relaciones sociales (Moulaert, Martinelli, Swyngedouw,
González, 2005).

Hay muchas formas en que las personas fomentan estrategias para responder de manera

24
efectiva a los desafíos de nuestro tiempo y hay muchos campos donde las estrategias
innovadoras se pueden aplicar (Gutiérrez, 2009). Su espacio de acción crece cada vez
más y las propuestas más creativas se llevan a cabo entre los diferentes sectores. Si el
alcance de la acción se amplía, los objetivos y los medios son fundamentales en la
definición de las estrategias más eficientes, como la creación de nuevas ideas para
satisfacer las necesidades sociales. La forma organizativa de los proyectos es un punto
fundamental de la estrategia y una característica importante de este tipo de intervención
(Edwards-Schachter, Matti y Alcántara, 2012).

1.2 El planteamiento del problema de investigación

En este estudio, junto al modelo de intervención basado en la Innovación Social, se trata


de:
a) Actuar para el cambio social y construir ciudadanía a través de un proceso
dinámico que implica la co-participación activa en las estrategias de acción
comunitaria.
b) Establecer un vínculo entre la formación de nuevos conocimientos y la
realidad social, política, económica local.

Si la Innovación Social es una herramienta útil para innovar la práctica y poder así
enfrentarse a los problemas y los retos presentes y futuros; es necesario fomentar un
trabajo más teórico y empírico para impulsar la Innovación Social a desarrollarse como
un pretexto para la formación pedagógica y política de los ciudadanos y de las
ciudadanas. El reto de esta Investigación Acción Participativa es establecer, según un
enfoque trans-disciplinario, una conexión entre Innovación y Pedagogía Social; activando
en la práctica una estrategia que presupone la construcción de un proceso formativo.

Recuperando las tesis de Paulo Freire (1978) sobre la educación liberadora, la puesta en
marcha del proyecto de Innovación social Las Tejedoras y Las Coristas, se entiende
como una herramienta de educación problematizadora, que pretende desarrollar una
conciencia crítica, para permitir a las personas reflexionar sobre sus situación y vivir
activamente el proceso de liberación (Freire, Faundez y Coates, 1989). Un proceso de
educación popular y feminista que se caracteriza por:
25
a) El desarrollo de una conciencia social y política para la interpretación de la
realidad, de los hechos sociales, de los fenómenos y de la relaciones entre
ellos.

b) La estructuración de un conocimiento colectivo y trans-comunitario partiendo


de la reflexión como mujeres, con sus necesidades, recursos, potencialidades y
saberes.

c) El desarrollo de la capacidad organizativa y transformativa.

d) La capacidad de gestionar de manera colectiva y solidaria, ética y sensitiva los


espacios comunitarios conquistados.

La importancia del rol de las mujeres en los procesos de desarrollo comunitario es ahora
reconocida por varias investigaciones, que han demostrado cómo estas han aportado
contribuciones significativas al desarrollo cultural, social y económico sostenible de sus
comunidades (Nelson, 2013; Shiva, 2014). La participación de las mujeres en el espacio
social genera una mayor movilidad, más ingresos y oportunidades para todas y todos
(Beath, Christia y Enikolopov, 2013).

Centrarse en el proceso de Empoderamiento de las mujeres dentro de los grupos sociales


más marginales mejora las habilidades de las mismas de preservar y construir capital
comunitario y desarrollar dinámicas colectivas participativas. Por lo tanto, se respalda la
necesidad de pensar y crear oportunidades para permitir la participación responsable y
activa de las comunidades excluidas, contando con las voces y la experiencia de la mitad
femenina del género humano.

Sin debatir la visión feminista, es muy difícil abordar una transformación social profunda,
en cuanto la misma estructura patriarcal y de sus instituciones constituye un espacio
auténtico de desigualdad. Al hacerlo, es importante pensar en las mujeres no simplemente
como las beneficiarias de las soluciones técnicas, sino como arquitectas de los planes de
desarrollo y de las estrategias que se quieren llevar a cabo (Theesfeld, Dufhues y
Buchenrieder, 2017).

1.3 Llegando a El Cabanyal: el contexto del trabajo de campo

Recuerdo la primera vez que caminé por las calles de El Cabanyal. No fue tan difícil
26
rendirse a la fascinación que me produjo esta parte de la ciudad de Valencia, con su
arquitectura, sus contradicciones, la proximidad al mar, su historia, así como su fama de
barrio degradado y marginal.
En El Cabanyal realicé mi primeva investigación para mi trabajo de fin de grado en
Pedagogía, centrada en el estudio de las metodologías didácticas utilizadas en las diferentes
escuelas del barrio. Tuve la posibilidad de conocer mucha gente que vivía allí y
especialmente a Francesc, maestro de escuela primaria y poeta, un excepcional guía que
me hizo descubrir las tradiciones, la historia de resistencia, los problemas y las
dificultades de la vida cotidiana del barrio.
Los largos paseos, los relatos, el contacto cotidiano con las personas, estimularon mi
curiosidad y mi imaginación, reforzando mi deseo de querer seguir trabajando sobre y
por el barrio. Desde los tiempos de mi primer estudio, hasta el inicio de mi actual
investigación doctoral, volví en diversas ocasiones y cada vez observé como mi mirada
iba cambiando, en relación al conocimiento más profundo del contexto.
En mi primera experiencia de investigación me sedujo el aspecto histórico del barrio, su
evolución como pueblo de pescadores, su estructura urbanística y arquitectónica peculiar,
que junto a la historia de marginalidad me parecieron los elementos más notables y
remarcables.
Para este estudio quería concentrarme sobre un aspecto no considerado en mi primera
investigación: la riqueza de la diferencia, aquella manera de ser y estar en el mundo y
las múltiples formas de humanidad, que no son otras que las posibilidades alternativas
de la vida.
(Diario de campo: noviembre 2016)

El Cabanyal es hoy un barrio de la ciudad de Valencia. Antiguo pueblo de pescadores


único y pintoresco por su trama urbanística y la pesca con barcos a vela latina, que tanto
ha inspirado la pintura de Sorolla, permaneció independiente hasta el 1897, año de su
forzada anexión a la ciudad, a pesar de las protestas de sus habitantes (Pallarés, 1997).

A principios del siglo XIX, El Cabanyal se convierte en un lugar de descanso para la


burguesía valenciana atraída por su proximidad al mar, la playa ancha y la arena blanca
(Terol, 2014). Es con el desastroso incendio de 1875 y con la epidemia de cólera de 1885,
cuando el antiguo pueblo cambia su estructura y las tradicionales barracas, consideradas
carentes de condiciones higiénicas, fueron reemplazadas por casas de ladrillo. La

27
arquitectura del barrio empieza a cambiar lentamente, comienza un proceso de
renovación urbana y una reforma de las viviendas en estilo más modernista (Pallarés,
1998).

Las ordenanzas posteriores al gran incendio de 1875, no permitieron hacer nuevas barracas
de planta nueva; y las cabañas que ardían con demasiada facilidad, se iban
sustituyendo con casas de libre creación de arte popular. El pueblo mantuvo la
estructuración urbanística de calles paralelas y perpendiculares, llamadas travesías, y las
casas empezaron a ser recubiertas con pequeños ladrillos de colores o azulejos, para
protegerlas de la humedad y de la sal. Cada edificio tenía su propio color y sus
decoraciones (Terol, 2014). Gracias a su arquitectura, al modernismo de las fachadas,
creado por la clase popular (Art Nouveau), y a la estructura urbana, El Cabanyal fue
declarado Bien de Interés Cultural en mayo de 1993.

En esta pequeña introducción se ponen de relieve algunos elementos que caracterizan la


historia moderna de este barrio, como los tentativos de reorganizar el espacio urbano por
los intereses, antes de la burguesía valenciana que gracias a su siempre más fuerte poder
adquisitivo construía en el barrio sus residencias de verano y después de la especulación
inmobiliaria internacional (Rodríguez, 2016). El fuerte carácter identitario, el sentido de
pertenencia al lugar, el orgullo de la celebración de las tradiciones locales como la
Semana Santa Marinera, además de la vitalidad cívica y la variedad de su población,
caracterizan este barrio.

Para comprender la esencia del comportamiento y un estilo de vida particular, es


importante desvelar el contexto social, cultural y político en el que se encuentra un
fenómeno. Es fundamental una mirada a la genealogía de los hechos. En El Cabanyal el
cambio más drástico se produjo entre los años 60-70, cuando se autorizó la demolición de
edificios históricos, se permitió la construcción de bloques con cuatro y cinco alturas y
diferentes zonas verdes fueron calificadas como terrenos edificables (Pallarés, 1997).

El ataque más violento se produce cuando el gobierno local encabezado por el Partido
Popular, el 24 de julio de 1998, con mayoría absoluta, encarga la redacción de un Plan
Especial para la Reforma Interior de El Cabanyal (PEPRI), que incluye la extensión de la
28
Avenida Blasco Ibáñez a través del territorio del barrio hacia el mar, con la demolición de
una parte del mismo. Uno de los argumentos que se dieron a favor del PEPRI- Plan
Especial para la Reforma Interna, fue la necesidad de la conexión urbana del barrio, pese
a que ya se habían producido los cambios que integraban El Cabanyal con la ciudad:

a) El soterramiento de las vías del tren de Barcelona.

b) La recalificación de cuatro kilómetros de huerta como urbanizable.

c) La progresiva edificación de la Avenida de Blasco Ibáñez (Rodríguez, 2016).

Mientras la ciudad intentaba incorporar los confines de los espacios más distantes, lugares
tentadores para la especulación, los límites simbólicos dentro del espacio urbano se
multiplicaban (Subirats y García-Bernardos, 2015). El PEPRI fue aprobado
definitivamente en el año 2001 y suponía:

a) El derribo de 1.651 viviendas de alto valor histórico y patrimonial.

b) La destrucción del entramado original del poblado de pescadores.

c) El desplazamiento de 1.200 familias.

El Plan Especial para la Reforma Interior estaba en sintonía con los megaproyectos
arquitectónicos y urbanos propuestos por los políticos locales, a fin de transformar la
ciudad de Valencia en un gran centro turístico de atracción (Santamarina Campos, 2009).
El Cabanyal por su ubicación, cerca del mar, se prestaba bien al uso del espacio público
como mercancía (Smith, 2005), base del desarrollo del neoliberalismo y de la
acumulación de capital (López y Rodríguez, 2011), que actúa sobre la ciudad, sus
espacios físicos, sociales y relacionales, transformándola y moldeándola. A través de la
idea de la regeneración urbana, hay una redefinición estética, cultural, política,
económica y profundamente simbólica de la ciudad (Harvey, 1977). Se actúa sobre el
espacio público para cambiar la estructura, el significado de un lugar (Harvey, 2010) y el
sentido de pertenencia.
Desde el momento en que se planteó el proyecto de la prolongación de la Avenida Blasco
Ibáñez, el Ayuntamiento declaró la suspensión de las licencias y la prohibición de realizar
reformas en viviendas. Empezó el acoso de tipo ideológico, la presión mediática y el
29
mobbing inmobiliario. El barrio comenzó una profunda transformación urbana,
permaneciendo en una condición de degradación y conflicto social (García, 2006). A
pesar de la suspensión del Plan PEPRI con una sentencia del Tribunal Constitucional, El
Cabanyal empezó a experimentar problemas relacionados con el deterioro del entorno, la
venta de droga, la ocupación de las casas vacías, la aparición de bolsas de inmigrantes y
personas sin recursos de diversas nacionalidades con el consiguiente proceso de
guetización. Desde la adopción del Plan Especial para la Reforma Interior de El Cabanyal
el tejido social ha sido progresivamente destruido. Son todavía evidentes las heridas y los
daños provocados y, en general, las fracturas de lo urbano, del contexto de vida y de la
relaciones humanas.

La calle como lugar de encuentro, intercambio y socialización se ha convertido en un


espacio irreconocible para los residentes (Santamarina Campos, 2009), y el barrio se ha
transformado en un ejemplo de marginalidad urbana planeada. Una metamorfosis del
entorno que ha sido instrumentalizada por la espectacularización que se ha hecho de la
pobreza y de la exclusión social. La calle se convierte en el espacio del miedo que
redefine las relaciones entre las personas (Giner, 2013). El miedo cierra y bloquea la
interacción, sin posibilidad de intercambio. Se consideran los demás como un peligro, y
los problemas de convivencia se transforman en problemas de seguridad urbana, de
manera que el espacio común se convierte en el espacio de nadie (Paasi, 1998).

1.4 Las preguntas de investigación

Con esta tesis se persigue generar un relato nuevo, aportando gracias a la implicación y a
la diversidad del colectivo de mujeres participantes, otra visión sobre el espacio como
lugar de resistencia y vida y sobre las relaciones entre las personas. Los siguientes
interrogantes, permiten delimitar uno de los objetos de interés general de este estudio;
analizar críticamente la hipótesis de que aumentar el nivel de Empoderamiento tiene un
efecto positivo en la participación social y para la creación de un espacio de cohesión
social entre comunidades de cultura diferentes y bienestar local.

a) ¿En qué medida las prácticas, los métodos y los procesos del proyecto

30
de Innovación Sociocultural Las Tejedoras y Las Coristas, puesto en marcha
en el barrio de El Cabanyal, atienden a las necesidades detectadas en la fase
de análisis del contexto?

b) ¿Son las estrategias congruentes con el desarrollo del proceso de


Empoderamiento y la formación de un Tercer Espacio de encuentro,
intercambio positivo y solidaridad entre mujeres de diferentes colectivos?

c) ¿Cómo se puede demostrar que el proceso de Empoderamiento personal ha


tenido efectos estructurales y, por lo tanto, desde el nivel individual ha
involucrado la dimensión de las relaciones más cercanas y de la comunidad?

d) ¿Cómo se puede demostrar que el proceso ha impulsado una implicación


más activa y consciente de las mujeres en la vida social local, influyendo
sobre los procesos de co-participación comunitaria y la dinamización del
barrio?

e) ¿Cuáles son las necesidades que se pueden identificar en los dos grupos de
mujeres participantes en esta investigación? ¿Qué parte de la población
participó en el proyecto y qué factores impidieron la participación de otras
mujeres?

Para responder a estas preguntas, se llevó a cabo un estudio bajo el enfoque de la


Investigación Acción Participativa (IAP). La idea base es que el proyecto de Las
Tejedoras y Las Coristas pueda ser un modelo innovador para el Empoderamiento de las
mujeres, la co-participación y el encuentro entre grupos sociales, no solo gracias al
análisis de los resultados conseguidos, sino al mismo proceso puesto en marcha. El
proyecto ha sido un ejercicio de escucha activa, para dar voz y visibilidad a las
experiencias individuales. Un proceso de formación ética, sensitiva, intelectual, artística,
política y pedagógica. Un recorrido para repensar y reconstruir un contexto vital a través
de la fuerza de la unión entre el pensamiento, la reflexión, la praxis y el hacer cotidiano. El

31
presente estudio tiene dos objetivos principales:

a) Reflexionar sobre el impacto real del proyecto de Innovación socio-cultural de


Las Tejedoras y Las Coristas en la dinamización de la vida en el barrio de El
Cabanyal. Específicamente analizar el potencial transformador para el
desarrollo de la co-participación social a nivel local entre mujeres.

b) Impulsar una investigación científica como herramienta para el cambio social


en la que la investigadora interviene como agente y dinamizadora de este
proceso, facilitando el Empoderamiento de las personas.

La metodología utilizada en la investigación es trans-disciplinaria, participativa,


orientada a la acción feminista y transformadora. Las dificultades relacionadas con la co-
participación activa en la vida social de las mujeres, los problemas y los impedimentos,
se han considerado aspectos fundamentales de este estudio; se han detectado obstáculos
sociales, culturales, económicos, organizativos, políticos y han sido tomados en
consideración como relacionados entre sí.

1.5 Metodología y método

Los marcos metodológicos utilizados en este estudio son compatibles con las
epistemologías y las teorías del Empoderamiento y de la práctica feminista, así como con
la teoría de la hibridación y la formación de un Tercer Espacio. La Investigación Acción
Participativa ha sido una herramienta eficaz para el desarrollo de estrategias dirigidas al
Empoderamiento personal y a la emancipación de la comunidad, así como para la
formación de un espacio de interacción y cohesión entre las mujeres de diferentes grupos
sociales. La cogeneración de datos, los debates y la evaluación continua han sido recursos
importantes para reflexionar de manera crítica y efectiva sobre los procesos en curso; la
democratización de la investigación y el cambio social (Thiollent, 2011).

La Investigación Acción Participativa no es una metodología con procedimientos


exactos, es algo dinámico cuyo factor distintivo es la colaboración activa de quienes
viven un problema y quieren buscar soluciones (Reason y Bradbury, 2001). El objetivo es

32
estimular el cambio social, en un ciclo de reflexión y acción continuas, en el que la teoría
y la práctica se consideran factores inseparables. Todo el proceso se basa en la relación,
la negociación de roles, el diálogo entre la investigadora y las participantes y entre estas y
el contexto. Por fin se hace evidente que el conocimiento académico está en tensión
dialéctica con el conocimiento popular de la comunidad involucrada en la investigación
(Fals-Borda, 2001). Esta forma de diálogo, no solo implica un intercambio de ideas y de
informaciones para una comprensión más completa y profunda del problema, sino
también de los sentimientos y de los valores de las personas implicadas en ellos (Park,
2006).

Un paso fundamental ha sido crear un espacio abierto, responsable e interactivo entre la


investigadora y las mujeres participantes. Ha sido esencial reconocer las diferencias pero
también la subjetividad. Por otra parte, se ha puesto de manifiesto la reflexión crítica
sobre las relaciones de poder basadas en las necesidades, los valores, el conocimiento y
las experiencias de cada persona.

El estudio se llevó a cabo aplicando un riguroso proceso metodológico de carácter


reflexivo, auto-reflexivo y crítico en todas las etapas. El trabajo se realizó en total
colaboración, de acuerdo con la disponibilidad de las mujeres, para elaborar la agenda de
investigación, así como para la recopilación de las informaciones, el análisis y la
activación de prácticas útiles para el cambio social positivo y finalmente para la difusión
de los resultados. El proceso de análisis incluyó una triangulación de los datos, de las
fuentes y de los métodos de investigación, para validar las interpretaciones y las
conclusiones del presente estudio (Greenwood y Levin, 1998). Se utilizó un enfoque de
evaluación abierto e interactivo con el objetivo de mejorar las prácticas y también las
interacciones entre las personas cuando surgían conflictos y problemas.

La Investigación Acción Participativa combina una profunda reflexión acerca del proceso
en curso y la posición de la investigadora, sobre el desarrollo de nuevos conocimientos y
las estrategias para alcanzar los retos feministas de la emancipación en un proceso
formativo continuo (Fossey, Harvey, McDermott y Davidson, 2002). La evaluación es, en
este sentido, una herramienta fundamental de las estrategias dirigidas al Empoderamiento
y a la dinamización en el barrio.

33
La Investigación Acción Participativa tiene objetivos políticos, guiados por las
necesidades de las personas y de las comunidades. Los significados son co-generados, co-
interpretados y utilizados para diseñar una acción de transformación social efectiva. Las
mismas habilidades de análisis se construyen conjuntamente a partir de la reflexión sobre
los recursos y sobre las acciones necesarias para producir el cambio deseado (Fals-Borda,
2006; Greenwood y Levin, 1998).

Este estudio está inspirado por el concepto de investigación como praxis. Ha sido guiado
por un enfoque conceptual específico, basado en la colaboración y en la acción
transformadora, así como en la responsabilidad hacia las necesidades de los grupos
participantes. Lather (1991) define la investigación como praxis, un proceso de
investigación democratizado, caracterizado por la negociación y la reciprocidad. La
praxis se define como el concepto central de una teoría, que no quiere seguir siendo solo
teoría sino también práctica. Este enfoque se refiere a la praxis como un aspecto interno
de las personas (Kemmis, 2010), conectada al conocer haciendo y situado. Tal forma de
investigación, que vincula las cuestiones teóricas a las necesidades prácticas de las
personas es, sin duda, un reto que también plantea cuestiones éticas y metodológicas a
tener en cuenta para ser analizadas críticamente (Stacey, 1996).

1.6 La investigación como praxis

En la investigación para el cambio social es fundamental reconocer las relaciones como


un espacio de producción de nuevo conocimiento, en un continuo intercambio de
herramientas, habilidades y retos (Chown et al., 2017). El conocimiento es un producto
que refleja los valores y los puntos de vista de las participantes y de la investigadora
que, como científica social, enfatiza este aspecto (Giroux, 1986). En este sentido, la
investigación es un proceso para entender e interpretar la realidad social en su totalidad
y con su aspecto dinámico (Kirby, Greaves y Reid, 2006). Puede ser un activador de los
procesos de desarrollo sostenible y para la organización de movimientos sociales, que
juegan un papel central en la transformación social. Los pasos hacia la reflexión, el
encuentro entre culturas y la relación dialógica, permiten acercarse a un espacio de justicia

34
social (Oliver, 1992). Es un intento para producir nuevo conocimiento, socialmente
relevante, que enfatiza el pluralismo metodológico, la atención al contexto real, así
como la participación personal y emotiva de las co-investigadoras y de la investigadora en
todo el proceso (Hoshmand y Martin, 1995). Esto apunta hacia el cambio social
(Newman, 1990), en un ciclo continuo de pensamiento, acción, reflexión y evaluación
(Cawthon y Dawson, 2011).

Se requiere una atención particular al papel de la misma investigación en el camino de


emancipación de las personas y de las comunidades. En este sentido, la investigación
puede facilitar este proceso, al incluir la monitorización y la evaluación de las estrategias
por parte de las mismas participantes. Inevitablemente, esto significa que la investigación
solo puede considerarse emancipadora después del evento; no se puede "hacer"
investigación emancipadora, pero la investigadora sí puede comprometerse con aquellas
que quieren y eligen emanciparse (Oliver, 1992).

Esta perspectiva, sugiere un cambio significativo en la gestión del poder en el desarrollo


y producción de nuevos conocimientos. La actitud, según Le Compte (1995), de las
investigadoras que apoyan enfoques colaborativos, ha sido suavizar el conflicto acerca de
las relaciones de poder, pero es fundamental cuestionar también este aspecto, que requiere
una profunda capacidad de autoobservación e introspección. La investigación
participativa puede ser una herramienta en este sentido, un vehículo para cambiar las
relaciones sociales (Zarb, 1992), un enfoque que reconoce el valor del saber popular y de
las habilidades específicas de todos los individuos (Carr y Kemmis, 1986). La efectividad
de las intervenciones y de las estrategias puestas en marcha, depende de una adecuada
reflexión sobre la dimensión del poder, sus implicaciones y los problemas asociados. Se
debe considerar también las oportunidades asociadas en el identificar el poder como
generador de cambios sociales reales y efectivos, a partir del concepto del hacer colectivo
(Roberts, 2013).

Desde diferentes ámbitos, se llega a la construcción conjunta de nuevos conocimientos


con valor transformador y con el propósito de una acción social dirigida a mejorar las
vidas de las personas (Stanley et al., 2015). Las diferencias de estatus social, económico y

35
cultural en la que se desenvuelvan los actores sociales, los muchos intereses y
motivaciones para participar en la investigación, tienen su implicación en todo el proceso.

El enfoque de investigación acción feminista participativa y contextualizada, parte del


análisis de las realidades materiales de las mujeres, con una orientación pragmática hacia
el discurso intelectual (Young, 1993). Se apunta a desarrollar nuevos conocimientos
sobre la teoría y la práctica feminista dirigida al cambio y la justicia social (Stanley y
Wise, 2002). En cuanto pragmático, nos referimos a un enfoque vinculado a problemas
políticos concretos sobre los cuales se centra la actividad teórica científica.

Esto es un estudio basado en la comunidad, por eso se reconoce y se valoriza la diferencia


entre las mujeres (Fraser, 1989) y sus aportaciones. Se adopta una perspectiva de
construcción social de la realidad (Berger y Luckmann, 1991). Según la cual el
sentido y la verdad no se descubren, sino que se construyen a partir de las personas,
"cuando interactúan con el mundo social que están interpretando" (Crotty, 1998, p. 43),
en una producción colectiva de significado. Se enfatiza la influencia de la cultura en
las personas, porque desde el mismo proceso de socialización se configura la forma de ver
la realidad.

La participación en la realidad social ayuda a enriquecer, modificar y crear significados,


pero al mismo tiempo estas relaciones y la dimensión inter-subjetiva determinan la misma
identidad individual (Taylor, 1993). La identidad está formada por la red de relaciones
que el individuo mantiene a lo largo de su vida. Estas relaciones ocurren dentro de
contextos y estructuras sociales, políticas, educativas y religiosas específicas. La
comprensión del yo, pasa a través de la comprensión de esta red construida alrededor del
individuo. La dimensión relacional y la mirada hacia el otro, tiene una virtud de
identificación, no solo como sujetos que generalmente experimentan, sino también como
yo individual (Habermas y Taylor, 2002).

Como han argumentado Berger y Luckmann (1991), la red de las primeras relaciones
intersubjetivas y luego sociales, que rodean al ser humano, tiene su "virtud
individualizadora" y puede desvelar un aspecto problemático y conflictivo, ya que no

36
evita la subordinación o la exclusión de otros sujetos sociales. De tal manera que la
formación pedagógica y política del individuo, que interactúa en un determinado contexto
con exponentes de otros grupos, tendría que hacerse cargo de esta dinámica, proponiendo
intervenciones de reflexión emancipadoras y solidarias, desde las relaciones más cercanas
(Giroux, 1997).

1.7 Una teoría en construcción

En este estudio se desarrolla una comprensión compartida y una reflexión crítica sobre la
Investigación Acción Participativa, como herramienta para el cambio social y político
(Mies, 1993). Ha sido muy importante generar un espacio simbólico, que evocara la
fuerza de la diversidad entre las personas involucradas en el proyecto, mediando
diferentes puntos de vista, perspectivas y valores en las actividades del trabajo de campo
(Wenger, 1987). La intención es reunir las voces críticas que puedan analizar, de formas
diferentes, el conflicto en curso en El Cabanyal y quieran trabajar diariamente, para la
reapropiación del espacio social público en clave de respeto, tolerancia y solidaridad.

Este estudio se ha centrado además en la colaboración entre diferentes sectores: el mundo


científico y académico, la sociedad civil y las instituciones para generar nuevo
conocimiento (Fals-Borda, 2001) y mejorar la vida de las personas. La investigación se
ha convertido en una oportunidad de diálogo entre las instituciones y el personal, un
relato entre la historia, la condición del presente y la esperanza para el futuro del barrio
(Leal, 2009). La perspectiva del análisis se centra en los sujetos activos y autores de este
trabajo. Las voces, las percepciones, las experiencias de todas las personas y los agentes
sociales involucrados, son muy importantes y consideradas fundamentales para la
comprensión del contexto y la búsqueda de soluciones prácticas (Ortiz y Borjas, 2008).

El proceso de evaluación es considerado un aspecto muy importante, ya que permitió


reunir información sobre los recursos disponibles, el desarrollo del proyecto, las
actividades, la metodología, las estrategias, los objetivos, los resultados alcanzados, pero
también acerca de los sentimientos relacionados con la participación y, en general, el

37
impacto sobre la comunidad (Anderson y Rietbergen-McCraken, 1994).

Hay muchas dimensiones que podrían haber sido seleccionadas para la evaluación crítica
en este estudio. Se trataba de enfocar la atención a los aspectos considerados importantes
para su relación con el proceso de formación del Tercer Espacio de encuentro inter-
cultural y como consecuencia del proceso de Empoderamiento de las mujeres, entre
estos:

a) La diferencia entre las participantes de diferentes comunidades.

b) La co-participación como proceso para impulsar la cohesión social.

La reflexión para el desarrollo de estrategias efectivas, dirigidas a mejorar la


participación de las mujeres, es particularmente importante, tanto en los procesos sociales
como en la investigación científica. Los estudios sugieren que comprender la participación
como un proceso y enfocarse en su fortalecimiento, puede ser un factor clave para el
éxito a largo plazo de los proyectos de desarrollo comunitario (Howard- Grabman,
Miltenburg, Marston y Portela, 2017), y para la reflexión sobre la dimensión personal
en la formación pedagógica y política a la ciudadanía activa y responsable.

Maguire (1987) habla de un filtro androcéntrico para denunciar que en la investigación


tradicional, así como en la investigación participativa, las mujeres han estado excluidas
de las formas de producción de conocimiento (Kirby, Greaves y Reid, 2006), y la
investigación participativa no puede ser realmente emancipadora sin incluir sus voces
(Hall, 1983). Son las mismas mujeres las que en este estudio, han identificado las barreras
que generalmente limitan su participación en el espacio social. Algunas de estas barreras
están relacionadas con la cuestión del género, otras con la compleja situación social,
económica, cultural y contextual en la que viven y de las cuales destacamos:

a) Las tareas domésticas y el cuidado de los niños y de las niñas.

b) Los tiempos de la participación, ya que muchas actividades propuestas en el


barrio tienen lugar por la tarde o por la noche.

c) El sentido de frustración, apatía y falta de confianza en las habilidades de cada


una.
38
d) La dificultad en compartir caminos de co-participación social entre
comunidades diferentes.

Por lo tanto, existe una necesidad constante de impulsar estrategias para involucrar a las
mujeres en todos los procesos sociales, teniendo en cuenta las cuestiones de la
discriminación y de la diferencia. La investigación científica puede ser una gran
oportunidad para comprender el fenómeno y también puede tener fuertes implicaciones
en el contexto (Lima, 1983), en cuanto la reflexión, la experiencia directa y la
contaminación interdisciplinaria pueden abrir nuevas perspectivas de desarrollo, con un
impacto directo en la vida de las personas y en la movilización de la base social.

1.8 El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas

El proyecto de Innovación Social involucra un conjunto de dos colectivos de mujeres del


barrio de El Cabanyal que cooperan juntas y tienen un objetivo común: luchar por su
formación política como ciudadanas, para el crecimiento personal y la cohesión social.
Las Tejedoras son un grupo de mujeres de cultura gitana que a través del ganchillo como
arte manual, inician un proceso de cambio y de superación. El objetivo es proporcionar al
grupo un conocimiento práctico y un mecanismo de Empoderamiento personal, en las
dimensiones psicológicas de la confianza y de la autoestima, para el desarrollo de las
habilidades individuales y el reconocimiento de sus propias potencialidades (Rowlands,
1997).

Las Coristas es un grupo de mujeres de cultura no gitana que cantan en diferentes


idiomas y descubren tradiciones musicales populares del mundo. El coro no tiene una
estructura tradicional porque no incluye una directora. Cada miembro es al mismo tiempo
cantante y directora de la canción que quiere compartir con sus compañeras. La persona
que presenta la canción, maneja la armonización, la estructura y la presentación ante el
público. La manera de aprender las canciones de forma oral, sin partitura y la
expresividad en diferentes idiomas, deriva de la metodología utilizada por la música
Paula Gallardo, directora del Coro Incanto de Roma (Italia), en el cual la investigadora

39
cantaba antes de su llegada a la ciudad de Valencia.

Las mujeres de los dos grupos se apoyan mutuamente en una intervención para el
Empoderamiento, la co-participación activa en la vida social y para la cohesión entre la
comunidad de cultura gitana y la no gitana. Los dos colectivos trabajan en red con
muchos de los actores sociales e institucionales de su entorno, con el objetivo de
construir un espacio de convivencia y de cooperación entre personas de diferentes
culturas.

El momento compartido de descubrimiento de las potencialidades, las habilidades, los


recursos, los miedos, etc. de cada una, en un proceso de conocimiento en un campo
desconocido como el ganchillo para las mujeres de cultura gitana y la dirección coral para
las mujeres de cultura no gitana; ha permitido que las participantes se encontraran y se
reconociesen mutuamente. Los dos grupos decidieron colaborar juntos, apoyar las
respectivas iniciativas y formar una asociación sin fines de lucro, formalmente inscrita
en el registro de las asociaciones de la comunidad valenciana.

Los procesos colaborativos, participativos y la intervención de las mujeres de cultura


gitana y no gitana en todas las fases de la Investigación Acción Participativa, han sido
vitales para el éxito de la iniciativa transformadora que se está llevando a cabo en el
barrio de Cabanyal. El proyecto apuesta por la creación de un espacio de alianza entre
asociaciones, instituciones, personas y por la integración y la visibilidad de los grupos
menos activos en la vida democrática.

La construcción de sistemas integrados de intervención para la co-participación se basa


en el conocimiento de la naturaleza multidimensional de la condición de vulnerabilidad y
marginación social (Mballa, 2017). El Distrito Marítimo, que incluye el barrio de El
Cabanyal, recoge la mayor concentración de población gitana de toda la comunidad
valenciana. Pese al carácter acogedor de la población local, surgen conflictos entre los
colectivos de cultura gitana y no gitana. A través del proyecto de Las Tejedoras y Las
Coristas, se apuesta por una mayor justicia e integración social a través de un proceso
participativo y democrático, basado en la búsqueda de soluciones prácticas para las
40
personas y las comunidades.

Los objetivos específicos del proyecto de Innovación Social son:

a) Promover la educación comunitaria y el Empoderamiento de las mujeres.

b) Impulsar la participación de las mujeres gitanas y sus familias en la vida


social del barrio.

c) Apoyar la cohesión social a través de una intervención en red.

d) Fortalecer las capacidades comunitarias que favorezcan la convivencia entre


población de cultura gitana y no gitana.

e) Fortalecer la colaboración y la integración de diferentes agentes


socioculturales e institucionales.

f) Desarrollar las capacidades manuales y artísticas.

g) Desarrollar las habilidades relacionales y comunicativas.

h) Reciclar y reutilizar materiales en el respeto del entorno.

Se utiliza una metodología liberadora y expresiva como el arte del ganchillo y el canto
para crear un espacio de encuentro intergeneracional y entre grupos diferentes,
fomentando la expresión artística, la innovación y la formación pedagógica y política de
la ciudadanía. Tanto el canto como el ganchillo se han considerado prácticas efectivas en
la identificación y en el desarrollo de actitudes, habilidades y capacidades personales.
Herramientas para aprender contenidos y activar comportamientos y buenas practicas,
con comprensión y elaboración consciente de la experiencia vivida (Demetrio, 2003).

Hay varios estudios que exploran los efectos positivos sobre la salud y el bienestar
general, debido a la implicación en actividades creativas (Riley, Corkhill y Morris, 2013;
Wilcock, 2006), que promueven la motivación, la autoestima y la autoeficacia (Bedding y
Sadlo, 2008; Turney, 2009; Tzanidaki y Reynolds, 2011). Las diversas actividades, la
praxis y la metodología utilizada, han creado la base para un modelo de Emancipación en
espiral, sometido a un específico cuadro teórico, a partir de un proceso de
41
Empoderamiento personal.

1.9 Los límites de este estudio

El plazo de la investigación, los pocos recursos materiales disponibles y los factores


relacionados con la complejidad del contexto, han tenido una gran trascendencia en el
desarrollo de la intervención. En general, el número de mujeres involucradas es limitado,
especialmente en lo que respecta al colectivo de cultura gitana, ocho mujeres en total, en
todo el recorrido. Lo que invita a reflexionar, que la dificultad de la participación activa
en la vida social de las mujeres de cultura gitana, debe pasar por una lectura
interseccional de la condición de desigualdad (Goienetxea, 2017), también en referencia
al acceso a las oportunidades ofrecidas en un territorio.

Teniendo en cuenta que algunos de los conflictos y de las contradicciones expuestas en el


análisis del contexto, todavía continúan siendo un factor presente y determinante en la
vida del barrio, el período de una investigación doctoral es muy breve para poder
documentar de manera profunda los cambios ocurridos en la comunidad.

La evaluación del impacto de la intervención se focalizará sobre los cambios que


realmente se han producido a nivel personal, interpersonal, familiar y comunitario. Hay
que tener en cuenta las condiciones de partida; de exclusión de la esfera política, cultural
y social, de segregación, de deslegitimación hacia un colectivo determinado, para
proponer entonces un análisis multidimensional en la articulación del cambio que
realmente se ha producido (De Sousa Santos, 2009; Moulaert, 2010). Es necesario un
análisis que ponga de relieve la importancia de los actos y de los pequeños cambios en las
historias de vida de cada una, para comprender como y en qué grado el proyecto Las
Tejedoras y Las Coristas ha mutado las dinámicas de las relaciones entre los grupos que
viven en el barrio de El Cabanyal.

42
Recapitulando
Los muros, las fronteras, la segregación y los rechazos se justifican sobre la base del
pertenecer a una comunidad específica, cuyos miembros están más o menos relacionados
entre sí por un vínculo considerado como indisoluble.

Cuando la política en un territorio planifica un enfrentamiento entre personas, fomenta la


especulación, el egoísmo y el bienestar de unos pocos; es necesario trabajar en las posibles
alternativas al conflicto social. Por esta razón, en este estudio se consideró importante
comenzar con formas, acciones, prácticas e iniciativas que permitieran ponerse en
contacto con la otredad y empezar un diálogo entre culturas.

Es una opción que requiere coraje y compromiso, pero es una de las formas para intentar
construir un mundo nuevo respetando las diferencias.

Ricapitolando

I muri, le frontiere, la segregazione e il rifiuto dell’altro, sono spesso giustificati con


l’appartenenza a una comunità specifica, i cui membri sono più o meno relazionati tra
loro attraverso un vincolo considerato indissolubile.

Quando la politica in un territorio specifico pianifica la contrapposizione tra le persone,


fomenta la speculazione, l’egoismo e il benessere dei pochi, è necessario lavorare sulle
possibili alternative al conflitto sociale. Per tale ragione, in questo studio si è
considerato i m port ant e cominciare a lavorare sulle forme, azioni, pratiche ed iniziative
che permettono il contatto con l’altro iniziando così un dialogo tra culture.

È una opzione che richiede coraggio e impegno, però è anche una delle forme per
intentare costruire un nuovo mondo, rispettando le differenze.

43
44
Capítulo 2
Revisión de las aportaciones en:
La participación ciudadana y la Teoría del Empoderamiento

Este capítulo sitúa el presente estudio dentro de una literatura científica específica,
definiendo algunos de los términos y las teorías a los que se refiere: los modelos de la
participación ciudadana y la teoría del Empoderamiento. Cada marco teórico está descrito
en detalle, así como los conceptos utilizados. Están expuestos las fortalezas y los límites
de cada teoría, las similitudes, las diferencias y las relaciones entre ellas.

En el amplio espectro de problemas sociales actuales, los fenómenos de segregación entre


los grupos sociales ocupan un lugar privilegiado. Una posible solución a estos problemas
son los programas y los proyectos que fomentan la co-participación y el compromiso a
nivel local. Para obtener resultados positivos para todo el vecindario y para las
comunidades, resulta fundamental incluir los diferentes colectivos que viven en un mismo
territorio (Gregson y Court, 2010). Sin embargo, algunos expertos señalan que rara vez
se logra la participación activa de la población (Cunill, 1991, 1997). Las dificultades
pueden deberse a factores relacionados con el contexto y también a factores de la esfera
personal e individual como la motivación y el sentido de auto-eficacia (Burton, 2009).

Algunos de estos programas y proyectos son parte de las estrategias de políticas


inclusivas promovidas desde el Estado, pero a menudo se dirigen a una parte de la
población, sin tener en cuenta las relaciones interpersonales o a las formas de
representación del otro. En este estudio se considera el carácter multidimensional y

45
multifactorial de la exclusión social (Jiménez Ramírez, 2008), que se refleja en la
posibilidad real de una participación activa en la vida democrática, de todos los
colectivos. Las estrategias para enfrentar este problema social también deberían ser
multidimensionales y multifactoriales. Es el mismo lugar de acción en el que se
desarrollan las prácticas y las reflexiones de esta investigación, lo que requiere una visión
multi-prospectiva y trans-disciplinar: la ciudad, con su espacio social y sus
complejidades.

Al final de la década de 1960 Lefebvre, describió la ciudad como el espacio destinado al


mercado y la acumulación de capital (Lefebvre, 1969). Como contrapropuesta a esta
situación, el filósofo indicó la posibilidad de que la sociedad civil reclame el derecho a la
ciudad, a través de la participación activa en la gestión de la misma (Lefebvre, 1976). Se
piensa en un proceso de emancipación para el desarrollo de las prácticas democráticas y
sostenibles (Brenner, Marcuse y Mayer, 2009), por parte de la población, que a través de
una formación pedagógica y política específica, recupera las herramientas para las
estrategias de gestión colectiva del espacio vital.

En este caso, la pedagogía es una disciplina que trabaja en el límite entre integración y
exclusión, entre los conceptos de igualdad y equidad, estrechamente relacionada con el
nuevo contexto social y económico, con atención a la dignidad de las personas, a las
diferentes culturas y a las formas de participación social (Núñez, 2004). La ciudad se
concibe como un espacio colectivo de convivencia, que es necesario preservar (Carrasco
y Selvas, 2015), o en algunos casos reconstruir. La pedagogía se percibe como la disciplina
que permite comprender el nuevo espacio urbano y restablecer el derecho a gestionarlo
(Trilla, 1997, 1999). Una disciplina, pues, viva y conectada al territorio, que proporciona
a la ciudadanía, las herramientas para reconocer las transformaciones que se producen en
su entorno cotidiano y comunitario y para actuar a través de la participación activa de
todos los colectivos (Mockus, 1997; Sarmiento, 1998).

2.1 Los modelos de participación ciudadana


El enfoque de la participación comunitaria tiene como objetivo desarrollar estrategias
46
para contribuir activamente a proporcionar soluciones adecuadas a los problemas locales
(Andrews y Turner, 2006). Esto es un mecanismo de crítica del poder y fomento de la
organización democrática (Briceño-León, 1998). La implicación activa de las personas,
como parte de la sociedad civil, implica la participación en los procesos democráticos
para el bien individual y colectivo (Giddens, 2013). Las iniciativas pueden diseñarse para
favorecer la dinamización de determinados barrios, partes de la población o colectivos
específicos (Martin, 2003). Los análisis de la literatura sobre la política urbana
contemporánea, se centran en la importancia del proceso neoliberal como una trayectoria
dominante, resultado de fuerzas internas y externas (Leitner, Peck y Sheppard, 2007) que
actúa en las diferentes esferas de la vida humana.

El neoliberalismo es un proyecto global no solo a nivel geográfico, sino que penetra en la


vida de las personas, definiendo sus gustos, percepciones, expectativas de futuro (García
Canclini, 1999). En su versión más local intenta incluso transformar el contexto de vida,
ese espacio cotidiano donde las personas actúan y viven (Harvey, 2007, 2013). Por otra
parte, una de las principales implicaciones de la globalización ha sido el aumento en la
importancia de los valores y conceptos comunitarios. Contra los aspectos abstractos e
impersonales de la sociedad global, hay un redescubrimiento del contexto comunitario
vinculado al deseo de identidad, autoeficacia y participación (Beck, 2000).

El reto es recuperar la dimensión de las relaciones sociales y de las redes de intercambio


para expresarse más allá de las tiranías del consumo y descubrir nuevos vínculos sociales
(Appadurai, 1995). Para satisfacer esta demanda de la sociedad civil, la respuesta debería
ser de acción política, considerando el capital social de toda la población, como esencial
(Ostrom, 2009). Promoviendo la formación de redes entre diferentes niveles y grupos,
para garantizar la participación democrática de toda la ciudadanía, que gracias a su
diferencia, creatividad, compromiso y capacidad puede ser la protagonista del cambio
social de forma sostenible (Giddens, 1995). Los estudios específicos que exploran la
participación comunitaria, sugieren un enfoque a medida para cada tipo de actividad, con
modelos de participación específicos para cada contexto (Toomey, 2008).

La primera contribución importante a la teorización de los modelos de participación de la


47
ciudadanía fue la de Arnstein (1969) y su escala de participación. A partir de un análisis
crítico de algunas experiencias en los Estados Unidos, la académica Arnstein, ha
clasificado diferentes niveles de participación ciudadana en los procesos de toma de
decisiones. Desde una condición de no participación, que incluye la terapia y la
manipulación, hasta formas de participación formal. Estas tienen una función de
legitimación de elecciones realizadas con trayectorias ascendentes, en las que la base, la
comunidad, no tiene poder para afectar la progresión. En el último nivel se sitúa el poder
"ideal" de la ciudadanía y el control por parte de las personas sobre todas las fases de un
proceso. La medida de la participación, según Arnstein (1969), es la capacidad de tomar
decisiones, y el control es el objetivo principal. Esto tiene lugar solo cuando las
comunidades adquieren el poder para administrar la planificación, las decisiones y los
programas.

En comparación con el pensamiento de Arnstein, Connor (1988) asigna un peso


significativo a la creatividad y argumenta que el proceso participativo también es
connotado por su dimensión conflictiva. Esto implica una disposición al diálogo desde las
etapas más tempranas, para enfrentar los problemas que van surgiendo.

El modelo de Arnstein ha sido criticado por ser demasiado simplista y por no dar una
explicación precisa del proceso que conduce al control y al poder por parte de la
comunidad (Martin, 2003). Según Tritter y McCallum (2006), la participación no puede
ser un fin en sí misma, y va más allá de las actividades enumeradas en el modelo de
Arnstein (Gustafsson y Driver, 2005).
Collins e Ison (2006), argumentan que este tipo de modelo es jerárquico y de poca ayuda
en situaciones más complejas, donde la naturaleza de los problemas y de las posibles
soluciones tiene características inciertas, por lo que requieren un modelo más flexible. En
1994, David Wilcox identifica cinco niveles del proceso participativo:

a) La información: adecuada en una etapa temprana.

b) La consulta: adecuada cuando se desea que la comunidad decida entre un


conjunto de alternativas preestablecidas.

c) La decisión colectiva.
48
d) La actuación conjunta: u n mecanismo apropiado cuando los actores
reconocen la ventaja de la colaboración.

e) Las iniciativas locales de apoyo mutuo.

El último nivel, cuando hay una población fuertemente motivada, es el más orientado
hacia el Empoderamiento de la comunidad, que se encuentra en las condiciones idóneas
para desarrollar, ejecutar planes y recuperar recursos.

Dos elaboraciones adicionales de la escala de participación propuesta por parte de


Arnstein (1969) fueron el modelo de Pretty (1995), y el desarrollado por White (1996).
Según Cornwall (2008), ambos modelos describen un cambio por parte de las
autoridades, hacia el control de la comunidad.

En su modelo, Pretty (1995) se focaliza en los usos de la participación. Describiendo un


continuo entre las formas de mala y buena participación, que van desde la Participación
Manipuladora, pasando por formas de Participación Pasiva, de Consultación hasta formas
de Participación Funcional e Interactiva, llegando finalmente a los procesos de Auto-
Movilización. Las dos últimas dimensiones, la Participación Interactiva y la Auto-
Movilización, se utilizan principalmente en las iniciativas de desarrollo comunitario.
Estas formas de participación están descritas como un proceso de aprendizaje continuo,
mediante el cual los grupos, toman el control de las decisiones y del auto-
determinación, siendo las personas las responsables de las iniciativas sin el apoyo de
organizaciones externas.

Siguiendo en la descripción de las diferentes formas de participación en 1996, Sarah


White propone un modelo que ofrece buenas ideas para reflexionar sobre cómo las
personas hacen uso de la participación.

Es importante preguntarse por qué y cómo se utiliza la participación en cada una de las
fases específicas del proceso. En el primer nivel, la Participación Nominal es un proceso
todavía estructurado desde arriba hacia abajo (Jarvis, Berkeley y Broughton, 2011), con
una legitimación del intento de participación. En la Participación Instrumental, segundo
nivel, la participación de la comunidad se centra en la eficiencia, siguiendo la lógica de
49
que los proyectos y los servicios pueden ser más rentables gracias a las contribuciones de
la comunidad (Cornwall, 2008). La Participación Representativa, tercer nivel, involucra a
la población local en la configuración de una intervención, con el objetivo de reducir la
dependencia total de los residentes, de las agencias que ofrecen los servicios, dando voz a
la gente para determinar su propio desarrollo.

Muchos estudios, sin embargo, muestran que este tipo de participación tiene poco
impacto, no es flexible y a menudo no es coherente con las necesidades de los residentes.
Este tipo de intervención, efectivamente, no cambia la cultura organizativa, los métodos o
las prácticas de quienes ofrecen el servicio (Mayo y Taylor, 2001). La dinámica del
poder, sigue siendo siempre a favor de las organizaciones, por el contrario de los residentes
y cualquier opinión disidente es excluida durante el proceso. Las personas involucradas
no tienen influencia en el método de entrega del servicio o en las prácticas diseñadas
para la participación (Blakeley y Evans, 2008). En el último nivel, el de la Participación
Transformativa, se verifica que tanto el proceso como las metas son efectivos. El objetivo
es la autodeterminación de la comunidad y de las personas, que tienen un rol activo en
la toma de decisiones. Existe el reconocimiento de los procesos de formación de una
ciudadanía activa y responsable, como recurso indispensable para el desarrollo sostenible
en un determinado contexto (Mannarini, 2004).

La Participación Transformativa, en el último nivel, se considera un proyecto radical de


transformación social; está centrada en el Empoderamiento y en la movilización de los
grupos sociales excluidos, que adquieren las habilidades para definir sus necesidades y
sus prioridades (Fernández Lefort, 2014). Para Cornwall (2008), los modelos propuestos
pueden tomar formas ambiguas, si las estrategias para mejorar el nivel de participación
no se ubican en la dinámica y la estructura del contexto. Es esencial hacerse las preguntas
sobre quién participa en el proceso de participación, en qué medida y con qué beneficios.

Con la intención de definir la complejidad del proceso de participación en el campo de la


prevención, Wright y Lemmen (2012) proponen un modelo de escala estructurada en
nueve niveles. La participación es definida, como el poder de implementar aquellos
cambios efectivos, en las esferas más importantes de la propia vida y de la vida de la
50
comunidad de pertenencia. Implica definir qué es el bienestar para las personas
involucradas y luego estructurar las medidas y los caminos que deben tomarse para
mejorar las condiciones de vida. En este sentido, es esencial tener pleno acceso a los
procesos en la toma de decisiones (Wright, Block y Unger, 2007).

El primer nivel es la Instrumentalización, en el que no se priorizan los intereses de los


beneficiarios, sino los de los profesionales que toman las decisiones. El segundo nivel es
el de la Instrucción. Nuevamente, el problema y las soluciones se definen en la
perspectiva de los profesionales que ofrecen un servicio y las opiniones de los
beneficiarios no se toman en cuenta. En estos dos primeros niveles hay una condición de
absoluta falta de participación. En el nivel tercero, cuarto y quinto: Información-
Consulta-Inclusión, se empiezan a estructurar los primeros pasos del proceso de
participación. Los beneficiarios están incluidos en la planificación y en la
implementación de las estrategias, pero sin tener ninguna influencia directa en los
procesos de decisión. De hecho, en la consulta, las informaciones se intercambian pero no
se modifican las relaciones de poder (Sarkissian, Walsh y Cok, 1997).

Los niveles sexto, séptimo y octavo constituyen formas de participación cada vez más
completas y complejas. Las partes interesadas son escuchadas, y las soluciones
negociadas en términos de colaboración, entre los diferentes agentes. Los beneficiarios y
sus opiniones se toman en cuenta y pueden además bloquear aquellas decisiones que
vayan en contra de sus propios intereses. Una vez más, el rol de los beneficiarios se limita
a la planificación, ya que en el desempeño de las acciones, se verifica la gestión y el
apoyo activo de los profesionales. En el último nivel, todas las estrategias se planifican e
implementan bajo la dirección de los beneficiarios, con responsabilidad directa de los
mismos en todo el proceso. El grado de participación es máximo y es la base del cambio
efectivo de perspectiva de toda la comunidad.

La participación es un proceso exigente, en desarrollo continuo, implementado


gradualmente, que se puede describir de forma concreta (Wright y Lemmen, 2012). A
pesar de las diferentes definiciones de participación, está reconocida la importancia del
rol desempeñado por los beneficiarios no solamente en el proceso de toma de decisiones

51
sino también en el proceso de control de las acciones (Chamala, 1995).

El corazón de la participación es para Fals-Borda (1991), la experiencia real de la gente


común y para la gente común, en una situación donde, la diferencia entre expertos y
beneficiarios se reduce, así como la distinción entre el trabajo mental y el trabajo físico.
Es una situación de intercambio entre las personas y de todos los recursos disponibles.
Esto permite tanto en los proyectos de desarrollo comunitario, como en la prevención en
el campo de la salud, y en los procesos de investigación participativa, estudiar y
comprender en conjunto la realidad para activar una transformación, apoyando la
creación de espacios para el Empoderamiento y la Emancipación.

La cuestión de quién participa incluye la reflexión acerca de los excluidos o auto- excluidos
y de los factores que impulsan o bloquean los procesos de participación (Martínez y
Revilla, 2004). Es necesario comprender quiénes son las personas involucradas, en
qué se han involucrado, en qué etapa, con qué fines y también quiénes están ausentes del
proceso y por cuáles razones. Esto significa reflexionar críticamente sobre las formas
de participación que permiten a las personas ejercer y tomar decisiones que afectan a
sus vidas y considerar el proceso de participación no como un conjunto de técnicas, sino
como algo dinámico, que puede tener consecuencias inesperadas. Un proceso político que
se hunde en lo personal, en la elección individual de ser parte activa de un recorrido
formativo con repercusiones prácticas en la propia vida y en la vida de la propia comunidad
(Cornwall, 2008).

2.2 El concepto de Empoderamiento

El concepto de Empoderamiento es utilizado en la literatura por autoras y autores,


investigadoras e investigadores y se define de diferentes maneras (Harretche, 2011).
Teniendo en cuenta las implicaciones epistemológicas y conceptuales de este término, se
necesita definir qué se entiende por Empoderamiento en este estudio. El concepto es
ampliamente utilizado en las ciencias sociales y en una amplia gama de disciplinas, como
la psicología comunitaria, el Management, la teoría política, el trabajo social, la
educación, los estudios de las mujeres y la sociología (Lincoln, Travers, Ackers y
Wilkinson, 2002). Los tres enfoques teóricos sobre el Empoderamiento más conocidos
52
son:

a) Las teorías sociales críticas, como la teoría feminista.

b) La teoría de la psicología social.

c) La teoría de la organización y de la gestión.

El primer enfoque relaciona el concepto de Empoderamiento con los esfuerzos de los


grupos marginados para mejorar sus condiciones de vida, hacer oír sus voces y aspirar a
su liberación y emancipación (Hooks, 1984). En el campo de los estudios de género, el
concepto de Empoderamiento continúa siendo una herramienta analítica muy importante
por su impacto en la vida de las mujeres, la relación con el concepto de poder y su
aspecto trans-disciplinario (Cano Isaza y Arroyave Álvarez, 2014).

El debate teórico ha llenado el término de significado, pero fue sobre todo la experiencia
práctica, la que dio un impulso al uso y a la referencia a este concepto (León, 2000,
2001), que se desarrolla a partir del intento de resolver las discrepancias entre los enfoques
teóricos y los aspectos más prácticos, las estrategias adoptadas, las aspiraciones y las
necesidades reales de las personas. El concepto tiene un carácter multidimensional, desde
el nivel psicológico-individual, aborda a la dimensión de las relaciones más cercanas,
familiares y de la comunidad (Rowlands, 1997).

El segundo enfoque se basa en la psicología social y se centra en la teoría de la autoeficacia


de Bandura (1977). Para Rappaport (1987) el término Empoderamiento es un concepto
multinivel que se puede articular en el plan tanto individual como comunitario (Prati y
Pietrantoni, 2009). El Empoderamiento es definido como un proceso mediante el cual
individuos, organizaciones y comunidades obtienen un mayor control sobre los aspectos
más importantes de la vida. El concepto sugiere la auto-determinación de cada persona,
así como la participación democrática en la esfera pública de la comunidad de
pertenencia y en el intercambio entre comunidades. Convergen aspectos como: la
sensación de control personal y el interés a la vida colectiva, la confianza en los recursos
presentes y la influencia en el espacio social, la concienciación respecto a las condiciones

53
actuales y la reclamación de los derechos.

Los desarrollos posteriores del concepto, de acuerdo con este enfoque, se basan en los
estudios de Spreitzer (1995) y se refieren al Empoderamiento como un constructo
motivacional con realce psicológico tetra dimensional acerca de:

a) La importancia que las personas atribuyen a lo que hacen.

b) La creencia de poseer habilidades y competencias.

c) La autodeterminación y el control sobre el propio trabajo.

d) La convicción de tener una influencia significativa en los eventos.

De acuerdo con esta perspectiva, las personas que creen en sus posibilidades tienen más
probabilidades de conseguir éxitos. Por lo tanto, el Empoderamiento es un estado
cognitivo caracterizado por una sensación de control, percepción de competencia e
internalización de los objetivos. El tercer enfoque de la teoría de la organización y de la
gestión, se basa en los estudios de Kanter (1979) y relaciona el concepto de
Empoderamiento con la conciencia y el comportamiento consecuente según la posición
adoptada en una organización determinada.

No es intención hacer un listado exhaustivo de definiciones sobre el Empoderamiento, ya


que nos referimos al concepto, tomando las indicaciones de la perspectiva feminista y de
la teoría del autoeficacia, considerando el Empoderamiento como:

a) Un proceso de conocimiento del entorno social y cultural y de la propia posición.

b) Un cambio individual deseable para mejorar la condición de relación en un


contexto dado.

c) Un proceso de control sobre la propia vida.

Es un proceso individual que implica confianza en sí misma, autoestima, autoeficacia,


pero también está estrechamente relacionado con el cambio en las estructuras sociales
que impiden la realización como persona y como mujer (Garmezy, 1991).
54
Una de las preguntas todavía abiertas se refiere al Empoderamiento como objetivo o
proceso: como objetivo se relaciona con los factores que determinan la calidad de vida;
en cuanto a proceso, está relacionado con el control por parte de un grupo o una comunidad
de las estrategias de cambio, determinando tanto los objetivos como los medios de
uso (Tengland, 2008). Por Empoderamiento se entiende el proceso de aumentar el poder
personal, interpersonal y comunitario, así como el poder político, para que los individuos,
las familias y las comunidades puedan mejorar sus condiciones de vida (Gutiérrez,
1994).

Según Lather (1991) el proceso se refiere a la capacidad de analizar las causas de la


opresión y de la impotencia, de la pobreza y de la marginalidad social, de manera que se
actúe, a través de una participación transformadora y responsable, de forma individual y
colectiva para el cambio necesario. Se presupone una nueva relación con el contexto
socio-cultural, reconociendo la conexión profunda entre el individuo, la comunidad, el
espacio de vida y la necesidad de emprender acciones individuales y colectivas que
influyan positivamente e impulsan un desarrollo sostenible y solidario (Lather, 1991). El
Empoderamiento implica un movimiento político y pedagógico estratégico (Freire, 1970,
1973), para el cambio y la redefinición de las estructuras que originan distancias y
desigualdades. Ignorar la naturaleza política de los procesos de Empoderamiento, sería
contraproducente para la comprensión global del mismo concepto (Shah, 1999), ya que se
impulsa una remodelación de las relaciones de poder (Darder, Mayo y Paraskeva, 2017).

El Empoderamiento es un concepto multidimensional, complejo y problemático que


compromete la capacidad transformadora de las personas (Giddens, 1984). Es un proceso
que lleva tiempo (Thompson, 2007) y que también impone una reflexión sobre las causas
de la opresión en la esfera personal y social. Es actuar, además, sobre las percepciones y
las cogniciones, por las cuales las personas aceptan el orden existente de las cosas, sin ver
o imaginar ninguna alternativa, porque lo consideran como natural e inmutable, quizá
divinamente ordenado o beneficioso (Lukes, 1986, 2012). Hablamos de "opresión
internalizada" como un ejemplo del "conflicto no observable" debido al proceso de
manipulación de la percepción (Rowlands, 1997). Así que en la conceptualización del

55
poder, base para la comprensión del proceso de Empoderamiento, se deben tener en
cuenta tres dimensiones:

a) El acto de tomar decisiones.

b) El acto de no tomar decisiones.

c) El no percibirse como sujeto de derecho en la toma de decisiones (McLaughlin,


2016).

Dada la naturaleza compleja del concepto de Empoderamiento y el programa explícito


para el cambio social que subyace a esta Investigación Acción Participativa, el
compromiso es reflexionar críticamente y en profundidad sobre este concepto, analizando
también los aspectos relacionados con las prácticas puestas en marcha para la promoción
de los procesos de Empoderamiento.

2.3 La relación entre Poder y Empoderamiento

La promoción de la reflexión acerca del término Empoderamiento y su uso emancipatorio,


comenzó bajo el impulso de la ciencia social crítica (Ryynänen y Nivala, 2017). El
análisis de las obras de Gramsci y Foucault es fundamental para entender el poder
como una relación social, histórica y culturalmente condicionada (León, 2001). Para
Gramsci, la formulación de las relaciones de poder se refiere estrictamente a los
mecanismos de participación en las instituciones y en la sociedad (Gramsci, 1971). Para
Foucault, el poder opera en todos los niveles de la sociedad, tiene un carácter
multidimensional y se basa en las relaciones de fuerza que van desde la esfera
interpersonal hasta el nivel estructural y estatal (Foucault, 1987).

Poder y Empoderamiento son las dos caras de la misma moneda con múltiples
interrelaciones entre sí. El Empoderamiento es un mecanismo que comienza con la
reflexión sobre la opresión y sus formas y exige una redefinición de la distribución del
poder como relación social (León, 2001). Un poder entendido como un conjunto de
recursos físicos, intelectuales e individuales que incluyen el sentido de autoestima,
56
autoconfianza y creatividad, pero también como ideología, es decir, el complejo de las
creencias, los valores, las actitudes y las formas de pensar y percibir las situaciones y
actuar en ellas (Batliwala, 1993).

El Empoderamiento es un proceso de cambio positivo y acción transformadora,


individual y colectiva (McLaughlin, 2016) que aborda, como una espiral, a todas las
dimensiones de la vida, situando las personas y los pueblos como sujetos plenos de
derechos. Una característica importante del término Empoderamiento es que contiene en
sí la palabra poder, así que el problema para definir el concepto de Empoderamiento, está
vinculado a la dificultad de definir el mismo concepto de poder (Page y Czuba, 1999).

Analizar los diferentes tipos de poder permite identificar los diferentes tipos de
Empoderamiento: el poder es fuente de opresión en su abuso, pero también fuente de
emancipación en su uso (Rowlands, 1997). Si tradicionalmente el poder ha sido
entendido como control, opresión, dominio (Kreisberg, 1992), el poder generativo se
realiza en el ámbito de las relaciones, como un proceso social multidimensional que
impulsa a las personas a controlar sus propias vidas.

De modo sintético, estas son las diferentes acepciones que puede asumir el concepto de
poder:

a) El poder sobre: es la forma de poder más conocida y reconocida (VeneKlasen y


Miller, 2002). Cuando el poder se define como poder sobre, el control es ejercido
por el dominante social, político, económico o cultural sobre aquellos que están
oprimidos (Young, 1994, 1997). Se expresa la capacidad de una persona o grupo
de hacer que el otro actúe en contra de su voluntad. Por lo tanto, se trata de una
situación de conflicto, de manera que cuanto más poder tiene uno, menos tiene el
otro. Las personas usan el poder para influir sobre los demás y, a menudo, este
proceso no es fácilmente identificable, sino que se lleva a cabo a través de
coaliciones, entendimientos, acuerdos y críticas prolongadas (Banducci, Donovan
y Karp, 2004). Esta forma de poder se ejerce de manera sutil y constante, tanto
que la persona a quien se le niega la posibilidad de tomar decisiones asume esta

57
condición como cierta, natural, permanente; una condición de opresión
internalizada (Rowlands, 1997). Hay muchas formas de opresión, sin embargo,
todas las personas oprimidas, desarrollan una incapacidad para participar, para
tomar decisiones, y todas comparten una especie de impotencia (Young, 1994,
1997).

b) El poder de es un poder generativo o productivo que crea posibilidades y acciones


para el cambio social (Carreras, Leaverton y Sureda, 2009). Es el poder que las
personas tienen para dar forma a sus vidas. Hartsock (1990) habla del poder
generativo, como la posibilidad que algunas personas tienen para estimular la
actividad en los otros y la construcción de conciencia crítica y para impulsar una
mejora de las condiciones de vida. Kelly (1992) señala que se pueda considerar el
poder de relacionado con el proceso de Empoderamiento, ya que se obtiene al
aumentar la capacidad de resistir y desafiar la dimensión de poder sobre. El
proceso de Empoderamiento, en este caso, se refiere a que las personas conocen
sus recursos, intereses, necesidades y sus capacidades de participar activamente
en el proceso de toma de decisiones. El poder generativo facilita un cambio
(Fennell, 1996, 1999), fomenta la participación, promueve la concienciación
crítica, la sensibilización y la movilización social.

c) El poder con es la percepción de sentirse con las demás algo más que la suma de
los individuos. Es el poder basado en la relación, en el apoyo mutuo, la
solidaridad, la colaboración en la acción conjunta que se impulsa, para superar
una situación problemática. El poder con es un poder de conexión, relacional y
recíproco (Fennell, 1999). En este caso, existe un alto grado de confianza mutua,
un entorno democrático y un canal abierto de comunicación entre los miembros
(Smeed, Kimber, Millwater y Erich, 2009).

d) El poder desde dentro concierne a la fuerza espiritual y a la singularidad que


reside en los individuos y los hace verdaderamente humanos (Rowlands, 1997).
También incluye la capacidad de reconocer las diferencias individuales y
respetarlas, promoviendo la solidaridad, la escucha activa y el diálogo
58
constructivo.

Esta Investigación Acción Participativa está pensada como una oportunidad para activar
un proceso de Empoderamiento y lograr una mayor participación en la vida comunitaria,
herramienta para la formación de un espacio de cohesión entre mujeres de diferentes
comunidades. La potencialidad de la dimensión del poder desde dentro, el reconocer la
singularidad del individuo como una característica fundamental y entender la diferencia
entre las personas como un valor agregado, están puestos en relación a la dimensión del
poder con (Matón, 2008). El poder con invita a reflexionar sobre el poder de una manera
cooperativa y social, basado en la relación genuina, profunda y empática entre las personas
para generar acciones dirigidas a la trasformación social (Suset et al., 2010).

Este estudio también enfatiza los aspectos positivos del poder generativo (Deutchman,
1991) con respecto a la posición de la investigadora, como agente facilitadora de un
proceso de coproducción de conocimiento en clave trans-disciplinaria y transformativa.
Involucrar en este estudio a personas pertenecientes a grupos sociales, que no siempre
son autores y actores de una investigación académica, es un camino para compartir el
poder (Kirby, Greaves y Reid, 2006), establecer alianzas; mejorando entre todas la
capacidad de análisis y comprensión de la realidad social, trabajando de forma trasversal
los aspectos relacionados con el fortalecimiento de la participación académica, social y
política. El Empoderamiento, sin embargo, no puede ser otorgado de una persona a otra,
sino que requiere el compromiso consciente de las personas involucradas, así como una
fuerte motivación (Pini, 2003).

Hay un aspecto importante acerca del concepto de Empoderamiento como proceso,


mediante el cual las personas, las organizaciones o los grupos comienzan a comprender y
ser conscientes de las mismas dinámicas del poder (McWhirter, 1991). Se empieza a
desarrollar la capacidad de tener más control sobre sus vidas, pero sin violar los derechos
de las demás (McWhirter, 1994). Entendiendo el poder de decisión como un proceso de
concientización por parte de las personas en cuanto sujeto de derechos, en su dimensión
individual y promoviendo al ejercicio de los derechos en su dimensión colectiva. Es esta
una situación en la que se cumplen cuatro condiciones:

59
a) Comprender la dinámica del poder.

b) Desarrollar la capacidad de controlar su vida.


c) No violar los derechos de los demás.

d) Apoyar el Empoderamiento de otros miembros de la comunidad (McWhirter,


1994).

Esta visión del proceso está conectada a las descripciones propuestas del poder, por un
lado como una suma variable y, por el otro, como una suma cero (Craig y Mayo, 1995).
El poder como suma variable se describe como la capacidad de los individuos y de los
grupos de satisfacer sus deseos; pero no es una lucha entre actores en competencia, sino
uno de los factores que facilita el desarrollo de la sociedad como sistema (McLaughlin,
2016). Los que obtienen poder pueden compartir los frutos de este proceso con los
demás.

Sin embargo, en el poder como suma cero, el proceso de Empoderamiento se vuelve más
problemático (Sánchez Pilonieta, 2002). El miedo a perder el control puede ser un
obstáculo. El grupo que tratará de satisfacer sus necesidades y deseos, lo hará en
detrimento de la voluntad de los demás, y tratará de alcanzar el poder político
estrechamente relacionado con el poder económico y con el poder de las ideas (León,
2000). Comprender las diferentes formas de hegemonía y la manera en las cuales el
ejercicio del poder se desarrolla, ha sido importante en esta Investigación Acción
Participativa. Partiendo de estas consideraciones se han planeado unas estrategias
eficaces para promover la transformación social, política, económica y cultural y para
activar un proceso centrado en las personas, basado en la igualdad de oportunidades y en
la justicia social (Craig y Mayo, 1995).

2.4 Contribuciones teóricas sobre el Empoderamiento

¿Qué es el Empoderamiento? La respuesta a esta pregunta podría ser diferente según los
contextos y los momentos, a fin de requerir un estudio profundo de los numerosos
modelos propuestos por las estudiosas que se interesan por este fenómeno. Aunque el
término esté ampliamente utilizado, sigue siendo difícil definir el Empoderamiento. Un
60
concepto problemático no solo por su naturaleza teórica y su relación con el poder, sino
también por los intentos de su aplicación. Fueron las teorías feministas de los años 90 las
que intentaron dar sentido al término en relación con la cuestión de género (León, 2000,
2001).

En esta sección se tratará de resumir las contribuciones de los autores y las autoras que
más han influido en la interpretación y que forman la base del marco teórico al que se
refiere este estudio. De acuerdo con Jo Rowlands (1997), el proceso de Empoderamiento
se debe poner en estrecha relación con las diferentes formas que adopta el poder. Desde
la situación de control y de manipulación, a las posibilidades ofrecidas por la energía
productiva del poder, desde el sentido de unidad, para superar un problema que se
experimenta en un grupo, hasta la conciencia de la singularidad y el respeto hacia las
diferencias. Considerar las diferentes manifestaciones del poder, ayuda a enfocar la
atención, tanto en las condiciones de sumisión de aquella parte de la población que no
tiene acceso a los mecanismos de toma de decisión, como de la importancia de activar
estrategias para una participación real y efectiva en la vida social, política y cultural. Las
personas a través de un proceso de Empoderamiento toman conciencia de sus propios
intereses, habilidades, derechos y valores y de cómo estos intereses se relacionan con los
de otras personas.

El proceso de Empoderamiento, además, presupone una comprensión de las dinámicas y


de las estructuras de opresión Actúa sobre la construcción social negativa, que paraliza a
las personas a la hora de actuar en su entorno y en sus vidas libremente. El
Empoderamiento es, por lo tanto, un proceso que implica cierto desarrollo a nivel personal,
y una transición del conocimiento a la acción. Las personas comienzan a empoderarse
cuando toman conciencia de sus necesidades y actúan en función de sus propios
intereses, maximizando las oportunidades y participando en procesos de toma de
decisiones formales, informales e intangibles. El Empoderamiento opera sobre tres
niveles:

a) La dimensión personal.

b) La dimensión relacional o de las relaciones más cercanas.

61
c) La dimensión colectiva.

En la dimensión personal, el proceso de Empoderamiento indica un aumento de la


autoconfianza y de la autoeficacia, incluye la conciencia de las propias capacidades, y el
trabajo necesario para superar las condiciones de opresión. Existe una percepción
diferente del propio potencial y de los recursos de cada uno, al contrario de lo que define
e impone la construcción social negativa. En el nivel relacional, a través del proceso de
Empoderamiento se promueve una mayor capacidad para negociar e influir en la
naturaleza misma de la relación y para tomar decisiones dentro de ella. Finalmente, a
nivel colectivo, el proceso de Empoderamiento invita a considerar el trabajo cooperativo
como más fructífero y con un impacto social más fuerte, ya que se basa en una acción
cooperativa en lugar de competitiva (Rowlands, 1997).

Iris Marion Young (1997) describe el Empoderamiento como una alteración radical de
los procesos y de las estructuras que reproducen una posición subordinada de las mujeres,
se focaliza la atención sobre la dimensión colectiva teorizando el Empoderamiento como
un proceso en el cual las personas comienzan un diálogo personal y también social. Se
empieza por comprender las causas de su propia condición, reconociendo en la dimensión
colectiva la posibilidad de cambiar su contexto social. Solo cuando la reflexión del
oprimido se dirige hacia la situación real de opresión y las condiciones que la alimentan,
entonces es posible un proceso de reflexión y acción que permite el cambio. La opresión,
con su carácter estructural, es condición social de injustica perpetrada contra un grupo
(Young, 2011). A esta estado, se puede contraponer un proceso colectivo dirigido al
cambio positivo, en el cual cada individuo inicia un proceso personal de transformación
y, junto con las demás, propone una acción social colectiva de transformación (Lennie,
2006). Este procedimiento permite tomar el control de sus propias vidas, definir la agenda
de sus acciones, organizarse para la ayuda mutua y actuar por el bienestar común (Young,
1997, 2011).

Naila Kabeer (1992, 1994, 2001) subraya el potencial teórico y práctico del concepto de
Empoderamiento. Se empieza con la necesidad de un proceso de deconstrucción de la
noción de poder, reflexionando sobre su naturaleza multidimensional y determinando la
62
importancia de la adquisición de recursos materiales e intangibles. Kabeer sugiere que las
estrategias de Empoderamiento tienen como fin asegurar el control sobre los recursos
necesarios para redefinir la agenda de vida y ganar capacidad en la toma de decisiones.
Esta dimensión de poder desde dentro, requiere un análisis profundo, para que la sumisión
pueda ser superada (Kabeer, 1994, 2001). Solo una profunda reflexión sobre las propias
condiciones, necesidades y aspiraciones, puede conducir a nuevas formas de
conciencia, primero a nivel individual, luego colectivo. Naila Kabeer define el
Empoderamiento como el proceso mediante el cual las personas oprimidas, a quienes se
les ha negado la oportunidad de tomar decisiones importantes para sus vidas, adquieren
esta habilidad (Kabeer, 1994), en un proceso de cambio en la gestión de los recursos, las
acciones y los resultados. Según Kabeer (1992, 2001):

a) Los recursos son materiales y relacionales, humanos y sociales.

b) Las acciones dependen de la capacidad de definir objetivos y activar procesos


para alcanzarlos.

c) Los resultados tienen importantes consecuencias en la vida de las personas y no


solo dependen de la capacidad de elección, sino también de la capacidad de
reflejar y analizar las necesidades y los recursos y evaluar las acciones que se
ponen en marcha.

