CARLINO Introduzione S. Scrittura. Dispensa Scuola Di Teologia. Civitavecchia 2017 18

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DIOCESI DI CIVITAVECCHIA TARQUINIA

SCUOLA DI FORMAZIONE TEOLOGICO-PASTORALE

INTRODUZIONE ALLA SACRA SCRITTURA


(MASSIMO CARLINO)

ANNO PASTORALE 2017/2018


Introduzione

«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di
Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia
della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (DV 21). I Padri Conciliari fanno
un parallelismo tra le divine Scritture e l’Eucaristia: è un’evidente analogia per mettere in evidenza
la reale presenza di Cristo nella Scrittura in quanto Parola ispirata1. Questo parallelismo ha una
portata ecumenica: per la DV l’unica mensa ha due specificità di una presenza profondamente reale
(Parola di Dio e Corpo di Cristo)2.
L’espressione “Sacre Scritture” (gr. ἱερὰ γράµµατα, hierà grámmata; lat. Sacrae Scripturae,
Sacre Scritture) viene adoperata per indicare la Bibbia3. Il nome Bìbbia (dal gr. ἡ Βίβλος, hē bíblos,
libro, scritto, il cui diminutivo è τὸ βιβλίον, tò biblíon, libretto, mentre il plurale τὰ βιβλία, tà biblía,
libri, scritti; lat. Biblia) designa la raccolta degli scritti dell’AT e del NT4, ispirati da Dio che si
trovano nel canone delle Sacre Scritture5. A chiamare Biblìa la raccolta delle Sacre Scritture furono
gli antichi scrittori cristiani: il nome Bibbia così divenne il titolo della raccolta dei testi sacri
dell’AT e del NT6. I libri della Bibbia presentano per iscritto la rivelazione divina e la Parola di
Dio, che si è mantenuta intatta anche nella Sacra Tradizione7.
Quando si parla dell’espressione “Parola di Dio”, si parla di una Parola unica che si esprime
in diversi modi: di un canto a più voci, di una sinfonia della Parola (cf. VD 7). L’esortazione
apostolica postsinodale 8 , Verbum Domini, rintraccia per l’espressione “Parola di Dio” sette
significati (cf. VD 7):
1. anzitutto, riguarda la comunicazione che Dio fa di se stesso;
2. la persona di Gesù Cristo, Verbo eterno e Figlio del Padre, fatto uomo;
3. il liber naturae, ossia la creazione;
4. la storia della salvezza;
5. la predicazione degli Apostoli;
6. la Tradizione viva della Chiesa;
7. le Sacre Scritture (Antico e Nuovo Testamento).
1
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 64.
2
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 64.
3
Cf. «Sacra Scrittura», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 796-797.
4
«Oggi in alcuni ambienti, per rispetto verso gli ebrei, che considerano l’alleanza come unica e irripetibile, si tende a
lasciar cadere l’appellativo di “antico” e “nuovo” testamento: a esso si sostituisce quello di “Scritture ebraiche” e
“Scritture cristiane”, senza dimenticare però che i cristiani sentono come proprie sia le seconde che le prime» (A.
SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 7-8). Nel presente elaborato per facilitare
5
Cf. «Bìbbia», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 189.
6
Cf. G. PEREGO, ABC per la lettura della Bibbia, 3.
7
Cf. «Sacra Scrittura», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 797.
8
Dal 5 al 26 ottobre 2008 si è celebrata in Vaticano la XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dal
tema: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (cf. VD 1).

2
La Bibbia, che è una collezione di scritti, si è formata in un lungo arco temporale: prima
presso il popolo ebraico a partire da Mosè (secolo XIII a.C.), poi nella Chiesa delle origini sino alla
scomparsa degli Apostoli (fine del I secolo d.C.)9; inoltre, è il libro più diffuso e noto nel mondo,
tradotto in quasi tutte le lingue che costituisce soprattutto in Occidente il “grande codice” che sta
alla base della sua civiltà e della sua cultura letteraria, artistica e filosofica10. La Bibbia cattolica è
formata da 73 libri, divisi nei due grandi blocchi: Antico Testamento (46 libri) e Nuovo Testamento
(27 libri)11. Qui di seguito le abbreviazioni bibliche, in ordine alfabetico, dei vari libri della
Bibbia12:

Ab Abacuc 3Gv 3Giovanni


Abd Abdia Is Isaia
Ag Aggeo Lam Lamentazioni
Am Amos Lc Vangelo di Luca
Ap Apocalisse Lv Levitico
At Atti degli Apostoli 1Mac Primo libro dei Maccabei
Bar Baruc 2Mac Secondo libro dei Maccabei
Col Colossesi Mc Vangelo di Marco
1Cor 1 Corinzi Mi Michea
2Cor 2 Corinzi Ml Malachia
1Cr 1 Cronache Mt Vangelo di Matteo
2Cr 2 Cronache Na Naum o Nahum
Ct Cantico dei Cantici Ne Neemia
Dn Daniele Nm Numeri
Dt Deuteronomio Os Osea
Eb Ebrei Pr Proverbi
Ef Efesini 1Pt Prima lettera di Pietro
Es Esodo 2Pt Seconda lettera di Pietro
Esd Esdra Qo Qoèlet o Ecclesiaste
Est Ester 1Re Primo libro dei Re
Ez Ezechiele 2Re Secondo libro dei Re
Fil Filippesi Rm Lettera ai Romani
Fm Filemone Rt Rut
Gal Galati Sal Salmi
Gb Giobbe 1Sam Primo libro di Samuele
Gc Giacomo 2Sam Secondo libro di Samuele
Gd Giuda Sap Sapienza
Gdc Giudici Sir Siracide o Ecclesiastico
Gdt Giuditta Sof Sofonia
Ger Geremia Tb Tobia
Gio Giona 1Tm Prima lettera a Timòteo
Gl Gioele 2Tm Seconda lettera a Timòteo
Gn Genesi 1Ts Prima lettera ai Tessalonicesi

9
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 7.
10
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 7.
11
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 8.
12
Cf. G. PEREGO, ABC per la lettura della Bibbia, 62; A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 9-10.

3
Gs Giosuè 2Ts Seconda lettera ai Tessalonicesi
Gv Giovanni Tt Lettera a Tito
1Gv 1 Giovanni Zc Zaccaria
2Gv 2 Giovanni

I libri biblici degli antichi manoscritti hanno una propria suddivisione dei testi differente da
quella delle moderne bibbie13. Agli inizi del XIII sec. Stephen Langton suddivide la Vulgata in
capitoli; nel 1509 appare la prima edizione a stampa del salterio suddiviso in versetti; nel 1528 a
Lione Sante Pagnani pubblica un’edizione della Bibbia suddivisa in capitoli e versetti; nel 1555
Robert Estienne pubblica una Bibbia (NT greco-latino e AT latino) la cui numerazione è quella
attuale delle nostre Bibbie14. Qualche esempio pratico di citazione o indicazione per la ricerca di un
passo biblico:
a) 1Sam 15,22 = Primo libro di Samuele, capitolo 15, versetto 22;
b) Sir 17,1-12 = Libro del Siracide, capitolo 17, dal versetto 1 al versetto 12;
c) Es 23,10-24,11 = Libro dell’Esodo dal capitolo 23, versetto 10 fino alla fine e poi capitolo
24 dall’inizio fino al versetto 11;
d) Mt 5,21.38.43 = Vangelo di Matteo, capitolo 5, solo i versetti numero 21, 38 e 43,
tralasciando i versetti intermedi;
e) Is 40-55 = Libro di Isaia: tutto il testo dal capitolo 40 al capitolo 55 compreso;
f) Es 19 e 24 = Libro dell’Esodo, capitolo 19 e capitolo 2415.

Questo studio è formato da sei capitoli: 1. Sei leggi per leggere la Bibbia; 2. Il Canone delle
Sacre Scritture; 3. L’ispirazione divina; 4. La verità; 5. Verbum Domini.

13
Cf. GIURISATO G. – CARLINO G.M., in «I segni di divisione del Codex B nei vangeli», 137-154.
14
Cf. A. PASSONI DELL’ACQUA, Il Testo del Nuovo Testamento, 50.
15
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 10-11. «I salmi vengono indicati con i numeri da 1 a 150; va però notato
che il Sal 9 della versione greca dei LXX e della Vulgata latina, nell’ebraico appare diviso nei due salmi 9 e 10. In
realtà, all’origine doveva trattarsi di un salmo unico anche in ebraico, perché un solo alfabeto l’abbraccia
completamente (è un salmo acrostico). In conseguenza di questo fatto, dal Sal 10 al Sal 147, la numerazione del Salterio
ebraico è più alta di una unità in rapporto ai LXX e alla Vulgata; nei Sal 115-116 la differenza raggiunge poi le due
unità. In questa edizione della Bibbia C.E.I. si segue la numerazione ebraica; dentro parentesi è indicata la numerazione
dei LXX e della Vulgata» (La Sacra Bibbia, 760).

