Tumori Dell'Urotelio

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I TUMORI UROTELIALI

• 1. INTRODUZIONE
• 2. EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
• 3. STORIA NATURALE
• 4. ISTOPATOLOGIA
• 5. STADIAZIONE
• 6. CLINICA
• 7. DIAGNOSI
• 8. OPZIONI TERAPEUTICHE (CENNI)
• 9. ICONOGRAFIA

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1. INTRODUZIONE
La vescica urinaria così come tutta la via escretrice urinaria ha una parete costituita
da una tonaca mucosa (epitelio di rivestimento e lamina propria), una tela
sottomucosa, una tonaca muscolare ed una tonaca sierosa o avventizia a seconda delle
zone che vengono considerate. L’urotelio è un epitelio che riveste tutta la via urinaria,
dai calici fino all’ultima parte dell’uretra, esclusa l’uretra balanica, è un epitelio
caratteristico e detto a cellule transizionali disposto in 3-7 strati sovrapposti. Vi si
osserva un tappeto di cellule basali sul quale giacciono più strati di cellule
intermedie. Lo strato più superficiale è composto da cellule piatte e larghe dette
cellule ad ombrello. L’urotelio giace su una membrana basale di tessuto connettivale
(lamina propria), nella lamina propria si osserva la muscolaris mucosae con fibre
muscolari sparse disposte in modo irregolare. Al di sotto di questo strato esiste un
esile strato di tessuto connettivo che prende il nome di tela sottomucosa.
I tumori dell’urotelio (uroteliomi o carcinomi a cellule transizionali) sono i più
frequenti dell’apparato urinario, principalmente si sviluppano nella vescica, ma si
possono riscontrare anche a livello pielico, caliciale, ureterale ed uretrale.
I tumori dell’urotelio sono stati definiti “policronotopici”, ossia queste neoplasie
hanno la tendenza a localizzarsi in tempi diversi ed in sedi diverse della via
escretrice. Un paziente su cui si fa diagnosi di tumore vescicale potrà avere
contemporaneamente una neoplasia nell’uretere, un paziente che presenta un tumore
primitivo a livello ureterale può presentare una neoplasia nella pelvi controlaterale o
nella vescica. Sono neoplasie che presentano un elevato tasso di recidiva.
Quando un paziente presenta una neoplasia uroteliale, dovrà essere studiata
attentamente tutta la via escretrice perché potrebbe presentare anche altre
localizzazioni della malattia.

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2. EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
Dal punto di vista epidemiologico si è detto che gli uroteliomi sono i tumori
dell’apparato urinario con la più elevata incidenza ed è stata rilevata una loro
correlazione con fattori ambientali. Sono chiamate in causa in questo senso diverse
sostanze chimiche prodotte a livello industriale, certe sostanze che vengono liberate
nell’aria o nelle acque, ed esiste una stretta relazione tra l’insorgenza di queste
neoplasie e certe abitudini di vita come ad esempio il fumo di sigaretta.
Come per molte altre patologie, lo studio epidemiologico, anche in questo caso ci
consente di legare l’insorgenza di una determinata malattia, in una popolazione, a dei
fenomeni ambientali, abitudini alimentari, lavorative, abitudini di vita in generale.
Questo permette di conoscere i meccanismi patogenetici, migliorare le conoscenze
sulla malattia, impostare in maniera corretta la terapia ed un efficace intervento di
prevenzione: se il tumore vescicale insorge in individui che fumano 40 sigarette al
giorno è più razionale investire nella prevenzione e nelle campagne anti fumo che
nella ricerca di un farmaco efficace.
Sono tra i primi tumori per i quali è stata chiaramente dimostrata un’origine legata ad
una attività lavorativa, infatti si dimostrò una elevata incidenza nei lavoratori che si
occupavano della produzione delle vernici industriali a base di anilina. Si dimostrò
infatti un rapporto tra i coloranti a base di anilina e l’insorgenza del tumore vescicale,
ciò è stato possibile individuando un amina aromatica con dei gruppi in posizione
orto responsabile dell’insorgenza di tali neoplasie. Ovviamente non sono solo le
amine aromatiche ed altre sostanze chimiche a determinare l’insorgenza delle
neoplasie uroteliali ma sono ne sono responsabili anche le infezioni vescicali
croniche e le infestazioni da Schistosoma Haematobium e Monsonii, parassiti diffusi
soprattutto in Nord Africa veicolati da una lumachina d’acqua dolce. Esistono anche
casi di tumore uroteliale di origine iatrogena come nei soggetti sottoposti a
chemioterapia con cytoxan. Nei soggetti fumatori le neoplasie dell’urotelio si