A pesar de los diversos intentos de medir el Empoderamiento, enfatiza Kabeer (2001), no


se puede esperar una medición precisa de este proceso, solo se intenta tener una idea
sobre la naturaleza, la dirección y el significado del cambio. El proceso de
Empoderamiento crea las condiciones para la participación y el desarrollo de una
conciencia transformadora del estado de las cosas; una transformación posible y
alcanzable en un contexto dado.

Los diferentes autores y autoras, que han influido en la definición de Empoderamiento


para este estudio, subrayan la importancia de la relación entre el individuo y la esfera
político-social del proceso. Entre ellos John Friedmann, que distingue tres tipos de poder:
social, político y psicológico.

a) El poder social consiste en la capacidad de procesar el conocimiento, la


información y las habilidades, pero también se refiere al acceso a la riqueza
63
productiva.

b) El poder político es el conjunto de mecanismos que afectan a la toma de


decisiones a nivel micro y macro.

c) El poder psicológico reside en la autoconfianza y la autoestima.

Friedmann (1992) sugiere que el Empoderamiento está relacionado con el acceso y el


control de los tres tipos de poderes. Ofrece la posibilidad de iniciar un camino
democrático, un desarrollo sostenible y alcanzar la igualdad de género y de justicia
social. Enfatizando la visión de la sociedad civil, como un sujeto activo protagonista de
su propia historia, y el auto-Empoderamiento colectivo, como el corazón de la práctica
para un futuro mejor, se considera que los tiempos están maduros para un proceso
histórico de cambio global positivo (Friedmann y L' Abate, 2004).

La sociedad civil, con su deseo de participación comunitaria, puede actuar hacia un


impulso de emancipación y libertad de la opresión. La expresión de la sociedad civil
militante es política en su esencia, y afirma los derechos humanos universales y los
derechos de comunidades específicas hasta ahora sin voz. El Empoderamiento es un
enfoque que dirige la acción, una oportunidad para el desarrollo sostenible alternativo
basado en los procesos participativos de toma de decisiones, la democracia directa y la
experiencia de aprendizaje social. El punto de partida, según Friedmann, es la dimensión
territorial, pero con la conciencia de que la acción local está fuertemente conectada con
las fuerzas, las estructuras y las coaliciones económicas globales.

2.5 Las teorías del Empoderamiento y el enfoque de la investigación

El origen de las teorías del Empoderamiento y su vínculo con el concepto de poder se


remonta al trabajo de educación popular llevado a cabo en los años 60 y 70 por Paulo
Freire. Él corroboró el vínculo entre la condición de marginalidad, la pobreza y la
distribución desigual del poder y propuso un modelo para liberar a los oprimidos a través
de la educación y el aprendizaje como una herramienta para la liberación.

64
El proceso implica un cambio desde la conciencia no reflexiva a una conciencia crítica,
que permite reconocer y analizar la realidad y actuar sobre ella para transformarla. Según
Freire, solo una reestructuración de las relaciones de poder a través de la educación
podría conducir a la superación de la cultura del silencio, caracterizada por la
dependencia y la marginalidad de aquellos sin voz (Freire, 1979). Se enfatiza el
componente educativo del proceso de Empoderamiento que muchas estrategias para el
desarrollo comunitario habían olvidado (Freire, Illich y Furter, 1974). El cambio social
ocurre cuando los oprimidos comienzan un proceso de concienciación, desarrollan una
conciencia crítica y reflexionan sobre la realidad que viven y sus condiciones (Freire
1970, 1973, 1979; Ledwith, 2011). Un proceso diseñado para cambiar la relación entre
opresor y oprimido a través de un proceso de comunicación dialógica (Shefner-Rogers,
Rao, Rogers y Wayangankar, 2009).

Desde su concepción, el término de Empoderamiento ha sido profundamente analizado y


promovido por los movimientos feministas que han llevado adelante una reflexión teórica
del concepto, y que también han promovido muchos programas de desarrollo práctico
para las mujeres (Page y Czuba, 1999). Se han definido nuevas áreas de trabajo, nuevas
metodologías y nuevas alianzas, considerando importante generar conocimiento también
desde la práctica y la experiencia vivida desde la perspectiva de género.

El término Empoderamiento aparece en 1976 en el libro Black Empowerment por Barbara


Salamon (Calvès, 2009). Utilizado en el contexto del trabajo social con la comunidad
afroamericana, comienza a hacerse popular con el análisis del género de Carolina Moser
(1989) y las movilizaciones de los movimientos de mujeres especialmente en América
Latina y el Caribe que reclamaban un cambio en el ámbito económico, político, cultural y
jurídico. La estrategia de Género en Desarrollo fue la que más se refirió al concepto de
Empoderamiento, concebido como un proceso de transformación en:

a) La conciencia de la propia condición de subordinación y el aumento de la


autoestima y de la autoconfianza.

b) La autonomía de elegir en los aspectos más importantes de la propia vida.

c) La acción de identificar sus propios intereses y transformar las relaciones, las


65
estructuras y las prácticas, relacionadas con la condición de opresión.

En este proceso, las mujeres desarrollan un mayor control sobre los recursos materiales e
inmateriales. Fueron los escritos de Molyneux, Moser y Kate Young de los años 80 los
que ayudaron a desarrollar una reflexión sobre los conceptos y las estrategias del
Empoderamiento, considerando los diferentes matices del mundo femenino. Para
Molyneux, (1985, 1994) los intereses de las mujeres no son homogéneos, y es
fundamental distinguir entre intereses estratégicos e intereses prácticos. Los intereses
estratégicos están relacionados con la condición de desigualdad de género y con la
necesidad de una transformación social en clave feminista, reforzando las capacidades y
el protagonismo de las mujeres en todos los ámbitos. El Empoderamiento incluye tanto el
cambio individual como la acción colectiva, e implica la alteración radical de los procesos
y de las estructuras que reproducen la posición subordinada de las mujeres como
género.

Para Moser (1989, 1991, 2012), el Empoderamiento se refiere a la capacidad de la mujer


de reconocer su derecho a decidir sobre su vida, a través el control de los recursos
materiales y no- materiales. Los intereses prácticos y estratégicos están conectados a la
condición de subordinación de la mujer, estimado como un asunto marginal en la agenda
política (Moser, 1993). El proceso intenta tener éxito, donde otros enfoques de desarrollo
han fracasado, considerando la participación como una herramienta fundamental (Moser,
1989) para que las estrategias de cambio sean más efectivas, son las mujeres quienes
identifican sus propios intereses. Acerca de esto, Moser (2012) afirma que las
organizaciones de mujeres más eficaces han surgido en torno a necesidades prácticas en
el campo de la salud, el empleo y de los servicios básicos, aunque el Empoderamiento de
una de estas dimensiones no garantiza el cambio en las otras.

El debate en el campo del Género en Desarrollo se volvió cada vez más crítico y analítico.
Se llegará a definir el proceso de Empoderamiento como una reducción en los niveles de
vulnerabilidad y un aumento de la capacidad personal para promover el desarrollo
sostenible para sí misma como mujer y su comunidad. Las intervenciones a nivel

66
estratégico implican considerar la dimensión práctica con un fuerte carácter político de
reivindicación (León, 1997). El Empoderamiento es una forma de movimiento
ascendente, un proceso que lleva a las personas a organizarse y mejorar su autonomía,
decidir sobre sus propios problemas de vida y controlar los recursos (Moser, 1991). En la
conferencia de 1995 en Beijing, el Empoderamiento de las mujeres se presenta como una
estrategia fundamental para la sociedad en general y como paso fundamental para la
justicia social y la paz (Carmona, 2015). El proceso se basa en un cambio lento pero
incisivo en las relaciones sociales a través de procesos democráticos y participativos
(Oakley, 2001).

En este estudio, el proceso de Empoderamiento se refiere, por un lado, al desafío personal


y psicológico de las mujeres que deciden involucrarse en un proceso que requiere
compromiso y motivación. Por otro, se configura como lucha política para la
transformación de las situaciones de exclusión, marginalidad y segregación entre
comunidades. En el modelo propuesto para la presente Investigación Acción
Participativa, la dimensión personal se concibe como la base para las acciones de cambio
social (Ledwith y Springett, 2010), en una ruta de formación pedagógica a la ciudadanía
activa, responsable y comprometida con la vida comunitaria. Al mismo tiempo, se activa
un proceso de reflexión crítica para comprender cómo funciona el poder en la sociedad
(Ledwith, 2011), y actuar para modificarlo.

Los retos de esta investigación y de las estrategias adoptadas en el proyecto de


Innovación Social Las Tejedoras y Las Coristas son, por una parte, proporcionar las
herramientas para controlar los recursos materiales y simbólicos de las mujeres
involucradas, reforzando su capacidad de participar activamente en la vida social local.
Por otra parte, crear un espacio de encuentro entre diferentes comunidades. Esta
transformación comienza como un cambio individual, gracias al desarrollo del sentimiento
de autoconfianza, autonomía y autoestima. Luego fluye hacia la capacidad de reflexionar
críticamente sobre las oportunidades y sobre la posibilidad de una acción colectiva
como estrategia para el cambio social positivo (Úcar, Heras y Masó, 2014).

El concepto de Empoderamiento es el medio por el cual las personas refuerzan sus

67
capacidades individuales de protagonismo positivo dentro del colectivo de pertenencia y
en la vida comunitaria (Murguialday, 1999). Se obtiene una mayor conciencia de los
procesos políticos, culturales y económicos subyacentes a los procesos de opresión y
alienación de algunos grupos sociales y de las mujeres (Stromquist, 1997). Comienza un
camino de concientización (Freire, 1970) y el desarrollo del pensamiento crítico.

Ya en las primeras etapas de este trabajo de investigación, el papel de las participantes


como coprotagonistas de todo el proceso ha sido claro y considerado coherente con los
objetivos declarados: producir nuevo conocimiento para el cambio social y para mejorar
las condiciones de vida (Pretty, Gujit, Thompson y Scoones, 1995). La posibilidad de una
profunda transformación no puede ser conferida; sin embargo, los agentes externos, como
el caso de la investigadora en este estudio, pueden desempeñar un papel importante en
proporcionar apoyo en el proceso de liberación de la opresión (Friedmann y L'Abate,
2004).

El concepto de la agente externa, facilitadora y animadora del debate tiene muchas


conexiones con la noción de poder productivo descrita anteriormente, de apoyo a la
generación de nuevos paradigmas y praxis. La implicación social y política, es concebida
como una oportunidad para escuchar y dar voz a las mujeres, diseñar estrategias de
acción-transformación y cambiar el estado de las cosas, de acuerdo con un modelo
colaborativo, que tenga en cuenta la riqueza de la diferencia y la igualdad de género.

68
Recapitulando

La participación es una actitud y una actuación cargada de aspectos sociales que la


determinan como valor humanizador. No solo participamos para construir un contexto
de vida mejor, sino que el hecho de participar alienta una puesta en común de
experiencias, habilidades, actitudes proactivas y d e comunicación (Aranguren
Gonzalo, 2005).

Se necesita entender lo que está sucediendo alrededor, acercándose a una crítica, cada vez
más incisiva y radical, del estado de las cosas. Es la realidad vigente, con sus múltiples
situaciones, lo que preocupa; y el compromiso personal en continuidad con otros seres y
con el entorno es fundamental para realizar una acción política que se concretice en la
esperanza de un mundo mejor. La voluntad, la pasión, la fortaleza para superar las
dificultades, son herramientas para su realización.

Ricapitolando

La partecipazione è un atteggiamento e un'azione carica di aspetti sociali che la


configurano come valore umanizzante. Non solo partecipiamo alla costruzione di un
contesto di vita migliore, ma in sé l’atto di partecipare incoraggia la condivisione di
esperienze, abilità, atteggiamenti proattivi e di comunicazione (Aranguren Gonzalo,
2005).

Necessitiamo capire cosa accade intorno a noi avvicinandoci a una critica, sempre più
incisiva e radicale, dello stato delle cose. È la realtà attuale, con le sue molteplici
situazioni, quello che preoccupa e l'impegno personale in continuità con gli altri e il
contesto, è fondamentale per realizzare un'azione politica che si concretizzi nella
speranza di un mondo migliore. La volontà, la passione, la forza nel superare le
difficoltà, sono strumenti per la sua realizzazione.

69
70
Capítulo 3

La Teoría del Tercer Espacio y la pedagogía para la


Emancipación

En el presente estudio adoptamos el modelo cultural de la Teoría del Tercer Espacio y el


concepto asociado de la hibridez, cómo calidad de lo que es hibrido (Bhabha, 1994). El
propósito es apoyar, con una base teórica coherente, uno de los objetivos de esta
investigación: crear una oportunidad de interacción y encuentro entre las diferentes
comunidades en el barrio de El Cabanyal. Para la exposición sobre el tema, se
seleccionaron las obras en las que los conceptos de Tercer Espacio y de hibridación
presentan un enfoque en las perspectivas socioculturales de la interacción. Se analizarán
dos dimensiones centrales:

a) El espacio científico ocupado con este estudio.

b) La perspectiva sociocultural para interpretar las interacciones entre comunidades.

Después de muchas reflexiones, se decidió discutir estos dos temas juntos, porque existe
un paralelismo entre la adopción del modelo del Tercer Espacio en la interpretación de la
interacción entre la investigación científica y el activismo y el encuentro entre las
comunidades vecinales dentro de un marco sociocultural. Se presentará además el modelo
de espacio presentado por Homi Bhabha y una revisión de las críticas a este concepto.

71
3.1 El Tercer Espacio: entre investigación científica y activismo

Ser investigadora y activista, al mismo tiempo, requería encontrar un espacio dinámico


para la reflexión del proceso que se quería iniciar, fundamental para la creación de
significados compartidos entre la investigación y el activismo social. Una oportunidad
para profundizar en la reflexión sobre la interpretación de la realidad y la acción orientada
a modificar el estado de las cosas. Nos encontramos en el ámbito de la investigación
transformativa, que apuesta por el cambio social, y consideramos que incluir
explícitamente este objetivo en el proceso de la misma investigación, aumenta la
probabilidad que esto se realice, y la transformación es tanto a nivel personal como social
(Mertens, 2018).

La participación en la atmósfera viva, conflictiva pero al mismo tiempo estimulante en el


barrio de El Cabanyal, coincidió con la reflexión sobre la posible formación de un Tercer
Espacio (Bhabha, 1996), un lugar intermedio donde se empezó a generar un sistema de
pensamiento acerca de la reflexión-acción. Este Tercer Espacio, requería reconocer y
reflexionar sobre la relación de poder de la propia condición cultural, económica, política
y social como investigadora (Routledge, 1996), y también acerca del compromiso propio
de la opción como activista.

Se ha intentado conciliar el proceso de conocer la realidad para transformarla (Fals-


Borda, 1978), con el proceso de reconocer las relaciones de poder, para canalizarlas hacia
una fuerza generativa y positiva. Se busca un encuentro en un espacio rico, en el que hay
ambivalencias, ambigüedades y contradicciones, con la perspectiva de que algo diferente
e inesperado pueda pasar (Bhabha, 1994, 1996). Un lugar donde definir nuevas políticas,
nuevas alianzas, otras identidades y dispositivos cognitivos alternativos (Pile, 1994). Un
lugar para una crisis productiva, diría Spivak (1988, 1990a, 1990b), caracterizado por la
fluidez entre las diferentes posiciones. La condición de investigadora perteneciente al
mundo académico, podía ser una oportunidad para co-producir nuevo conocimiento en
conjunto con las participantes y ser agente, con ellas, del cambio social positivo. El
paradigma transformativo permitía individuar este espacio, reconectando los estudios
feministas, la teoría critica, los estudios postcoloniales y las teorías de los derechos
72
humanos, y permitiendo actuar en el contexto social del barrio de El Cabanyal, en estrecha
relación con aquellas personas que viven una condición de discriminación u opresión,
para reivindicar una mayor justicia social (Mertens, 2018).

3.2 Las formas de las interacciones

En su libro La naturaleza cultural del desarrollo humano (2003), Barbara Rogoff se


ocupa en un estudio interdisciplinario entre psicología, antropología y pedagogía, de
cómo en un determinado entorno cultural, las prácticas, los significados, los procesos
psicológicos y las estructuras cognitivas están interrelacionados. Es un libro sobre el
estudio de las formas en que el desarrollo humano tiene lugar en las diferentes
comunidades culturales, conceptualizando el desarrollo de la mente dentro del contexto
sociocultural. La estudiosa Rogoff, conceptualiza que el desarrollo cognitivo de las niñas
y de los niños, evoluciona en el contexto de las relaciones sociales, en estrecha relación
con los instrumentos y las prácticas socioculturales.

El discurso propuesto por Barbara Rogoff no solo tiene un valor trans-cultural e inter-
cultural, sino también un significado intra-cultural. De hecho, también hay diferencias
significativas entre los miembros de la misma comunidad, porque cada individuo
experimenta de manera diferente las propias prácticas culturales y las de los demás. La
cultura es una unidad dinámica, en constante evolución, así como los individuos que
participan en ella (Rogoff, 2003). El estudio de las comunidades culturales debería tener
en cuenta las transformaciones generadas por las relaciones entre las diferentes
comunidades, y como los procesos culturales describen esta evolución histórica.

Por este carácter dinámico proprio del concepto de cultura, los dos colectivos de mujeres
participantes en este estudio se identifican como diferentes por cultura y no por etnia,
gitana y no gitana; subrayando la posibilidad de transformaciones en la manera de entender
las propias prácticas culturales y aquellas de las demás, debido al intercambio y a la co-
participación en el espacio social. Rogoff (2003) sugiere cinco conceptos importantes
para comprender los procesos culturales, enfatizando el aspecto vital de las experiencias:

73
1) La cultura consiste en los valores, las tradiciones, las prácticas, las tecnologías
de la comunidad y las instituciones presentes.

2) Los procesos culturales pueden estar tan enraizados en las prácticas de la


comunidad que se consideran suposiciones no cuestionables.

3) Las prácticas culturales están interconectadas y no son unidades individuales.

4) Las comunidades culturales cambian continuamente así como los individuos,


que no tienen una actitud homogénea dentro de una comunidad.

5) Las prácticas culturales no definen un solo camino correcto.

La persona está integrada en las actividades culturales de su propia comunidad y se


convierte en miembro activo y efectivo cuando tiene la oportunidad de observar y
participar en la vida de la misma en todas sus fases (Rogoff, Matusov y White, 1998).
Además, la forma en que las personas se relacionan entre sí implica la intervención en el
grupo, y no exclusivamente intercambios individuales. En el modelo propuesto por la
estudiosa Rogoff (2003) la participación es una forma de educación. Esta se basa en la
observación y la implicación social y no en lecciones "teóricas" fuera del contexto.

El camino de superación, entendido en el contexto de la presente Investigación Acción


Participativa como formación de las mujeres ciudadanas implicadas y comprometidas en
la vida democrática de su entorno, se debería considerar como un proceso inter e intra
cultural, que saca a la luz algunos temas como: los roles de género y las relaciones de
poder conectadas, la movilización activa en la vida democrática y la condición de opresión
(Rogoff, 1995, 2003). Los seres humanos se desarrollan a través de las oportunidades
que tienen de participar en las actividades sociales, en la medida en que se impliquen en
una transformación del uso de las herramientas culturales (Rogoff y Lave, 1984), en un
sentido de encuentro e intercambio constructivo con las demás.

En este estudio, la teorización de la co-participación entre diferentes comunidades, no

74
solo como estrategia, sino como impostación ética (Aranguren Gonzalo, 2005), permite
una reflexión sobre la constitución de espacios de interacción que hacen operativa la
heterogeneidad. Lo que, como sugiere Kamberelis (2001), se relaciona con las categorías
de las relaciones de poder y de los lenguajes sociales utilizados para definirse y definir la
otredad. Kamberelis (2001) habla de prácticas híbridas como una representación de la
yuxtaposición de diferentes formas de discursos, interacciones y estrategias de diferentes
mundos sociales y culturales para constituir espacios de interacción, campos fértiles para
la reflexión sobre la relación entre experiencias de vida, cultura y contexto.

3.3 El Tercer Espacio en la teoría postcolonial

Esta exposición sobre la teoría del Tercer Espacio y de la hibridez empieza presentando
el trabajo de Homi Bhabha (1994), porque su texto, The location of culture, ha influido
fuertemente en la fundamentación de la presente tesis doctoral. Bhabha se pregunta sobre
la idea de la cultura como una unidad orgánica y como representación de sí mismo y de la
otredad. Utiliza el concepto de hibridez para resaltar la ambivalencia de las declaraciones
de autoridad cultural presentadas en algunos de los textos coloniales.

El complejo texto de Homi K. Bhabha trata de examinar, desde la perspectiva de los


estudios postcoloniales, los temas de la diferencia cultural y de la acción en relación con
la reproducción de la autoridad social y de las prácticas de discriminación política. El
resultado es el intento de "perturbar los discursos ideológicos que intentan asignar una
normalidad hegemónica al desarrollo desigual en los diferentes eventos de las naciones,
entre las razas, las comunidades o los pueblos " (Bhabha, 1994, p. 237). Finalmente, se trata
de identificar aquellas estrategias de resistencia, vinculadas a un concepto de cultura,
como una instancia irregular que crea nuevo significado y valor, representadas por los
diversos antagonismos sociales, cuando la emancipación social y la supervivencia
cultural están en juego.

El autor supone que la cultura es plural, en contra de las afirmaciones sobre la cultura
pura, original y autoritaria. La cultura entendida como el discurso producido por los

75
grupos culturales y sus sociedades tienen, según Bhabha, una naturaleza híbrida. Debido
a esta naturaleza híbrida, los significados y los símbolos de la cultura no tienen una
unidad primitiva o fija, porque incluso los signos pueden ser apropiados, traducidos,
refrescados y leídos nuevamente (Bhabha, 1994).

"La hibridez es una problemática de la representación colonial, una identificación que


revierte el efecto de la indiferencia colonialista, de modo que otros conocimientos
denegados entran en el discurso dominante y distancian la base de autoridad" (Bhabha,
1994, p. 114). La naturaleza híbrida de la cultura, lleva a reflexionar sobre la comprensión
de una afirmación estrechamente vinculada con el contexto en el que se genera. Este
contexto depende tanto del hablante, como de la dimensión temporal en la que se genera
la enunciación. Por lo tanto, una enunciación es significativa en el contexto en el que se
pronuncia, pero no fuera de ella.

En los términos de la teorización de Bhabha, el paso a través de un Tercer Espacio


asegura que se cuestione el poder de un discurso dominante, ya que los significados están
abiertos a la interpretación y a las influencia de los diferentes contextos. Por lo tanto, la
cultura y los discursos culturales se pueden relacionar con la historia y con un entorno
específico y volver a leer la realidad con el fin de representar una relación diferente con
la visión dominante.

3.4 El discurso sobre la Hibridez: de la diversidad cultural a la


formación del Tercer Espacio

La diferencia como categoría analítica, presupone considerar la variedad de los discursos


conectados a ella y, sobre todo, la forma en que puede conceptualizarse. El concepto de
diferencia es central tanto en el discurso sobre el feminismo como en la teoría
transcultural. Mientras que algunos investigadores usan indistintamente el término
diversidad y diferencia, otros asumen la presencia de fuertes distinciones entre los dos
términos.

76
Boje y Rosile (1994) hablan de la diversidad como una categoría de la diferencia. La
diferencia es para Burbules (2000), más que la diversidad multicultural, de acuerdo con
las tres dimensiones características del entre, el más allá y en contra. La diferencia entre,
no concierne solo a la característica externa del otro, sino a una dimensión desconocida e
inexplorada del yo. La diferencia más allá, concierne a la proyección que supera las
categorías de comprensión, cuestionando suposiciones y significados convencionales. La
diferencia en contra, se define en su esencia por la resistencia a las normas dominantes y
su rechazo (Burbules, 2000).

Para Homi Bhabha, la diferencia es una dimensión menos estable y no categorial, y se


considera como una característica de la experiencia vivida y de la identidad. Las
diferencias se establecen y toman forma en diversos contextos, superando nuestro intento
de clasificarlas y definirlas. La propuesta de hablar de la diferencia, en lugar de la
diversidad, está vinculada al esfuerzo de construir un espacio cultural como diferencia.
En la sociedad plural y democrática que fomenta la diversidad cultural, son las culturas
dominantes las que definen la idea de que las culturas son diferentes y que esta diversidad
tiene un aspecto positivo. La paradoja de esta posición es que, por un lado, se fomenta la
diversidad cultural, pero, por el otro, se intenta frenar este aumento de diversidad. Por un
lado, se fomenta el multiculturalismo, por el otro, el racismo es un fenómeno creciente;
porque la fórmula de la diversidad cultural esconde normas etno-céntricas, intereses y
valores (Bhabha, 1994, 1996).

La naturaleza de lo que llamamos población nacional es cada vez más variada. Las
identidades múltiples se encuentran, y el multiculturalismo representa un intento de
controlar la dinámica de este proceso de articulación de las diferencias culturales. En la
actualidad es muy difícil tratar de reunir diferentes formas de culturas y pretender que
coexisten fácilmente, en cuanto cada práctica cultural construye su sistema de
significados y organización social. El encuentro entre culturas es positivo como
formación de un Tercer Espacio; sin estructuras jerárquicas impuestas por la cultura
dominante (Bhabha, 1994). Este Tercer Espacio delimita nuevas estructuras y nuevas
iniciativas. Un lugar teórico y simbólico donde las fuerzas opuestas se anulan

77
mutuamente para establecer una nueva condición de hibridez cultural, que también permite
que surjan otras posiciones.

La migración, el exilio, la marginalidad social y cultural, son fenómenos que comparten


la posibilidad de reescribir activamente la propia historia personal, a partir de la
experiencia de negociación compleja y continúa, que confiere autoridad a los híbridos
culturales, nacidos en momentos de transformación histórica y social. Esta experiencia de
reescritura e hibridación abre la posibilidad discursiva de redefinir los lugares, en que se
producen esas subjetividades, a las que hasta ahora se ha negado un reconocimiento
sustancial. El proceso de hibridación cultural es el origen de algo diferente, nuevo e
irreconocible, una nueva área de negociación de significados y representaciones. En el
Tercer Espacio, los antagonismos se anulan en el concepto de hibridez, y existe la
convergencia de diferentes culturas con la posibilidad de renovarse, reconstruir
pertenencias y procesos (Bhabha, 1996).

3.5 El espacio como dimensión cultural

La teoría del Tercer Espacio se extiende más allá de la elaboración política tradicional,
para ser útil, tanto en la esfera educativa (Mojé, et al., 2004) como en la esfera social.
Un espacio diseñado para prestar atención a las necesidades de todas las protagonistas de
las relaciones, que se instauran en el ámbito de esta Investigación Acción Participativa. El
Tercer Espacio es un área para la elaboración de estrategias y la formación de nuevos
signos de identidad, que implican el acto de definir la idea misma de sociedad (Bhabha,
1996).

Al analizar el trabajo de Homi Bhabha, es importante subrayar la importancia de las


metáforas que se refieren a la dimensión espacial, desde el mismo título de la obra The
Location of Culture (Camblong, 2014). La conceptualización del "límite", del
"intermedio", refuerza la visión del espacio como una categoría fundamental de todo el
dibujo teórico sobre la cultura (Gilroy, 1994). Este espacio límite es el que contiene toda
la carga del significado.

78
Para Bhabha (1996, 2007), hay dos espacios culturales: uno creado por el grupo
mayoritario e impuesto al grupo minoritario, y uno visto por el grupo minoritario como
su espacio cultural actual. Entre estos dos espacios existe la posibilidad de formar un
Tercer Espacio, con la rearticulación de los elementos que caracterizan los otros dos
espacios. Estrechamente relacionada con la dimensión espacial, está la relevancia lógica,
simbólica y política del Tercer Espacio, que proporciona una idea de la complejidad de
todo el proceso de las relaciones dinámicas y la configuración de los límites (Camblong,
2014).

El Tercer Espacio se define como el espacio de las relaciones interculturales, donde el


acto de traducción, es la herramienta para la instalación en un mundo heterogéneo, de
interacción entre las diferencias (Bhabha, 2007). Es una oportunidad para repensar el
conocimiento sobre la vida cotidiana de todos los grupos como relevante (Gutiérrez,
2008), históricamente influenciado y fundamental para el desarrollo de estrategias,
apuntando al cambio social. Aquí encontramos culturas distintas y distantes, culturas
urbanas y rurales, cultura familiar y escolar, entre vecinos y entre comunidades. Este
Tercer Espacio es donde se afirma el derecho de dar sentido a la vida en sus formas
cotidianas y heterogéneas, por su importancia como base de la memoria compartida y de
las interacciones comunitarias.

El Tercer Espacio se concibe en este estudio como la posibilidad de un camino de


formación ciudadana crítica y políticamente comprometida, un espacio caracterizado por
el conocimiento recíproco de prácticas, ideales, experiencias de una humanidad
compartida, donde el intercambio intercultural y la diferencia se celebran sin retórica ni
romanticismo (Appiah, 1996), reflexionando sobre las estructuras que impiden el
encuentro y reivindicando una voluntad de regeneración del espacio social para todas y
todos.

Se privilegia la dimensión socio-histórica de las experiencias de las personas y la


formación de una narrativa como área de intercambio y cohesión entre las comunidades,
y fusión del pasado, el presente y del futuro sostenible. Este espacio tiene un poder

79
transformador y es un entorno social de desarrollo híbrido, en el que las personas
reconocen quiénes son y lo que son capaces de hacer. Por lo tanto, está estrechamente
relacionado con el proceso de Empoderamiento y la posibilidad de Emancipación. Un
espacio donde se pueden observar formas de participación, co-participación, comparación
e interacción, pero también donde reflexionar sobre las relaciones de poder, con sus
dilemas y oportunidades (Gutiérrez, 2008). Eso implica tener consciencia de ellas, con
voluntad de construir prácticas con modalidades horizontales, de aprendizaje recíproco
como un camino para revertir las desigualdades. En el intersticio, en el in-between, hay
un movimiento de un área a otra, integración y desintegración, la interacción dinámica de
diferentes universos y el mismo límite asume las características de confusión,
ambivalencia e indeterminación creativa (Camblong, 2014).

A través de las prácticas y las estrategias del proyecto de Innovación Social de Las
Tejedoras y Las Coristas, se quiere contribuir a la formación de un Tercer Espacio. El
cual puede ser la base de nuevos procesos de formación de conocimiento compartidos
entre personas de diferentes orígenes culturales y sociales y un espacio de co-
participación ciudadana activa y consciente. Cambian las formas de interacción tanto en
las prácticas individuales como en las sociales, así como en las relaciones mutuas (Gilroy,
1994), posibilidad de un futuro de cohesión entre las comunidades del distrito de El
Cabanyal.

3.6 Las críticas al concepto de Tercer Espacio y de la hibridez

En 1990 Néstor García Canclini en su texto Culturas Híbridas (1990) introdujo el término
híbrido, prefiriéndolo al de "sincretismo" o "mestizaje". El espacio sociocultural que
describía Canclini era el de América Latina, definiendo la hibridación como una
característica peculiar de la cultura latinoamericana, aplicable en este contexto particular
a todos los procesos y órdenes sociales, desde el conocimiento al aspecto social y
mediático, al contexto nacional y popular.

El uso del término híbrido fue acompañado por una reflexión sobre los conceptos de
80
modernidad y modernización, ofreciendo un modelo postmoderno que redefine la
identidad latinoamericana en el momento de la llegada disruptiva de la lógica del consumo
y el mercado (García Canclini, 1990). El concepto de hibridación, definió la
característica de todo un continente de carácter heterogéneo y formado por países que en
sí mismos eran heterogéneos. Se hizo referencia a las mezclas interculturales, no solo
raciales, sino también de la cultura tradicional y moderna, popular, artesanal e industrial
(Bernabé, Chamoiseau, Confiant y Taleb-Khyar, 1993).

A partir de la década de 1990, el concepto de hibridismo fue uno de los conceptos clave
entre los teóricos postcoloniales, críticos del modelo cultural hegemónico y etno-céntrico,
y que se proyectaban hacia un largo camino de desenganche del proceso colonial. El
Tercer Espacio, descrito por Bhabha como un espacio dinámico para la interacción entre
identidades, se configura como un elemento intersticial donde dominan las diferencias
(Gutiérrez, 2008). Aquí hay una posibilidad de hibridación cultural, un lugar intermedio
para articular contradicciones y formar nuevas identidades.

El concepto de hibridismo comienza a ser utilizado en diferentes contextos y disciplinas y


también habrá autores como Hutnyk (2005), que enfatizarán la importancia de observar
lo que oscurece su uso y lo que deja de lado. Una descripción en profundidad iría más
allá del alcance de esta sesión, aunque es importante seleccionar aquellas obras que
representan algunas de las principales críticas al concepto de la hibridez en los estudios
culturales.

La hibridez tiene una larga historia cuyos orígenes se encuentran a fines del siglo XVIII
(Young, 1995). Las primeras teorías sobre la hibridez están relacionadas con los estudios
de botánica y después en los esfuerzos biológicos para clasificar a la raza humana como
compuesta por distintas especies. Se formulaban hipótesis como la que los africanos
nativos pertenecían a una especie distinta de los europeos blancos. La prueba para
determinar las distintas especies dependía de la fertilidad del producto de las relaciones
sexuales y del resultado como fértil o estéril. Estas mismas lógicas se aplicaban a los
humanos y, por lo tanto, la hibridez como constructo para conceptualizar la cultura, ha
sido acusada de racismo debido a los orígenes biológicos del concepto. Se discutía la
81
conveniencia de utilizar el concepto de hibridez, ya que su origen en el campo de la
biología no permitiría un análisis sobre el verdadero valor teórico.

El concepto de hibridez se reactiva en el siglo XX con los estudios postcoloniales, y los


discursos sobre la identidad y la pureza de la cultura. Con Bhabha la autoridad colonial se
aparta, hablando de la otredad a través de la re-conceptualización de la hibridez, que el
mismo autor define como una problemática de la representación colonial, en cuanto
problematiza la pureza en sí y permite que otros conocimientos negados por la cultura
dominante entren en el discurso, rechazando su autoridad (Bhabha, 1994).

Unas de las críticas a la teoría de la hibridez es que se suponga que las culturas sean puras
en origen (Hutnyk, 2005; Werbner, 2001), de manera que dos culturas distintas se
relacionan en una nueva cultura híbrida; mientras que Werbner (2001) ofrece una visión
de la cultura como más porosa y en constante cambio. Según Kraidy (2002), la misma
hibridez puede actuar como una fuerza dominante y Purì (2004) invita Bhabha a no
olvidar los conflictos de poder, etnicidad y clase social, que oculta el uso del concepto de
hibridez. Su relación con la teorización de un Tercer Espacio, según algunos, falsifica la
verdadera condición, ofreciendo imágenes armónicas de espacios no conflictivos de
convivencia que no corresponden a la realidad (Young, 1995).

Para los fines de este estudio, la interpretación de la hibridez se relaciona al proceso de


hibridación, con su potencialidad para que nuevas oportunidades de encuentros se
estructuren. Partiendo de la narración de las historias de vida y llegando a experiencias
compartidas entre mujeres de diferentes culturas, se identifica la formación de un Tercer
Espacio, donde la creatividad y las potencialidades de las personas son libres de
expresarse. El espacio de movimiento de cada grupo es definido por condición social y
económica, y la separación cultural es un pretexto para justificar la distancia entre las
personas. La hibridación como elemento de transformación redefine la visión lineal y
única de la relación entre comunidades, desvelando la estructura estereotipada de los
signos, de los símbolos y de las imagines.

82
3.7 La Teoría del Tercer Espacio y el enfoque de investigación

En este estudio nos referimos al modelo del Tercer Espacio y al concepto de hibridación
asociado para interpretar, en una perspectiva sociocultural, las interacciones ocurridas
entre las participantes y para analizar las prácticas, las estrategias y el proceso de
coproducción de conocimiento. La epistemología de Bhabha se aplica en cuanto a
proporcionar una alternativa de comprensión del proceso de intersección y cooperación
entre personas, diferentes fuentes de conocimiento y recursos (Costa, 2006; Soja, 2008).
En el intento de formular nuevas prácticas sociales participativas y transformadoras, que
involucren la base social, el Tercer Espacio es una herramienta teórica potencial, para
interpretar y comprender la posibilidad y los límites en la generación de narrativas
colectivas que relacionen mujeres, comunidades y territorio. Se describe un espacio donde
los significados no están establecidos por normas culturales, sino que la cultura es una
herramienta de emancipación y los significados se re-negocian en la articulación social
de la diferencia.

La hibridación cultural se usa como una lente teórica para entender esta diferencia cultural
(Siskind, 2013), con una dialéctica que supera el multiculturalismo y la producción de
espacios guetos, fomentando la potencialidad de la diferencia, utilizada hasta ahora como
problema para alimentar el conflicto social en un territorio concreto. El mismo uso de
instrumentos múltiples e incluso aparentemente contradictorios en las diferentes
disciplinas, promueve la formación de un Tercer Espacio dirigido a la ampliación de las
posibilidades de aprendizaje, (Gutiérrez, Baquedano-López, Alvarez y Chiu, 1999) y la
interacción entre saberes. La relación entre diferentes actores sociales, la cultura de la
colaboración, las actividades, la reflexión sobre los roles, las reglas, los valores y la
diferencia de poder, pueden impulsar un recorrido de superación individual (Gutiérrez,
1994) y emancipación.

El conocimiento de nuevos espacios y nuevos lenguajes, crea una oportunidad para el


diálogo y el desarrollo personal y comunitario (Glasson, Mhango, Phiri y Lanier, 2010).
El Tercer Espacio, que surge en el ámbito de este estudio, define un horizonte de
posibilidades para adentrarse en la observación y el análisis de diferentes maneras de
83
estructurar la práctica feminista. Se reflexiona sobre la imagen de la mujer, y se
experimenta una original manera de convivir y relacionarse, repensando la realidad y la
vida colectiva. A través de una estrategia conjunta se comparte una específica misión, no
solo para influir sino para cambiar el orden vigente de las cosas.

3.8 Del espacio de vida a la pedagogía para la emancipación

Construyendo un puente entre las formas de la investigación pedagógica y de la


innovación social, este estudio sugiere un enfoque basado en la reflexión-acción, dirigida
al cambio social, en un camino que involucra mujeres de diferentes mundos sociales. Este
proceso de emancipación no solo concierne a las pertenecientes a aquellos grupos que
permanecen afuera de los márgenes de la sociedad (Mertens, 2007, 2010), sino a todas la
que participan en esta intervención. Una intervención que, como Bronfenbrenner (2005)
declara, para que sea efectiva y transformativa ha tenido que involucrar a diferentes
niveles del ecosistema. Por esta razón, en la presente Investigación Acción Participativa
están combinadas las esferas de:

a) La innovación social como una herramienta para la solución de problemas


prácticos y en el ámbito de la investigación científica para la construcción conjunta
de nuevos conocimientos entre ciencia y sociedad civil (Scholz, 2000).

b) La pedagogía social entendida en este estudio como una alianza entre personas,
comunidades e instituciones para una reflexión colectiva que aborda la relación
entre la esfera individual y el entorno (Pourtois y Desmet, 2015).

En este espacio metodológico se disfruta de un riguroso sistema teórico e hipotético, así


como de estrategias operativas efectivas (Tojar, 2006). Usar y proporcionar los
instrumentos de diferentes disciplinas para explorar, aprender, descubrir los contextos de
vidas y la heterogeneidad de las culturas, era una posibilidad para estudiar los lugares que
imponen la reproducción social y aquellos que contienen semillas de resistencia personal
y colectiva.

84
Las experiencias aferentes a la dimensión espacial y temporal de la globalización, se
reflejan en la producción cultural y en la transformación ideológica, configurando la
transición de la modernidad a la postmodernidad. Una postmodernidad que siguiendo
Harvey (2010), redefine la ciudad como un lugar demasiado complicado para ser regulado
de alguna manera. El cambio impuesto por las presiones neoliberales y capitalistas, junto
con la transformación del modelo económico en acumulación flexible, la
internacionalización de las actividades financieras y las nuevas estratificaciones sociales,
están vinculadas a la estructuración de nuevas formas de vida en el espacio urbano.
Una ciudad descrita por Raban en su libro Soft City, como un teatro con una serie de etapas,
en las que los individuos pueden asumir diferentes roles en un flujo desestabilizador de
oportunidades. Pero al igual que en un teatro, la escena puede cambiar repentinamente
y convertirse en tragicómica, melodramática o violenta, especialmente cuando los
códigos no se pueden interpretar correctamente (Harvey, 2010).

Definidas las nuevas políticas urbanas, que alteran el espacio de vida y las relaciones
entre las personas, es necesario conceptualizar y comprender las dinámicas que
determinan las actuales divisiones entre clases y entre grupos, para entender los nuevos
conflictos con mayor coherencia. El reconocimiento de las dimensiones de estos
enfrentamientos, permite poner en el centro de la atención los temas políticos y culturales
de la diferencia, como un rasgo irreversible de la sociedad actual.

Este escenario es claramente visible en el territorio de esta investigación, donde se


encuentran códigos, idiomas y signos, no atribuibles a una sola unidad. Así que se pide
transformar los espacios sociales disponibles, como oportunidades para reunirse y
compartir experiencia, cuestionando las trasmisiones de valores, roles y gustos cuando
conllevan al conflicto, e imaginando distintas maneras de vivir en común. En estos
espacios las herramientas pedagógicas de formación a una ciudadanía plural y solidaria
han sido consideradas la más adecuadas para empezar un proceso de emancipación como
individuo y en las relaciones entre comunidades.

La reflexión pedagógica genera conciencia crítica y alimenta de contenidos el debate


sobre la constitución de un contexto social caracterizado por la segregación y el conflicto.
85
En su forma práctica es acción política, porque aspira a desentrañar los mecanismos de
desigualdad y marginalidad, cambiando la forma de los asuntos públicos, y partiendo de
una prospectiva de género, inclusiva, de equidad, impulsando aquella “revolución que
desencantará la ciudad” (Benjamin, 1999, p. 3).

3.9 Espacio urbano y espacio de vida

El poder económico que subordina el poder político y domina sobre todas las esferas de
la vida cotidiana, necesita un lugar de acción concreto: la ciudad global (Borja y Castells,
1997). Los mercados supranacionales requieren un espacio físico nacional, donde se
realicen intercambios comerciales y financieros, y donde la cultura de homologación
estandarizada y funcional, se implante en los nuevos dictados de sobreproducción e
híper-consumo (Sassen, 1998, 2001). Las ciudades se convierten en la sede electiva de
estas transformaciones globales, tienen los recursos y los marcos funcionales para
alimentar las operaciones de los mercados internacionales; pero al mismo tiempo, meta
de los masivos desplazamientos de la población, son el lugar para un nuevo tipo de
política local, caracterizada por la competición del espacio urbano (Sassen, 2014).

En este contexto, observamos una redefinición de los territorios vinculados a un cambio


estratégico del espacio político, económico, social y cultural, que desestabiliza las
estructuras antiguas y permite la expansión de nuevas formas de economía (Sassen,
1998). La ciudad global es la manifestación más evidente de los procesos económicos y
sociales vinculados al neoliberalismo. Es el lugar donde se desarrollan los férreos
entrelazamientos del capitalismo, el híper-consumo, las finanzas enfermas y el proceso de
expulsión de una parte cada vez mayor de la población marginada.

Las ciudades se han convertido en el campo de acción de una serie de conflictos y


contradicciones. Observando lo que sucede en ellas, podemos analizar la penumbra de
este mecanismo perverso: por un lado, la penetración de las finanzas en la vida de un
país, la especulación inmobiliaria, la exponencial desigualdad en la distribución de la
riqueza, y por otro lado, las nuevas formas de expulsión y la pobreza masiva. De acuerdo
con Sassen (2014) este espacio de la vida cotidiana puede ser el lugar donde observar la
86
distancia real entre las aspiraciones de la ciudad global, que crece y fagocita, del consumo
compulsivo, de la maximización de la utilidad y los problemas relacionados con la
presencia de diferentes grupos sociales, la exclusión social y la marginalidad. Por un
lado:

a) La especulación.

b) Los flujos de dinero del mercado global.

c) Los grandes eventos culturales.

Por el otro:

a) La falta de vivienda social.

b) La falta de trabajo y de perspectivas para el futuro.

c) La falta de formación de una consistente parte de la población.

En esta condición, muchos colectivos y activistas se oponen al desarrollo devastador y a


los procesos de transformación de la ciudad y su mercantilización. En el espacio urbano,
se ponen en marcha acciones concretas determinadas por individuos, que se convierten en
nuevos sujetos políticos, que no quieren pasar por el sistema político formal. A través de
las redes sociales, las iniciativas locales y los movimientos de reivindicación, pueden ser
parte de una red global de activismo crítico, para la elaboración de un pensamiento
orientado a la acción transformadora real y aún más amplia. Teniendo en cuenta que las
ciencias urbanas y sociales han tratado directamente e indirectamente la relación entre la
ciudad, sus transformaciones y la vida de las personas, es necesario tomar conciencia de
la realidad y afinar las herramientas de comprensión, para poder actuar con propuestas
innovadoras que puedan buscar una solución sostenible a los diversos problemas (Selvas
y Carrasco, 2015).

Porque si el neoliberalismo es global, los efectos son locales y asumen expresiones


relacionadas al contexto, en este sentido Brenner et al. (2010) hablan de las geografías
variadas del neoliberalismo, porque las estructuras políticas, administrativas, sociales y
también la respuesta de la base social, desempeñan un rol crucial en las formas variadas

87
que asumen las consecuencias de las políticas neoliberales globales. Es importante
identificar las necesidades específicas en un contexto local dado, teniendo en cuenta su
conexión con la dimensión global. Esto requiere una actualización del método analítico
para la comprensión y la elaboración de un sistema de praxis y estrategias, relacionadas
con la crítica de la sociedad de consumo y de desarrollo, que transforman el espacio
urbano de la vida cotidiana, para sus intereses (Ramonet, 1997).

El paso sucesivo es promover la construcción de un contrato social basado en nuevos


paradigmas y modelos más justos, equitativos y democráticos. El objetivo es la gestión
colectiva y sostenible de la ciudad, que no se separa sino que conecta; un lugar de redes
virtuosas, listo para repensar sus espacios y satisfacer las necesidades de todos sus
habitantes. Una ciudad en la cual los espacios sociales y culturales son una oportunidad
de aprendizaje para repensar la relación entre el territorio y la educación, entre la escuela
y la sociedad, entre formación y participación directa en la vida social.

Una ciudad estrechamente relacionada con la educación, la reflexión pedagógica y, por lo


tanto, la formación a una ciudadanía activa y responsable, según las tres dimensiones
identificadas por Trilla (1997, 1999):

a) Aprender de la ciudad.

b) Aprender en la ciudad.

c) Aprender la ciudad, como contenido de la cultura a transmitir.

Las intervenciones educativas deberían impulsar un diálogo interactivo y dinámico con la


ciudad, como lugar para comprender la realidad, construir y reinventar una sociedad
plural. Un espacio urbano que Lefebvre (1969, 1976) identificó como una oportunidad
para revindicar el derecho a la ciudad, metáfora al derecho a la justicia, a la equidad, a la
democracia y al desarrollo del potencial de cada individuo.

Es fundamental comprender el derecho a la ciudad, como un derecho reformulado y


renovado a la vida urbana, a la información, al uso eficaz de los servicios, a hacer que se
escuche la voz de todos y todas y a la oportunidad de exponer las propias ideas (Marcuse,
88
1989, 2009). La pedagogía podría aceptar los desafíos del redescubrimiento del vínculo
con el territorio, en términos de una educación extensa, fomentando los embriones de
libertad, de autodeterminación y de participación activa en la vida democrática, que ya
existen entre la base social. Cuando la opresión y la desesperación dominan, surgen
aquellos movimientos que cambian las mentes y las instituciones (Castells, 1986, 2004).
La pedagogía podría reestructurarse como espacio de formación política, comprometido
con la sociedad. Una disciplina que alimentándose del caos creativo, promueve la
autonomía del pensamiento crítico, la capacidad de decidir, participar y opinar,
denunciando las instituciones y el modelo económico actual, impulsando acciones a favor
de la igualdad efectiva entre las personas, con redistribución de la riqueza y de las
oportunidades (Úcar, 2018).

3.10 La pedagogía para el cambio social y el proceso de Emancipación

En este estudio, la participación directa en el proceso de investigación científica se


concibe como un proceso de formación a la ciudadanía activa y corresponsable. El sujeto
investigador y el objeto de la investigación se colocan en una relación en red (Mertens,
2008). La experiencia involucra a todas las protagonistas, en un viaje cognitivo, que
produce emancipación y transformación. El proceso de investigación es, en sí, una
oportunidad para crear nuevos conocimientos (Fals-Borda, 2001), y generar procesos de
Empoderamiento, fortaleciendo las capacidades individuales y colectivas. Un momento
de reflexión, para que la propia investigadora, analice cómo cambia el trabajo de campo
cuando, en lugar de objetos, las participantes se convierten en sujetos activos de todo el
proceso (Gutiérrez y Delgado, 1999). El método se reconstruye y el instrumento, que
históricamente ha mantenido el conocimiento y el poder para las clases privilegiadas, se
descoloniza, convirtiéndose en una herramienta para la implicación social y política.

La investigación se considera como un instrumento para la lucha y la reivindicación en


contra de las formas de hegemonía, asumiendo un carácter intrínsecamente político. Un
proceso transformador asociado a la idea de re-aculturación, ya que se ubica en la cultura,
la praxis y las relaciones de poder de un contexto específico, centrándose en el objetivo
89
de restaurar la dignidad de las personas y permitir su participación a nivel comunitario
(Guajardo y Guajardo, 2002). Un recorrido destinado a proporcionar las herramientas
para observar los procesos sociales en progreso, relacionado a lo necesario y lo
contingente, analizar los fenómenos, de-construir el orden de las cosas y proponer nuevas
ideas (Mertens, 2008).

Junto con el discurso sobre la relación entre el poder y el Empoderamiento (Rowlands,


1997) y entre el conocimiento y el poder (Kirby, Greaves, y Reid, 2006), se hablará en
esta parte del capítulo sobre el poder y la emancipación. La emancipación necesaria para
superar todas las formas de opresión y alienación y que conduce a la liberación. Un acto
de humanización que no concierne solo a los oprimidos, sino también a los propios
opresores. Es este un descubrimiento colectivo de la condición de deshumanización y de
la fuerza de la emancipación. Se identifica un camino para restaurar la conexión entre los
seres humanos y el mundo, a través de la praxis que permitirá ingresar en el proceso
histórico como sujetos responsables activos y alcanzar autonomía y una existencia
auténtica (Freire, 1970, 1973). En línea con la pedagogía crítica (Apple, 2012; Giroux y
McLaren, 2014) el análisis se centra en las prácticas opresivas con el reclamo a la
libertad, frente al dogmatismo. La emancipación ocurre cuando la gente puede ver las
relaciones y las estructuras de poder que lo fuerzan a una cierta situación de
subordinación y opresión (Freire, Illich y Furter, 1974).

De acuerdo con Biesta (2010) tener una comprensión clara de cómo funciona el poder no
necesariamente significa activar un proceso transformador, sino detenerse en un proceso
de desmitificación que requiere la intervención de una persona emancipadora. No es fácil
ver cómo el poder actúa sobre nuestra conciencia, y se requiere que alguien externo nos
informe acerca de nuestra condición: la emancipación, en este caso, se configura entonces
como revelación de la verdad (Honig, 2007), conferida por el conocimiento legítimo del
emancipador (Biesta, 2010). Este proceso emancipatorio conduce a una nueva forma de
dependencia entre el emancipador y el emancipado, liberado gracias a su intervención.
Por lo tanto, se basa en la suposición de una condición de desigualdad. Es el emancipador
quien conoce el acto de la desmitificación del poder y para ejercer su acción necesita la
inferioridad del emancipado (Biesta y Leary, 2012).
90
La emancipación no es un escape del poder, sino un camino de transgresión, para intentar,
afirmar y hacer las cosas de manera diferente (Foucault, 1984), con una reconfiguración
de la relación entre poder y conocimiento. El mismo Rancière (1991) trabaja en la
articulación de una nueva propuesta para comprender el proceso de emancipación a nivel
educativo, filosófico y social. En su libro On the shores of Politics (1995), describe el
proceso de emancipación como la ruptura del orden de las cosas, un movimiento en el
que la subjetividad aparece y se manifiesta. La emancipación como subjetivación, es
la propensión a cambiar el orden existente, la producción de acciones y enunciados
previamente no identificables, con la reconfiguración del propio campo de experiencia
(Rancière, 1991, 1995, 1999). La subjetivación es altamente política y, como un acto
político, es democrática en el sentido de que permite una reconfiguración del espacio
y una nueva forma de expresión y elaboración de nuevas identidades (Biesta, 2006).

La misma emancipación es un proceso de subjetivación y emergencia del sujeto político


con todo su potencial transformador (Rancière, 1991). Esto provoca que nos relacionemos
con lo que somos y lo que hacemos, a través de preguntas y respuestas originales e
inesperadas. El político en este sentido es productivo, porque hace visible lo que se había
excluido: la condición de igualdad y la subjetivación como una fuerza personal y
colectiva, íntima y pública. La emancipación no es una trayectoria desde la condición
de desigualdad a la igualdad, sino un acto de verificación de la asunción de la igualdad,
una interrupción del orden de cosas preexistente. Es una redefinición de la visión del
mundo de tal manera que trasciende la estructura hegemónica, así como el rechazo de
la identidad atribuida por otros (Rancière, 1995). No solo podemos liberarnos de una
restricción social, sino también de nuestra propia incapacidad de percibirnos como
personas que pueden participar en una aventura intelectual emancipadora (Rancière, 1999,
2003).

En la idea de la emancipación no solo hay liberación de una restricción social, sino que se
libera del pensamiento acerca la propia incapacidad, con consecuencias no previstas. No
hay personas que conocen y personas que no, sino personas que intentan comunicarse y
que incluso pueden pensar más allá de su propio cuerpo social estructurado. Se retoma el
concepto de Jacotot de la emancipación intelectual, según el cual se puede decir que
91
cualquier individuo es capaz de lo que normalmente no sería capaz, porque existe una
igualdad intelectual entre las personas. De acuerdo con la filosofía de la voluntad de
Jacotot (Rancière, 1991), los oprimidos a menudo han sido mutilados de la voluntad de
no aceptar su supuesta inferioridad, mientras que el trabajo emancipador actúa sobre esta
condición. Todos los sujetos pueden desarrollar su inteligencia, si desarrollan la voluntad
de emanciparse de la ignorancia impuesta por la desigualdad. Siendo conscientes de su
capacidad intelectual, pueden decidir sobre su uso y el trabajo mental se convierte en un
proceso fundamental para mejorar el estado de las cosas (Rancière, 2003, 2004). La
emancipación se teoriza como una liberación de la percepción de la propia incapacidad,
para salir de la relación perversa entre los que saben y los que no saben.

Un camino a la vez personal y social, individual y relacional, un recorrido de


conocimiento de uno mismo y del otro para el fomento de una cultura crítica y
participativa en que todo el mundo pueda sentirse implicado. La emancipación es una
inversión de los marcos de las experiencias a las que estábamos destinados para
colocación social. Se subraya la confianza en la capacidad de todos los seres humanos de
poder expresar su potencial y convertirse en sujetos libres y auto-determinados; autores y
no solo actores de su existencia y experiencia. En el proceso de emancipación, la
enseñanza no es explicar, sino poner al otro en la condición de aprender por uno mismo
(Bingham y Biesta, 2010). Significa poder dar un paso atrás para favorecer el surgimiento
del poder subjetivo e intelectual del otro (Rancière, 1999). Todos los seres humanos
deberían poder recuperar la confianza en ellos mismos y en su poder como capaces de
pensar el mundo, las relaciones y la sociedad en la que vive (Rancière, 1991), haciendo
del pensamiento teórico y reflexivo un elemento de la experiencia vital.

En esta Investigación Acción Participativa el objetivo es activar aquellas estrategias de


transformación que, a través de un camino pedagógico y político, conducen a la
liberación de una condición de inferioridad y a la independencia de la representación
negativa impuesta por el exterior. La investigación puede reinventar espacios para el
surgimiento de nuevas identidades (Cahill, 2007), a través de la renegociación de las
relaciones de poder. Cuando los campos pedagógico y político se encuentran, forman las
condiciones para el acto consciente del cambio social (Giroux, 1986, 1997), estableciendo
92
un puente entre los espacios de acción y el debate, la planificación y la organización de
estrategias para la transformación, en fin, entre la teoría y la práctica. Un camino de
recuperación del conocimiento sobre el entorno local cultural y las estructuras
hegemónicas y de opresión, y una praxis que a través de la dimensión reflexiva inspira
a la formación de la ciudadanía autónoma.

93
Recapitulando

En la ciudad contemporánea, es posible aspirar a caminos de contaminación recíproca. La


necesidad de una sociedad diferente, en la que reunir los recursos y las aspiraciones de
democracia y de equidad, no está lejos de la necesidad de una pedagogía atenta a
interactuar con la acción colectiva impulsada por los movimientos sociales. La
posibilidad de construir nuevos caminos de co-producción de conocimiento, también
concierne a la investigación social, que a través de la interconexión entre diferentes
campos y disciplinas, pendiente de las necesidades de la sociedad civil, puede
configurarse como dimensión de superación y emancipación para las personas que
participan activamente y sus comunidades.

Ricapitolando

Nella città contemporanea, è possibile aspirare a percorsi di contaminazione reciproca.


La necessità di una società differente, nella quale riunire le risorse e le aspirazioni di
democrazia ed equità, non sono lontani dalla necessità di una pedagogia attenta a
connettere con l’azione collettiva sostenuta dai movimenti sociali. La possibilità di
costruire nuove vie di coproduzione della conoscenza, riguarda anche la ricerca
scientifica, che attraverso l’interconnessione tra differenti campi e discipline, strettamente
collegata alle necessità della società civile, può configurarsi como dimensione di
emancipazione per le persone che vi partecipano attivamente.

94
Capítulo 4

Metodología de investigación

La metodología de investigación cualitativa trata la complejidad de las interacciones


sociales y de los significados que las personas les atribuyen en función de sus
experiencias (Marshall, 1999). La metodología cualitativa es de carácter holístico,
reflexiva, auto-reflexiva, que no impone visiones previas, naturalista, abierta, humanista
y rigurosa (Flick, 2014). La investigadora, en el transcurso de la investigación de los
fenómenos sociales, se relaciona con el mundo real para mejorar, adquirir y co-producir
conocimiento, debiendo tener en cuenta que los hechos sociales y humanos dependen de
una serie de factores estrechamente relacionados con el contexto (Checkland y Holwell,
1998), y de las perspectivas de las participantes con sus variedades.

Al sumergirse en la situación que desea estudiar, la investigadora activa una reflexión


profunda sobre su posición y establece una relación cercana con las personas, intentando
analizar, los procesos cognitivos subyacentes y los supuestos no expresados (Mortari,
2007). Al delimitar el tema de investigación se define el tipo de pesquisa, su finalidad, y
se justifican las motivaciones internas o externas que llevan a la investigadora a tratar un
determinado tema. Estos son los pasos fundamentales de todo el proceso de investigación,
que cuando es de carácter participativo, se comparten con las participantes co-
investigadoras, planeando, analizando, actuando y planificando las fases sucesivas del
estudio (Whyte, Greenwood y Lazes, 1989). Se discuten las interpretaciones de la situación
social en una relación de escucha activa y mutua. Los encuentros dialógicos (Park, 2006)
son posibles cuando la información circula en todas las direcciones, como condición

95
previa para la participación. El objetivo es la constitución de una red de intercambio y de
trabajo para potenciar la producción de un conocimiento orientado a la búsqueda de
soluciones específicas para un problema determinado, dentro de un proceso cíclico de
aprendizaje y reflexión, que ya está produciendo acción y está generando temas para el
debate colectivo.

El proceso autorreflexivo con valor educativo de todas las participantes es un paso


necesario para el cambio social (Giroux, 1999). Hay elementos cruciales de la
Investigación Acción Participativa que no pueden dejar de tenerse en cuenta:

a) La colaboración entre investigadora y participantes en el análisis conjunto de los


problemas, de las necesidades específicas y de los recursos (Kemmis y
McTaggart, 2000).

b) La negociación continúa del propio rol, la relación con los actores sociales y el
proceso de aprendizaje reflexivo (Argyris, Putman y Smith, 1985).

c) El enfoque en la práctica social dirigido a un proceso de cambio (Fals-Borda,


2001).

La Investigación Acción Participativa es emancipadora en las intenciones y crítica en la


reflexión de su propia práctica (Boog, Keune y Tromp, 2003). Porque si bien algunas
estrategias relacionadas con esta metodología se declaran emancipadoras, otras pueden
ser contrarias al propio proceso de Emancipación (Dinham, 2005). Es importante que la
investigación se convierta en un instrumento de comprensión y diálogo y que las
participantes sean autoras de todas las diferentes fases, utilizando técnicas epistémicas y
nuevos conocimientos políticamente relevantes (Mortari, 2007). La naturaleza
emancipadora de la IAP está vinculada al papel que las participantes juegan en todo el
proceso de investigación, y al número de sistemas de conocimiento en los que las co-
investigadoras, pueden participar al mismo tiempo (De Zeeuw, 1995).

96
A través de las técnicas de investigación participativas, las personas involucradas pueden
ser más conscientes de su poder y activar un cambio positivo en sus vidas (Lyons, Smuts
y Stephens, 2001). Las posibles consecuencias requieren, que la investigadora reflexione
continuamente sobre el proceso, ya que este puede generar conflictos, por ejemplo, con
quienes no pudieron aprovechar esa misma oportunidad (Hur, 2006). Como metodología,
la IAP reconoce no solo la importancia del Empoderamiento como resultado (Parpart, Rai
y Staudt, 2003), sino como un proceso individual, grupal y comunitario (Darlington y
Mulvaney, 2014), para apoyar la promoción del cambio social positivo.

La Investigación tiene el potencial de impulsar un cambio personal y social, y las dos


dimensiones están relacionadas. Se configura como un viaje de descubrimiento de la
existencia de la estratificación social y de la opresión, la concienciación, la movilización
y finalmente la creación de un nuevo orden del estado de cosas, partiendo de la
experiencia personal. Optar por una metodología en lugar de otra es una elección política;
especialmente cuando se decide describir la realidad desde la perspectiva de aquellas
voces que normalmente están excluidas de los procesos de investigación y producción de
conocimiento (Maguire, 1987).

Los valores de la investigadora guían la elección del paradigma a utilizar y definen el


grado de subjetividad y de implicación que debe tenerse en cuenta, por su impacto en
todo el proceso (Vega Almeida, 2005). El paradigma transformativo está guiado por
preguntas de investigación, delimitación del problema y planificación del trabajo de
campo, que se focalizan a alcanzar la justicia social (Mertens, 2017). Un proceso
conectado con una producción de conocimiento que comprueba la riqueza de los
significados negociados, a través de las experiencias compartidas y de los intercambios.
La misma metodología de investigación es transformativa en su conceptualización, porque
es receptiva hacia las diferentes maneras de conocer la realidad y actuar sobre de ella.

97
4.1 Rutas históricas en la coproducción del conocimiento

La transición de la manera de concebir la relación entre teoría y práctica, el


cuestionamiento de la supuesta neutralidad de la investigación científica y la creciente
incidencia de los problemas en la vida real, han sido algunos de los factores que han
impuesto una forma diferente de considerar la ciencia y el quehacer de la ciencia (Fals-
Borda, 2006). El comienzo de este proceso crítico, así como la reorientación de las
teorías y la práctica social, tiene lugar en un momento específico de la historia mundial y
académica: cuando se formalizan las instituciones y los procedimientos responsables de
que la investigación esté estrechamente relacionada con las comunidades locales y los
problemas de la vida real. Es entonces cuando se plantea la posibilidad de empezar líneas
de investigación dirigidas a la emancipación política, cultural y educativa de las personas
y sus comunidades (Fals-Borda, 2001).

Entre finales de los años 50 y el principio de los años 60, el paradigma que prevalecía era
el del empirismo y del positivismo. Basados ambos en la construcción de herramientas
que demostraban rigor científico, precisión estadística y réplicas de los resultados con el
objetivo de explicar, predecir y controlar. La finalidad era estudiar la realidad a través de
datos empíricos, neutrales, objetivos, utilizando procedimientos estructurados y
controlados que permitieran generalizar las conclusiones así obtenidas. Las metodologías
de referencia y las epistemologías nacidas en los contextos académicos de América del
Norte y Europa no correspondían, sin embargo, con las necesidades de la investigación
en otras partes del mundo.

Se buscó contrarrestar esta imposición y dependencia cultural proponiendo nuevas formas


de producción de conocimiento. Estos son los años del trabajo de Paulo Freire en América
Latina, de Marja-Luisa Swantz en Tanzania, de Beltrán y Gerace en Chile y Brasil de
Fals-Borda en Colombia y Paolo Orefici en Italia. Se alimentaba un creciente interés
por la investigación con las organizaciones, los movimientos sociales, los colectivos
que se formaban para la denuncia y las reivindicaciones de los derechos humanos,
coordinando estrategias para la intervención y la trasformación social (Hall, 1979,
1983).
98
En el año 1970 hay un cambio significativo y emblemático. Es un año crucial para los
trabajos abordados por el paradigma de la Investigación Acción Participativa, que intentó
proporcionar nuevas bases para la investigación científica. La investigación se hace con
las personas, para desarrollar sus capacidades críticas de analizar el contexto y la realidad
social (Mortari, 2007). El objetivo era incluir activamente los individuos y las
comunidades, con sus experiencias y sus conocimientos, investigar y activar procesos de
Empoderamiento y Emancipación. Las bases teóricas sobre las cuales reflexionar en esta
nueva forma de hacer ciencia, según destaca Fals-Borda (2001), fueron las siguientes:

a) Superar la idea de la ciencia como verdad absoluta y considerarla como algo


socialmente construido y por lo tanto, sujeto a interpretación y revisión.

b) Producir un conocimiento que pudiera aplicarse a la solución de los problemas de


la vida cotidiana, combinando la reflexión teórica con la práctica.

c) Desarrollar una nueva relación entre el conocimiento popular y el producido por


el proceso científico. La imbricación entre estas dos dimensiones pasa por la
descolonización de la posición como investigadoras y científicas en un contexto
dado y la declaración explícita de nuestros valores.

d) Reconsiderar las relaciones horizontales y genuinas entre las personas, de acuerdo


con la dimensión de reciprocidad simétrica (Hall, 1983), basada en el respeto
mutuo, la comprensión y la comparación. Razones por las que es importante
considerar la restitución planificada y sistemática de los resultados de la
investigación formulándolos, en un lenguaje que sea comprensible para todos las
participantes.

En 1977 se realizó el primer simposio de Investigación Participativa en Cartagena de


Indias, Colombia, donde los investigadores intercambiaron opiniones, ideas y los
primeros resultados de sus trabajos. El nuevo paradigma no solo se consideró una
metodología, sino una filosofía de vida (Fals-Borda, 2001). En 1980 en Yugoslavia se
inauguró el Foro Internacional de Investigación Participativa, para consolidar
99
experiencias y reforzar los lazos internacionales. En esta ocasión se profundizaron algunos
puntos fundamentales de la cuestión que caracterizan esta metodología, tales que siguiendo
a Hall (1979, 1983):

a) La investigadora, como agente externo, debe estar comprometida con el contexto


en el que decide llevar a cabo la investigación. Esto implica prestar atención a las
acciones acometidas, para que no pongan en peligro a los miembros de la
comunidad. Considerar en cada fase los aspectos éticos y el impacto de la
intervención. La investigadora facilita los procesos de superación, desarrollo
sostenible, análisis y acción colectiva para el cambio social.

b) La intención de la investigación participativa es la producción de nuevos


conocimientos para la solución de problemas concretos, partiendo de las
necesidades y de los recursos de un determinado territorio.

c) La Investigación Acción Participativa interviene en un contexto específico,


enriqueciendo o fortaleciendo las intervenciones de las organizaciones locales que
ya están activas en el área, prestando especial atención a los intentos de manipular
las comunidades.

En 1997 se celebra el congreso mundial de Investigación Acción Participativa, que articula


reflexiones sobre aquellos problemas que aún están vigentes (Fals- Borda, 2006):

a) La importancia del trabajo interdisciplinario.

b) La atención a los criterios de rigor científico y validez: el uso de diferentes


metodologías durante el análisis de datos, la evaluación crítica y la reflexión
compartida con las participantes. La parte analítica, en investigaciones ligadas a la
acción, no es complemento sino que tiene una finalidad específica de producir
saberes rigurosos y reconocidos.

c) El compromiso con los problemas de la vida real y la deconstrucción de los

100
principios uniformes de los dictados de la globalización. Esto implica la
elaboración de prácticas y estrategias a nivel local, con la participación activa de
las personas y de las comunidades.

d) La educación, la información y la investigación científica como herramientas para


un análisis crítico de las estructuras y de las relaciones de poder.

e) La formación de un ethos altruista para el establecimiento de una sociedad


pluralista, con eliminación de las formas de opresión, racismo y abuso.

En la actualidad, el espacio vital está gobernado por las leyes del mercado global, la
sensación de desorientación, la fluidez (Bauman, 2000, 2007) y el impacto de las nuevas
tecnologías. Es una coyuntura histórica y social compleja, y nuestra vida parece
continuamente amenazada por las formas en que se estructuran el riesgo y la crisis que
afecta a los diferentes niveles (Beck, 2000). Una vez más, el mundo académico tiene un
gran papel en el debate (Hutton y Giddens, 2000), sobre la transformación de la sociedad
y las nuevas formas de producción del conocimiento. Específicamente, discutimos la
transición del Modo-1 al Modo-2 (Nowotny, Scott y Gibbons, 2003).

El Modo-2 se asocia con el desarrollo de un sistema más abierto de producción de


conocimiento. Está caracterizado por la trans-disciplinariedad, la heterogeneidad, la
reflexividad en el proceso, la calidad y la relevancia del conocimiento co-producido en el
campo social. Cada vez es más difícil separar el ámbito de la sociedad del ámbito de la
ciencia. Ambos están sujetos a las mismas fuerzas: la sensación de incertidumbre, las
nuevas formas de economía, la transformación en la percepción del tiempo como
dimensión del eterno presente, la flexibilidad del espacio y la creciente auto-organización
de la esfera social y científica (Nowotny, Scott, Gibbons y Scott, 2013). Mientras tanto,
las viejas categorías de análisis son cada vez menos coherentes y porosas.

La idea principal es utilizar un enfoque comprometido con el contexto, con producción de


conocimiento generado dentro del espacio de aplicación. El objetivo de encontrar
soluciones prácticas y efectivas a los problemas de la vida cotidiana, dirige la
investigación científica hacia una interacción entre diferentes disciplinas, metodologías y

101
perspectivas teóricas; diferentes modalidades de entender y analizar la complejidad de la
realidad social y del mundo. Se presta especial atención a la diversidad de los campos en
los que se produce el conocimiento, y a la dinámica del mismo proceso de co-producción
del conocimiento. Este enfoque es intensamente reflexivo y está basado en un proceso
dialógico entre la investigadora y las co-investigadoras. Así se produce la formación de
un espacio comunicativo y una zona de transición (Kemmis, 2006, 2010), entre diferentes
sujetos y diferentes culturas. Esta orientación democrática repercute en los procesos de
control de calidad científica basados en la posibilidad de reflexión y evaluación desde
múltiples puntos de vista (Nowotny, Scott y Gibbons, 2003).

4.2 La Investigación Acción Participativa

Se define la Investigación Acción Participativa como una familia de enfoques


metodológicos (Reason y Bradbury, 2001), asociados con la idea de la investigación
como paradigma transformativo y con la voluntad de remover la realidad (De Miguel
Díaz, 1993). Pero al mismo tiempo se fomenta la idea de la participación social como un
desafío para el futuro de la investigación científica (Fals-Borda, 1998). Sus raíces se
encuentran en la teología de la liberación y los enfoques neo-marxistas con su aplicación
posterior en contextos latinoamericanos. También está fuertemente vinculada a los
movimientos de los derechos humanos en los países asiáticos.
Se destacan tres características específicas de este tipo de investigación:

a) La participación de las co-investigadoras en todas las fases de la pesquisa


(Argyris y Schön, 1989; Cook, 2008; Whyte, 1991).

b) El análisis comunitario de los problemas, de las estrategias que se quieren poner


en marcha y de los resultados obtenidos (Kemmis y McTaggart, 2000).

c) La reflexión científica orientada a la acción social (Hall, 1979, 1983; Gaventa,


1988; Ortiz y Borjas, 2008).

Por lo que se refiere a la Investigación Participativa se ha convertido en los últimos años


102
en un paradigma de referencia para los estudios sociales cualitativos (Jarg y Stefan,
2012). La investigación está guiada por prioridades específicas y, por lo tanto, dirigida a
mejorar el bienestar de las personas (Koch, Selim y Kralik, 2002); impulsada por la
demanda de justicia y equidad social (Maguire, 1987; Martin, 2003).

Asimismo, debe considerarse como un camino que incluye a los diversos socios y agentes
sociales de la comunidad de referencia (Selenger, 1997). Los miembros de la comunidad
son colaboradores en todo el proceso de investigación, porque para que las estrategias
sean efectivas se requiere la intervención directa de las personas afectadas (Reason,
2006). Esto implica un cambio de los enfoques científicos hacia intervenciones más
democráticas, donde se representen diferentes intereses y competencias (Kagan y
Duggan, 2011), con la negociación continua del espacio de las relaciones de poder
(Maiter, Simich, Jacobson y Wise, 2008). La coproducción de conocimientos y las
capacidades de transferencia entre todas las participantes son elementos importantes de
esta metodología de investigación y representan un elemento clave de verificación de la
calidad y de los objetivos establecidos.

De acuerdo con Reason y Bradbury (2001), definimos la Investigación Acción como un


proceso democrático y participativo. Es una metodología que reúne la acción y la
reflexión, la teoría y la práctica (Abraham y Purkayastha, 2012). Una metodología tal,
está destinada a proporcionar nuevas formas de comprensión de la realidad social y está
basada en el intercambio continuo entre las personas en su vida cotidiana. Una búsqueda
sólo posible con, para y por personas (Collins, 2002). Es un proceso en sí mismo
emancipatorio, dirigido a la adquisición de un conocimiento construido socialmente y al
desarrollo de habilidades de investigación. El objetivo no es producir teorías académicas
basadas en la acción, sino producir teorías sobre la acción. No es un proceso lineal, ni
rápido, ni fácil. Es un proceso en espiral y dinámico que incluye planificación, acción,
observación, reflexión y evaluación (Kemmis y McTaggart, 2000; Stringer 2013).

