Il Castello Di Udine

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«Sarò il poeta del bene e della virtù, e il famiglio

dell’ideale: ma farò sentirvi grugnire il porco nel braco».


▪ Nel maggio 1934 appare per le stesse Edizioni di Solaria in cui era comparsa la
Madonna dei filosofi.
▪ «Libro composito e saldamente appoggiato – secondo un trend che diverrà costante
negli anni – alla pratica delle anticipazioni in rivista».1
▪ Anticipazioni dei racconti presenti nella raccolta avvenute su tre riviste:
A. Su «Solaria»: pertiene il solo testo introduttivo («la prefazione malvagia, fatta apposta per irritare
l’Areopago»)2
B. Su «Italia letteraria» (esigua collaborazione nel 1932-33: La festa dell’uva a Marino e le tre puntate di
Polemiche e pace nel direttissimo).
C. Su l’«Ambrosiano»: in questa rivista pubblicherà tutte le altre prose; la collaborazione si apre nel ’31.
Contestualmente lascia il lavoro di ingegnere per dedicarsi alla letteratura.
▪ Dopo l’inutile ricerca di un editore remunerativo, Gadda opterà nuovamente per le
Edizioni Solaria. Pubblicazione rallentata da ostacoli censori. Tale episodio sarà alla
base di quel «surplus di timori e scrupoli assurdi» manifestati da Gadda
nell’imminenza di ogni nuova pubblicazione.3
▪ Seconda e variata edizione nel 1955 nel «Supercorallo» einaudiano I sogni e la folgore.

1. Cit. da Rodondi, Nota al testo, in Romanzi e racconti I, Garzanti, 1993. 2. Cit. Lettere a Solaria, a cura di G. Manacorda, Roma, 1979. 3. Ivi, Rodondi. 2
Introduzione: Tendo al mio fine

Parte prima. Il castello di Udine Parte seconda. Parte terza. Polemiche e pace e
Crociera Polemiche e pace nel
mediterranea direttissimo

Dedicata a scritti di guerra, Dedicata alle Caratterizzata da una vivace


cinque articoli pubblicati tra il testimonianze del ritrattistica. È più composita
‘31 e il ‘32, ma derivati «guazzabuglio del rispetto alla prima e alla
dall’ancora ignoto Giornale di viaggio» a bordo seconda parte. Al suo
guerra e di prigionia. della «Conte Rosso», interno, è ripartita in due
in crociera sul sezioni: Polemiche e pace,
Tirreno. Cinque che contiene tre racconti e
articoli da collocare Polemiche e pace nel
tra il ‘31 e il ’33. direttissimo, divisa in tre
puntate. 3
▪ Il nome potrebbe di prima istanza rimandare al solo nucleo di prose
belliche, «il sischièl a Udin», reso memorabile dal canto degli alpini,
diventa «la momentanea immagine-sintesi di tutta la patria», in cui si
riconoscono i combattenti.

▪ Alla guerra Gadda dà il ruolo di «catalizzatore della propria


esperienza»,4 uno specchio nobile attraverso il quale guardare la
realtà e l’umanità in ogni circostanza della vita: che sia in guerra, in
treno, in salotto, in crociera, in campagna, a spasso per i castelli
romani o per la Tripolitania.

4, Bertone, Il Castello di Udine. 4


▪ «Presenza, accanto alla voce narrante per così dire principale, di un curatore che
commenta e talvolta addirittura emenda e rielabora quanto viene raccontato».5
▪ È l’autore di un Avviso al lettore e di una Sinossi delle abbreviazioni usate
annotando, collocate prima del testo introduttivo alla raccolta, Tendo al mio fine;
ma soprattutto di un apparato di note a piè di pagina che fungono da controtesto
ai racconti.
▪ Feo Averrois citazione al verso dantesco: «Averrois che il gran comento feo» (Inf., IV
144). Averrois aveva commentato la Metafisica di Aristotele, tale commento era
dunque considerabile il testo esegetico per eccellenza; ma Gadda ridimensiona da
subito questo ruolo attraverso il nome ‘Feo’, che in spagnolo significa ‘brutto’: si
tratta di un Averroé della materia minore, in linea con l’autodefinizione gaddiana
di: «minimissimo Zoluzzo di Lombardia».