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riscontrano 4-5 volte più frequentemente rispetto ai non fumatori, ovviamente a ciò
vanno aggiunte le abitudini di vita ed eventualmente l’attività lavorativa svolta. Il
fumo di sigaretta è comunque un fattore di rischio molto importante, da correlare con
il numero di sigarette ed il tempo di esposizione: se un soggetto inizia a fumare a 15-
16 anni e per 50 anni è sottoposto ad una esposizione continua, il rischio di contrarre
una neoplasia uroteliale aumenta sensibilmente. Si è calcolato che sono necessari
almeno 10 anni dalla sospensione del fumo affinché il rischio torni uguale ai non
fumatori.
Nonostante la complessità, l’attuale ricerca oncologica indica che alla base del
processo di trasformazione maligna debbano esserci necessariamente alterazioni
genetiche. Diversi meccanismi potrebbero spiegare queste alterazioni genetiche, uno
coinvolge l’induzione degli oncogeni, geni alterati che esprimono il fenotipo
maligno, principalmente permettendo alle cellule di sfuggire ai normali sistemi di
controllo della crescita. Un altro meccanismo molecolare molto importante nel
processo di carcinogenesi è l’inattivazione o perdita dei geni che codificano proteine
in grado di regolare la crescita cellulare, correggere gli errori del DNA o indurre
apoptosi. La delezione o l’inattivazione di questi cosiddetti geni di soppressione
neoplastica, o geni oncosoppressori, promuove la crescita sregolata oppure impedisce
il meccanismo di morte programmata (apoptosi) delle cellule con DNA danneggiato.

3. STORIA NATURALE
La storia naturale del tumore uroteliale è un lungo processo che passa attraverso
diverse fasi. La cellula normale viene sottoposta all’azione di una sostanza chimica
detta iniziatore che è in grado di alterare il DNA trasformandola in cellula maligna.
Tale cellula per azione dei promotori si moltiplica in maniera incontrollata a causa
dell’attivazione degli oncogeni e/o per in attivazione dei geni oncosoppressori.
Tale crescita incontrollata comporta una proliferazione cellulare in seno alla parete
vescicale (in genere l’urotelio) dando origine ad un micronodulo neoplastico (visibile
solo microscopicamente). La progressiva crescita in senso centrifugo del nodulo

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comporta uno sviluppo della neoformazione verso il lume della vescica. Si osserverà
quindi una neoformazione che prendendo origine dall’epitelio di superficie si
accresce nel lume accompagnata da un asse fibrovascolare di supporto. Questo
fenomeno di crescita all’interno del lume è legato al fatto che in fase iniziale la
membrana basale si oppone al processo di crescita neoplastica che trova possibilità di
crescere più facilmente nel lume. A questo punto la neoformazione avrà l’aspetto di
una arborescenza con base di impianto larga (sessile) o stretta (peduncolata) di
dimensioni variabili che vanno da una microformazione ad una macroformazione che
può occupare tutto il lume vescicale. Tale neoformazione potrà essere unica o
multipla a seconda che il processo di trasformazione neoplastica sia stato più o meno
contemporaneo in altre zone della parete vescicale. Con il passare del tempo le
cellule neoplastiche si accresceranno verso gli strati più profondi della parete
vescicale superando dapprima la membrana basale portandosi in seno alla lamina
propria quindi alla tela sottomucosa e quindi verso lo strato più interno del detrusore
(metà interna) o verso quello più esterno (metà esterna). Superato il detrusore la
neoplasia interesserà lo strato avventiziale o sieroso e quindi andrà ad infiltrare gli
organi circostanti. Tali organi nella donna sono: vagina ed utero, retto, intestino
tenue, pareti muscolari e scheletriche della piccola pelvi. Nell’uomo invece potranno
essere infiltrati il retto posteriormente, la prostata e le vescicole seminali
inferiormente e posteriormente, lateralmente le pareti muscolari e scheletriche del
piccolo bacino e superiormente le anse dell’intestino tenue.
Le cellule neoplastiche durante la loro crescita verso gli strati più profondi
incontreranno vasi linfatici e vasi venosi che dapprima compressi e poi infiltrati
verranno invasi da esse e costituiranno le vie tramite le quali le cellule potranno
viaggiare verso altri distretti corporei. Nel caso dei vasi linfatici essi verranno
percorsi dalle cellule neoplastiche che andranno a fermarsi in diverse stazioni
linfonodali, dapprima vicine (linfonodi regionali) e quindi lontane (linfonodi a
distanza). I primi linfonodi ad essere interessati saranno quelli a ridosso dei vasi
ipogastrici (linfonodi otturatori ed ipogastrici), dei vasi iliaci esterni e quindi