4
Abbreviazioni e sigle

A Codex Alexandrinus, Bibbia greca del IV-V sec. d.C.


å Codex Sinaiticus, Bibbia greca del IV sec. d.C.
B Codex Vaticanus, Bibbia greca del IV sec. d.C.
a.C. avanti Cristo
AT Antico Testamento
ca. circa
cap. capitolo
CCC Catechismo della Chiesa Cattolica
CCCC Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio
Cf. confronta
cf. confronta
cf. confronta
d.C. dopo Cristo
DF Dei Filius. Costituzione dogmatica del Vaticano I
DV Dei Verbum. Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione del Vaticano II
ebr. ebraico
gr. greco
lat. Latino
LG Lumen Gentium. Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II
LXX versione greca della Bibbia, detta dei Settanta o Septuaginta
n. numero
n.d.r. nota del redattore
nn. numeri
NT Nuovo Testamento
pp. pagine
∏ Papiro
s seguente
sec. secolo
ss seguenti
VD BENEDETTO XVI, Verbum Domini. Esortazione Apostolica postsinodale
§ paragrafo

5
1. Sei leggi per leggere la Bibbia
Per leggere la Bibbia si possono tenere in considerazioni sei leggi16: 1. La legge della gratuità;
2. La legge del cristocentrismo; 3. La legge della dialogicità; 4. La legge della comunione; 5. La
legge della storicità; 6. La legge della ecclesialità.

1.1. La legge della gratuità


«Piacque a Dio (Placuit Deo) nella sua bontà e sapienza» (DV 2).

Mentre nella Costituzione Dogmatica del Vaticano I, Dei Filius, il secondo cap. sulla
rivelazione si apre sottolineando il ruolo della Chiesa nel professare e insegnare la conoscenza di
Dio a partire dalla rivelazione naturale: «La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che
Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della
ragione umana attraverso le cose create»17, il Vaticano II, nel primo cap. dedicato alla rivelazione,
mette in risalto che l’iniziativa della rivelazione appartiene a Dio (placuit Deo) e che, nella gratuità,
opera con “bontà e sapienza”. Perciò, bisogna «accostare la Scrittura come un dono immeritato e
inaspettato»18. La Rivelazione di Dio è Grazia19!

1.2. La legge del cristocentrismo


Rivelare se stesso (Seipsum revelare) e manifestare il mistero della sua volontà (et notum facere
sacramentum voluntatis suae) (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo
fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr.
Ef 2,18; 2Pt 1,4) (DV 2).

La Rivelazione di Dio fa conoscere qualcosa di sconosciuto, velato e questa manifestazione


avviene in un arco di tempo di circa due millenni: dalla chiamata di Abramo (XIX sec. a.C.)
all’incarnazione di Cristo e alla scomparsa dei suoi testimoni qualificati, cioè gli Apostoli (fine del I
sec. d.C.)20.
L’oggetto dell’azione spontanea e gratuita di Dio è da una parte rivelare se stesso: «Prima di
far conoscere qualcosa, Dio rivela se stesso»21, e dall’altra rendere noto il “sacramento” della sua

16
F. LAMBIASI, La Bibbia, 21-24.
17
CONCILIO VATICANO I, DF, cap. II.
18
Cf. F. LAMBIASI, La Bibbia, 21.
19
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 26.
20
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 15.
21
R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 11.

6
volontà, ossia il mistero-progetto22 in senso paolino: Trinità, Incarnazione e partecipazione alla vita
divina23; questo è il mistero della sua volontà: «Ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10). «Non è dunque, la sua, una parola anonima, una cosa,
ma un io che cerca un tu»24.
Questo dialogo raggiunge la sua pienezza e il suo culmine in Gesù di Nazaret: «“Tutta la
Scrittura è un solo libro e quel libro si intitola ‘Cristo’” (Ugo di S. Vittore). La parola-fatta-libro
contiene ed è la Parola-fatta-carne»25.