5, Bertone, Il castello di Udine 5


▪ La funzione del commento è quella di produrre lo sdoppiamento della voce
narrante, di raddoppiare i punti di vista, sottolineando la necessità di dotarsi di uno
schermo, un filtro preventivo (utile mezzo anche per sottrarsi dalla censura
fascista).
GADDA AVERROIS FEO
Definito da Averrois: Si presenta come portatore di una
«convoluto», «ambiguo», lettura «autorevole e valida», degna
«oscuro». di essere proposta «ai più chiari
Ingenii d’Italia».

• Il sotterfugio di scrivere e fingere di leggersi autocommentandosi non ha un


ruolo sostanzialmente curativo del testo, ma crea un apparato annotativo che
sostiene il volume, dandogli un senso di insieme, ricompattando i vari stralci
attorno ad una parvenza di logica formale-strutturale d’insieme.
• Il commento si traduce sostanzialmente in una parodia d’autore, d’altronde
«l’autocritica, e sia pure la semplice storia del proprio stile, è un momento
essenziale in Gadda».6 Tanto è che, a detta di Gargiulo, si ha: «l’impressione di
aver da fare, attraverso la pagina, addirittura col Gadda uomo: presente di
persona e così innocuamente irritato».7
6. Contini, Primo approccio al ‘Castello di Udine’, 1989. 7. Gargiulo, A proposito del ‘Castello di Udine’, Firenze, «Solaria», 1934. 6
▪ La risposta di Gadda all’inchiesta di «Solaria» sulle tendenze degli scrittori italiani
contemporanei. Il problema della prosa e delle sue varie forme era molto sentito
fra gli autori italiani attivi negli anni Trenta.
▪ «Il pezzo in cui più si scatena la foga pluristilistica di Gadda, prova virtuosistica di
espressionismo, è certo il testo che fa da introduzione al volume, celeberrima
testimonianza di fede letteraria, vissuta nell’intreccio di una tensione al sublime e
la quotidiana esperienza della nevrosi, Tendo al mio fine».7
▪ Difficile attribuzione del genere letterario di riferimento. Continui slittamenti
narrativi, lirici, autobiografici. Gadda «testimonia fastidio per una catalogazione
troppo rigida, in generi, della sua prosa»,8 questo anche per l’esigenza dell’autore
di accumulare materiali eterogenei, non tanto a scopi riempitivi, quanto per un
bisogno di completezza formale ed espressiva.
▪ Sorta di «sintesi teorico-formale di alcuni caratteri stilistici poi sviluppati in
seguito».9

7. Patrizi, Gadda, Roma, Salerno Editrice, 2014. 8. De Michelis, «Tendo al mio fine»: un saggio tra poetica e racconto. 9. Ibidem. 7
«Tendo a una brutale deformazione dei temi che il destino s’è
creduto di proponermi come formate cose ed obbietti: come
paragrafi immoti della sapiente sua legge. Umiliato dal destino,
sacrificato alla inutilità, nella bestialità corrotto, e però atterrito
dalla vanità vana del nulla, io, che di tutti li scrittori della Italia
antichi e moderni sono quello che più possiede di comodini da
notte, vorrò dipartirmi un giorno dalle sfiancate séggiole dove
m’ha collocato la sapienza e la virtù de’ sapienti e de’ virtuosi, e,
andando verso l’orrida solitudine mia, levarò in lode di quelli
quel canto, a che il mandolino dell’anima, ben grattato, potrà
dare bellezza nel ghigno».
8
Deformazione: fa riferimento all’atteggiamento inevitabile di chi vuol conoscere la realtà, ossia
deformarla, togliere ad essa tutti i filtri per andare oltre i miti, quelle false verità fossilizzate in
statiche ed insufficienti interpretazioni rassicuranti. Forte ricerca conoscitiva dietro alla
deformazione. In Meditazione Milanese leggiamo: «conoscere significa deformare».