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dell’iliaca comune. Saranno poi interessati i linfonodi a ridosso di cava inferiore ed
aorta e quindi quelli più distanti. Dopo l’invasione delle vene e dei linfatici si
osserverà una migrazione delle cellule nel torrente ematico venoso con
disseminazione e formazione di metastasi in tutti gli organi addominali e
principalmente fegato, ossa del bacino e delle vertebre, peritoneo. Seguono quindi
altri organi come polmone, pleure, cervello, midollo osseo e pelle. Lo sviluppo del
tumore principale e quello delle metastasi porteranno ad una progressiva invasione
del tumore nel corpo del soggetto sino a portarlo a morte.

4. ISTOPATOLOGIA
Il 98% dei tumori dell’urotelio sono di origine epiteliale e sono costituiti dai
carcinomi a cellule di transizione.

• Papilloma: si definisce come papilloma un tumore papillare con un asse


fibrovascolare su cui poggiano le cellule transizionali normali, che mantengono
la loro polarità. I papillomi non sono frequenti: comprendono circa il 5 % di
tutti i tumori a cellule di transizione, la loro prognosi è molto buona dal
momento che solo il 15 % di queste forme progredisce verso un tumore di alto
grado.

• Carcinoma a cellule di transizione: circa il 90 % di tutte le neoplasie


dell’urotelio sono carcinomi a cellule di transizione, più frequentemente hanno
aspetto papillare esofitico peduncolato, meno frequentemente sono sessili
oppure solidi ed ulcerati.

• Carcinoma in situ (CIS): il carcinoma in situ della vescica è una forma


neoplastica piatta, anaplastica, non papillare. Le cellule sono grandi, senza
polarità, con nucleoli prominenti. Il CIS può insorgere su una lesione esofitica
o nelle aree circostanti ad essa, o anche come lesione focale o diffusa in un

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paziente privo di lesione macroscopiche. La storia naturale del CIS è variabile,
ma in genere presenta un andamento che appare differente rispetto a quello
nelle neoformazioni vegetanti che abbiano un basso grado di anaplasia. Infatti
il processo di diffusione neoplastica attraverso i diversi strati della parete
vescicale è un evento più frequente e più precoce rispetto alle neoplasie
vegetanti.

• Carcinoma a cellule non transizionali: questa classe comprende forme meno


frequenti come l’adenocarcinoma, il carcinoma a cellule squamose, il
carcinoma indifferenziato ed il carcinoma misto.

5. STADIAZIONE
Stadiazione clinica
Nella sua storia naturale il tumore progredisce da una fase microscopica ad una
macroscopica durante la quale contrae rapporti differenti con l’organo da cui si è
originato e con l’organismo che lo accoglie. La progressiva estensione del tumore in
seno alla parete vescicale, le metastasi nei linfonodi e negli organi a distanza
costituiscono momenti diversi della storia della neoplasia ma nello stesso tempo
anche diversi stadi della malattia.
Riuscire a comprendere in che stadio si trova la malattia permette di stabilire una
strategia terapeutica per l’aggressione del tumore e allo stesso tempo ci può
permettere di esprimere un giudizio prognostico.
Mediante la stadiazione clinica e patologica possiamo comprendere la stato di
evoluzione della malattia e capire in che momento della storia naturale essa si trova.
E’ definita stadiazione clinica in quanto è una stadiazione che noi effettuiamo
mediante tutte le indagini diagnostiche cliniche che abbiamo a disposizione
(anamnesi, esame obiettivo, diagnostica per immagini).
Per effettuare una stadiazione clinica dovremo utilizzare:

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per lo studio della vescica e degli organi vicini: esame obiettivo, ecografia vescicale,
TC del piccolo bacino e dell’addome, eventuale RMN bacino e addome. Con tali
tecniche saremo in grado di capire sede, dimensioni e focalità della neoformazione e
gli esatti rapporti tra neoplasia e parete vescicale nonché i rapporti con gli organi
vicini (per esempio: saremo in grado di capire se si tratta di una neoplasia che
interessa solo gli strati più superficiali della parete o se questa si porta verso gli strati
più profondi o se ha invaso un organo circostante).
La T.C. addome-pelvi fornisce inoltre informazioni sull’eventuale presenza di
linfoadenopatie pelviche (otturatori, iliaci interni ed esterni) o para-aortiche o di
metastasi epatiche o di altri organi addominali.
Gli esami endoscopici (più invasivi rispetto alle altre tecniche) andranno dedicati a
casi dubbi o qualora si decida di procedere in tempo unico alla stadiazione clinica e
patologica asportando la neoformazione. Tra gli esami endoscopici principali
ricordiamo: cistoscopia per lo studio della vescica, ureteroscopia per lo studio
dell’uretere, necroscopia per lo studio delle cavità renali.
Per stabilire l’eventuale presenza di metastasi in sede polmonare o pleurica sarà
indicata eseguire una RX torace o una T.C. del polmone. La R.M.N. del cranio ci
permette invece di evidenziare eventuali ripetizioni a livello encefalico.
La presenza di lesioni ripetitive a livello scheletrico va indagata con la scintigrafia
ossea total-body, che nel caso di sospetta positività mostrerà delle aree di accumulo
del radiofarmaco in corrispondenza dei segmenti scheletrici interessati dalle
metastasi. Uno studio mirato di tali zone con RX TC o RMN permetterà di
confermare il sospetto di metastasi.

Stadiazione patologica
Una precisa definizione dello stadio di malattia effettuata sul pezzo anatomico
(vescica intera, pezzo chirurgico di vescica con neoplasia, linfonodi) o su di una
biopsia della neoplasia consente di definire lo stadio patologico.

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Dovremo quindi stabilire se ci troviamo di fronte ad una forma superficiale, muscolo
invasiva o ancora più avanzata. Per eseguire una biopsia della neoplasia o per
l’asportazione globale di essa, attualmente, ci si serve preferibilmente della resezione
transuretrale. Tale resezione consiste in un sistema endoscopico che permette di
entrare all’interno della vescica visualizzare la neoformazione e quindi mediante
elettroresezione procedere alla biopsia o asportazione della neoplasia. Si tratta quindi
dell’esame più importante per giudicare la profondità del tumore, perché fornisce il
materiale attraverso il quale l’anatomo patologo stabilirà lo stadio ed il grado della
neoplasia.

• Sistema TNM:
Tale sistema di classificazione delle neoplasie viene utilizzato dopo lo studio ottenuto
tramite gli esami strumentali o quello effettuato dall’anatomopatologo sul pezzo
operatorio.
Esempio: se gli esami clinici di stadiazione e quelli patologici ci dicono che il tumore
interessa la profondità del muscolo detrusore (T) che sono presenti metastasi
linfonodali (N) e a carico di un organo a distanza (M), il tumore verrà classificato
come pT3a N+ M+; un tumore che invece si trova nello strato epiteliale, non ha
interessato i linfonodi o gli organi a distanza sarà definito p Ta N0 M0.
La classificazione in stadi prevista dal TNM è la seguente:
Non è possibile chiarire lo stadio del tumore: Tx
Assenza di tumore in sede vescicale: T0
Carcinoma in situ: Tis
Carcinoma non infiltrante limitato all’epitelio: Ta
Carcinoma con infiltrazione della lamina propria: T1
Infiltrazione della tonaca muscolare: T2 (suddiviso negli stadi a e b)
Infiltrazione della tonaca muscolare profonda: T3a
Infiltrazione della tonaca muscolare profonda e sierosa: T3b;