1.3. La legge della dialogicità


Con questa rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1Tm 1,17) nel suo grande amore (ex
abundantia caritatis suae) parla (alloquitur) agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15)
e si intrattiene (conversatur) con essi (cfr. Bar 3,38) (DV 2).

Il Concilio prima di affermare il dialogo che intercorre tra Dio invisibile e gli uomini, che
scaturisce dall’abbondanza della sua carità, attraverso la rivelazione («con questa rivelazione») e
sempre quindi per un atto gratuito («nel suo grande amore»), cita due passi, che creano il contesto
di tale dialogo:

- in Col 1,1526 porta il piano del dialogo a livello di creazione, dove Cristo è immagine del
Dio invisibile: «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione»;

- in 1Tm 1,17 sposta il dialogo a livello liturgico, ricorrendo alla dossologia solenne di 1Tm
1,17: «Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei
secoli. Amen»27. Le coordinate del dialogo tra Dio invisibile e gli uomini sono la creazione
e la liturgia.

Per spiegare il modo con cui Dio invisibile parla con gli uomini, il Concilio ricorre a due
testi, in cui il comune denominatore è rappresentato dal termine “amico” 28 , che eleva la
comunicazione a livello personale e confidenziale:

22
«Per la Costituzione dogmatica Dei Verbum del Concilio Vaticano II, Dio stesso e il suo progetto di salvezza per gli
uomini sono il contenuto per antonomasia della sua rivelazione» (PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e
Verità della Sacra Scrittura, 11).
23
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 11-12.
24
F. LAMBIASI, La Bibbia, 22.
25
F. LAMBIASI, La Bibbia, 22.
26
Col 1,15 è tratto dall’inno cristiano primitivo (Col 1,15-20), citato da Paolo, che celebra il ruolo di Cristo nella prima
creazione e nella nuova creazione (cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a Col 1,15-18, 2802).
27
Cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 1Tm 1,17, 2823.
28
«Volendosi rivelare, Dio ha parlato agli uomini e ha assunto il linguaggio umano dell’amicizia, in vista di una precisa
finalità che è una comunione di vita» (V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 23).

7
Es 33,11: «Il Signore Gv 15,14-15: «14Voi siete miei amici (ὑµεῖς φίλοι µού ἐστε29), se fate
parlava (‫ )וְדִ בֶּר‬con Mosè ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non
faccia a faccia, come uno sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici (ὑµᾶς δὲ
parla (‫ )י ְדַ בֵּר‬con il proprio εἴρηκα30 φίλους), perché tutto (πάντα) ciò che ho udito dal Padre mio
amico (φίλον)». l’ho fatto conoscere a voi».

Es 33,11 appartiene al brano 33,7-11 che è uno dei rari testi antichi che parlano della
tenda31: qui Mosè dialoga con il Signore come con il proprio amico, faccia a faccia.
Gv 15,14-15 invece fa parte del brano 15,1-17, nel quale Gesù propone l’immagine della
vite: in questo contesto definisce i discepoli suoi amici, destinatari di tutto ciò che il Padre,
invisibile, gli ha comunicato. Nulla è nascosto ai suoi amici!

Il rimando a Bar 3,38 («Per questo è apparsa [la Sapienza] sulla terra e ha vissuto fra gli
uomini») vuole alludere alla Sapienza che si è incarnata dapprima nella Legge giudaica e poi nel
Verbo fattosi carne: questa Sapienza si intrattiene con gli uomini, in una conversazione
interpersonale, in cui il verbo conversatur indica il perdurare del colloquio tra Dio e gli uomini.

1.4. La legge della comunione


Il n. 2 della DV indica lo scopo della rivelazione: «per (ut) invitarli e ammetterli alla
comunione con sé».

Dio, attraverso la rivelazione, fa appello alla libertà degli uomini per invitarli e ammetterli
alla comunione Trinitaria: quando viene letta la Parola, Dio vuole fare comunione con coloro che
ascoltano le Pagine Sacre32.

1.5. La legge della storicità


Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole (gestis verbisque) intimamente
connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza (historia salutis),
manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere
e il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, sia di Dio sia della salvezza degli uomini, per
mezzo di questa rivelazione risplende (illucescit) per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e
la pienezza di tutta intera la rivelazione» (DV 2).