Vanità vana del nulla: La morte verso cui tende l’autore è l’unica verità ed è capace di
smascherare le falsità del reale. La morte è annullatrice di ogni mito. La verità che Gadda dice di
voler mostrare, proponendosi come: «il poeta del bene e della virtù», è fuori da ogni retorica
esaltazione e quindi farà «sentirvi grugnire il porco nel braco».

Comodini da notte: tema che si ritrova nel racconto incompiuto La casa, scritto probabilmente
tra il 1934 e il 1935, parla della casa ideale di un io nevrotico attaccato alla proprietà come parte
di sé. Nel finale della Cognizione del dolore ricomparirà tragicamente uno di questi tavolini da
notte: è sullo spigolo di uno di essi che sembra aver «battuto il capo» la madre morente.

Il mandolino dell’anima, ben grattato, potrà dare bellezza nel ghigno: Si stabilisce un forte
legame tra bellezza e verità. L’anima fa riferimento alla coscienza individuale del proprio dolore.
Si noti l’idea che per aderire alla coscienza più profonda di noi stessi si debba depurare l’anima
dalle finzioni che devono essere ‘grattate via’ da noi stessi. Solo attraverso la conoscenza del
dolore si potrà giungere alla saggezza (come equivale per la Cognizione) e questo processo
viene sublimato dall’utilizzo dell’arte, della bellezza per narrare il percorso verso
l’autoconsapevolezza.
9
▪ A livello formale troviamo:
1. L’uso di cataloghi, di enumerazioni e di note: nell’enumerazione a prima
vista caotica si può infatti individuare un ordine logico di tipo:
simmetrico, oppositivo, per coppie. Si può generare anche un ordine
narrativo che individua una labile concatenazione consequenziale tra gli
elementi nominati. Spesso l’enumerazione basica a catalogo si trasforma
in un periodo più complesso
2. la scelta di una sintassi ricercata e latineggiante
3. un lessico desueto e toscaneggiante
4. Accostamento di argomenti bassi e alti, di sfere semantiche distanti,
alternanza contrastiva di sublime e grottesco, tragico e comico
5. Vivide ipotiposi, ammiccamenti ironici e polemici
6. Slanci lirico-patetici
7. Riferimenti colti e sfoghi acri
10
Elemento temporale dello
SIMMETRIA
SVILUPPO
▪ La sua realizzazione prevalente è ▪ Tensione che lega il titolo a tutto il
attraverso l’uso dell’anafora (es. brano si muove su tema in sviluppo di
ripetizione del «conterò», con duplice fine-morte-lassitudine ed è rafforzata
significato del verbo che sta per dall’ambiguità di cui è portatrice il
raccontare o enumerare e che , dunque, termine fine: fine come sostantivo
afferente alle due sfere care a Gadda: maschile sta per finalità, scopo; fine
umanistica e scientifica) come sostantivo femminile sta per
morte.
▪ All’ambito della simmetria pertiene
anche l’opposizione, utile ad ▪ Sviluppo del tempo storico biografico:
esprimere l’idea di Gadda della guerra/pace
compresenza di cause ed effetti
molteplici, soprattutto quando tale ▪ Sviluppo del tempo naturale delle
compresenza diventa da dualistica quattro stagioni
multipla. ALLA CICLICITÀ-ETERNITÀ DEL TEMPO
SI CONTRAPPONE TRAGICAMENTE LA
FINITUDINE UMANA
11
▪ La creazione letteraria in Gadda nasce dall’esperienza biografica e storica
▪ Centralità del trauma bellico per la lettura dell’opera gaddiana. Si evidenzia una
simmetria: In Tendo al mio fine si suddivide il tempo di guerra con il
tempo di pace
Nella raccolta del Castello di Udine del ‘34 si dividono i
racconti e riflessioni di guerra (nell’omonima prima
parte), da quelli di occasione, di pace (nella seconda
parte) e di Polemiche e pace (nell’omonima terza parte).