La investigadora y las participantes discuten las interpretaciones mutuas de la situación


social en la que se encuentran. Se presta especial atención a las historias, las experiencias
de vida, los niveles de participación, motivación y sentimientos (Fals Borda, 2001), de
103
todas las participantes. El principio es crear conexiones, contribuyendo de manera
significativa a desarrollar una conciencia participativa como base para la vida
democrática, y en este sentido la investigación tiene fuerte implicaciones políticas.

Se implementa el diálogo co-generativo entre investigadora y co-investigadoras para


producir un conocimiento compartido que es siempre una representación de la realidad,
con una elaboración de una teoría práctica para la situación local. Es necesario reconocer
una recíproca disparidad, que significa reconocer en los específicos momentos y fases de
la investigación y de la intervención, quien es el experto y cuáles son las habilidades
requeridas en aquel específico momento (Mortari, 2007). Es una metodología que
respalda el proceso de aprendizaje intencional e involuntario (Coghlan y Coughlan, 2010).
Un camino de superación que tiene un impacto en la esfera personal, en el colectivo
de origen y en toda la comunidad (González y Marín, 2005).

La Investigación Acción Participativa es una metodología basada en el respeto por las


personas y la conciencia de sus capacidades para analizar, elaborar y actuar en el
espaciosocial (Brydon‐Miller, Greenwood y Maguire, 2003). En este sentido, es un
proceso político, en la medida en que apoya el mismo derecho de las personas a
participar activamente en las decisiones relevantes para sus vidas (Chandler y Torbert,
2003), y es una práctica que se abre a las subjetividades y a la otredad. Otra característica
importante es que, en la Investigación Acción Participativa, es la misma comunidad,
formada por la investigadora, las participantes y los agentes sociales, la que puede
definir los criterios para establecer el rigor de un estudio y la eficacia de la acción
transformativa.

La comunidad involucrada valida la teoría como relevante y funcional en la práctica, y


como generadora de un cambio real en un contexto específico (Matón, 2008). Además
valida la capacidad de la investigación para impulsar el pensamiento crítico y auto-
reflexivo de sus propios miembros. Finalmente, hacer una investigación socialmente
relevante, significa producir una teoría útil en la práctica, que viene empíricamente
validada en el contexto donde se desarrolla (Mortari, 2007).

104
4.3 La comunidad en la investigación y la investigación con la
comunidad

La investigación de acción comunitaria es un método que delimita la comunidad como


unidad de análisis de las necesidades locales (Ozanne y Anderson, 2010; Ozanne y
Saatcioglu, 2008). Una metodología de investigación ubicada y estrechamente
relacionada con los sabores, los sonidos y los valores específicos (Fals-Borda, 1998,
2001) de la comunidad en la que se decide trabajar. Según Ander-Egg (2005), el término
comunidad es uno de los más utilizados en las ciencias sociales y tiene una cierta
polisemia en cuanto que se refiere a realidades muy diferentes. Se habla de comunidad,
como el conjunto de las personas que viven en un territorio determinado y comparten un
patrimonio social común. Esta condición de proximidad geográfica y cultural, nutre un
sentido de pertenencia y similitud, a medida que se comparten las tradiciones, el idioma,
las costumbres, los valores y la etnicidad.

Nuestra definición de comunidad surge de los parámetros considerados en este estudio.


Si, por un lado, los límites territoriales del distrito de El Cabanyal están geográficamente
definidos, por otro, podemos identificar diferentes comunidades dentro de este espacio
urbano. Si por un lado, a las fuerzas centrífugas del mercado se opone la fuerza centrípeta
de unos movimientos reivindicativos que defienden el espacio de vida (Cravino, 2004),
por el otro, las dinámicas de las relaciones internas, muestran que al espacio de El
Cabanyal, no corresponde una sola y unida comunidad, y que en manera contrapuesta se
enfrentan o sufren las consecuencias discriminatorias de los procesos de especulación.
Las comunidades presentes en el barrio, comparten el mismo espacio físico pero se
diferencian entre sí por los valores, la cultura, la historia, los intereses y los problemas
(Ozanne y Anderson, 2010).

La misma presencia de programas sociales de inclusión propugna la creación de espacios


internos poco permeables, específicos para cada grupo social. En el barrio está presente
un modelo múltiple. Algunos de los representantes de las clases populares y media de
cultura no gitana, propietarios de vivienda, parecen comportarse entre sí como
comunidad compartiendo solidaridad, reciprocidad, apoyo frente a la amenaza de la
105
prolongación y el derribo de parte del barrio. Los sectores de bajos recursos, con mayoría
de cultura gitana (españoles y rumanos), están atados por políticas sociales que proponen
modelos de creciente individualización de las ayudas económicas, fomentando una cierta
competitividad entre colectivos vulnerables.

Como sistema, la comunidad se funda sobre las interacciones sociales, definidas a través
de convenciones o prácticas colectivas que aseguran la estabilidad interna y externa del
sistema. Estas prácticas definen símbolos, rituales, roles y cómo se tratan las personas
que se colocan a los márgenes del mismo sistema. Cada persona ocupa una posición
dentro de la comunidad, derivada del conjunto de derechos y obligaciones formales e
informales que tiene. Las interacciones revelan los diferentes roles que los actores sociales
ocupan, los derechos y las responsabilidades definen el poder que cada miembro detiene:
un poder que define las relaciones sociales como relaciones de poderes, que cuando
no se basan en la fuerza se basan en la confianza recíproca.

La comunidad está pensada como un grupo de personas que comparten necesidades e


intereses particulares; destacando la importancia del carácter común de una identidad
compartida (Robertis y Pascal, 2007). En relación con esta dimensión, los miembros se
definen a sí mismos como parte de un grupo que existe en oposición a otro. Esta tensión
entre el interior y el exterior hace referencia a los procesos psicosociales de la
construcción de significados compartidos de pertenencia, identificados como factores
determinantes del sentimiento de comunidad (Heller, 1989, 1990).

En este estudio las condiciones psicosociales, económicas y culturales que influyen en las
vidas de los individuos y de los grupos se han analizado de antemano (McIntyre, 2003,
2007). Se ha tratado de problematizar las barreras presentes entre las comunidades,
intentando crear espacios de intercambio positivo. El punto de partida ha sido el estudio
de la vida cotidiana a nivel local, teniendo en cuenta las dinámicas grupales e
individuales, las influencias de la dimensión global, pero también la riqueza del
conocimiento social popular local (Castellano y Hinestroza, 2017). La auto-identificación
como persona interna o externa, respecto a una comunidad específica, ha sido una de las
categorías de análisis que surgieron ya al principio de la recopilación de las
106
informaciones de este estudio.

No ha sido cuestionada la idealización de la comunidad como espacio de apoyo y


reparación para las personas, pero ha sido tratada la característica de la comunidad es su
porosidad (Montero, 2007), que sugiere tener en cuenta el aspecto dinámico (Ozanne y
Anderson, 2010). En cuanto fenómeno social, la comunidad no es una entidad estática,
sino en constante movimiento, resultado de particulares formas de interacciones. El camino
de la investigación nos llevó a reflexionar sobre la importancia del aquellas
interacciones para la redefinición del concepto de encuentro. Este proceso de
reorganización no puede imponerse, sino estructurarse con los miembros y las
protagonistas en un proceso participativo de educación popular y como estrategias para
superar una fase de conflicto y distancia.

La posibilidad de re-significar el sentido de pertenencia a un territorio se construye y


define por sus miembros, en una negociación social que ve las comunidades involucradas,
definir aspiraciones y sueños. El resultado es una serie de prácticas sociales, esfuerzos
y luchas que permiten reinventar el futuro de un barrio específico (Castellano y
Hinestroza, 2017). Los objetivos, las metas, las estrategias, se han redefinido
conjuntamente. El modelo de desarrollo comunitario aquí propuesto enfatiza la ayuda
mutua, la cohesión social y la promoción de una acción colectiva que ponga a la atención
de las políticas locales no solo los problemas, sino también las posibles soluciones. La
idea es promover la colaboración entre diferentes agentes sociales, instituciones,
organizaciones, asociaciones, para planificar conjuntamente estrategias orientadas a
mejorar las relaciones entre colectivos.

4.4 La investigación etnográfica y feminista

Si la Investigación Acción Participativa impone la necesidad de hacer explícitos los


valores y las elecciones personales en el proceso de investigación, el feminismo requiere
reconocer que la esfera personal es también política (Maguire, 1987). La Investigación
Participativa en sí misma, contribuye significativamente a desarrollar una conciencia de

107
implicación activa como base de la vida democrática (Mortari, 2007). Es esencialmente
un asunto político, el incluir a las mujeres en la investigación científica y hacerlo con un
enfoque feminista. Una de las características de la investigación feminista, y su
aportación en la producción de nuevos saberes, es el cuestionamiento de la dimensión de
supuesta neutralidad y objetividad de la ciencia (Mertens, 2018), primero porque los
contextos de la pesquisa no son neutrales, ni lo son la investigadora y las participantes.

La Investigación Acción Participativa y el feminismo pueden ser poderosos aliados para


desactivar complejos sistemas de opresión. Por un lado, es necesario reflexionar sobre la
condición de mujer investigadora y co-investigadoras, como protagonistas en el proceso
de co-construcción del conocimiento y actoras del cambio social. Por otro lado, se requiere
un análisis sobre las complejas cuestiones raciales, económicas y sexuales en su relación
entre sí y como base de las diferentes formas de exclusión. El feminismo se ocupa
del problema de la devaluación y la explotación de las mujeres y apoya sus
capacidades de resistencia y lucha (Maguire, 2002). La decisión de intensificar la
discusión sobre la relación entre el feminismo y la Investigación Acción Participativa es
una condición necesaria para el resultado de ambas posturas (Greenwood y Levin, 1998).
A través de la reflexión, la autorreflexión continua y la condición de reciprocidad, se
produce la remodelación del proceso de investigación científica (Friedman y Rogers,
2008), así como de las prácticas feministas en contra de la desigualdad de género.

Existen muchos aspectos, tanto a nivel ontológico como epistemológico, comunes a los
dos enfoques. Ambos cambian el centro desde el cual se genera el conocimiento (Hall,
1979, 1983), un conocimiento dirigido a la transformación personal y social. Ambos
enfoques comparten la intención de trabajar por la justicia social y la democracia
(Greenwood y Levin, 1998). La referencia al género, a las identidades múltiples, a las
diferentes formas de opresión y a la necesidad de dar importancia a las experiencias de la
vida cotidiana, son temas comunes del feminismo y de la Investigación Acción
Participativa (Maguire, 2002). La investigación acción y los programas destinados a
empoderar a los grupos más marginados son sobre todo eficaces en la comunidad, cuando
se centran en las mujeres (Minkler y Wallerstein, 2003), luchando contra la opresión de
género instaurada en la trama de otras formas de opresión.
108
Preguntarse sobre las categorías analíticas que fundamentan un estudio, implica
argumentar sobre las fuerzas hegemónicas que actúan en el espacio. No hablamos de
procesos naturales, sino de procesos estructurados socialmente y culturalmente, y esto
nos obliga a analizar qué significan las categorías elegidas para estudiar un fenómeno,
sobre todo en relación a las formas de desigualdad. La perspectiva feminista, en este
sentido, está vinculada a un análisis multidimensional e inter-seccional. La palabra "inter-
seccional" se refiere, en terminología geométrica, al punto donde se cruzan dos líneas: la
intersección, el punto donde una persona es atravesada por múltiples ejes de opresión.
Pero, en la condición actual, denunciamos la coexistencia de discriminaciones simultáneas
e inseparables, en un tejido de relaciones de poder entrelazados (Lugones, 2012).

El reconocimiento de la naturaleza interconectada de la opresión invita como feministas a


una cierta responsabilidad en reconocer desde qué posición hablamos y observamos,
teniendo en cuenta que la finalidad es abrir “espacios de comprensión y producción de
significados donde el énfasis recae en los efectos que se desprenden, en términos políticos,
del conocimiento producido” (Balasch y Montenegro 2003, p. 45). Por ejemplo la
condición de marginalidad de las mujeres de cultura gitana se estructura sobre la base de
una múltiple dimensión: ser mujer, pertenecer a la comunidad gitana, ser pobre y ser
considerada cómplice de la cultura patriarcal. La reflexión y acción política feminista, no
solo debe reconocer la complejidad de los fenómenos sociales, sino también la diferentes
identidades del ser mujeres, las posiciones en las cuales están ubicadas (Yuval-Davis,
2006) y desde qué condición nos acercamos a las demás. Este es un enfoque inter-
categorial que impone un análisis social y político más complejo pero, al mismo tiempo,
más auténtico y eficaz a la hora de poner en práctica estrategias para un cambio social
positivo (Vivar, 2016).

Todo el proceso de Empoderamiento, requiere la articulación de una reflexión profunda


sobre la condición de marginalidad de las mujeres de cultura gitana de acuerdo con la
perspectiva feminista interseccional (Goienetxea, 2017). Esto permitirá comprender la
dinámica de los diferentes obstáculos inherentes a su participación en la vida social y la
necesidad de tomar medidas que afecten a los diversos factores y dimensiones (Gorelick,
1991). Si el análisis de la situación de opresión se estructura sobre esta base, la práctica
109
también necesita una acción en diferentes niveles (Mertens, 2008).

La participación de las mujeres de cultura gitana en la vida social requiere politizar el


concepto de diferencia. El pensamiento sobre la propia identidad se reestructura como
instrumento activo de la lucha política, permitiendo que las personas ausentes del espacio
público reflexionen sobre su capital simbólico, como mujeres y gitanas. Cada acción
adquiere un significado profundamente diferente según el contexto en el que se produce
(Cybriwsky y Ley, 2018). Al mismo tiempo se hacen explícitos las diferentes
necesidades, experiencias, percepciones y significados a partir de la posición de cada
grupo social y, dentro de este, de cada persona.

La diferencia entre los grupos de mujeres de cultura gitana y no gitana que participan en
este estudio es un instrumento para comprender las múltiples posiciones en el espacio
social, pero también una oportunidad para reformular los valores comunes de tolerancia,
reciprocidad y confianza, y promover la alianza entre mujeres, en la lucha por la
autodeterminación y la reivindicación de los derechos humanos. El objetivo es estructurar
una intervención compartida, organizada y planificada para mejorar la vida democrática,
y para influir en las estructuras organizativas, las normas y las prácticas de las
comunidades (Rubin, Rubin y Doig, 1992).

Se trata de construir nuevas formas de identidad colectiva extendida, plural y solidaria.


Las políticas de integración deberían, en este sentido, combinar las ayudas económicas
con la capacitación de todos y todas para una ciudadanía ampliada, comprometida, activa
y responsable. Las fórmulas deben crear conexiones y no divisiones entre las
comunidades, en el respecto del pluralismo cultural y social, a fin de socavar las viejas y
nuevas injusticias y los malentendidos, liberando el espacio vital de la lógica del mercado
y del interés individual, para impulsar un contrato social entre las partes, que pueda
garantizar los principios de libertad, democracia e igualdad.

110
4.5 Viabilidad de la investigación

En esta Investigación Acción Participativa se trata de privilegiar el estudio de la realidad


social, en un distrito específico de la ciudad de Valencia, reflexionando sobre los
problemas y las necesidades de su población. Por esta razón, se utiliza una metodología
abierta, basada en la creatividad, la narración, la intersubjetividad y el compromiso
empático entre las personas. Una metodología flexible, característica de la investigación
acción feminista, porque es capaz de adaptarse a las necesidades de las mujeres que
participan y a las aspiraciones de justicia social. Precisamente este aspecto de la
flexibilidad está relacionado con la posibilidad de un proceso de superación personal y
comunitario (Fracasso, 2000).

La Investigación Acción Participativa ha sido considerada como una forma de coordinar


los principios teóricos y metodológicos dirigidos al cuestionamiento de la realidad, a
través de una acción social coordinada, pensada y planificada con la gente, en un
intercambio continuo de conocimiento y construcción de significados (Castellano y
Hinestroza, 2017). Es esta una metodología de atención a las diferentes voces para
organizar estrategias efectivas, (Scribano, 2003) que aspiran a la transformación local con
una reflexión crítica sobre las estructuras sociales y políticas (Scribano y De Sena, 2009).

El desafío no ha sido fácil y desde el comienzo de este estudio hubo un camino difícil e
incierto, lleno de dudas, problemas y sorpresas. La flexibilidad ha sido una riqueza de
esta metodología, pero también fuente de incertidumbre para la investigadora. Un aspecto
fundamental ha sido el factor económico, en relación al concepto de viabilidad entendida
como la factibilidad de la realización de un estudio en cuanto a los recursos disponibles
(Sampieri, Collado, Lucio y Pérez, 1998).

En el primer año de trabajo de campo (noviembre de 2016 - noviembre de 2017), la


investigadora recibía una beca como doctoranda de la Universidad de Bolzano en Italia.
De este salario se ha dedicado un 10% mensual para la compra de material (lana, agujas,
tijeras, hilo, ganchillo, libros, fotocopias, etc.), necesario para desarrollar el proyecto de
Las Tejedoras y Las Coristas. La misma investigadora se hizo cargo de todos los gastos
111
de salidas y excursiones del grupo de mujeres de cultura gitana, tratando de fomentar
junto con la producción artesanal también el gusto estético, con visitas a museos y ferias
dedicadas a la producción de artesanía.

Desde noviembre de 2017, con la pérdida de la beca, la condición financiera personal de


la investigadora, se ha convertido en un grave problema que indudablemente ha afectado
al proyecto. En la nueva situación se tuvo que reflexionar y renegociar la viabilidad del
trabajo. Se tuvo que rediseñar las rutas del proceso junto con las participantes, buscando
un camino de autofinanciación para la compra de nuevo material que permitiera seguir en
el proceso de formación del ganchillo. Se decidió vender los artículos producidos por el
grupo de Las Tejedoras en la web y en los mercadillos solidarios, y los ingresos se
dividieron en partes iguales entre las componentes. La nueva condición económica de la
investigadora no tuvo consecuencias significativas para el grupo de mujeres de cultura no
gitana que pertenecen a Las Coristas.

Con el traslado de expediente de la tesis doctoral de la Universidad de Bolzano a la


Universitat de València, se pudo tomar prestados los libros de la biblioteca de esta
Universidad y tener la oportunidad de colaborar con el Departamento de Didáctica y
Organización Escolar. Las reuniones continuas de tutoría con el director y supervisor de
la tesis, constituyeron un momento fundamental de reflexión y análisis sobre los temas
tratados. Gracias a su disponibilidad se pudo continuar y terminar el estudio de campo.

En marzo de 2018, el proyecto fue uno de los ganadores del Premio Emergents 2017 -
Estrategias de innovación social en el territorio (Figura 3), obteniendo una ayuda
económica de 4000 euros. Gracias al premio, el proyecto pudo seguir, ya que con él, se
cubrían las necesidades financieras relacionadas con la compra de nuevo material.
Mientras que la condición económica de la investigadora seguía siendo bastante precaria.
La adjudicación del premio Emergents 2017 fue un reconocimiento importante al
proyecto, al esfuerzo y la implicación de todas sus protagonistas. También fue un
momento fundamental de reflexión por parte de la investigadora, sobre el desarrollo del
trabajo de investigación, identificando en la conclusión del proyecto financiado con el
premio (junio de 2018), el momento de salida del campo.
112
Entre los recursos considerados fundamentales para el desarrollo del proyecto y de este
estudio se deben mencionar las relaciones con los vecinos y las vecinas del barrio de El
Cabanyal, con el profesorado de la escuela pública del distrito, con las diferentes
asociaciones y las instituciones locales. Durante todo el proceso, los representantes de la
administración local han estado informados sobre el inicio del proyecto y,
posteriormente, sobre los resultados logrados.

Para una compilación completa, es importante recordar también las diferentes dificultades
que hicieron de esta investigación un desafío: la necesidad de construir relaciones de
confianza entre personas que no se conocían, la condición de segregación entre las
diferentes comunidades que viven en el mismo vecindario, las diferentes pertenencias
socio-políticas y culturales, las dificultades económicas, la disponibilidad de tiempo. Las
mismas dificultades encontradas han sido consideradas categorías fundamentales de
análisis, durante la reflexión sobre los resultados logrados y el impacto social.

4.6 Las estrategias para el trabajo de campo

La metodología es un conjunto de reglas y procedimientos que indican cómo se ha


llevado a cabo la investigación (Kirby, Greaves y Reid, 2006), explica los procedimientos
utilizados y los supuestos subyacentes en relación al paradigma de referencia. Los métodos
utilizados en este estudio se eligieron en función de las preguntas de investigación y
del tipo de información que se quería producir, en cada fase del proceso. Han sido
pensados como una guía que orientaba el recorrido de toda la pesquisa, un mapa que
seguimos después de haber hecho una profunda análisis del entorno. La investigación entra
en los contextos de la vida social, favoreciendo una relación intensa, utilizando un
enfoque cualitativo que enfatiza la profundidad, la riqueza y la comprensión holística
(Flick, 2014).

Una investigación que contempla lo “dado y lo dándose" teniendo en cuenta la riqueza de


las experiencias de vida y el proceso de intersubjetividad que facilita el diálogo y el
intercambio de saberes (Castellano y Hinestroza, 2017). Al mismo tiempo, la investigadora

113
se convierte en participante activa, en relación con la especificidad del campo social,
que quiere conocer y en cual se reconoce. El uso de las diferentes técnicas de pesquisa,
ha permitido un proceso de triangulación. Un método de correlación para tratar de
mejorar el análisis, de manera que las informaciones puedan contrastarse y compararse
(Okuda Benavides y Gómez-Restrepo, 2005). En la triangulación se utilizan los diferentes
métodos en distintas combinaciones, para que se complementen (Betrián Villas et al.,
2013).

El reto no era producir un estudio objetivo, que sería inapropiado para la investigación
social (Jayaratne y Stewart, 1991), sino tomar en consideración la subjetividad tanto de la
investigadora como de las mujeres participantes y de los actores sociales. Reconociendo
la pertenencia múltiple en términos de raíces histórico-sociales, género, etnia, religión,
condición social y profesional y las influencias que estas dimensiones ejercen sobre las
demás (Villenas, 1996).
Los recursos metodológicos usados son:

a) La observación participante y el diario de campo.

b) La netnografía.

c) Las entrevistas individuales y semiestructuradas.

d) El Grupo Focal.

e) Los mapas conceptuales.

f) La fotografía participativa.

g) El cuestionario de evaluación interna distribuido a las mujeres participantes en el


proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas.

h) El cuestionario de evaluación externa distribuido a exponentes de la sociedad


civil.

4.6.1 La observación participante y el diario de campo

Para documentar la vida y las actividades, para entender las experiencias y los diferentes

114
puntos de vista y conceptualizar los comportamientos como una expresión del contexto
social, la investigación feminista hace uso de la etnografía (Reinharz, 1979; Reinharz y
Davidman, 1992). En este estudio, la práctica etnográfica pretende ser una descripción de
las costumbres, las creencias, las actitudes, los productos culturales, las actividades
económicas, sociales y simbólicas (Duranti, 1992, 2002).

Entre otras técnicas de investigación, estrechamente vinculadas a la investigación


etnográfica y a la investigación sociológica, se ha utilizado la observación participante. El
énfasis se centra en la descripción intensa, gracias a la inmersión en una cultura o en un
grupo social para conocer, describir, explicar las formas del vivir cotidiano y los
significados asociados y también para actuar asumiendo diferentes roles. Se buscan los
elementos que constituyen el fenómeno, para un análisis dirigido a comprender el vínculo
entre los eventos, los mecanismos y las estructuras subyacentes a un proceso. Las
relaciones presentadas no son representativas ni generalizables, porque están
estrictamente conectadas a un contexto socio-cultural dado (Geertz, 2000).

El vínculo entre la observación, la reflexión y la acción es un nudo fundamental de la


Investigación Acción Participativa, tanto para la relación de la investigadora con el
entorno, como con las participantes, consideradas no el objeto de conocimiento sino
sujetos activos de la producción y de la difusión del mismo (Vargiu, 2008). La técnica de
la observación participante requiere un período suficientemente prolongado de
permanencia y convivencia para estar en contacto con el fenómeno que se pretende
estudiar (Atkinson y Hammersley, 1994), y para que la investigadora asuma el rol más
adecuado a los propósitos de la investigación, las circunstancias y los escenarios (Cellini,
2008).

En este estudio, la perspectiva pragmática dirigida a la solución de problemas concretos,


sigue a una fase de profunda comprensión de las características específicas que definen el
barrio y las relaciones sociales entre los colectivos. Es un camino de aprendizaje, un
proceso exigente hecho de observaciones y participación; que requiere poner en juego la
subjetividad como persona, mujer e investigadora, situándose físicamente y
simbólicamente en el lugar. Es una experiencia etnográfica personal difícil. Un momento
115
fundamental de reflexión y autorreflexión por parte de la investigadora, que se enfrenta
con la cultura, las particularidades y los hábitos del contexto que ha elegido estudiar
(Semi, 2010).

Esta forma de entender la observación participante permite captar las teorías locales y la
construcción social de la realidad (Spradley, 1980). Se observa cómo las personas
interpretan y evalúan sus propias acciones y las de las demás. Se participa en la vida
cotidiana, descubriendo los componentes activos de la estructura social. El objetivo es
investigar las prácticas y las reflexiones de las protagonistas en relación con su espacio de
vida, entendido como un universo cultural, social, económico y político (Berger y
Luckmann, 1991).

Esta interacción constante con la realidad ha permitido promover, en la segunda parte de


esta investigación, algunas estrategias específicas dirigidas a mejorar la participación en
la vida social de un grupo de mujeres y la formación de un espacio de encuentro y
cohesión social entre diferentes comunidades. Esta es una particular forma de entender la
pedagogía social y su conexión con la formación ciudadana, en la cual la dimensión
teórica y la práctica son partes esenciales, que coexisten, se integran y se complementan
mutuamente, en un diálogo constante con el mundo real (Cambi, 2007).

El objetivo es proponer temas y soluciones eficaces y creativas. Se busca el diálogo entre


culturas diferentes y la participación activa del individuo, se abre un nuevo campo de
acción, para romper las estrictas certezas del pensamiento único y avanzar en la
conceptualización de un Tercer Espacio donde es posible reconocerse, confrontarse y
contaminarse (Bhabha, 2007). El encuentro con las mujeres participantes y todos los
agentes sociales, la observación participante y los objetivos declarados de este estudio,
han impulsada la investigadora a reflexionar profundamente sobre sus propios hábitos,
pensamientos y teorías para tener una mayor conciencia y evitar el proceso de proyección
(Denzin y Lincoln, 2003, 2005). Es fundamental ser consciente de una serie de
preconceptos, valores, prejuicios, que podrían condicionar la dirección de la mirada
durante la observación, y analizar la posición de la investigadora con respecto a este

116
espacio de vida.

Las observaciones, las interpretaciones, las impresiones, las hipótesis, las explicaciones,
las emociones, se registraron en un diario, tratando de reconstruir la atmósfera que se
experimentaba en el trabajo de campo. Además se apuntaban las partes más significativas
y las reflexiones asociadas de las conversaciones más informales, para no perderse nada
de todo lo que se comentaba y que pasaba día tras día. En estos años se han recopilados
una cantidad considerable de datos etnográficos y los cuadernos se apilan numerosos
sobre la mesa. Una vez en casa, por la noche, se revisaba el material, seleccionándolo y
organizándolo. Junto con el diario, también se usó la grabadora, para las entrevistas y los
grupos de discusión. Todo el material se utilizó para comprender el contexto, reescribir la
historia de la presencia de la investigadora en el territorio, para analizar los pasos y las
acciones, las interacciones y los encuentros, y luego para documentar el proceso, los
obstáculos y los resultados del proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas. Se registraban
las fechas más importantes, las reuniones con los representantes institucionales, los
eventos en lo que participamos, también se apuntó el último día de presencia en el campo
como investigadora 1 de junio de 2018.

Desde ese momento comenzó un nuevo viaje, una nueva forma de reescribir la historia
que habíamos vivido con todas las mujeres que han participado en esta investigación. La
redacción de la tesis se convertía en un acto coral, una forma de narración autobiográfica
colectiva con la que hacer públicos los procesos de reflexión y auto reflexión, el
conocimiento y el autoconocimiento que todas hemos experimentado. Escribir nos
permitió tomar conciencia de lo que nos habíamos convertido y nos permitió recuperar
una experiencia que nos proyectaba hacia un diferente futuro (Demetrio, 2003),
conscientes del cambio que se había producido a nivel cognitivo y emocional, personal y
colectivo.

4.6.2 La netnografía

La investigación cualitativa tiene como objetivo la comprensión de un fenómeno a través


de la perspectiva que las personas dan a sus experiencias (Sherman y Reid, 1994). Las
117
técnicas que se utilizan están relacionadas con las circunstancias específicas, y están
dirigidas a centrar la atención en los eventos que caracterizan un entorno (Guba y
Lincoln, 1981, 1989). Con el objetivo de tener una visión más completa de lo que estaba
sucediendo en el contexto que se había decidido estudiar, se trató de practicar una
observación sistemática de los recursos en línea, utilizando una técnica de transposición
digital de la etnografía: la netnografía.

La netnografía es una forma de etnografía adaptada a la complejidad del mundo social


contemporáneo. Es un método de análisis antropológico capaz de proporcionar un acceso
privilegiado a la comprensión de la vida en el momento histórico de la cultura
tecnológicamente mediada y al conocimiento de la realidad (Kozinets, 2002). Los
conceptos clave de la etnografía acerca de la observación participante y del trabajo en el
campo, se transforman y amplían sus límites, abordado el espacio virtual (Hine, 2000,
2005), como un espacio para la observación sistemática y herramienta para comprender
un fenómeno. Durante los primeros dos meses del trabajo de campo (noviembre-
diciembre 2016), se han analizado las interacciones en una de las plataformas dominantes
del espacio virtual, Facebook, recopilando la información sobre dos dimensiones
específicas;

a) Las noticias publicadas en las páginas.

b) Los comentarios dejados por los usuarios.

Se identificaron seis páginas de diferentes asociaciones y colectivos activos en el distrito


de El Cabanyal y diariamente se leían y registraron noticias y comentarios. Se revisaban
los comportamientos y los micros acciones de los usuarios, con particular atención a las
interacciones digitales, descubriendo momentos muy intensos en la relación entre los
vecinos y lo que pasaba en el barrio. En esta fase el papel de la investigadora, fue pasivo
hacia las discusiones en línea y los datos recopilados fueron cualitativos y contextuales
(Hine, 2000, 2005). Se decidió no realizar propiamente un análisis de texto, sino utilizar
el espacio Facebook como una ventana de observación de las dinámicas y de las prácticas
que se verificaban en el entorno de El Cabanyal y entre las personas conectadas a la red
(Driscoll y Gregg, 2010).

118
Analizar las páginas de Facebook, potente amplificador de la ritualidad con la cual
construyamos nuestra presencia en el espacio virtual, permitió reflexionar sobre lo que se
identificaba como significativo, en base a los comentarios que provocaba una noticia o la
cuantidad de “me gusta” exprimidos. La net-etnografía ha sido considerada una estrategia
para comprender de qué manera lo que se escribía estaba cargado de significado, de
acuerdo con las historias y las experiencias emocionales de cada persona, pero también
según el peso social que las noticias publicadas tenían. Los contenidos emocionales
tenían un vínculo estrecho con el contexto y la situación, teniendo en cuenta la
heterogeneidad de las proyecciones y perspectivas singulares (Crang y Cook, 2007).

Las informaciones se utilizaron para hacer una comparación entre lo que se veía en la
calle, lo que se registraba en el diario de campo y lo que se comentaba en las páginas de
Facebook. La integración de métodos de investigación virtuales y tradicionales, permitió
obtener una visión más amplia de los fenómenos, permitiendo un acercamiento profundo
a la realidad (Sade-Beck, 2004). Se abrió la oportunidad de analizar el significado del uso
de la red en el contexto específico y en el preciso momento histórico de cambio que vivía
el barrio. Fue interesante reflexionar sobre Internet, como herramienta que contribuye a la
construcción social de la realidad, influyendo sobre las modalidades de interacción
interpersonales.

Para sistematizar las informaciones recopiladas se ha utilizado una tabla (Tabla 1), que
resumía las noticias recompiladas a través de los medios de comunicación, los anuncios
de las páginas de Facebook, los comentarios de los usuarios y, finalmente, las fotografías
y las observaciones que se registraban durante las caminatas en el barrio. El conjunto de
estos datos, su recopilación, análisis y comparación, ha permitido extrapolar algunas de
las categorías de este estudio: gentrificación y conflicto social.

119
Tabla 1
Tabla para la sistematización de la información recopilada

Observación directa en la Categorías


Noticias de la prensa Facebook Comentarios usuarios calle de análisis
Carteles y fotos del barrio
Asociación A: 02/01/2017
02/01/2017 La nova bombolla immobiliària S. R. Supose que en aquest article no entraran trols a
http://www.lasprovincia dels lloguers. L'article es centra descalificar-ho, no? Però bueno, com sempre Espai
s.es/economia/201701/ en Barcelona, però parla també Veïnal s'ho inventa tot, això de la gentrificació s'ho
02/burbuja-inmobiliaria- de com a València el lloguer ha haveu inventat per a fer mal ... no ens enganyeu xD
viene-20170101231942- pujat un 14% a l'últim any.
v.html Expulsió de veïnes tradicionals, 17/01/2017
impacte del turisme i dels S. R. Un barri amb 500 propietats municipals la
Noticia de Burbuja moviments hipsters, majoria tapiades, buides i abandonades...Una casa de
Inmobiliaria gentrificació, impacte a la vida l'Ajuntament abandonada durant quasi una

Gentrificación
als barris... conceptes clau per década...Una casa que el govern anterior va comprar,
entendre de que va tot açò. i va voler destroçar un matí amb uns obrers
pagats...Una casa que es va defensar i protegir, en la
que entraren a viure persones per poder
Asociación A: tindre un sostre i per defensar-la i donar-li vida...Hui es
17/01/2017 desallotja pel govern del canvi.És aquest el barri que
Comunicat d'Espai Veïnal front volem? CABANYAL-CANYAMELAR SA. ARA MATEIXA
al desallotjament d'aquest matí DESALLOTGEN A VEÏNES DEL CABANYAL. Hui ens
de dues vivendes de propietat estem despertant amb aquesta notícia. Una casa de
municipal. propietat municipal essent desallotjada per quedar-se
Seguim fortes hui més que mai buida. Aquest és el barri que volem? Buit, tapiat i
front a als que no entenén que sense veïnes.
amb veïnes expulsades i cases
buides no es pot rehabilitar un
barri. 25/02/2017
#FuckGentri #CabanyalDeTotes A.C.P. A mí me gustaría saber qué dijo el alcalde en
#StopExpulsions dicha reunión sobre la Universidad Europea en el
S'agraeix difusió i suport! Cabanyal. ¿Hay alguna manera de informarse?

16/02/2017 D. H. El Alcalde ha apoyado a tope la instalación


16/02/2017 https://www.facebook.com/not de la Universidad Europea para crear "puestos
http://www.levante- es/espai-ve%C3%AFnal- de trabajo de calidad".
emv.com/opinion/2017/ cabanyal/la-universitat-
02/16/cabanyal- europea-de-val%C3%A8ncia-un- M.C. Sí acaso se puede llamar "empleo de calidad" al
universidad/1529496.ht nou-pas-cap-a-la- gran negocio privado, elitista y globalizado, de cursos
ml gentrificaci%C3%B3-del- universitarios de pésima calidad educativa que poco a
cabanya/1195010103947731 poco crece a medida que a la vez se dinamita y
Universidad en El degrada la universidad pública. Para este viejo
Cabanyal comunista de Ribó, los "puestos de trabajo de
calidad" deben ser los de hacer de cama mal pagados
para los turistas flotantes y globalizados de
estómagos llenos y del mundo sobre desarrollado.
¡Todo un cotizado empleo de camareros aunque
estos tengan estudios superiores y titulaciones
universitarias muriéndose de pena!

S.G. Todo en su justa medida parece correcto. Pero en


ningún caso podemos convertir nuestro barrio en un
parque temático de estudiantes. Sin duda los
proyectos ya aprobados de residencias de estudiantes
traerán vida al barrio, pero su proliferación llevará a
la masificación de ocio nocturno que acabará
provocando muchas más molestias a los vecinos.
Aprendamos de Ruzafa y el Carmen.

Fuente: Elaboración propia

120
4.6.3 Las entrevistas en profundidad

La entrevista es una conversación provocada por quien hace las preguntas, la


entrevistadora, con la finalidad de conocer la perspectiva de la persona entrevistada,
recogiendo su categorías conceptuales, las interpretaciones sobre la realidad, las
motivaciones de sus acciones, sobre la base de un esquema flexible y no estandarizado de
interrogación (Flick, 2014). Hacer preguntas para recibir respuestas es una tarea mucho
más difícil de lo que se puede creer, debido a la carga de ambigüedad que implica la
situación. Al mismo tiempo, constituye la herramienta más utilizada para obtener
información (Fontana y Frey, 1994). La entrevista es una interacción diádica, basada en
la relación directa y el diálogo intencional entre entrevistadora y entrevistada (Lievano,
Varela y Alarcón, 2013).

La entrevista en profundidad es una conversación extensa, y ha sido identificada como el


método más adecuado para conocer y comprender las experiencias de vida de las personas
residentes en el distrito de El Cabanyal (Anexo 1). Con la entrevista en profundidad, la
investigadora formula preguntas sobre un tema general, y los argumentos relacionados,
emergen de manera espontánea en el curso de la interacción. En esta manera cada
entrevista es única, en los contenidos, en las duración, en la relaciones que se establecen,
y se invita a las informantes, a explicar sus puntos de vista (Spradley, 1979), y su
visión acerca un argumento especifico. La persona entrevistada se selecciona sobre la base
de algunas características, en referencia a su vida personal o a la pertenencia a un
determinado grupo social.

En la fase inicial de este estudio cualitativo se entrevistaron personas que tenían una
estrecha conexión con el problema y con el tema de la investigación. Durante las
entrevistas se hacen preguntas, se escucha atentamente las respuestas y se hacen otras
preguntas más profundas. La actitud de la escucha activa, atenta pero no crítica (Hammer
y Wildavsky, 1990), es uno de los momentos más importantes para hablar y sobre todo
escuchar en la investigación científica (Krueger y Casey, 2014). Este intercambio permite
crear un puente con los demás (Díaz-Bravo, Torruco-García, Martínez-Hernández y

121
Varela-Ruiz, 2013), recordando que cada individuo tiene su propia historia social y una
perspectiva personal del mundo (Fontana y Frey 1994). La otra persona no es solo la
entrevistada, sino un ser humano a veces olvidado y sin voz, que nos permite leer su
mundo (Crapazano, 1980), y exprime sus ideas, compartiendo sus saberes y tal vez
emociones.

La investigación cualitativa está guiada por un enfoque de construcción naturalista y


social de la realidad, que permite centrarse en cómo las personas perciben el contexto de
su vida, cómo interpretan sus experiencias, cómo viven una situación particular y se
adaptan a ella (Creswell, 1998). La entrevista es un enfoque para aprender sobre el mundo
(Douglas, 1985), ya que es un método de investigación en el contexto de las personas, un
método para explorar temas y conceptos más allá de lo obvio y explícito (Oakley, 2013).
Es una búsqueda y una exploración dentro de la vida cotidiana.

En este estudio se ha utilizado la técnica de la Responsive Interviewing (Rubin y Rubin,


2011), que enfatiza la importancia del trabajo con las interlocutoras, como autoras activas
de la conversación, no como objetos de investigación. Es una técnica utilizada cuando se
quiere conocer un aspecto y un fenómeno en profundidad, según un enfoque ecológico.

Todas las entrevistas requieren una preparación, estructuración, formulación; sin


embargo, es posible plantear un esquema general que pueda ayudar al desarrollo de la
misma (Longhurst, 2003). Se distinguen tres fases; una primera fase de elaboración y
preparación, una segunda fase de inicio y de desarrollo y una tercera fase de resumen de
la información expuesta (Wiens, 2017). La entrevista consta de tres tipos de preguntas:

a) La preguntas principales que estructuran la entrevista en general.

b) Las preguntas que provocan detalles y dan forma a la conversación.

c) Las preguntas que exploran y prueban las ideas que surgieron en el


proceso de la entrevista.

Esta técnica permite, por un lado, conocer a las personas, pero también los procesos
culturales, sociales y políticos, así como las relaciones entre grupos sociales (Merlisnky,

122
2006). Cada entrevista necesita un tiempo de calentamiento, en el cual es posible enfocar
la atención de las personas entrevistadas en actividades relacionadas con el tema
propuesto, como mostrar fotografías o imágenes de una situación o un contexto dado
(Fontana y Frey, 2005). Es importante comenzar con las preguntas que hacen que la
persona se sienta cómoda, mientras que las preguntas más difíciles se dejan para el final.

Al referirse a una estructura epistemológica, que permite profundizar en aspectos


considerados importantes para la descripción de un fenómeno dado, las entrevistas tienen
un carácter flexible y se invita a las mismas entrevistadas a hacer preguntas, reduciendo
así las actitudes defensivas (Fernández, 2001). Las entrevistas han sido un momento
importante para redefinir, en una negociación recíproca, los significados asociados a un
evento (Lather, 1991), enfocándose en los mecanismos de coproducción de
conocimiento, la posición de las personas en el espacio social y la forma en que las
demás están representadas (Moss, 2001).

Las personas participantes han estado informadas sobre la seguridad de la privacidad y


confidencialidad de la información. Todas recibieron un formulario de consentimiento
informado y se les proporcionaron las advertencias sobre la investigación, los objetivos,
los métodos y la duración del trabajo. Las entrevistas se grabaron con el consentimiento
por escrito. Las transcripciones fueron devueltas a las personas entrevistadas para
modificaciones y revisiones adicionales, y la lectura conjunta permitió centrarse en las
interacciones que se establecieron, así como en los comportamientos y en las emociones
asociados (Harris, Jackson, Mayblin, Piekut y Valentine, 2015).

La información recopilada se utilizó como base para constituir un análisis profundo del
contexto junto con las informaciones obtenidas a través del estudio de los documentos, de
la literatura, de las páginas de Facebook y de las impresiones registradas durante la
observación participativa. Se han explorado las intenciones y los valores de los actores
sociales q u e viven y trabajan en un territorio determinado. Todas las personas
entrevistadas en las primeras fases de la pesquisa, fueron contactadas al final del proyecto
y recibieron la información sobre el procedimiento y los resultados obtenidos por la
intervención. Se pudo activar así un proceso de reflexión y evaluación, al convertirse en

123
participantes activas, en el camino de análisis de los resultados y de la co-construcción de
la teoría subyacente a este estudio.

4.6.4 El Grupo Focal

El Grupo Focal es una técnica de investigación cualitativa utilizado en una amplia variedad
de disciplinas (Krueger y Casey, 2000), y puede considerarse ideal para explorar cuestiones
culturales, permitiendo conocer y estudiar opiniones y actitudes. Es una técnica que se
basa en la recopilación de la información, que surge durante una discusión grupal, sobre
un tema que se quiere investigar en profundidad (Silverman, 2016). En la organización
de los encuentros es importante tener en cuenta las características de las participantes;
el nivel de formación, el contexto, el origen étnico y cultural y el lenguaje utilizado. Una
característica típica del Grupo Focal es la interacción entre los miembros (Acocella,
2015), que permite recoger las impresiones de las diferentes participantes prestando
atención al comportamiento verbal, no verbal y relacional (Colella, 2011). El Grupo
Focal está estructurado como un conjunto de personas, generalmente de seis a doce,
más la moderadora, que se reúnen en un ambiente permisivo y no amenazante, para hablar
sobre un tema previamente seleccionado.

La persona que modera, mantiene el enfoque sobre la cuestión, de una manera no directiva
y guiando la discusión con preguntas- estímulo, con el objetivo de recoger los diferentes
puntos de vista y las percepciones. La idea era reproducir la situación de un grupo de
personas que se conocen entre sí y que hablan de manera relajada (Carey y Asbury,
2016), se responderán las preguntas y surgirán otras nuevas. La intención es
comprender e interpretar los fenómenos sociales complejos, las interacciones entre las
personas y entre estas y un determinado contexto, en una condición de libertad de opinión,
donde todas se sienten cómodas y libres de expresarse.
En este estudio se realizaron tres Grupos Focales:

a) Un Grupo Focal Inicial en una etapa temprana de la intervención, con el


objetivo de profundizar en la información obtenida durante las entrevistas a los

124
vecinos y las vecinas (Rabiee, 2004), elaborando así una triangulación de datos
(Silverman, 2016). En la reunión se tuvo un primer contacto con aquellos
miembros del vecindario que serán parte activa del proyecto. Una especie de
grupo promotor, para tratar con más profundidad el problema del conflicto social,
presente entre culturas diferentes en el barrio de El Cabanyal, tema que había
surgido en las entrevistas, y planificar estrategias y acciones futuras.

b) Un Grupo Focal Intermedio se organizó durante el desarrollo del proyecto


de Innovación Socio- Cultural Las Tejedoras y Las Coristas, para hacer una
evaluación de las prácticas y de las estrategias puestas en marcha, reflexionando
sobre la dimensión de coherencia entre lo que se estaba haciendo y lo que se
quería hacer, y reforzando el potencial de reflexión-acción de las mismas
participantes. La finalidad es construir discursos para problematizar lo existente y
desarrollar una conciencia crítica de las participantes hacia las aspiraciones para
el futuro (Mortari, 2007).

c) Un Grupo Focal Final se organizó como momento de análisis compartido


de todo el proceso, después de la entrega de los cuestionarios de evaluación
interna y externa, para reflexionar sobre el impacto social del proyecto y las
perspectivas.

En el desarrollo de los Grupos Focales se exploraron los problemas típicos de los grupos
pequeños y grandes. En el grupo pequeño se produce el dominio de uno o dos individuos
sobre los demás. El grupo grande, es tal vez difícil de controlar, en cuanto que las
participantes hablan al mismo tiempo (Cataldi, 2014). Una tarea importante ha sido
controlar el tiempo de intervención y mantener el enfoque sobre la temática de estudio.
Partiendo de la identificación de temas específicos a tratar, se decidió llevar a cabo una
discusión a interacción libre, lo que permite una mayor compatibilidad y productividad
(Krueger y Casey, 2000).

Los tres Grupos Focales (inicial, intermedio y final) se organizaron respectivamente para
los dos grupos de mujeres participantes. Los miembros del grupo de mujeres de cultura
125
gitana de Las Tejedoras se conocían entre sí, y la familiaridad permitió una cierta fluidez
en la discusión, mientras que no todas las mujeres pertenecientes al grupo de Las Coristas
se conocían.

Los Grupos Focales se grabaron con el consentimiento de las participantes, y las


transcripciones se usaron principalmente para verificar partes específicas del discurso,
junto con el análisis de las notas de campo y de los comentarios sobre los
comportamientos no verbales. En la fase de análisis, las partes del texto consideradas
importantes se han etiquetado basándose en los conceptos particularmente significativos.
Las transcripciones se han leído muchas veces hasta llegar a una cierta familiaridad con
el material. Se han señalado las unidades de significados: las palabras, las frases o los
párrafos. Después se han elaborado las etiquetas conceptuales, atribuidas a cada unidad
de análisis. A esta primera sistematización del material siguió una segunda más precisa,
para verificar la elección de las unidades de significados. En este procedimiento es
fundamental reconocer, a través una responsabilidad auto-reflexiva, cuáles son las
posturas y los procesos cognitivos fundamentos de aquellas ideas personales, que
moldean el pensamiento de la investigadora y que tienen que ser expresadas y explícitas
(Mortari, 2007).

Uno de los dilemas de la investigación intercultural es la posición de la investigadora en


relación con su origen y, por lo tanto, la condición de miembro interno o externo a una
determinada cultura. Donna Haraway (1995), invita a tener presente el lugar de
enunciación de la investigadora, que inevitablemente afecta a sus interpretaciones,
considerando la raza, la clase, la sexualidad, el capital social y otros posicionamientos. El
origen italiano de la investigadora la colocó dentro de la comunidad no gitana, pero al
mismo tiempo ni siquiera pertenecía a la comunidad española autóctona. El hecho de ser
una persona externa al contexto ha permitido explorar espacios sociales que no eran
obvios, permitiendo reflexionar desde una mirada multidimensional sobre las culturas
estudiadas, las diferencias, las interacciones y los conflictos presentes.

Los descubrimientos de los modelos teóricos con respecto a un fenómeno, se compararon


continuamente con las interpretaciones de las mujeres participantes y esto permitió evaluar
126
no solo el impacto del proyecto, sino también el desarrollo del mismo proceso de
investigación, sobre la percepción y la experiencia de co-producción de conocimiento. El
carácter no lineal del análisis de los discursos, que describían un contexto, y la apertura a
las solicitudes recibidas del campo permitieron experimentar un proceso reflexivo
(Dovingo, 2002), tal que no solo desvelaba las formas de injusticia y desigualdad también
las estrategias para contribuir a un proceso de Empoderamiento y Emancipación.

4.6.5 Mapas conceptuales

A medida que se delineaba la estructura de este estudio, intervenían nuevos factores, se


integraban nuevos conceptos y se dejaban de lado otros que ya no parecían relevantes.
Como investigadora social, era fundamental considerar la riqueza de los conocimientos
previos, factuales y conceptuales para reflexionar en cómo estos, iban a interactuar con la
nueva información que se recibía del contexto y derivada de las personas que se iban
incorporando al proyecto. Se trataba además de analizar las limitaciones de un diseño de
investigación, que quería ser flexible y que se estructuraba durante el mismo proceso de
recopilación de las informaciones, acerca de la condición en el presente. Otros elementos
útiles, para la reconstrucción de la realidad social empezaron a ser las reflexiones acerca
de la restitución de las transcripciones a las personas entrevistadas, y los seminarios con
el supervisor de tesis.

Se comenzaron a delinear las categorías conceptuales con referencia a los marcos teóricos
específicos, con una re-elaboración constante del análisis, dada la naturaleza dinámica del
contexto en el que la investigadora se encontraba. La complejidad y el dinamismo de los
procesos fueron representados con la ayuda de algunos mapas conceptuales (Novak y
Gowin, 1984), que permitieron la convergencia y las síntesis de todas las informaciones
que gradualmente se iban acumulando. La elaboración de mapas contribuye a situar el
material recogido en relación con otros elementos que surgían.

La utilidad de usar mapas conceptuales (véase Figura 4.1), no era solo resumir las ideas
(Novak, 1990a), sino dirigir los pasos siguientes del trabajo de campo, en relación con las
líneas trazadas por la intersección de las informaciones recogidas. Todos los mapas
127
conceptuales producidos han sido leídos, analizados y reelaborados constantemente. Las
reflexiones sistemáticas sobre la documentación recopilada permitieron identificar las
categorías básicas de la teoría emergente, en relación a los procesos de Empoderamiento
y Formación del Tercero Espacio. La estructuración de mapas conceptuales ha sido
identificada como un método para conceptualizar la situación, esbozar las asociaciones de
ideas que han surgido, señalar los tipos de datos que faltaban y elaborar un proyecto de
estrategia de acción estrechamente conectada al contexto (Novak, 1990b), con formulación
de las primeras hipótesis de intervención comunitaria.

128
Tabla 2

Mapa de actores, fases y de relaciones entre las entidades realizado para la Investigación Acción Participativa

Fuente:Elaboración propia

Análisis del contexto del


barrio de El Cabanyal

Fase de
Exploración Estudio de la documentación oficial y literatura específica
Observación participante
Entrevistas
Estudio etnográfico de las redes sociales

Análisis politica Análisis social Análisis Análisis de los recursos


urbanística locales
EDUSI- Individuación de
Estrategia de los problemas de Rehabilitación del Fuerte identidad del
desarollo urbano convivencia, barrio gracias a los barrio - Historia de
sostenible e segregación y fondos FEDER/ 30 resistencia contra el
integrado conflictos sociales millones de euros PEPRI- Proyectos y
asociaciones activas en
el territorio

Segregación Gentrificación
social

Rumana Vecinos /as

Fase de Población de Población de cultura Fase de


cultura gitana no gitana Evaluación
Diagnóstico y Española
Fase de
Prescripción

Las Tejidoras Las Coristas

Formación Tercer
Empoderamiento/
Espacio
Superación

Fase de
Implementación Co-participación
Participación
activa en la vida
social local
129
Escuela
4.6.6 La fotografía participativa

En el mundo contemporáneo híper-visible (Virilio, 2007), el uso de las metodologías


visuales se vuelve cada vez más importante también en la investigación científica, debido
al vínculo que existe entre la imagen y la cultura de referencia. Es interesante analizar el
debate, no solo sobre la producción de la imagen, sino también sobre su interpretación en
relación con los significados culturales producidos. El uso de la imagen en la
investigación social no solamente permite debatir sobre las formas de poder y las
estructuras subyacentes, sino que permite trabajar para construir otras formas de
comunicación, en relación a los procesos de Empoderamiento individual y colectivo
(Wang y Burris, 1994), y el enfoque transformativo del trabajo científico.

Para este estudio se buscaban técnicas que facilitaran la relación, el intercambio, el


diálogo y la comunicación entre iguales (Allen, 2011, 2012). La fotografía participativa,
como metodología conectada a la narración de un evento, se considera una oportunidad
para generar nuevos modelos de coproducción de conocimiento, se cuentan historias y
experiencias personales. Las tomas seleccionadas, indican la relación con un contexto
dado, haciendo explícitos los diferentes puntos de vista. Junto al proceso de auto-
representación, se ofrece una narración interactiva de la realidad, que a través de la
fotografía se puede redescubrir, analizar y comunicar. En este sentido, es un instrumento
de conciencia, visibilidad y diálogo, a partir de las imágenes elaboradas por las personas
que participan en el proyecto, protagonistas del cambio que desde la esfera personal
aborda el espacio colectivo.

La fotografía participativa se basa en la literatura de la educación para la formación del


pensamiento crítico, la teoría feminista y los enfoques basados en el desarrollo de la
comunidad. Esta técnica ha sido utilizada para comprender las experiencias de las mujeres
en relación con su participación en el proyecto Las Tejedoras y Las Coristas y el
significado subjetivo asociado. De acuerdo con el planteamiento con que la investigación
humanística se centra en la experiencia de vida de las personas y también en cómo se
representa (Wang y Burris, 1994, 1997), las participantes han tomado fotografías, que
han sido seleccionadas por ellas mismas y luego han sido utilizadas para la reflexión
130
crítica y grupal.

En las prácticas de la Investigación Acción Participativa las técnicas visuales se


consideran innovadoras y están estrechamente relacionadas con el proceso de
reapropiación y coproducción de conocimiento (Kroeger, Embury, Cooper, Brydon-
Miller, Laine y Johnson, 2012). Se empieza registrando una condición existente
particular, se promueve el diálogo y la reflexión crítica y se intenta transferir la discusión
al exterior (Wang y Burris, 1997), intentando actuar frente a la realidad social. El
objetivo es identificar y documentar, desde la perspectiva de las mujeres, el vínculo con
el proceso transformativo puesto en marcha (Wang, 2006), ofreciendo una representación
diferente y original de aquella realidad que se iba construyendo.

En el caso de este estudio, las fotografías tomadas durante todas las fases de la
intervención se compararon con aquellas utilizadas por los medios y en las redes sociales
para describir el barrio, la situación de segregación entre las comunidades, las
condiciones de degradación y marginalidad. Resultaba prioritario establecer un diálogo
entre diferentes agentes sociales locales, no solo para reflexionar acerca de las
problemáticas presentes, sino también, para transformar la visión del barrio y empezar
una gestión comunitaria del uso de los espacios públicos urbanos. El aspecto de la
relación entre la manera en que el barrio se representaba por los medios de comunicación,
cómo se describían las relaciones entre las personas, y lo que estaba cambiando gracias a
la implementación del proyecto, se consideró tan importante en todo el proceso, que fue
objeto de la compilación de un artículo publicado por la revista RIFOP- Revista
Interuniversitaria de Formación del Profesorado1.

1
Donato, D. y San Martín, A. (2018). Comprender los medios, Transformar la ciudad: un Proyecto
Participativo de Formación del Profesorado. Revista Interuniversitaria de Formación del
Profesorado (RIFOP) 91(32.1). Versión post-print de 9 de marzo de 2018, recuperada el 20 de
marzo de 2018 de https://aufop.blogspot.com.es/2018/03/rifop-91-321-comprender-los-medios.html

131
La fotografía participativa permitió una discusión profunda sobre los aspectos de
participación ciudadana, la acción social, el intercambio intergeneracional y la cohesión
comunitaria, reestructurando la relación entre saber y hacer. Durante la sesión de
discusión grupal, se reflexionaba sobre la foto elegida y la experiencia emocional asociada
a ella. De todas las fotos tomadas, las que el grupo ha considerado más representativas
(Figuras 5 y 6), han sido enviadas a un concurso, ganando el tercer premio en el "I
Concurso de Fotografía Mujer Gitana", promovido por una Asociación gitana de la ciudad
de Valencia.

Figura 5-6. Concurso de Fotografía.


Fuente: Elaboración propia.

El objetivo del concurso era potenciar la participación social de la ciudadanía, a través de


la producción de imágenes y expresar la lucha femenina contra la condición de
invisibilidad de la mujer gitana.

132
El uso de la fotografía participativa permitió descubrir un espacio para la creatividad
social activa, reflexionar sobre la realidad externa y el contexto de vida, pero al mismo
tiempo permitió explorar la esfera más íntima y privada. Las mujeres protagonistas
interpretan el mundo a través de una imagen específica, congelan un momento irrepetible
conectado a un recuerdo y a una emoción. Todo el proceso queda impreso en una foto y
este nuevo conocimiento se hace visible, accesible y compartido con las demás. Al igual
que el diálogo, la interacción entre quien toma una fotografía y quien la observa, entre
quien habla y quien escucha, abre nuevas posibilidades para descubrirse empáticamente y
humanamente más cercanas.

4.6.7 El cuestionario de evaluación

Los métodos de evaluación fueron participativos (Geilfus, 2002), interpretativos y


cualitativos (Greene, 1994; Guba y Lincoln, 1981, 1985, 1989, 1994), utilizando en los
cuestionarios de evaluación preguntas abiertas como una oportunidad para el intercambio
de ideas. La evaluación del proyecto Las Tejedoras y Las Coristas, ha tenido un carácter
doble: interno y externo. El enfoque implicó el uso de preguntas sobre lo que funcionó y
lo que no funcionó, preguntas sobre la resolución de problemas y conflictos que
surgieron, sobre la mejora de los aspectos deficientes y la relación establecida entre las
participantes y los agentes sociales locales (Wallerstein y Bernstein, 1994). El proceso de
evaluación ha sido una parte integral del análisis de los resultados y de todo el proceso
del presente estudio (Mertens, 2014).

La evaluación tenía el objetivo de registrar las opiniones de todas las mujeres


participantes en el proyecto, y reunir información sobre los aspectos claves acerca de la
intervención en un enfoque transformativo. Se proporcionaron dos cuestionarios, en
diferentes momentos del trabajo de campo, desarrollado entre noviembre de 2016 y junio
de 2018. Se propuso una evaluación procesual, en el seguimiento del desarrollo del
proyecto y dirigida a mejorar la práctica, y una evaluación final sobre los resultados
obtenidos (Padgett, 2016). La experiencia de la Investigación Acción Participativa y la
puesta en marcha de un proyecto de Innovación Sociocultural han sido planificados para
una situación social concreta (Singer, 1994). Y con la evaluación sistemática y
133
participativa se ha obtenido una comprensión más amplia del impacto que han tenido a
nivel individual y social. En este sentido, las estrategias se han adaptado a las
expectativas y a los intereses de las participantes y a los problemas detectados.

Un primer cuestionario (Anexo 2) fue entregado en mayo de 2017 a las mujeres de


cultura gitana del grupo de Las Tejedoras. Las preguntas propuestas tenían como objetivo
recabar informaciones sobre: el trabajo realizado durante los primeros meses (noviembre
de 2016 - mayo de 2017), la ejecución del proyecto, así como las motivaciones por
continuar con la intervención y las expectativas futuras (Shaw y Holland, 2014).

La evaluación procesual de tipo formativo es una estrategia de mejora que ha permitido


conocer los puntos débiles y abordar las modificaciones necesarias (Robson, 2017). Se
publicó un análisis preliminar en el informe semestral del presente estudio, y a partir de
este momento de evaluación y con las informaciones recompiladas se realizó un pequeño
documental que permitió una reflexión aún más profunda y compartida, y un análisis de
la situación actual. El documental relata la historia de los primeros meses del trabajo de
campo, refleja el compromiso en el proyecto de todas las participantes y como las mujeres
han empezado a experimentar momentos de convivencia constructiva, como
oportunidad para lograr otros objetivos. Una ocasión de diálogo sobre la planificación, la
metodología utilizada, los recursos y la evaluación de los resultados así como acerca de
las indicaciones sobre su continuidad (Núñez, 2016).

En marzo de 2018 se proporcionó un cuestionario de evaluación final (Anexo 3), a las


mujeres de cultura no gitana del grupo Las Coristas, para reunir información sobre el
grado de satisfacción general, las percepciones personales acerca de la estrategia
planificada en el proyecto, los objetivos y el impacto de la intervención. La evaluación
final aporta informaciones sobre los efectos, la adecuación de los recursos utilizados y de
la acciones realizadas a las necesidades específicas (Valle y Fuentes, 2016).

Para evaluar el impacto social del proyecto, que es una fase importante pero también
difícil para muchos programas, se solicitó la opinión, a través de entrevistas

134
semiestructuradas, (Anexo 4) de cuatro agentes externos. El guion que conducía la
entrevista hacía referencia a las estrategias, los procesos y las consecuencias del proyecto.
Se preguntó sobre las percepciones de los objetivos logrados y los avances visibles en las
relaciones entre comunidades en el barrio de El Cabanyal. Las principales innovaciones
de la intervención han resultado: la comprensión aún más amplia del conflicto entre
comunidades existentes en el barrio de El Cabanyal, la importancia atribuida a un proceso
de co-participación sistemático entre mujeres, la adopción de criterios pedagógicos de
formación política, la perspectiva feminista y la análisis interseccional de los fenómenos
de vulnerabilidad social. Estrechamente vinculado a la evaluación general del impacto, es
fundamental un análisis del proceso y de las estrategias puestas en marcha, cuyos efectos
repercuten también en los grupos que no están directamente involucrados en la acción
planificada (Martinéz, 2006).

4.7 Aspectos éticos

Una de las dificultades encontradas durante el proceso de investigación ha sido


renegociar continuamente el papel de la investigadora en la relación con las participantes,
las necesidades y las características del contexto. Ha sido fundamental reconocer y tener
en cuenta la pertenencia según la cultura, el género, la clase social, el nivel de educación,
la edad, el ser madre, las habilidades y los conocimientos previos. Todos estos factores
están relacionados con la identidad, la manera de investigar y actuar, considerando que
cuando se empieza un trabajo de campo, la investigadora no es una observadora neutral
(Mortari, 2007).

La aspiración es superar el peligro de una adhesión acrítica a las propuestas


aparentemente más atractivas, activando un enfoque que considere las características del
contexto y la participación como centrales, y que implique el movimiento desde una
periferia hacia el centro del campo social, para comprender el mundo y la realidad
circundante. En este sentido, igualmente importante y desafiante ha sido reflexionar sobre
los diferentes roles, asumidos por parte de todas las protagonistas.

Durante el período de este estudio se iban modificando algunas dimensiones que definían
135
ciertas posiciones iniciales. Por ejemplo la posibilidad económica de la investigadora, el
nivel de habilidad de ganchillo alcanzado por parte de algunas de las mujeres del grupo
de Las Tejedoras, el nivel de apertura hacia el colectivo de cultura gitana por parte de las
mujeres de cultura no gitana y viceversa, superando la postura de desconfianza hacia la
otredad. Se he tratado de analizar cómo, el mismo proceso de investigación y el proyecto
de Innovación social cultural, han fornido una nueva estructura a las relaciones sociales
intra e inter-grupales, afectando a las posiciones de cada una respecto al entorno
(Cochran-Smith y Lytle, 2009).

Con el objetivo de estructurar un camino de co-producción del conocimiento y co-


participación social, el lenguaje asume un papel fundamental ya que refleja las relaciones
de poder y la subjetividad de las formas. Es por eso que, es esencial reestructurar el
discurso y buscar mejores y nuevas formas de comunicación que sean creativas,
compartidas y proactivas (Hearn, Tacchi, Foth y Lennie, 2009). El lenguaje también se
ocupa de las emociones, como parte integral del proceso cognitivo y de toda la
experiencia humana. El pensamiento y las emociones interactúan, no solo en la relación
intersubjetiva y en la experiencia empática, sino también en la comprensión del contexto
y del fenómeno (Mortari, 2007).

En la investigación trans-cultural, el uso de las formas originales del idioma es un acto


político para reflexionar sobre las estructuras existentes y sobre la posibilidad de analizar
el campo social, como un espacio de símbolos y prácticas socialmente construidas. El
estado económico, el privilegio de acceder a una buena educación y el pertenecer a una
determinada cultura, el compromiso político y social como experiencia de vida, son
aspectos que se reflejan totalmente en el uso del lenguaje (Cochran-Smith y Lytle, 2009).
La identificación y el cuestionamiento de actitudes y comportamientos pasan por la
negociación del uso de las palabras, como herramienta para compartir experiencias y
transformar las relaciones de fuerza existentes (Habermas, 1984, 1990). La realización de
un cambio social se facilita a través el encuentro entre diferentes niveles de
conceptualización de la realidad social, y cuando los agentes que hablan entre si,
comparten, consensuan y proponen conjuntamente una trasformación de la condición
actual.
136
Se trató de prestar especial atención al uso del lenguaje por varias razones. Primero,
porque el español no era la lengua materna de la investigadora, por lo tanto se tuvo que
pensar cuidadosamente en la forma de hablar, comunicar y traducir, tratando de evitar el
uso de términos que podrían malinterpretarse o relacionarse con los estereotipos.
Segundo, porque el uso del lenguaje estaba relacionado con la diferencia cultural, social y
económica de las mujeres participantes, intentando entrar en el universo de los
significados compartidos o contrapuestos que venían asignados a las palabras, por parte
de las demás. En este sentido, se trató de analizar conjuntamente el uso de unas palabras
y no de otras, reflexionando sobre nuestro recorrido como mujeres, que estaban
involucradas directamente en un proceso de cambio.

Al término etnia para definir la diferencia: mujeres de etnia gitana y no gitana, se prefirió
lo de cultura, en referencia a un aspecto más dinámico del concepto, su relación con un
proceso de encuentro, y respecto a una noción de identidad como discursiva y no
estructural. Durante la fase de argumentación y evaluación de los resultados, el uso de
ciertas palabras ha permitido resaltar el proceso de Empoderamiento y Emancipación,
realizados por las participantes del proyecto, que utilizan el mismo lenguaje como
herramienta para la acción social. Por dichos motivos, en las transcripciones de las
entrevistas y de los cuestionarios de evaluación, se trató de reproducir lo más fielmente
posible el estilo y los significados atribuidos por las interlocutoras, y en el análisis del
texto ha sido posible seguir la evolución en el uso del lenguaje, que reflejaba también un
proceso de superación de algunos términos y de apropiación de otros, para definir un
contexto y redefinirse en el mismo.

Tradicionalmente, los aspectos éticos de la investigación se refieren al consentimiento


informado (Anexo 5), al derecho a la privacidad y a la atención a la seguridad de las
participantes; pero también parecía interesante reflexionar sobre los aspectos éticos
situacionales de esta Investigación Acción Participativa, tan específicos de un determinado
entorno (Fontana y Frey, 1994). Se necesitaba considerar el significado de las acciones,
el impacto en el contexto y era importante para la investigadora estar preparada para
asumir las responsabilidades consiguientes a sus actos. En este sentido, algunos aspectos

137
han sido elaborados durante el estudio teórico y el trabajo de campo, y han estructurado
las bases para la reflexión sobre:

a) La necesidad de ser suficientemente crítica acerca el proyecto de investigación


por un lado, y el proyecto de Innovación Socio-cultural, por el otro, y la
relación entre las dos dimensiones.

b) La postura en el momento de escribir la tesis de doctorado, el análisis de los


resultados, el uso y la difusión de la información compilada.

La investigadora que se acerca a una realidad específica, y a las historia de vidas de las
protagonistas, debe estar dispuesta a redefinir continuamente su propio camino
(Blomberg, Giacomi, Mosher y Swenton-Wall, 2017), y teniendo en cuenta que cada
persona y cada lugar deberían ser tratados con respeto, sentido de justicia e integridad,
cada situación presenta sus peculiaridades. Por esta razón, es difícil establecer de manera
prescriptiva cuáles son los comportamientos éticos en general (Baldwin, Johnson y
Benally, 2009), y desarrollando un estudio en progreso, con una estructura abierta que
toma forma con las participantes (Kelly et al., 2004), es importante conseguir construir
puentes de diálogo, con una atención recíproca sobre todos los aspectos.

La necesidad de establecer una relación de confianza basada en la comprensión, la


disponibilidad y el respeto mutuo, ha sido un elemento fundamental en todo el proceso.
Se ha procurado aprender la una con la otra, escuchando y empezando por los aspectos
humanos, antes que los de un programa establecido (Altman, 1995), participando juntas
en una aventura en la cual todas han experimentado una amplia gama de sentimientos,
manejado tipologías heterogéneas de lenguajes, valores y posturas antes la vida. El
principio epistémico ha consistido en crear conexiones (Mortari, 2007). Establecer una
relación de confianza con las comunidades y los referentes claves, los agentes sociales,
las instituciones; ha sido de suma importancia para impulsar el cambio social positivo
(Hurley et al., 2016). La unión y la armonía en el grupo ha sido un recurso indiscutible,
así como la apertura a experimentar nuevos desafíos.

138
En el momento del análisis de los resultados y de la escritura de la tesis, una vez más se
ha requerido una disposición a la reestructuración de las relaciones y una declaración
explícita de las diferentes posiciones que se ocupaban en el espacio creado con esta
investigación (Simwinga, Porter y Bond, 2018). Se trató de trabajar para la valorización
de las potencialidades de cada una, necesarias para gestionar el contexto de aprendizaje
específico, resaltando los aspectos positivos de lo que se estaba experimentando y se
estaba descubriendo en cada fase. El reconocimiento no es un proceso de negación de sí
misma en virtud de la afirmación de la otra; es decir, una condición en la cual se sacrifica
la propia autonomía para reconocer la del otro (Habermas y Taylor, 2002), sino un
reconocerse recíprocamente.

El desafío asumido con esta Investigación Acción Participativa impuso cierta audacia
dada la complejidad de la situación. Al ser la investigadora una persona extraña al
contexto, se intentó alcanzar una posición de extrema humildad. La investigación con
sujetos vulnerables ha impuesto la máxima atención al establecimiento de un clima
favorable, tratando de mantener un alto grado de confianza y respeto hacia las
participantes, sus valores, sus derechos y sus costumbres (Pérez, 1997). En este sentido,
se intentó involucrar a las mujeres según sus disponibilidades y sin causar conflictos en
las familias y en el colectivo de origen, evaluando cuidadosamente los riesgos y los
beneficios de la participación en el proyecto. Se puso mucha atención a que las
informaciones recopiladas en la investigación, y el sucesivo proceso de análisis, no
fueran nunca herramientas para estigmatizar la condición de marginalidad y
vulnerabilidad, sino oportunidades para comprender.

A pesar de la constante atención a los diversos aspectos éticos, para preservar las personas
y las relaciones, aún hoy, escribiendo esta tesis, se continúa reflexionando sobre los
muchos dilemas que han acompañado las diferentes fases del proceso (Olive, 2014). La
investigadora sigue meditando sobre su posición, los momentos más densos, los conflictos
que se han generado y, sobre todo, acerca de los significados que se han atribuido
a los comportamientos según las condiciones personales y sociales. Ha sido interesante
observar cómo en algunos momentos, se trató de limitar la libertad individual para buscar
el consenso, como posibilidad para sentirse un grupo unido. Ha sido estimulante tener
139
que negociar el espacio de intervención, como investigadora y como activista,
explorando una vez más los factores interconectados entre ética y poder, cuestión de
género y desigualdad, esfera personal y política así como la atención a la representación
de las demás pertenecientes a un colectivo u otro (Scheyvens y Leslie, 2000).

140
Recapitulando

Tomar una posición, reflexionar sobre los valores y las ideas, y actuar, son las bases para
una investigación que sea viva. El punto de partida se declara, a través de un ejercicio de
reflexividad y auto-socio-análisis (Bourdieu, 2003). Se subraya la necesidad de superar la
presión social de la condición de opresión, por el hecho de ser mujer, pobre y
discriminada. El objetivo es defender la dimensión humana, incluso en la investigación
científica, en un diálogo constructivo entre las personas, hecho de miradas, pensamientos,
referencias y escucha activa. Se intenta crear una alternativa a la indiferencia, reclamando
espacios abiertos para el encuentro con la otredad.

La Investigación Acción Participativa es una forma de política pre figurativa (Graeber,


2002) en la cual las estrategias y las prácticas reflejan el futuro de la sociedad que se
busca. Es un proceso guiado por los valores de la justicia social, dinámico y abierto, que
se refiere a la acción política explícita, como elección compleja y estimulante de una
pedagogía que apuesta a la formación de una ciudadanía con pensamiento crítico,
comprometida y participativa.

Ricapitolando

Prendere posizione, riflettere sui propri valori, le proprie idee e attuare è la base per una
ricerca che sia viva. Il punto di partenza si dichiara, attraverso un esercizio di riflessione
e auto-socio-analisi (Bourdieu, 2003). Si sottolinea la necessità di superare la pressione
sociale della condizione di oppressione, per il fatto di essere donna, povera e
discriminata. L’obiettivo è difendere la dimensione umana, incluso nella ricerca
scientifica, in un dialogo costruttivo tra le persone, fatto di sguardi, pensieri, riferimenti e
ascolto attivo. Si cerca di creare una alternativa all’indifferenza, rivendicando spazi aperti
per l’incontro con l’alterità.

La ricerca azione partecipativa, è una forma di politica pre-figurativa (Graeber, 2002),


nella quale le strategie e le pratiche riflettono il futuro della società che si cerca, che si
vuole. È un processo guidato dai valori di giustizia sociale, dinamico e aperto, legato alla

141
azione politica esplicita, come elezione complessa e stimolante di una pedagogia che
punta alla formazione di una cittadinanza con pensiero critico, attiva, compromessa e
partecipata.

142
Capítulo 5

Contextualización y Etapas de estudio

5.1 La Aplicación de los instrumentos en la Investigación Acción


Participativa

En este capítulo se describen las fases de la Investigación Acción Participativa. El estudio


se estructuró como un camino progresivo con carácter emergente, que permitió definir
categorías y unidades de análisis gracias al flujo continuo de informaciones que se
incorporaban. En la fase de exploración, se pone el foco en el análisis del contexto, lo que
constituye un acercamiento inicial al problema de investigación. Esta fase inicial consiste
en tres momentos precisos:

a) La descripción.

b) La percepción.

c) La interpretación de la realidad social.