È la prima volta che un documento del Magistero descrive la rivelazione sottolineandone


con forza la dimensione storica33. L’incontro di Dio con l’uomo avviene nella e attraverso la storia,

29
Si noti il presente del verbo εἰµί ad indicare l’azione durativa, lineare (cf. F. BLASS – A. DEBRUNNER – F. REHKOPF,
Grammatica del greco del Nuovo Testamento, § 318,2).
30
Il perfetto attivo indicativo del verbo λέγω indica che gli effetti di un’azione passata sono tutt’ora presenti (cf. F.
BLASS – A. DEBRUNNER – F. REHKOPF, Grammatica del greco del Nuovo Testamento, § 318,4).
31
Cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 33,7-11, 197.
32
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 38; F. LAMBIASI, La Bibbia, 23.
33
Cf. F. LAMBIASI, La Bibbia, 23.

8
«si realizza cioè attraverso eventi e gesta che poi vengono chiariti mediante le parole»34 e «le parole
dichiarano le opere e il mistero in esse contenuto».
Il termine latino gestis (da gestum), adottato dai Padri Conciliari, che richiama alla mente la
persona, è importante per ben due motivi:
a) perché la teologia preconciliare tendeva a ridurre la rivelazione alle parole orali di Gesù;
b) perché di conseguenza si sminuiva la rivelazione storica degli avvenimenti dell’AT (l’uscita
dall’Egitto, l’esilio, ecc.)35.
La Parola di Dio è al tempo stesso creatrice ed interprete della storia: mentre realizza, dice il
senso degli eventi36.

Il Concilio sottolinea così il carattere storico (un’economia di eventi predisposti) e sacramentale


(compenetrazione e reciproco sostegno di opere e di parole) della rivelazione. Questa struttura della
rivelazione, che ha valore per entrambi i Testamenti, distingue la rivelazione cristiana da ogni forma
di rivelazione filosofica o gnostica37.

La parola prima del fatto può assumere il carattere di predizione (cf. 2Re 19,5-37), di
chiamata e missione (cf. Gn 12,1ss; Es 3,7-12), di comando (cf. Os 3,1-5), mentre dopo il fatto è
proclamazione (cf. Dt 26,3.5-10; Es 12,1-14), spiegazione (cf. Gv 13,12-20), meditazione (Ger 32)
e soprattutto racconto38: «L’intera Bibbia, in ultima analisi, è l’interpretazione della historia salutis
sotto le specie del racconto»39.
Con l’espressione “Storia della Salvezza” si intende l’intero progetto di Dio per la salvezza
dell’uomo, che è iniziata con le origini dell’umanità e si concluderà con la sua fine; essa, è in pieno
svolgimento, anche se la Rivelazione di Dio ha avuto il suo compimento in Gesù Cristo (cf. DV 4)40

1.6. La legge della ecclesialità


La sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio
(unum verbi Dei sacrum depositum) affidato alla Chiesa; nell’adesione ad esso tutto il popolo santo,
unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione
fraterna, nella frazione del pane e nelle orazioni (cfr. At 2,42 gr.), in modo che, nel ritenere, praticare
e professare la fede trasmessa, concordino i presuli e i fedeli (14).

L’ufficio (Munus) poi d’interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa (15), è
affidato al solo magistero vivo della Chiesa (16), la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo.
Il quale magistero però non è superiore alla parola di Dio ma ad esse serve, insegnando soltanto ciò
che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente

34
F. LAMBIASI, La Bibbia, 23.
35
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 13.
36
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 14.
37
R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 14.
38
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 46.
39
V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 46.
40
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 16-17.

9
ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della
fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio.

È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per
sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere
indipendentemente sussistere, e tutte insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo
Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime (ad animarum salutem)» (DV
10).

(14) Cf. PIO XII, Cost. Apost. Munificentissimus Deus, 1° nov. 1950: AAS 42 (1950), p. 756, che riporta le
parole di S. CIPRIANO,Epist. 66, 8: CSEL 3, 2, 733: “La Chiesa è un popolo raccolto intorno al Sacerdote e
un gregge unito al suo Pastore”.
(15) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 3: Dz 1792 (3011) [Collantes 1.070].
(16) Cf. PIO XII, Encicl. Humani Generis, 12 ag. 1950: AAS 42 (1950), pp. 568-569: Dz 2314 (3886)
[Collantes 7.203-04].