▪ «la sostanza di un’esperienza vissuta si è trasformata in un’allegoria della


perdita»,10 radice di un’esistenza condannata alla malinconia anche in tempo di
pace.

10.Dombroski, 2002. 12
«[…] E leggerò i libri sapientissimi delli scrittori, infino a che, sopra alla mia
trapassata sapienza, vi crescerà l’erba.
I pensieri più belli si dissolveranno, ogni volere, ogni gioia, ogni più ardente
e tenero senso e memoria; e forse l’amore istesso della mia terra! Come
avviene che di là, dietro dal monte, la rosea nube in cenere si discolori. E in
sul muro, che chiude il Campo, si leggerà, mal vedibile, un segno: un segno
inscritto col sangue.
Crescerà ne’ vecchi muri l’urtica: e l’erba di sopra la lassitudine mia.
E l’erba, che sarà cresciuta, la mangerà il cavallo, che campato sarà.»
▪ Questo saggio termina con un’immagine dell’inutilità della sofferenza e dei travagli
umani di fronte all’eternità immota della natura, in una versione grottesca ed
antitragica.
▪ Rilevante è la nota di Gadda nei riguardi dell’«erba» che nutrirà il cavallo: «L’erba, ecc.:
deformazione fantastica ed arbitraria di un detto popolare, qui il cavallo è la
saluberrima stupidità, superstite e pascolante sopra la vana fatica del pensiero».
13
5 racconti di guerra, pubblicati tra il ‘31 e il ‘32 sull’Ambrosiano
• Elogio di alcuni valentuomini
• Impossibilità di un diario di guerra
• Dal castello di Udine verso i monti
• Compagni di prigionia
• Imagine di Calvi

14
Gadda ritorna sulla materia incandescente e dolorosa della guerra.

▪ Non muta la realtà, ma la riscrive;


▪ Esperienza autobiografica dell’autore sul fronte e durante la sua prigionia.
▪ Rispetto ai taccuini, pubblicati peraltro molto posteriormente al Castello di
Udine, vengono stemperate e amplificate talvolta le brevi annotazioni
memoriali.

Secondo Arrigo Benedetti: «è in queste occasioni che la prosa di Gadda prende andamenti drammatici,
acquistando un’efficacia di rappresentazione che in pochi oggi hanno, ed è in queste occasioni che smette
di scherzare ed ogni gioco di parole. La guerra per Gadda è un sentimento serio, non un’avventura: il
ricordo di essa non può svolgersi secondo un piano filo narrativo: la guerra è per lui un sentimento forte che
non può dar luogo a descrizione, ma solo ad un canto aperto».