La planificación del estudio y la intervención se llevaron a cabo en cuatro momentos


diferentes (véase Figura 4.1) conjuntamente con las personas participantes:

a) La fase de diagnóstico.

b) La fase de prescripción.

c) La fase de implementación.

d) La fase de evaluación.
143
Cada fase ha tenido su tiempo de desarrollo, preguntas de investigación específicas y
métodos apropiados. Esta estructura lineal utilizada en la fase de escritura, ha sido menos
rígida en la práctica, tanto que se tuvieron que adaptar y modificar las opciones
metodológicas a las necesidades de la comunidad y de las participantes.

La investigadora que se acerca a un contexto concreto, lo hace con un marco cognitivo


específico, compuesto por conceptos e ideas desarrolladas siguiendo su propia experiencia.
Este marco cognitivo inicial, está en la base de las decisiones políticas relacionadas
al trabajo de campo (Bruschi, 2005), y de las opciones metodológicas y técnicas, ya
que llevan a favorecer un enfoque u otro (Polanyi, 1958).

En un estudio anterior, llevado a cabo en el distrito de El Cabanyal entre el año 2014 y


2015, en una entrevista a una profesora, se describía una situación de segregación y
desconfianza entre colectivos que vivían en el mismo barrio. Se esbozaban los problemas
de relación entre las personas y también el peso de la representación del otro en
situaciones de conflicto social. Aquí las palabras de aquella entrevista:

Niños payos, gitanos españoles y rumanos, viven en el mismo barrio, caminan por las
mismas calles, pero no se encuentran en la escuela. Asisten a diferentes centros escolares,
gitanos españoles y rumanos por un lado, payos por el otro. De modo que el tema de la
integración, el conocimiento mutuo, el respeto, se vuelve cada vez más complicado,
ya que los niños de diferentes culturas tienen pocas oportunidades para encontrarse.
Existe una frontera invisible entre los habitantes del barrio que ha estado presente durante
tantos años (P.01.1).

Estas palabras se quedaron grabadas en la memoria. A pesar de los cambios que se


planificaban, gracias al diferente curso político local impulsado con las elecciones de
mayo de 2015, el PEPRI- Plan Especial de Protección y Reforma Interior, definitivamente
derogado y el nuevo plan de regeneración del barrio de El Cabanyal; la literatura
específica y las noticias publicadas, consideraban aún presente la brecha entre
comunidades de la que la profesora hablaba dos años antes.

Escuchar, indagar, observar y grabar fueron las actividades prevalentes durante varias
semanas. Se quería explorar las relaciones entre grupos sociales, teniendo en cuenta la
144
historia, el contexto económico, social y cultural del barrio. Fragmento tras fragmento,
reunión tras reunión, se dibujaba una historia colectiva del pasado y del presente de El
Cabanyal.

El presente estudio quería apoyar la reflexión sobre la construcción de la representación


de la otredad. Se pretendía comprender cómo las representaciones de la diferencia vista
como problema, determinan las relaciones entre las personas y cómo influyen en
condiciones de segregación social entre comunidades. Del análisis acerca de la realidad
surgieron otras preguntas específicas:

a) ¿Puede la investigación social abordar e intervenir en esta situación?

b) ¿Puede la investigadora ser un agente facilitador del desarrollo comunitario?

Estas preguntas comenzaron a delinear un espacio de investigación acción específica para


el cambio social positivo, como una herramienta para medir la distancia entre grupos
sociales, pero también como una oportunidad para acortarla con un enfoque pragmático
basado en un modelo transformador, que quiere impulsar la acción directa de las personas,
para redefinir la estructura de las relaciones sociales (Fitzgerald y Rodgers, 2000).

5.2 La fase de Exploración: Análisis del contexto

Como parte de una investigación naturalista y cualitativa, el análisis de la situación inicial


se basó en una fase exploratoria de aproximación al distrito. A esta siguió una fase de
profundización, y a través de conversaciones informales, entrevistas con residentes y
actores sociales, se procedió a ampliar la información recopilada. Posteriormente, se
registró la percepción social de la realidad; lo que la gente piensa y aquel discurso
colectivo que tiende a legitimar una realidad dada como la única posible (Berger y
Luckman, 1973). Si por un lado la representación social de la realidad permite
legitimarla, por otro inhibe la posibilidad de verla de otra manera.

Con un ejercicio de síntesis y triangulación de la información obtenida con las diferentes

145
técnicas: análisis de documentos, estudio de literatura, observación participativa,
entrevistas y conversaciones informales, se procedió a un análisis interpretativo de la
realidad. Dado un contexto, es interesante conocer y analizar sobre cuáles son las
características, las necesidades, los problemas, así como los recursos y las aspiraciones de
la población. Por lo tanto, era importante tomar una fotografía de lo que había, pero
también reflexionar sobre lo que no estaba presente, en un proceso de descripción e
imaginación de una realidad social diversa. Cuando una comunidad o colectivo expone lo
que necesita, ya se está proyectando en el futuro (Bustelo, Cembranos y Montesinos,
2001). Este es un momento creativo vinculado al análisis, la interpretación y la
evaluación de lo existente y de lo deseable.

Unas semanas antes de empezar el trabajo de campo, se aprobaban los fondos FEDER-
Fondos Europeos de Desarrollo Regional para rehabilitar integralmente el barrio de El
Cabanyal. Una inversión de treinta millones de euros en cinco años. Los fondos
otorgados, iban a financiar la implementación de las once líneas de actuación presentes
en el documento EDUSI- Estrategia de desarrollo urbano sostenible integrado.2

A través de la metodología de estudio DAFO, se analizaron las características internas del


barrio: las fortalezas y debilidades pero también las amenazas y las oportunidades. Las
líneas de acción se resumieron mediante la combinación de fortalezas y necesitadas. En el
caso del barrio de El Cabanyal las once líneas de acción que apuntaban a la regeneración
del barrio fueron (Azorín Chico et al., 2016):

1) El acceso universal a las TIC


2) La movilidad urbana sostenible.
3) La mejora de la eficiencia energética.
4) La protección, el fomento y el desarrollo del patrimonio cultural y natural.
5) La mejora y la rehabilitación del entorno urbano.
6) La regeneración física, económica y social del barrio.

2 Estrategia de Desarrollo Urbano Sostenible e Integrado (EDUSI). Estrategias promovidas y


convocadas por el Ministerio de Hacienda y Administraciones Públicas a través de la Red de
Iniciativas Urbanas con cofinanciación de los fondos europeos FEDER.
146
7) La renovación, rehabilitación y acceso a la vivienda.
8) La revitalización del barrio a través de las infraestructuras y los programas
culturales.
9) La mejora de la empleabilidad y de la integración socio-laboral.
10) La reactivación comercial.
11) El apoyo integral a las familias.

Gracias al análisis detallado del EDUSI, se trató de elaborar un diagnóstico de la situación


demográfica, económica y social del barrio de El Cabanyal, base para este estudio y
para la triangulación de las informaciones. La formulación como trabajo técnico de
análisis, diagnóstico y definición de estrategias fue desarrollada en paralelo a un
proceso de diseño participativo que ha visto la colaboración entre ciudadanía, colectivos,
asociaciones y la administración local (Azorín Chico et al., 2016). Siguiendo las
indicaciones basadas en los cinco requisitos del desarrollo urbano sostenible e integrado
(estrategias económicas, ambientales, climáticas, demográficas y sociales), el EDUSI se
componía de tres partes:

a) El análisis y el diagnóstico.
b) Las propuestas de ideas.
c) La acción.

El distrito esencialmente residencial de El Cabanyal tiene un total de 20.580 habitantes y


cuenta con 3.530 parcelas de viviendas, de las cuales el 10% se encuentran en estado de
abandono; de estas 128 son de propiedad pública y 238 son de propiedad privada. Los
edificios abandonados están ubicados en la parte central del distrito y algunas de estas
casas están ocupadas ilegalmente. Hay una alta tasa de desempleo especialmente en la
población joven y en el colectivo femenino. El distrito no genera trabajo, aún menos para
los miembros de grupos más desfavorecidos, como el grupo de cultura gitana.

Hay que tener en cuenta que la unión de los Poblados Marítimos, de la cual El Cabanyal
forma parte junto con Canyamelar y Cap de França, es el distrito con mayor número de
población gitana presente en toda la Comunidad Valenciana. Alrededor de 300 familias

147
de cultura gitana residen en el barrio de El Cabanyal. Los trabajadores en general tienen
ocupaciones poco cualificadas. El nivel de educación es muy bajo, especialmente en la
población femenina. La falta de empleo en el barrio es una de las causas de
vulnerabilidad y marginalidad social (Azorín Chico et al., 2016). Según el análisis
demográfico: el conjunto de los Poblados Marítimos es uno de los de mayor población de
la ciudad de Valencia, aunque durante los años del proyecto PEPRI- Plan Especial de
Protección y Reforma Interior y la degradación, muchas personas han abandonado el
área.

La población tiene una edad media de alrededor de 43 años. Hay muchas personas
mayores, especialmente mujeres que viven solas, pero también hay familias numerosas y,
por lo tanto, la distribución de la población está particularmente polarizada en extremos:
niños/as y ancianos/as. Según el análisis social, el peso de la población sin ingresos
económicos es muy alto y sectores importantes de la población viven en condiciones de
exclusión social.

La situación de algunas viviendas es bastante precaria, muchas familias viven sin agua,
electricidad, ni gas. Las personas que usan los servicios sociales han aumentado del 7,5 al
9,3% en los años 2013-2015 demostrando la vulnerabilidad social a la que se ve abocada
una parte de la población. Existen importantes problemas de convivencia, especialmente
por la falta de comunicación entre los diferentes colectivos residentes y la falta de
integración de las personas migrantes. Hay una separación especialmente entre el
colectivo de cultura gitana y el colectivo no gitano, pero también dentro del mismo grupo
gitano entre gitanos españoles y rumanos.

Un problema importante que se produce en el barrio es la venta y el consumo de drogas


junto con la falta de servicios educativos y de salud. Hay altos niveles de absentismo
escolar, falta de cursos de capacitación adecuados y una fuerte segregación entre la
población escolar. El alumnado de cultura gitana se concentra principalmente en el Colegio
Público y en un centro Concertado del barrio, mientras que el alumnado de cultura
no gitana asiste a las escuelas concertadas del barrio y de los distritos cercanos.

148
5.3 La llegada al campo

Si el estudio del EDUSI y la lectura de los documentos históricos acerca del barrio de El
Cabanyal ayudaron a comprender las características generales del contexto, llegar a
Valencia para comenzar el trabajo de campo, dio la oportunidad de comprender las
transformaciones en curso e identificar las necesidades y los beneficiarios de una posible
estrategia de cambio social positivo.

El estudio en profundidad en un entorno específico permite comprender un determinado


fenómeno social, producir descripciones, analizar una situación manteniendo una visión
holística y valorando las características significativas de los eventos (Yin, 2003). En las
primeras incursiones se empezó a usar un mapa del barrio en el que se tomaban notas
acerca del ecosistema social. Se localizaron las casas ocupadas, los edificios abandonados,
los lugares de reunión de las diferentes comunidades, se registraban las actividades
organizadas en el barrio, dónde las personas se reunían, cuáles eran los colectivos de
referencia, los eventos en curso, las calles donde se concentraba el tráfico y el consumo
de drogas.

A través de largos paseos por el barrio se grabó lo que estaba pasando: los anuncios de
casas en venta o de reuniones entre vecinos, las condiciones de las calles y de los
edificios, se observaba con atención cada signo de vida de las diferentes comunidades. Se
tomaron fotos que se compararon con aquellas hechas unos años antes. La investigadora
decidió no alquilar una casa en El Cabanyal, porque quería entrar y salir de esa dimensión
con la esperanza de captar todos los aspectos vitales y que singularizan la vida cotidiana.

A través de la observación y la inmersión en el contexto con todos los sentidos, se buscó


un enfoque progresivo de descubrimiento de la esencia de los lugares, de las personas y
de las relaciones. Se trató de combinar el desapego y la participación en un equilibrio que
a veces resultó precario, afinando las habilidades especulativas y analíticas. Regresar a
casa, lejos del barrio, permitía a la investigadora concentrarse en escribir lo que se había
observado y escuchado. Se asistía a reuniones públicas, demostraciones y seminarios en
el barrio, se tomaban notas y se llenaban las páginas del diario de campo, con

149
informaciones e impresiones.

Se comenzaron a investigar los medios locales, los periódicos y las revistas que
proporcionaban noticias sobre lo que sucedía en El Cabanyal. A través de las páginas de
Facebook de las distintas asociaciones se empezaron a analizar los comentarios de vecinos
y vecinas en las redes sociales. Se descubría una atmósfera social entre colectivos
diferentes, caracterizada por la desconfianza, los problemas de convivencia y las quejas.
La marcada separación entre las comunidades se traducía en conflicto. La retórica de los
medios coloreaba el debate con tonos alarmistas. El complejo sistema de símbolos,
valores y creencias adoptado por los diferentes grupos sociales se representaba con fotos,
imágenes y comentarios que definían límites y barreras entre las personas, sin dejar
entrever la esperanza de ningún contacto. Después de haber compilado un mapa mental
sobre la situación del barrio, tratando de reunir toda la información que se había recogido
a través del estudio EDUSI, las observaciones recogidas durante los paseos y el análisis
de los medios de comunicación y de la red, se empezó una fase de contacto directo con
las personas residentes e informantes clave.

5.4 Las voces que salen del barrio

Como investigadora social sentía la necesidad de explorar los significados subjetivos de


lo que sucedía en el vecindario; las emociones, las intenciones y los valores atribuidos a
los eventos (Ley, 1974). Es por eso que se empezó a hablar directamente con los vecinos
y las vecinas del barrio, para dar voz a las personas involucradas y a cómo representaban
su contexto de vida (Moss, 2001). El objetivo era definir los diferentes perfiles culturales
y entender los puntos de vista.

A través de discusiones informales y entrevistas en profundidad, se trató de reunir


información sobre las impresiones, las aspiraciones y las esperanzas futuras, explorando
las necesidades pero también los recursos disponibles. Algunas de las personas
entrevistadas ya eran conocidas desde el tiempo de la primera investigación en el barrio.
Ellas se convirtieron en las informantes clave de este estudio y apoyaron todo el proceso
de investigación durante las actividades del trabajo de campo, no solo en la fase de
150
observación y recopilación, sino también en el análisis de los datos. Otros testimonios
fueron apareciendo durante la estancia. Ha sido extremadamente importante seleccionar
a las personas para las entrevistas, en función de sus experiencia, su historia y su relación
con el contexto del estudio (Cameron, 2005). El objetivo era comprender cómo ellas
experimentaban y cargaban de significados su vida en el barrio (Flowerdew y Martin,
2008), cómo habían vivido los cambios y cómo estos habían afectados sus percepciones
acerca del territorio y sus habitantes.

Durante los encuentros se presentaba el trabajo en curso y se explicaba el motivo de la


entrevista. Después se entregaban las transcripciones que podían ser revisadas y
corregidas. Se reflexionaba sobre la importancia de construir relaciones de confianza y
cercanía, agradeciendo el tiempo otorgado y la disponibilidad mostrada. En esta fase
exploratoria y con la ayuda de las personas que se entrevistaban, se empezó un proceso
de backtalk. Se examinaba con la gente el trabajo realizado, las interpretaciones y las
conclusiones. Gradualmente se iba elaborando un relato compartido con motivo de
construir colectivamente, en una segunda fase de esta Investigación Acción Participativa
una estrategia de acción (Reason y Bradbury, 2001).

Los resultados de esta fase exploratoria ayudaron a delinear el primero objetivo de este
estudio:

Objetivo 1: Reunir información y reflexionar sobre las experiencias de vida de


los residentes del barrio de El Cabanyal.

Algunos de los informantes clave entrevistados fueron: profesoras y profesores de escuela


pública y concertada, portavoces de asociaciones y organizaciones locales, un agente
inmobiliario, un periodista y diferentes personas residentes en el barrio. Con la
información obtenida se empezó a compilar un borrador de la situación de partida y a
efectuar un análisis del contexto.

El conjunto de informaciones y de datos históricos, sociales y económicos recolectados,

151
fueron la base para reflexionar sobre las condiciones del barrio en el presente, y
especialmente la situación de conflicto y segregación social. A esta fase siguió la
formulación del problema de investigación y la definición de las hipótesis del trabajo de
campo. La elaboración de un documento sobre la situación inicial permitió identificar los
problemas y cómo eran percibidos por vecinos y vecinas. La atención se dirigió
lentamente a las necesidades concretas de las personas y de las comunidades de
diferentes culturas residentes. El problema define el presente, mientras que la necesidad
es la distancia entre la situación actual y cómo debería ser (Bradshaw, 1972). Las
necesidades pueden ser concretas y abstractas, reflexionar sobre ellas y entenderlas ayuda
a definir el problema en detalle y cómo se puede resolver. Este es un paso fundamental
para diseñar estrategias efectivas de cambio social orientadas a mejorar el encuentro entre
las diferencias.

Los resultados de esta fase de recopilación de datos y análisis de la realidad social se han
agrupado en dos categorías distintas de problemas detectados:

a) La inseguridad manifiesta sobre el futuro del distrito y el nuevo proceso de


gentrificación.
b) La relación entre comunidades de cultura diferente caracterizada por la
segregación social, los conflictos y los problemas de convivencia.

Para una definición crítica en términos de necesidades compartidas y, por lo tanto, no a


cargo de un grupo en lugar de otro, se tuvieron en cuenta los siguientes aspectos:

a) La frecuencia con la que se presentaba el problema.

b) La cantidad de personas afectadas por el problema.

c) La percepción de la importancia del problema.

d) El tiempo transcurrido desde la aparición del problema.

Por otro lado, los recursos identificados en el barrio fueron:

152
a) La historia de resistencia a los ataques externos y la identidad marinera.

b) La presencia de organizaciones y asociaciones locales consolidadas y activas.

Escribir acerca de las comunidades junto con las comunidades, identificando necesidades
y recursos, permitía sentirse cada vez más cercana y parte del contexto, al mismo tiempo,
era indispensable comprender el proceso extremadamente delicado que estaba viviendo
El Cabanyal, y cómo todo esto afectaba a las personas y al intercambio. La impresión era
la de un barrio perdido entre viejas políticas y miedos y nuevos desafíos y problemas. El
tejido social destruido, el espacio de vida transformado, el enfrentamiento entre
colectivos, narraba la crisis del modelo de estructuración del espacio urbano, fruto de la
concepción neoliberal de la especulación, que produce procesos de exclusión y
destrucción de aquellas relaciones sociales pacíficas, que en el pasado constituían la base
de la vida comunitaria en el distrito.

Es en el delicado pasaje entre lo que no hay todavía y lo que ya hay, donde se ubica este
estudio, una Investigación Acción Participativa Transformadora impulsada por el cambio
social, siendo protagonistas las personas que se sintieron motivadas y que querían
incorporarse a apoyar la acción colectiva. Respetando a todas las que se involucraron
voluntariamente en este estudio, es importante recurrir a una actitud de protección de los
datos personales; que se considera oportuna, dada la situación de conflicto entre las
diferentes almas del vecindario.

5.5 Gentrificación. ¿Sueño o pesadilla?

El derecho a la ciudad es un lema. Una fórmula para tratar el contenido de una situación
local que, de hecho, depende de las políticas globales (Marcuse, 2009). Las
transformaciones, la creciente comercialización y privatización del espacio público, la
lógica utilitaria de las inversiones en la ciudad: estas condiciones están alterando las
viejas nociones y experiencias del espacio público y urbano, lo que lleva a la alienación
de los individuos y de las comunidades (Sassen, 2014).

El control político y económico es un proceso marcado por rupturas y conflictos, y las


153
dinámicas que pueden parecer internas y locales de hecho son productos globales. Mirar
los cambios de un pedazo de ciudad, un barrio, una calle, es como tener una ventana
sobre el mundo (Semi, 2015). El caso más obvio es el impacto del proceso de
gentrificación, que implica una reurbanización residencial y comercial de un área de la
ciudad con la transferencia y la expulsión de los antiguos habitantes (Janoschka, Sequera
y Salinas, 2014). Un proceso que es una de las categorías más incisivas de análisis en las
modificaciones y reestructuración de las relaciones sociales que han caracterizado la vida
del barrio de El Cabanyal.

El proceso de gentrificación está vinculado al modelo neoliberal de la ciudad que restringe


la posibilidad de que las personas con bajos recursos económicos y en riesgo de exclusión
social puedan reapropiarse del espacio público (Del Romero Renau y Trudelle, 2011). La
expulsión física de las familias más pobres, la producción de lugares para el ocio y el
consumo, el cierre de las actividades económicas del barrio, son fenómenos que hacen
visibles las relaciones de poder, el control de una parte de la población sobre la otra y
los mecanismos perversos del mercado, que compra una parte de la ciudad y los espacios
disponibles para las personas.

Alrededor de los años cinquenta algunas ciudades de los Estados Unidos ya habían
experimentado procesos de transformación urbana con características asociadas al
proceso de gentrificación:

a) La renovación de edificios antiguos.

b) La transformación de su estado patrimonial en hogares privados.

c) El crecimiento de los precios de las propiedades.

d) La dislocación de la población residente obligada a abandonar el área (Semi,


2015).

La primera definición teórica de la gentrificación fue formulada por Ruth Glass en 1964.
Ella describe los cambios acontecidos a la llegada de la clase burguesa en los barrios
pobres de Londres. Eso implicaba una reurbanización urbana por un lado, pero también la
eliminación de la clase popular con el aumento de los costos sociales, por el otro. El
154
concepto propuesto por Ruth Glass contiene una clara referencia a la clase social del
gentry (Lees, 2003).

Sin embargo, los procesos de gentrificación a lo largo de los años y los programas de
renovación y revitalización de los barrios marginales, impulsados por ejemplo por la
política de Blair en Inglaterra, han estado ligados al concepto de mezcla social,
considerada una prioridad de las políticas sociales de los gobiernos, aunque no haya
evidencia de que, el movimiento de personas de la clase burguesa en las áreas más pobres
de la ciudad pueda promover la mezcla social. Por el contrario, tiene importantes
consecuencias sociales sobre la realidad del contexto en cuestión. La transferencia
siempre ocurre hacia las áreas más pobres y rara vez sucede lo contrario. El hecho de que
haya diferentes grupos sociales ocupando el mismo espacio no significa tener una mayor
cohesión social (Slater, 2004, 2005).

En el acto concreto, la única clase que tiene conciencia subjetiva como clase es la
burguesa, que basa su identidad en la exclusión de los opuestos (Zizek, 2003). Las
personas tienden a convivir debido a la proximidad espacial, pero tienen pocas relaciones
sociales entre ellas y mantienen el sistema de provisiones que el sujeto incorpora como
pertenecientes a una clase social particular (Butler y Robson's, 2003). La mezcla social
asume las características de una "corrección" de la pobreza y de la exclusión social,
principalmente territorial, íntimamente espacial, sin resolver el problema básico. Son
soluciones que ocultan formas de desintegración y aislamiento entre grupos, basadas en
la clase, el ingreso económico y la etnicidad (Lees, Slater y Wyly, 2010, 2013).

La utopía de la mezcla social, como estrategia emancipadora, choca con una realidad en
la que la distancia social entre las clases permanece. Esta condición se articula también
en la estética arquitectónica, en las prácticas de consumo, del ocio y en las posibilidades
educativas, hasta la eliminación de las clases más pobres desde un área específica (Mills,
1998). Hoy hay una nueva fase histórica del proceso de gentrificación, que se expande
como una forma que excluye y transforma partes enteras de la ciudad, para el uso y
consumo de las nuevas clases burguesas (Smith, 2001). La gentrificación es un ejemplo

155
de incubación y aislamiento de grupos sociales de mayores ingresos (Atkinson, 2008) con
la formación de "tectónica social" (Davidson, 2007, 2008) y ninguna forma de identidad
colectiva cohesiva.

Las personas de diferentes clases sociales que comparten un espacio físico lo ocupan en
una situación jerárquica, manteniendo un habitus de pertenencia. La condición de la clase
social se define por sus propiedades intrínsecas y por el sistema de diferencias que
definen la misma identidad social (Bourdieu, 2017), que no cambia en una situación de
intercambio espacial. La gentrificación no solo no produce las condiciones para la
inclusión social y la cohesión, sino que ni siquiera afecta a las estructuras de dominación.
De hecho, puede considerarse un proceso que aumenta la iniquidad social, ya que inflige
injusticias y divisiones (Slater, 2004, 2005).

El análisis de la producción del espacio por el sistema capitalista es un prisma de


observación para comprender la segregación entre las clases sociales (Harvey, 2010). La
misma estructura del espacio urbano es funcional respecto a la acumulación de capital y a
las barreras físicas e inmateriales entre los grupos.

5.6 El Cabanyal entre el pasado y el futuro

La tesis que se apoya en este estudio, es la de que los conflictos sociales en el barrio de El
Cabanyal están estrechamente relacionados con una determinada representación del otro
como causa de problemas sociales y de convivencia no pacífica. El trabajo apuesta por un
proceso crítico que estimula la reflexión sobre el estado de las cosas, e impulsa a generar
estrategias eficaces para la transformación social en un presente caracterizado por la
segregación. Es necesario tener la capacidad de decodificar y re-codificar las líneas que
cruzan la información, la comunicación y la producción de la imagen de la otredad, para
valorizar como riqueza la diferencia entre las personas, en lugar de forzar a la unidad de
una identidad monolítica.

Los nuevos desafíos se pueden comprender mejor si se usa una mirada retrospectiva. Un
156
análisis capaz de reconstruir cómo se han promovido y practicado las relaciones sociales
en la vida cotidiana del barrio, reflexionando también sobre el enfoque seductor de la
inclusión que, sin embargo, ha demostrado los límites en su aplicación real.

Era febrero de 2015, cuando en una entrevista una vecina y activista local dijo entre
lágrimas que veía en el futuro de El Cabanyal una gran fiesta de liberación, con el PEPRI
bloqueado y la gente en la calle para celebrar la regeneración del barrio. Una nueva etapa
en la historia de El Cabanyal, comenzó con la elección del nuevo alcalde de la ciudad, el
bloqueo del proyecto PEPRI-Plan Especial de Protección de Reforma Interior y la
compilación del documento EDUSI-Estrategia de Desarrollo Urbano Sostenible e
Integrado. Durante las entrevistas, muchas personas residentes y activistas de varias
asociaciones y colectivos locales, confirmaban el impacto positivo de la nueva política y
estaban felices por haber recibido los fondos europeos para la regeneración del barrio.

Se informaba de la importancia de la compilación del EDUSI y de cómo todos los


agentes sociales se habían encontrado hablando, explicando, discutiendo problemas y
posibles soluciones. La elaboración del proyecto EDUSI había sido un momento
importante de interacción entre los residentes, porque la población se sintió incluida en el
mismo proceso de rehabilitación y transformación del entorno. Este nuevo curso político
ciertamente aumentó la confianza en el futuro del vecindario y alimentó la esperanza de
muchas personas.

Un período histórico muy largo, y con él la carga de los símbolos conectados, se cerraba,
y surgía otro que involucraba recuerdos y esperanzas subjetivas y objetivas de toda una
comunidad. En la entrevista a uno de los investigadores que había trabajado en la
compilación del EDUSI, se confirmaba todavía que la regeneración en El Cabanyal no
podía ser tan rápida como mucha gente pensaba y esperaba. El cambio requería mucho
más tiempo y paciencia. Sin embargo, todo el proceso había generado una cierta
conciencia social en algunos temas, como la amenaza de nuevos procesos de
gentrificación, y la necesidad de preservar el barrio de las especulaciones. Con estas
palabras la persona entrevistada describía la situación:

157
El cambio de El Cabanyal será muy lento. Por un lado, hay una cierta
impaciencia por parte de los residentes cansados de tantos años de degradación y
especulación política. Por otro lado, se ha ido formando una cierta conciencia
cívica acerca los problemas locales y por lo tanto se ha generado una especie de
acción de control sobre lo que todavía puede dañar a El Cabanyal. El trabajo de
compilación del EDUSI, se basó precisamente en esta conciencia social y en la
historia de resistencia de la población del barrio. Aunque los fondos europeos
tenían límites y procesos bien definidos, pasos que debían seguirse, queríamos
incluir a las personas y escuchar sus voces. Al final específicamente el proceso de
gentrificación será inevitable debido a algunas de las características propias del
distrito: la despoblación que se ha producido a lo largo de los años y la alta tasa de
envejecimiento. Estas dos características propias del vecindario podrían estar
propiciando un nuevo proceso de gentrificación. Muchas personas que se han
visto obligadas a abandonar el barrio, quieren volver a vivir aquí y la presencia
de propietarios ancianos es un elemento que, si no se controla, puede llevar a la
especulación inmobiliaria. Se deberá activar un mayor control para las casas de
propiedad pública de El Cabanyal, que el Ayuntamiento compró, y que deberían
permanecer fuera del flujo de la especulación. Por lo tanto, es importante mantener
una cierta alerta sobre este proceso (I.E.01).

Durante los largos paseos por las calles del distrito, se podían observar los movimientos
de venta de varias casas renovadas. Las ventanas de las agencias inmobiliarias estaban
llenas de anuncios. Incluso había publicidad de una oficina y una agencia de
rehabilitación de viviendas con personal especializado en la transformación de espacios
para el desarrollo de actividades comerciales, industriales y profesionales. Un equipo de
profesionales que veían en El Cabanyal un gran potencial como distrito temático. Esta era
la misión de la agencia. El Cabanyal podría haberse convertido en un lugar perfecto de
atracción de fondos para el turismo, los negocios y la vida de los estudiantes
universitarios. En las páginas web de la agencia se citaban como ejemplos a imitar: el
barrio latino de París, el Regent`s Park y el Bloomsbury en Londres o el mismo San
Lorenzo en Roma. Lugares reconocidos por la literatura especializada como ejemplos de
barrios que han sufrido un importante proceso de gentrificación (Annunziata, 2014), que
introduce nuevos estilos de vida basados en el consumo (Sequera y Janoschka, 2015), y
que fomenta la identidad cultural extraña con transformación de la composición del tejido
social (Díaz Parra, 2008).

El investigador entrevistado enumeraba los factores responsables en la dinámica


estructural del desarrollo urbano local:
158
El barrio de El Cabanyal por su ubicación cerca del mar ejercita una fuerte
atracción turística. Teniendo en cuenta que también en el nuevo gobierno local,
como en el anterior, están los partidarios de la ampliación de la capacidad de
alojamiento turístico de toda la ciudad y de Valencia como destino fundamental
para el turismo internacional (I.E.01).

Por un lado, el tema del peligro de un proceso de especulación inmobiliaria está


relacionado a los movimientos de la economía turística considerada motor de la
recuperación económica del distrito. Por el otro, supone que al mismo se contraponga la
acción de colectivos y grupos, que ocupan las casas y los edificios abandonados contra la
gentrificación del barrio. La idea es proponer una resistencia no solo como denuncia del
derecho a la vivienda, sino también como mensaje de reapropiación del espacio público.
La diferente posición de los colectivos y de las asociaciones territoriales respecto al tema
de la rehabilitación del barrio y de la amenaza de especulación ha sido la causa de una
división interna entre movimientos sociales (Rodríguez, 2016), que siguió a la elección
del nuevo alcalde de la ciudad. Una persona representante de una asociación local afirmaba
en una entrevista:

El proceso de gentrificación es una amenaza latente que debe tenerse en cuenta,


los particulares pueden vender sus casas y el consiguiente movimiento de dinero
no puede contenerse. Pero la rehabilitación de un barrio martirizado como El
Cabanyal no puede considerarse esencialmente un proceso de gentrificación. El
término gentrificación significa elitización y el distrito de El Cabanyal conserva
su identidad y sigue siendo un distrito popular, que siempre ha recibido a todos.
Hay grupos, personas que piensan que la rehabilitación del vecindario está abriendo
las puertas a un proceso de gentrificación. Hay otros que están convencidos que
El Cabanyal necesita valorizar su patrimonio: las casas han sido vaciadas,
saqueadas, violadas, toda la energía ha sido exprimida. Rehabilitar el barrio no
significa ni gentrificar, ni elitizar. Queremos recuperar nuestro territorio, las casas
y la economía de proximidad. Hay extranjeros viviendo aquí y son bienvenidos
siempre y cuando sean personas que quieran echar raíces. Necesitamos gente
que venga a vivir en el barrio, gente joven, que quiera construir comunidad (R. A.
01).

Hay quienes piensan que la lucha contra la prolongación de la Avenida Blasco Ibáñez y
en contra al PEPRI ha sido un verdadero engaño y quienes actuaron lo hicieron solo para
salvar sus hogares y su propiedad privada. Así es como habla una joven activista del
barrio:
159
Ahora que las casas están seguras la mayoría de la gente no quiere ver el
problema social en curso. Hay muchos ocupas políticos que lo hacen como forma
de protesta al sistema capitalístico y hay muchas familias con niños, pobres, que
no tienen un lugar donde estar. Porque si es cierto que mucha gente ha ocupado
las casas, también es cierto que detrás de esta elección hay una referencia al
derecho a una vida más digna que no está actualmente satisfecho. Se habla
mucho sobre las casas ocupadas y de los derechos de los propietarios pero
¿Quiénes son estas personas que ocupan y por qué lo hacen? En muchos casos
son casas de propiedad pública y las personas las ocupan para dar una señal
política, en contra del proceso de gentrificación y en contra de la expulsión de las
personas más necesitadas del vecindario. El peligro de un proceso de gentrificación
es total y ya está en marcha. En poco tiempo, la gente ha visto crecer el precio
de las casas. El mismo dueño del piso donde vivo, me amenazó en varias ocasiones
de aumentar el alquiler, porque seguramente si no pago yo, habrá alguien más
interesado en pagarlo aunque sea más caro (A.R. 02).

La gran cantidad de propiedad pública en el barrio podría ser una herramienta de control
del proceso de gentrificación. Un total de 368 viviendas y 128 solares son de propiedad
pública de la Sociedad Plan Cabanyal- Canyamelar, del Ayuntamiento y de la Consellería
(Azorín Chico et al., 2016). Por un lado, la regulación del mercado inmobiliario, por otro,
la posibilidad de implementar un sistema cooperativo como modelo de gestión de la
propiedad pública, junto con el uso de una parte de las casas para la renta social, podría
ser viable para permitir la regeneración el barrio, sin los costos sociales debido al proceso
de gentrificación.

Parece esta una de las cuestiones más trascendentes en estos momentos y clave para el
futuro del distrito (Monzó, 2017). El estudio de estos aspectos podría contribuir
significativamente a analizar los cambios que se están produciendo en la ciudad de
Valencia, pero también a reflexionar sobre las posibles alternativas de desarrollo y
regeneración sostenible en beneficio de todas las personas residentes.

5.6.1 Segregación social y problemas de convivencia

Valencia ha sido una ciudad situada en el centro de un debate y una intensa producción
de representaciones y proyectos que han visto confirmada la fuerza de ciertas dinámicas
económicas de enfoque capitalista. Tras la aprobación del PEPRI, el barrio de El Cabanyal
160
ha sufrido un profundo proceso de degradación, muchas personas han abandonado sus
hogares, algunos de los cuales han sido ocupados ilegalmente. Las fronteras materiales y
simbólicas entre los grupos sociales se han fortalecido y las lógicas de segregación y
expulsión han aumentado.

El deterioro de edificios obsoletos y la situación de abandono, la suciedad, la venta de


drogas y la distancia entre las comunidades residentes, han sido algunos de los problemas
detectados por el análisis DAFO de la Estrategia de Desarrollo Urbano Sostenible e
Integrado. La situación de conflicto social y el deterioro de las relaciones entre los
vecinos son elementos centrales de un análisis del contexto que en este estudio se ocupa
de resaltar las contradicciones de la modernidad en el vínculo entre espacio y otredad
(Augè, 1995, 2008). Si bien el tejido social se iba enriqueciendo de nuevas historias y
experiencias de vidas, se afirmaba por diferentes partes una exasperación de la condición
de degradación y de pobreza de una parte de la población. Penalizando la posibilidad de
una relación con lo que se percibe como diferente y aumentando la sensación de miedo.

Con los años y el abandono, el barrio ha experimentado una gran transformación y el


espacio público de las calles, de las plazas y de los parques, puntos de encuentro e
intercambio se han convertido en el lugar del conflicto y de la inseguridad (Santamarina
Campos, 2009, 2014). Uno de la persona que vive en El Cabanyal, lo había explicado
claramente en una entrevista:

La calle en El Cabanyal era el espacio de comunicación entre las personas, la


gente salía en verano a buscar el fresco y calentarse al sol de invierno. Las
fachadas estaban decoradas hasta el mínimo detalle porque representaban la
proyección del espacio privado hacia el exterior. Los vecinos se sentaban en la
calle, las mujeres tejían, hablaban, los niños jugaban y por la noche se traían
mesas y sillas y se cenaba afuera (R.04).

El Cabanyal era descrito como un barrio de proximidad donde las puertas se dejaban
abiertas y todos se conocían y se ayudaban, manteniendo viva la red de relaciones entre
vecinos y vecinas. Con la aprobación del PEPRI, el Ayuntamiento comenzó a comprar
las casas para desmantelarlas. El proyecto de la ampliación de la Avenida Blasco Ibáñez
hacia al mar preveía la demolición de 1651 edificios, lo que hubiera significado un
161
cambio de identidad y perspectivas para toda el área. Se recuerda con estas palabras el
período posterior a la aprobación del proyecto:

Las agencias especializadas en compra y venta daban pocos euros por metro
cuadrado, un verdadero ataque a la dignidad de las personas, especialmente
para los ancianos que después de una vida de sacrificio y trabajo duro, se veían
despojados de la única riqueza material que podían dejar a los suyos: la casa. La
política local no estaba interesada en sus habitantes y quería convertir el barrio en
un escaparate para el turismo y el consumo con repercusiones económicas para
toda la ciudad (R.04).

Tener en cuenta las transformaciones y las prácticas socioculturales en la relación con el


espacio y cómo este contiene y articula las relaciones sociales (Lefebvre, 1969, 1976),
significa sacar a la luz las dimensiones económicas y las articulaciones del poder que
definen la agenda política. La aprobación del PEPRI supone un proceso de cambio
profundo del barrio. Los procesos de reorganización del contexto urbano han tenido
implicaciones significativas para todos los habitantes, causando en El Cabanyal un
proceso de fragmentación social con deterioro de la coexistencia entre los residentes
(Azorín Chico, et al., 2016).

Los planes de transformación de un distrito son parte de una fase compleja de


reestructuración urbana, social, cultural y económica del territorio de la ciudad-mundo
(Augè, 2008). La ciudad- mundo está en el centro de tensiones opuestas y expuesta a
aquellas dinámicas que imponen una nueva reformulación del espacio social (Butler y
Lees, 2006). La articulación de la relación entre los movimientos globales y los recursos
locales genera una complejidad de acción y dinámicas de reacción, que redefinen el
territorio urbano como el lugar de aquellos procesos para la formación de nuevos y más
complejos conceptos de ciudadanía social. Esto impone una reestructuración del espacio
social no según un esquema único, sino caracterizado por una pluralidad y multiplicidad
indefinidas, cuya reformulación necesita tiempo, recursos y estrategias específicas
(Bridge y Butler, 2011). De hecho, las personas pueden actuar sobre los nuevos flujos
reactivando un derecho a la ciudad que es un derecho a la vida urbana (Lefebvre, 1969), y
al reconocimiento de los lugares de vida como espacio para los intercambios pacíficos.

162
La ciudad se convierte en un territorio de afirmación de movimientos nacidos desde la
base social, que experimentan prácticas y caminos de resistencia para restaurar formas de
democracia participativa y profunda (Appadurai, 2011). Para que esta transición sea
posible, es necesario que toda la ciudadanía reconozca su derecho a la ciudad y participe
de forma conjunta en la vida social democrática. Muchas personas en el barrio han
tratado de organizarse en grupos de resistencia pacífica y creativa, la mayoría se ha visto
obligada a irse, otras personas han seguido viviendo en condición de marginación y
consideradas además responsables del aumento de las condiciones de degradación, una
degradación planificada como describen dos vecinas entrevistadas, debida a la
aprobación del PEPRI:

La primera consecuencia del PEPRI ha sido la despoblación del vecindario de


toda la vida y el barrio se ha llenado de personas pobres, sin hogar,
especialmente gitanos españoles o rumanos y ocupas españoles y extranjeros. Lo
políticos han dejado degradar el barrio para hacer los que querían (R.05).

Muchas familias viven en estas casas de propiedad del Ayuntamiento, sin agua,
sin electricidad, sin gas, en condiciones sanitarias precarias, especialmente para
los niños. Hay enteras familias que viven en condiciones de pobreza total, en
lugares sucios y llenos de chatarra que recogen por la calle. El Ayuntamiento ha
planeado la degradación del barrio, para especular con El Cabanyal (R.06).

El alejamiento de la población local, la despoblación gradual y la llegada de una nueva


población ha llevado a situaciones de conflicto diarios entre grupos sociales de diferentes
culturas (Ramiro, Campos y Nicolás, 2011). Estos empujes estructurales redefinen los
tiempos, los escenarios y las experiencias de vida al activar nuevas formas de
representación de la realidad circundante.

Así nos describe esta condición el representante de la asociación local:

La percepción de muchos residentes es la de vivir en un gueto. El abandono por


parte de las autoridades locales ha fomentado la concentración de grupos sociales
en un estado de marginación y exclusión social (R. A. 01).

En esta nueva dimensión, el distrito se ha convertido en una zona de atracción para tipos

163
específicos de actividades, como las relacionadas con la venta y el consumo de drogas. El
problema del narcotráfico es tan evidente que varias asociaciones activas en el barrio han
hecho un llamamiento conjunto desde la plataforma "El Marítimo sin droga" el 10 de
noviembre de 2016 enviando un comunicado de prensa conjunto. Se exigía tener un
bloqueo policial permanente en la zona más degradada, conocida como zona cero del
barrio, para controlar y detener el tráfico de drogas, que también tiene lugar durante el
día. El vecino sigue contando en la entrevista:

La situación es tan grave que incluso los menores están involucrados. Este es un
problema que afecta seriamente las relaciones sociales, el comercio, el decoro
urbano, la celebración de las fiestas como la Semana Santa Marinera, tan
importante para nuestra identidad de pueblo de pescadores. Este es una
condición que afecta la vida de los vecinos, razón de conflicto, miedo y quejas. El
Cabanyal ahora es famoso por la degradación, la droga, el ruido de la noche, el ir
y venir de los automóviles a alta velocidad, el griterío, la música alta, la gente en
la calle hasta la madrugada. Para muchas personas actuar acerca de la venta de
drogas en el vecindario, significa encontrar una solución a todos los problemas
relacionados, que no permiten descansar por la noche, estar en la calle y vivir
en condiciones cívicas (R. A. 01).

A pesar de la noticia de los fondos para la regeneración del distrito, es cada vez mayor la
sensación de que la rehabilitación del vecindario no está vinculada solo a la
reestructuración urbana, sino a las actuaciones de orden social y a medidas educativas y
comunitarias específicas que se necesitan para contrastar las condiciones de pobreza, que
no solo significa no tener las condiciones económicas adecuadas, sino también vivir en el
aislamiento social, la degradación, la falta de relación con las demás y el entorno que lo
rodea (Guidicini, 2003). Es una condición de exclusión impuesta, una falta total de
integración en un territorio determinado o en un tejido. Grupos sociales enteros
permanecen fuera de los procesos de participación en la vida democrática, aislados y
alejados, se pierde así una parte consistente de las potencialidades y de los recursos que
están presentes en el barrio y que podrían utilizarse para empujar una mejora de las
condiciones de vida.

164
5.6.2 Entre las comunidades

Los sujetos se ubican en el contexto y desde ciertos ángulos ven un evento o un hecho
aportando reflexiones elaboradas sobre su experiencia (Rosaldo, 2001). La heterogeneidad
de las opiniones recopiladas es crucial para este estudio y permite explorar áreas de
diferencia sobre cómo las personas proporcionan sus propias interpretaciones de la
realidad. Escuchar las voces de las demás, significa reflexionar sobre una multitud de
verdades que son relativas y parciales, que complican y enriquecen el análisis social, que
es también un análisis dinámico de los procesos de construcción de la propia identidad en
relación con el espacio. El sentido que la gente atribuye a su vida está en relación con su
rol y su perspectiva singular.

Era importante especificar las posiciones estructurales ocupadas por los diversos actores
sociales a través de fragmentos que representan las expectativas y las interpretaciones de
las personas interlocutoras. Cada uno se enfrenta a la realidad según su pertenencia a uno
u otro colectivo de referencia. Cada posición refleja pensamientos y sentimientos en
relación a la diversidad cultural y permite una mejor comprensión de la naturaleza del
conflicto, debido a múltiples procesos sociales coexistentes.

Con el tiempo, algunas áreas del distrito de El Cabanyal, debido a su estructura urbana y
la concentración gradual de las clases más pobres, se convirtieron en los guetos de clase
baja mencionados por William Julius Wilson (2012). Estas áreas se caracterizaban por:

a) La posición de marginalidad económica y permanencia afuera del mundo del


trabajo.
b) El aislamiento social.

En estas zonas aumentan las condiciones de vulnerabilidad, y los individuos tienen mayor
probabilidad de experimentar debilidades de tipo físico, de salud, psicológicas y sociales.
Se entrecruzan diferentes factores de riesgo que limitan las capacidades de las personas,
impidiendo que se alcancen niveles adecuados de calidad de vida. El proceso hacia la
exclusión social es multidimensional, un proceso social y no debido a la responsabilidad

165
personal (Guidicini, 2003). Si por un lado, es fundamental reconocer los derechos de
todas las personas a vivir de manera digna y ser parte activa de la sociedad, por el otro
lado, es importante aumentar la posibilidad de participación pública real, subrayando la
responsabilidad colectiva hacia la convivencia pacífica.

Cuando el espacio social refleja una situación común de inquietud y no es una posibilidad
de encuentro, sino de competición y conflicto entre diferentes intereses, la solución es
promover acciones concretas para analizar los recursos y promover la integración social,
la lucha contra la pobreza y una progresiva asunción de responsabilidad compartida
(Sassen, 2008). No solo es importante hablar de derechos para todas y todos, sino que es
indispensable activar aquellos dispositivos institucionales para que los derechos se
conviertan en realidad.

Con estas palabras, una profesora describe en una entrevista la situación en la que se
encuentra el barrio de El Cabanyal. Su familia vive aquí desde toda la vida y ella ha
estado trabajando en la escuela local durante muchos años.

La gente está cansada, ha luchado mucho para salvar las casas y el barrio, para
reafirmar la dignidad de esta parte de la ciudad atormentada. Ahora no tiene
paciencia, le gustaría un cambio radical e inmediato y eso no es posible después
de veinte años de degradación y políticas de abandono. Si antes las personas
conocían el mal, representado por el gobierno local y su plan de destrucción de
El Cabanyal, ahora es como si estuvieran viviendo en la búsqueda continua de un
enemigo (P.01).

Uno de las personas representantes de la comunidad gitana española, vecino del barrio,
nos expone su idea sobre la comunión de intenciones compartidas durante los años del
PEPRI y las diferentes direcciones que las almas del barrio están llevando a cabo:

Hicimos una lucha común contra un enemigo común, luego cuando se bloqueó el
PEPRI, las cosas cambiaron. La lucha se ha diversificado creando una división
en el tejido social. El Cabanyal no es solo el problema de la rehabilitación de las
casas y de las fachadas, sino la regeneración de las personas que viven aquí,
incluidos los gitanos. El problema social de muchas familias sin ingresos, de
niños aun no escolarizados, de la venta y el consumo de droga, debe resolverse
con medidas sociales importantes y compartidas; de lo contrario, el problema se
166
traslada adonde se mueven las personas, sin solución (A.R.03).

Este sentimiento de desintegración social frente a los nuevos problemas del barrio es
compartido por muchas personas entrevistadas. Si antes el peligro era el PEPRI, ahora el
problema está entre la gente. La situación sigue siendo insostenible debido al tráfico de
drogas, el ruido, las dificultades de convivencia y el comportamiento incívico de algunas
personas. Se necesita una acción concreta que pueda, por un lado, regenerar el distrito
desde un punto de vista urbano, pero sobre todo se necesita una intervención social
eficiente y compartida.

Junto a la degradación física, lo que vive El Cabanyal es una degradación de las relaciones
sociales; un conflicto entre diferentes comunidades que debe ser resuelto ya. Por un
lado, están los que dicen que la alta concentración de personas pobres y en riesgo de
exclusión es la base de la degradación del barrio, y por el otro, están los que quieren
profundizar en el debate sobre las causas de los problemas estructurales de la pobreza.
Según la opinión de algunas de las personas entrevistadas, muchas familias de cultura
gitana han llegado al barrio deliberadamente para alimentar la degradación, víctimas de
un sistema que las utilizaba y que usaba las condiciones sociales de exclusión y pobreza.
Esto recuerda una vecina de los tiempos pasados:

El antiguo gobierno local permitió que muchos gitanos ocuparan los edificios
abandonados, como parte de una estrategia específica. La gente espontáneamente
no quería vender las casas y entonces les obligó a hacerlo. El barrio se degradaba,
se pudría lentamente, era imposible vivir aquí y la gente se iba. En El Cabanyal
siempre han vivido las familias gitanas pero las que llegaron en los años del PEPRI
tenían diferentes costumbres y actitudes poco respetuosas hacia los vecinos. Se
llamaba a la policía que a menudo no venía, porque tenían órdenes precisas de no
intervenir, se vendía droga por la calle por el día y por la noche y algunas casas
se convirtieron en almacenes de chatarra. Las calles estaban sucias, no había
recogida de basura, los niños estaban por la calle y ni siguiera acudían al cole
(R.07).

La degradación, según la opinión de otro vecino, aumentó junto con la tensión entre las
personas residentes y los problemas de convivencia pacífica:
La antigua administración usaba a la gente pobre y a los gitanos, a cambio de
167
votos les permitía ocupar las casas y vivir aquí sin pagar alquiler. Permitieron la
propagación de las ventas de drogas y durante años no se preocuparon de lo que
estaba sucediendo en el barrio. Era conveniente y funcional para el proyecto del
PEPRI y de la prolongación de la Avenida Blasco Ibáñez, tener un barrio
degradado y saqueado. Mucha gente sin recursos llegó a vivir aquí y con ella
llegó la degradación, la droga, la prostitución, los conflictos sociales (R.08).

Hay también gente que denuncia la necesidad de estructurar un plan de recuperación a


nivel múltiple, superando la espectacularización de la degradación y la estigmatización
social de los habitantes más pobres. El problema, según el representante del colectivo
gitano y vecino del barrio, está en asociar la condición de degradación a la cultura gitana
y no tener en cuenta que las familias gitanas siempre han estado en El Cabanyal. La
situación de degradación, en su opinión, debería asociarse con el estado de abandono
planeado por la administración local, la falta de control del tráfico ilegal y la ausencia de
mantenimiento del barrio y de las casas. Estos elementos han afectado a toda la gente,
incluyendo al mismo pueblo gitano residente, que a lo largo de los años ha visto empeorar
sus propias condiciones de vida.

Hay dos aspectos que es importante analizar: primero, no se puede pensar en las
personas gitanas como portadoras de degradación y únicas responsables del
conflicto social, sin saber cuáles son los valores, los principios y las tradiciones
que forman parte de nuestra historia y nuestra cultura. Segundo, los gitanos han
vivido siempre en El Cabanyal. Vivían aquí mucho antes de la aprobación del
PEPRI y el ataque a El Cabanyal. Yo nací en este barrio y he visto cómo ha
cambiado. Aún recuerdo las cabañas cerca de la playa. Mis abuelos siempre han
vivido aquí y han comprado una casa donde yo estuve hasta mi matrimonio. En
los años setenta el clima era diferente, no había diferencia entre payos y gitanos,
las personas se conocían, se compartía la vida de la calle, era un barrio humilde y
pobre, donde todos se ayudaban entre sí. Siempre hemos vivido con la puerta
abierta y la convivencia era pacífica. Las relaciones entre vecinos de diferentes
comunidades, la amistad y el respecto hacían de este barrio un lugar único de
toda la ciudad (A.R. 03).

Estas reflexiones impulsan más perspectivas interpretativas sobre el estado de las


dificultades a las que se ven abocadas muchas familias de cultura gitana. La condición de
precariedad de la vivienda a la que está asociada la falta de trabajo, condena a las
personas a la fugacidad y no les permite echar raíces en el territorio. Abordar el problema
de la segregación social urbana significa analizar en profundidad la situación social de
168
exclusión de sectores enteros de población, pero también significa encontrar soluciones al
problema de la vivienda. El problema está interconectado con otros problemas sociales
que van desde el desempleo a la desviación, desde la dispersión escolar hasta la
ilegalidad. La resolución del derecho a una vivienda digna podría representar un
elemento determinante en la espiral de exclusión social, ya que la casa recuerda
importantes aspectos materiales y simbólicos.

Las situaciones de inestabilidad ejercen una gran influencia en la vida de los habitantes,
actúan negativamente acerca de la posibilidad real de integración y de establecer
relaciones de cohesión con las demás personas residentes, influyendo en las expectativas
de una vida digna. La casa asume un valor simbólico más allá de la dimensión material,
en cuanto es la posibilidad de un proyecto, es el producto de una fuerza cohesiva y
afectiva con las personas y el territorio.

La exclusión social de acuerdo con Giddens (1994) no se refiere solamente a la condición


de pobreza. La misma estructura de los barrios contribuye a la condición de vida de
sus residentes. La exclusión social tiene características multidimensionales vinculadas
también al contexto, como el vivir en un lugar que no tiene acceso al transporte público,
con pocas escuelas y ninguna oportunidad de empleo ni de encuentro entre comunidades
de cultura diferentes. Los excluidos son víctimas también de un sistema del bienestar
social que con su modalidad intrínseca los captura en una espiral negativa de adicción.

Las ayudas están diseñadas más para contener las condiciones de pobreza y exclusión que
para construir una hipótesis eficaz de cambio real y de cohesión. Las políticas de inclusión
social se basan en una presunta voluntad de homogeneidad entre los individuos. Por el
contrario, la retroalimentación negativa de la realidad demuestra las tensiones que surgen
en el espacio urbano, si no se consideran adecuadamente la historia, los valores, las
experiencias de vida y las aspiraciones de los diferentes grupos y colectivos.
En este sentido, el vecino de cultura gitana declaraba:

Los gitanos de El Cabanyal se sienten de aquí, como los vecinos payos. Muchos
nacieron en este barrio y han visto el cambio que ha sufrido. Claro que no
169
admiten ser considerados los responsables de la condición de la degradación. No
todos los gitanos son pobres, no todos se dedican a la venta de droga y no todos
ocupan las casas. Hay muchas familias que viven gracias a la venta ambulante y al
rastro. Solo un pequeño número de familias gitanas se dedican al tráfico de
droga y esta situación afecta a otros gitanos que son víctimas de un estigma
fuerte. Para la mayoría de la gente los gitanos no tienen una formación adecuada,
no tienen ganas de trabajar y siguen viviendo de la asistencia social. Pero no se
quiere saber más de nuestra cultura, las tradiciones que conservamos desde siglos,
los valores, las historias de un pueblo entero. Todo esto no interesa, se habla de
nosotros solo cuando se puede hablar mal (A.R. 03).

El pueblo gitano es uno de los colectivos que más sufre por su estado de exclusión social,
debido a formas de racismo, segregación, y estigmatización (Macías y Redondo, 2012).
Las políticas de inclusión deberían interrogarse sobre cómo promover y sostener el rol
activo de la ciudadanía en la lucha contra la exclusión social y buscar modalidades
eficaces para contrastar los fenómenos de intolerancia hacia la otredad, gobernando la
relación entre las personas más vulnerables y la población en general. Reforzar la
convivencia urbana, reforzando las capacidades del tejido social de ser receptivo a la
diferencia cultural, representa un paso fundamental en la lucha contra la pobreza.
Con esta afirmación está de acuerdo la persona entrevistada, que explica cómo la distancia
entre comunidades alimenta el malestar general:

¿Cuántas son las personas que tienen contacto con el pueblo gitano?
Constantemente sentimos el rechazo, la gitanofobia, la condición de inferioridad
y las dificultades. Las oportunidades no son iguales para todos y muchas personas
no pueden expresarse por lo que son realmente. Se ven obligados a vivir en los
márgenes y a menudo fuera de la ley y fuera del orden, muchas veces por
necesidades. Dicen que los gitanos no quieren integrarse, es fácil decirlo, pero
los gitanos muchas veces no tienen las herramientas para formarse como parte
involucrada de la sociedad. Permanecen fuera de la participación ciudadana, no
tienen espacios para ser escuchados y hace siglos que es así (A.R. 03).

Se necesita un compromiso individual fuerte y convencido, el cambio para ser efectivo


debe involucrar activamente a toda la ciudadanía. Actuar por el bien común significa
construir y practicar juntos, significa rediseñar la intervención no para el individuo o para
los segmentos más marginales, sino para toda la comunidad territorial. Es importante
estructurar espacios para la comparación social y para la capacitación de una ciudadanía
crítica, responsable y participante, integrando las fuerzas regeneradoras y estructurando
170
estrategias compartidas entre diferentes áreas y niveles, así como tras las políticas sociales,
urbanas, educativas, laborales y ambientales.

5.7 La interpretación de la realidad social

Una vez identificada el área específica de interés, se intentó establecer el espacio de


acción, teniendo en cuenta también los límites impuestos por una investigación doctoral:
el tiempo y la disponibilidad económica. Era esencial hacer un buen análisis del contexto
que permitiera tener indicaciones importantes para proporcionar una orientación de interés
socialmente sólida para la práctica y la ciencia (Scholz y Marks, 2001). Se ha dedicado
mucho tiempo a esta fase, considerando el contexto de la comunidad con las diferentes
perspectivas y representaciones de la realidad (Amsden y VanWynsberghe, 2005).
Analizar los problemas del distrito supuso al mismo tiempo reflexionar sobre los recursos
presentes y las posibles soluciones además de definir un segundo objetivo de este
estudio:

Objetivo 2: Evaluar la posibilidad de desarrollar estrategias para el cambio social


positivo y el establecimiento de un espacio de cohesión comunitaria,
caracterizado por el conocimiento y el respeto mutuos.

Siguiendo las indicaciones de la literatura específica (Mondross y Wilson, 1994; Parsons,


Gutiérrez y Cox, 1998) se ha llevado a cabo una nueva fase del proceso en la que:

a) Tratar de enmarcar el problema de la degradación social y del conflicto entre las


comunidades sin culpar a ninguna parte involucrada.

b) Analizar las causas de los fenómenos revelados, incluso aquellas que no son
evidentes a primera vista, a través de la técnica de las preguntas de ¿Pero por qué?
Con esta técnica se avanza en un ciclo de preguntas y respuestas hasta que la respuesta
ya no se pueda reducir. Se delimita un problema y se analiza la causa subyacente
sobre la cual actuar para encontrar una solución.
171
Técnica de las preguntas de ¿Pero por qué?

1) Hay una segregación entre las comunidades que viven en el distrito de El Cabanyal.
¿Pero por qué?

2) Hay situaciones de exclusión social y pocas oportunidades de encuentro entre


diferentes comunidades. Esto implica una estigmatización de la marginalidad ¿Pero
por qué?

3) Se concentra la atención en una parte determinada de la población, que se dedica al


tráfico ilegal, sin reconocer a quienes llevan una vida digna y que son víctimas de la
condición de discriminación ¿Pero por qué?

4) Las personas en riesgo de exclusión social no tienen la oportunidad de ser apreciadas


por lo que realmente son, por su cultura y por lo que pueden hacer. También hay una
condición de resignación frente a la representación negativa propuesta desde el
exterior. ¿Pero por qué?

5) Aunque existen programas específicos de inclusión social, muy a menudo los


resultados se anuncian públicamente. Las personas no pueden ser reconocidas y
apreciadas y no participan activamente en la vida social local. En esta situación, la
división entre las comunidades es cada vez más evidente, eliminando la posibilidad
de buscar espacios para el conocimiento mutuo y el intercambio positivo. Los medios
de comunicación y las noticias en muchos casos alimentan el estigma de la
degradación en el barrio y el conflicto social entre las comunidades.

Después de haber analizado la conexión entre los problemas se prosiguió en:

c) Identificar los factores que actúan en el espacio social; la pobreza, la falta de


trabajo, las diferentes oportunidades de educación, la dependencia de los servicios
sociales, pero también la cultura, las tradiciones, la representación del otro, etc.

d) Identificar los factores personales que contribuyen a la persistencia de un


problema. La posición de cada sujeto individual en un contexto específico
172
determina e influye en la percepción y representación de la realidad. Todos
tienen un conocimiento y una experiencia personal que pueden ayudar a persistir
en el problema o a encontrar una solución.

e) Identificar las fuerzas a favor y en contra del cambio social. En el diagnóstico


del contexto hay una visión cada vez más clara de la situación y se comienza a
comprender las fuerzas que actúan para mantener la segregación entre las
comunidades (estructura social, tráfico de drogas, tradiciones culturales, falta de
conocimiento mutuo, etc.), y las fuerzas puestas en marcha para activar un cambio
(programas sociales de educación pública, asociaciones activas en el área, etc.).

f) Identificar las estrategias, los comportamientos y los factores ambientales en


los que trabajar para comenzar a resolver el problema. Todos los residentes del
barrio deben tener la oportunidad de vivir en el vecindario donde nacieron, pero es
importante estructurar orientaciones para vivir en armonía con los demás, por
lo que las comunidades deben tener la oportunidad de conocerse e establecer
relaciones de confianza.

g) Preguntarse si la investigación científica puede ser una herramienta eficaz


para buscar una orientación al problema y cómo hacerlo. La degradación
urbana del distrito comenzó a resolverse a través de intervenciones específicas tales
como: la reconstrucción de las calles y aceras, la renovación de las fachadas
y la limpieza de las áreas comunes. Pero en el vecindario también hay una fuerte
degradación social, una segregación entre las comunidades que debe abordarse
con una estrategia multinivel, trans-disciplinaria y transformadora. ¿Puede la
Investigación Acción Participativa ser una herramienta válida para abordar el
problema y buscar una solución práctica?

h) Identificar los agentes interesados por el cambio social. Las personas


afectadas por el problema pueden ser las más motivadas para cambiar la
situación. También es importante identificar los recursos disponibles, contactar
con un mayor número de agentes interesados por encontrar una orientación al
173
problema utilizando las herramientas y las estrategias de una investigación
científica participativa y transformadora.

5.8 El análisis de los recursos

La participación activa es una posición tomada por la sociedad civil como una forma de
repensar las políticas locales e influir directamente en las elecciones y decisiones que
afectan al propio contexto de vida. A partir del análisis de la situación del barrio de El
Cabanyal, un signo importante de la cultura y de la dinámica de participación ciudadana
es la presencia de asociaciones y grupos organizados que trabajan en el barrio. La actividad
social organizada siempre ha sido una característica de El Cabanyal, y ha resultado
ser un recurso indispensable de resistencia y de planificación.

Valencia es considerada la ciudad española en la que se ha desarrollado la respuesta más


importante de la sociedad civil en los últimos años (Díaz Orueta, 2010). Un movimiento
social que comenzó desde abajo para salvar y proteger el área y el vecindario de los
ataques especulativos del proyecto PEPRI. Un ejemplo de resistencia crítica para
restaurar el derecho a la ciudad. Las formas organizadas en el contexto local son
expresiones de un nuevo ciclo de movilización social presente en varias ciudades
españolas (Blanco, 2009), para hacer frente a las consecuencias de la crisis, los ataques
políticos y a la reestructuración neoliberal del espacio urbano. En un barrio donde los
problemas sociales siguen presentes, es posible observar lugares de acción social que
buscan analizar y mejorar las condiciones de vida de la gente. La degradación urbana,
económica y social ha llevado a las personas a articular una respuesta social para defender
su espacio vital. Entre los colectivos activos, algunos se dedican a proyectos de inclusión
social respaldados con fondos públicos.

A través del estudio de campo y el contacto con los vecinos y las vecinas, se empezó a
observar un hecho interesante sobre el papel de las mujeres en las historias de resistencia
del barrio. Es precisamente gracias a su movilización, que en los últimos años se ha
constituido una fuerza impulsora fundamental para el debate y las iniciativas acerca de la

174
democracia participativa local. Aunque los documentos de análisis del contexto del EDUSI
destacan un nivel de empleo más bajo que el de los hombres, así como el nivel de
educación, el número de mujeres que viven solas en el vecindario es bastante elevado y el
número de activistas resulta aún mayor. Esta consideración sobre el uso del espacio social
por parte de las mujeres y las acciones de resistencia estructuradas, se evidencia en una
entrevista a una de las activistas más importantes para la resistencia al PEPRI:

Es necesario considerar que este era un barrio de pescadores, de mujeres que


cuidaban hogares y niños mientras los hombres estaban en el mar. Estas mujeres
de corteza dura, son las que se quedaron a vivir aquí y las que defendieron sus
hogares. Muchas de ellas, que empezaron a involucrarse en la defensa de El
Cabanyal, fueron educadas en la República y tuvieron una buena formación y un
trabajo. Otras han elegido vivir aquí y han puesto a disposición su arte para
informar lo que estaba sucediendo en el barrio y para la lucha en contra del
PEPRI. En El Cabanyal hay muchas mujeres separadas, divorciadas, viudas,
solteras, incluso en el grupo de la comunidad gitana española y rumana. Sin
duda, no todas tienen la misma posibilidad de hacer oír su voz. Hay algunas que
dedican más tiempo y tienen más posibilidades de expresión pero se están también
desarrollando realidades que ayudan a las mujeres en condiciones sociales,
económicas y culturales más frágiles (A.R. 01).

Durante la fase de exploración se había tenido la oportunidad de contactar con unas


activistas de las asociaciones que participan en proyectos de inclusión para las mujeres de
cultura gitana españolas y rumanas. En una reunión, las responsables del programa habían
explicado que la asociación había sido el hogar de varios cursos de competencias básicas;
de matemáticas, de lectura y de alfabetización tecnológica. El Ayuntamiento identifica
las asociaciones de la zona y los servicios sociales seleccionan a las personas interesadas,
que serán incluidas en los cursos. A las participantes se les paga con una pequeña
beca por día. Además de los cursos de habilidades básicas financiados por el
Ayuntamiento, la asociación ofrecía desde hace unos meses un cursillo de costura para
las mujeres gitanas rumanas. El grupo se reunía una vez a la semana durante dos horas.
Era esencialmente un espacio de encuentro y con el apoyo de una trabajadora social se
ayudaba a las mujeres en pequeños asuntos cotidianos tales como: rellenar formularios,
proporcionar direcciones, dar información sobre los servicios sanitarios de la zona.

La responsable en una entrevista nos habló de las dificultades de contacto entre los
175
diferentes grupos sociales, la segregación entre las comunidades, los problemas de
convivencia, la dificultad en la construcción de relaciones y la falta de confianza mutua,
no solo entre el colectivo gitano y no gitano sino también en el mismo pueblo gitano
entre las personas rumanas y españolas.

La gente ya no se habla más. Muchas veces la solución de problemas que parecen


irresolubles está cerca, pero las personas prefieren poner carteles de protesta y
llamar a la policía, en lugar de hablar y explicar su propio punto de vista
directamente a la persona en cuestión. Se está tratando desesperadamente de
estigmatizar la marginación, la degradación y la pobreza, en lugar de tratar de
resolver el problema directamente entre las personas que podrían hablar,
encontrarse y confrontarse entre sí (A.R. 04).

Durante la entrevista, la responsable habló de un grupo de mujeres españolas de cultura


gitana, que se reunían en el espacio de la asociación, pero no había nadie que pudiera
seguirlas directamente. No era fácil, explicaba la responsable, constituir un grupo
heterogéneo entre españolas y rumanas.

Con la idea de trabajar con los residentes de diferentes grupos sociales, activando
dinámicas emergentes de participación compartida, se decidió ponerse en contacto con el
grupo de mujeres para hablar sobre su experiencia de vida en El Cabanyal y presentar la
oportunidad de participar en este estudio. La responsable de la asociación nos aprobó una
reunión con las mujeres españolas de cultura gitana, mientras, nos explicó que las mujeres
rumanas, seguían “un camino ya estructurado” y en aquel momento era importante
mantenerse centradas en los objetivos que, con el programa de inclusión, se “habían
establecido” para ellas. La reunión pareció una gran oportunidad para conocer el grupo,
formado por tres mujeres españolas de cultura gitana y escuchar sus voces. En los primeros
encuentros se habló sobre las experiencias de vida de cada mujer. Se reflexionó sobre la
relación entre las comunidades, los problemas del barrio y los conflictos, sobre los
proyectos propuestos para la inclusión y las actividades de las asociaciones.

Se trató de concentrarse en la dinámica de la confrontación creativa, prestando atención a


la comunicación verbal y no verbal y al uso del lenguaje. Se intentó establecer un
contacto a través de la escucha activa, manteniendo una relación de sinceridad y de
176
mutua curiosidad. El mismo acto de escuchar a las personas y prestarles atención es un
proceso de Empoderamiento en sí mismo (Ledwith, 2011), en cuanto las acciones, las
relaciones sociales, las normas, los juicios entran en juego. Se empezó a participar en sus
vidas y a observar cómo estaban en el mundo. Se observaba cómo interpretan y evaluaban
sus propias acciones y las de los demás. Era interesante observar la construcción de
una nueva relación interpretativa bidireccional y multi-prospectiva (Rosaldo, 2001). La
participación activa en las reuniones dio la oportunidad de entender las necesidades y
permitió establecer relaciones de confianza y amistad. El factor empatía era
extremadamente importante (Reinharz y Davidman, 1992), para la apertura a un
mundo de intimidad entre mujeres. Se comenzaron a definir los contornos de un proceso
de reflexión sobre los temas relacionados con la inclusión y sus formas de actuación, que
en algunos casos causan distorsiones para la formación de grupos autorreferenciales y
cerrados.

La producción de un objeto destinado a la venta por parte solo del grupo de mujeres
gitanas rumanas y la ausencia de una estrategia de acción por parte de la asociación para
las mujeres gitanas españolas, fue el motivo de un proceso de problematización sobre la
oportunidad de aprender algo nuevo en aquel contexto específico. Se planteó entonces la
posibilidad de aprovechar el tiempo a disposición para fomentar la formación personal.
Fue en este momento cuando se decidió proponer a las mujeres españolas de cultura
gitana empezar un pequeño curso de ganchillo, y ser parte activa de la presente
investigación, siguiendo, documentando, problematizando las diferentes fases del
proceso. Se empezó trabajando los primeros pasos del ganchillo: los puntos, la lectura de
los esquemas y de los patrones, la combinación de colores. Se proporcionó el material
necesario y la investigadora decidió asignar el 10% de su beca mensual a la formación
del grupo de las mujeres.

La nueva fase requería un reequilibrio de las relaciones de poder entre las responsables de
la asociación, la investigadora y el grupo de mujeres españolas de cultura gitana. A pesar
de la mediación y las repetidas reuniones para encontrar una solución a los conflictos que
surgieran, finalmente el grupo de mujeres pidió abandonar la asociación, para continuar

177
en otra sede con el curso de ganchillo y la investigación. En una reunión con la responsable
se pidió buscar una solución compartida. Sin embargo, fue ella la que confió que “prefería
que el grupo de mujeres de cultura gitana abandonara la asociación, en cuanto se retenía
un grupo constituido por personas muy conflictivas y problemáticas”. La nueva situación
obligó a elaborar una nueva fase del proyecto y una acción concreta para encontrar otro
sitio, donde encontrarse y seguir trabajando.

Desde este momento se empezó a compilar un relato que contara, paso paso, la nueva
situación en la que, como grupo, nos encontrábamos. En este proceso empezamos a ser al
mismo tiempo narradoras, que relatan los acontecimientos, y personajes involucrados en
la situación. La condición de encontrarse sin el apoyo de la asociación, era un estado de
desestabilización que nos imponía actuar para encontrar una solución, pero al mismo
tiempo era una ocasión para construir una nueva historia, en la cual recompilar nuestras
percepciones e interpretaciones del mundo y una denuncia de una perspectiva que
permitirá revelar otra (Bruner, 1992). La narración empezó a ser descubierta como una
herramienta para interpretar, conocer y conferir significados y sentidos a los eventos y a
las situaciones. Nuestro actuar en el contexto especifico del barrio comenzó a ser
intencional, en el sentido que intencionalmente empezamos a promover acciones de
cambio, y el relato nos acompañó como dispositivo que ayudaba a narrar lo inesperado,
lo posible, entre el estado de las cosas y la innovación, “echando nueva luz sobre el
mundo real” (Bruner, 2003, p. 24).

Por algunos meses, el grupo formado por las españolas de cultura gitana y la
investigadora se reunió en casa de las mujeres, cada vez en un lugar diferente, según la
disponibilidad, hasta que la familia de una de las mujeres puso a disposición su hogar,
para permitirnos seguir trabajando. Finalmente, se decidió hablar con la directora y la
profesora del centro escolar público local y proponerles colaborar con nosotras. Allí se
encontró el apoyo para seguir con el curso de ganchillo. La escuela y toda la comunidad
escolar se convirtieron en uno de los elementos más importante de la presente
Investigación Acción Participativa. En este espacio se inició el viaje en el que las
experiencias se transforman en significado y acción colectiva para el cambio social
positivo, descubriendo una nueva forma de sentirse comunidad.
178
Ya en marcha el proceso de Empoderamiento de las mujeres de cultura gitana del grupo
de Las Tejedoras, conscientes en el estructurar y realizar acciones que permitieran
trasformar su relación con el contexto, se quería planear una acción conjunta entre personas
de diferentes culturas. Era importante entonces, crear otro grupo de mujeres de cultura
no gitana, interesadas en implicarse en la intervención de desarrollo comunitario. Así fue
como se constituyó un grupo de mujeres interesadas en formar un coro.

Fueron invitadas las mujeres entrevistadas en las semanas anteriores, y que habían ayudado
en la recopilación de las informaciones utilizadas para el análisis del contexto, y se
informó el vecindario a través de anuncios en las redes sociales. En una primera reunión
del coro asistieron quince mujeres y se presentó al grupo la posibilidad de realizar
una Investigación Acción Participativa con mujeres de diferentes culturas. El coro era
parte integrante del proyecto; un coro no tradicional, sin directora en el cual cada mujer
era a la vez cantante y directora de la canción que quería compartir con sus compañeras.
El grupo no aspiraba a tener competencias técnicas musicales, sino a desarrollar un espacio
de encuentro e intercambio positivo, comprometido en un proceso de Emancipación hacia
la representación de sí misma como mujer y como parte de un conjunto de mujeres de
comunidades de culturas diferentes. El grupo coral comenzó a reunirse todos los sábados
por la tarde de 17:30 a 19:00 en las instalaciones de un espacio para actividades culturales,
educativas y de participación social. Mientras que el grupo de mujeres de cultura gitana,
se reunía dos veces a la semana en los locales puestos a disposición por la escuela
local.