DV 10 può essere suddiviso in tre sottoparagrafi:


A) Il ruolo della Chiesa;
B) La Chiesa interprete della Parola di Dio;
C) Lo scopo della sacra Tradizione, della sacra Scrittura e del magistero della Chiesa.

A) Il ruolo della Chiesa


La rivelazione di Dio sotto forma di sacra Tradizione e la sacra Scrittura, che costituiscono
un solo sacro deposito della parola di Dio, è affidata alla Chiesa: «la sacra Scrittura è parola di Dio
in quanto scritta per ispirazione dello Spirito di Dio; la sacra Tradizione poi trasmette integralmente
la parola di Dio – affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli – ai loro successori,
affinché illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la
espongano e la diffondano» (DV 9).
Per la prima volta un Concilio, Magistero straordinario, dedica un intero capitolo (capitolo
II: La Trasmissione della divina rivelazione) di una Costituzione dogmatica, sulla sacra Tradizione,
sulla sua natura, il suo oggetto e la sua importanza (cf. DV 7-10) 41 . L’espressione “sacra
Tradizione” in teologia indica la tradizione orale che la Chiesa cattolica considera, accanto alla
sacra Scrittura, fonte della rivelazione divina42. La rivelazione di Dio trova compimento in Cristo
Signore che ordinò agli apostoli di predicare il vangelo che prima era stato promesso dai profeti e in
seguito adempiuto da Cristo (cf. DV 7). L’ordine di predicare il Vangelo è stato fedelmente eseguito
dagli apostoli, dagli «uomini della loro cerchia i quali, per ispirazione dello Spirito santo, misero

41
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 32.
42
Cf. «Sacra Tradizione», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 797. L’importanza
della Tradizione «nella vita della Chiesa diventa chiara nel processo di formazione del canone degli scritti del NT […].
La [Tradizione] ecclesiastica non è un ampliamento dei contenuti della rivelazione avvenuta con Cristo e che è stata
formulata dagli Apostoli, ma interpretazione e chiarimento di essa per ogni epoca» («Tradizione», in H. OBERMAYER –
K. SPEIDEL – K. VOGT – G. ZIELER, Piccolo Dizionario Biblico, 324).

10
per scritto l’annunzio della salvezza» (DV 7). Com’è stato eseguito il comando di predicare il
Vangelo?
a) Innanzitutto per mezzo della predicazione orale, gli esempi e i comportamenti, le istituzioni
e i riti, ossia l’ambito del culto, dei sacramenti, della condotta morale delle comunità
cristiane43;
b) In seguito, anche attraverso la messa per iscritto del Messaggio Salvifico del Messia, sotto
l’ispirazione dello Spirito santo, sia dagli apostoli (Matteo, Giovanni), sia dai loro discepoli
(Marco, Luca)44.

La Tradizione ha preceduto la Scrittura45, ma insieme ad essa, è fonte della rivelazione


divina. Gli apostoli, inoltre, al fine che il Vangelo si preservasse integro e vivo nella Chiesa,
«lasciarono come loro successori i vescovi (cf. DV 7).
Quando si parla di Tradizione si possono rintracciare tre aspetti: la Tradizione viva, la
Tradizione come deposito, la Tradizione dinamica.
La Tradizione viva: «Pertanto la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale
nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione continua fino alla fine dei tempi»
(DV 8). La predicazione apostolica «deve perpetuarsi fino alla fine dei tempi: è la Tradizione
viva»46.
La Tradizione dinamica: «Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa
con l’assistenza dello Spirito Santo; cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle
parole trasmesse» (DV 8). In un certo senso la Tradizione è in continuo progresso: ciò che si
sviluppa è la percezione, la comprensione sempre più profonda delle realtà e delle parole trasmesse,
attraverso i seguenti fattori:
a) «con la riflessione (ex contemplatione) e lo studio da parte dei credenti (credentium), i quali
le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51» (DV 8). Il Concilio rimandando a Lc 2,19
(«Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore») e 51 («Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore») addita come modello di contemplazione e
di studio nella comprensione della Tradizione la Vergine Maria.
b) «Sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali» (DV 8).
c) «Sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un
carisma sicuro di verità» (DV 8): ossia, parroci, teologi e catechisti47.