15
▪ Convinto interventismo. Orgoglio di essere un soldato d’Italia.
«In quei giorni di sangue e folgori, ciò che mi tenne all’impiedi e mi permise andare
e saltare e coniugar giusti i verbi italiani, non fu né predica né giornale, né speranza
di combattere l’ultima guerra, né di redimere l’umanità da nessuno, furono un istinto
e un’idea. Che furono vita, furono forza. L’idea la chiamo dovere militare, l’istinto lo
chiamo orgoglio militare».
▪ Visione vitalistica e ricerca ossessiva della disciplina e
dell’ordine.
«Vigili angosce dominarono la mia guerra, una cieca e vera passione, fatta forse di
brutalità, di bestialità, di retorica e cretinismo: ma fu comunque una disciplina
vissuta, la sola degna di essere vissuta».
▪ Adesione intima all’angoscia. Lirismo.
Nei momenti solenni del racconto sparisce il senso umoristico e l’intensità affettiva
si esprime in una musicalità perduta e nostalgica. Circonda la reminiscenza di
sensazioni e passioni.
16
Sequenza di umorali riscritture storiche soprattutto da Cesare e da Livio.
Molte citazioni latine e riscritture di episodi descritti dai due autori.
Il racconto si apre citando il ventiduesimo capitolo delle Storie di Livio e si elogia la
prontezza d’azione e l’ardimento di Gaio Flaminio.
Cesare è invece lodato per il suo scire e per la freddezza di sangue con cui ha gestito la
guerra contro i Galli e contro i traditori della sua stessa legione.
Descritto, anche per opposizione, il comandante ideale per Gadda
Il comandante non deve indulgere a debolezze. Esempio in negativo di Bourgain-
Desfeuiles che chiede un omelette, mentre la sua brigata combatte.
Non deve essere vanitoso: « il peggio disastro è quello dei Napoleoni finti. Il capo deve
morire alla vanità, deve essere sia sagace che umile».
Deve inoltre avere senso del reale e « avere i diplomi in regola». Pensi onestamente e
decida con franchezza

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Lode al Principe e ai Discorsi di Machiavelli

Riferendosi al Principe afferma che tutti dovrebbero leggerle almeno alcune pagine,
anche se talvolta non si capisce se la sua sia verità, ferocia o spasimante ironia.

Invettiva contro i furbi

Il narratore afferma di odiare tanto la locuzioni « far fesso » che « non mi fai fesso» e che
il mito della furberia è turpe ed ignobile.

Critica al poeta Orazio

Gadda lo ammira come poeta, ma lo critica aspramente, seppur con molta ironia come
pavido e vile in battaglia, citando la battaglia di Metauro come grossa fonte di discredito
per il poeta lirico.

18
Gadda si paragona in senso oppositivo ad altri scrittori che
parlano di guerra «non sono un Remarque o un Comisso».
Racconta fatti banali della guerra cercandovi una causa e la
riscontra spesso nella mancanza di disciplina o volontà.
Un diario di guerra è impossibile perché il narratore non può non
imprimerlo di una sua retorica, incompresa dalla «gente di
calamaio». Il suo diario contiene giudizi.
Polemizza col mito dell’umile fante che «incaramellò l’Italia»; un soldato deve essere orgogliosissimo
sempre, «non fagotti di rassegnazione, ma grumi di volontà».
Egli aborrì il francescanesimo, disprezzò l’umiltà, ritenendo inoltre intollerabili l’automacerazione e il
vittimismo con cui non si vince una guerra.

Si definisce «profittatore di guerra» perché grazie ai risparmi del suo stipendio da tenente riuscì a
terminare i suoi studi.

Racconta quindi un episodio di estrema stanchezza in cui si accasciò sul ghiaccio dell’Adamello a seguito
di corvees di rifornimento di oltre 3000 metri. Descrizione dettagliata tanto del rifornimento che del
paesaggio: montagne di Zovetto, Lamerle, la Val di Geneva. I rumori dell’artiglieria; la mitrigliatrice è
paragonata ad una rana gracidante.

Guerra come necessità nazionale. Ha partecipato alle dimostrazioni del ‘15, urlato Viva D’Annunzio, Morte
a Giolitti. Il giudizio sulla guerra resta lo stesso, con l’amarezza che molti sofferenze sarebbero state
evitabili con «una più decisa volontà, maggiore spirito di socialità e meno torri d’avorio».

Odio verso i traditori. Riflessione finale sui suoi compagni e sulla fine miserabile di alcuni di loro, ripensa
talvolta «ad alcuni volti straziati, dissanguati in una lassitudine senza conforto».