5.9 Las participantes en la Investigación Acción

Tener en cuenta las diferencias entre comunidades significa comprender algo más sobre
las dinámicas que existen entre el espacio, las personas, la cultura local y los procesos de
lo global. Si las personas ocupan diferentes roles a nivel local, respecto al acceso al
mundo de la educación, al trabajo y a la participación en el espacio público, las culturas
nacionales de las cuales las culturas locales son parte integral, ocupan diferentes espacios
sociales en el tablero global internacional (Massey y Jess, 1995).

179
El análisis de las diferentes relaciones de poder entre los grupos sociales en un contexto
específico permite a las participantes reflexionar sobre las estructuras sociales y las
formas de desigualdad en diferentes niveles. Por lo tanto, la estructuración de
oportunidades para un proceso de hibridación entre culturas, no es solo un momento de
encuentro, sino una reflexión conjunta. Es un espacio dinámico en el que se comparte el
análisis inter-seccional y transcultural de la desigualdad. Se trata de prestar atención a de
qué manera las personas se ven envueltas en el proceso de desigualdad a nivel local y se
desvelan cuáles son las dinámicas globales, actuando juntas para la transformación y para
la democratización de la producción de conocimiento y su uso en el mundo real. El sujeto
explicita su posición en referencia a su background cultural, su propia historia y
experiencia, pero lo hace con una visión más completa de lo que es la realidad en la cual
se encuentra, buscando soluciones que permiten también a los demás expresarse.

Los dos grupos de mujeres compartían el vivir en el mismo territorio y dentro del mismo
grupo compartían la pertenencia a la cultura gitana o no gitana. Las mujeres de cultura
gitana eran todas madres, no así en el grupo de cultura no gitana. Algunas de las mujeres
del grupo de cultura no gitana eran activas en otras organizaciones del vecindario, ninguna
de las mujeres de la cultura gitana era activa en otras asociaciones. Varias diferencias
se detectaban dentro de cada grupo por factores relacionados con la edad, las condiciones
materiales, el nivel educativo y las posibilidades económicas. Aunque es útil clasificar los
dos grupos de mujeres según las diferencias, es necesario recordar que durante la
fase de análisis de las necesidades se detectó que el nivel de variabilidad dentro del
mismo grupo es posiblemente incluso más amplio que el que existe entre los dos grupos.

Uno de los objetivos del proyecto de Innovación Socio- Cultural era proponer una
intervención de desarrollo comunitario, unos de los objetivos de la Investigación
propiamente científica, era contar el intercambio y la interacción entre mujeres,
interpretando las expectativas del nuevo curso de la vida social en el barrio de El Cabanyal.
La narración del encuentro nos permitía “crear una visión correctamente pragmática de lo
real” (Bruner, 2003), focalizando nuestra atención en las funciones que los relatos
cumplían, con respecto a las personas, las relaciones, la cultura y el contexto en el cual
todo esto se realizaba.
180
5.10 Etapas de la Investigación de Campo

El presente estudio ha sido organizado de acuerdo con el enfoque de Investigación Acción


Participativa, que combina la construcción de teorías y las prácticas, a través de la acción
conjunta de la investigadora y las participantes. El proceso está diseñado en espiral,
por lo que cada fase requiere y consta de planificación, acción y evaluación. La
circularidad del camino permite profundizar en algunos aspectos de la investigación y
construir el desarrollo de una conciencia crítica. El método elegido es un camino
progresivo y emergente que permitió definir las condiciones iniciales, las estrategias y los
resultados, definiendo las categorías y las unidades de análisis de cada etapa. Aunque la
Investigación Acción Participativa ofrece una gran flexibilidad en relación con los
contextos culturales y las preguntas de investigación (Greenwood y Levin, 1998), en este
estudio se ha utilizado la estructuración en cuatro pasos:

a) El diagnóstico.

b) La prescripción y la planificación de acción.

c) La implementación.

d) La evaluación.

Cada fase se considera fundamental para el desarrollo del proceso de investigación


(Kemmis, 2010). Era importante definir las preguntas a responder y las estrategias para
pasar a la siguiente fase y elegir los métodos a utilizar. El proceso de investigación tuvo
como objetivo permitir a las personas comprometidas comprender la naturaleza de los
problemas y de los fenómenos, con el fin de encontrar una solución efectiva en relación
con un entorno específico (Stringer, 2013). Todas las prácticas se construyeron sobre la
base de los valores de equidad, respeto, dignidad y reciprocidad, como fundamentos en la
construcción de una intervención para el desarrollo comunitario y como política
encaminada a la justicia social (Ledwith, 2011).

La Investigación Acción Participativa es una metodología dirigida al proceso de


democratización y también de desmitificación de la investigación. Esta es la razón por la

181
cual las participantes en este estudio han desarrollado, junto con la investigadora, toda la
agenda del trabajo de campo; recopilación de informaciones, análisis crítico y diseño para
la acción y la evaluación. El conocimiento fue cogenerado y su interpretación ha sido un
elemento clave para la reflexión sobre las prácticas y el inicio del proceso de cambio
social local. Para ser eficaz, el camino de la Investigación Acción debe ser participativo,
colaborativo y orientado a constituir una comunidad de enseñanza- aprendizaje entre
todas las participantes (Reason y Rowan, 1981; Stringer, 2013).

5.10.1 La fase de diagnóstico

La fase de diagnóstico ha consistido en un momento de análisis sobre los fenómenos


identificados en la fase exploratoria: la condición de segregación social en el barrio de El
Cabanyal y la posibilidad de activar un proceso de cambio social positivo. La fase de
diagnóstico supone estar en una situación y examinar un contexto específico que necesita
atención. En esta etapa, la investigadora y los dos grupos de mujeres de cultura gitana y
no gitana, compartieron informaciones sobre las condiciones de conflicto entre las
comunidades que viven en el distrito.

La recolección de informaciones de acuerdo con un enfoque cualitativo se llevó a cabo a


través de la técnica de los Grupos Focales, historias de vida y conversaciones informales
(Rubin y Rubin, 2011). Se organizaron dos Grupos Focales de una hora y media cada uno
para los dos grupos de mujeres. Esta técnica permite obtener una gran cantidad de
información en poco tiempo (Basch, 1987), y permite además adquirir nuevas ideas
gracias a la interacción entre las participantes (Strickland, 1999).

Durante los encuentros se analizaron los siguientes aspectos:

a) Las creencias, las percepciones y las teorías sobre la condición de segregación del
tejido social en el barrio de El Cabanyal.

b) El tipo de experiencias y las posibilidades de intercambio con la comunidad de


diferente cultura (gitana y no gitana).

182
c) Las necesidades de los dos grupos de mujeres y, por lo tanto, la motivación
personal por participar en un proyecto de Investigación Acción.

Era necesario aclarar que no había compensación económica y que era fundamental
evaluar los riesgos relacionados con la participación, como un posible factor de
vergüenza y aislamiento dentro del mismo colectivo de procedencia.

Las discusiones en el grupo permitieron a las mujeres hablar de sus experiencias y


exponer sus ideas. Se compartió también la información recopilada por la investigadora
sobre la situación inicial y el análisis del contexto. El objetivo era tener una base común
para la reflexión y la comprensión de la realidad sobre la cual trabajar a través de la
activación de un proyecto de Innovación Sociocultural para impulsar una transformación.
Otro momento importante de intercambio entre la investigadora y las participantes han
sido las conversaciones informales y la recopilación de las historias de vida. La relación
de diálogo es uno de los conceptos básicos de la Investigación Acción Participativa, no
solo como un intercambio de información e ideas sino, sobre todo, como un intercambio
de valores y sentimientos (Park, 2006).

En la fase de diagnóstico se decodifica el fenómeno y se delimita el espacio del problema.


En este estudio la atención se centró en la recopilación, el análisis y la interpretación de
las necesidades de las mujeres de los dos grupos, que se describirán de manera profunda
en el capítulo sexto. Por un lado, se definen las exigencias y las aspiraciones como mujer
que elige participar en el proyecto de investigación y, por el otro, se delinean las
necesidades, como grupo, en relación con otro colectivo de cultura diferente. Se ha
detectado, particularmente en el grupo de las mujeres de cultura no gitana, la facilitad
para definir la necesidad del otro grupo (Fraser, 1989), como un problema de inclusión
y de asimilación a las normas cívicas, para el bienestar de la vida de todo el vecindario.

La compleja naturaleza de la relación entre comunidades está determinada por una


concepción cultura-céntrica que niega la identidad del otro para reafirmar la suya
propia (Adriaensen, 1999). El reconocimiento de esta posición inicial permitirá
comprender los objetivos y los resultados del presente estudio en una perspectiva cross-
183
cultural. La fase de diagnóstico ha sido la base para la siguiente fase de prescripción y
planificación de la acción.

5.10.2 La fase de prescripción y planificación de la acción

En la fase de prescripción era necesario desarrollar un plan para la puesta en marcha del
proyecto de innovación sociocultural Las Tejedoras y Las Coristas. El proyecto tenía que
ser coherente con la información recopilada en la etapa de diagnóstico y tenía que
cumplir con las expectativas expresadas por las participantes. Definidas las prioridades y
las tareas, se reflexionó sobre las cuestiones acerca de lo que se podía hacer en una
determinada situación, planeando el procedimiento y el trazado en las líneas generales del
proyecto (Stringer, 2013). Recogidos todos los elementos necesarios para la
planificación, se identificaron los objetivos y las medidas correspondientes, las acciones
concretas y las personas a las que iban dirigidas, el calendario de actuaciones así como
los agentes responsables de llevarlas a cabo y el presupuesto económico necesario.

El proyecto de Innovación Sociocultural se planificó en relación a los problemas


específicos de un contexto (MacCallum, 2009), y las necesidades expresadas por las
mujeres participantes. Por otro lado, había sido importante identificar no solo las
actividades, sino también los espacios en los que reclamar unos derechos sociales a través
de una acción conjunta (Castells, 1995). Las prácticas tenían la intención de reconectar
comunidades, estableciendo una cohesión y un intercambio de experiencias. La acción
colectiva en la vida cotidiana definía un proceso político de re-conocimiento recíproco,
de análisis y de reflexión sobre un espacio compartido que debía ser recuperado (Calvo,
2014). Se empezó por la escuela. El proyecto, como propuesta para la transformación
personal y colectiva y como estrategia para la formación de un Tercer Espacio, fue
presentado a la comunidad escolar que había decidido apoyar el grupo de mujeres de
cultura gitana y darles un espacio para seguir con el curso de ganchillo.

A través de conversaciones con las profesoras y la directora se ha tratado de evaluar qué


dialéctica podría desarrollarse entre las comunidades y la escuela que compartían el
184
mismo entorno. Cómo conciliar las expectativas de la base social, las necesidades del
alumnado y de las familias, convirtiéndolas en contenidos educativos. Fue en este
momento cuando una de las maestras pidió al grupo de Las Tejedoras trabajar con las
clases de educación infantil (3-6 años), en un proyecto que estaban realizando para la
semana cultural, que iba a celebrarse dentro de unos meses. El tema del proyecto curricular
era “El Cuerpo”. Las mujeres de cultura gitana se interesaron vivamente por la propuesta
y estaban encantadas en la participación conjunta con el alumnado de las clases de infantil:
más si cabe porque algunas de las participantes tenían hijos e hijas involucrados. Fue
en este momento y con el apoyo del personal docente, cuando el grupo de tres creció hasta
cinco, involucrando a otras mujeres de cultura gitana que empezarán a colaborar en el
trabajo de campo.

A través de figuras de ganchillo, representaciones gráficas y relatos escritos, se contaron


los primeros tres años de la vida de los niños y de las niñas: desde el embarazo al
nacimiento hasta la inclusión en la escuela. El objetivo era recuperar y compartir la
memoria de un período fundamental de la vida como mujeres y como madres y también
contar las costumbres, las tradiciones culturales y los rituales relacionados con el
nacimiento. Alegría y miedo se trasmitían con fuerza a través de un lenguaje que
transformaba una historia personal en la historia de “muchas”.

En el mes de mayo, el proyecto “ Te Cuento tu Historia” se presentó al público con


una exposición abierta en las instalaciones de la escuela. El desarrollo de un proceso
colectivo de memoria compartida produce evoluciones que superan las expectativas. Se
pudo observar la satisfacción de las mujeres de cultura gitana acerca del trabajo hecho.
Con orgullo se mostraba a las familias, que acudieron a ver la exposición y a los
representantes institucionales invitados. Todo el vecindario podía admirar las habilidades
logradas en unos pocos meses por el grupo de Las Tejedoras, y especialmente se evaluaba
positivamente la participación en la vida escolar por parte de un colectivo que
tradicionalmente y por diversas razones permanecía alejado de la vida social. Fue la fase
en la que las experiencias en un contexto dado se transforman en significados y
conocimientos necesarios para activar un nuevo ciclo.

185
Nuevos encuentros y perspectivas

En los días posteriores a la presentación pública del proyecto “ Te cuento tu historia”


se consideró necesario programar una evaluación interna. A través de un cuestionario
con preguntas abiertas se pidió a las mujeres de cultura gitana su propia opinión sobre
la organización del curso de ganchillo, que se revelará una potente herramienta de
superación personal, la percepción acerca de los resultados logrados a nivel personal, la
congruencia entre expectativas y efectos y sobre todo la motivación para seguir adelante
con el proyecto. Se organizó un segundo Grupo Focal, en el cual se ponderaron los
progresos realizados y se compartieron las experiencias y las aspiraciones futuras.

El siguiente paso fue la comunicación del conocimiento adquirido y co-construido. La


devolución participativa es una herramienta para reconocerse como co-investigadoras en
un proceso que debía ser sistemático y ordenado. En esta fase era importante comprender
y comunicar lo que se estaba haciendo, para crear conciencia, estimular el camino de auto
investigación y avanzar en la trasformación de su entorno. Las mujeres de cultura gitana
demostraron estar satisfechas e impacientes por exponer al público el progreso logrado y
el conocimiento adquirido en esta primera fase de la Investigación Acción Participativa.
Pretendían alcanzar una mayor visibilidad del proceso de cambio en curso y de la
capacidad del poder hacer.

Por esta razón, al final de mayo 2017 se organizó una presentación oficial del proyecto de
Las Tejedoras en un seminario de la Universidad de Valencia (Figura 7), donde estaba
presente el profesorado y el alumnado del programa de Doctorado en Educación. Era la
primera vez que las mujeres de cultura gitana visitaban la Facultad de Filosofía y Ciencias
de Educación, y demostraban emoción y orgullo. A través de un breve recorrido por las
fases principales del proyecto, se reflexionó sobre la relación entre el colectivo gitano
y no gitano en el barrio de El Cabanyal, la importancia del diálogo, y la representación
de las mujeres de cultura gitana.

186
Figura 7. Seminario de Las Tejedoras en la Universidad de Valencia
Fuente: Elaboración propia.

El actuar en un ambiente tan insólito era reflexionar sobre los efectos de la implicación
en el proyecto. Era una oportunidad para hacer públicas historias personales y colectivas
que habían sido calladas, para contar y hacer análisis participativo, contribuyendo a una
discusión más amplia de la realidad y un entendimiento común, mientras se estimulan los
procesos de saneamiento y recuperación.

En una siguiente entrevista para una estación de radio local (2 de junio de 2017), se pudo
observar cómo algunas de las mujeres se sentían más seguras de su experiencia y de las
habilidades logradas, ayudando a las más tímidas y silenciosas a participar en la
conversación. Hubo un gran deseo de superarse cada día. Se había creado un espacio
crítico para:

a) Reflexionar y discutir sobre la experiencia vivida.

b) Analizar el sistema de prejuicios y estereotipos.

c) Desarrollar una conciencia crítica que permita examinar un fenómeno específico.

d) Relatar y atestiguar una historia diferente como una posibilidad para el cambio
social.

187
Con la finalidad de llevar a cabo la difusión del conocimiento académico adquirido, como
resultado de esta primera parte del trabajo de campo el proyecto Te cuento tu Historia se
presentó en el Congreso de la European Educational Research Association (EERA), en
septiembre 2018 con la comunicación Telling your Story: A Project of Shared Space
Between Families and Public School for the Social Change3.

Al mismo tiempo, seguía el trabajo del grupo de mujeres de cultura no gitana que
constituían el coro y se había elegido el nombre y también el uniforme: todo blanco en
verano y todo negro en invierno, con dos lienzos verdes y azules como los colores de los
antiguos barcos de pesca de El Cabanyal. Se trabajaba en las canciones, la armonización
que se quería dar, la presentación al público, compartiendo la razón por la que se había
elegido una canción específica y su historia. El grupo hizo un primer pequeño concierto
(19 de mayo de 2017), con motivo de la inauguración del festival de teatro, centrado
sobre el tema de las migraciones y del encuentro con el otro. El coro había acompañado
el recorrido del autobús número 19 que viajaba desde el centro de la ciudad de Valencia
hacia el barrio de El Cabanyal, cantando una canción en lengua quechua. Fue un momento
de gran unión entre las personas del grupo en una situación tan divertida como inusual.

Se habían formados dos grupos de mujeres con trayectorias, experiencias de vida,


extracción social muy distintas y con un objetivo común: luchar por su formación y
crecimiento personal. Por un lado, el grupo de cinco mujeres de cultura gitana de Las
Tejedoras que utilizaban el ganchillo como una herramienta de liberación y medio de
reconocimiento, ante la opresión social a la que están sometidas. El trabajo representado
buscaba incorporar lo mejor de esto recurso con la práctica de la Investigación Acción
Participativa, a fin de facilitar los cambios a nivel personal y comunitario. Como se
explicará en detalle en el capítulo sexto, el análisis de los resultados se centrará
esencialmente en el proceso de Empoderamiento personal, en la renovada sensación de
confianza acerca de las propias capacidades, habilidades y el sentido de autoeficacia, que
afecta también a las relaciones más cercanas y entre grupos.

3
Disponible en: https://eera-ecer.de/ecer-programmes/conference/23/contribution/43791/

188
Por otro lado, estaba el grupo de mujeres de cultura no gitana de Las Coristas que habían
aceptado el desafío de buscar canciones, cantarlas, explicarlas y presentarlas a sus
compañeras, siendo al mismo tiempo una condición insólita de cantante y directora. El
análisis de los resultados en este caso se centrará en el concepto de Emancipación, con
respecto a los límites impuestos por cultura y condiciones económicas en la representación
de la diferencia, la motivación en superar el conflicto y la disponibilidad al encuentro
con las demás.

En el camino de construcción de la teoría social es esencial que esté estructurada en la


práctica. El proceso de Empoderamiento en marcha para las mujeres de cultura gitana
tuvo que contactar en un momento específico con el camino de Emancipación del grupo
de mujeres de cultura no gitana. El encuentro entre las comunidades no estaba
relacionado a las prácticas culturales, que no eran compartidas, ni a los roles sociales que
reflejaban una determinada estructura económica, sino a una condición de vulnerabilidad
del grupo mayoritario, de cultura no gitana, que redefinía su propia posición y aquella de
las demás, de cultura gitana. Ha sido una oportunidad para reflexionar sobre la
posibilidad del encuentro con la diferencia. El proceso de enseñanza- aprendizaje, puesto
en marcha con esta investigación, ha sido la base para la formación de un espacio de
colaboración entre personas. El cuestionamiento acerca de la propia condición, el poder
ver la vida desde otra perspectiva y comenzar un diálogo entre mujeres, podía servir
como oportunidad para el cambio social y la reflexión compartida sobre la condición
actual y las aspiraciones para un futuro mejor.

Se decidió organizar un evento conjunto y reunir a todas las participantes involucradas en


el proyecto (Greenwood y Levin, 1998). La intención era "llegar a la verdad como un
acto revolucionario" (Gramsci, 1971, 1977), denunciando las contradicciones que se dan
por sentadas, las estructuras de poder que las respaldan y anunciando las posibilidades de
cambio en lo que vivimos, vemos y pensamos. Se pretendía discutir sobre el proyecto
iniciado, reconocer la experiencia como una reinterpretación de la realidad y comprender
los procesos puestos en marcha, para superar la condición de indiferencia entre grupos
sociales. En este sentido, fue importante analizar críticamente las posibilidades que ofrecen
la participación, la relación y el diálogo empático (Roller y Lavrakas, 2015).
189
En la primera semana de junio de 2017, se organizó una fiesta-encuentro, con un taller de
ganchillo público, ofrecido por parte de las mujeres del grupo de Las Tejedoras que
hacían de profesoras (Figura 8), y un concierto de Las Coristas (Figura 9). Era la primera
vez que las mujeres de los grupos, se presentaban juntas como protagonistas del proceso
de transformación, una forma para ganar autoestima grupal y generar otras formas de
entender las relaciones entre comunidades.

Figura 8. Taller de ganchillo


Fuente: Elaboración propia

190
Figura 9. Concierto
Fuente: Elaboración propia

Esta ocasión de confrontación fue concebida como un momento reflexivo tanto para el
proceso de investigación como para el proyecto de Innovación socio-cultural, que se
alimentaban recíprocamente y que constituían dos niveles, uno más práctico y uno más
interpretativo, de una misma intervención. Se trató de establecer prioridades y pasos
futuros, y de seguir trabajando en la relación, como herramienta para la transformación
social. El objetivo era estar juntas, tocarse, agradecerse mutuamente, conocerse,
respetarse. La otredad no como una amenaza, sino como un recurso.

Sin embargo, el espacio tenía su importancia. La reunión entre los dos grupos tuvo lugar
en un huerto urbano cerca del edificio donde viven la mayoría de las mujeres gitanas. En
el mismo huerto las mujeres habían trabajado y cultivado en las semanas anteriores
gracias a una colaboración establecida entre el grupo de Las Tejedoras y el colectivo de
El Huerto Urbano (Figuras 10 y 11).

191
Figuras 10-11. Huerto Urbano en el barrio de El Cabanyal
Fuente: Elaboración propia

El barrio con sus espacios, llenos de significados materiales y simbólicos, era el lugar
elegido para el encuentro de los dos grupos de mujeres. Se marcaba un nuevo inicio de
acciones conjuntas dirigidas a la cohesión social, las personas se reunieron y
reconocieron, el Tercer Espacio había sido identificado, se utilizan las artes y el contar
historias de vida como una herramienta para reducir la distancia entre personas, y para
organizar un trabajo comunitario de cambio positivo. La identidad colectiva, que se
quiere limpiar de todas las diferencias y se piensa como monólogo, fue cuestionada, y se
exploró la diversa perspectiva de una identidad dialógica (Ferrarotti, 1986, 2007). Antes
de las vacaciones de verano, que incluían una pausa para las actividades de ambos
grupos, se recopilaban las sensaciones, las emociones y las sugerencias que se iban
incorporando en el diseño del proyecto. El dato más importante era el deseo de participar

192
y el entusiasmo hacia un camino común que se delineó concretamente en los meses
siguientes.

5.10.3 Fase de implementación

En esta fase se implementaron las actividades del proyecto de Innovación Socio- Cultural
y de la Investigación Acción Participativa, cuyos objetivos eran beneficiar a la
comunidad local, poner en valor los recursos humanos y aumentar el nivel de
conocimiento con respecto a un fenómeno (Kelly, Dassoff Levin Schreckengost, Stelzner
y Altman, 1988). Para encontrar orientaciones sostenibles y efectivas, se decidió
involucrar a los diferentes agentes institucionales y sociales presentes en el territorio. El
objetivo en esta etapa, era definir una alianza con los actores locales, para implementar
conjuntamente un modelo de cambio hacia un vecindario más solidario.

En septiembre de 2017, con el regreso de las vacaciones de verano, el grupo de Las


Tejedoras estaba compuesto por seis mujeres y el grupo de Las Coristas contaba con
veinte personas. Se decidió contactar con los representantes políticos para presentar el
proyecto y solicitar su apoyo. Durante los dos encuentros (septiembre de 2017 y octubre
de 2017) se mostraron los trabajos realizados, el informe de evaluación realizado por las
mujeres del grupo de Las Tejedoras y un documental de los primeros meses de actividad
(noviembre 2016- junio 2017). Después de una evaluación cuidadosa e investigaciones
apropiadas sobre el impacto de la presencia del grupo de madres en la comunidad escolar,
la representante institucional local escribió una carta formal (Anexo 6). En esta se
explicaba que a través de un curso de ganchillo el grupo de mujeres de cultura gitana
había iniciado un proceso de cambio personal y de Empoderamiento. Dada la importancia
del trabajo, la repercusión positiva sobre toda la comunidad escolar y la mayor
implicación de las mujeres en el ámbito educativo, se asesoraba al grupo en los trámites
para constituir una asociación (La Asociación de Mujeres fue oficialmente registrada en
septiembre 2018), y se pedía la cesión de un espacio en la escuela para seguir con la
intervención de desarrollo comunitario.

193
Era un reconocimiento oficial al trabajo hecho y se subrayaba la importancia, para la
formación de la ciudadanía libre y crítica, de la interconexión entre mundo escolar y
movimientos sociales. El grupo de Las Tejedoras empieza a reunirse en el cole, cada
martes y cada viernes desde las 10:00 hasta las 12:00, y se establece que el viernes es el
día de puertas abiertas para las personas que quieren conocer directamente el proyecto,
charlar con las mujeres involucradas y visitar el centro escolar. Entre octubre y diciembre
de 2017 hubo diferentes ocasiones para el encuentro entre las mujeres de cultura gitana y
no gitana; se organizaron eventos en los que participaron ambos grupos. Por un lado, se
consolidaban las relaciones intergrupales, pero sobre todo se establecían algunas
relaciones interpersonales, que en los próximos meses llevarían a una colaboración
profunda y de apoyo mutuo.

Entre ellas una artista del grupo de Las Coristas se ofreció para impartir a las mujeres del
grupo de Las Tejedoras un taller de cerámica en su estudio, y otra mujer propuso a una
mujer de cultura gitana, que había expresado su sueño de ser mediadora social, de
empezar con la práctica en su instituto. En este proceso de conocimiento reciproco, no
solo se denota una gran generosidad para compartir espacios y experiencias, sino que,
poco a poco, se intentan desarticular aquellos sistemas culturales y sociales
discriminatorios, con una orientación hacia la transformación social.

Otro paso fundamental en el proceso de Empoderamiento del grupo de mujeres gitanas y


para el reconocimiento social, fue la candidatura a la elección del Consejo Escolar tanto
en la escuela primaria local como en el instituto de secundaria adscrito. Los resultados
confirmaron la elección de todas las mujeres miembros del grupo de Las Tejedoras. La
participación en la vida escolar fue una gran oportunidad para confirmar la conciencia
política como mujeres, gitanas y madres y para contribuir como sujetos sociales activos,
definirse líderes en el proceso de cambio y promotoras de un proceso de superación
social. En los últimos años, el papel de la mujer gitana ha sido el más cuestionado, sin
embargo, están reconocidas como las protagonistas claves en la lucha contra la
desigualdad y la exclusión social. Su implicación y participación han contribuido, por un
lado, al avance de la teoría social y, por otro, a desmantelar la actitud anti-gitana de
algunas investigaciones científicas, que han fomentado estereotipos y prejuicios hacia
194
este colectivo, estimulando la condición de exclusión (Macías y Redondo, 2012).

Un listado de eventos se presenta aquí para definir con mayor precisión lo que conllevó el
proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas, dentro del centro escolar, en el barrio de El
Cabanyal y afuera. Las estrategias puestas en marcha se han considerado como una
posibilidad concreta para desarrollar nuevas formas de ciudadanía activa y de
compromiso social. En todos los encuentros, eran las mismas mujeres las que presentaban
los resultados conseguidos y los objetivos, como un proceso de concienciación y
fortalecimiento constante del sujeto, a través de la movilización de una pluralidad de
recursos: cognitivos, emocionales, relacionales y comunicativas. La concienciación es un
espacio fundamental para reflexionar sobre aquellas acciones que alimentan el debate y el
diálogo entre agentes sociales, para buscar soluciones y superar una situación alienante
que impide el desarrollo individual y colectivo (Freire, 1970).

Cada encuentro era un espacio para contarse, verse y explicarse, alimentando el poder de
la auto-representación, relacionándose con el entorno sobre unas bases diferentes de
aquellas que alimentaban el conflicto. Se quería presentar el proyecto de Las Tejedoras y
Las Coristas partiendo del pensamiento de las personas involucradas en el proceso de
cambio, desde cómo se sienten y se piensan.

Nuestra ruta de cambio social

En diciembre 2017, Las Tejedoras organizaron en el centro escolar público un mercadillo


solidario, presentando el proyecto a todo el profesorado y a las familias. Al final de
diciembre 2017, una emisora local grabó un reportaje sobre el proyecto en curso,
entrevistando a las mujeres del grupo de Las Tejedoras, la investigadora y una profesora
del colegio público. El reportaje se trasmitió en el telediario y fue subido a YouTube4.
Era una oportunidad para potenciar la visión de las mujeres como protagonistas del
proceso de transformación, no solo en el entorno del colectivo gitano sino también en
la sociedad. Un ejemplo de particular atención y respecto hacia la imagen de la
comunidad gitana y al lenguaje utilizado para contar nuestra experiencia.

4
TeleValencia. (12 diciembre 2017). Las Tejedoras, superación y cooperación en el barrio del Cabanyal
Recuperado de https://www.youtube.com/watch?v=TTctJaY-vCk
195
Teniendo en cuenta que unos de los temas que más se compartían en las discusiones entre
mujeres era la idea que los medios de comunicación proyectan del colectivo gitano, una
figuración peyorativa, que no reflexiona sobre las diferentes realidades ni de las
situaciones contingentes.

Continuó también la colaboración con otras asociaciones que, a diferentes niveles querían
conocer el proyecto y apoyarlo, estructurando aquella intervención en red, punto
fundamental de las estrategias puestas en marcha. El objetivo era coordinar los recursos
y las acciones para influir conjuntamente sobre el proceso de dinamización del barrio y
fortalecer las redes de cooperación.

El 19 de enero de 2018 se concretó una colaboración importante entre entidades del


barrio y se iba expandiendo el universo de acción, con nuevas propuestas y nuevas
contribuciones. El grupo de mujeres, algunas maestras del centro escolar y la
investigadora fueron invitadas a participar en bordar la Orden ministerial CUL/3631/2009
de 29 diciembre 2009, gracias a la cual venía amparado y salvaguardado el patrimonio
del barrio El Cabanyal - Canyamelar - Cap de França. El proyecto artístico participativo
empezó en 2013. Gracias al encuentro con la Asociación de Vecinos, se logró la donación
de una máquina de coser que el grupo podrá usar para su trabajo y una vecina se ofreció a
dar clase como profesora de costura.

El 27 de enero de 2018, las mujeres de Las Tejedoras y Las Coristas presentaron su


proyecto en La Escuela del barrio de Benimaclet, empezando una nueva fase del proyecto,
que miraba a hacer conocer la intervención en diferentes partes de la ciudad.

El 28 de febrero 2018, el proyecto ganó el premio Emergents 2017 Estrategia de


Innovación Social en el territorio.

En marzo de 2018 se presentó una nueva oportunidad: la presentación del proyecto en


algunos Institutos de Educación Secundaria de la ciudad de Valencia. Los contactos para
estas reuniones habían sido proporcionados por algunas mujeres del grupo de Las
196
Coristas, lo que confirmaba sus compromisos con el proyecto y el deseo de hacer visibles
las buenas prácticas implementadas en el barrio de El Cabanyal.

Las charlas con el alumnado y el profesorado permitían reflexionar sobre las relaciones
interpersonales, prestando especial atención a la naturaleza de los conflictos que pueden
emerger y a sus posibles expresiones a nivel interpersonal e social. La idea era construir
una oportunidad colectiva de discusión y análisis para promover la deconstrucción de los
estereotipos hacia determinados colectivos, a través de la renegociación de los
significados compartidos para el cambio y la cohesión social. Al final de la charla se
pedía al alumnado evaluar la actividad y con estas palabras una alumna expresa su
pensamiento:

La actividad me resultó muy interesante, aprendí mucho ya que nos


explicaron cómo se lleva a cabo en la realidad un proyecto social. La
recomendaría para otros años ya que ha aportado tantas cosas, no solo habló la
investigadora, sino también las varias participantes. Me gustó el hecho de que
las mujeres estuvieran tan metidas en el tema y cada una fuera la líder de sus
propios pasos por el proyecto. Me encantó conocer a mujeres gitanas tan
empoderadas, que enseñan a sus hijos e hijas a seguir luchando, y a no
rendirse nunca. La verdad es que tenía una visión bastante estigmatizada de
la etnia gitana, sobre todo de las mujeres, como sumisas a los hombres y no
siempre es así (E.C.01).

El 3 de marzo de 2018 se celebró el primer año de la puesta en marcha del proyecto de


innovación sociocultural Las Tejedoras y Las Coristas. Se organizó una fiesta con
exposición de los trabajos de ganchillo realizados y un concierto y fueron invitados todos
los colaboradores locales. También fue una oportunidad para celebrar el premio
Emergents 2017, y la financiación recibida de cuatro mil euros para comprar nuevo
material y pequeños instrumentos musicales, dando la posibilidad de continuar, aun con
más fuerza, con el trabajo de los dos grupos.

El 6 de marzo de 2018, en los espacios de CCOO Confederación Sindical de Comisiones


Obreras de Valencia, se organizó una presentación del proyecto, con una exposición de
fotos, un concierto y la proyección del documental. Fue una oportunidad para presentar
las estrategias puestas en práctica y reflexionar sobre los cambios sociales registrados y
197
las formas de colaboración para valorarse y apoyarse mutuamente.

Una de las necesidades expresada por las mujeres de cultura gitana era aquella de ser
reconocidas socialmente. Se colocaban con esta investigación en el espacio de la
producción de conocimiento, que en cuanto acto político, consciente y responsable,
apostaba por una construcción colectiva de saberes y significados (Puig de la Bellacasa,
2002). Fue con este propósito que, cuando se decidió donde gastar el dinero del premio
de Emergents 2017, se eligió hacerlo en el barrio, para dar una señal fuerte de la conexión
con el territorio por un lado, y para mostrar con orgullo lo que se estaba logrando con el
proyecto. Fue así que una mañana de finales de marzo, las mujeres del grupo de Las
Tejedoras y la investigadora se fueron a la única mercería del barrio para comprar el
material. Con estas palabras describió aquella situación la mujer del grupo de Las Coristas
que nos acompañaba:

Las mujeres estaban contentas, se les veía felices y orgullosas, pero lo que
más me emocionó fue ver el vendedor incrédulo hacia el hecho que siete
mujeres gitanas compraran en su negocio, como expertas y profesionales; las
lanas, los hilos y lo que necesitaban para sus trabajos. Bien sabiendo cómo
elegir los materiales, los colores, las herramientas. El puse a completa
disposición el local, se veía contento, quiso saber todo sobre el proyecto,
comentando que lo habría publicitado en su página web. Todos conocemos
los problemas de convivencia en El Cabanyal, la desconfianza hacia el
colectivo gitano y el sí, que entendía cuánto era importante lo que estaba
pasando allí (C07).

El vendedor nos invitó a tomar un café y las mujeres decidieron apuntarse a un curso de
patchwork que se hacía en la mercería, y hasta junio, una vez a la semana, una profesional,
le impartió las clases.

El 22 de marzo de 2018 se presentó el proyecto, con una charla y la proyección del


documental en otro Instituto de la ciudad, y unas de las alumnas presentes escribió en la
hoja de evaluación estas consideraciones:

La actividad me pareció muy interesante y acertada. Me sorprendió como


el colectivo gitano de mujeres estaba tan implicado, eran como una familia
que luchan por sus derechos. Esta actividad la repetiría indudablemente, me
gustaría conocer más del proyecto y poder colaborar con ellas (E.C.02).

198
Unas semanas después, en el centro escolar público del barrio de El Cabanyal se organizó
una celebración para la fecha del 8 de abril, reconocida come el día Internacional del
pueblo gitano

Figura 12-13. Celebración del Día del Pueblo Gitano


Fuente: Elaboración propia.

Se preparó una exposición fotográfica y una muestra de los trabajos de ganchillo


realizados (Figuras, 12 y 13), que reproducían la bandera del pueblo gitano sobre
monederos, broches, portallaves. Estaban presentes las familias y muchas representantes
de diferentes asociaciones del barrio. Fue una ocasión para recordar la historia y rendir
homenaje a las víctimas gitanas del genocidio nazi y de distintas persecuciones a lo largo
de los siglos, se recordaron las características de la bandera azul y verde con una rueda
roja, se reflexionó conjuntamente sobre los símbolos culturales y los significados
asociados al inmo Gelem Gelem.

Organizar este evento fue como crear un nuevo nivel de unidad entre las mujeres y la
investigadora, y redescubrir aquella “filosofía espontánea” contenida en el lenguaje, los
saberes y los conceptos, que estructuran el sentido común y el sistema de creencias de la
base social con la que se trabaja, y que tiene un valor inmenso para articular la praxis.
Escuchar hablar a las mujeres sobre su identidad de comunidad, su historia, su cultura,
era una posibilidad para adentrarse más en sus experiencias, las costumbres y las
prácticas, y conocer como ellas consideran necesario superar algunas estructuras, para
facilitar el encuentro y para superar la desconfianza entre grupos sociales.

El 31 de mayo en ocasión del día mundial de la diversidad cultural para el diálogo y el


desarrollo, las mujeres de Las Tejedoras y Las Coristas, fueron invitadas en la
Universidad Popular, para presenciar una charla sobre el tema.
199
El 1 de junio de 2018 se presentó al público en el Salón de Actos del cole de El Cabanyal,
la película animada Les Nines de L’Amistat (Figuras, 14 y 15). La producción
audiovisual, junta con el canto y el trabajo artesanal del ganchillo, han sido la ocasión
para crear un encuentro entre lenguajes artísticos diferentes. Las muñecas, hechas a mano
por las mujeres del grupo de Las Tejedoras, representaban la diversidad presente en el
aula escolar. Los niños y las niñas del curso de Infantil habían escrito el guion y las
mujeres del grupo de Las Coristas habían cantado la canción final. Una obra
colaborativa, creativa y original, que ha reunida todas las participantes del proyecto y la
comunidad escolar. Se trataba de traducir lo conceptual y el discurso del encuentro al
lenguaje artístico, y se representaba un pequeño cuento de amistad, relación, cariño,
como trasfiguración simbólica de lo que se estaba tejiendo en la realidad, entre las
mujeres de diferentes culturas, que han participado en este proyecto.

Figura 14-15. Proyecto Les Nines de L’Amistat. - Fuente: Elaboración propia.


200
Antes de las vacaciones de verano, las mujeres participaron en otros dos eventos, en
colaboración con algunas de las realidades asociativas más activas del barrio de El
Cabanyal. El 9 de junio 2018 se presentará el proyecto en un evento público organizado
por la Asociación de vecinos y vecinas, y el 17 de junio 2018, otra asociación del barrio,
invitó a las mujeres a la fiesta organizada.

Los eventos aquí presentados pretenden mostrar cómo, partiendo de la categorización


previa de la diferencia, entre mujeres de cultura gitana y no gitana, la estrategia
metodológica planteada ha podido impulsar, en un contexto específico, la creación de un
espacio de reflexión y participación. En este espacio se cuestionan las representaciones
acerca de si mismas y de las demás, se analiza cómo cada una se siente, cómo se ve y
cómo se podría ver, construyendo a través del trabajo colaborativo una nueva
representación no solo del yo personal, sino también del yo en relación a un entorno. Este
espacio se crea también entre los diferentes niveles interesados por la intervención, la
escuela, las asociaciones, las comunidades, la universidad y las instituciones locales.
Cada nivel empieza a reflexionar sobre su lenguaje, interesado a impulsar, acoger y
generar buenas praxis, basadas en las relaciones de horizontalidad, promovidas sobre las
bases de las necesidades reales y con fines reivindicativos de los derechos humanos.

5.10.4 Fase de evaluación

Las metodologías y los métodos utilizados para la evaluación del proyecto se han
elaborado con un enfoque participativo, interpretativo y cualitativo basado en la consulta
abierta (Wadsworth, 1997). La participación en la fase de evaluación permite examinar el
proceso en sí y la implementación de las estrategias, fomentar el uso real de los resultados,
representar los valores de las participantes en el proyecto y promover el
Empoderamiento. Es este un método de evaluación como proceso de aprendizaje mutuo
entre las partes, de intercambio constructivo y catalizador de la acción social (Greene,
1994). La evaluación participativa está dirigida a apoyar las prácticas planificadas e
implementadas, favoreciendo una mirada consciente, crítica y proactiva. El proceso de
evaluación permitió:
201
a) La reflexión sobre el proyecto, las elecciones y las estrategias utilizadas.
b) El análisis de los conocimientos y la evaluación de las habilidades que se
alcanzaron y se querían alcanzar.
c) La comparación entre las necesidades y los resultados logrados.

La fase de evaluación constituyó un paso fundamental tanto por las indicaciones


proporcionadas sobre las prácticas, por los objetivos esperados y como momento de
interpretación del mismo proceso. En esta etapa, el camino y el progreso realizado se han
revisado juntos (Stringer, 2013). Se ha reflexionado acerca del conocimiento producido a
través de la acción, y la creación de nuevas formas de comprensión de la realidad
circundante (Kemmis y McTaggart, 2000), para intentar buscar una orientación a los
problemas y entender las causas y el origen de los conflictos. En el modelo espiral de la
Investigación Acción Participativa, la evaluación también es una oportunidad para
examinar el camino hecho y avanzar hacia una mejor comprensión del fenómeno, desde
una prospectiva diferente hacia la realidad social. La evaluación participativa está en
armonía con las mismas características de este enfoque de investigación, el impulso
democrático y la contribución simultánea a las ciencias sociales en términos de
conocimiento y cambios concretos positivos (Carr y Kemmis, 1986).

El modelo teórico de la evaluación participativa se basa en la mejora, por la relación


dinámica entre los resultados, los procesos, el contexto y los recursos disponibles. Es un
camino de aprendizaje que permite profundizar en la comprensión, la aplicación de los
métodos y la interpretación de los hechos sociales, una ruta de aprendizaje tanto para las
participantes como para la investigadora.

Se llevaron a cabo dos evaluaciones diferentes: una evaluación interna dirigida a los dos
grupos de mujeres participantes y una evaluación externa. Se transmitió a todos los
participantes un formulario como resultado de la información conjunta obtenida en las
dos evaluaciones.

En la fase de evaluación interna, la información recogida fue analizada sistemáticamente


para permitir determinar el valor de lo que se estaba llevando a cabo con el proyecto,
202
pero también para reunir la información sobre cómo las mujeres describían y evaluaban
su participación y las percepciones sobre la experiencia tanto personal como grupal. La
evaluación se diseñó con referencia a los principales objetivos del proyecto de
investigación; el proceso de Empoderamiento y la participación en la vida social fueron
los temas de evaluación del primer cuestionario elaborado para el grupo de las mujeres de
cultura gitana de Las Tejedoras (mayo de 2017).

El encuentro entre diferentes culturas y el proceso activado de dinamización de la vida


comunitaria en el barrio de El Cabanyal fueron los temas centrales de la evaluación
interna para el grupo de mujeres de cultura no gitana de Las Coristas (marzo-abril 2018).
Las informaciones recopiladas se enriquecieron a través de los datos de la observación
participante, registrados en el diario de campo, las reflexiones compartidas sobre la
metodología y los métodos de investigación y las discusiones informales. El análisis se
desarrolló gracias al proceso de triangulación como oportunidad para reflexionar sobre la
utilidad del proyecto en relación con el grado de efectividad y eficiencia, en comparación
con las necesidades de las comunidades y la producción de nuevo conocimiento científico
práctico (Alsina y Rodríguez, 2001).

No solo las estrategias han sido consideradas adecuadas respecto a los resultados, sino
que los procesos, en su conjunto, han tenido un impacto importante sobre las expectativas
de Desarrollo Comunitario y de cohesión social. La atención a la evaluación a partir de la
evidencia, es una estrategia que está bien relacionada con la situación específica de la
investigadora, como activista y promotora del proyecto, y al mismo tiempo como figura
que lleva a cabo la fase de evaluación.

La metodología de intervención descrita en este capítulo ha sido utilizada para responder


a las dinámicas específicas, que caracterizaban la vida cotidiana en el contexto del distrito
de El Cabanyal. La estructuración de un proyecto de Innovación Sociocultural ha sido
una oportunidad concreta para vehicular la acción y la reflexión colectiva, en el contexto
de una Investigación participativa y transformadora. Un objetivo importante era crear una
relación abierta e interactiva entre la investigadora y las participantes; teniendo en cuenta

203
la dimensión de diferencia y de la subjetividad. Finalmente la naturaleza participativa del
proceso de evaluación, ha facilitado la construcción de una relación de confianza y
respecto entre las partes, una forma para aprender y dar sentido a las actividades y como
acto intencional para identificar y comprender las diferentes necesidades, en una
reflexión crítica y constructiva para mejorar la práctica. Las informaciones obtenidas a
través del proceso de evaluación, se analizarán en el marco de las teorías de referencia del
presente estudio para responder a las preguntas de investigación que respaldaron el
trabajo de campo.

204
Capítulo 6

Presentación de los resultados

6.1 Análisis y evaluación de cómo los métodos han satisfecho las


necesidades de las participantes y del contexto

En este capítulo se presentan los resultados de la Investigación Acción Participativa y los


objetivos logrados por el proyecto de Innovación Sociocultural: Las Tejedoras y Las
Coristas. El proyecto tenía el propósito de impulsar un proceso de Empoderamiento de
un grupo de mujeres de cultura gitana, su participación en la vida social local y, además,
crear un espacio de interacción entre las diferentes comunidades culturales, estimulando
el dinamismo de la vida del barrio de El Cabanyal en la ciudad de Valencia. Una parte
importante de este estudio ha sido reservada a la reflexión sobre el contexto, los valores,
las experiencias y los diferentes orígenes de las mujeres participantes. La evaluación de
coherencia entre objetivos logrados, necesidades identificadas y proceso continuo de
reflexión crítica, es parte integral de la metodología adoptada. Las actividades han sido
analizadas en detalle, así como las fortalezas y las debilidades de las prácticas y de las
estrategias implementadas. Se trató de facilitar el encuentro, la expresión de cada voz, la
valoración de las identidades y las experiencias de vida de las mujeres participantes,
tratando de crear oportunidades para el intercambio constructivo, negociando
constantemente las relaciones de poder.
Esta metodología está estrechamente relacionada con el enfoque de investigación acción
feminista transformadora. Cuyo objetivo es modificar el mismo proceso de investigación
científica, a través de la articulación de algunos aspectos considerados fundamentales:

205
a) La reflexividad.

b) La orientación a la acción.

c) La atención a los componentes emocionales.

d) La situación contingente.

Por reflexividad se entiende la tendencia a examinar críticamente y explorar


analíticamente la condición de opresión como mujeres. Esto permite una visión más
completa de las situaciones de desigualdad. El enfoque feminista enfatiza la acción y el
cambio social con atención a los componentes relacional, es por lo que el papel de las
emociones en el proceso de investigación se ve reforzado. El contexto es la vida cotidiana,
a la que podemos acercarnos con creatividad y espontaneidad, potenciando las diferentes
oportunidades que se ofrecen, para producir nuevos conocimientos y activar el cambio
social positivo (Fonow y Cook, 1991).

La evaluación del impacto del proyecto Las Tejedoras y Las Coristas se ha considerado
un paso importante, ya que no solo proporciona información sobre los objetivos
alcanzados, sino también sobre los procesos, las diferentes necesidades, las perspectivas y
las motivaciones de las participantes. Las respuestas al cuestionario de evaluación interna
y las entrevistas proporcionadas por los agentes sociales involucrados en la fase de
evaluación externa permitieron identificar tres dimensiones sobre las cuales el proyecto
tuvo su impacto:

a) La vida personal, la adquisición de nuevos conocimientos, el aumento de


la confianza en la capacidad de actuar y el análisis crítico.

b) El impacto y la participación en la vida social: reconocerse como


miembros activas de la sociedad y ser reconocidas.

c) La capacidad de interactuar con personas de diferentes culturas.

Esta Investigación Acción Participativa se basa en la reflexión acerca de algunas


problemáticas específicas: el desarrollo de un proceso de Empoderamiento personal en un

206
grupo de mujeres pertenecientes a un grupo marginal y la mejora de su participación en la
vida social. Ambas dimensiones, tienen efectos positivos en la vida comunitaria, ya que
permiten la formación de un espacio de interacción (Desai, 2002). Para abordar estas
problemáticas, fue necesario identificar algunas preguntas de investigación específicas:

a) ¿Cuáles son las necesidades que se pueden identificar en los grupos de


mujeres participantes en esta investigación?

b) ¿En qué manera las estrategias, las prácticas y los métodos puestos en
marcha con el proyecto de Innovación Sociocultural Las Tejedoras y
Las Coristas atienden a las necesidades expresadas?

c) ¿Son las estrategias congruentes con el desarrollo de un proceso de


Empoderamiento y la formación de un Tercer Espacio de encuentro y
cohesión entre mujeres de diferentes colectivos?

d) ¿Cómo se puede demostrar que el Empoderamiento personal ha tenido


efectos en la dimensión de las relaciones más cercanas y en la
comunidad?

e) ¿Cómo se puede demostrar que el proceso ha producido una


participación más activa y consciente de las mujeres en la vida social
local, influyendo sobre los procesos de participación comunitaria y la
dinamización del barrio?

En el análisis de los resultados se destacaron algunas dimensiones fundamentales para


este estudio: la cuestión de género, el enfoque en las mujeres como protagonistas de la
investigación científica y su implicación en los proyectos de desarrollo para el bienestar
de toda la comunidad. Las dos teorías, del Empoderamiento y de la formación del Tercer
Espacio y la relación entre ellas, configuran la base teórica de esta investigación y de la
estructuración de proyectos de Innovación Socioculturales, dirigidos a la co-participación
social en la vida democrática.
207
La teoría del Empoderamiento centra la atención en la cuestión del poder y sobre la
posibilidad de decidir sobre los aspectos más importantes de la propia vida. Este estudio
permite definir cómo las experiencias vividas, gracias a la puesta en marcha del proyecto
de Las Tejedoras y Las Coristas, han permitido desarrollar un sentido de auto-eficacia en
las mujeres de cultura gitana, libres de hacer escuchar su propia voz, y una comprensión
más amplia por parte de todas las participantes.

A través de la teoría de formación del Tercer Espacio se debate en este estudio, acerca de
la necesidad de cambiar el status quo, mediante la incorporación de todas las
subjetividades en el proceso de transformación social. Es la capacidad de imaginar y
esperar en otras formas de pensar la vida comunitaria en un determinado contexto,
desarrollando nuevas formas de resistir y activando la hibridación de los procesos de
lucha. Por esta razón se consideró esencial involucrar a mujeres de diferentes grupos, que
viven en el mismo barrio, superando la impostación de las políticas de inclusión actuales,
dirigidas solo a una parte de la población, que implícitamente reconocen la supremacía
cultural y simbólica del grupo mayoritario, a través de la imposición de lo que se considera
normal y socialmente aceptado.

6.2 Análisis de las necesidades: ¿Cuáles son las necesidades que se


pueden identificar en los grupos de mujeres participantes?

Centrándose en la dimensión de la diferencia como fuerza creativa, la acción participativa


permitió apoyar un proyecto con metas personales diversificadas, presentado atención a
la subjetividad y a la disposición hacia el trabajo relacional intra e inter-grupal. La
dimensión de la diferencia se reconoció como un espacio que permitía a cada participante
experimentar distintas modalidades de cambio. Esto significa partir de la reflexión sobre
la posibilidad de construirnos y reconstruirnos continuamente (Bruner, 2003), según las
experiencias del pasado, la posibilidades del presente y las aspiraciones para el futuro.
Teniendo en cuenta, en el espacio de la Investigación Acción feminista, las necesidades
específicas de la persona, de los discursos y de los símbolos en relación con la
pertenencia a un colectivo específico.

208
Para responder a la primera pregunta de investigación:

¿Cuáles son las necesidades que se pueden identificar en los grupos de mujeres
participantes en esta investigación?

Se elaboró un análisis detallado, reconociendo la posición situada de los sujetos. La


situación-problema tenía que ser bien identificada, para planificar e implementar una
acción, cuyos efectos debían verificarse constantemente para lograr las mejoras deseadas.
A continuación se presentan los resultados de este análisis y si el proyecto de Las
Tejedoras y Las Coristas ha sido válido o no, para satisfacer dichas necesidades. Se
reflexionó acerca del nivel de participación personal y de las motivaciones subyacentes.
Este proceso de análisis, planificación, implementación y evaluación, es el núcleo
epistemológico de la Investigación Acción.

La estrategia adoptada fue centrarse en el especificidad de las historias de vida y de las


experiencias de cada una e involucrar activamente a la persona para identificar sus
propias necesidades de bienestar, en un camino en el cual se ha dado la posibilidad de
revisar actitudes, comportamientos e ideas. El proceso no ha sido ni fácil, ni lineal. Se ha
construido un espacio para dar oportunidad a la palabra de expresarse, a los deseos de
tomar forma y a las historias de emerger.

Para la recopilación de las informaciones, se ha buscado la alternancia entre los


momentos individuales y grupales. Los primeros permiten la construcción de un espacio
de autorreflexión (Riemann, 2011), los segundos activan la dinámica de la identificación
mutua. La información sobre las necesidades de los dos grupos de mujeres se registró a
través la interacción en las discusiones y las conversaciones informales que se
estructuraban en cada encuentro. A diferencia de lo que pasaba en las entrevistas, de las
conversaciones informales no se hacía una transcripción literal, sino más se utilizaban
como relato de tipo narrativo, profundizando en unos aspectos concretos. Después de un
primer análisis se organizó un Grupo Focal por cada grupo, con el fin de revisar e
interpretar las necesidades detectadas.

209
El grupo de mujeres de cultura no gitana de Las Coristas se reunía cada sábado desde las
17:30 a las 19:00 h. Las reuniones comenzaban con el intercambio de información sobre
los conciertos y los eventos organizado y después de hacer algunos ejercicios de
respiración, calentando la voz, se empezaban a cantar las canciones elegidas y propuestas
por las compañeras. Al final del ensayo se hablaba del proceso en curso, explicitando
como se sentía cada mujer, los cambios que experimentaba, las crisis entre lo consolidado
y lo posible, los sentimientos asociados, las motivaciones para seguir participando en el
proyecto y las expectativas futuras.

Para este grupo se han codificado tres categorías de necesidades, algunas de las cuales
tienen interrelaciones entre ellas:

a) Necesidades relacionales: conocer a otras personas con los mismos


intereses, dedicar el tiempo disponible para actividades grupales.

b) Necesidades psicológicas: dedicar tiempo libre a actividades


estimulantes y relajantes, acceder y compartir nuevas informaciones y
conocimientos.

c) Necesidades sociales: participar y fomentar las iniciativas culturales


del barrio, cantar en un coro, compartir experiencias.

La información acerca de las necesidades del grupo de mujeres de Las Tejedoras, se


recopiló a través de la observación participativa, las discusiones informales y el Grupo
Focal inicial. Las mismas protagonistas fueron las que dirigieron la atención a sus propias
historias de vida, y aquellas formas de narración que nos permiten exprimir “quiénes y
qué somos, qué podríamos haber sido, dados los lazos que la memoria y la cultura nos
imponen, lazos de los que muchas veces no somos conscientes” (Bruner, 2003:31).

Recoger sus biografías permitió acercarse a un mundo desconocido, para descubrir la


vida de algunas de las protagonistas de este estudio. La colección de historias de vida, a
través de la escucha activa, ha permitido establecer una relación dialógica profunda. A

210
través de sus biografías, se pudo trazar un camino de apropiación y evaluación del
conocimiento local de una comunidad determinada (Polster, 1988). El objetivo de las
reuniones no era solo recabar información sobre las necesidades, sino también permitir a
las mujeres reconstruir el conocimiento y movilizar las habilidades personales, en vista a
un proyecto que se estaba estructurando conjuntamente. Ya se definía un camino de
cambio, que afectaba a la representación del propio yo, un proceso de construcción y de
relación con la realidad circundante, en la cual se expandían las posibilidades de hacer
aquellas elecciones estratégicas negadas previamente (Kabeer, 2001).

De manera conjunta se producen nuevos saberes y se comparte el conocimiento previo


sobre un tema o un fenómeno específico. De esta forma, se enfatiza la importancia de la
experiencia vivida, de la historia subida y los significados relacionados con ella (Bolívar
y Domingo, 2006). Se analizan las relaciones con el contexto y el espacio urbano, como
condición de subordinación o posibilidad de liberación, gracias a una renovada alianza
entre mujeres que se refuerzan y apoyan mutuamente.

Para el grupo de mujeres de cultura gitana se registraron las siguientes necesidades:

a) Necesidades relacionales: sentirse reconocida y valorada.

b) Necesidades psicológicas: aprender nuevas habilidades, obtener más


confianza en sus propias capacidades, acceder y compartir nueva
información y nuevos conocimientos, salir de la rutina diaria.

c) Necesidades sociales: estar menos aislada y conocer a otras personas,


participar en actividades grupales, tener oportunidades de empleo.

El análisis reveló que solo la necesidad del acceso y del intercambio de información y
nuevos conocimientos, era la única compartida entre los dos grupos de mujeres. Sobre
todo se han detectados necesidades que operan en el campo de lo simbólico y necesidades
más básicas y materiales.

La evaluación de las necesidades y el número de mujeres de cultura no gitana que


211
participan en esta investigación (veinte), revela que la participación en proyectos de
Innovación socio-cultural normalmente se concentra en aquellos grupos sociales, que
tienen más herramientas (materiales, culturales, económicos) para la acción colectiva. La
capacidad de innovación y participación depende de la disponibilidad de algunos recursos
que no se pueden dar por sentados (Blanco, Cruz y Martínez, 2016).

Uno de los límites más evidente de las políticas locales, ha sido considerar los procesos
participativos como una oportunidad de consulta, sin que la ciudadanía tuviera un poder
real sobre los procesos de actuación (Wright y Lemmen, 2012). La participación había
sido una práctica experimentada a nivel territorial, para la compilación de la Estrategia de
Desarrollo Urbano Sostenible e Integrado, que no ha comportado una trasformación real
de la condición de los grupos sociales más marginales, ni tampoco de la relación entre
comunidades diferentes. La participación así estructurada, no ha incidido ni sobre los
procesos de prevención ni de integración social, y la condición de conflicto seguía
alimentando una distancia siempre más evidente, entre el espacio urbano real y lo
imaginado.

6.3 Análisis de la relación entre estrategias y los resultados

Para responder a la segunda pregunta de investigación:

¿En qué medida las prácticas, los métodos y los procesos del proyecto de
Innovación Socio Cultural Las Tejedoras y Las Coristas puestos en marcha en El
Cabanyal, atienden a las necesidades de las mujeres participantes?

Fue esencial hacer una evaluación interna. Las respuestas a un cuestionario con preguntas
abiertas fueron la base para activar una reflexión sobre los valores y las experiencias
vividas por parte de los dos grupos de mujeres. El análisis indica que la mayoría de las
necesidades expresadas se cumplieron a través de estrategias y actividades relevantes.
Los métodos y las prácticas fueron adecuados y coherentes con las necesidades
identificadas. Los límites del proyecto serán analizados y discutidos, así como los
212
resultados contradictorios e indeseables, y todos aquellos aspectos de la praxis que podrán
ser fortalecidos y mejorados. La información recopilada durante la fase de evaluación
interna fue compartida con todas las participantes, sosteniendo un proceso colectivo
de crítica y autocrítica, y generando un saber circular entre teoría, metodología y acción
política.

La metodología del proyecto Las Tejedoras y Las Coristas ha sido de tipo participativo y
transformador, un aprender a hacer las cosas de manera diferente, en un camino de
exploración de la otredad como riqueza y valor añadido para todas las comunidades. El
tamaño de la diferencia se refleja también en el análisis de las necesidades, diversas para
los dos grupos y vinculadas también a los valores del colectivo de pertenencia, al sistema
cultural y social. El proceso de evaluación interna es congruente con la metodología
utilizada, así como con el trabajo en grupo y el intercambio de los objetivos logrados, los
éxitos y los problemas detectados.

Con la elaboración de las respuestas del cuestionario y las informaciones obtenidas de la


observación participante, se ha intentado:

a) Interpretar las dinámicas que se han desarrollado en el ámbito de la


Investigación Acción Participativas, entre los dos grupos y entre las
participantes y el contexto.

b) Reflexionar sobre los significados atribuidos por parte de las mujeres a las
actividades propuestas y a las estrategias puestas en marcha.

c) Analizar de manera conjunta así los procesos como los resultados, en vista
de un seguimiento de la intervención de desarrollo comunitario también
después la finalización de la Investigación para la tesis doctoral.

Los eventos organizados para presentar el proyecto fueron un importante momento de


contacto, intercambio e interacción no solo entre las mujeres de los dos grupos, sino
también con los agentes sociales que colaboraron de manera diferente en el proyecto. Los

213
comentarios muestran que se logró crear un espacio donde las mujeres gitanas se sintieron
escuchadas y reconocidas, y las mujeres de cultura no gitana empezaron a reflexionar
críticamente sobre el sistema de estereotipos y de prejuicios, que caracterizan muchas
veces la relación entre las dos comunidades.

La atmósfera de intercambio, cooperación y armonía, ha sido de fundamental importancia.


Las actividades propuestas han sido consideradas interesantes, originales, estimulantes
y coherentes con el proceso de superación y formación a la ciudadanía activa. El
trabajo conjunto de las mujeres, es un ejemplo de co-participación, que ha permitido
experimentar nuevas soluciones, creando bienestar y sentido de pertenencia, fomentando
la voluntad de seguir actuando en modo comunitario para abordar los problemas sociales
locales.

6.3.1 Las Tejedoras: necesidades y resultados

El curso de ganchillo (noviembre 2016- mayo 2017) para el grupo de mujeres de cultura
gitana, se ha estructurado en tres fases:

a) Primeros pasos: hacer un nudo corredizo- sostener el hilo y el ganchillo- punto


de cadeneta-punto enano-punto bajo-unir hilo y colores- punto medio- unir
piezas con costuras- punto alto- punto alto doble- punto alto triple- identificar
los puntos- hacer variaciones y texturas simples.

b) Seguir avanzando: círculos plano- granny squares- aumentos de puntos-


disminuciones de puntos- cilindros de ganchillo- combinar puntos- leer los
patrones y los diagramas de símbolos.

c) Llegar más lejos: tejer alrededor del cuerpo del punto- puntos calados- puntos
de colores- motivos- ribetes- punto filet-proyectos de ganchillo.

Junto a los aspectos técnicos del trabajo de ganchillo, se han desarrollado algunas
habilidades generales como:

a) La psicomotricidad.
214
b) El sentido estético en la elección de los colores y de los materiales adecuados
para cada proyecto.

c) La solución de los problemas.

d) Las habilidades comunicativas, sociales y de interacción.

e) La conexión empática y el apoyo recíproco entre mujeres.

La literatura específica destaca que dedicarse a actividades creativas tiene un impacto


positivo sobre la salud y el bienestar general. El ganchillo se considera como una actividad
parecida a la meditación en cuanto alimenta el bienestar psicológico. Es una actividad
vinculada de manera significativa a la percepción de felicidad y calma, que aumenta
la sociabilidad y la disponibilidad a los contactos entre las personas. Además los estudios
demuestran que el ganchillo mejora la concentración, las habilidades de memoria, ayuda
a procesar informaciones diferentes de forma integrada y estimula la creatividad y la
expresión.

En este estudio, una de las hipótesis se centra en la posibilidad de que una actividad
motivadora, relajante y relativamente barata, como el ganchillo, pueda ser la herramienta
a través de la cual impulsar un proceso de Empoderamiento para las mujeres y además
desarrollar oportunidades para el contacto con el mundo exterior. El arte del ganchillo ha
sido una herramienta utilizada para responder a las necesidades expresadas por las mujeres
de cultura gitana, aportando beneficios psicológicos y sociales, una ocupación creativa
con potencial terapéutico (Riley, Corkhill y Morris, 2013).

A través las respuestas proporcionadas al cuestionario de evaluación interna, las mujeres


del grupo de Las Tejedoras declaran que la participación en el proyecto ha llevado a un
aumento de la confianza en sí mismas y en sus habilidades. Aquí se exponen algunas de
las consideraciones recompiladas en la Encuesta de Evaluación Interna (Anexo No. 2):

Una de las cosas que más me gustó de este proyecto, es que me he sentido muy
útil, porque mi vida era muy limitada antes de esta experiencia (Evaluación
Interna – T. 03).

Estoy muy contenta de haber hecho este proyecto porque nosotras no salimos de
215
ningún lado. Tenemos los chiquillos, la casa, la familia y los problemas. Con este
proyecto podemos ver que sabemos hacer cosas y nos ha gustado mucho (E.I.-
T.04).

Para nosotras ha sido una gran experiencia, porque somos amas de casa y este
proyecto ha sido una gran oportunidad para todas (E.I.- T.05).

Hay quienes describen el cambio en la percepción de sí mismas muy claramente:

Gracias al proyecto hice cosas que creían que no podía hacer y estas cosas que
he hecho son muy bonitas (E.I. T02).

Un aspecto considerado muy importante ha sido el aprendizaje de nuevas habilidades, por


las cuales las participantes mostraron gran satisfacción. Se han tenido en cuenta tres tipos
de dimensiones (Grassia, Boccuzzo, Piscitelli y Fratepietro, 2008):

a) El saber y los conocimientos.

b) El saber hacer y las habilidades prácticas.

c) El saber ser y las actitudes interpersonales.

Esto lo que declara una participante reconociendo que lo aprendido tiene un aspecto
desafiante:

Lo que más me gusta es que he aprendido hacer cosas que me sirven, cosas
buenas para el presente y para un futuro de trabajo (E.I.- T01).

Me gustaría que otras personas aprendieran lo que he aprendido yo (E.I.- T03).

Dos de las mujeres involucradas en el grupo, gracias al nivel conseguido, pudieron crear
de manera autónoma una pequeña economía dentro de su propia familia y comunidad, y
trabajar por encargo vendiendo sus proyectos en las redes sociales. El aprendizaje no ha
sido siempre tan fácil, se han destacado también obstáculos y problemas, con un fuerte
deseo de buscar soluciones que pudieran facilitar todo el proceso:

Me costó mucho aprender a contar los puntos y lo resolvemos que hicimos una
salida a la Feria Creativa y compremos unos marcadores (E.I.- T03).
El proceso requirió además una gran motivación, aplicación, constancia y el pensar sobre
216
cómo aprender:

Al principio me costó un poco, pero ensayando con ganas e ilusión he


conseguido mis resultados con orgullo (E.I.- T04).

Al principio, nos ha costado aprender, es un trabajo que ahora nos gusta mucho.
El ganchillo es muy relajante te olvidas de los problemas y tenemos ganas de
seguir avanzando (E.I.- T05).

El apoyo mutuo ha sido un factor muy importante en el grupo:

Yo no he tenido problemas pero sí que he ayudado a algunas compañeras (E.I.-


T01).

Las mujeres se han demostradas dispuestas a observar y reflexionar sobre su propio


proceso de aprendizaje, cuestionando incluso sus actitudes:

Al principio me desesperaba porque lo quería hacer muy rápido, pero ahora me


lo tomo con más calma y sigo adelante (E.I.- T05).

Cuando algo me se ha hecho difícil he persistido (E.I.- T02).

Tenía ganas de aprender y a rectificar antes un fallo (E.I.- T04).

Todas las mujeres de cultura gitana describieron como positivo el trabajo en grupo y la
atmósfera creada entre sí:

Lo que más me gusta es la complicidad entre todas, la armonía y la buena


relación en el grupo (E.I.- T01).

Me gustó mucho la implicación de todas en el proyecto (E.I.- T03).

La unión y el esfuerzo de todas, la buena amistad con las compañeras y que


estamos bien juntas. Nos lo pasamos bien (E.I.- T02).

Los cambios en la dimensión de las relaciones se detectaron no solo dentro del grupo,
sino también hacia el exterior. Sobre todo, los cambios relacionados con el deseo de ser
reconocidas y apreciadas por lo que se estaba logrando:
Para mi este proyecto es muy importante porque aprendes a relacionarte con

217
todas las demás. Hemos hecho un buen trabajo y luego hemos tenido la
oportunidad que nos vean. Este proyecto ha sido educativo y formativo como
persona, luchando cada día con más ganas para demostrar que dejen etiquetar a
todos los gitanos por igual. Queremos dar el ejemplo como mujeres y como
gitanas (E.I.- T02).

Estas consideraciones son de fundamental importancia para el desarrollo del sentido de


confianza y autoestima. Se describe una renovada capacidad de hacerse cargo de sus
vidas de una manera diferente y la voluntad de ser valoradas:

Mi ilusión con este proyecto es aprender más y lo que aprendo compartirlo con
más personas y abrir puerta por un futuro (E.I.- T02).

Las mujeres han experimentado la posibilidad de ser las protagonistas del cambio. Se han
sentido parte integrante, autoras del proyecto y del trabajo, en contraste con otras
experiencias en que habían participado:

El proyecto nos ha permitido expresarnos. En otro lugar hemos tenido la


oportunidad de hacer algunas cosas pero hasta donde las que mandaban decidían,
este es el espacio que tenéis, y tienes un límite, así lo hemos percibido. Con este
proyecto es diferente, lo hablamos juntas, elegimos lo que queremos hacer y
cómo hacerlo (E.I. T01).

Las mujeres pudieron experimentar de primera mano cómo gestionar un trabajo, cómo
planificar una estrategia y actuar para hacer públicos sus resultados:

Hay un significado más profundo de lo que hacemos con el ganchillo, es que lo


hablamos, lo compartimos, lo organizamos juntas. En otro sitio hemos visto no
funciona así, quien tiene el mando no lo comparte, por miedo o por qué no confíe.
Aquí todas participamos y hemos tenido muchas oportunidades. Además lo
pasamos súper bien juntas y ver qué podemos hacer cosas que cada vez vamos a
más, es mucho. Y podemos compartir con la gente, dejar que vean lo que estamos
realizando (E.I. T03).

Me gusta ser parte de este grupo, hemos aprendido mucho, hay mucha unión
entre nosotras. A primera vista parece una tontería tejer, y solo el tejer, lo que es
importante es lo que este conlleva, lo que hay detrás, todas ponemos mucho. Y me
siento orgullosa de nosotras (E.I. T02).

Entre las mujeres hay quien comenta cómo ha cambiado también la relación con su
pareja, porqué los cambios en el ser, estar y en la auto-identificación, no pasaban
218
desapercibidos para los hombres de la comunidad:

Al principio mi marido solía decirme que pasaba más tiempo haciendo ganchillo
que con él. Ahora me ayuda a elegir los colores, me da consejos sobre cómo
terminar un trabajo y se interesa mucho más en lo que hago (E.I. T02).

Los hombres nos apoyan porque quieren que nosotras nos realizamos también
(E.I. T01).

Mi marido me compró lana e hilo cuando yo no tenía, para que yo pudiera


trabajar al ganchillo. Está muy orgulloso de mi (E.I. T03).

Para comprender los procesos puestos en marcha, es necesario prestar especial atención
al renovado sentido de autoeficacia a nivel personal, conectado al proceso de
Empoderamiento, con consecuencias en las relaciones más cercanas y, como se verá más
adelante, en la dimensión social. Actuar ha sido problematizar las convenciones y aquellas
verdades asumidas sin cuestionamiento, una práctica de libertad con una redefinición de
los roles en los procesos de toma de decisiones y en la implementación de las estrategias
pensadas para superar la condición de opresión.

6.3.2 Las Coristas: necesidades y resultados

Se presenta ahora un análisis de las necesidades expresadas por el grupo de mujeres no


gitanas de Las Coristas. La práctica de cantar en coro tiene un fuerte impacto en la
cohesión grupal, la escucha mutua y la expresión. El compromiso de ser también directora
requirió un profundo trabajo acerca del sentido de autoestima, audacia e improvisación.
La información recopilada a través de la evaluación interna muestra que se ha cumplido
la mayoría de las necesidades expresadas.

Algunos pasos de las entrevistas dan fe de entusiasmo demostrado por parte de las
mujeres participantes, que manifiestan con estas palabras su entusiasmo:

Lo que más me gusta es el sentimiento constructivo que se genera. Las mujeres se


sienten apoyadas pero también seguras de su capacidad para apoyar a las otras.
Existe un clima de respeto y de atención a lo que cada una aporte porque se
considera de antemano que probablemente será positivo para el grupo y para
cada una. Nunca he detectado el más mínimo recelo ante una propuesta, es más,
219
cuando aparece una novedad la disposición al cambio es generalizada. La
pasividad no existe. Pero sí que es caldo de cultivo de la empatía y la tolerancia
(Evaluación Interna- Corista 012).
Lo que más me gusta es realizar una actividad desde la libertad y sin la exigencia
de tener que llegar a algo, simplemente desde el simple hecho del disfrute (E. I.-
C06).

Lo que más me gusta de este proyecto es que las mujeres han generado nuevas
estrategias de socialización, nuevas habilidades para su desarrollo personal y se
ha creado un ambiente de solidaridad muy positivo. Al mismo tiempo, todas las
participantes han aportado información útil para que las demás pudieran
aprovecharla, si era el caso. Por otra parte, uno de los elementos más
importantes, en mi opinión, ha sido la creación de un clima de confianza, ayuda
mutua, incluso esperanza que ha contribuido a mejorar el clima en el grupo y el
estado de ánimo de las mujeres (E.I.- C11).

Para algunas, la experiencia vivida con el proyecto ha tenido unos beneficios


psicológicos:

Me gustó todo del proyecto en particular es para mí tremendamente terapéutico


(E.I.- C03).

Lo que más me gusta es el apoyo que he recibido incondicionalmente. La libertad


para ser quien soy, la aceptación que me ha dado y la alegría con la que cantamos,
sentir que tengo mi espacio donde simplemente soy (E.I.- C07).

Lo que más me gusta es compartir y poder acerarme a otras mujeres sin juzgar
(E.I.- C01).

El uso liberatorio de la voz es una herramienta para manejar las emociones, se destaca
cuánto es importante compartir este espacio de expresión con las demás:

Me gusta mucho cantar, conocer y compartir con otras mujeres (E.I.- C02).

Las mujeres disfrutan, cantar es una actividad muy enriquecedora. Sobre todo
porque la música es un lenguaje universal que todos hablan, fortalece y une (E.I.-
C04).

Me gustó mucho cantar con este grupo de mujeres estupendas (E.I.- C08).

Me resulta difícil encontrar lo que no me gusta del proyecto, porque no es


problema del mismo que no todas las mujeres estén en el mismo punto de
concienciación. También es verdad que su procedencia social y su formación no

220
es la misma, tampoco sus edades. Pero si es capaz de aunar voluntades para
conseguir objetivos que puedan considerarse positivos para todas y cada una
(E.I.- C12).