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Tumore che infiltra gli organi circostanti (prostata, utero, vagina, parete addominale):
T4;
Assenza di metastasi linfonodali: N0;
Presenza di metastasi in un linfonodo regionale omolaterale: N1;
Presenza di più linfonodi metastatici controlaterali o bilaterali: N2;
Presenza di linfonodi metastatici fissi alla parete pelvica: N3;
Presenza di metastasi linfonodali extra regionali: N4;
Assenza di metastasi a distanza: M0;
Presenza di metastasi a distanza: M1.
Se il parametro T è preceduto dal suffisso “p”, significa che il dato è stato ottenuto
mediante esame istopatologico, viene cioè effettuata una precisa valutazione dello
stadio sul pezzo anatomico (biopsia o vescica urinaria intera). Si tratta quindi di un
dato patologico e non clinico.
• Grading:
E’ un sistema di classificazione delle neoplasie basato sul grado di anaplasia delle
cellule cancerose, raggruppa i carcinomi uroteliali in quattro gradi, a seconda che il
tumore sia ben differenziato (G1), moderatamente differenziato (G2) e scarsamente
differenziato (G3-G4).
Viene determinato con un esame istologico della neoplasia e viene effettuato dopo
asportazione totale della neoformazione o con biopsia di essa.
In genere si può rilevare che esiste una stretta correlazione tra il grado e lo stadio
tumorale: la maggior parte dei tumori bene e moderatamente differenziati (G1-G2)
risulta superficiale, mentre quasi tutti quelli più sdifferenziati (G3-G4) risultano
invasivi.
E’ necessario ricordare che l’invasione locale e a distanza, la recidività e la
progressione di queste neoplasie è fortemente correlata al grado del tumore. Nei
tumori di grado 1 la progressione è del 10-20 %, in quelli di grado 2 del 19-37 % ed
in quelli di grado 3 è del 33-67 %. Anche i tassi di sopravvivenza sono condizionati
dal grado del tumore, i pazienti con tumore a basso grado hanno un ottima

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sopravvivenza a 10 anni (98 %) , mentre quelli con un alto grado hanno una
sopravvivenza ridotta (35 %).
La determinazione del grado di anaplasia è quindi un parametro importante al fine di
poter stabilire una prognosi ed una terapia specifica per il paziente

6. CLINICA
Sintomi:
I sintomi della malattia sono estremamente variabili e strettamente dipendenti dal
momento della storia naturale del tumore.
Può non essere presente nessun sintomo oppure si possono rilevare:
Ematuria sine dolore. Esso è il sintomo d’esordio nell’ 85 % dei casi, può essere
macroscopica, microscopica, intermittente piuttosto che continua con o senza
eliminazione contemporanea di coaguli; iniziale, terminale o totale. In alcuni casi
l’ematuria è accompagnata dai sintomi di irritabilità vescicale come pollachiuria,
urgenza minzionale e disuria. I sintomi irritativi sono più tipici del Carcinoma in situ
diffuso. I sintomi tardivi nei casi di tumore avanzato sono il dolore osseo per la
presenza di metastasi ossee, il dolore colico per la presenza di lesioni ripetitive
retroperitoneali o per l’ostruzione ureterale e/o sono comunque legati a
compromissione di altri organi in seguito all’avanzare della neoplasia.

Esame obiettivo:
Spesso a causa della mancata invasività del tumore la maggior parte di questi pazienti
non presenta segni riconducibili ad essa. In alcuni pazienti con tumori voluminosi o
infiltranti, si può palpare la massa in sede ipogastrica o per via transrettale (meglio
bimanualmente: dito nel retto e mano sull’ipogastrio), l’epatomegalia e la
linfoadenopatia sovraclaveare sono segni di malattia metastatica avanzata.

7. DIAGNOSI

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Il dubbio diagnostico scaturisce dall’acquisizione di dati che provengono:
dall’anamnesi e dall’esame obiettivo (quanto riferisce il paziente quanto noi
rileviamo con l’esame obiettivo ci metterà il dubbio che il paziente possa essere
portatore di una neoplasia nella vescica o nella via urinaria). L’uso di tecniche di
laboratorio e strumentali definirà meglio la diagnosi e permetterà poi di arrivare alla
stadiazione.
Un paziente che giunge alla nostra osservazione e che all’anamnesi socio-ambientale
e personale ci riferisce di lavorare in una raffineria di petrolio, di essere fumatore da
molti anni e che ha avuto un episodio di ematuria ci fornisce gli elementi che fanno
porre il dubbio diagnostico di neoplasia dell’urotelio. A tale paziente dovranno essere
effettuati tutti gli accertamenti diagnostici che confermeranno o meno il nostro
sospetto.
Esami di routine:
Esame delle urine: L’alterazione più frequente è spesso la micro o macroematuria,
che può essere accompagnata da piuria per una concomitante infezione delle vie
urinarie; può aumentare il valore dell’azotemia e della creatinina nei casi di
occlusione ureterale bilaterale; l’anemia può essere il sintomo d’esordio a causa della
cronica perdita ematica.