20
▪ Ancora una volta torna sul fatto che gli ufficiali debbano essere acculturati poiché
l’anima «si governa per alfabeti». Le persone senza cultura possono rendere
servigi alla guerra, ma non essere ufficiali.
▪ Episodio del taglio di capelli, guerricciola tra gli alti comandi ed i fanti. Quella che
qui appare una polemica divertita, nel taccuino era stata descritta con bel altri toni.
▪ Discussione di tipo linguistico sul termine testa di ponte, locuzione adattissima per
quei posti, ma che per suggestione fonetica e grammaticale fa pensare ad un ponte
al singolare.
▪ I ponti vengono fatti brillare cioè saltare in aria. Le comunicazioni non funzionano
più «i telefoni parevano i nervi paralizzati d’una baldracca fradicia».
▪ Racconta la sua partenza dalla stazione di Udine, l’entusiasmo, il futuro rimorso per
essere mancato all’appuntamento con suo fratello.

21
«Il rabido rinculo degli affusti, il pronto ricupero, le vampe laceranti la notte, la subita
impennata di qualche mulo nevrastenico nello schianto e nel lividore improvviso, i
gargarismi lontani e immortali delle autocolonne, fino all’alba! Gli attendamenti sui
monti, a rovescio del tiro: le raganelle paurose, dai cupi fondali della notte: e financo le
scatolette di salsa vuote e sventrate e la paglia fradicia e impidocchiata, escremento del
campo giù per le coste della montagna. Tutto, tutto sto cinema nel mio cuore disumano
si trasfigurò in desiderio, diventò viva e profonda poesia, inguaribile amore».

Dimentica le aule e i rubinetti del Politecnico.


Preferisce l’umile pagliericcio dove piò sognare una vivente patria, come
nei libri di Livio e Cesare, piuttosto che i pomposi alberghi.

Descrive in modo vivo e quasi lirico la morte di alcuni suoi giovani


compagni. «Le leggi stessi della fraternità dovetti ignorare che fossero
legge.»
22
▪ Il racconto non è più del fronte, ma della sua prigionia. Gadda fu infatti catturato
dagli austriaci e trascorse gli ultimi anni di guerra da prigioniero.
▪ Descrive le abitudini di alcuni suoi compagni di prigionia nella baracca 15, alcuni
studiano le lingue, altri scrivono. «S’era stabilita fra noi, nonostante bizze e litigi,
una fraterna vita».
▪ Tra i suoi compagni di prigionia spicca Betti, da cui Gadda si mostra incuriosito e
affascinato, fino all’importante scoperta della sua attività poetica praticata in
segreto. Le poesie saranno poi pubblicare nella raccolta il Re pensieroso.
▪ Efficacia consolatoria della poesia sul prigioniero Gadda «furono i suoi versi come
un conforto e una risorgente speranza». I versi di Betti al tempo stesso rievocano
una musicalità perduta e nostalgica e Gadda li associa a dolci ricordi d’infanzia e
ad un’immagine di fanciullo «che mai più avrei dovuto rivedere sulla terra».

23
Altro compagno di prigionia con cui Gadda stringe una profonda amicizia
è Bonaventura Tecchi. Anche lui scrive e gli legge alcune sue pagine
mentre camminavano insieme su e giù per il Lager.

L’amicizia con questi due scrittori già affermati è fondamentale per lo


sviluppo della vocazione letteraria di Gadda.

Chiusura del racconto su un amaro rimpianto del fronte, immagina «le


schegge pazze della battaglia, i contrassalti furenti», paragonandoli alla
sua «desolata inutilità».

24
▪ Trasferimento nella fortezza di Rastatt. Terribili condizioni, le giornate si
consumano nell’attesa di mettere qualcosa sotto i denti e con scene selvagge ad
ogni distribuzione. Divisione meticolosa delle pagnotte e sorteggio dei pezzi.
▪ Era un carcere profondo ed oscuro, tetro silenzio. Gadda ha momenti di nostalgia
per la sua famiglia e sogna le notti sull’Adamello.