También se manifiestan los límites surgidos de la estructura de un coro sin una dirección
artística profesional:

A veces me falta algo de instrucciones musicales, ritmos, idiosincrasia de la


actuación (E.I.- C05).

Muchas veces hablamos demasiado y todas juntas, esto desperdicia tiempo y a


veces incluso concentración (E.I.- C08).

A veces las canciones son planas, deberíamos intentar hacer más voces y
armonizar más. O buscar la manera de hacer nuestra una canción y darle un
toque de originalidad (E.I.- C09).

Todo es muy enriquecedor aunque por problemas de tiempo me parece escaso


(E.I.- C01).

Aunque se note que no somos profesionales, espero que la esencia del coro no
cambie (E.I.- C06).

En todo caso, podría mejorarse la organización en el seno de Las Coristas. Tal


vez podría pensarse en incluir para el futuro una serie de pautas más
estructuradas y menos dispersas. Ciertamente, en el espíritu del grupo está la
libertad de acción, pero de cara a mostrar el trabajo que se hace, tal vez una
cierta estructura o semi estructura contribuiría a optimizar los recursos (E.I.-
C11).

En general, las mujeres están satisfechas con los resultados logrados y consideran el
proyecto una herramienta importante para impulsar el proceso de dinamización social del
barrio, en cuanto dota de una mayor agencia a los sujetos involucrados:

Una estrategia necesaria que debería extenderse a otras realidades (E.I.- C04).

Este proyecto es muy importante porqué siempre que se amplían fronteras y haya
intercambio de cultura es bueno para cualquier ser humano (E.I.- C01).

Este proyecto es valioso en sí mismo, como trabajo de campo en un ámbito social


al que no se suele dedicar ni tiempo ni investigación. Para mí, personalmente, es
valioso por cuanto es una muestra experimental y evidente del poder de: a) las
mujeres; b) las mujeres en grupo cohesionado; c) el trabajo en equipo; d) la

221
utilización de recursos aplicados al entorno adecuado; e) es una muestra muy
clara de que la independencia social, cultural, urbana y económica es necesaria y
conveniente para ciertos colectivos en riesgo de exclusión (E.I- C11).

Sin duda dinamiza la vida social al tejer redes mediante contactos iniciales básicos
que pueden ser familiares, de amistad, aficiones...
Además sí que es capaz de fomentar la curiosidad por conocer distintas formas
de crear cultura, sintiéndose activas y creadoras mediante el tejido o mediante el
canto. Nunca he visto en el proyecto rechazo, sino admiración por buen hacer de
las distintas personas que participan (E.I.- C12).

Los testimonios que se citan a continuación trasmiten lo que fue el proyecto e identifican
algunos de los elementos más innovadores:

Enriquecedor para las personas y para la comunidad, una iniciativa que puede
mejorar la cohesión social, porqué permite una visión con propiedad y una
evaluación personal desde la propia experiencia, superando límites y prejuicios
(E.I.- C03).

Considero este proyecto muy valioso para el proceso de dinamización social del
barrio de El Cabanyal porque presupone una transformación real. Para esto,
considero fundamental el trabajo que hemos hecho y que estamos haciendo. El
trabajo en equipo es el secreto que hace que la gente común logre resultados
increíbles (E.I.- C04).

Se consigue un empoderamiento personal, pero desde la perspectiva de género y


de comunidad. Pero este empoderamiento es grupal, comunitario y con intención
de incidir en la vida social y política, ayudando a tomar conciencia de la propia
situación y papel en la comunidad (barrio, municipio) como mundo próximo
(E.I.- C12).

El trabajo en grupo ha sido la fórmula para conocer, apreciar y compartir entre personas:

El proyecto es absolutamente valioso. Se ha demostrado en los resultados. Una


muestra importante de ello ha sido la relación personal que se ha establecido
entre mujeres de distintas etnias. Otra muestra ha sido la externalización de
mujeres gitanas, generalmente obligadas al “encierro” en su ambiente. Entiendo
por externalización (tal vez no es la palabra más adecuada) el hecho de que
algunas han pasado a colaborar con otros grupos, instituciones y entornos, como
los consejos escolares, los grupos de mediación, etc... (E.I.- C11).

Sentirse un equipo me ha ayudado a escuchar, aceptar y valorar las diferentes


opciones de vida de las diversas comunidades (E.I.- C07).
222
Una fórmula acertada para actuar en una transformación concreta:

La verdad es que somos muy afortunadas de pertenecer a este grupo de gente tan
generosa y de valores que no abundan hoy en día. Somos un importante grupo de
apoyo. Ojalá la sociedad fuera de estos corazones y el mundo sería un lugar más
de crecimiento (E.I.- C10).

Lo que más me gusta es que es una evidencia de que es posible. Además, me sirve
como ejemplo perfecto y constatable para mis clases de valores éticos: no hay
nada más valioso en términos morales que considerar a “otros” como iguales y
actuar en consecuencia. Lo único que podría señalar como menos positivo sería
el abismo de comprensión que hay que salvar con paciencia y esfuerzo. Es decir,
son dos ámbitos sociales de marcadas diferencias y en ocasiones es difícil acceder
a la compresión absoluta. Pero se ha logrado, lo cual es una prueba de su
posibilidad (E.I.- C11).

Me gustan las confluencias que se han realizado en la Huerta, La Nau,


departamentos de la Universidad. Tener una mesa alrededor de cuál poder hablar.
Espacios como un departamento o actos académicos, populares, mercadillos,
conmemoraciones dan lugar al comentario y la comunicación personal y hasta
cierto punto íntima de las propias vivencias (E.I.- C12).

El reconocimiento de la importancia del trabajo en equipo, el intercambio y la


colaboración ha tenido su valor también como estrategia para la formación ciudadana
superando los estereotipos. Así se describe este proceso:

Ha sido muy importante conocer a mujeres tan diferentes y sobre todo poder
hablar con las mujeres gitanas sin recelos (E.I.- C05).

Se supone que hemos puesto un granito de arena. Sumando todos nuestros granitos
de arenas conseguiremos mucho, eso es lo que hace falta en el barrio (E.I.- C04).
El proyecto ha sido una oportunidad para fomentar la convivencia entre personas
de culturas diferentes trabajar acerca la empatía, el conocimiento reciproco y la
solidaridad (E.I.- C02).

Este proyecto es muy valioso porque sin darme cuenta me fui transformando en
alguien mejor y la integración social me ha servido para ser más fuerte en el
grupo y en lo individual (E.I.- C07).

Detecto la importancia de: nuestro trato igualitario entre mujeres de distinta


cultura, nuestro enriquecimiento cultural, la convivencia y el respeto mutuo. Estoy
encantada con este proyecto del que me considero con mucho orgullo parte (E.I.-
C04).
223
Lo mejor ha sido compartir con las demás, pero sobre todo lo que se han
involucrado las mujeres gitanas y la ilusión con que lo han hecho (E.I.- C01).

Sin embargo también se expresan algunas necesidades específicas para desarrollar aún
más la relación con las mujeres de cultura gitana o para garantizar mayor estabilidad al
proyecto:

Necesitamos consolidar estos primeros contactos y sería importante haber un


local donde Las Tejedoras se sientan a gusto, así que podríamos compartir objetivos
a más largo plazo (E.I.- C05).

Me gustaría tener más encuentros con las mujeres de otras etnias compartir aún
más con ellas (E.I.- C07).

Creo que lo que mejoraría el desarrollo del proyecto sería una mayor
implicación “real” de las instituciones. Que este proyecto no dependiera de
políticas puntuales que acaban siendo parches sin implicarse a fondo en la vida
de toda clase de ciudadanos. Deberían existir programas estables en la
organización de los gobiernos locales, al menos (E.I.- C12).

El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas ha puesto el foco en los significados dado a
la experiencia del encuentro con la otredad. De las respuestas al cuestionario de
evaluación interna, emerge una diversidad que corresponde a elementos identitario y a las
diferentes maneras de elaborar lo que pasa en la realidad. Las mujeres verbalizaron la
experiencia vivida y los caminos que le permitieron transitar hacia las demás, dando
nuevos sentidos al espacio de convivencia. La interacción social entre las personas puede
ser fomentada por una serie de estrategias, ocasiones, reuniones, intersecciones,
intercambios y también mediante el uso de un espacio común que puede redefinir la
misma relación con el territorio. Esto pone de relieve la necesidad de que las personas y
los grupos actúen sobre los espacios urbanos públicos, llenándolos de nuevos contenidos
y dimensiones, que puedan proporcionar nuevas perspectivas para el desarrollo de la
comunidad, superando los conflictos y buscando soluciones compartidas a los problemas
actuales.

6.4 La historia de vida

La historia de vida de una participante en el grupo de mujeres de cultura gitana, se ha


224
utilizado para describir el proceso de Empoderamiento y, es considerada en este estudio,
una estrategia para reflexionar sobre el cómo (Yin, 2003, 2017), de un determinado
proceso en el contexto de la vida real. Los principales objetivos fueron captar el punto de
vista de la protagonista, identificando las fases claves del proyecto y los objetivos logrados
a través de la exposición narrativa. Con la historia de vida se pone en el centro la
experiencia directa, como herramienta para el conocimiento, la memoria y la
trasformación. Según Rappaport (1995), el estudio acerca del Empoderamiento se puede
combinar con el enfoque narrativo, expandiendo así el espacio de análisis. La historia de
T03, fue seleccionada debido a la gran implicación de la misma en todas las fases del
proyecto y su disposición a hacer pública su forma personal de ver el mundo.

Desde marzo 2018, se empezaron a realizar seminarios en algunos institutos de


Educación Secundaria de la ciudad de Valencia. Gracias a condiciones familiares
favorables, T03, pudo participar en estos eventos, presentando el documental sobre el
proyecto y contando su propia experiencia. Estas charlas han sido grabadas en video y la
transcripción devuelta a la protagonista, que a este relato ha querido agregar partes de una
escritura autobiográfica, dando su consentimiento para que la historia fuera publicada en
el cuerpo de este estudio. La protagonista ha tenido la oportunidad de organizar
narrativamente su experiencia y los significados atribuidos al proceso de transformación
y el camino personal de Empoderamiento (Ruz y Miranda, 2011). Es una interpretación
de la realidad que se hace disponible para el proceso de co-construcción del
conocimiento,

La narración se ha utilizado como una herramienta de evaluación para poner de


manifiesto la teoría enraizada en la praxis. La reconstrucción de eventos pasados, en
general, permite comprender el presente y organizar los objetivos del futuro (Harré,
1986). Dice quiénes somos, quiénes fuimos y qué podemos ser (Rappaport, 1995).
Reconstruir un camino biográfico a través de la narración es una forma de reconstruir la
identidad a través de las experiencias, las emociones, las relaciones vividas y los
significados atribuidos (Hammersley y Atkinson, 2007).

La narrativa propone una relectura estructurada de la propia experiencia concreta y esto


225
promueve la conciencia y permite a las personas formarse a partir de sí mismas. Lo
vivido de esta manera se hace inteligible para otras también. Narrar es una práctica social
que permite construir relaciones sociales y describir el mundo tal y como se conoce,
dotado del significado y de la importancia que a él se atribuye (Riquer y Francisco,
2014). Esta perspectiva describe la realidad como atravesada por narrativas y narraciones.
No solo contamos nuestra historia y a través de ella permitimos a las demás conocernos,
sino que las relaciones con las personas, también las vivimos como narrativas (Cabruja i
Ubach y Iñiguez Rueda, 2000).

A través de la narración se crea un fuerte vínculo entre el yo histórico y cultural y las


relaciones sociales del presente. El cambio pasa a través del análisis y la reflexión sobre
los conocimientos situados. Se asigna una forma a los eventos, con un orden temporal
preciso (Demetrio, 1996), como un método para construir o reconstruir nuestra historia
personal. Las acciones están contextualizadas y la persona también se posiciona como
protagonista y narradora. La narración es un momento de formación reflexiva que permite
aprender de la experiencia y del cambio, ya que implica la capacidad de imaginar
alternativas y reflexionar sobre la planificación futura.

Tengo 38 años, soy casada desde cuando tenía 14 años y tengo dos hijos. La
mujeres gitanas, por falta de ser oída, o por falta de tomar voz, cuando tenemos
13-14 años ya nos creemos que somos mujeres, que podemos hacer una compra,
cocinar, tener marido. Queremos mostrar a la sociedad que esto es el pasado,
nosotras podemos como mujeres y gitanas dar ejemplo de lo que podemos
conseguir. A través de este proyecto hemos conseguido que podemos ser
escuchadas, conocidas, pero sobre todo oídas.

Todas como personas valemos, gitanas y payas, mujeres y hombres. Tenemos que
luchar para cambiar todas estas normas que nos no benefician en la vida. En mi
cultura, en la cultura gitana, no hay ninguna mujer con el pelo corto, pero ahora se
puede cambiar. Hace una semana me iba a cortar el pelo y mi marido me
pregunta alguien te ha dado el permiso de cortarte el pelo, no debo que pedir
226
permiso a nadie si quiero el pelo corto, esto se tiene que cambiar.

Hay que persistir, y es importante saber lo que se quiere hacer en la vida. Este
proyecto nos ha permitido salir y hablar en los centros escolares, visitar eventos
importantes, hemos ganado un premio, hemos hechos una exposición. Detrás de
un bolso o una cartera hay trabajo, unión, respecto, la ganas de trabajar aún más y
ser escuchada. A través del ganchillo me se ha dado la oportunidad de tener voz,
se me ha hecho conocer, no porque soy gitana no se leer una carta o no puedo
tener una charla.

Yo quiero que mi hija tome ejemplo y que estudie. Mi hija tiene 13 años y
antiguamente ya a esta edad se casaban, ahora la vida gitana está cambiando. Yo
me casé con 14 años, pero mi familia lo tenía claro que el estudio es una
herramienta para toda la vida y cuando me casé yo seguí estudiando. Ahora que
soy madre yo también lo tengo claro.
Este proyecto me ha dado la oportunidad de conocer gente que yo nunca pensaba
conocer y puedo también perseguir un sueño que tenia de toda la vida, ser
mediadora social. Gracias a este proyecto y a una persona del coro que he
conocido y me ha apoyado, estoy en un grupo de mediación de su instituto y
espero seguir adelante y sacarme el título.

Quiero dar un ejemplo educativo, a raíz de la fuerza y de la lucha hemos conseguido


que por primera vez en la historia del centro escolar del barrio, hay en el consejo
escolar cuatro mujeres gitanas y yo estoy en el consejo escolar del instituto de mi
hija. Todo esto me hace sentir orgullosa.

Yo tengo malas experiencias por ser gitana, hay mucho racismo. Hace mucho
tiempo mis hermanas y yo echamos un currículo en una empresa de limpieza,
entregamos el currículo y nos llamaron. El primer pago nos no cuadraba lo que
nos pagaban. Detallo esto porque a la hora de defender con el contracto en la
mano que no era lo que nos tenían que pagar y nos estaban robando, nos dicen:
¿Pero vosotras sabéis leer? y cuando hemos empezado a sumar y a multiplicar lo
227
que nos tenían que pagar, nos preguntan: ¿Pero vosotras sabéis sumar y
multiplicar también? Solo por el hecho de ser gitanas se creían que no teníamos
capacidades. Le dije que me iba al sindicato a denunciarlos y desde allí hemos
empezado a cobrar la nómina que nos correspondía.

Lo quiero decir porque tenemos que coger este poder como personas y tener
confianza. El estudio es básico para todas, sin nuestro estudio yo y mis hermanas
no hubiéramos dado cuenta del robo y esto en la vida cotidiana pasa muchísimo.
Yo no me conformo con que me etiqueten como gitana que no valgo en la sociedad
y este proyecto se ha convertido en una herramienta para tener voz en los eventos,
en las charlas de los centros escolares, para decir lo que somos. No es solo lo que
hacemos, una zapatilla o un bolso, el ganchillo ha sido una herramienta para luchar
aún más, para poderme defender como persona y como gitana. Yo tengo 36 años
y nunca he renunciado a luchar por lo que quiero.

Mi madre, como me casé muy joven con 14 años, me dijo: “Hasta que no te
saques el nivel mínimo de educación no te dejaré vivir”. Mi marido toda la vida
se he dedicado a la venta ambulante, yo con dos meses después estar casada me
fui a un centro y me saqué séptimo y octavo. Yo aquel entonces vivía con mis
suegros, porque cuando los gitanos nos casamos y no tenemos nuestra casa
tenemos que vivir con la familia del marido. Una mañana con mi mochila me iba
a estudiar, y mi suegro me dice: ¿Dónde vas? ¿Has conseguido trabajo? No, digo
yo, he conseguido que puedo seguir a estudiar. Y él me dice tú no puedes estudiar,
tu estas casada. Yo lo conseguí y me saqué mi graduado. Yo pensaba, voy a
tener hijos, no me podré perdonar más en la vida que no puedo ayudar a mi hijo a
hacer un ejercicio y explicárselo. Me tuvieron que dejar estudiar. He tenido
que pasar por esta prueba para entender que por el hecho de ser casada yo no
tengo ningún dueño. Y cuando mis hijos se fueron al cole yo me compré una pizarra
para hacer los deberes con ellos; resta y suma. Porque es importante trabajar
desde dentro de casa.

Tenemos que luchar por lo que queremos, pero básicamente por el estudio, porque
228
es la primera puerta para batallar y expresarse. Hoy por ejemplo me iba al cole a
recoger a mi hija, veo un cartel de un taller de ganchillo y digo a una profesora
que salía: Este cartel me llamó la atención porque yo también hago ganchillo.
Y la mujer me dice: tú eres la mama de Y., porque hoy ha dado una charla que
nos ha hecho llorar a toda la clase entera.

Mi hija me imita, que ser gitana no quiere solo decir ama de casa, queremos ser
libres y queremos luchar. No me perdono el querer hacer una cosa que sé que me
va a beneficiar para mí y no hacerla. Lo que más me gusta de este proyecto es
que puedo participar en eventos y puedo demostrar ser una mujer gitana libre,
que yo no tengo dueño. Estoy casada, tengo un marido pero no es mi dueño. Yo
no quiero que mi hija se case y deje de ser libre, es una persona libre. Este
proyecto nos ha permitido conocer y hacer amistad con personas que nunca
había pensado conocer.

A ver, conocer, visitar lugares nuevos, podemos mostrar muchas cosas, lo que
somos, que se puede ser amigo y cercano independientemente de la etnia. Ninguna
persona debería ser invisible en la sociedad y por eso tenemos que luchar. No
dejar nunca de ser escuchadas, querer ser tu misma. Antes los gitanos tenían
muchas puertas cerradas porque no tenían estudios. Esta condición aumentaba el
racismo en contra de nosotros, si ya como gitanos teníamos puertas cerradas al no
tener estudios aún más: una puerta cerrada con llave.

Las mujeres aún más hemos tenido la vida difícil. Por ejemplo, la televisión por
protagonismo saca todo lo peor pero no saca todo lo mejor para dar ejemplo,
como estamos haciendo nosotras con este proyecto. Saca lo peor para hacer
dinero yo la apago y me cojo la aguja del ganchillo para trabajar.

La decisión de contar la vida personal, está en línea con la idea feminista de la


imposibilidad de construir una sociedad justa sin una comparación con la existencia de lo
privado, haciendo hincapié en que lo personal es político.

229
Este enfoque introduce en el espacio público la dimensión de las emociones, del
conocimiento cotidiano, de las prácticas sociales, de los símbolos, del lenguaje,
enriqueciendo inevitablemente el espacio político. Hacer pública la dimensión privada
transforma la política en un instrumento para la ciudadanía y su realización. Significa
tener que pensar en las estructuras sociales: la familia, la división del trabajo, las relaciones
de poder, el conocimiento y la denuncia antes las diversas formas de opresión. Una
opresión debida, no solo a la distribución desigual de los recursos materiales, sino
también a la pertenencia a un grupo social específico (Young, 1994, 1997), con sus
condiciones tanto internas como externas. Esta toma del escenario y el valor de una especie
de coming out, en un difícil camino de reconstrucción como persona y como mujer
gitana, tiene el poder de hacer visibles aquellas que quieren ser protagonistas y
reclaman una identidad política (Butler, 1990; Young, 1993). Inicialmente es un trabajo
de autoconciencia (Young, 1997), el que impulsa a la transformación social, a través de
la rearticulación de las relaciones (Young, 1994, 1997), y como resultado de nuevos
encuentros con si misma o con las demás, en un dinámica a la vez recíproca y
comunicativa, que permite un nuevo proceso de reflexividad situada.

Este deseo de reestructuración de las relaciones sociales, a raíz de la apropiación de un


espacio legítimo, se puede reconocer entre las mujeres de cultura gitana protagonistas del
presente estudio y especialmente en la historia de vida de T03. Su experiencia cuenta una
inversión de códigos para definir las demás, sin olvidar el paso fundamental del proceso
de re-apropiación y re-significación de la pertenencia a una específica cultura (Butler,
1990; Butler y Scott, 2013).

La auto-atribución de los términos mujer y gitana siguió un proceso de análisis crítico


sobre su propia condición y sus posibilidades. La maduración de la conciencia de sí
misma en su propia cultura, puede controlar el efecto estigmatizador y deslegitimar el uso
despectivo de los términos. La historia personal, en este caso, tiene el poder de atribuir
mayor importancia a las prácticas exploradas, que no podían ser consideradas a priori
feministas y emancipadoras, puesto que no estaban designada así por sus protagonistas;
pero atendiendo a sus efectos, sí que podrían perfilar esta consideración, en cuanto a la
transformación personal y a la apertura de nuevas formas de sentir, actuar y experimentar
230
en relación a la diferencia intra e intergrupal.

Las prácticas y las ideologías de diferentes culturas tienen que ver con la cuestión de la
desigualdad de género (Okin, 1999). La atención a las historias personales, reposiciona a
la mujer como el foco de los debates y subraya la importancia del reconocimiento y el
derecho a su propia identidad particular (Fraser, 2004). El reconocimiento de su
autonomía moral, cultural, personal y sexual, se traduce en justicia política y económica.
En este sentido, el análisis de las relaciones de poder resulta adecuado, cuando se define
en una prospectiva situada, tanto como falta de poder como resistencia a la condición de
opresión, que se desarrollan en un contexto específico.

Considerando la pertinencia de las teorías del Empoderamiento y de la formación del


Tercer Espacio, con la reflexión sobre la condición de la subjetividad, la diferencia y la
cuestión de género, este estudio está diseñado como un posible camino a seguir para
repensar y reformular el sistema jerárquico entre el género y la cultura (Butler, 1990).
Más allá de los dualismos, nos centramos en las historias personales, las experiencias, las
esperanzas y las ambiciones de liberación. Solo activando una reflexión compartida, de la
incorporación de las formas de poder hegemónico, se pueden entender los complejos
procesos efectivos y tal vez no conscientes, de aquellas posiciones, que se establecen
también entre mujeres, que definen más impedimentos que oportunidades.

6.5 Las mujeres de cultura gitana y el cambio social necesario

Para una reflexión crítica acerca de los resultados logrados por el proyecto de Innovación
sociocultural Las Tejedoras y Las Coristas es fundamental empezar con el análisis del
cambio que se está produciendo en la comunidad gitana y, dentro de esta, el de la figura
de la mujer. Tomar en cuenta la diferencia entre participantes, incluso dentro del mismo
colectivo, está en línea con la investigación feminista que declina las diferentes formas de
conocer y ser sujeto político (Platero, 2014). La mujer comienza a ser cada vez más
protagonista de sus propias decisiones (García, Megías y Arcos, 2017), en contra de una
visión estereotipada de la mujer gitana invisible, silenciosa y sometida. Aunque tímidos
estos cambios, que se dirigen a liberar la figura de la mujer como únicamente madre y
231
esposa, están presentes y empiezan a afectar algunas prácticas y tradiciones de la
comunidad gitana.

Más difícil parece, desde una mirada crítica, desestructurar la relación entre
representaciones y estereotipos: la imagen de pobreza y de la mujer pobre con su “poca
ganas de trabajar”, la imagen de sujeto con características étnicas específicas, “son
diferentes culturalmente de nosotras”, y aquella de sumisión, en cuanto “no tienen
capacidad de decisión y de contrastar las decisiones de los hombres”. Las acciones de
unos grupos feministas de mujeres gitanas quieren romper con la visión de la mujer sin
formación, víctima también de su propia cultura. Los colectivos proponen
reivindicaciones a nivel político y social, que puedan encajar con su realidad cultural
específica. En este movimiento se detecta un cambio de posición de la mujer dentro del
colectivo gitano, que es un cambio de la condición dela si misma, contra la
discriminación y los estereotipos.

En general, el pueblo gitano es considerado en España como el "contencioso histórico


democrático no resuelto" (Pérez de la Fuente, 2008, p. 111). La condición de marginalidad
se debe por una parte a una situación estructural de clase en el sistema de producción
española, y también a las formas de discriminación de las que es víctima el pueblo gitano.
Esto hace que sea aún más difícil superar la situación de exclusión social. El repertorio de
prejuicios concierne también a las mujeres y a su papel dentro del colectivo (Macías y
Redondo, 2012), sin tener conciencia de las dinámicas de transformación a pesar de las
dificultades y de los obstáculos internos y externos.

En esta situación las mujeres han sufrido una múltiple discriminación por ser mujeres, ser
pobre, perteneciente a una minoría étnica (Fernández, Domínguez, y De Sanmamed,
2004), y también por su supuesta condescendencia con la cultura patriarcal. En una
entrevista, en la fase de análisis del contexto del barrio de El Cabanyal, una vecina
afirmaba:

Las mujeres gitanas no tienen ganas ni de trabajar ni de aprender, les resulta


difícil integrarse en la sociedad. Creo que es realmente una condición difícil para
ellas teniendo en cuenta la cultura machista en la que viven. El machismo en el

232
colectivo gitano es un hecho que existe y las mujeres sólo pueden ser esposas y
madres, deben obedecer a su padre, a sus hermanos, a sus maridos y luego a sus
hijos varones. Se casan temprano, no siguen los estudios y se sienten satisfechas
al tener muchos hijos y cuidar de la casa. Son víctimas de un sistema y ellas
mismas no pueden y no quieren salir de él (R.02)

La existencia de las diferencias culturales entre grupos, puede alimentar los prejuicios
(Buezas, 1990), y el bagaje de estereotipos refleja los valores de la mayoría considerados
como normales y por lo tanto aceptados, mientras que, los de la minoría se consideran
diferentes e inferiores. Si bien se reconocen las condiciones de marginalidad a las que
está condenado el pueblo gitano (Ruzicka, 2016), la pobreza todavía se describe como
una dimensión en relación a una predisposición individual o cultural. Entonces se llega a
pensar que la integración social pueda ser obstaculizada por una cierta forma de vivir de
la gente de cultura gitana. Con estas palabras un vecino se expresaba en relación a este
tema:

Los gitanos en España viven de las ayudas sociales, algunos trabajan en el


mercado, en el rastro y otros venden drogas. Las mujeres cuidan la casa y los
niños. Se casan muy jóvenes y hacen lo que los maridos quieren. Muchas veces
las mujeres se callan por miedo o porque es normal para ellas, es parte de su
cultura (R.03).

Las asociaciones de mujeres gitanas feministas se enfrentan a las tradiciones patriarcales


de la comunidad de pertenencia. Sin embargo, solicitan no penalizar a las personas que
decidan seguirlas e invitan a examinar, de forma colectiva, la posibilidad real de elección
y las condiciones socioeconómicas en que viven las mujeres y en las que se arraigan
algunas de las prácticas culturales. Reclaman su posición como sujetos capaces de su
propia liberación, y la necesidad de superar un racismo estructural que impone la opresión
de todo un pueblo. Reclaman la lucha para dejar de estar a merced de la política, de la
caridad y de la marginalidad. La batalla principal se libra contra el anti-gitanismo, que
limita y oprime individualmente y colectivamente a los hombres y a las mujeres de
cultura gitana. Una lucha que necesita también de un análisis profundo de las políticas
implementadas y una acción multinivel.

Intentar comprender la condición marginal de algunos grupos sociales que tienen


limitaciones en el acceso a los recursos y el reconocimiento social no es posible sin
233
comprender el papel que tiene el espacio exterior. En lo específico el papel que tiene el
Estado en el diseño del marco social e histórico, que reproduce las condiciones de
opresión y marginalidad (Ruzicka, 2016). En este sentido, es importante focalizar la
atención en las políticas de inclusión que definen el espacio de acción entre el centro y la
periferia social, impidiendo la formación de las personas como sujetos políticos de pleno
derecho.

Aunque se notan avances, la situación de empobrecimiento, el anti-gitanismo y la


estigmatización, impiden la liberación de la mujer gitana que se conseguirá sólo cuando
se aborden algunos temas fundamentales: como la educación, la pobreza, el subempleo y
la vivienda. Sería oportuno cuestionar qué forma dar a las políticas de igualdad e
inclusión, a partir del análisis de los errores del pasado y fomentar la valorización de las
prácticas de implicación y compromiso social, entendidas no solo como una experiencia
contextual local, sino como un proceso y oportunidad de relación directa con la
democracia real. La situación alimenta el debate sobre la dinámica que existe entre
pertenencia y diferencia, fundamental dentro de la discusión feminista, acerca de la
posibilidad de que las mujeres mantengan su identidad, decidan sobre los valores que les
caracterizan y quieren preservar, siendo al mismo tiempo promotoras del cambio social,
comprometidas y responsables con la lucha a las desigualdades, desde dentro de su
colectivo.

A partir de los testimonios de las mujeres de cultura gitana protagonistas de este estudio,
es fundamental reconocer que hay ejemplos que reflejan un cambio importante y, sobre
todo, un deseo de ser reconocidas y valoradas no solo dentro del propio colectivo sino
también fuera de él. Las mujeres gitanas antes de participar activamente en esta
investigación, ya se habían embarcado en un camino para entrar en el mundo del trabajo.
Específicamente habían realizado unos meses de Curso de Competencias Clave. La
finalidad del curso era ofrecer una preparación básica, para posteriormente presentarse al
examen del Servef (Servici Valencià d’Ocupació i Formació) y obtener el acceso al
certificado de profesionalidad de Nivel 2, lo que debería aumentar la posibilidad de
encontrar un empleo.

234
El curso les facilitó participar tres veces a la semana en clases de español y matemáticas,
con una beca diaria de algunos euros. La fórmula de la beca orienta a incentivar la
formación, pero es paliativa de la situación de falta de trabajo. También por parte de las
personas implicadas en el tema de las políticas de inclusión, se reconoce la importancia
de tener que resolver el problema de una manera diferente; tratando de estructurar, por
ejemplo, la creación de espacios para la co-participación social, superando las formas
asistencialistas:

La relación económica está muy presente en las estrategias de la política inclusiva.


Y estas prácticas han hecho mucho daño. Con la población gitana en España se
han desarrollado unas políticas sociales de pago. Yo te pago para que tú mejores,
para que tú hagas un curso, para que tú te formes, para cualquier cosa la relación
económica estaba implícita porqué si no el colectivo gitano no participaba o esto
se pensaba. Muchos de los avances que se han producido eran su base: yo te pago
y tú vienes a formarte siempre con una contra prestación económica. Eso ha
generado daños también porque a la hora de retirar las ayudas la gente no
participa. La relación vuelve a ser entre el payo y el gitano: yo soy el que manda,
yo soy poderoso, quien pone el dinero. Esta ha sido la historia de la acción
social en España y cortarlo ahora es difícil (T.S.01).

Centrarse en la experiencia subjetiva de los grupos marginales y la lógica social de la


acción para contrastar la marginalidad, permite reflexionar sobre la relación bidireccional
entre la sociedad excluida y la sociedad excluyente (Rubio y Monteros, 2002). El colectivo
gitano permanece en una condición de exclusión, debido a las condiciones de
desigualdad que afronta y a su deseo de mantener una identidad propia. Un pueblo entero
es culpable, según la sociedad mayoritaria, de no quererse asimilar (Pérez de la Fuente,
2008). Esta condición está descrita así por la trabajadora social entrevistada:

No todos los gitanos son iguales a los de programas como Gipsy King y Palabra
de Gitano. Cuando se dan instrumentos de mejora reales la persona cambia,
cambia actitudes y se preocupa por el entorno. La relación que se produce entre
una persona de la comunidad gitana y una de la comunidad paya es de vecino a
vecino, no de colectivo excluido hacia el colectivo dominante. Muchas veces los
payos tienen una idea con respecto a la población gitana o estigmatizata o
paternalista; “yo tengo que hacer algo para ayudarlas o yo no quiero hacer
cosas porque ellos no forman parte de mi sociedad”. Es difícil que la población
paya vea el colectivo gitano como un colectivo igual que el colectivo de personas
inmigrantes por ejemplo, el colectivo de personas con discapacidades o el
colectivo de personas con diversidad sexual. Es difícil que lo vean como un
235
colectivo que hace cosas para su propio crecimiento (T.S.01).

El pueblo gitano ha puesto en práctica estrategias para no ser pisoteado ni colonizado; se


intentó marcar líneas defensivas contra quienes pretendían que estuviera integrado y
asimilado al grupo mayoritario. Según el análisis feminista, estas líneas de defensa han
sido marcadas y definidas por los hombres, que han delimitado también el espacio de
acción de las mujeres dentro su propio colectivo. Un proceso común al de la sociedad no
gitana que ha construido su historia sobre las leyes del patriarcado. El género no es una
variable como las demás, sino el principio cardinal de nuestra sociedad, según el cual la
mujer está subordinada a las leyes del hombre (Armestead, 1995). Las mismas políticas
sociales deberían aplicarse contra la desigualdad de poder que caracterizan las
actividades cotidianas, en las relaciones entre hombres y mujeres en todos los niveles.
Esta necesidad queda confirmada por las palabras de la trabajadora social que así se
expresa al respecto:

Yo creo que el feminismo debería ser transversal en todas las políticas sociales e
incluso urbanística y culturales porque las mujeres no somos un colectivo, somos
un 52 % de la población. Que se haya olvidado a las mujeres durante muchos
años en el diseño de las políticas es algo que ha producido una desigualdad.
Para corregir esta desigualdad, para que haya un mundo más justo, más
equilibrado, es importante que las capacidades de las mujeres se integren en la
vida social participativa y cultural (T.S 01).

Cada vez más mujeres intentan tener su propio espacio dentro de la agenda feminista para
ser protagonistas de sus luchas como sujetos políticos, articulando estrategias contra la
opresión patriarcal, racista y de clase. Con estas palabras describía su pensamiento un
activista local entrevistado:

El tema es que la mujer en el colectivo gitano está siempre protegida, oculta


detrás de la figura masculina entonces tiene muy pocos espacios para expresarse y
para poder relacionarse con la sociedad, tiene que hacerlo siempre a través de los
hombres, es una sociedad patriarcal. Al día de hoy no sé cómo funciona la
familia gitana porqué están muy cerrados, es un mundo cerrado, es difícil imaginar
incluso como empiezan las relaciones. Cuando yo los veo desde mi propia
ventana yo veo las chicas y los chicos separados en grupos diferentes. Sí que me
parece muy importante que las mujeres tienen sus propios espacios de expresión,
grupos, organizaciones, para poder desarrollarse y relacionarse con la sociedad.
236
Creo que es fundamental para las mujeres de cultura gitana, que viven en
condiciones de particular subordinación con respecto a los hombres, pero creo
que sea necesario para todas las mujeres de cualquier cultura, hoy más que nunca
la revolución feminista es necesaria como toma de conciencia por parte de toda
la sociedad (A.01).

La misma investigación puede ayudar a revelar la condición de desigualdad mediante la


reestructuración del proceso de producción del conocimiento. Esto debe basarse en una
relación democrática entre la investigadora y las participantes, tratando de validar los
conocimientos previos y la conciencia de su condición como mujeres y de sus propios
recursos. La empatía, la identificación mutua y la confidencialidad son herramientas para
estudiar la realidad y transformarla, según un enfoque de investigación participativa y
trasformadora, que define a las mujeres como un sujeto político activo y comprometido,
teniendo en cuenta los símbolos y los valores del grupo cultural al que pertenecen.

6.6 Análisis de las necesidades del centro escolar

Con la aprobación del PEPRI- Plan Especial de Protección de Reforma Interior y el


abandono de las casas por parte de los vecinos, muchas familias con pocos recursos
comenzaron a llegar al distrito de El Cabanyal. Entre ellas también familias de cultura
gitana. Inicialmente llegaron de las ciudades españolas de Sevilla, Barcelona y Girona, y
posteriormente también de Rumania. Aunque las familias gitanas siempre han estado
viviendo en el barrio, compartiendo el espacio con las personas de cultura no gitana, la
llegada masiva de personas pobres y en condición de marginalidad alimentó el clima de
conflicto. La distancia entre las comunidades y las controversias venían fomentadas por
muchas partes, y la sensación que vivía la gente era la de una invasión. En una entrevista
una persona de la comunidad escolar recuerda:

El barrio empezó a estar sucio, con gente en la calle todo el día y la noche.
Muchos gitanos se dedicaban a la venta de la droga mostrándose libremente,
porque también el Ayuntamiento les ha dejado hacerlo. Llegaban chicos a la
escuela con los padres en Mercedes y BMW de la venta de la droga. Muchos
gitanos han podido comprar las casas porque tenían tanto dinero en efectivo.
Cuando llegaron los rumanos, empezaron a alquilar las casas vacías (P.02).

237
Las crónicas en los medios de comunicación hablaban de un barrio en decadencia y
degradación. El debate se llenó de alarmismo y yuxtaposición entre aquellas personas que
vieron en el PEPRI la salida de una situación que se había vuelto insostenible, y otras que
querían volver al distrito en su forma original.

Mientras tanto, la escuela vivía una situación complicada y encontraba obstáculos y


contrariedades, con la intención de reposicionarse en el nuevo contexto social. Se lanzó
una política social para fomentar la escolarización. La composición del alumnado cambió
y a medida que aumentaba la matriculación de niños y niñas de cultura gitana, las
familias de cultura no gitana decidían mudarse a las escuelas de los distritos vecinos o a
las escuelas concertadas. La profesora sigue describiendo aquellos años:

El servicio social empezó a trabajar en la escolarización de los niños y de las


niñas gitanos y rumanos; también el Patronado de los Gitanos y el Colegio
empezaron juntos a favorecer la escolarización con becas de libros y sobre todo
de comedor. Muchas familias tenían 13-14 hijos y vivían sin recursos. Mi colegio
empezó además un servicio de ducha, así que más que una escuela se transformó
en un lugar de asistencia básica (P.02).

Según una política que ya no protegía la heterogeneidad en la composición de las clases,


y la distribución equilibrada entre el alumnado de diferentes proveniencia, el alumnado
de cultura no gitana disminuyó críticamente hasta llegar el momento en el que la escuela
pública local se convirtió en un gueto. Otra profesora declara en una entrevista:

El colegio se sitúa en una realidad de conflictos sociales y marginalidad, donde


se encuentran fenómenos de pobreza, racismo y exclusión social. La escuela
asiste a muchos alumnos con necesidades educativas especiales; la mayoría de
las niñas y de los niños pertenecen a familias de origen gitano, españolas o
rumanas. En los últimos años el centro no ha gozado de buena consideración por
su composición: alumnado de clase social baja y con perfil de marginalidad
social. Ha sido afectado por la proyección de una imagen negativa asociada al
barrio (P.03).

A pesar de las políticas ciegas frente a la realidad siempre más complicada y conflictiva
del barrio de El Cabanyal, el centro escolar dirigido por una administración competente,
solidaria y atenta, con el valioso apoyo de las maestras y los maestros, trató de enfrentar
la nueva situación. En la escuela se trató de conciliar el "hacer" de la dimensión didáctica
238
y formativa con el "ser", abriéndonos de manera valiente al territorio. Desde el gueto en
el que se acumularon los casos humanos más desesperados, pobres y marginales, la
escuela intentó convertirse en un oasis, donde la diferencia se valoraba deliberadamente
en una fórmula para contener el conflicto que se vivía afuera, en las calles. Estas son las
palabras de la directora del centro público:

Los profesores y las profesoras han desarrollado recursos didácticos adecuados


para trabajar con alumnado poco motivado y con bajo nivel de escolarización…
así que el centro ha desarrollado diversas medidas de atención a la diversidad y
también medidas de refuerzos (D.C.01).

Otra profesora confirma que:

El nivel de atención de estos niños y niñas es muy bajo. Cada concepto debe estar
mediado por la experiencia directa. Hoy, para explicar los conceptos de suavidad y
dureza, traje caquis a la escuela. Tienen que tocar, obtener experiencia directa y
ser estimulado continuamente. Por otro lado, tienen un profundo conocimiento de
la vida real, de cómo va la vida, su vida, lo que los rodea, lo que viven. Lo
dicen y lo comparten en el aula. Y así es como me cuentan sus historias, sus
problemas, lo que viven todos los días. Escucho y aprendo de ellos (P.03).

En el centro público se planificaron programas didácticos individualizados, que tuvieron


en cuenta no solo la especificidad del alumnado, sino también el contexto familiar, las
experiencias y las modalidades de aprendizaje diversificado. Se han generado diversas
prácticas y estrategias en respuesta a las nuevas e incesantes necesidades del barrio. Se
han llevado a cabo proyectos, talleres y experiencias con la participación de expertos,
autoridades locales, organizaciones de voluntarios, mediadores lingüísticos y culturales
con el objetivo de promover un clima de comunicación abierto a la comprensión y la
escucha activa y empática.

Un área de recepción para los niños y las niñas, que aquí estaban protegidos, valorados y
seguidos. El alumnado como protagonista y autor de su realidad, que formulaba una
nueva síntesis de mundos en contraste, manejaba los diversos códigos lingüísticos,
simbólicos y culturales. Esperanza viva para el futuro del vecindario. Hoy los hijos y las
hijas de aquellos niños y niñas, que llegaron al barrio hace unos veinte años, ocupan los

239
bancos de la escuela y con ellos aquellas familias gitanas que, a pesar de ser de El
Cabanyal de toda la vida, son consideradas igualmente invasores.

Una necesidad de la escuela era no perder el trabajo ya realizado, tratando de involucrar a


las familias de una manera estratégica en el proceso de escolarización de sus hijos e hijas.
La idea era crear una alianza entre la escuela, la familia y el territorio. La diversidad
presente en la escuela se identifica con la diversidad que caracteriza el barrio, entonces es
importante impulsar un camino que permita socializar entre todas las personas, con
mayor respecto a las diferencias mutuas y a las tradiciones culturales de los diversos
orígenes.

Es en esta fase cuando surge la idea de relacionar esta Investigación Acción Participativa
con el centro escolar. La escuela estaba dispuesta a fomentar la creación de nuevas
alianzas y a construir una comunidad escolar aún más amplia. Con una mirada atenta a lo
que estaba sucediendo en la realidad social local y manteniendo la idea de una escuela
como lugar vivo y democrático, bien común para toda la comunidad (Apple, 2004, 2012),
empezó el trabajo del grupo de Las Tejedoras y después también de Las Coristas en el
centro escolar.

La práctica educativa y, en conjunto, la formación a la ciudadanía activa se configuró en


este espacio como un proceso participativo de encuentro con un carácter transformador.
Junto con la reflexión sobre el contexto y sobre las dinámicas culturales, se concentró la
atención a las condiciones que imponen la exclusión social, la discriminación económica
y laboral de algunas comunidades.

Los caminos sinérgicos conectaron a alumnado, profesorado, familias, universidad y


agentes sociales del territorio. Esto permitió la activación de nuevos flujos de
comunicación intra e inter nivel, con la creación de una red entre diferentes sujetos. El
objetivo de este estudio doctoral era reconfirmar el espacio de la Pedagogía Social, como
disciplina que orienta la práctica para el desarrollo colectivo de la ciudad contemporánea
(Carrasco y Selvas, 2015), y como base para la formación de una ciudadanía solidaria y
plural. El objetivo del proyecto de Innovación Sociocultural era poner en marcha
240
estrategias eficaces, para favorecer el proceso de Empoderamiento y fomentar el
encuentro entre las comunidades.

El camino ha sido largo, con el compromiso total de todas las participantes y de la


escuela como espacio físico y simbólico donde se ha desarrollado esta intervención. Las
personas implicadas han tenido que trabajar el sentido de la diferencia, que de problema
se transforma en recurso, revisitando la memoria histórica del barrio caracterizado por
una variedad cultural y social única y original, así como confirma en una entrevista una
de las profesoras del centro:

El Cabanyal ha ido degradándose un montón en los últimos veinte años, pero no


hay que pensar que aquí antes vivía gente rica. Cuando llegan las madres rumanas,
con sus vestidos, sus faldas largas, las miro y pienso que no es tan diferente
como en el pasado, cuando aquí estaban los pescadores con sus hijos, hablando
valenciano que los profesores no entendían (P.03).

Cuando Blasco Ibáñez se paseaba por aquí, por estas calles, cerca de la playa,
veía un montón de niños mocosos, no veía niños vestidos de gala. Desde aquí y
desde este pasado tenemos que partir para ver el otro como no muy diferente de
lo que hemos vivido (P.03).

La convivencia pacífica entre diferentes grupos sociales requiere un esfuerzo continuo


por parte de todos y todas, es un camino lleno de contradicciones, conflictos y polémicas.
Cuando la escuela se compromete a comprender lo que sucede dentro y fuera de las aulas,
explora los problemas existentes e imagina respuestas concretas de intervención y
formación, en las cuales todas las personas están involucradas en un camino de
transformación democrática. La interpretación desde diferentes posiciones de la realidad
permitiría analizar críticamente el pasado, el presente e imaginar un futuro mejor para el
vecindario que, si por un lado no puede volver a ser lo que era, podría emprender un
proceso de construcción de valores compartidos y conocimiento recíproco para superar
las condiciones de segregación y conflicto social. Con estas palabras imagina el futuro de
El Cabanyal unos de los vecinos entrevistados:

En estos años he visto muy pocos cambios en el Cabanyal, me sorprenden mucho


las historias de la gente mayor de cuando convivían los gitanos y los payos, en
las casitas del Clot las puertas estaban abiertas. Y te da ganas de volver al
241
pasado y poderlo ver con los propio ojos. Ahora mismo, se tendría que actuar
para superar la situación de gueto en la zona cero y en el bloque portuario.
Como hacerlo es muy complicado. La gente que se han instalado en la zona cero,
son gitanos rumanos, realmente vive sin nada, están en situaciones de
precariedad absoluta, sacar a un colectivo de una situación tan difícil va a llevar
tiempo. Siempre está encima el hecho de la expulsión y del rechazo. Los gitanos
españoles tienen una pequeña ventaja, no muchas, pero sí que forman parte de la
historia del barrio y este hecho está reconocido. El futuro que me imagino, es
que de aquí a unos años habrá una inversión social de la administración para
adecuar todo el tema de las viviendas y las ayudas de formación profesional. En
el camino no todo el mundo se quiere acoplar y esto es normal. Por los menos
que la gente tenga una opción y una posibilidad concreta de sentirse ciudadanía
(A.01).

6.7 El centro escolar: procesos y resultados

El análisis de las necesidades expresadas por la comunidad escolar es un punto de partida


para la evaluación de las transformaciones que han tenido lugar. Las estrategias
desarrolladas permitieron reflexionar más conscientemente sobre las formas de interacción
entre diferentes colectivos, fomentando un clima de comunicación más abierto y
constructivos para todas las personas involucradas. La experiencia vivida, con la
participación de las mujeres de Las Tejedoras y Las Coristas en la vida del centro
escolar, permite identificar un específico lenguaje pedagógico apropiado para el contexto
en el que se encuentra la escuela. Una impostación pedagógica conectada a una
organización basada en los principios de una sociedad democrática e inclusiva, que
permite desarrollar un pensamiento autónomo y crítico.
En enero 2017 las mujeres de cultura gitana de Las Tejedoras, empiezan su colaboración
con el centro escolar, trabajando con las clases de infantil en el proyecto Te cuento tu
historia. La escuela asume el desafío de ser el espacio para el cambio social, y abre sus
puertas al grupo de madres. La connotación de escuela-gueto, se convierte en una fortaleza
y el centro se toma como ejemplo de colaboración entre instituciones, investigación
científica y familias. Con estas palabras una profesora describe el inicio de la
colaboración:

Involucrar a las madres dentro del centro en horario escolar fue en principio un
problema, ya que algunas profesoras no se sentían cómodas. Pero se dieron los
pasos adecuados, primero en un aula contigua a sus hijos. Después en el aula de
242
tutoría de la planta baja, de ahí a la sala de profesores y al Consejo Escolar. En
este momento, los miembros de nuestra comunidad educativa, consideran a Las
Tejedoras como parte del día a día de la escuela. El equipo directivo y el claustro
de profesores siempre cuentan con su colaboración, su trabajo y su apoyo. Poco a
poco este grupo de madres crece en confianza y se siente como lo que en
realidad han sido siempre uno de los pilares de nuestra escuela. Conocen la
realidad escolar desde dentro y son mediadoras con las demás madres. La
autoestima es un virus que contagia a las madres, a los niños y a la tutora (E. E.
01).

La idea general era, por un lado, cuestionar el tema de que la cultura gitana se opone a la
educación (Padilla Carmona, González Monteagudo y Soria Vílchez, 2017), fomentando
una mayor participación de las familias en la escolarización de los niños y las niñas. Por
el otro lado, el centro escolar acogía las reivindicaciones de la sociedad civil que se
organizaba, para concretar una acción específica de trasformación social. La colaboración
entre la escuela y la familia, se convierte en una oportunidad para reflexionar sobre el
propio contexto de vida, sobre cómo se describe y presenta desde el exterior. Las
fotografías de los artículos en los medios de comunicación, los informes en la televisión,
continuaban describiendo la marginación y la exclusión social del barrio y
específicamente del colectivo de cultura gitana, pero lo que los alumnos y las alumnas
empezaban a explorar en el aula, era una situación de encuentro, intercambio y
cooperación, y entre las protagonistas estaban las madres de cultura gitana.

La formación del pensamiento crítico desde la primera infancia comienza con la reflexión
sobre el propio contexto de vida y sobre la posibilidad de transformar la realidad a través
de una participación activa y consciente (Carvajal, 2016). El cambio social se nutre de la
oportunidad de co-construir conocimiento (Fals-Borda, 2001) por un lado, y de percibir la
propia comunidad como parte integral de la sociedad (Touriñán López, 2010).

En mayo de 2017, con ocasión de la semana cultural organizada por el cole, el proyecto
Te cuento tu historia se formalizó en una exposición pública a la que asistieron las
familias, todas las mujeres participantes en el proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas,
el personal docente y las representantes de las instituciones locales. Para su realización se
utilizaron diferentes metodologías, facilitando herramientas gráficas, manuales y

243
narrativas; creando y activando un proceso de auto- representación como medio de
sensibilización y encuentro. Los trabajos de ganchillo de las mujeres de cultura gitana
del grupo de Las Tejedoras reproducían objetos de los primeros años de vida de los niños
y de las niñas (Figura, 16); vestidos, zapatos, el carro, el chupete, la mantita. Los relatos
adjuntos describían un viaje por la memoria, hecho de imágenes y evocaciones:

El día que naciste era un día de sol pero hacía frio. Era un jueves. Tú estabas
muy guapa y grande, eras muy buena y solo comías y dormías. Tu primer diente
salió con tres meses y medio y con doce meses te tenía la mano y andabas. Te
quité el chupete con 14 meses porque ya estabas muy enganchada. (Proyecto Te
cuento tu historia- T.01).

Tu nacimiento fue muy largo y doloroso pero yo estaba muy feliz. Era un día de
frio, soleado y con mucho aire. Era un domingo. Eras muy poco comedora y
llorabas muchísimo porque tenías cólicas lactantes. Tenía que mecerte en mis
brazos hasta la madrugada y agarrándome mi dedo (T.02).

Tu nombre lo ha elegido tu padre, te llamas como tu abuelo. Naciste en una


noche de mucho calor porque era verano y era un domingo. Tu nacimiento fue
muy doloroso y largo. Con cuatro meses te salió tu primer diente. Con seis meses
se te perdió el chupete y te lo compre nuevo pero luego ya no lo quisiste (T.03).

Figura 16 Proyecto Te cuento tu Historia.


Fuente: Elaboración propia.

Los textos elegidos dibujaban bocetos de proyectos para un futuro hecho de esperanza y
aspiraciones:
244
Hijo mío, deseo y quiero que estudies y te saques una carrera y tengas un futuro,
que seas un trabajador y seas un hombre de bien. Te deseo todo lo mejor para ti.
Te amo (T01.)

Hija mía, deseo que tengas una vida muy feliz y que hagas todo lo bueno de esta
vida y que seas buena persona y yo quisiera que estudies y seas alguien muy
importante. Pero sobre todo que hagas lo que a ti te haga feliz y te guste, quieras y
disfrutes mucho y tengas todo lo que deseas. Te quiero mucho, tu mami (T02).

Te deseo que tengas un futuro próspero y feliz y que cumplas todas tus metas, tus
propósitos y que tus sueños se hagan realidad, que Dios te bendiga, te guarde y te
prospere en todo lo que hagas (T03).

Hijo mío, deseo y quisiera que fueras muy buen trabajador y que seas bueno y te
lleves bien con todo el mundo, que persiguieras tus sueños y vajas por buen
camino, que lo que quieras ser de mayor que te esfuerzas y la consigas. Te quiero
y te deseo todo lo mejor (T03).

El proyecto didáctico Te cuento tu historia, fue la ocasión para reelaborar aquellos


momentos privados que se hacían públicos y compartidos, toda la familia se veía
representada. Las palabras revocaban un recuerdo, una emoción, una imagen y describían
una mujer que habla a su hijo o hija con ternura, amor y esperanza. Con esta exposición
se exploraba un pensamiento narrativo, que ponía en relación eventos, experiencias
pasadas y presentes. Los hechos se describían y contaban, se interpretaban a la luz de las
intenciones y de las expectativas de las mujeres protagonistas, se conferían aquellos
sentidos según el repertorio social y cultural, codificados por la pertenencia a un colectivo
determinado, y se trasmitían a las demás.

La exposición pública de Te Cuento tu Historia, fruto de la ilusión, el activismo y el


trabajo conjunto de las madres de cultura gitana y la comunidad escolar, servía para que
el vecindario de El Cabanyal tuviera un primer acercamiento al proyecto de Las
Tejedoras. Mujeres valientes, que empezaban un proceso de Empoderamiento, que
querían unir sus fuerzas, para sentar las bases de un proceso de transformación
desempeñando un papel relevante en la participación activa de la vida social.

Durante la fase de Evaluación Externa se pidió evaluar el impacto del proyecto,


recompilando la información sobre la congruencia de las estrategias adoptadas y las
245
necesidades registradas por la comunidad escolar. Una de las profesoras de la escuela
primaria describe así el proceso de cambio y transformación social en curso:

Las mujeres del grupo de Las Tejedoras son madres que han sido ex alumnas y
que han dado un paso importante gracias a este proyecto. Ellas valoran el sistema
educativo en manera diferente a otra generación de madres. Y hay perspectivas
diferentes y de superación. Cuando los niños y las niñas ven a sus madres que
trabajan en el cole, están muy ilusionados. Describen a los demás las cosas que
hacen las madres, donde han ido, sea una excursión, un evento o un seminario
en la universidad. Y los niños y las niñas saben que hay otras oportunidades. Sus
madres están abriendo una ventana, ellas y ellos abrirán unas puertas. Estos pasos
que están dando estas madres tienen mucho valor (E. E. 01).

La imagen de las madres que participan en la vida escolar, que aportan su conocimiento y
experiencia, es esencial para la misma relación entre los niños, las niñas y la escuela, este
concepto está así descrito por parte de la profesora:

Que participen las madres y los padres es muy importante para los hijos y las
hijas y para todo el centro. En el proyecto hay una comunicación muy fluida y se
trabaja el mismo tema entre las mamás, las profesoras, el alumnado, cosa que ha
enriquecido mucho el trabajo de clase. Porque las madres están implicadas y con
las madres también las familias (E. E. 01).

El proceso de aprendizaje se comparte en un intercambio de estímulos en beneficio de


todas las personas:

Los niños y las niñas ven que sus madres tienen una constancia, cohesión entre
ellas y dedican tiempo al trabajo del ganchillo y al proyecto en el que están
involucradas. Ven que las mamás compaginan el tiempo de las obligaciones
familiares con el oficio que están aprendiendo. Todo esto es importante para la
formación de una serie de valores. El centro se abre a las familias: esto permite a
los niños y a las niñas recibir mucha más información y se crea un contexto
comprometido. Esta participación es como una vitamina para los niños y las
niñas, para el cole y para las familias también, en fin para toda la comunidad (E.
E. 01).

Es importante recordar la fase extremadamente delicada que vivía el barrio de El Cabanyal


cuando empezó esta Investigación Acción Participativa. El distrito surgía lentamente y
con dificultad, después de más de veinte años de políticas de destrucción urbana y de

246
ataques al tejido social. Un vecino describía así la situación:

El Cabanyal vive un momento de cambio, la acción de ataque se ha parado y el


PEPRI ha sido declarado ilegal, pero ahora comienza la parte más difícil; tenemos
que rehabilitar el vecindario, hay dinero, pero hay leyes y regulaciones que
dificultan este cambio; hay muchas lagunas legales que bloquean la
rehabilitación de El Cabanyal. En cuanto a la educación y el trabajo, los políticos
anteriores han hecho muchas leyes y reformas que han complicado mucho el
marco legislativo así que no es fácil reorganizar todo en unos pocos meses.
Vivimos en un punto muerto, primero debemos implementar la situación legal
para poder comenzar la verdadera rehabilitación del barrio. Todavía es una
situación muy confusa y difícil. Hay muchos fondos para la rehabilitación de El
Cabanyal pero también muchos obstáculos para el uso de este dinero (R.01).

La misma escuela estaba entre lo viejo y lo nuevo. Sin embargo, había comenzado un
recorrido para repensar la distancia existente entre las personas, como una oportunidad de
aprendizaje, para trabajar y mejorar las relaciones entre familias de cultura diferentes, y
había incluido la gestión del conflicto en las prácticas educativas. Este trabajo necesitaba
un espacio de resonancia, era necesario crear intercambios con aquella sociedad civil que
se movilizaba en el barrio, y era importante hablar y actuar para una educación con
función social. Una educación que sale del aula, capaz de escucha y diálogo, evitando la
auto-referencia y privilegiando la circularidad de los saberes y de los conocimientos.

Uno de sus logros más importantes, de la interconexión entre la Investigación científica,


el proyecto de Innovación socio-cultural y la escuela ha sido, la elección de las mujeres
del grupo de Las Tejedoras en el consejo escolar, considerado un resultado fundamental e
inesperado, por parte los evaluadores externos:

Que las mujeres gitanas estén en el Consejo escolar ayuda mucho, porque hace
que entiendan cómo se organiza la escuela y vean que la escuela no es una
planificación destinada a desarmarles, o deshacerlos, sino que es un intento de
aproximar la educación a toda la gente de un barrio o de una ciudad. Estando en
un consejo escolar esto lo notas. Cualquier familia que lleva sus hijos a la
escuela tiene una visión de la escuela como una estructura y quien se implica
suele ver la diferencia. En este caso es más importante, porque ellos viven en
unos grupos que no tienen relación con el poder establecido, no tienen ninguna
confianza con las direcciones educativas. Es muy importante que estas mujeres de
etnia gitana hayan dado el paso; en el Consejo escolar es donde se entra en
contacto con los criterios que mueven la escuela realmente (E.E.02).
247
La elección de las mujeres de cultura gitana les permitía comprender aún más y desde
dentro, como es el mundo de la escuela, y la organización de la comunidad escolar.
Además podían percibirse como personas que reflexionan, buscan soluciones y actúan de
manera conjunta. El mundo de la educación redescubre así su capacidad de elaborar
instrumentos al servicio de la comunidad, produciendo aquellas condiciones que ponen
las potencialidades humanas al centro de los procesos de trasformación social.
En la fase de evaluación externa así se explicaba una de las agentes sociales
entrevistadas:

Ha sido una muy buena idea aquella de desarrollar el proyecto de Las Tejedoras y
Las Coristas en un cole; para dotarlo de estabilidad, de credibilidad al resto de
personas. Si tú te reúnes en una escuela significa que toda la comunidad educativa
aprueba este proyecto y apuesta por él dotándolo de prestigio. El hecho que
las mujeres gitanas estén en el consejo escolar, que se reactive la asociación de
madres y padres, es un elemento de participación y de renovación para todo el
barrio. El progreso de los niños y de las niñas forma parte también de su
responsabilidad (E.E. 03).

La comunidad escolar abierta a los diferentes actores sociales, redefinía su propio rol y al
mismo tiempo compartía sus espacios al fluir de la vida del barrio:

El hecho de que se haya vinculado el proyecto a la escuela y que el lugar de


reunión sea el colegio, es muy importante porque la escuela es una institución
con un gran reconocimiento social, es un elemento permanente, un elemento que
tiene en sí un valor social significativo y tiene un potencial multiplicador. Eso es
muy importante, porque todo lo que se hace para las niñas y los niños se multiplica,
porque estas niñas y estos niños crecen y luego extienden esto conocimiento y
este saber. Yo creo que es fundamental, el hecho de estar enraizado en la escuela,
las hace más potentes y hace que el efecto se pueda extender. Lo sustancial de
este proyecto es que no se quede como una experiencia piloto singular y que no se
pierda (E.E. 03).

La verdad es que nunca pensé ni por un instante que este proyecto se colara en el
centro por un pequeño hueco y se convirtiera en un gran pilar de la comunidad
educativa. En un primer momento pensé que era una gran oportunidad para que
las madres estuvieran más implicadas en el proceso de enseñanza aprendizaje de
sus hijos. Desde hacía década los profesores dábamos por supuesto que las
familias de etnia gitana no participaban i/o se despreocupaban. El profesorado
siempre se ha quejado de la falta de implicación de las familias, y se quedaba en
eso en una queja (E.E. 01).

248
A través de la propuesta de co-participación activa en la vida social, todas las mujeres
participantes llegan a una visión muy diferente de lo que está presente en el barrio y de lo
que se puede lograr superando la segregación según la clase, la raza, el género, la edad.
Se trabaja por el interés colectivo, según un modelo donde todas las personas son
miembros responsables de la comunidad y tienen un papel real en el desarrollo y el
mantenimiento de una cultura democrática.

6.8 La evaluación externa

El modelo propuesto en este estudio se basa en un proceso de Empoderamiento que


brinda una oportunidad para la expresión, la creatividad y la autodeterminación. Este
objetivo estaba estrictamente vinculado a la posibilidad de promover algunos cambios
estructurales, para mejorar la convivencia entre las personas, explorando los potenciales
individuales y colectivos, considerados imprescindibles para resolver algunos de los
problemas de convivencia pacífica, identificados en el barrio.

A través de esta Investigación Acción Participativa y del proyecto puesto en marcha, las
mujeres son, ellas mismas, promotoras del cambio, la transformación de la esfera personal
aborda la trasformación del entorno. Por esa razón era fundamental hacer públicos los
resultados obtenidos, y después de una fase de evaluación interna con los dos grupos de
participantes, fue interesante contar con agentes externos para evaluar el impacto social
que tuvo el proyecto.

Esta sección contiene una evaluación con respecto a los temas centrales de esta
Investigación Acción Participativa y para responder a las preguntas de investigación. Los
cuatro evaluadores externos, dos mujeres y dos hombres, son personas que, a través del
oficio o de las condiciones personales de vida, han tenido la oportunidad de conocer el
proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas. Gracias a las evaluaciones recogidas, se
delinea que el proyecto apoyó el proceso de Empoderamiento individual de las mujeres
de cultura gitana, afectando también a la esfera de las relaciones más cercanas y con la
comunidad. Los evaluadores argumentan así este cambio:

249
Respecto al Empoderamiento de las mujeres gitanas, yo creo que ellas viven
normalmente una situación de subordinación. Al interior de sus familias no tiene
la voz cantante o esa es la imagen que nos da a los payos. No son ellas quienes
deciden las cosas, son los hombres e incluso en la escuela viven en una trayectoria
limitada. He visto que Las Tejedoras sí que se están implicando porqué esto les
está ayudando a participar en otros foros sociales donde tienen ahora mismo la
capacidad de estar, sea la escuela o algún tipo de asociación del barrio. Eso por
mi punto de vista es aún poco, es incipiente, pero también hay que reconocer
que si no se empieza andar no se llega a ninguna parte. Lo que veo es que es mucho
complicado romper estos techos de cristal porque ellas mismas no son conscientes
de sus propias capacidades, ellas no son conscientes de cuánto podrían
empoderarse. Estos trabajos de ganchillo han hecho posible que puedan hacer
cosas sin la tutela de los hombres y en un entorno que no está encerrado en su
propia etnia o grupo social (E. E. 02). Respecto al proceso de Empoderamiento de
la mujer gitana, por supuesto que el proyecto ha dado un resultado positivo, puesto
que hay un grupo de mujeres que antes solo se dedicaban a labores domésticas y
ahora están emancipadas, están buscando nuevos conocimientos, tienen
inquietudes y tienen alguien que les ayuda a resolver estas inquietudes culturales,
laborales, de formación (E.E.03).

El proyecto de Innovación Socio- Cultural y la participación activa en la investigación


han sido dos estrategias eficaces para la co-producción de conocimiento y han tenido
unas cuantas repercusiones en términos prácticos y operacionales, proporcionando
elementos útiles para el desarrollo de modelos de interacción entre culturas. Todas las
iniciativas organizadas tenían como objetivo poner las mujeres de los dos grupos, en una
situación nueva, en un contexto complejo e inspirador, para recrear relaciones, compartir
el conocimiento y las experiencias. Se partía de la dimensión de la subjetividad, para
reunir los recursos presentes en un territorio específico, y para buscar a través de la
liberación de los modelos interiorizados, la motivación necesaria para cambiar el estado
de las cosas, y socavar con los lenguajes conectados a determinadas estructura de la
relaciones de poder.

El modelo propuesto se basa en una pedagogía que tiene sus raíces en el ejemplo, en la
reflexión y en la práctica, herramientas para hacer que la relación entre generaciones y
diferentes culturas sea crítica y abierta. Los encuentros entre las mujeres participantes
han sido una oportunidad para reflexionar sobre los desequilibrios creados por las
cuestiones de la pertenencia, sobre los prejuicios y estereotipos propios y ajenos.
Finalmente el proyecto ha sido evaluado positivamente, para sus análisis sobre la realidad

250
social, los objetivos logrados y las prácticas políticas puestas en marcha. Enfocando la
atención en la dominación, la explotación, la alienación, en todas sus formas, según la
pertenencia a la clase, al género y a una específica cultura, y poniendo de relieve la
dimensión de la interseccionalidad en la condición de marginalidad y exclusión social.

En el proyecto se ha trabajado acerca un conjunto de roles, en los cuales las


mujeres del grupo de Las Coristas estaban fijadas. En general cada una se
parapeta en su rol y ve al otro también en su rol. Llevándolas a un espacio donde
se desdibujen de estos roles, se ha permitido el intercambio. Para mi ésta es una
idea acertada y muy creativa. Se ha generado un espacio donde los roles no son
cómodos o conocidos, por lo tanto cada persona tiene que jugar a construir un
nuevo rol. Las mujeres del coro no se van a ver como directora porque no lo son,
tienen que empezar a hacerlo en función de coordinar a más personas. Esto las
desarma, en alguna manera, de sus defensas normales y tienen que aprender un
nuevo papel. Esto genera un terreno donde se puede crear un espacio de encuentro
y se ha elegido crear este espacio de encuentro con las mujeres gitanas que estaban
en camino de un proceso de Empoderamiento individual. La idea me parece muy
acertada. Porque es la manera de sacar a la gente de este locus de confort que
tiene. Yo que estoy en el mundo educativo puedo decir que funciona así también,
para que los jóvenes o los niños entren en otra forma de ver el mundo o
aprendan realmente nuevas competencias, tienen que salir de los roles
establecidos en los que se pueden defender y donde van a tener siempre una línea
fija. Entonces desde el punto de vista de un intercambio cultural de integración
social, es muy interesante que la gente entre en esta dinámica (E.E. 02).

El espacio creado con este proyecto es una situación nueva que obliga a
redefinirse y a buscar un nuevo papel; en este sentido mejora la dinamización del
barrio. Todos los proyectos que impulsan a redefinirse enriquecen la persona y
las relaciones entre las comunidades. Cuando se abre la puerta a la participación,
a compartir algo creativo que se hace junto, se empieza a valorar la otra persona
(E.E.03).

Estas prácticas hacen ver las cosas de manera inusual, para que tú te veas
forzado a trabajar fuera de tus estructuras o caminos mentales establecidos.
Dinámicas inusuales y muy exigentes, para que la persona salga de su zona
trabajada y de confianza. La propuesta que se lleva va en esta dirección porque
hace que la gente salga de su rol habitual (E.E.02).
El principio clave es la atención hacia el individuo que contribuye activamente, a través
de la participación en la vida pública, a implementar líneas estratégicas de desarrollo
comunitario. Con estas palabras se celebraban las novedades introducidas con el
proyecto:

251
Las mujeres gitanas están participando en muchos foros como es el Consejo
escolar del colegio y del instituto, las charlas, los seminarios y eso es muy
importante. Respecto a la interacción entre la población paya y gitana creo que
haber incluido en el proyecto a mujeres de culturas diferentes, representantes de
la asociación de los vecinos y otros colectivos, así como el profesorado, es muy
interesante porque se valora la experiencia de cambio de las mujeres de cultura
gitana y reduce también el conflicto social (E.E.03).

El paso de mirar fuera y presentarte a la sociedad es bastante complicado, pero es


también un paso para superar los estereotipos. Presentarse como un grupo de
mujeres que está haciendo un camino de Empoderamiento individual es muy
importante porqué es una respuesta también a las formas de racismo que existen
hacia este colectivo. Entre comunidades se nota un acercamiento que se tendrá
que consolidar (E.E.04).

El inicio del proceso de Empoderamiento de las mujeres de cultura gitana es una base
para una co-participación directa y efectiva y para la movilización en la vida de la
comunidad, que promueve el desarrollo de una conciencia personal y colectiva y
deshabilita parte de los prejuicios.

Las Tejedoras y Las Coristas no solo es un grupo de mujeres, son una asociación
que da pasos hacia adelante rompiendo estereotipos, saltando charcos o
rodeando piedras, porque el camino no es fácil, pero estamos seguras que no nos
hemos equivocado de camino, el camino es este (E.E. 01).

Hacer que los cambios sean de dominio público, ha sido uno de los puntos claves del
proyecto, proyectando hacia el exterior los avances producidos. Así se describe por parte
de las evaluadoras externas el proceso impulsado:

Si hay una manera de romper estereotipos va en este sentido, así como planteado
en este proyecto; desdibujando los roles sociales. Los estereotipos son muy fuertes,
son como una economía social. Las personas los tienen porque cuando salen de
su comunidad de referencia, se defienden bien con ellos. Te enfrentas a una
situación desconocida y los estereotipos te salvaguardan sin un gran gasto de
energía. No tienes que conocer a todo el mundo, sabes que este grupo de gente
actúa así y tú te defiendes. Para romper eso, necesitas crear situaciones donde te
veas en un papel que no estaba previsto. Es una situación nueva donde los
estereotipos pueden caer y te das cuenta que no responden a la realidad. Yo les
veo como una defensa, para no tener interacciones no deseadas (E.E. 02).

El proyecto está dotando a todas las mujeres de una herramienta nueva que hasta
252
ahora no conocían. Es súper importante, que haya personas de la comunidad
gitana que se vean como agente de cambio. Este es un paso necesario para que la
comunidad paya entienda lo que está pasando y que no todos los gitanos son
iguales, que hay cambios, que la sociedad pide esta integración y que haya una
convivencia pacífica en el barrio, debe partir de todos, no debe ser una exigencia
del grupo mayoritario contra el grupo minoritario. Sino que debe ser una mezcla
de las dos partes. Tiene que ser una experiencia los dos lados y que haya
representantes por partes de vecinos payos y gitanos (E.E.03).

Veo que se coincide y se ha logrado cierta empatía entre mujeres de culturas


diferentes. Se hablan, hay un primero contacto. Sí que todo esto puede haber un
camino abierto, si se llega a intercambiar más, si habrá más mujeres del grupo
de Las Coristas que hacen cosas con las mujeres de Las Tejedoras y viceversa,
entonces sí que se podría avanzar. Que las mujeres gitanas participen en el
Consejo escolar es un gran avance. Es muy positivo, porque su visión es
defensiva, ellas trabajan desde mi punto de vista desde la empatía vecinal, esto sí
que lo hacen, ellos si no pertenecen a ningún grupo social conflictivo, si no están
en grupos de riesgo social per los motivos que sean, son empáticas con los
vecinos. Tienen sus costumbres y te pueden aparecer encima de los techos, o lo
que sea, pero sí que es cierto que buscan la relación. Esto se produce de la misma
manera en el colegio también y en las estructuras educativas. Si tu empatizas con
ellas, ellas empatizan contigo, siempre desde un respecto y desde una estructura
muy fuerte y unos parámetros culturales también muy claros y muy a la defensiva
(E.E. 02).

Las mujeres gitanas están muy ilusionadas y esto es muy importante y me parece
que las actividades que están haciendo son muy constructivas y además permiten
vincularlas a otros ámbitos de la vida, no solo hacer ganchillo. Lo hacen en la
escuela donde están los hijos entonces se vinculan con su educación, se vinculan
con la asociación de padres y estas cosas me parecen muy interesantes. Los niños
pueden ver a las mamás trabajando y es un apoyo muy fuerte a su educación. Es
muy revelador que las mamas estén en el consejo escolar, porque se tiene la idea
que los gitanos no confían en las estructuras y en los grupos que son de payos o
que perciben lejos de su mundo. Dar este paso es una cosa muy positiva (E.E.
04).

Si la evaluación externa, por una parte, sirvió para observar las formas de interacción
entre personas de diferentes comunidades con una mirada más consciente, por la otra,
permitió la expresión de algunas dudas sobre las estrategias en curso y sobre el futuro del
proyecto, así expresadas:

Yo creo que es otro paso muy importante, que el proyecto está abriendo caminos
y ahora es necesario que estos pasos se consoliden. Para que esto pase es necesario
que las escuelas faciliten estos pasos, haciendo reuniones entre padres y madres
de distintos grupos. El colegio puede aportar muchas cosas imprescindibles: el
253
contacto, la manera de ver el mundo, un lenguaje común, valores en común,
dinámicas. Pero la vida está también fuera del cole y se fuera del muro de la
escuela no prospera este intercambio todo se deshace, así creo que iniciativas
como el proyecto hace que todo pueda encajarse y esto es muy positivo (E.E.
02).