43
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 30-31.
44
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 31.
45
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 64.
46
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 32.
47
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 34.

11
La Tradizione come deposito: gli apostoli trasmettono ciò che hanno ricevuto e invitano i
fedeli a conservare le tradizioni ricevute a viva voce o per lettera (cf. DV 8)48. La Chiesa con la vita,
la dottrina e il culto trasmette «tutto ciò che essa è e tutto ciò che essa crede»49.
La Tradizione è conosciuta attraverso un insieme di testimoni: gli scritti dei Padri della
Chiesa, la pratica della Chiesa, la vita dei Santi (cf. DV 8)50.

B) La Chiesa interprete della Parola di Dio


L’interpretazione autentica della Parola di Dio, sia come Scritture che come Tradizione,
compete al solo magistero della Chiesa. Qui il Concilio ricorre alla Humani generis di Pio XII per
sottolineare che non a tutti i fedeli ma unicamente al magistero appartiene l’autentica
interpretazione della Parola di Dio e ne spiega la ragione: perché l’autorità è «esercitata nel nome di
Gesù Cristo» (DV 10).
I Padri Conciliari «per contrastare l’opinione assai diffusa di quanti pensano che il magistero
sia un assoluto che si sostituisce alla Scrittura»51, affermano che il magistero «non è superiore alla
parola di Dio» (DV 10) e precisano che il magistero è a servizio della Parola, che per ordine di
Cristo e con l’assistenza dello Spirito Santo, insegna ciò che ha ricevuto. La funzione del magistero
viene ulteriormente precisata da DV 10 con quattro verbi significativi:
a) il magistero ascolta la Parola di Dio e lo fa in modo pio: il Concilio eleva il piano
dell’ascolto nella sfera spirituale, dove oltre all’intelligenza, sono coinvolti i sentimenti, il
cuore;
b) custodisce la Parola e svolge questo compito santamente: per custodire la Parola, il
magistero deve rimanere obbediente al suo mandato, e alla sua identità voluta dal Risorto;
c) espone in modo fedele, senza nulla togliere e senza nulla aggiungere;
d) attinge da questo deposito della fede, ciò che propone ai fedeli come rivelazione di Dio.

C) Lo scopo della sacra Tradizione, della sacra Scrittura e del magistero della Chiesa
Il Concilio da un lato dichiara lo strettissimo legame tra sacra Tradizione, sacra Scrittura e
magistero della Chiesa, tanto da non poter esistere autonomamente se non insieme, dall’altro lo
scopo a cui ognuno secondo la propria peculiarità, persegue: la salvezza delle anime.

48
2Ts 2,15: «Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla
nostra lettera».
49
R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 33.
50
«I Padri della Chiesa sono tali per la loro vicinanza all’età apostolica e per la santità della loro vita ufficialmente
riconosciuta. L’età patristica termina in Occidente nel VII secolo, in Oriente nell’VIII. Tutte le ricchezze di questa
Tradizione vivificante sono trasfuse nella vita e nella pratica della Chiesa che crede e prega» (R. LATOURELLE, Come
Dio si rivela al mondo, 34-35).
51
R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 39.

12
2. Il Canone delle Sacre Scritture
Il termine “canone” deriva dal greco κανών, kanōn, che significa: canna a fusto, ossia lo
strumento per misurare le lunghezze, per cui da qui “misura”, “regola”, “norma”52. I libri biblici
sono chiamati libri canonici, perché fanno parte dell’elenco dei libri ispirati53. In particolare, sia gli
Ebrei che i cristiani tra i diversi scritti biblici conservati hanno dovuto scegliere quelli dove
potevano riconoscere l’origine della loro fede54. Le comunità ebraiche e cristiane, dopo un lungo
processo di maturazione e di verifiche, non senza dubbi e incertezze, scelsero alcuni libri, tra i tanti,
come testi sacri e ispirati, dando origine al “canone” della Bibbia, ovvero all’elenco ufficiale dei
testi biblici55.
La comunità cristiana distingue gli scritti biblici ispirati in
a) protocanonici: sono gli scritti biblici che sempre e in tutte le Chiese furono ritenuti ispirati;
b) deuterocanonici: sono gli scritti biblici che non furono sempre e ovunque inclusi nel canone
(per l’AT 7 libri: Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Baruc, Siracide e Sapienza, e alcune parti
di Ester e Daniele; per il NT 7 libri: Ebrei, Giacomo, 2Pietro, 2 e 3 Giovanni, Giuda,
Apocalisse)56.