«Sentii subito, come una caduta orrenda nel vuoto, l’inanità morale della prigionia:
dai regni fulgidi, dopo i fulgidi atti del cosciente volere, ero stato travolto verso la
riva dell’inutilità. Prigioniero mi vidi quell’essere nullo, perfettamente superfluo,
quella foglia morta che il vento della miseria può sbatacchiare verso l’inverno, verso
la gioia di tutti gli pseudo Dostoiewski della madre terra e per la mia infinita e
cruciale mortificazione. Poi la fame finì di abbrutirmi».

25
Nonostante la terribile condizione, l’autore si rifiuta di rassegnarsi alla pace del cuore, e rinnega la
speranza di una «disonorevole pace delle armi».

Racconta della conoscenza durante la prigionia di un tenente cui una pallottola aveva trapassato un
polmone. Studiava matematica e divennero amici, ma nonostante ciò Gadda sottolinea la propria
mancanza di umanità e il conseguente senso di colpa attuale; non gli donò neanche un pezzo del suo
pane, nonostante le terribili condizioni in cui versava.

Lunghe camminate in cui ripensa ad episodi vissuti durante la guerra, il ricordo degli uomini che
adempiono agli ordini gli offre consolazione.

Tra gli episodi che gli tornano alla mente quello dell’incontro col tenente Attilio Calvi, capelli
biondastri, occhi calmissimi e ceruli, «il suo nome era negli animi e nell’elogio di tutti, per tutta la
valle». Comandava una compagnia di sciatori sull’Adamello come reparto di assalto.
L’aveva rivisto dopo tre settimane disteso al suolo con un sudario che lo copriva, morì pochi giorni
dopo.

Polemica contro una mediocre retorica di guerra «gli alpini dovevano bere e poi cantare morendo,
da farne una bella novella da 500 lire o un carme pieno di lampade votive, in endecasillabi da
circolo filologico». 26
▪ Tirreno in crociera
▪ Dal Golfo all’Etna
▪ Tripolitania in torpedone
▪ Sabbia di Tripoli
▪ Approdo alle Zattere
«Guazzabuglio del viaggio»

Turismo borghese degli anni ’30

Ritratti caricaturali dei compagni di viaggio comicità

Modello del viaggio sentimentale: - reminiscenze colte


- impressionismo di maniera

Richiami dotti inseriti a contrasto in una materia non eroica

Tecniche narrative: -catalogo


-enfatizzazione lirica degli elementi naturali

28
Caratteristiche delle ultime due sezioni

Prose di diversa occasione prive di organicità. Hanno carattere di articoli


piuttosto che di capitoli di un libro.

Si riconosce la versatilità dell’autore e la capacità di muoversi tra generi


diversi, pur essendo ancora alla ricerca della sua via e del suo stile.

Sezioni più sperimentali volte a saggiare registri stilistici diversi

29
• Della musica milanese

• La fidanzata di Elio Quadretti di ambiente

• La festa dell’uva a Marino

30
-La fidanzata di Elio

Satira e al tempo stesso testo lirico-memoriale

Bozzetto di vita borghese personaggi macchiette

«Velenosità antiborghese»

Rievocazione del dopoguerra (morte del padre)

-La festa dell’uva a Marino

Affresco di vita popolare romana nel tripudio di una sagra

Avvenimento gioioso della vendemmia guastato ad un tratto dall’immagine del massacro della
guerra

31
• La chiesa antica

• Il fontanone a Montorio

• Sibili dentro le valli

32
-La chiesa antica

Storia di papa Innocenzo II

Ambientazione romana: sobborghi, curia papale

Dialettalismi che costellano la narrazione mescolati a lessico alto

-Il fontanone a Montorio -Sibili dentro le valli

Umorismo

Viaggio in treno

Diatriba tra calligrafismo e contenutismo allora di moda a cui l’autore assiste divertito

Suggella il volume con un omaggio ai caduti

33

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