La duda que a mí me queda es, con lo que cuesta poner en marcha proyectos y lo
importante que es este proyecto, aunque sea muy pequeño, si tendrá continuidad
en el futuro. Me pregunto cómo se puede dotar de una estructura que le dé
estabilidad y que sean además las propias mujeres que están participando quienes
busquen la estabilidad. Esto me parece importante. Una de las acciones que se
ha hecho es convertirlo en asociación, crear una entidad jurídica, pero hay que
buscar más formas que permitan al proyecto seguir adelante. El hecho que esté
en la escuela es en este sentido muy fundamental. Que ellas tomen conciencia
que esto no lo pueden dejar perder y que se unan más mujeres. Otra duda que
tengo es que el grupo no se haya hecho muy endogámico, la pregunta es si admiten
la participación de más mujeres y si están abiertas a que más mujeres entren. El
grupo es muy familiar que es un factor importante, que genera también unos lazos
emocionales y de unión, pero a lo mejor evita que otras mujeres se involucren
(E.E. 03).

Tengo una duda con el tema económico me pregunto si el proyecto es sostenible y


podrá generar un ingreso para ellas, aunque sé que esto es lo más complejo.
Sería muy interesante que sea su trabajo también, pero esto es igual un objetivo a
largo plazo. Visto de afuera lo que más me preocupa es el tema económico, que
es también el tema que preocupa a mis vecinos, de cómo subsistir. El gran paso
sería llegar a esta autosuficiencia económica. La duda es si el proyecto puede
llegar a este punto con el tema del ganchillo o sería importante añadir otras
actividades complementarias. El ganchillo sin duda es una actividad que le permite
socializar mucho, podrían empezar otras actividades que sean más comerciales,
más de subsistencia. El problema de fondo que marca la vida del colectivo
gitano es la pobreza junto a lo del racismo, los estereotipos, la exclusión, son
cosas que se arrastran de muchas generaciones. La condición de pobreza no ayuda
y además los gitanos se ven de malos ojos, como ladrones por ejemplo. El tema
del trabajo es muy importante, de hecho los gitanos que están más integrados
tienen un trabajo y una vida laboral normalizada, un empleo fijo e ingresos (E.E.
004).
Ahora creo que hay que dar un paso más pero la administración debe apostar por
este proyecto para consolidarlo, para que no se quede estancado, para que ilusione,
para que implique a más mujeres … Yo confió la tela de araña , la red de mujeres
está preparada para avanzar (E.E. 01).

Se preanuncian algunos de los límites del proyecto de Innovación sociocultural de Las


Tejedoras y Las Coristas, que se analizarán en profundidad en los próximos capítulos. Si
algunos de ellos son estrictamente debidos a la escasez de los recursos y el tiempo
254
disponible para la estructuración de una tesis doctoral, otros invitan a una más profunda
reflexión sobre las interacciones que se han establecido. Dada la definición del enfoque
pedagógico de este estudio, trataremos de analizar los límites y los errores cometidos,
como un recurso para traer nuevos conocimientos. Pero también para ampliar el discurso
sobre la potencialidad de la diferencia presente en un determinado territorio, no solo a
nivel inter-grupal sino también intra-grupal, recurso fundamental para el desarrollo
comunitario sostenible.

255
Recapitulando

El impacto del proyecto de Innovación Sociocultural Las Tejedoras y Las Coristas resalta
la relación entre metas, necesidades, estrategias y procesos. Los resultados permitieron
repensar la categoría del encuentro, superando la lógica de la inclusión cuando esta se
basa en condicionamientos y formas sutiles de dominación. Las iniciativas de políticas
inclusivas, dirigidas a grupos considerados marginales, están estructuradas para promover
el consenso social con contención del malestar de una parte de la población, alimentando
por otra parte, el sistema de estereotipos y prejuicios.

Los cursos ofrecidos para la capacitación, están orientados a la inserción laboral pasando
por el aprendizaje de la lengua escrita, las habilidades matemáticas y tecnológicas básicas,
así como los códigos de conducta de la cultura mayoritaria. Experiencias educativas sobre
una base económica, ya que las personas que asisten están recompensadas con una
pequeña beca diaria. De hecho, existe una gran discrepancia entre la formación ofrecida
y el empleo efectivo.

Esta situación se reequilibra con el otorgamiento de ayudas sociales, con una clara
subutilización del capital humano disponible. Si, por un lado, las dificultades en la
inserción laboral, se relacionan con los factores estructurales de una crisis global, por otro
lado, el obstáculo en el proceso de inserción laboral, depende también de un proceso
histórico de segregación y racismo hacia el pueblo gitano (Macías y Redondo, 2012). El
sistema de ayudas así estructurado alimenta la estigmatización de los más pobres y de los
excluidos, porque son considerados un problema y no un recurso para la sociedad.

A través del análisis del contexto y los testimonios recogidos, se han definido las
influencias que han tenido la lógica del mercado y las políticas locales sobre el barrio. El
paisaje descrito requirió la activación de aquellos procesos capaces de superar la
fragmentación social. El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas brindó a las
protagonistas conocimientos sobre la situación actual y la posibilidad de reclamar los
derechos de implicación e integración, como condición necesaria para la realización de
una participación efectiva y eficaz.
256
Se trabaja en una perspectiva que pueda conciliar la relación entre los diferentes modelos
de vida, con un análisis de los mecanismos de exclusión social y una reflexión sobre la
complejidad de las emergencias contemporáneas. Se parte de la especificidad de cada
experiencia de vida, de cada sujeto y de cada cultura, construyendo caminos para una
renegociación social de las oportunidades, los roles y los significados, en vista de una
sociedad plural, fundada en los valores de justicia, libertad, solidaridad, sentido del bien
común y democracia participativa.

De ahí la necesidad de la formación como reconstrucción continua de la experiencia del


sujeto, con el objetivo de mejorar la sociedad (Dewey, 1951), y oportunidad para la
estructuración de nuevas formas de ciudadanía. El conjunto de saberes adquiridos
redefine los límites del conocimiento codificado. Se renueva la relación entre práctica y
teoría, se entiende la imposibilidad de aislar los distintos fenómenos sociales (Morin,
1989), y se supera la idea de que el individuo es un mero objeto de estudio.

Las experiencias de las personas se ubican en el centro del campo científico, el nuevo
aparato conceptual se construye en conjunto, para interpretar y actuar en el mundo,
mejorar el desarrollo de la ciencia, enriquecer la teoría social y reconocer a todos los
individuos su capacidad de investigar para transformar el estado de las cosas.

Ricapitolando

L'impatto del progetto di Innovazione socio-culturale de Las Tejedoras y Las Coristas


evidenzia la relazione tra obiettivi, bisogni, strategie e processi. I risultati hanno
permesso ripensare la categoria dell'incontro, superando la logica dell'inclusione, quando
si basa sul condizionamento e sulle forme più sottili di dominazione. Le iniziative di
politica inclusiva, rivolte a gruppi considerati marginali, sono strutturate per favorire il
consenso sociale, con il contenimento del disagio di una parte della popolazione,
alimentando il sistema di stereotipi e pregiudizi.

257
I corsi di formazione offerti, sono orientati all'inserimento lavorativo attraverso
l'apprendimento della lingua scritta, le competenze matematiche e tecnologiche di base,
nonché i codici di condotta della cultura maggioritaria. Esperienze educative su base
economica, poiché le persone che frequentano tali corsi, sono ricompensate con una
piccola borsa di studio giornaliera. Di fatto esiste una grande discrepanza tra la
formazione offerta e la percentuale di occupazione di queste persone.

Questa situazione è riequilibrata con la concessione di aiuti economici, con una chiara
sotto utilizzazione del capitale umano disponibile. Se da un lato le difficoltà
nell'inserimento lavorativo sono legate ai fattori strutturali di una crisi globale, dall'altro,
l'ostacolo nel processo di inserimento lavorativo, dipende da un processo storico di
segregazione e razzismo nei confronti del popolo gitano (Macías e Redondo, 2012). Il
sistema di welfare così strutturato, alimenta la stigmatizzazione dei più poveri e degli
esclusi, perché sono considerati un problema e non una risorsa per la società.

Attraverso l'analisi del contesto e delle testimonianze raccolte, si è definito come la logica
del mercato e le politiche locali abbiano influenzato le dinamiche all’interno del
quartiere. Il paesaggio descritto ha richiesto l'attivazione di processi in grado di superare
la frammentazione sociale. Il progetto di Las Tejedoras y Las Coristas ha supportato le
protagoniste nel processo di conoscenza della situazione attuale e individuato nei diritti di
implicazione e integrazione, la condizione necessaria per la realizzazione di una
partecipazione efficace ed effettiva.

Si lavora su una prospettiva che possa riconciliare la relazione tra i diversi modelli di
vita, con un'analisi sui meccanismi di esclusione sociale e una riflessione sulla
complessità delle sfide contemporanee. La specificità di ogni esperienza di vita, ogni
soggetto e ogni cultura, è considerata la base per la costruzione di percorsi per la
rinegoziazione sociale delle opportunità, dei ruoli e dei significati, in vista di una società
plurale, fondata sui valori di giustizia, libertà, solidarietà, senso del bene comune e
democrazia partecipativa.

Da qui la necessità di una formazione come ricostruzione continua dell'esperienza del


258
soggetto, con l'obiettivo di migliorare la società (Dewey, 1951), e come opportunità per
la strutturazione di nuove forme di cittadinanza. L'insieme delle conoscenze acquisite
ridefinisce i limiti della conoscenza codificata. Il rapporto tra pratica e teoria si rinnova,
si comprende l'impossibilità di isolare i diversi fenomeni sociali (Morin, 1989), e l'idea
che l'individuo sia un mero oggetto di studio è superata.

Le esperienze delle persone si portano al centro del campo scientifico, il nuovo apparato
concettuale è costruito insieme, per interpretare e agire nel mondo, migliorare lo sviluppo
della scienza, arricchire la teoria sociale e riconoscere a tutti gli individui la loro capacità
di investigare per trasformare lo stato delle cose.

259
260
Capítulo 7

Análisis de los resultados

7.1 El diálogo entre Innovación Social y Pedagogía

Presentamos ahora el análisis de los resultados de la presente Investigación Acción


Participativa y Transformadora, que establece un diálogo entre las prácticas de
Innovación Social y la Pedagogía Social. El vínculo se refleja en el hacer pedagógico de
la escuela, como un espacio que ha acogido y ha permitido la realización de este estudio,
una investigación en pedagogía que ha buscado alcanzar resultados compartidos con los
diferentes actores sociales para la formación a la ciudadanía plural y solidaria. En este
sentido, si bien no se aspira a la construcción de teorías generalizables, se puede
considerar la reflexión pedagógica como referente para la acción social (Pring, 2000).

El proyecto de Innovación Socio- cultural de Las Tejedoras y Las Coristas ha tenido un


carácter múltiple entre la intervención comunitaria y la investigación socio-pedagógica.
Se trata de un ciclo de reflexión y acción, que ha involucrado a las participantes en la
observación, el análisis del contexto, la planificación, la intervención específica, la
evaluación y la difusión de los resultados, para estructurar una teoría práctica acerca de la
situación local (Mortari, 2007). El espacio de movilización es el centro escolar público
local, que acoge al alumnado con su experiencia y su realidad subjetiva, las familias y los
movimientos civiles que actúan en el barrio.

Un lugar donde la reflexión pedagógica se vuelve real, buscando las fórmulas para no
reproducir la estructura social existente (Smith, Ryoo y McLaren, 2009). El debate se
261
centra en una disciplina pedagógica, capaz de hacer frente a la formación de las personas,
con respecto a los problemas contemporáneos, como aquellos de la vulnerabilidad y de la
exclusión, mejorando el capital social basado en la participación e implicación en la vida
democrática. Una pedagogía que se refiere a la producción y coproducción de
conocimiento (Gore, 1996), en estrecha relación con el entorno en el que se vive.

El contexto de vida, con las nuevas formas de segregación y expulsión, tiene un potencial
educativo muy fuerte y es educativo en sí mismo, por las características de contradicción,
dinamismo y pluralidad que presenta. Por un lado la pedagogía, para la formación política
de la ciudadanía, recupera los recursos presentes en un territorio, explorando y
descubriendo otras fronteras de la educación, con un doble valor empírico y conceptual.
Por el otro, la Innovación Social pone a disposición las estrategias más creativas y las
prácticas colectivas, para satisfacer las necesidades sociales de un barrio concreto. Los
valores compartidos entre Pedagogía e Innovación Social, apuntan a formar una
ciudadanía activa en reflexionar sobre la realidad y en reclamar sus derechos.

En este estudio se quiso evaluar cómo las propuestas y las prácticas innovadoras, pueden
interactuar con una teoría pedagógica, que tiene la ambición de repensar la relación entre
comunidad, escuela y contexto social. El objetivo no era solo hacer uso de las
herramientas de la Innovación Social, que se estructuran en el aquí y ahora, sino retomar,
en una dimensión educativa, las creencias que la motivan, los valores, las esperanzas y
las suposiciones que la caracterizan (Evers y Ewert, 2015).

Los estudios de Innovación Social se desarrollan en la primera década del siglo XXI.
Publicada en la estrategia Europa 2020 como una alternativa al paradigma dominante, la
Innovación Social ha sido definida por Mulgan (2012), como el conjunto de actividades y
servicios innovadores con metas y resoluciones que abordan los problemas sociales. La
Innovación Social surge de las interacciones complejas entre individuos, organizaciones
y contextos operacionales, así como de la investigación académica. La Innovación Social
aspira al desarrollo comunitario (Phills, Deiglmeier y Miller, 2008), para encontrar la
mejor solución a las necesidades básicas y mejorar las relaciones entre las personas
(Moulaert, 2010).
262
El trabajo sobre la condición de segregación entre colectivos, asume el desarrollo de la
conciencia crítica, como un objetivo formativo, para reestructurar los roles que ocupan
los diversos agentes en la realidad social. Se abren nuevos espacios de interacción no solo
entre las comunidades y las culturas, sino también entre diferentes epistemologías. Con el
proyecto Las Tejedoras y Las Coristas se quería incidir sobre la discusión acerca de las
políticas de inclusión. Introduciendo aquellas perspectivas pedagógicas, dirigidas a la
formación de un pensamiento crítico, y a entender la co-participación en el espacio
público, como estrategia para redescubrir la riqueza de la heterogeneidad. Es, pues, un
proceso de conocimiento de los hechos sociales y de sus estructuras, finalmente
reflexionar sobre la realidad circundante para transformarla (Fals Borda, 1978). Con este
estudio se intentaba intensificar la capacidad de análisis de los individuos (Mortari,
2007), para descubrir las diferentes formas de poder, la condición de opresión y la falta
de oportunidades, que caracterizan la vida de las personas pertenecientes a los grupos
marginados.

Mientras que, por un lado, los impulsos globalizadores intentan homogeneizar el


pensamiento y los sentimientos de las personas, el propósito transformador de esta
Investigación Acción Participativa, estaba dirigido a identificar aquellas estrategias
emancipadoras para el cambio social positivo. Partiendo de un nivel individual de
autorreflexión y Empoderamiento, se quería sostener la oportunidad del encuentro con
otros pensamientos y entre disciplinas. El compromiso de un grupo de ciudadanas,
dispuestas a actuar en conjunto, en favor del bien de toda la comunidad, ha ofrecido un
indicio de que todos los miembros pueden colaborar y socavar la condición de
segregación entre colectivos.

La ambición de esta Investigación Acción Participativa ha sido estructurar un modelo de


desarrollo comunitario, basado en el diálogo entre Innovación Social y Pedagogía, con el
objetivo de movilizar los recursos humanos, impulsando un conjunto de estrategias
creativas, no solo para resolver un problema complejo, sino para activar un proceso de
formación política (Evers y Ewert, 2015). La implementación en el centro escolar ha
amplificado el efecto formativo de la relación entre Innovación Social y la Pedagogía
Social. En concreto, se quería crear una fórmula específica para orientar los conflictos
263
sociales en el barrio, implicando directamente a los individuos, los grupos y los agentes
locales y contribuir a la reflexión sobre la planificación de una política social para superar
la lógica de la inclusión y apostar por la co-participación eficiente. Este estudio se centra
en la sinergia de acciones que parten de los movimientos y de la base social, abordan la
escuela como campo de acción, y vuelven a la sociedad civil.

La escuela se abre al contexto local para participar en una experiencia directa e implicarse
en procesos sociales reales (Trilla, 1997, 1999). Lo hace a través de la participación
significativa de las familias y a la estrecha relación que establece con los diferentes
grupos sociales. Cuando la comunidad local con sus problemas, estrategias y propuestas
ingresa en la escuela, se enfatiza el valor de la iniciativa nacida desde abajo y del mismo
espacio institucional. El tema de los movimientos de base como fuerzas para producir un
cambio real, se convierte en un reto del curriculum escolar (Apple, 2004, 2012),
ejemplo de aprendizaje cooperativo, gestión compartida de los recursos y evaluación
como práctica de mejora. Comunidad local y escuela interactúan para la exaltación
de los valores democráticos (Dewey, 1995).

Los problemas no dependen estrictamente de la coexistencia de comunidades de culturas


diferentes, sino de una cultura patogénica y de estructuras sociales, que los consideran
como tales. Si las políticas actuales de inclusión, tratan de limitar la exclusión social,
ofreciendo soluciones parciales y paliativas, en esta Investigación Acción Participativa
las prácticas innovadoras y creativas y las especulaciones de la pedagogía social, tienen
como objetivo reflexionar y aprender de un problema, activando un proceso de
emancipación de todo el vecindario del barrio. Por lo tanto, la intervención no solo se
dirige a la parte de la población local que se considera como un sujeto que debe integrarse
en el sistema, sino también al grupo mayoritario, que impone los códigos de conducta.
La co-participación entre comunidades diferentes ha sido necesaria para el éxito del
proyecto, en cuanto ha permitido dirigir la atención a las cuestiones del poder
(Humphries, 1997, 2017), a la reflexión sobre la falta de oportunidades para algunos
grupos sociales, a la desigual distribución de la riqueza y a las barreras impuestas por los
estereotipos.

264
El estudio permitió explorar la inadecuación de la representación del otro y de la otra,
cuando se basa en prejuicios, y se evalúa la experiencia del encuentro, como un camino
de descubrimiento, poniendo al sujeto en el centro de la escena, y no su pertenencia o su
condición social. Un sujeto capaz de pensar e interpretar la realidad de manera crítica y
de forma constructiva.

La oportunidad de un intercambio permite relaborar el discurso internalizado sobre la


mujer de cultura gitana, como complaciente de la cultura patriarcal, y estudiar las
posibilidades o los límites para la generación de alianzas entre mujeres. Se necesitaba
construir un espacio vivo y dinámico para hablar y analizar la tensión dialéctica entre las
prácticas sexistas institucionalizadas, las capacidades de crítica a la sociedad así
estructurada y el papel que cada mujer tiene dentro de ella.

Se aspira a una educación para las personas, los niños y las niñas, las familias y los
agentes sociales locales, yendo más allá de las ideas y de los significados aparentes,
tratando de encontrar lo que está oculto detrás de ciertos temas y prácticas sociales
(Andrés, 2005). Desactivando aquellas concepciones del mundo y de las relaciones
impuestas por un grupo social a otro y por el pensamiento único y dominante,
cuestionando los mecanismos patogénicos y los problemas relacionados. La dimensión
comunitaria se ha nutrido de las buenas prácticas de la educación extendida, incluyendo
procesos interdisciplinares, transformativos, originales, participativos y de evaluación
formativa.

El discurso teórico sobre la formación de la ciudadanía como desarrollo individual y


social, de conciencia crítica y autonomía, ha encontrado una realización concreta
conectada con la realidad circundante. La pedagogía se ha relacionado con la filosofía de
la práctica dirigida a la emancipación (Baldacci, 2016), y a la capacitación relacionada
con el tema de la justicia social y de los derechos democráticos. La acción pedagógica
está conectada a la sociedad y tiene en sí misma una dimensión social y política, en
cuanto impulsa a una reflexión sobre las posibilidades reales como persona y como mujer
en relación a una dimensión colectiva. Las mujeres se han convertido en constructoras de
significados compartidos, elaborando unas narrativas que no son solo relatos de lo que
265
estaba ocurriendo entre ellas y el entorno, sino producciones relacionadas a un contexto
específico, que tienen la fuerza de cuestionar, ironizar y transformar (Pujol y
Montenegro, 2013).

La pedagogía trata de desarrollar aquellas virtudes adecuadas para responder a las


diferentes necesidades sociales, liberando el potencial de los individuos y exaltando la
tensión colectiva entre lo que se dice, se piensa y se desea y lo que se puede y se debe
hacer (Gómez, 2006). Promoviendo una acción educativa como proceso hacia la libertad
y la emancipación, entendida como práctica crítica que toma la forma de la transgresión
(Foucault, 1984). Un hacer las cosas de manera diferente para mostrar que pueden y
deben ser diferentes.

Este proceso conduce a la comprensión de la pluralidad de las verdades posibles, cada


una con sus propios límites. El proceso de transgresión ilumina estos límites y permite
experimentar nuevas matices de la democracia. Es una reconfiguración de la relación
entre poder y conocimiento, una forma de experimentar el contexto a través otras formas
de hacer y ser, estar y pensar. Una reestructuración del concepto de emancipación nos
permite verlo como una forma de salir de la minoría, como una ruptura del estado de las
cosas, que permite al sujeto político hacerse visible y aparecer (Biesta, 2010). Una forma
de ser que no tenía espacio en el estado anterior de las cosas.

Es esta una dimensión de emancipación, como un proceso de subjetivación, que es en sí


mismo político, y tiene un fuerte potencial transformador, ya que permite generar nuevos
caminos de experimentación, movilización, transgresión y disenso. La formación
pedagógica emancipadora ayuda a ser como sujeto, el dueño de su propia historia, tanto
que puede reflexionar sobre sí mismo y su condición. Una formación que impulsa a
orientar la práctica hacia la libertad y la asunción consciente de la responsabilidad conjunta
(Badiou, 2012), en relación y conexión con las demás, para la construcción de un mundo
mejor.

266
7.2 El punto de partida

Las formas de uso del espacio y de los lugares donde se vive desencadenan
pensamientos, imágenes y símbolos que dan forma a las relaciones sociales. La presión
sobre el espacio y su transformación afecta a la experiencia humana y la construcción de
identidades colectivas así como el encuentro entre culturas. La estructura que se quiere
imponer a un barrio o un territorio condiciona las prácticas y las dinámicas articulando
los procesos sociales. El espacio definido como campo de acción y reacción condiciona la
vida de las personas, las emociones y los significados asociados (Marrone, 2013).

El análisis de los documentos oficiales, de las noticias de los medios de comunicación y


las redes sociales, las entrevistas y la información recogida por la observación
participante, presenta en el caso de El Cabanyal una zona de profundo conflicto territorial
y espacial. Al cambiar de forma, la ciudad también intenta modificar la interacción entre
grupos. Las restricciones, la sospecha y el miedo marcan el espacio de las interacciones
sociales (Caldeira, 2000).

El conflicto se generó en el barrio después de la aprobación de los proyectos de


transformación del distrito y el PEPRI- Plan Especial de Protección de Reforma Interior.
Ejemplos emblemáticos de un modelo urbano de desarrollo neoliberal (Castells, 1995),
que quiere deshabilitar la demanda de justicia y defensa de la identidad local. Un conflicto
relacionado con la gestión, el uso y el consumo del territorio y la oposición de actores
sociales con intereses diferentes. El proyecto global del neoliberalismo encaja en las vidas
de los individuos para definir sus gustos, percepciones y expectativas para el futuro
(Castells, 1986, 1995, 2004). A nivel local, actúa para transformar el contexto de vida y
alimenta el conflicto entre aquellos que buscan proteger el vecindario y los intereses
económicos e institucionales de aquellos que ven la posibilidad de especulación en el
territorio.

En el distrito de El Cabanyal, el PEPRI quería activar una "revolución" urbana a nivel


espacial con la extensión de la Avenida Blasco Ibáñez a través del antiguo barrio marinero,
provocando la degradación y el empeoramiento de los niveles de calidad de vida de
267
sus habitantes. El plan de reurbanización implicaba la privatización del espacio público,
el desmembramiento del tejido social y la expulsión de una parte de la población residente.
El proyecto impuso una importante reestructuración social, rediseñando dentro de las
fronteras internas un espacio cada vez más amplio de "vulnerabilidad social" (Gómez,
Gutiérrez y Ajá, 2014).

Este es el resultado de una serie de eventos, incluyendo la falta o la pérdida de puestos de


trabajo, la inestabilidad económica, las dificultades en la escolarización básica, el
debilitamiento de los vínculos y las relaciones que implican una condición de
vulnerabilidad social. Se puede definir como una situación de vida, en la que la
autonomía y la autodeterminación de los individuos se ven amenazadas permanentemente
por una inserción inestable dentro de los principales sistemas de integración social y de
distribución de los recursos. Por un lado está afectada la capacidad y la habilidad del
individuo de integrarse o reintegrarse en el mercado laboral y, por lo tanto, su capacidad
de acción en el frente económico, por el otro lado, se subraya la importancia primordial
de la necesitad de sociabilidad y de la participación dentro del sistema relacional, en el
cual el individuo reproduce su existencia tanto a nivel emocional como social (Castel,
2014, 2015, 2016).

La persona vulnerable se encuentra en un área donde ocurren condiciones de precariedad,


fragilidad y debilidad que básicamente impiden la satisfacción total de las necesidades
básicas. Una acumulación de vulnerabilidad determina la condición de exclusión social,
un proceso en el que los puntos de referencia se extienden desde la integración a la no
integración en el mundo laboral, desde la inserción a la no inserción en el sistema
relacional, desde la participación a la no participación en la vida social. No tener un
trabajo o tener empleos inestables y bajos niveles de educación crean un ciclo de pobreza
que se traduce en la condición de exclusión social, sobre la cual también recae la exclusión
basada en el origen étnico y la pertenencia al género.

La exclusión social se refiere al concepto de desigualdad, y se entiende como una forma


de privación material y de fragilidad que incluye no solo la pobreza económica, sino
también las deficiencias de los vínculos sociales. Es por lo tanto un fenómeno producido
268
por la interacción de una pluralidad de factores de riesgo que, mediante la limitación de la
posibilidad de las personas de oponerse, pone en peligro la integridad, e impide llevar una
vida digna. La escuela puede afectar peligrosamente en este sentido, al activar un proceso
de selección de contenidos y prácticas, que imponen a unos grupos aceptar pasivamente
un currículum que no deja espacio para la reflexión y el análisis de su cultura, idioma y
tradiciones. Se activa finalmente un mecanismo de exclusión que tiene diferentes
gradaciones.

Podemos interpretar esta situación como una consecuencia de la estructura dominante de


la sociedad, de las relaciones de clase, de etnia y de género. Existen desequilibrios,
desigualdades y diferencias entre los grupos sociales, que tienen un fuerte impacto en la
capacidad de relacionarse y, en general, en la dimensión psicológica e individual. La
exclusión social implica una dificultad o la imposibilidad de que un individuo o grupo
social participe activamente en la esfera política, económica y cultural. Sus vínculos
sociales se debilitan o se rompen, así como los lazos de solidaridad. Es un fenómeno
complejo y multidimensional, que tiene efectos sobre las mismas representaciones y
visiones de los sujetos, que no se ven capaces de controlar el entorno en el que viven
(Bhalla y Lapeyre, 2016). Como evento crítico, la exclusión social tiene sus efectos
también en la esfera de la salud y psicológica.

7.2.1 Reflexiones, encuentros y aplicaciones

A través de esta Investigación Acción Participativa se ha intentado reactivar:

a) Los recursos individuales de las mujeres participantes (micro dimensión), en un


proceso de desarrollo de Empoderamiento, Emancipación y co-participación.

b) Los recursos de la comunidad escolar (meso dimensión), en un proceso de


transformación de escuela gueto a ejemplo de convivencia para todo el barrio.

c) Los recursos comunitarios (macro dimensión), a través del desarrollo de un


269
Tercer Espacio entre grupos.

Era importante dotar de una mayor agency a los sujetos de la investigación, para
comprender como los problemas no conciernen solo a los grupos marginales, sino a toda
la comunidad en su complejidad. Las mismas políticas de inclusión corren el riesgo de
generar sentimientos de rechazo si no se comparten, motivan y evalúan adecuadamente.
Afrontar la condición de vulnerabilidad y exclusión social, significa dirigir la práctica
hacia la construcción de nuevos equilibrios y vínculos relacionales, que favorezcan la
capacidad de dar respuestas eficientes al surgimiento de los eventos críticos. En este
sentido, se ha trabajado en la necesidad de superar los límites de una situación y
reflexionar sobre las intervenciones que pueden convertir los derechos en realidad.

Consideramos importante sostener la acción de los movimientos sociales y fortalecer el


tejido asociativo autónomo, como estructuras que con sus praxis pueden impulsar el
cambio en un territorio. Se consideró necesario identificar los recursos locales, para
fomentar la participación, a través de una progresiva asunción de responsabilidad civil
con la activación del capital social. Se han puesto en marcha estrategias multinivel que
podían dirigirse a mejorar las políticas de integración social en el territorio. Las personas
deben tener la oportunidad de ser escuchadas y su participación en los procesos
decisionales, es fundamental para analizar las necesidades reales y desarrollar estrategias
eficaces para toda la comunidad.

El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas, ha creado un lugar simbólico para dar voz,
que propicia el emerger de la experiencia de las participantes que se encuentran, hablan,
interactúan y buscan la intervención comunitaria, con el fin de avanzar hacia un proceso
de cohesión social. Una forma de hacerlo es escuchar desde las historias de vidas,
compartiendo en un espacio común los saberes, las necesidades y las expectativas. El
proyecto, llevado a cabo por un movimiento de base con limitados recursos, apuesta por
encontrar una salida al conflicto social presente en el barrio, que suponga una
trasformación en la vida de las mujeres involucradas y de toda la comunidad.

Un elemento distintivo ha sido la escucha activa, trabajando con los significados de las
270
experiencias personales que se han compartido y que se han puesto en juego. Se han
identificado conceptos y teorías que surgían directamente de estas experiencias, y que
forman una base para el análisis de los resultados, desvelando las estructuras que definen
la otredad, desde posiciones de poder y dominación. Las diferenciaciones son producidas
dentro de la dimensión de la opresión, como excusas para perpetrarlas, y condición difícil
de entender y transformar.

Los testimonios que se citan a continuación, son los relatos en tres específicos situaciones
en las que se tratan los discursos y las reflexiones sobre trabajo, vivienda y ciudad.
Proporcionando una crónica de los hechos, para denunciar lo que ocurre con referencia a
sentimientos, visiones y sueños, propios de la dimensión narrativa.

a) Trabajo

Un primero episodio se verificó al principio de la puesta en marcha del proyecto, cuando


una de las mujeres hablaba sobre los cursos que hacían en la asociación para encontrar
trabajo. Uno de ellos era destinado a formar cuidadoras de personas ancianas y ella me
comentaba:

Yo hago el cursillo porque me dan una pequeña beca diaria, pero ¿tú crees que
me dejarían, al ser gitana, entrar tranquilamente en una casa y cuidar de un
anciano payo? (G04).

De aquella pregunta emergían ya muchas reflexiones sobre el universo relacional que


existe entre comunidades diferentes. Semanas después me encontré en una situación,
cuya narrativa contribuye a conocer mejor “lo que ocurre” dando a conocer “lo que me
ocurrió”.

Un día invité a las mujeres del grupo de Las Tejedoras a mi casa. Bajaba a la
calle para recogerlas a la parada del autobús y el portero me saludó. Como
normalmente a aquella hora ya estaba en el trabajo, me preguntó si estaba de
vacaciones y le comenté que venían a mi casa unas amigas para almorzar juntas.
Me preguntó sobre mi investigación, como iba y que nunca me había pedido de
que se tratara. Le conté que trabajaba con mujeres de diferentes culturas en El
271
Cabanyal, y él me dijo que conocía el barrio y que no era lo mismo que antes,
porque ahora allí vivían muchos gitanos. Le respondí que exactamente mujeres
de cultura gitana iban a visitarme. El hombre me miró y me dijo que “ellas” no
podían entrar en el edificio, y que tenía que hablar con la dueña de mi piso. Las
mujeres estaban ya cerca y no quería que se sintieran rechazadas. Con mucha
rabia lo hice, llamé a la dueña explicándole la situación, y al final le dije claramente
que en mi casa, como pagaba regularmente el alquiler, tenía que ser libre de
invitar a quien quería. Finalmente se solucionó, consiguiendo que el portero
no dijera nada, pero con la obligación que tenía que acompañarlas también a
la salida hasta la parada del autobús.
(Diario de campo)

Este primer relato remite la complejidad de una condición, que se representará también
en las narraciones siguientes, explorando una experiencia humana y colectiva que resiste
a ser contada pero que necesita ser analizada en profundidad. La narración del proceso de
superación que se ha impulsado con el proyecto y que se analizará en sus diferentes
dimensiones en los párrafos siguientes, es una forma para tomar la palabra y salir de los
lugares de la exclusión impuesta. En este sentido tiene aún más fuerza en cuanto no solo
modifica a las protagonistas de esta investigación, participantes e investigadora, sino
que todo el proceso impulsa a una reflexión colectiva.

b) Vivienda

Eran los días antes de la celebración del 8 de abril, y en unas sesiones de trabajo, se
hablaba de la bandera gitana, reflexionando sobre la rueda representada y su sentido. Una
mujer decía:
Se piensa que a los gitanos les guste ir por aquí y por allá, como pasaba en la
antigüedad, yo creo que la rueda representa esta historia, pero ahora ya no es
así. A nadie le gustaría no tener una casa y un sitio donde vivir y tener que
desplazarse siempre. Pero tenemos que ser sinceras y hablar de cuanto sea
difícil para un gitano alquilar un piso. Para empezar te piden una nómina y
muchos no la tienen si trabajan saltuariamente, y también te piden una fianza que
es una barbaridad de dinero. Como están las cosas, se pueden alquilar solo los
pisos, que nadie quiere y que no se alquilarían a otras personas, como pasa en el
barrio, porque no están en condición, y se alquilan en negro, y lo payos no tienen
que pagar las tasas. La verdad es esta pero la gente no le interesa saber la verdad
(T06).

272
Cuando como doctoranda perdí la beca, al renovar el alquiler de mi piso, no tenía nómina
para aportar a la documentación, así que pedí a mi madre que ejerciese como garante, y la
dueña a parte de la fianza y del alquiler, nos pidió pagar una parte del seguro en caso de
insolvencia de alquiler. Pensé en aquellas palabras de la mujer, de unos meses antes y de
la dificultad que se puede encontrar en alquilar un piso, si tienes un trabajo precario, no
tienes una disponibilidad previa y una familia que puede apoyarte económicamente.

En el ejercicio de la construcción-deconstrucción y reconstrucción de las categorías


analíticas para comprender un fenómeno, se cruzan las representaciones de la realidad,
por parte de las participantes y de la investigadora. En la selección de las categorías,
estas, irán asumiendo las características de lo político, en cuanto se toma conciencia, por
un lado, de las posiciones hegemónicas que definen el espacio social y, por el otro, de la
necesidad de introducir un análisis interseccional, que se corporice en todo el proceso de
investigación.

c) Ciudad

Un día en el cole, una profesora me comentó que las personas de cultura gitana “no
pueden entrar” en una famosa cadena de negocios españolas. Le pedí en qué forma se
definía la prohibición del ingreso: ¿Había carteles que lo decían? ¿Las paraban a la puerta
y les decían que no podían entrar? Ella me contestó que simplemente las personas de cultura
gitana no entran porque saben que no son bienvenidas. Además lo había preguntado a
su alumnado y le habían confirmado que nunca habían estado en aquellos específicos
negocios. Reflexioné sobre cuánto me comentaba la profesora y empecé a preguntar entre
mis amistades. La mayoría me contestaba que nunca lo había pensado, pero que era
cierto, nunca habían visto personas de cul t u ra gitana en aquellos lugares. Fue así como
un día de excursión, las mujeres del grupo de Las Tejedoras y yo, decidimos entrar en uno
de estos centros y dos hombres de seguridad nos siguieron por todo el recorrido. Yo
me sentía muy incómoda, pero las mujeres me decían que era normal, como eran gitanas
esto era lo que pasaba.

273
En la marginación vivida en su propia piel, el funcionamiento de los prejuicios actúa en
un espacio donde se enfrentan la dimensión del cómo me ven las demás, cómo me veo yo,
y cómo actúo en consecuencia a la mirada de los otros. El desafío era construir otra
categoría, la de “cómo quiero que me vean”, y actuar en reivindicación de este nueva
dimensión. En concreto, en una de los encuentros públicos de presentación del proyecto,
una de las mujeres de cultura gitana se expresaba de esta forma:

Estaba en una oficina para pedir informaciones sobre una vivienda y la señora
me miraba y miraba, cuando me acerqué, me digo que estaba segura que ya me
había visto en algún lugar y que me conocía. De repente me dice, pero tú eres
unas de Las Tejedoras, te he visto a la televisión. ¡Menudo trabajo que hacéis en
el barrio! Me sentí orgullosa. Esto debería que ver la gente lo que somos realmente:
mujeres luchadoras que queremos nuestros espacios en esta vida (T03).

El hecho de hacer aflorar las categorías de análisis desde las experiencias, tiene una
connotación relacional asociada a la narrativa (Lieblich, Tuval-Mashiach y Zilber, 1998).
Se parte de aquellas historias que cuentan la situación de estigmatización y la condición
de la vulnerabilidad, intentando hacer justicia. Dos dimensiones de subjetividad se ponen
en relación, aquella de las participantes y la de la investigadora, la cual acoge y deja
espacio a la otra, pero al mismo tiempo reconoce y reconecta su propia experiencia.

7.3 El proceso de Empoderamiento: Análisis en la fase de evaluación


interna

La investigación está centrada en la participación de treinta mujeres, de cultura gitana y


no gitana, con edades entre los 22 y los 70 años. En esta investigación Acción
Participativa se ha trabajado con herramientas procedentes del feminismo, de la
Pedagogía y de la Innovación Social, impulsando un proceso de enseñanza-aprendizaje,
Empoderamiento y transformación individual y colectiva. Muchos temas interesantes
surgieron en el contexto de este estudio, algunos de los cuales serán analizados en detalle
a continuación. Otros, dadas las limitaciones impuestas por la extensión de este informe
de tesis, serán tratados superficialmente, permaneciendo disponibles para futuras
investigaciones. En esta sección del capítulo analizamos uno de los conceptos clave del

274
presente estudio: el proceso de Empoderamiento.

El Empoderamiento de las mujeres es una dimensión cada vez más importante en los
debates de las ciencias sociales, entendido como una herramienta para la transformación
de las relaciones de poder y concepto vinculado a la pluralidad y la calidad democrática
de la sociedad (Humphries, 1994, 1996, 1997). Aunque la experiencia descrita por esta
Investigación Acción Participativa corresponde a un contexto específico de un distrito de
la ciudad de Valencia, se quiere mostrar cómo el proceso de Empoderamiento activado ha
contribuido a la transformación y a la dinamización del barrio. La categoría de análisis
de género permitió identificar relaciones de poder basadas en la diferencia sexual dentro
y fuera del colectivo de pertenencia y con la construcción de la identidad. La perspectiva
inter-seccional permitió tomar en consideración todas las diferentes dimensiones de la
discriminación (Crenshaw, 2018).

El derecho a la participación activa en la sociedad como acceso a la dimensión de la


esfera pública por parte de un grupo de mujeres de cultura gitana es la reapropiación de
un rol político. En este caso, la mujer es un sujeto activo en su propio proceso de
superación. Siguiendo este camino, el proceso de Empoderamiento impulsado por el
proyecto de Innovación Social Las Tejedoras y Las Coristas se identifica como una
herramienta para abordar la condición de exclusión social y fomentar la co-participación
activa en la esfera cultural, económica, educativa, social, a nivel local. El proceso de
transformación permite hablar de cohesión social y formación de un Tercer Espacio de
encuentro, reconociéndose recíprocamente como personas pertenecientes a un territorio.

Anticipando el carácter polisémico del concepto de Empoderamiento, se prepararon las


preguntas para la evaluación interna (cuestionario con respuestas abiertas) y externa
(entrevistas en profundidad), planificando un paralelo entre el concepto de formación
ciudadana y Empoderamiento. Trabajando en la característica dinámica de las
informaciones de tipo cualitativo, se solicitó a las participantes de qué manera el proyecto
había tenido un impacto en su formación como ciudadana y a los evaluadores externos y
evaluadoras externas, de qué manera el proyecto había activado un proceso de

275
Empoderamiento.

1) En la fase de Evaluación interna; dirigida a las mujeres participantes de la cultura


gitana y no gitana, la pregunta era: ¿Consideras valioso este proyecto para tu
formación como ciudadana?

2) En la fase de Evaluación externa; dirigida a los evaluadores externos la pregunta


era: ¿Crees que a través de este proyecto se está logrando un proceso de
Empoderamiento?

Conscientes de que el fenómeno se analiza según la percepción, la interpretación y el


conocimiento previo, se trató de hacer aún más explícita esta estrategia manipuladora de
la elaboración conceptual, asignando los significados en relación al impacto registrado
con el proyecto. Se permite así establecer conexiones, extraer significados, proporcionar
conclusiones para interpretar la realidad (Spradley, 1979, 1980).

El material recopilado se utilizó para el análisis e la interpretación de la información.


Después de una primera lectura y comprensión general del texto, se pasó a una
comprensión más analítica, prestando atención a las posiciones discursivas: ¿Quién habla?
¿Desde qué posición habla? Y a las configuraciones simbólicas: ¿Cómo habla?
¿En qué forma? ¿Qué dice o quiere decir? Se trató de producir significado, sentido,
deducir y explicar lo que está en el texto, tratándolo como una ventana sobre y acerca de
la experiencia humana (Ibáñez, 1986, 2003).

El análisis se llevó a cabo a través de un proceso de codificación que permitió distinguir y


separar las diferentes partes para conocer los principios y los elementos básicos. A través
del método de la comparación constante (Glaser, 1965), cada nueva información se ha
comparado con los temas ya existentes, refinando la elección de los códigos cada vez más
específicos (Glaser y Strauss, 2017). Los códigos como etiquetas han permitido atribuir
unidad de significado para delimitar los temas específicos de la información obtenida.
Para crear los códigos, se ha utilizado una metodología mixta, lo que permitió crear un
esquema de codificación general. Algunos códigos han sido elaborados previamente y
276
provenían directamente de la teoría de referencia, otros se obtuvieron directamente del
material recogido. Los códigos han sido vinculados a conceptos más amplios y a las
categorías.

La interpretación fue elaborada a la luz de la literatura disponible y permitió dar sentido a


los elementos básicos y comprenderlos en relación con un contexto especifico (Pedraz
Marcos, Zarco Colón, Ramasco Gutiérrez y Palmar Santos, 2014). El análisis revela una
fuerte conexión entre las necesidades expresadas por las mujeres participantes y los
conceptos de formación ciudadana y Empoderamiento. Las respuestas proporcionadas
fueron codificadas de acuerdo con las dimensiones de Rowlands (1997) sobre los procesos
de Empoderamiento personal, en las relaciones cercanas y colectivas. Para las mujeres
de cultura gitana, el impulso a participar en el proyecto fue abordado por necesidades
atribuidas a la dimensión personal, tales como el deseo de buscar espacios de expresión,
reconocimiento y mejora. Para las mujeres de cultura no gitana, la motivación era conocer
a otras personas con intereses comunes y compartir experiencias culturales en el territorio
de su vecindario.

En el análisis de los resultados hay una reversión de la situación: si las mujeres de cultura
gitana descubren la dimensión comunitaria del proceso de formación ciudadana, algunas
de las mujeres de cultura no gitana admiten el crecimiento y la transformación personal
como consecuencia de la participación en el proyecto. El modelo de estrategias y prácticas
estructuradas se centró en los roles sociales y la percepción personal del poder. El rol
social asumido por cada mujer ha sido cuestionado al colocar en el centro de la atención
la percepción personal del poder y su uso, que influye de manera directa en los
pensamientos, los sentimientos y las acciones (Bussey y Bandura, 1999).

7.3.1 Empoderamiento personal

A través de un proceso de análisis centrado en el autor sobre el camino del inter-cambio


que valora la dimensión subjetiva, la historia de las experiencias, las opiniones y los
puntos de vista, se examina el impacto en la esfera personal de las estrategias
implementadas en este Investigación Acción Participativa. El proyecto de Las Tejedoras
277
y Las Coristas ha tenido, aunque con diferencias sustanciales intra e inter-grupal, un
importante impacto a nivel personal en la percepción de sí misma, en la re-evaluación de
la condición de mujer, en el aumento de las expectativas para el futuro, en la
consolidación de una red de apoyo y de una mejor condición de autonomía. Se detecta
una mayor organización y movilización de recursos personales y colectivos para diseñar
estrategias de amplio alcance (Molyneux, 1985). Estas dimensiones que contribuyen al
proceso de fortalecimiento personal, están conectadas a tres aspectos fundamentales:

a) El desarrollo de la autoestima, la confianza en sí misma y la auto-eficacia.

b) La sensación de ser capaz de actuar de forma individual y en la comunidad.

c) La adquisición de habilidades manuales y relacionales específicas.

Los dos grupos de mujeres involucradas en el proyecto tuvieron acceso a un mundo de


nuevos conocimientos que les permitió ampliar sus opciones y posibilidades de expresión
en la vida personal y pública (Batliwala, 1993, 1997). El tipo de cambio impulsado ayudó
a canalizar recursos, energías y estrategias. Algunas de ellas han experimentado la
posibilidad de tener un espacio donde conocerse mejor, reflexionar, además de dedicar
tiempo a sus propios intereses.

Los efectos de la participación en el proyecto sobre la dimensión personal han sido


particularmente explícitos en las respuestas y en las declaraciones del grupo de mujeres
de cultura gitana. Estas, conscientes de una nueva forma de autonomía y de una fuerza
colectiva que se estaba construyendo, comenzaron a controlar sus propios recursos y
establecer sus propias prioridades. La necesidad de ser reconocida y tener la oportunidad
de aprender ha fortalecido la comprensión de la relación entre conocimiento y poder. Las
estrategias activadas para llevar a cabo el proyecto, han impulsado un proceso de
Empoderamiento personal dirigido a apoyar a la persona en el redescubrimiento de sus
capacidades que a menudo están ocultas, desconocidas o disminuidas. El proceso ha sido
personalizado por las protagonistas según sus necesidades, sus posibilidades y su
personalidad. Cada mujer aceptó el desafío a su manera, llegando a ser más o menos la

278
protagonista del proceso de remodelación de la identidad personal. Cada una ha podido
reflexionar sobre sus características personales y sobre el potencial que estaba activando.

Desde el comienzo de esta investigación se ha tratado de prestar atención a las


experiencias personales de cada mujer participante, en el contexto familiar, en el trabajo
previo, en las relaciones con la comunidad. Se intentó mejorar los aspectos del saber, del
saber ser y saber hacer y la reflexión sobre el proceso de enseñanza-aprendizaje que se
estaba desarrollando. El propio proceso de autoevaluación ha sido concebido como un
camino de crecimiento individual y ha ayudado a definirse como protagonistas de su
propio proceso de superación. Entre las habilidades adquiridas, relacionadas al proceso
de Empoderamiento, se pueden destacar:

a) Las habilidades de comunicación que permitieron a las mujeres participantes


relacionarse con las demás y con el contexto, refinando el mismo sentimiento de
pertenencia al grupo.

b) Las habilidades de reflexión y autorreflexión para analizar en profundidad su


condición de mujer dentro del colectivo de referencia y con respecto al contexto
local.

c) La capacidad de resolver problemas que a su vez fortalece la capacidad de tomar


decisiones de forma autónoma, consciente y responsable.

Estas habilidades han tenido un impacto en la percepción del yo y en la proyección


exterior, construyendo las bases de sujetos capaces de comprender e interpretar los
mecanismos que las quieren sujetos pasivos.

7.3.2 Empoderamiento en las relaciones cercanas

Participar en una Investigación Acción Participativa es un proceso largo que requiere una
gran disposición por parte de todas las participantes para analizar, autoevaluarse, revisar
279
sus posiciones y, en general, para la reflexión crítica. Según Anderson (1996), es necesario
formular algunas preguntas durante las cinco fases del proyecto: la observación y el
análisis, el diseño, el desarrollo y la evaluación de los resultados, para determinar si una
estrategia puede ser considerada o no apta para el desarrollo del proceso de
Empoderamiento:

a) Si se necesita una intervención particular en relación con un problema dado.

b) Cómo la comunidad local está involucrada en definir el problema y pensar en


soluciones.

c) Pensar y reflexionar sobre las consecuencias.

En consideración a estos aspectos, el proyecto de Innovación sociocultural fue diseñado


con las mujeres, para buscar soluciones sociales específicas. El proyecto fue elaborado
como una intervención conectada al contexto local, estructurado en relación a la
disponibilidad temporal de todas las participantes y de acuerdo con las dinámicas, los
compromisos y las responsabilidades de las mujeres hacia la familia y el colectivo de
referencia.

En la dimensión de las relaciones más cercanas, según la información recompilada, solo


ha habido cambios con respecto a las mujeres de cultura gitana. Se han recogido los
testimonios de las transformaciones en curso en la organización del trabajo diario, con un
aumento de la autonomía y de la movilidad. Esto ha impuesto una cierta reorganización
interna de la familia promoviendo la participación activa de otros miembros en las
actividades domésticas, generalmente realizadas por las mujeres.

El proceso de transformación implicó que los maridos de las mujeres de cultura gitana
con el tiempo han aprendido a apoyarlas con respecto a nuevos compromisos externos.
No obstante algunas mujeres han confirmado que continúan teniendo la misma cantidad
de trabajo doméstico y el proyecto ha tenido poca influencia en el cambio de la
organización de las actividades domésticas y de las relaciones de género. Algunas
participantes destacaron los cambios en las relaciones no solo con los maridos, sino
280
también con su familia de origen y con sus hijos e hijas.

Estas transformaciones se han relacionado con las dimensiones del Empoderamiento


personal, que ha tenido un impacto importante en las dimensiones psicosociales y, en
general, en el descubrimiento y la mejora de los recursos. Cuanto más aumentaba la
confianza en sí misma, el sentido de autoeficacia y las habilidades en general, tanto más
aumentaba el reconocimiento de la familia y de la comunidad y más crecía la motivación
por ser parte activa del proyecto. Cada cambio pequeño y modesto se compartía con el
grupo y en algunos casos se hizo público en los eventos de presentación del proyecto.

7.3.3 Empoderamiento colectivo

Young (1997) propone una definición de Empoderamiento como un proceso en el cual


una persona comienza un diálogo con las demás, que le permite entender las causas de su
impotencia y ve la oportunidad de actuar colectivamente para cambiar el contexto social.
En este proceso, todas están involucradas en un camino de transformación personal y en
relación con las demás para activar una acción colectiva eficaz.

El proceso de Empoderamiento puede generar una nueva concepción de poder


relacionada con los valores de la democracia, de la participación activa y de la
responsabilidad compartida (Batliwala, 1993, 1997). La co-participación ha permitido
que las mujeres de diferentes culturas se encontraran, porque el cambio requiere unirse,
apoyarse mutuamente y romper el aislamiento individual. Se subraya la necesidad de
crear un frente unido para organizar acciones conjuntas poniendo en el centro a la persona
como bien común.

El proyecto trató de escuchar e incluir a una pluralidad de voces femeninas, diferentes


por el estatus cultural, económico, generacional, social, de educación y de orientación
sexual. El diálogo y el respeto mutuo fueron elementos fundamentales para el análisis de
las condiciones de opresión y para la lucha contra la desigualdad. En este viaje conjunto
se requiere una transformación dentro del discurso feminista enderezado a la inclusión de
281
las voces de las mujeres gitanas. La transformación que las mujeres de cultura gitana
están llevando a cabo en ámbitos como la educación, la participación ciudadana, el
trabajo y contra los prejuicios y la dominación patriarcal, revierten en beneficio de todo
el pueblo gitano (Macías y Redondo, 2012). Es así que la mujer gitana se convierte en el
motor de la transformación, junto con las mujeres feministas de diferentes culturas.

El conocimiento de las dinámicas sociales y políticas, junto al análisis de las


transformaciones históricas que involucraron al distrito de El Cabanyal, fueron la base
para comprender la realidad. La necesidad de un cambio para la cohesión social requirió
una intervención dirigida a desarrollar, por un lado, las habilidades de escucha y, por el
otro, el desarrollo de sus propios recursos. Unidas las mujeres de los dos grupos,
participaron en la vida social local.

Entre los factores que han impulsado el proceso de Empoderamiento debemos recordar el
compromiso, la responsabilidad mostrada hacia el trabajo y las relaciones de ayuda
mutua establecidas. Durante los meses de la puesta en marcha del proyecto, se formó un
espacio en el que se tejieron nuevas oportunidades de amistad, escucha empática y apoyo.
Se creó un área donde las mujeres se han sentido libres de hablar sobre sus problemas
personales y buscar las soluciones adecuadas de manera compartida. Organizarse
colectivamente para satisfacer algunas de las necesidades expresadas, fue indudablemente
importante para las consecuencias del sentido de pertenencia y cercanía. Las mujeres
protagonistas del proyecto participaron también en las actividades y eventos en
colaboración con otros colectivos y asociaciones activos a nivel local y en la ciudad.

La perspectiva de cohesión social y la superación de la condición de exclusión pasan por


la posibilidad de tener contacto con las demás, conocer y comprender las estructuras que
impiden la plena realización de cada mujer. El proceso de adquirir algunas habilidades de
comunicación permitió superar la sensación de inadecuación, fomentar las capacidades
de hablar en público y formular ideas y opiniones (Soller, 2001), ante las personas
presentes. Este aspecto ha sido funcional para la gestión interna de los dos grupos en las
fases de planificación y organización de las estrategias.

282
La construcción de una identidad colectiva (Martínez, 2006), como asociación de
mujeres, ha permitido la expresión de un poder con, de tipo generativo, que fomenta la
capacidad de conseguir con las demás lo que sola sería más difícil de lograr (Townsend,
Galipeault, Gliddon, Little, Moore y Klein, 2003). Creció la conciencia de que las
capacidades totales son más que la suma de las capacidades individuales (Rowlands,
1997). Articulando las fuerzas se puede superar la condición de paternalismo, se pueden
reclamar derechos y espacios para la participación directa a nivel local teniendo un
impacto importante sobre el nivel político, cultural e institucional.

7.4 El proceso de Empoderamiento: Análisis en la fase de evaluación


externa

El proyecto Las Tejedoras y Las Coristas se estructuró como una intervención multinivel
destinado a la mejora del bienestar personal y de la comunidad. La información
proporcionada en el proceso de evaluación interna y externa confirma que cada persona
define el proceso de Empoderamiento y de formación ciudadana de acuerdo con su
propia lógica, las dinámicas relacionales, las experiencias y el contexto de referencia
(Charlier, 2011). Mejorar el conocimiento de lo que la gente vive también en relación con
el contexto, puede desarrollar un sentido de pertenencia, el pensamiento crítico y el
compromiso social. El contexto de vida ofrece modelos sociales, elementos culturales y
valores que pueden ser estudiados y utilizados en proyectos de formación para toda la
ciudadanía (Trilla, 1997).

Los cuatro evaluadores externos han centrado su atención en los procesos de


Empoderamiento social y político (Friedmann, 1992), activados por el proyecto:

a) El poder social, se refiere a la adquisición de informaciones, conocimientos,


habilidades, recursos también financieros y el aumento de la capacidad de
participar en organizaciones sociales.

b) El poder político, se refiere a la capacidad de influir en las decisiones que pueden


283
tener un efecto sobre el futuro e influir en la agenda política a través de la acción
colectiva.

A estas dimensiones de poder social y político se asocia la estructuración de un sistema


de ambiciones, aspiraciones y motivaciones que han llevado a las mujeres a participar
activamente en la vida social del barrio y al establecimiento de relaciones entre las
diferentes comunidades. El proyecto afectó positivamente al grado de participación
individual y comunitaria. Se ha tratado de implementar soluciones prácticas y estrategias
para involucrar a las participantes en forma individual y en grupo, implicar las
comunidades y las organizaciones en un problema multidimensional, como el de la
exclusión y de la segregación social. Los cambios experimentados y los resultados
presentados por los evaluadores externos confirman este carácter multinivel de la
intervención.

Durante la evaluación externa uno de los resultados considerado más innovador e


impactante ha sido la elección de las mujeres de cultura gitana en el Consejo Escolar, que
acredita sus disponibilidad a colaborar con la comunidad escolar y trabajar junto acerca
de los proyectos curriculares del centro. La escuela como institución educativa ha
interactuado con otros agentes sociales implicados en el proyecto, proporcionando un
espacio fundamental para la estructuración de las nuevas formas de ciudadanía y
sobrepasando la concepción de la educación como conectada solo al proceso de
escolarización.

Este factor se considera muy importante ya que invierte la idea de que la comunidad
gitana no está interesada en la educación formal de sus hijas e hijos. Proporcionar las
herramientas para mejorar el conocimiento acerca de lo que las personas viven en relación
con un contexto dado, desarrolla una aproximación crítica para comprender las
características de las estructuras sociales. Como mujer de cultura gitana, ser elegida por
otras madres y padres significa ser reconocida, identificada y tener una voz en un foro
importante donde pueda ser escuchada y donde pueda expresar su opinión con respecto a
la organización de la vida escolar. El proceso de Empoderamiento que fue delineado por
el grupo de mujeres de cultura gitana a través de la participación en reuniones y eventos
284
comunitarios tuvo una influencia importante en la deconstrucción de los estereotipos
contra las mismas mujeres.

La reflexión y la práctica feminista, dirigida al Empoderamiento, han sido identificadas


como elementos importantes para el desarrollo de toda la comunidad. Se ha abierto un
espacio en el que realizar los valores de integración y complementariedad. El proyecto
brindó la oportunidad de acceder a los espacios de decisión, influir en la relación del
poder y elaborar la actuación para mejorar la calidad de vida (Anand y Sen, 2000).

Un elemento subrayado repetidamente durante la fase de evaluación externa fue el aspecto


económico como un factor que podría afectar a la sostenibilidad del proyecto en el futuro.
Guzmán (1990) define un proyecto productivo como un programa diseñado para
aumentar el ingreso económico y / o generar empleo. Como señala el propio autor, existen
no pocas dificultades para definir un proyecto productivo. En el caso del proyecto Las
Tejedoras y Las Coristas, los aportes económicos no han sido lo suficientemente
consistentes como para permitir una autonomía económica de las mujeres participantes.

El dinero obtenido de la venta de los artículos producidos, sin embargo, permitió


autofinanciar el proyecto durante el segundo año, con el fin de comprar el material
necesario para seguir en la formación manual de ganchillo. A pesar de ello, los aportes
económicos ocasionales han alimentado la sensación de autoestima, por lo que estamos
de acuerdo con Young (1993), en que se han convertido en una herramienta de
Empoderamiento, ya que también han permitido desarrollar un potencial transformador.
De hecho, depende de la mujer reconocer la importancia del cambio activado y activar un
mecanismo para reflexionar sobre la transformación personal que está teniendo lugar,
estrechamente conectada con la idea del poder desde dentro (Kabeer, 1992, 1994, 2001).

Se abren nuevas oportunidades y se lucha por nuevos espacios de acción dentro y fuera
del colectivo de pertenencia, para poder continuar con el camino iniciado y diseñar un
futuro que no se había imaginado hasta entonces. A pesar de la posibilidad ofrecida por la
adjudicación del premio de 4000 euros de Emergents 2017, el problema económico sigue

285
siendo una dimensión importante del proyecto y se buscan continuamente financiaciones
y espacios para la venta de los productos de ganchillo. Se considera que esta es una
prioridad que debe resolverse junto con el reconocimiento político e institucional,
simbólico y material de las nuevas formas de ciudadanía basadas en la participación
activa, con repercusiones positivas sobre la condición de exclusión y cohesión social de
todo el barrio.

7.5 Empoderamiento y participación social

La participación de una persona en la vida de la comunidad local, invoca la activación de


cambios en la forma de sentir, pensar, ver y actuar en la realidad. La dimensión
heterogénea del contexto de vida se asoma a la conciencia como una riqueza para todos
los seres humanos. El objetivo de la cohesión social pasa por la necesidad de entrar en
contacto con las distintas perspectivas, los valores y las interpretaciones acerca de la
realidad y de la propia condición. Teniendo en cuenta que el conocimiento es temporal,
una mente abierta y crítica permite reflexionar sobre la posibilidad de error. Especialmente
en el caso de ideas y prejuicios que afectan a grupos sociales que viven en exclusión y
que son víctimas de estereotipos, esquemas y expectativas negativas (Enríquez y
Martínez Díaz, 2016). Se delinea una condición estructural, multidimensional y relacional
que involucra a la esfera psicológica individual y que priva a la persona de la fuerza de
cambiar el estado de las cosas.

Desde la fase de análisis de las necesidades, hasta la fase de evaluación, se demuestra un


cambio en el nivel de co-participación a nivel local de todas las mujeres involucradas en
el proyecto. Se sugiere que el desarrollo del proceso de Empoderamiento, en todas sus
dimensiones: personal, en las relaciones cercanas, colectivo, social y político, haya
impulsado el proceso de participación en la acción democrática de los dos grupos de
mujeres. La sucesiva fase de co-participación, ha sido la base para la formación de un
espacio de hibridación cultural entre las diferentes comunidades. Se trabajó juntas,
dispuestas a aprender unas de otras, analizando el contexto y los temas relevantes,
planificando lo que se quería hacer y evaluando las prácticas puestas en marcha. Se
286
intentó construir un clima de confianza y positividad mediante el desarrollo de un espacio
relacional, donde todas se han sentido libres de expresar sus ideas respetando la
pluralidad de las formas de ser y estar de otras personas. Tener como objetivo común la
co-participación activa y la cohesión social requería un proceso coherente.

El apoyo mutuo, el ambiente motivante y creativo, la modulación continua de la relación


de poder entre las participantes y la investigadora y entre los grupos de mujeres y otros
agentes sociales, fueron factores fundamentales para superar el aislamiento social y
cultural. Se intentó superar los estereotipos, a través de una representación de la realidad,
orientada a la recuperación de los valores comunes de cercanía y solidaridad y
respetuosas de las diferentes sensibilidades, de la integridad y de la dignidad. Se intentó
actuar a través de la implementación de buenas prácticas en aquellas dimensiones que
cristalizan los roles para favorecer el encuentro, el diálogo, la conexión. Paralelamente al
proceso de Empoderamiento de las mujeres de cultura gitana, se invitó al grupo de
mujeres de cultura no gitana a superar ciertos roles preestablecidos con posibilidad de
“ver y verse” en diferentes posiciones en relación al contexto y a las personas que están
en el entorno.

El espacio de inseguridad y lo que parece un bloque de energía puede abrir nuevos


caminos y nuevas perspectivas como mujer que quiere descubrir y descubrirse más allá
de lo convencional. Esta estrategia ha permitido centrarse en la importancia de la
oportunidad para actuar de forma diferente a la habitual e implementar un camino de
emancipación como vía de subjetivación. No es el resultado alcanzado, ser directora de
un coro o ser profesional del ganchillo el corazón de la discusión, sino el sentimiento de
superación común que ha unido en la diferencia las mujeres protagonistas de esta
Investigación Acción Participativa, aumentando la posibilidad de co-participación en las
instituciones y en la sociedad civil y coproduciendo conocimiento.

Las mujeres de cultura gitana se han sentido involucradas en los procesos de toma de
decisiones, las mujeres de cultura no gitana han mostrado una mayor sensibilidad a los
problemas sociales del colectivo gitano. Un camino conjunto para construir un espacio de
hibridación a través de estrategias de reconocimiento, comprensión y re-representación
287
recíproca. La cultura, en este caso, vive una fase de reelaboración porque es interpretada,
renegociada y asociada con nuevos significados por parte de sus propios miembros
(Bruner, 1992, 2000). El modelo propuesto, como proceso desde el desarrollo del
Empoderamiento, a la Emancipación hacia la co-participación en la acción social, aspira
a una redefinición del concepto de formación a la ciudadanía.

La transición de una dimensión a otra requirió tiempo, trabajo y gran motivación. Si


algunas características del proceso de Empoderamiento han sido facilitadoras, como el
aumento del conocimiento, de las informaciones y el apoyo mutuo, otras se han
considerado resultados del mismo proceso de Empoderamiento, entre ellas el aumento de
la confianza en las propias capacidades. Otras son vistas como facilitadoras y resultados
al mismo tiempo; como el aumento en el nivel de autoestima y motivación. Los resultados
obtenidos son específicos del contexto, de las personas que participaron y de las
relaciones establecidas.

Creación de un
Tercero Espacio
entre
comunidades de
cultura diferentes

Figura 7.1. Diagrama del desarrollo de la estrategia del proyecto


Fuente: Elaboracion propia

El modelo que se propone en el esquema (Figura 7.1) representa el camino hecho con la
presente Investigación Acción Participativa, considerada en sí misma como un proceso
educativo y por lo tanto político transformador, que ha conjugado reflexión y práctica.
Una investigación que a través del conocimiento co-producido y conjuntamente
difundido proporciona las herramientas para aprender y comprender la realidad

288
autónomamente y actuar a nivel individual y colectivo. La ciencia está estrechamente
involucrada a la praxis social, a través de la elaboración de una teoría viva y vinculada a
las experiencias de los sujetos. El marco de referencia es aquello que considera la
pedagogía como una práctica política destinada a formar la sociedad en los valores de
libertad, respecto y equidad. El mismo concepto de ciudadanía activa y comprometida
aspira a no ser considerado más como un concepto abstracto o exclusivo, sino un conjunto
de derechos estrictamente contextualizados (Habermas, 1992), que garantiza la verdadera
participación de todos los ciudadanos y las ciudadanas en los asuntos públicos y en las
decisiones más importante para la propia vida y de la comunidad.

7.6 Hibridación y ciudadanía

La noción tradicional de ciudadanía que aparentemente implica el reconocimiento de


todas las personas en el espacio democrático, se convierte en una barrera que deja fuera a
numerosos grupos sociales: mujeres, homosexuales, transexuales, pobres, migrantes,
entre otros. La pluralidad es parte de la condición humana (Le Breton, 2010), sin embargo
la homogeneidad, favoreciendo los aspectos dominantes de los grupos hegemónicos,
no contempla la heterogeneidad (Wallerstein, 1998). Por otro lado, el encuentro entre
sistemas culturales, científicos y sociales (Devereux, 1975), desarrolla procesos de
hibridación como caminos positivos que dan dinamismo a los contextos.

El proyecto de Innovación Socio- cultural de Las Tejedoras y Las Coristas ha impulsado


una práctica que aporta una nueva visión en la discusión teórica sobre las nuevas formas
de actuar la ciudadanía. Las mujeres que participan en esta investigación invitan a
reconocer su rostro junto con las otras caras que se mueven en el barrio, su participación
en la vida social obliga a analizar las condiciones de desigualdad. Era importante
redescubrir esta dimensión, analizar el presente de acuerdo con las categorías de justicia
social y las diferentes oportunidades que se brindan a las personas. Enfocando la atención
sobre las estructuras políticas, laborales, económicas, educativas y cómo estas actúan en
la privación del derecho a una vida digna, causa de la condición de exclusión social. En
este sentido, se puede hablar de la formulación de nuevas formas de luchas que se
desarrollan desde la base y que contemplan por un lado, el análisis de la realidad social
289
y, por el otro, la acción política a nivel local (Honneth, 2010), con formación de espacios
solidarios y relacionales (Devereux, 1975).

Un concepto de ciudadanía viva, dinámica, colectivamente co-construida que contempla


realidades múltiples y plurales (Habermas, 1999). Una idea de ciudadanía comprometida
basada en las formas de la co-participación activa, que es reapropiación del derecho a la
ciudad (Glick-Schiller, 2008), y que abre a nuevos horizontes concretos, para reunirse,
planificar y actuar con el objetivo del bienestar para todas las comunidades. La unión es
necesaria para salir de la fragmentación, la planificación permite diseñar estrategias de
convergencia orgánica entre diferentes disciplinas y entre mundo académico y sociedad
civil, la acción permite implementar estrategias eficaces para las diferentes situaciones, la
reflexión permite elevar todo esto a contenido pedagógico para la formación de las
personas. Se replantean los mismos espacios donde se ejerce la ciudadanía y se reclama
el reconocimiento de aquellas experiencias sociales que solicitan el cambio de las políticas
de inclusión, hacia estrategias que permitan reconocer las personas con sus habilidades
y sus saberes, como parte activa de la sociedad.

Las intervenciones del proyecto de Innovación socio cultural, se han planificado


aprovechando todos los recursos humanos disponibles entre los dos grupos de mujeres
participantes. Se ha desarrollado la creatividad en el arte manual del ganchillo y el arte
coral, promoviendo la iniciativa innovadora. Se han fomentado las capacidades y los
valores cívicos como personas y como grupo, fortaleciendo los lazos entre vecinas y las
posibilidades de encuentro. La unidad, el trabajo conjunto, el espacio de intercambio
creado, han ayudado a reelaborar los procesos de discriminación, estigmatización y
segregación en el vecindario y entre las diferentes comunidades. Las fases de evaluación
interna y externa han tenido carácter formativo y propositivo, fomentando la crítica
constructiva. Las mujeres participantes han articulado estrategias de carácter multinivel y
trans-disciplinario, con la intención de reclamar mejores condiciones de igualdad
inspiradas por la justicia social. Los procesos y los resultados ya están afectando la
construcción del "nosotros" local, basado en aquellas relaciones inspiradas al
reconocimiento recíproco y la empatía.

290
El proyecto ha delineado un espacio de formación intrínsecamente emancipatorio, donde
las mujeres han tenido la oportunidad de aspirar a una vida mejor, reformular derechos y
estructurar alianzas con otras asociaciones activas en el barrio, compartiendo
experiencias, ideas y estrategias para el desarrollo personal y comunitario. En esta
Investigación Acción Participativa, lo personal, lo privado y lo informal se encuentran
con la dimensión pública y colectiva. Las mujeres participan en la acción, cuestionan las
mismas prácticas impuestas por la pertenencia cultural y abren nuevas perspectivas para
superar las condiciones de alienación y de marginalidad.

La presencia en la dimensión social, el compromiso, la oportunidad de intercambio, la


reivindicación del cuestionamiento de las relaciones de poder, permiten dibujar los
contornos de nuevas formas de ciudadanía feminista, plural y crítica relacionadas con el
uso del espacio público para la extensión a todos los ciudadanos y las ciudadanas de los
derechos democráticos y del reconocimiento social simbólico y material. En un sentido
más amplio, la lucha para la expansión de espacios donde ejercer la democracia, la co-
participación activa, el compromiso político, la responsabilidad cívica, es al mismo
tiempo una lucha para la transformación de la sociedad capitalista (Castells, 1986).

7.7 Espacio y cohesión social

Los lugares de vida incorporan símbolos y significados de importancia social (Twigger-


Ross y Uzzell, 1996). Los temas de la vinculación a un lugar, el control personal y
comunitario sobre el espacio y la percepción del futuro tienen un impacto significativo en
la respuesta que el individuo y la comunidad ofrecen a los cambios impuestos en su
contexto. La condición de cohesión social como herramienta para tratar de hacer frente a
esas transformaciones, que tienden a distorsionar el tejido social de un territorio, puede
ser estructurada a través de procesos que involucren activamente a todos los grupos. La
identidad como perteneciente a una comunidad y en relación con el contexto no es un
factor predefinido, sino algo en progreso, un proceso por construir.

La escuela ha sido el lugar elegido para estructurar un modelo de desarrollo comunitario

291
y ha jugado un papel importante en el proceso de Empoderamiento y en la construcción
del pensamiento crítico sobre el contexto en el que se vive. Esta relación ha sido analizada
en un artículo publicado en la Revista Ricerche Pedagogiche: La cambiante relación
entre escuela y entorno escolar: un espacio en construcción para el Empoderamiento5.
La construcción de una conexión entre dentro y fuera del centro escolar, ve la escuela
interactuar con el entorno, elaborando una propuesta pedagógica, de formación al
compromiso político, respetando la individualidad del niño y de la niña y su cultura y
fomentando el desarrollo de los talentos, de los intereses y de las cualidades personales.
Las escuelas se centran en el "aprendizaje para la vida" educando al sentido comunitario
de respeto mutuo y solidaridad.

Se ha visto la participación de diferentes grupos sociales que querían involucrarse para


encontrar una solución a un problema de conflicto y segregación. Un espacio para
promover los derechos de toda la ciudadanía, la comprensión de las diferentes realidades
y la estructuración de un proyecto común. Más allá del intercambio del espacio territorial,
de la historia y de las estructuras, las diferentes comunidades se encuentran compartiendo
aspiraciones e intereses, cuestionando los roles establecidos por la situación económica y
social.

Las interacciones inter e intra grupal, revelan los diferentes papeles que han asumido las
personas implicadas y que aspiraban a un objetivo común de superación. Este es
entendido como un proceso de redistribución del poder para la realización de los
principios y de los procesos democráticos (Jones y Gaventa, 2004), así como la reflexión
sobre la cuestión de que el poder existe hasta que otros están dispuestos u obligados a
aceptar una determinada situación. Las informaciones recopiladas durante este estudio
demuestran que la integración entre diferentes comunidades culturales se construye a
través de procesos de colaboración en el territorio.

5
Disponible en: https://www.edizionianicia.it/store/content/63-numero-208-209-luglio-dicembre-2018

292
En el pasado, la historia del vecindario del barrio de El Cabanyal se caracterizaba por
la relación pacífica entre las personas de cultura gitana y no gitana. En las entrevistas
en la fase de exploración del contexto, se describía la condición de cercanía física, de
contacto, de ayuda mutua. Sin embargo, en la situación presente, la relación y la
cohesión social podrían reconstruirse mediante el reconocimiento del otro y de la
otra como parte activa del contexto local y como una fuerza para hacer frente a
las nuevas transformaciones impuestas al territorio. Estos cambios resaltan la
importancia de la integridad del entorno físico en la dinámica de la relación persona-
lugar, persona-persona y persona-grupo influenciada por los cambios espaciales y
sociales impuestos.

La co-participación activa es descrita como una posibilidad para reactivar el


dinamismo del tejido social. La idea básica es que el camino de la emancipación
y de liberación, debe realizarse a través una acción que integra las dimensiones
personales y comunitarias, sociales y éticas, antropológicas y económicas. La
conexión entre personas, asociaciones, colectivos y recursos, en un determinado
territorio es fundamental. Entre estos está la escuela, como punto de referencia
para la formación de un sentido de comunidad compartida y plural, solidaria y
democrática desde la primera infancia. En la escuela la reflexión sobre el espacio, su
ubicación geográfica y sus recursos, se enriquece de la dimensión humana enfatizando
la importancia de la acción de todos los habitantes.