Citologia urinaria:
La ricerca di cellule neoplastiche nelle urine viene effettuata mediante un esame del
sedimento urinario colorato con la tecnica di Papanicolau (PAP test). Con questo test
si può mettere in evidenza la presenza di cellule neoplastiche le quali distaccatesi dal
tumore vengono eliminate con le urine. Questo esame è molto utile sia per la diagnosi
iniziale che per il follow-up.

Diagnostica per immagini:


Nonostante i tumori uroteliali possano essere diagnosticati attraverso varie tecniche,
la diagnostica per immagini è la più utilizzata, la meno invasiva ed è utile per

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valutare sia le alte che basse vie urinarie. Nel caso di tumori infiltranti ci permetterà
inoltre di valutare l’entità dell’infiltrazione della parete, degli organi vicini e la
presenza di metastasi regionali o a distanza (esami diagnostici e poi studianti: ci
permettono di confermare la diagnosi e capire lo stadio)
L’ecografia endovescicale, sovrapubica ed addominale, è di importanza fondamentale
per la diagnosi di tumore vescicale e della pelvi renale, ma non ha la capacità di
identificare una zona con difetto di riempimento nell’uretere, per tale motivo sarà
necessario procedere con l’esecuzione di una urografia endovenosa. Esso è l’esame
diagnostico di prima scelta nella valutazione dell’origine di un ematuria. Un tumore
uroteliale può essere visualizzato come un difetto di riempimento o un minus radio
trasparente lungo il tragitto delle vie urinarie. L’ostruzione degli ureteri può
determinare idronefrosi ed esclusione funzionale di un rene, ben documentabile con
tale esame.
Altri esami strumentali come T.C. addome-pelvi, RX torace, RMN e Scintigrafia
Ossea total body fanno parte degli esami per stadiazione clinica della malattia e in
genere completano l’iter diagnostico. (Fare diagnosi di tumore uroteliale significa
avere la certezza che il soggetto sia affetto da una neoplasia, per cui solo
l’accertamento endoscopico finale con la biopsia e o con l’asportazione della
neoformazione concluderà l’iter diagnostico).

Cistoscopia ureteropieloscopia endoscopica e resezione tumorale:


La diagnosi e la stadiazione del tumore (pT) uroteliale vengono effettuate mediante
cistoscopia nel caso dei tumori della vescica, ureteropieloscopia nel caso dei tumori
dell’uretere e/o della pelvi renale e dei calici e con la resezione transuretrale.
La cistoscopia, la ureteropieloscopia e la resezione transuretrale si possono effettuare
mediante strumento sia rigido che flessibile. Questi accertamenti diagnostici vengono
effettuati solitamente in narcosi, permettono di fare una diagnosi visiva, permettono
di effettuare delle biopsie delle aree che risultano sospette, e di arrivare quindi
all’accertamento della malattia, cioè la documentazione istologica del tumore. Queste

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indagini possono essere nello stesso tempo anche terapeutiche. Infatti utilizzando il
resettore si può vedere ed asportare completamente il tumore compiendo nello stesso
momento un atto diagnostico ma anche terapeutico.

8. OPZIONI TERAPEUTICHE (CENNI)


Terapia chirurgica:
• Resezione transuretrale (TURB);
• Vaporizzazione endoscopica;
• Cistectomia parziale;
• Cistectomia radicale con neovescica intestinale ortotopica (risparmio
dell’uretra);
• Cistectomia radicale con derivazione urinaria secondo Bricker;
• Nefroureterectomia;
• Ureterectomia distale con reimpianto ureterale.

Chemioterapia endovescicale:
Tecnica che prevede l’instillazione endovescicale di farmaci, principalmente a scopo
profilattico per prevenire le recidive dopo un trattamento chirurgico conservativo.
• Mitomicina C;
• Tiotepa;
• Doxourubicina;
• Bacillo di Calmette-Guèrin.

Radioterapia e Chemioterapia Sistemica:


• Nei casi di ripetizioni a distanza.

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9. ICONOGRAFIA

FIG. 1 STADIAZIONE DEI TUMORI DELLA VESCICA

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FIG. 2

FIG. 3

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FIG. 4 Rmn di carcinoma vescicale invasivo

FIG. 5

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FIG. 6

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