El barrio podría ser un espacio plural, consciente de la riqueza de la diferencia en


sí misma, orientado hacia la construcción de una comunidad de destino (Morin y
Pasqualini, 2005), en la cual las personas puedan aprender a compartir principios,
valores y expectativas, invierten tiempo y energía en problemas comunes y movilizan
sus recursos para los cambios sociales positivos. La comunidad plural se construye
desde la base social, la implicación activa y el reconocimiento recíproco, afectando
positivamente al sentido de conexión y pertenencia a un lugar. Los miembros de las
diferentes comunidades tienen derechos formales, pero es necesario reclamarlos para
todos y todas.

293
7.8 Categorías interpretativas en la Investigación Acción Participativa

El propósito del trabajo comunitario estructurado en este estudio apunta a un


enfoque reflexivo de la realidad social, evaluando también las estructuras de poder
y sus características, que mantienen el estado actual de las cosas (De Sousa Santos,
2010). El compromiso de todos los miembros de la comunidad produce nuevos
conocimientos sobre las transformaciones espaciales y sociales. Los significados son
coproducidos por las personas en sus relaciones sociales, físicas y culturales (Miles
y Huberman, 1984, 1994). Las mismas dinámicas actuales en el barrio de El
Cabanyal, las presiones especulativas y gentrificatorias que pueden acentuar el
conflicto y la segregación, pueden analizarse, estudiarse y enriquecerse de
significados compartidos. Se ha establecido un diálogo constante entre el
conocimiento académico formal y el conocimiento popular.

El camino identificado ha sido en sí mismo un proceso educativo continuo, en el cual


la evaluación y el análisis crítico han permitido generar nuevas preguntas, con una
mayor comprensión del contexto y de los fenómenos y la estructuración de praxis
para resolver problemas reales (Darby, 2017). La democratización del proceso de
investigación, la reflexión y el uso de los resultados para mejorar la vida, han sido
fundamentales para el intercambio de informaciones e ideas que transforman la
investigación científica (Guba y Lincoln, 1985, 1994). Se ha organizado un espacio
simbólico y cultural en el que las personas pudieron hacer una contribución
significativa a la acumulación de saber y a su propio bienestar.

Entre los objetivos imaginados y los resultados logrados hay grandes distancias
por cubrir. La realidad es fluida e indeterminada, plural y en colores contrastantes.
Una investigación planificada basada en las necesidades de un contexto específico
es una estrategia para tratar de tener en cuenta los valores, las normas, las relaciones,
las situaciones de la vida cotidiana y, en general, la complejidad del espacio social.
Diferentes interpretaciones son posibles, pero es importante tratar de analizar el
proyecto realizado, el proceso activado y los resultados obtenidos, como una
posibilidad para identificar categorías interpretativas que permitan entender dónde
294
hemos comenzado y dónde hemos llegado, aprovechando nuestras fortalezas y
nuestros puntos críticos. Entre las categorías interpretativas con las que es posible
analizar el presente trabajo podemos nombrar:

a) La co-producción de conocimiento.

b) El enfoque trans-disciplinario.

c) La integración entre teoría y práctica para una práctica transformadora.

Estas tres categorías constituyen el punto de unión entre el marco teórico de referencia
y la metodología utilizada en este estudio. Las fases de investigación se han
considerado como circulares, interconectadas y vinculadas por una relación de
coherencia; de esta manera la información producida y el proceso seguido han
estado estrechamente entrelazados y vinculados entre sí (Cecconi, 2002).

Con el proyecto Las Tejedoras y Las Coristas se ha desarrollado una aplicación


de modelos teóricos y metodológicos contextualizados, porque cada experiencia tiene
lugar en un contexto específico y los resultados están relacionados con el mundo
local. Interpretar, explicar el significado de algo, dividirlo en sus partes
fundamentales para conocer los elementos básicos, significa entenderlos en relación
con un contexto (Pedraz, Zarco, Ramasco y Palmar, 2014). Sin embargo, el análisis,
la valorización y la disponibilidad del capital humano han tenido un fuerte
impacto social, político y cultural. La base de este compromiso ha sido el deseo
de conocer la realidad para transformarla y para mejorarla (Fals-Borda, 2001). El
proceso basado en un método riguroso ha permitido proporcionar consistencia a
los resultados obtenidos, volver a leerlos en términos de la teoría de referencia y
proporcionar información útil y relevante para futuras intervenciones.

La innovación como forma de pensar para encontrar soluciones creativas, a


problemas concretos, se ha desarrollado en un contexto de interacción y red de
capacitación mutua, en constante diálogo entre las informaciones derivadas del
proceso de investigación y la vida de las personas participantes, sus experiencias,
sus narrativas. Se han ido entrelazando cada vez más las diferentes áreas, de la
295
pedagogía, del trabajo social, del pensamiento creativo y crítico, los diferentes niveles
de lo personal a lo político y viceversa, individual y comunitario.

La co-participación en la construcción conjunta de nuevos conocimientos ha


fortalecido el plan de individualidad y sociabilidad y de implicación social activa.
Una acción participativa que a partir de la reapropiación de la propia historia y del
propio conocimiento (Del Gobbo, 2010), ha implicado pensar, sentir y actuar con el
objetivo de impulsar un cambio social positivo para todas las comunidades. Esta es
una perspectiva para conciliar la sociedad y la ciencia, en un diseño capaz de asumir
las necesidades, las motivaciones, los mecanismos de producción de la cultura,
puestos a disposición de un camino que va más allá del individuo solo y
autorreferente. El enfoque trans-disciplinario está vinculado a la relación entre teoría
y práctica, entre pensamiento y acción, la relación orgánica entre disciplinas, entre
personas y con la realidad, condición necesaria para la co-producción de
conocimiento a disposición de la transformación y del bienestar social (Vilsmaier,
2008).

7.9 La documentación pedagógica y la restitución como


momentos formativos

La metodología de Investigación Acción Participativa permite explorar un


específico problema, los recursos disponibles, las soluciones, generar nuevas
oportunidades y examinar las formas de construcción conjunta del conocimiento
(Bradbury y Reason 2003). Por lo tanto, es una metodología que examina las formas
de producción cognitiva en su dimensión social y participativa (Del Gobbo, 2010).

En este estudio se ha adoptado un enfoque narrativo para reflexionar sobre las acciones
y los pensamientos de las protagonistas y las reacciones del contexto local. Entre
las herramientas utilizadas, los relatos y la documentación fotográfica han ayudado
a estructurar mucha de la información recogida y han permitido sistematizar el
mismo proceso de co-construcción del conocimiento, así como la evaluación de los
296
resultados y de los aspectos involuntarios derivados del proyecto, en clave histórica.
La investigación ha sido conceptualizada como experiencia, narrando lo que se hace,
lo que se piensa y haciendo experiencia de la experiencia (Mortari, 2007).

Ha sido organizado un atlas ecléctico, una documentación detallada, que tenía


como objetivo renovar las formas de codificar el espacio y las relaciones entre las
personas. Con una mirada oblicua y gracias al conocimiento co-construido, se ha
podido ver la realidad y también pensarla e imaginarla transformada, abriendo una
brecha a los problemas de cohesión social y marginalidad.

El intento era modelar un espacio de reflexión, acción y evaluación con producción


de una documentación útil para todas las participantes y los agentes sociales,
satisfaciendo las tres dimensiones de la teoría de la acción comunicativa de Habermas
(1984, 1990):

a) Promover la comprensión mutua.

b) Crear consenso.

c) Crear un espacio comunicativo, abierto a la discusión y la comparación,


en el que fortalecer la expresión democrática de los diferentes puntos de
vista.

La construcción del significado conjunto tuvo lugar a través del intercambio


dialéctico (Varisco, 2011), que permitió dar un sentido compartido a lo que se estaba
haciendo con respecto al contexto. Un aprendizaje ubicado, estructurado y generado
en la relación con el entorno y el conocimiento ya incorporado.

La inmersión con todos los sentidos en el contexto ha permitido documentar lo


que sucedía en el territorio y las transformaciones creadas por el proyecto. Las
narrativas recopiladas, seleccionadas y publicadas han conseguido activar espacios
para la discusión crítica, rememorar las experiencias vividas, comparar ideas,
297
proyectos, compartir preguntas y elaborar respuestas sobre la situación existente y
los posibles cambios. Los nuevos mapas trazados, han sugerido identificar
paradigmas cognitivos originales basados en las alianzas y en el encuentro entre
mujeres y entre culturas. Se ha elaborado una selección ordenada de la
documentación general, organizada para la exposición en esta tesis, de acuerdo con
su relevancia respecto a las preguntas de investigación, las necesidades de las
participantes, el proceso y los resultados alcanzados.

La estructuración y funcionamiento de la red de interacción establecida dentro de


una investigación trans-disciplinaria, entre el mundo académico, las participantes y
las comunidades locales, permite hablar de estrategias y prácticas innovadoras y
emancipadoras. La difusión de los resultados tiene como objetivo relacionar el
nivel micro, del contexto específico del vecindario, con el nivel macro de las opciones
políticas en materia de inclusión. En este enfoque integrado, todos los niveles
pueden usar el conocimiento coproducido gracias a la investigación científica
(Ranieri, 2007), para una observación estructurada de la realidad y la búsqueda de
soluciones compartidas en la formulación de un nuevo contrato social entre
comunidades y territorio.

Actuar y fomentar los procesos de coproducción de nuevos conocimientos significa


mejorar la capacidad crítica, el Empoderamiento y las herramientas de co-
participación activa en el desarrollo comunitario endógeno, basado en las personas,
en el encuentro, en la comunicación y en el intercambio de información entre
diferentes agentes sociales (Keith y Pile, 2013). Existe una nueva relación entre
conocimientos y entre sujetos (Del Gobbo, 2010), con la capacidad de transformar las
condiciones de vida mejorándolas.

Se estructuraron dinámicas participativas en la interpretación de la realidad social, antes


y después la puesta en marcha del proyecto, siendo todas sujetos y objetos de
investigación. No se trata solo de una reestructuración de las relaciones de poder,
sino también de un cambio en las estrategias de análisis transversales, con un enfoque
integrador para obtener más conocimiento sobre la realidad.
298
Gracias a la contribución de las mujeres que siguieron el proceso de análisis, escritura
de esta tesis y su difusión, la investigadora ha expandido enormemente su
horizonte de observación. Las prácticas de interpretación de los fenómenos y de la
realidad se han perfeccionado, incorporando diferentes perspectivas y disposiciones.
Se han experimentado nuevos caminos de soporte metodológico, que han destacado
las características ambiguas e impredecibles de la colaboración en la investigación
científica. La problematización de la visión exclusiva de la investigadora respecto a
los procesos y a los resultados hacia una visión múltiple, redefine los criterios de
validez de la investigación social. Se establece el principio de relevancia y de
producir una teoría útil en la práctica, que viene empíricamente validada en el
contexto en el cual se aplica, a través una acción transformadora, que apunta,
gracias al conocimiento co-producido, a reestructurar las relaciones entre
comunidades de diferentes culturas y entre personas y territorio.

La investigación científica se enriquece de descripciones apropiadas, ricas y


significativas de los mundos sociales, basadas en la intervención de aquellas personas
que viven en estos mismos y les dan sentido (Nowotny, Scott, Gibbons y Scott, 2013).

299
Recapitulando

La posibilidad de un diálogo entre diferentes culturas establece una tensión dialéctica


y constructiva. Esta situación permite disfrutar de la posibilidad de compartir
recursos y experiencias, linfa vital para el reconocimiento mutuo y la relación
empática. La dimensión dialógica, evolutiva y relacional fomenta el desarrollo de un
espacio de responsabilidades compartidas. El tejido social cohesivo y dinámico al
mismo tiempo, se nutre de las diferencias. Las perspectivas se vuelven permeables,
el futuro se elige y se construye en conjunto, el pasado se comparte como riqueza
y los conflictos se superan gracias a la capacidad de comunicación, encuentro y co-
participación.

Ricapitolando

La possibilità di un dialogo tra differenti culture stabilisce una tensione dialettica


e costruttiva, con la possibilità di scambiare risorse ed esperienze, linfa vitale per il
riconoscimento mutuo e la relazione empatica. La dimensione dialogica, evolutiva
e relazionale alimenta lo sviluppo di spazi di responsabilità condivise. Il tessuto
sociale coesivo e dinamico allo stesso tempo, si nutre delle differenze. Le prospettive
diventano permeabili, il futuro si sceglie e si costruisce insieme, il passato si
condivide come ricchezza e i conflitti si superano grazie alla riscoperta capacità di
comunicazione, incontro e co-partecipazione.

300
Capítulo 8

Conclusiones y perspectivas

Este capítulo incluye las conclusiones del conjunto del estudio realizado. Llega así
el momento de la autorreflexión como mujer, feminista, pedagoga e investigadora,
que considero fundamental para examinar los problemas relacionados con el trabajo
de campo, el proceso de análisis, la presentación y la difusión de los resultados.
Aquí discutiremos el impacto que ha tenido la intervención sobre el entorno y las
aspiraciones futuras. Desde una mirada académica, esta investigación naturalista,
emergente y con carácter cualitativo, estrechamente relacionada con la realidad
social y contextual, pretende contribuir a la creación de nuevos conocimientos en
virtud de los dos objetivos generales que mencionamos de nuevo y un tercero que
surgió en el desarrollo del proyecto:

a) Identificar las relaciones de poder entre las personas que participan en


nuestro proyecto. Así como reflexionar sobre la dimensión del poder
generativo, como herramienta para impulsar un proceso de cambio social
positivo.

b) Crear y evaluar un modelo de intervención socio-cultural que tenga como


objetivo el empoderamiento y la co-participación entre personas de
diferentes comunidades.

301
c) Identificar la escuela como el espacio para reflexionar sobre la realidad,
que acoge los movimientos reivindicativos de la base social y superar la
situación de segregación entre culturas.

Es en la escuela donde se ha podido dar un sentido diferente a lo que se ha hecho y


donde el proceso ha asumido un significado de superación y emancipación, para
las mujeres participantes, la comunidad escolar y el entorno. La experiencia
producida gracias al compromiso, la voluntad de buscar una estrategia para impulsar
la movilización social, la fuerza de las emociones y las acciones transformadoras
implementadas, han permitido superar la discriminación y algunos estereotipos y
generar nuevas oportunidades para el encuentro.

El punto de partida ha sido la combinación de dos teorías; la teoría del


Empoderamiento (Kabeer, 1992, 1994, 2001; Léon, 1997, 2000, 2001; Rowlands,
1997), y la Teoría de la formación de un Tercer Espacio (Bhabha, 1994, 1996, 2007),
como presupuesto para el desarrollo de un espacio de hibridación relacional, en el
cual implementar acciones basadas en el intercambio y para explorar diferentes
modelos de vida, en una interrelación dinámica y constructiva.

La presente Investigación Acción Participativa, se centra en la premisa de que, el


aumento en el nivel de Empoderamiento de las mujeres de un grupo minoritario,
puede influir positivamente en el proceso de dinamización del barrio. Desarrollando
aquellas herramientas de articulación entre los discursos y las prácticas, que abren
nuevos campos para analizar los fenómenos y la realidad.

Para apoyar esta idea, se implementó un proyecto de Innovación sociocultural que


involucró a mujeres de diferentes culturas (cultura gitana y cultura no gitana) del
distrito de El Cabanyal en la ciudad de Valencia, proponiendo un enfoque innovador
e integrador, basado en el desarrollo humano y en las capacidades individuales y
comunitarias. El proyecto de Las Tejedoras y Las Coristas permitió a las mujeres de
cultura gitana de hacer oír sus voces y ser reconocidas como parte integral del
tejido social local, y a las mujeres de cultura no gitana superar la distancia entre
302
colectivos, la desconfianza y proponer una alternativa a la condición de segregación.

A través de una intervención multi-nivel y trans-disciplinar, se describe en los


capítulos anteriores una experiencia exitosa, aunque sin dudas criticable en muchos
puntos, como una oportunidad para ejercer opciones, elecciones y orientar el poder
generativo, para lograr confianza sobre las habilidades de cada individuo y los
recursos presentes en el territorio y luchar para la igualdad.

Todas las mujeres participantes y también la investigadora, pudieron experimentar


un camino psicológico y sociocultural de superación como base para cambiar el
status quo, actuando primero sobre la dimensión personal y después a nivel de las
relaciones sociales. El proceso empezó con una profunda reflexión sobre las
condiciones de la propia vida y la de las demás, un análisis crítico de las
estructuras sociales y de las oportunidades. Ha sido importante desarrollar un
proceso efectivo de cambio, que respetara sobre todo la capacidad de las personas
de identificar sus necesidades y sus prioridades, reconociéndose como recursos. El
modelo participativo permitió a las personas ser parte implicada en todo el proceso
de investigación científica y el modelo transformador estimuló la formación de un
espacio de encuentro, apoyo mutuo y colaboración.

8.1 La posición de la investigadora social

Han pasado cuatro años desde el comienzo de mi trabajo de doctorado. El viaje


realizado quedó deliberadamente abierto a propuestas e inspiraciones que provenían
directamente de las personas involucradas y del contexto. Sin embargo, se respondía
a ciertos criterios inspiradores de una Investigación Acción Participativa, orientada
a desvelar los entramados sociales y las redes preexisten, saber reconocerlas y
fomentar conexiones transformadoras. Nos referimos a formas de entender la
investigación social como una modalidad de imaginar un mundo mejor, en el cual
las dimensiones teóricas y prácticas son importantes, esenciales y complementarias.

303
Un desafío para la investigadora con respecto a los recursos mentales y materiales
disponibles. Todas las categorías y los valores se han negociado continuamente
para poder realmente democratizar el proceso de co-producción del conocimiento y
superar la forma unilateral de mirar a los fenómenos sociales. Básicamente se quería
compartir la gran oportunidad de realizar una investigación doctoral, entendida como
proceso de formación y crecimiento, construyendo alianzas con aquellos sectores de
la población que se movilizan para hacer emerger trayectorias y estrategias eficientes
y reivindicativas de los derechos para todas las personas.

Nos acercamos a los demás cargados de conocimiento imperfecto e incompleto, a


menudo mediado por dimensiones o sistemas que no son derivados del contacto
directo, personal ni emocional. Con este proyecto, a través de la experiencia de la
relación y de la co-participación, se querían cuestionar aquellos significados que se
atribuyen a la realidad, desde la posición de un pensamiento único. Una estrategia
para ponderar las convicciones y las certezas del sistema de estereotipos y creencias
que caracterizaban las relaciones entre grupos sociales de diferentes culturas, y
para crear la oportunidad de construir un espacio en el que realmente, entran en
juego nuevos valores como la solidaridad, la cooperación, la crítica constructiva y
la sensibilidad y poder facilitar la construcción de procesos de desarrollo comunitario
desde las diferencias.

En el trabajo de campo fue fundamental, por un lado la fase de análisis de la situación


de conflicto en el barrio, por el otro, la recopilación de las necesidades de las
participantes, y de las motivaciones que nos llevaban a hacer un trabajo conjunto.
La posición epistemológica y el paradigma de referencia, se explicitaron y se
consideraron centrales, para aclarar que la investigadora no produce la verdad, sino
que propone una versión personal de los eventos además no es un sujeto neutral y
asume muchas responsabilidades. Al mismo tiempo, era importante definir que
las experiencias del entorno sociocultural y físico, está determinada por los
significados que se atribuyen.

A todo esto se sumó la práctica que permitió construir un plano de acción, desde
304
múltiples posiciones, como estructuración de una posible alternativa. El objetivo era
crear un área de relaciones sociales dinámicas, para la formación de una ciudadanía
fértil, plural e hibrida, en una condición que relativiza la idea de la identidad pura.
La mayor parte del tiempo y de las energías, se utilizaron para construir relaciones
sociales convincentes y coherentes, con el proceso que se estaba llevando a cabo,
facilitando no tanto la búsqueda de la verdad, cuanto la configuración de espacios
y caminos, que implicaban vivamente los actores social en la trasformación necesaria.

En los primeros contactos con el barrio de El Cabanyal, intenté capturar, aquellos


aspectos del aquí y ahora que caracterizan un contexto dado, intentando comprender
los procesos y los ritmos del campo social (Gadamer, 1975). El primer compromiso
como investigadora, ha sido conocer y reconocerse en el entorno. Interpretar y
explicar el significado de un fenómeno, dividir el todo en sus partes fundamentales,
con el objetivo de analizar los elementos básicos lo que significa reflexionar como
persona en relación con un contexto (Pedraz Marcos et al., 2014). La investigación
cualitativa, como actividad que coloca al observador en el mundo (Denzin y
Lincoln, 2003, 2005), me parecía una oportunidad estratégica para conseguirlo.

El reconocimiento en el contexto fue un proceso dialéctico y un ejercicio


autorreflexivo. Una declaración de donde surge el interés para el objeto de estudio y
el fenómeno en un contexto específico, haciendo explicito la conexión entre el trabajo
de campo y la autobiografía de la investigadora. El carácter de las interacciones y el
contacto empático con las personas que son protagonistas de este estudio, forman
parte del acto cognitivo (Mortari, 2007). Cuando pensamos, sentimos y somos
cocientes que nuestra llegada en el campo es una intrusión, entonces podemos
formular cómo y a qué nivel afectar a los procesos y los ritmos del campo social.

El camino de investigación fue un espacio de enseñanza-aprendizaje que involucró


a todas las mujeres, la comunidad escolar y los agentes sociales. Juntos hemos
aprendido el valor y los diferentes matices del lenguaje no verbal, que se utiliza
para mediar los comportamientos y los significados renegociados dentro de un nuevo
contexto de relación. Se ha aprendido a hacer frente a las dificultades en la expresión
305
de diferentes idiomas por origen geográfico, y lenguajes por pertenencia cultural
y social. Se han escuchado confidencias, quejas, reproches, críticas, tratando de
evaluar cómo reaccionar adecuadamente en las diferentes situaciones. Se ha
revisado y re-modelado paradigmas de conducta social ya adquiridos, suposiciones
conscientes e inconscientes que condicionan el ser y el estar en el mundo.

La mediación en las relaciones de poder existentes entre la investigadora y las


participantes, los lazos de amistad y confianza que se estructuraron entre las
diferentes componentes del proyecto, la conexión con el espacio exterior y el
impacto de nuestro modelo de intervención en la vida comunitaria del barrio, han
permitido experimentar un saber social, vinculado con el contexto como oportunidad
de crecimiento y superación personal y colectiva.

8.2 Retos, procesos y resultados

La idea nuclear de este estudio es que las mujeres son sujetos fundamentales para la
salud cultural y educativa de las comunidades (Blackden y Bhanu, 1999; Shiva,
2014, 2016; Stotsky, 2007). Se considera a las mujeres como protagonistas de una
acción de trasformación, que han puesto en relación la esfera ontológica del ser, la
esfera cognitiva del pensar y la esfera política de la acción. El punto de partida ha
sido por un lado la reformulación de la dimensión del encuentro y por el otro el rol
de las participantes en este estudio como pioneras, en la reflexión crítica de la
situación existente y del desarrollo de un camino de emancipación intra-comunitario.

El problema de la diferencia está relacionado con algunas cuestiones teóricas y


metodológicas acerca de la construcción de la identidad y el uso de los estereotipos
para definir a las demás. El redescubrimiento de la oportunidad de ser parte activa
y participante dentro de un contexto dado (Esposito, 2003), es una circunstancia
positiva de reapropiación de la propia subjetividad a través del encuentro con el
entorno y con las personas que lo viven. Esta es una posibilidad para que la
democracia se entienda como proceso de toma de conciencia colectiva sobre la

306
situación actual (Esposito, 1998), y para contrastar la condición de segregación social
percibida o impuesta.

Con el fin de tematizar este problema, se necesitaba introducir en el análisis general


el concepto de grupo: entendido como un colectivo de personas que se diferencia
por sus formas culturales, prácticas y maneras de vivir. La perteneciente a un grupo
tiene una afinidad específica, por el hecho de tener experiencias y modos de vida
similares (Young, 1994, 1997). Los grupos son expresiones de las relaciones sociales
e interpersonales y no solo son instrumentos analíticos sino que además tienen un
significado político. La posición marginal por parte de ciertos colectivos es el resultado
de procesos de exclusión y estigmatización de los más vulnerables, que no
encuentran su lugar en las formas de organizaciones sociales (Castells, 1995),
impuestas por los grupos hegemónicos. Las ideas negativas hacia un determinado
colectivo, pueden conducir a actitudes discriminatorias que impiden a las demás
expresarse.

Por una parte, consideramos fundamental incluir a mujeres de diferentes grupos, ya


que en el análisis del contexto era manifiesta una fuerte disgregación social. Por
otra parte, era necesario buscar un punto de encuentro a través de la diferencia,
comprendiendo la multiplicidad del colectivo social femenino, sin limitaciones
específicas (Young, 1994). La formación de espacios de encuentro, ha favorecido
el movimiento de apoyo entre mujeres, que buscan inventar, compartir y acordar
ideas, redescubriendo que todas hemos experimentado las frustraciones y las
dificultades de la discriminación. La opresión no se debe sólo a una distribución
desigual de los recursos materiales, sino también a la congelación de las relaciones
sociales. Esta condición hace que la autoexpresión, la visibilidad social y la
participación en las decisiones que afectan a su propia vida, sea difícil y a veces
imposible (Young, 1997).

Una manera de incidir en esta situación, es generar experiencias integrales y


sistémicas entre grupos, que impulsen a reflexiones distintas a las convencionales,
para crear relaciones más cercanas con una postura de co-responsabilidad y
307
compromiso social. De esta manera, las percepciones que se generaran a través de las
experiencias colectivas, reestructuraran nuevas formas de aprender en el mundo, desde
la apertura a la diferencia y a la otredad.

Se ha intentado analizar las estructuras, las prácticas sociales, las reglas y las normas,
el lenguaje y los símbolos que caracterizan las interacciones sociales, que alejan las
diferencias hasta la invisibilidad. Se quería crear un espacio de libre expresión,
promover un proceso de Empoderamiento, gracias al desarrollo de herramientas que
fortalecen la actitud social, fomentando la construcción de una red de intercambio y
solidaridad para la formación, el debate y la investigación feminista. Esta co-
generación de conocimiento, basada en los valores de la tolerancia, del respeto y de
la colaboración, supone un camino hacia la comprensión mutua, confiando en el
diálogo como estrategia de intercambio pedagógico y de reciprocidad, dentro de una
relación que sea al mismo tiempo individual y colectiva (Maguire, 1987).

La idea era recoger el testimonio de las diversas experiencias de vida y reflexionar


sobre la diferencia como recurso (Young, 1994), para activar un proceso de
superación de los estereotipos y crear una comunidad de intercambio entre mujeres,
a través de la producción creativa, la interrelación de saberes y la co-participación
en la acción colectiva generando vínculos.

El uso de las metodologías de participación en la investigación, sugiere enfoques


cada vez más críticos y auto-reflexivos, que permitan evaluar las intervenciones y
las consecuencias reales para las personas y las comunidades. Las acciones de
investigación participativa tienen la intención de impulsar la implicación y el
compromiso personal recuperando su potencial transformador. Se trata de
considerar la persona, independientemente del contexto cultural y social, como un
agente social que refleja y busca la mejora de las condiciones de vida superando
las situaciones de conflicto y marginalidad. Una manera de hacer y vivir la política
come praxis destinada a desarrollar lugares de relaciones y espacios de discusión,
reflexión y acción.

308
De acuerdo con la información recabada y analizada, es posible realizar una
primera evaluación sobre la huella del proyecto Las Tejedoras y Las Coristas a nivel
de dinamización en el barrio de El Cabanyal. Sin embargo, sería fundamental seguir
investigando sobre los recursos que mejoren los procesos de co-participación social
activa y el impacto a largo plazo de este mismo proyecto. Debido a la complejidad
del problema tratado, que afecta a la esfera individual y colectiva, se ha requerido un
enfoque ecléctico y trans-disciplinar viabilizando un dialogo abierto entre saberes,
culturas y diferencias, contribuyendo al debate y a la reflexión de las iniciativas
generadoras de espacios de hibridación cultural y social así como científica. El estudio
dio sus resultados validados por las comunidades y los agentes sociales, por cuanto
son muchas las incógnitas que ha suscitado y que deben ser motivo de investigación
en el futuro inmediato.

8.3 Escuela, territorio y cambio social

En un momento determinado de la historia del barrio de El Cabanyal, también la


escuela pública se encontró en una situación difícil caracterizada por la división entre
diferentes grupos sociales, convirtiéndose en una institución que acogía a niños,
niñas y familias con vidas difíciles en situaciones de pobreza, exclusión y
marginalidad social. La participación en la vida escolar del grupo de Las Tejedoras
y Las Coristas, ha permitido descubrir un papel diferente del centro escolar, que
ha abierto sus puertas a aquellas personas que querían cambiar el estado de las
cosas a través una acción social positiva. Gracias a la capacidad de compromiso,
organización y autoconciencia de las mujeres participantes, fue posible reflexionar
sobre la situación de conflicto, redirigiendo las relaciones entre los grupos sociales
y entre territorio y escuela.

La nueva condición invita a estudiar en profundidad aquellas habilidades


situacionales que han permitido a la comunidad escolar actuar y reaccionar en un
contexto dado. La meta-reflexión de la escuela, como actor principal en el
análisis de la realidad circundante, se relaciona con su implicación para observar

309
y conectarse con aquellos movimientos de la base social que quieren colaborar.

Es en la escuela donde empieza este cambio positivo del barrio de El Cabanyal.


Se reconoce su capacitad de establecer una interconexión entre aquellos agentes que
tienen un objetivo común de superación personal y comunitaria. Un espacio, que hizo
visible la posible desestructuración del pensamiento único y donde la otredad no es
una amenaza o una entidad desconocida, sino una posibilidad para activar un proceso
de formación de una ciudadanía plural e híbrida.

En la escuela ha sido posible compartir historias de vidas y experiencias, sentimientos


y reflexiones, comenzando una lucha por la autodeterminación social y por la
reapropiación del espacio social. La experiencia vivida salió de la escuela, llegando
al barrio, y a través de seminarios, charlas y encuentros se hacía público lo que se
estaba generando, invitando a otros agentes a participar. Se lanzaba así un mensaje
educativo y formativo orientado a reconstruir y recrear un barrio para todas y todos.

Cultivar la memoria del alumnado y del profesorado sobre los eventos que han
transformado el barrio y el papel que ha desempeñado la escuela, es un momento
introspectivo que genera nuevas preguntas y tiene un valor político y social. Se trata
de analizar sobre los vínculos, las relaciones y los factores de conflicto, fortaleciendo
aún más la relación entre el centro escolar, su historia, sus valores y el de la vida en el
barrio.

La experiencia adquirida podría re-utilizarse para comprender y estudiar críticamente


las causas que generan las condiciones de segregación y marginalidad, las
amenazas de expulsión y las nuevas formas de gentrificación. Todos son modelos
impuestos, que definen las formas de las relaciones entre las personas. El reto es
analizar la condición de opresión que viven algunos grupos sociales, como un
fenómeno estructural, cuyas causas se encuentran radicalizadas en las normas, en
los habitus y en los símbolos (Young, 1993, 1994), así como en las instituciones
económicas, políticas, culturales y educativas. La escuela puede ser promotora de
aquellas estrategias de liberación y concientización para la construcción de una
310
democracia real (Smith, Ryoo y McLaren, 2009), basada en los principios de justicia
y equidad.

8.4 Conclusiones globales del estudio y nuevos desafíos

Las conclusiones presentadas en este estudio, se refieren a las preguntas de


investigación derivadas del trabajo teórico y que están estrechamente relacionadas
con el contexto y con las estrategias implementadas a través del proyecto de
innovación social de Las Tejedoras y Las Coristas en el barrio de El Cabanyal.

Las preguntas que nos planteábamos tenían a ver con:

a) La reflexión sobre la praxis diseñada para apoyar el proceso de


Empoderamiento, la co-participación en la vida social local y la formación
de un Tercer Espacio entre mujeres de culturas diferentes.

b) La estructuración de un modelo de co-producción y uso del conocimiento,


derivado da un proceso de Investigación Acción Participativa, por la
transformación de la realidad social.

En la primera parte de este estudio, para acercarnos al problema de investigación, ha


sido necesario encaminar un ejercicio de revisión teórica, bibliográfica y conceptual
de las teorías sobre: Empoderamiento, Participación y Formación de un Tercer
Espacio. En la segunda parte, se ha ido estructurando un análisis del contexto y de
los problemas del barrio, escuchando las voces de los residentes y recopilando sus
necesidades. Se despliega una larga historia de amenaza hacia al territorio, conflicto
entre grupos sociales, pero también una importante historia de resistencia ciudadana.

La condición de segregación social ha caracterizado la vida en el barrio en los


últimos veinte años y ha penetrado también en el interior de la escuela determinando
contextos educativos específicos. En esta condición se consideró importante brindar
una posibilidad para generar reflexiones más profundas e introspectivas, vinculando
311
las causas de los problemas a las condiciones socio-económicas y a la imposibilidad
por parte de algunos grupos de participar activamente en la vida social y local,
impulsando al ejercicio de búsqueda de posibles soluciones.

En la tercera parte de este trabajo, gracias a las estrategias puestas en marcha a través
del proyecto de Innovación Socio-Cultural Las Tejedoras y Las Coristas, se ha
intentado subvertir un orden establecido por prejuicios y estereotipos. La reflexión
sobre la relación entre hegemonía y opresión, ha permitido definir la situación de
expropiación de la propia existencia orientada hacia una ciudadana libre, autónoma
y consciente y la esclavitud derivada por pensamientos y acciones según modelos
impuestos e internalizados.

Compartir experiencias entre mujeres, ha permitido iniciar un proceso de


identificación necesaria para el comienzo de la acción política. La lucha creativa,
impulsada a través del arte coral y del ganchillo, ha dado origen a amistades y nuevas
interconexiones. Hemos tratado de salir de las formas impuestas, las costumbres y
aquellos modelos en los que la acción humana se paraliza, con el deseo de volver a
situar al sujeto en el centro de la vida social, capaz de transformar y transformarse.

La colaboración en todas las fases entre la investigadora y las participantes, el


análisis conjunto de los problemas y de los recursos disponibles, la negociación
continua de los roles, el proceso de aprendizaje reflexivo, fueron los elementos
cruciales de esta Investigación Acción Participativa. Un camino que ha delineado
relaciones inéditas entre el conocimiento y las experiencias de vida, entre disciplinas,
así como entre el mundo académico y la sociedad. El desafío de la globalidad, que
es al mismo tiempo un desafío de complejidad, para la estructura que asume la
interrelación entre el todo y sus partes (Morin, 2000), requiere reflexión y trata de
comprender los fenómenos sociales utilizando nuevas categorías, derivadas de
formas innovadoras y más eficaces de investigación científica, impulsada por una
renovada responsabilidad hacia la sociedad civil.

312
El proceso basado en la cooperación entre investigadora, participantes y agentes
sociales, estructurado sobre los recursos presentes y las herramientas proporcionadas
por las diversas disciplinas, los resultados obtenidos en las dimensiones individual,
familiar y comunitaria, el impacto de las estrategias en los diferentes niveles
educativos, sociales y políticos definen nuevos parámetros, útiles para evaluar la
calidad de esta investigación científica.

En la cuarta parte del estudio, se llevó a cabo una evaluación interna que fomentó
la reflexión sobre la experiencia adquirida con esta Investigación Acción
Participativa, como proceso educativo y político de capacitación ciudadana activa,
analizando las relaciones entre género, cultura, autoconciencia y práctica
transformadora. La investigación social fue una herramienta para superar el status
quo y una oportunidad para construir una sociedad basada sobre los principios de
democracia participativa y justicia social.
De acuerdo con la información recabada por la fase de evaluación externa, es
posible demostrar cómo el proyecto y las estrategias puestas en marcha, han
influenciado positivamente sobre la dinamización y la cohesión social en el barrio
de El Cabanyal, contribuyendo así al debate y a la reflexión de las iniciativas
generadoras de espacios de hibridación cultural y social y posibilidad de revisión de
las políticas de inclusión.

Sin embargo, sería fundamental seguir investigando sobre los procesos de co-
participación social activa y el impacto a largo plazo de este mismo proyecto. Debido
a la complejidad del problema tratado, que aborda a la esfera individual y colectiva,
se necesita un dialogo abierto entre disciplinas, saberes y diferentes culturas.
Particularmente consideramos de gran interés continuar realizando estudios
específicos dirigidos a profundizar en los siguientes aspectos:

a) Profundizar en el rol de la investigadora como agente de la


transformación social.

b) Analizar la transición de un modelo de producción de

313
conocimiento piramidal y jerárquico, a un modelo de co-producción
en espiral.

c) Estudiar las amenazas de los procesos de Híper-Empoderamiento y


Des Empoderamiento.

Estos son algunos aspectos que surgieron en el curso de la presente investigación,


que merecen ser examinados en profundidad porque además definen algunas de
las características específicas de la metodología participativa y transformadora
utilizada. Hemos pretendido conocer y estudiar una situación y un contexto
específico, teniendo en cuenta la complejidad e incertidumbre del sistema social local,
es importante seguir reflexionando sobre las estrategias utilizadas para mejorarlas.

De hecho, en la práctica concreta es imposible no reconocer la relación con los


diferentes valores e intereses de los diversos actores en el campo, incluida la
investigadora, portadora de su propia experiencia, de sus propios ideas y roles, que
han tenido un impacto significativo dentro de la dinámica relacional entre las
personas. Inevitablemente, la presencia y las acciones de la investigadora introducen
elementos de distorsión.

El análisis de la experiencia vivida y de las dinámicas impulsadas, nos permite


comprender qué podemos seguir haciendo y cómo la investigadora puede
permanecer vinculada a un contexto, a un barrio o a un grupo de personas, para
seguir los eventos futuros. La Investigación Acción Participativa hace hincapié en
la participación y la acción dirigida al cambio social, y conduce a un camino de
democratización de la producción de conocimiento, en el que la comunidad es la
protagonista. Habría sido necesario en este estudio, profundizar más sobre el
mismo concepto de comunidad y acerca de la relación con la Innovación Social.

Como expresa Aiken (2017), la comunidad es de hecho un instrumento y un


vehículo de la Innovación Social, pero también es resultado. Ciertamente, lo es
en esta investigación cuando las personas de diferentes colectivos, a través de la
práctica y del hacer, descubren una comunidad en acción, que decide y actúa por
el bien del vecindario. Sin embargo, cerramos nuestro trabajo preguntándonos
314
¿Durante cuánto tiempo más se mantendrá esa dinámica tras la intervención
analizada aquí?

Y sin embargo, del antiguo esplendor de Clarice no se había perdido casi nada,
todo estaba allí, solo que dispuesto en un orden diferente pero adecuado no menos
que antes a las exigencias de los habitantes.

Italo Calvino: Las ciudades


invisibles

315
316
Capitolo 8
Conclusioni e prospettive

In questo capitolo si presenteranno le conclusioni dello studio realizzato. È questo


il momento della autoriflessione come donna, femminista, pedagoga e ricercatrice,
che considero fondamentale per esaminare i problemi relazionati al lavoro sul campo,
l’analisi, la presentazione e la diffusione dei risultati. Si discuterà dell’impatto che
ha avuto questo studio e le aspirazioni future.

Dal punto di vista accademico, la presente ricerca naturalista, emergente e con


carattere qualitativo, strettamente connessa alla realtà sociale e al contesto, voleva
contribuire alla formazione di nuova conoscenza in relazione a due obiettivi generali
che qui ricordiamo e un terzo sorto durante lo sviluppo del progetto:

a) Identificare la relazione di potere tra le persone che partecipano a questa ricerca


e riflettere sulla dimensione del potere generativo, come strumento per stimolare
un processo di cambio sociale positivo.

b) Creare un modello di intervento socio-culturale che abbia come obiettivo


l’Empowerment e la co-partecipazione tra le persone.

c) Identificare la scuola como spazio per riflettere sulla realtà e superare la situazione
di segregazione sociale. Una scuola impegnata a dialogare e confrontarsi con i
317
movimenti rivendicativi della base sociale, per cercare insieme soluzioni, che
permettano superare la condizione di conflitto tra comunità di cultura differente.

È nella scuola dove si è potuto dare significato a quello che si stava facendo e
dove l’intero processo ha assunto il valore di emancipazione per i membri dei diversi
gruppi sociali, la comunità scolastica e il territorio. L’esperienza prodotta grazie al
compromesso, alla volontà di trovare una strategia per incoraggiare la
mobilitazione sociale, alla forza delle emozioni e alle azioni trasformatrici avviate,
ha permesso riflettere sulla condizione di discriminazione e superare alcuni stereotipi,
generando nuove opportunità per l’incontro tra culture.

Il punto di partenza è stata la combinazione di due teorie: la teoria


dell’Empowerment (Kabeer, 1992, 1994, 2001; Léon, 1997, 2000, 2001; Rowlands,
1997) e la teoria della formazione del Terzo Spazio (Bhabha, 1994, 1996, 2007),
como presupposto per lo sviluppo di uno spazio ibrido relazionale, nel quale
realizzare azioni basate sullo scambio empatico e positivo per esplorare differenti
modelli di vita, in una interrelazione dinamica, talvolta difficile, ma sempre
motivante. La presente ricerca si basa sulla premessa che l’aumento del livello di
Empowerment delle donne di un gruppo considerato marginale, possa influire
positivamente sul processo di dinamizzazione dell’intero quartiere. Sviluppando
quegli strumenti partecipativi, di articolazione tra i discorsi e le pratiche, che
definiscono nuovi campi di soluzione dei conflitti.

Per sostenere questa idea si è strutturato un progetto di Innovazione Socio-culturale,


che ha visto protagoniste donne di differenti culture nel quartiere de El Cabanyal-
Valencia, proponendo un insieme di strategie alternative, innovatrici e integrate,
basate sullo sviluppo umano e sulle capacità individuali e comunitarie. Il progetto de
Las Tejedoras y Las Coristas ha permesso alle donne di cultura gitana di far sentire
la propria voce ed essere riconosciute come parte integrante del tessuto sociale locale,
e alle donne di cultura non gitana di superare la distanza tra collettivi e le barriere della
segregazione.

318
Attraverso un intervento multilivello e transdisciplinare, si descrive nei capitoli
anteriori, un’esperienza di esito, seppure con molti punti critici, come opportunità
per esercitare e orientare le forme del potere generativo. L’intero processo mira a
conseguire la fiducia nelle proprie abilità, riflettere sulle risorse presenti in un
territorio e in quelle persone disposte a impegnarsi a livello locale, per superare la
situazione di conflitto.

Tutte le donne partecipanti, hanno potuto sperimentare un cammino psicologico,


sociale e culturale di Emancipazione. Il processo di Empowerment è stato un
incentivo per cambiare lo stato attuale delle cose, agendo prima sulla dimensione
personale e poi in spirale, a livello delle relazioni più intime e delle relazioni con
la comunità di provenienza e rispetto al contesto.

Il processo è iniziato con una profonda riflessione sulle proprie esperienze di vita,
che sono state condivise con le altre persone, insieme ad una analisi critica sulle
strutture che definiscono le barriere della segregazione e sulle opportunità offerte
dalla partecipazione congiunta nello spazio sociale. È stato importante sviluppare
un processo efficace di cambio, che rispettasse soprattutto la capacità delle persone
di riconoscere le proprie necessità, i propri bisogni e le priorità della vita quotidiana.
La strategia partecipativa, ha permesso a tutte le persone implicate, essere parte
attiva del processo di ricerca, e il modello trasformativo ha stimolato la formazione
di uno spazio di incontro, appoggio mutuo e collaborazione.

8.1 La posizione della ricercatrice sociale

Sono passati quattro anni dall'inizio della ricerca di dottorato. Il percorso è stato
deliberatamente aperto a proposte e ispirazioni che provenivano direttamente dalle
persone coinvolte e dal contesto. Si rispondeva a specifici criteri di una Ricerca
Azione Partecipativa, volta a rivelare le dinamiche delle reti sociali preesistenti
e attive sul territorio, cercando di favorire quelle connessioni trasformative
indirizzate al cambio sociale, tra la società civile e la ricerca scientifica. Ci riferiamo

319
ai modi di intendere la ricerca sociale, come una modalità per immaginare un mondo
migliore, in cui le dimensioni teoriche e pratiche sono importanti, essenziali e
complementari.

Una sfida per la ricercatrice, sia per quanto riguarda le risorse mentali, che quelle
materiali disponibili. Tutte le categorie e i valori sono stati continuamente negoziati,
per cercare di democratizzare realmente il processo di produzione di nuove
conoscenze e superare il modo unilaterale di guardare ai fenomeni sociali.
Fondamentalmente, ho voluto condividere la grande opportunità di condurre una
ricerca di dottorato, intesa come processo di formazione e crescita, costruendo
un'alleanza con quei settori della popolazione, che si mobilitano per delineare
traiettorie efficienti in modo collaborativo.

Ci avviciniamo agli altri, carichi di conoscenza imperfetta e incompleta, spesso


mediata da dimensioni o sistemi che non derivano dal contatto diretto personale.
Con questo progetto, attraverso l'esperienza della relazione e della co-
partecipazione, ci si voleva interrogare su quei significati che vengono attribuiti ai
fenomeni, partendo dalla posizione del pensiero unico.

Si voleva proporre una strategia per riflettere su convinzioni e certezze, strutturate


in un sistema di stereotipi e credenze, che caratterizza le relazioni tra gruppi sociali
di culture diverse. Si voleva creare l'opportunità di costruire uno spazio, in cui
entrano in gioco nuovi valori di solidarietà, cooperazione, critica costruttiva e
sensibilità, puntando a facilitare la costruzione di processi collaborativi partendo dalla
valorizzazione delle differenze.

È stato fondamentale avviare una analisi di partenza della situazione di conflitto


nel quartiere de El Cabanyal e strutturare una compilazione dei bisogni delle
partecipanti, riflettendo sulle motivazioni che hanno portato a intraprendere un
lavoro comune, così importante quanto impegnativo. La posizione epistemologica
e il paradigma di riferimento, sono stati resi espliciti e considerati centrali, per
320
chiarire che la ricercatrice non produce la verità, ma propone una versione personale
degli eventi; non è un soggetto neutro e ha molte responsabilità. Allo stesso tempo,
era importante definire, che la rappresentazione della realtà è determinata dai
significati attribuiti, in riferimento all'ambiente socioculturale, politico ed economico
di provenienza.

A questo processo di analisi e riflessione si è affiancata la pratica, che ha permesso


la costruzione di un piano d'azione su più livelli, base per la strutturazione di una
possibile alternativa alla condizione di divisione, conflitto e segregazione tra
comunità. Un'area di relazioni sociali dinamiche, per la formazione di una
cittadinanza fertile, aperta, plurale, attenta, relativizzando l'idea dell’identità pura. La
maggior parte del tempo e delle energie sono state utilizzate per costruire interazioni
sociali convincenti e coerenti con il processo che si stava sviluppando, facilitando la
configurazione di spazi di espressione e percorsi motivanti, che coinvolgessero tutti
gli attori nella trasformazione sociale necessaria.

Nei primi contatti con il quartiere de El Cabanyal, ho cercato di cogliere quegli aspetti
del qui ed ora che caratterizzano un dato contesto, cercando di capire i processi e i
ritmi del campo sociale (Gadamer, 1975). Il primo impegno come ricercatrice, è stato
conoscere e riconoscersi nell'ambiente. Interpretare, spiegare il significato di un
fenomeno, dividere il tutto nelle sue parti fondamentali, con l'obiettivo di analizzare
gli elementi di base, significa riflettere come persona in relazione a un contesto
(Pedraz Marcos et al., 2014). La ricerca qualitativa, come attività che colloca la
osservatrice nel mondo (Denzin e Lincoln, 2003, 2005), mi è sembrata
un'opportunità per raggiungere questa connessione tra dimensione personale e
pubblica, tra riflessione individuale e collettiva.

Il riconoscimento all’interno del contesto, era allo stesso tempo un processo dialettico
e un esercizio auto-riflessivo (Mortari, 2007). Una dichiarazione su dove nasce
l'interesse per l'oggetto di studio e per il fenomeno in un contesto specifico,
rendendo esplicita la connessione tra la prassi, l’aspirazione di questo studio e
321
l'autobiografia della ricercatrice. La natura delle interazioni e il contatto empatico,
costante e costruttivo con le persone che sono protagoniste di questo studio, fanno
parte dello stesso atto cognitivo (Mortari, 2007). Quando pensiamo, sentiamo e
siamo consapevoli che il nostro arrivo in uno specifico contesto sia un'intrusione,
allora possiamo formulare come, e a che livello, influire sui processi e sui ritmi del
campo sociale.

La negoziazione continua della relazione di potere tra la ricercatrice e le donne


partecipanti, i legami di amicizia e fiducia, che sono stati strutturati tra le
diverse componenti del progetto, la connessione con il mondo esterno e l'impatto
del nostro modello, sulla vita comunitaria del quartiere, ci hanno permesso
sperimentare una conoscenza sociale, legata al contesto, come opportunità di crescita
personale e collettiva.

8.2 Sfide, processi e risultati

In questo studio si condivide l'idea che le donne siano soggetti fondamentali per la
salute culturale ed educativa delle collettività (Blackden e Bhanu, 1999, Shiva,
2014, 2016, Stotsky, 2007). Le donne sono considerate le protagoniste di un'azione
comunitaria, che ha messo in relazione la sfera ontologica dell'essere, la sfera
cognitiva del pensiero e la sfera politica dell'azione. Il punto di partenza è stato da
un lato la riformulazione della dimensione dell'incontro, e dall'altro il ruolo delle
donne come pioniere, della riflessione critica sulla situazione esistente e dello
sviluppo di un percorso di emancipazione comunitaria.

L’opportunità di essere una partecipante attiva all'interno di un determinato


contesto (Esposito, 2003), è una circostanza positiva di riscoperta di una nuova
soggettività. È questa una possibilità per la democrazia reale di intraprendere un
processo nel quale, si possono fare le cose in maniera differente, sulla base di una
consapevolezza collettiva della situazione attuale (Esposito, 1998), e la possibilità di
strutturare quelle pratiche per contrastare la condizione di marginalità sociale percepita

322
o imposta.

È stato necessario introdurre nell'analisi generale, il concetto di gruppo: inteso come


un collettivo di persone che si differenzia per le specifiche forme culturali, le
pratiche e i modi di vivere. Coloro che appartengono ad un gruppo hanno una
affinità specifica, dovuta ad esperienze e stili di vita simili (Young, 1994, 1997). I
gruppi sono espressioni di relazioni sociali e interpersonali, e non solo sono strumenti
analitici ma hanno anche un significato politico (Young, 1997). La posizione
marginale di alcuni gruppi è il risultato di processi di esclusione e stigmatizzazione
dei più vulnerabili, che non trovano il loro posto nelle forme delle organizzazioni
sociali (Castells, 1995), imposte dai gruppi egemonici. Le idee negative nei confronti
di un determinato collettivo possono portare a atteggiamenti discriminatori, che
impediscono alle persone di realizzarsi, esprimere le proprie potenzialità, i bisogni
e desideri.

Da un lato, era essenziale invitare a partecipare a questa esperienza di Ricerca


Azione Trasformativa, donne appartenenti a gruppi diversi, poiché nell'analisi
iniziale del contesto, si evidenziava una profonda distanza sociale tra le comunità
che vivono nel quartiere. D'altra parte, era necessario trovare un punto di incontro
nella differenza, comprendendo la molteplicità del collettivo sociale femminile,
senza limitazioni specifiche (Young, 1994).

La costituzione di spazi di incontro, occasioni di ascolto attivo, confronto e


intercambio, e la scoperta reciproca di esperienze di vita caratterizzate dalla
frustrazione, ha favorito il movimento di sostegno tra donne, che cercano di
condividere idee e concordare strategie, per superare la condizione di
discriminazione. L'oppressione non è solo dovuta a una distribuzione ineguale delle
risorse materiali, ma anche al congelamento delle relazioni sociali. Questa situazione
rende l'espressione di sé, la visibilità sociale e la partecipazione nelle decisioni che
riguardano la propria esistenza, difficile e talvolta impossibile (Young, 1997).

Una strategia per influenzare positivamente su questa condizione, è generare

323
esperienze costruttive e sistemiche tra gruppi, incoraggiando la riflessione su basi
diverse da quelle convenzionalmente stabilite, per creare relazioni più strette, in
una posizione di corresponsabilità e impegno sociale e civile. In questo modo, i
saperi generati attraverso le pratiche collettive, permettono strutturare nuove forme
di apprendimento nel mondo e sulla realtà sociale specifica, basate sull’apertura alla
differenza e all'alterità.

Si è cercato di analizzare le strutture, le pratiche, le regole e le norme, il linguaggio


e i simboli, che caratterizzano le interazioni sociali quando allontanano le persone
le une dalle altre e cercano di eliminare le differenze fino all'invisibilità. Si voleva
creare uno spazio di libera espressione, incoraggiando un processo di Empowerment
attraverso lo sviluppo di quelle proposte che rafforzano l’attitudine sociale,
promuovendo la costruzione di una rete di scambio e di solidarietà. Questa co-
generazione di nuove conoscenze basate sulla esperienza diretta con l’altro, sulla
base dei valori di tolleranza, rispetto e collaborazione, è un percorso verso la
comprensione reciproca, il dialogo empatico, come strategia per lo scambio formativo
costruttivo, in un rapporto che è allo stesso tempo personale e politico, individuale e
collettivo (Maguire, 1987).

L'idea era quella di raccogliere la testimonianza delle diverse esperienze di vita e


riflettere sulla differenza come risorsa (Young, 1994), per attivare un processo di
superamento degli stereotipi e creare una comunità di co-partecipazione tra donne,
attraverso lo scambio creativo, la vicinanza, l’aiuto mutuo. Lo scopo era quindi
ritrovarsi in una nuova dimensione di comunità, costruita sul fare insieme, sulla base
dell’esperienza formativa vissuta, che viene raccontata e condivisa attraverso la
narrazione, nella quale si intreccia la dimensione come narratrici e protagoniste del
cambio sociale positivo.

Gli eventi organizzati, i percorsi disegnati, i desideri realizzati, fanno parte di


quella storia che insieme abbiamo costruito. Le cronache dell’intero processo,
aiutano a comprendere come, trovandoci, scoprendoci differenti e complementari, e
scegliendo di co-partecipare, abbiamo sperimentato un nuovo modo di essere parte
324
attiva nella vita comunitaria.

Insieme abbiamo deciso quale storia vivere, quali pratiche attuare e come ricostruire
le nostre vite dopo questa esperienza. La narrazione è stato anche uno strumento
per la restituzione partecipativa dei risultati raggiunti, riconoscendo a tutte noi la
capacità di analizzare, investigare, proporre soluzioni e comunicare le nostre
personali conclusioni sul percorso fatto, contribuendo al dibattito sul fenomeno
studiato e sulla realtà che ci circonda.

8.3 Scuola, territorio e cambiamento sociale

Nella complessa storia del quartiere de El Cabanyal, anche la scuola pubblica si è


trovata a fronteggiare una situazione difficile. Al centro del conflitto tra gruppi sociali
e culture differenti, si è convertita in una istituzione che ha accolto i bambini e le
famiglie con situazioni di vita complicate, povertà, esclusione e marginalità, ed è
stata considerata per anni, come un ghetto.

La partecipazione alla vita scolastica del gruppo de Las Tejedoras y Las Coristas
ha permesso alla scuola di riscoprirsi in un nuovo ruolo, aprendo le porte a quel
movimento che strutturato dal basso, si impegnava attraverso l’azione sociale, a
cambiare lo status quo delle cose. Grazie alla responsabilitá, la motivazione e
l’organizzazione delle donne partecipanti, e alla apertura, la disponibilità, dell’intera
comunità scolastica, è stato possibile riflettere sulla situazione del conflitto,
reindirizzando le relazioni tra gruppi sociali e tra il territorio e la stessa scuola.

È nella scuola dove inizia il vero cambiamento. La sua capacità di riflessione sulla
realtà circostante, di agire e reagire ad una determinata situazione, e finalmente
stabilire un'interconnessione con quegli agenti che hanno come obiettivo comune,
il miglioramento della condizione personale e comunitaria, è adesso da più parti
riconosciuta. Uno spazio, che rende visibile la differenza, dove l’alterità non è una
minaccia o un'entità sconosciuta, ma una possibilità per attivare un processo di
formazione pedagogico e politico, verso una cittadinanza plurale e ibrida.
325
Nella scuola è stato possibile condividere storie di vite ed esperienze, sentimenti e
riflessioni, iniziando una lotta per l'autodeterminazione e per la riappropriazione
dello spazio sociale. L'esperienza del conflitto si è elevato a contenuto educativo,
rielaborato ed analizzato, si è trasformato in occasione di discussione, di costruzione
del pensiero critico, di conoscenza situata e collegata alla realtà circostante.

L’analisi, la riflessione, l’azione e la valutazione congiunta delle donne partecipanti


a questo progetto, della ricercatrice, della comunità universitaria e scolastica, delle
famiglie, degli alunni e delle alunne, è partita dalla scuola, ritornando al quartiere,
e attraverso seminari, conferenze ed incontri è diventato bene comune, esperienza
condivisa, esempio da seguire.

La scuola si è riscoperta nel contesto locale come promotrice di quelle strategie di


liberazione e di sensibilizzazione per la costruzione di una vera democrazia basata
sui principi di giustizia e di equità (Smith, Ryoo e McLaren, 2009). La sfida è
quella di analizzare la condizione di oppressione che alcuni gruppi sociali soffrono,
come un fenomeno strutturale le cui cause sono radicalizzate nei comportamenti,
in habitus e simboli stabiliti dai gruppi dominanti (Young, 1993,1994).

Coltivare la memoria sugli eventi che hanno trasformato il quartiere e alimentato


il conflitto tra comunità di cultura differente, è un momento introspettivo che genera
nuove domande e ha valore di formazione pedagogica e politica, in quanto l'esperienza
acquisita deve essere riutilizzata per comprendere e studiare criticamente le cause che
generano le nuove minacce di espulsione e le nuove forme di gentrificazione.

8.4 Conclusioni globali dello studio e aspettative future

Le conclusioni presentate in questo studio rispondono alle domande di ricerca,


strutturate sulla base dell’analisi teorica, la letteratura di riferimento e strettamente
correlate al contesto. Per rispondere alle necessità individuate dalla ricercatrice ed
espresse dalle partecipanti, si è strutturato il progetto di innovazione sociale di Las
326
Tejedoras y Las Coristas nel quartiere di El Cabanyal, nella città di Valencia.

Le domande fanno riferimento a specifiche dimensioni, individuate nel corso di


questa Ricerca Azione Partecipativa e Trasformativa:

a) La riflessione sulla prassi strutturata per supportare il processo di


Empowerment, la partecipazione congiunta alla vita sociale locale e la
formazione di un Terzo Spazio tra donne di culture diverse.

b) La strutturazione di un modello di coproduzione e uso della conoscenza,


che aspira alla trasformazione della realtà sociale.

La ricerca scientifica ha fornito gli strumenti per comprendere il contesto, riflettere


sulla storia del quartiere, sui bisogni e le aspirazioni delle persone, strutturare la
conoscenza previa; il tutto per co-produrre nuovi saperi, necessari ad avviare
un’azione di cambio sociale. Nella pratica, il progetto di Innovazione Socio-culturale
ha permesso pianificare le strategie per cercare soluzioni concrete ai problemi reali,
coordinando le risorse che confluivano da più parti: le persone, le comunità, la
scuola, le istituzioni locali e i movimenti sociali.

Nella prima parte di questo studio si è reso necessaria una profonda revisione
della letteratura specifica sulle teorie dell’Empowerment, la partecipazione cittadina
e la formazione del Terzo Spazio. Nella seconda parte è stato necessario avviare
un’analisi accurata del contesto e delle condizioni di partenza, analizzando i problemi
del quartiere, ascoltando le voci dei residenti, raccogliendo le testimonianze sui loro
bisogni, le loro aspirazioni e i loro desideri. È stato possibile redigere una lunga
storia, caratterizzata dalle continue minacce di speculazione sul territorio, la situazione
di conflitto sociale, ma anche la presenza importante di resistenza cittadina, nei
confronti di quelle politiche locali di ridefinizione forzata dello spazio di vita.

La condizione di segregazione del tessuto sociale ha caratterizzato la vita


327
dell’intero quartiere negli ultimi venticinque anni, penetrando anche all'interno della
scuola e circoscrivendo così specifici contesti educativi. In questa condizione si è
ritenuto importante generare riflessioni più profonde e introspettive, per comprendere
le strutture che impongono le condizioni di marginalità, a una parte consistente
della popolazione locale, impedendo ad interi gruppi di partecipare attivamente
alla vita sociale e fomentando l’indifferenza.

Nella terza parte di questo lavoro, grazie alle strategie innovative e creative messe in
atto con il progetto de Las Tejedoras y Las Coristas si è cercato di sovvertire
un ordine stabilito da pregiudizi e stereotipi. La riflessione congiunta della
ricercatrice e delle partecipanti sul rapporto tra egemonia e oppressione, ha
contribuito a definire la posizione di una parte della popolazione locale, come di
mera espropriazione dagli spazi di espressione, mentre un’altra parte della
popolazione agisce sulla base di pensieri e modelli interiorizzati, che definiscono
limiti percepiti come invalicabili tra le diverse comunità presenti.

La condivisione di spazi per l’incontro e lo scambio tra le donne partecipanti alla


ricerca, ha permesso superare queste barriere e avviare un processo di identificazione
reciproca, necessario per dare inizio all'azione di cambio sociale. L’apertura alla
differenza, percepita come ricchezza, ha dato vita ad amicizie e nuove
interconnessioni, che hanno permesso uscire dalle forme imposte dal conflitto reale
o percepito, superando i modelli prescritti, con il desiderio di porre il soggetto al
centro della vita sociale, individuo capace di trasformarsi e trasformare la realtà.

La collaborazione in tutte le fasi tra la ricercatrice e le partecipanti, l'analisi congiunta


dei problemi e delle risorse disponibili, la continua negoziazione dei ruoli, il
processo di apprendimento riflessivo, la restituzione partecipativa dei risultati
raggiunti; sono stati gli elementi cruciali di questa Ricerca Azione Partecipativa e
Trasformativa.

Un percorso che ha delineato inedite relazioni tra nuove conoscenze ed esperienze di


vita, tra discipline, tra mondo accademico e società. La sfida della globalizzazione,
328
con la complessità che assume l'interrelazione tra il tutto e le sue parti (Morin,
2000), richiede una riflessione profonda, per cercare di capire i fenomeni sociali con
nuove categorie di analisi, derivate da forme innovative, co-partecipative e più efficaci
di ricerca scientifica, guidate da una rinnovata responsabilità nei confronti della società
civile.

Il processo basato sulla cooperazione tra ricercatrice, partecipanti e agenti sociali,


strutturato sulle risorse presenti, gli strumenti forniti dalle diverse discipline, i
risultati ottenuti nelle dimensioni individuali, delle relazioni più vicine e di
comunità, l'impatto delle strategie sui diversi livelli di tipo sociale e politico
definiscono nuovi parametri, utili per valutare la qualità e l’efficacia di questa ricerca
scientifica.

Nella quarta parte dello studio, si è effettuata una fase di valutazione. Una
valutazione interna, attraverso un questionario a risposte aperte, per le donne
partecipanti alla ricerca e una valutazione esterna, con interviste semi-strutturate, ad
alcuni attori sociali locali; una insegnante di scuola primaria, uno di scuola
secondaria, un residente del quartiere e un’assistente sociale. La valutazione interna
ha incoraggiato la riflessione sulle esperienze acquisite e sul processo educativo e
politico di formazione alla cittadinanza compromessa con il contesto, analizzando il
rapporto tra genere, cultura, rappresentazione del sé e pratica trasformativa. La
ricerca sociale è stata uno strumento per acquisire nuovo sapere e dibattere sulla
condizione attuale delle cose, e opportunità per costruire una società basata sui
principi della democrazia partecipativa e della giustizia sociale.

Secondo le informazioni raccolte nella fase di valutazione esterna, è possibile


dimostrare come il progetto e le strategie messe in atto, abbiano influito positivamente
sulla rivitalizzazione e la coesione sociale nel quartiere de El Cabanyal, contribuendo
al dibattito e alla riflessione sulle iniziative che generano spazi di ibridazione
culturale e sociale, con possibilità di rivedere le politiche di inclusione.

Tuttavia, sarebbe fondamentale continuare a studiare i processi di co-partecipazione


329
sociale attiva e l'impatto a lungo termine di questo stesso progetto di Innovazione
socio- culturale. A causa della complessità del problema affrontato, che riguarda
sia la sfera individuale che collettiva, è necessario un dialogo aperto tra discipline,
conoscenze e culture diverse. Il lavoro ha dato i suoi frutti, per quanto sono molte
le incognite che potrebbero essere motivo di ricerca per un futuro immediato.
Consideriamo di grande interesse continuare a realizzare studi specifici diretti ad
approfondire i seguente aspetti:

a) Il ruolo della ricercatrice come agente di trasformazione sociale.

b) Il passaggio da un modello di produzione di conoscenza


piramidale e gerarchica a un modello di coproduzione a spirale.
c) Le minacce dei processi di Iper-Empowerment e De-Empowerment.

Questi sono alcuni aspetti sorti nel corso della presente ricerca che meritano essere
esaminati in profondità, perché definiscono alcune caratteristiche specifiche della
metodologia partecipativa e trasformativa utilizzata.

Abbiamo preteso conoscere e studiare una situazione e un contesto specifico, tenendo


in conto la complessità e l’incertezza del sistema locale, nel contempo è importante
continuare a riflettere sulle strategie utilizzate per migliorarle. Di fatto nella pratica
concreta è impossibile non riconoscere la relazione con i valori e gli interessi dei diversi
attori del campo, inclusa la ricercatrice, che porta con sé la sua esperienza, le sue
idee e i ruoli, che hanno avuto un impatto significativo sulla dinamica delle relazioni
tra le persone. Inevitabilmente la presenza e le azioni della ricercatrice introducono
elementi di distorsione.

L’analisi della esperienza vissuta e delle dinamiche impulsate, ci permette comprendere


che cosa possiamo continuare a fare e como la ricercatrice può rimanere in qualche modo
vincolata con il contesto, con il quartiere e con i gruppi di persone, per seguire gli
eventi futuri. La Ricerca Azione Partecipativa si centra sulle dimensioni della
partecipazione e dell’azione diretta al cambio sociale, e conduce a un cammino di
330
democratizzazione della produzione della conoscenza, nel quale la comunità è la
protagonista.

In questo studio sarebbe stato necessario approfondire di più sul significato di comunità
e la relazione tra questa e la Innovazione sociale. Così come sostiene Aiken (2017), la
comunità è di fatto uno strumento, un mezzo della Innovazione Sociale ma anche un
risultato. Certamente lo è in questa ricerca, quando le persone di differenti collettivi,
attraverso la pratica e il fare, si scoprono una comunità in azione, che decide e attua
per il bene del quartiere. La domanda che ci facciamo a chiusura di questo lavoro è per
quanto tempo ancora si manterrà questa dinamica dopo l’intervento qui analizzato.

Eppure, dell'antico splendore di Clarice non s'era perso quasi nulla, era tutto lì,
disposto solamente in un ordine diverso ma appropriato alle esigenze degli
abitanti non meno di
prima.
Italo Calvino: Le città invisibili

331
332
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373
Anexos

Tabla de códigos de la entrevistas

Código entrevista Fecha


Residente del barrio de El Entrevista fechada el 24
R.01 Cabanyal noviembre 2016
Residente Entrevista fechada el 28
R.02 enero 2017
Residente Entrevista fechada el 28
R.03 enero 2017
Residente Entrevista fechada el 12 de
R.04 noviembre de 2016
Residente Entrevista fechada el 3 de
R.05 noviembre de 2016
Residente Entrevista fechada el 9 de
R.06 noviembre de 2016.
Residente Entrevista fechada el 24 de
R.07 noviembre de 2016

Residente Entrevista fechada el 24 de


R.08 noviembre de 2016
Trabajadora social Entrevista fechada el 16 abril
T.S.01 2018
Activista y residente Entrevista fechada el 5 mayo
A.R.01 2018
Profesora Escuela Publica Entrevista fechada el 9 de
P.01 noviembre de 2017

374
Profesora Escuela Entrevista fechada el 15
P.02 Concertada noviembre 2016
Profesora Escuela Publica Entrevista fechada el 9
P.03 noviembre 2016
Profesora Escuela Publica Entrevista fechada en
P.01.1 septiembre 2014
Directora Centro Escolar Entrevista fechada el 15
D.C 01 noviembre 2016
Evaluadora Externa 01- Entrevista fechada el 12 de
E. E. 01 Profesora de escuela julio 2018
primaria
Evaluador Externo 02- Entrevista fechada el 9 abril
E. E. 02 Profesor de escuela 2018
secundaria
Evaluadora Externa 03- Entrevista del 16 abril 2018
E.E.03 Representante institucional

Evaluador Externo 04- Entrevista fechada el 3 de


E.E.04 Vecino del Barrio de El mayo 2018
Cabanyal
Investigador del EDUSI Entrevista fechada el 10 de
I.E.01 noviembre de 2016
Representante Asociación Entrevista fechada el 14 de
R. A. 01 territorial noviembre de 2016
Activista y residente del Entrevista fechada el 29 de
A.R. 02 barrio de El Cabanyal noviembre de 2016
Activista y residente del Entrevista fechada el 30 de
A.R. 03 barrio de El Cabanyal/ noviembre de 2016
representante del colectivo
gitano

375
Representante Asociación Entrevista fechada el 20 de
A.R 04 territorial noviembre de 2016
Evaluadora charla en el 2 de marzo 2018
E.C. 01 instituto
Evaluadora charla en el 22 de marzo 2018
E.C.02 instituto

E.I. = Evaluación Interna Tejedora 01-02-03-04-05-06


E.I.= Evaluación Interna Corista 01-02-03-04-05-06-07-08-09-10-11-12

376
Anexo 1

GUIÓN DE ENTREVISTA SEMI ESTRUCTURADA


Fase de exploración

1) ¿Desde cuánto tiempo vive/ trabaja en el Cabanyal?

2) ¿Cómo describiría Usted el barrio de El Cabanyal?

3) ¿Cómo describiría Usted la situación en la que se encuentra hoy en día el barrio?

4) ¿De qué manera se podrían abordar las problemáticas presentes en el barrio?

5) ¿Qué ha visto, ve y le gustaría ver en el barrio de El Cabanyal?

377
Anexo 2

Encuesta de Evaluación a las mujeres del grupo de Las Tejedoras.

Esta evaluación pretende recoger la opinión de las mujeres que han participado en el
grupo de
Las Tejedoras con el fin de aportar mejoras al
proyecto. Gracias por tu colaboración. El cuestionario
es anónimo.

1) ¿Cuáles son las razones que te han llevado a participar en este proyecto?

2) ¿Qué es lo que más/menos te ha gustado del curso de ganchillo?

3) ¿Consideras valioso este proyecto para tu formación como ciudadana?

4) ¿Qué es lo que más/menos te ha gustado de tu participación a la


organización de la Semana Cultural en el centro escolar?

Trabajo en equipo.
5) ¿Cuáles son los aspectos que te han gustado más/menos del trabajo en equipo?

Resolución de problemas.
Describe alguna situación en la que te haya costado aprender algo.

6) ¿Dónde residía la dificultad? ¿Y cómo la resolviste?

7) ¿Cuáles son tus objetivos inmediatos y a largo plazo en relación el proyecto


puesto en marcha?

378
Anexo 3

Encuesta de Evaluación a las mujeres del grupo de Las Coristas.

Esta evaluación pretende recoger la opinión de las mujeres que participan en el


proyecto de Innovación Socio- Cultural Las Tejedoras y Las Coristas.
Gracias por tu colaboración- El cuestionario es anónimo.

1) ¿Qué es lo que más/menos te gusta del proyecto en el cual estas involucrada?


2) ¿Qué es lo que mejorarías?
3) ¿Consideras valioso este proyecto para tu formación como ciudadana?
4) ¿Consideras valioso este proyecto para el proceso de dinamización social del
barrio y la cohesión entre comunidades de cultura diferentes?

Trabajo en equipo.
5) ¿Cuáles son los aspectos que más/menos te gustan del trabajo en equipo y con
mujeres de cultura diferentes?
Finalmente, si quieres proponer algo, coméntalo.

379
Anexo 4

GUIÓN DE ENTREVISTA SEMI


ESTRUCTURADA
Evaluadores externos

1) Los objetivos del proyecto de Innovación Socio- Cultural, son esencialmente dos:
el proceso de Empoderamiento de un grupo de mujeres de cultura gitana y la
formación de un espacio de encuentro entre mujeres de cultura diferentes. ¿Cree
Usted que a través de este proyecto, las estrategias puestas en marcha y las
actividades, se están logrando estos resultados?

2) Según Su opinión ¿qué impacto tiene el proyecto sobre la comunidad escolar?

3) ¿Cree Usted que el proyecto pueda impulsar los procesos de dinamización y


cohesión social en el barrio de El Cabanyal?

4) ¿Cuánto es importante, según Su opinión, el enfoque feminista del proyecto?

5) ¿Crees que el modelo propuesto por el proyecto de Las Tejedoras y Las


Coristas
pueda ayudar a destruir algunos estereotipos y prejuicios? ¿Cómo?

380
Anexo 5
CARTA DE CONSENTIMIENTO INFORMADO

1. Yo certifico que he sido


informado(a) con la claridad y veracidad debida respecto al trabajo de
investigación que la doctoranda Donatella Donato me ha invitado a participar;
que actúo consecuente, libre y voluntariamente como colaborador,
contribuyendo a éste procedimiento de forma activa.
2. Soy conocedor(a) de la autonomía suficiente que poseo para retirarme u
oponerme al ejercicio académico, cuando lo estime conveniente y sin necesidad
de justificación alguna.
Que se respetará la buena fe, la confiabilidad e intimidad de la información
por mí suministrada, lo mismo que mi seguridad física y psicológica.
3. Yo certifico que quiero ser
partícipe del trabajo que se lleva a cabo bajo la supervisión de la doctoranda Donatella
Donato

El objetivo de esta carta es informarle que tanto los datos que las fotografías
obtenidos serán utilizados exclusivamente para los fines del presente proyecto y del
trabajo de investigación.
Si accede a participar, puede dejar de hacerlo en cualquier momento, sin que
tenga que dar explicación alguna.
Su participación en este trabajo no conlleva ningún riesgo.
Pero, si tiene alguna pregunta durante su participación, puede acercarse a la
persona encargada para aclarar sus dudas, las que serán tratadas en privado.

Yo , HE TENIDO LA
OPORTUNIDAD DE LEER ESTA DECLARACIÓN DE CONSENTIMIENTO
INFORMADO, HACER PREGUNTAS ACERCA DEL PROYECTO DE INVESTIGACIÓN Y
ACEPTO PARTICIPAR EN ESTE PROYECTO.

Nombre:

Firma:

381
Anexo 6

382
383

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