La formazione dei singoli libri biblici è passata attraverso diversi stadi:


1. formazione di piccole unità autonome (orali o scritte);
2. prime collezioni;
3. formazioni di raccolte più grandi;
4. redazione finale57.

Non è da escludere che la trasmissione orale e quella scritta per un tempo più o meno lungo
siano coesistite, influenzandosi a vicenda58.

52
Cf. F. LAMBIASI, La Bibbia, 84. Sul termine κανών fuori del NT, nel NT e nella Chiesa primitiva cf. H.W. BEYER,
«κανών», in G. KITTEL – G. FRIEDRICH (a cura di), Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. V, 169-186.
53
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 25.
54
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 102.
55
Cf. G. PEREGO, ABC per la lettura della Bibbia, 9.
56
Cf. F. LAMBIASI, La Bibbia, 84.
57
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 26.
58
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 26.

13
2.1. Il Canone Ebraico
La Bibbia ebraica (in ebraico ‫תנך‬, Tanàkh) è formata da 24 libri59 ed è suddivisa in tre
parti60:

La Legge Profeti Scritti


(in ebraico ‫תורה‬, Toràh) (in ebraico ‫נביאים‬, Neviìm) (in ebraico ‫כתובים‬, Ketubìm)
5 Libri = Pentateuco 8 Libri 11 Libri

Genesi anteriori Salmi


Esodo Giosuè Proverbi
Numeri Giudici Giobbe
Levitico Samuele Cantico dei Cantici
Deuteronomio Re Rut
Qoèlet
posteriori Lamentazioni
Isaia Ester
Geremia Daniele
Ezechiele Esdra-Neemia
e 12 i profeti minori Cronache
Osea, Gioele, Amos, Abdia,
Giona, Michea, Naum,
Abacuc, Sofonia, Aggeo,
Zaccaria, Malachia

La formazione del canone ebraico è avvenuta nel corso della storia, tappa dopo tappa e
queste tappe possono essere così schematizzate:
1. messa per iscritto di tradizioni orali, di parole profetiche, di collazioni normative;
2. composizione di raccolte di tradizioni scritte, che gradualmente acquistano autorità e
riconosciute come espressione di una rivelazione divina; così avviene per la Toràh (i primi
cinque libri della Bibbia, cioè il Pentateuco);
3. collegamento tra le diverse raccolte: Toràh, Profeti e Scritti sapienziali61.

Il periodo della formazione dei libri biblici si estende per un arco temporale che va dagli
inizi, dalla chiamata di Abramo (XIX sec. a.C.) fino alla distruzione di Gerusalemme ad opera dei
Romani (70 d.C.)62. Questo periodo viene diviso in due momenti: periodo pre-esilico e periodo
post-esilico.

59
Il numero sale a 39 contando separatamente i dodici profeti minori, i due Libri di Samuele, i due Libri dei Re, Esdra,
Neemia e i due Libri delle Cronache.
60
Cf. F. LAMBIASI, La Bibbia, 85-86.
61
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 95.
62
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 27.

14
2.1.1. Periodo pre-esilico
Sotto il regno di Salomone (970 circa – 931) si forma la prima delle quattro grandi tradizioni
che compongono il Pentateuco: la tradizione Jahwista (J); nel IX secolo cominciano a circolare i
racconti su Elia ed Eliseo (cf. 1Re 17-22; 2Re 1-13), dando origine alla seconda tradizione chiamata
Elohista (E); mentre sotto il regno di Geroboamo II (783-743) in Israele vengono pronunciati gli
oracoli di Amos e Osea e parallelamente si sviluppa, grazie a numerosi predicatori del medesimo
movimento profetico, la terza tradizione del Pentateuco, chiamata Deuteronomica (D)63.
Caduta la capitale del regno del Nord, Samaria, nel regno di Giuda (722-587) circolano gli
oracoli di Isaia (740-700) che convergeranno in Is 1-39; e di Michea64. Il ritrovamento del libro
dell’alleanza (forse il Deuteronomio)65 nel tempio di Gerusalemme agli inizi della riforma religiosa
voluta dal re Giosia (622)66, rappresenta una prima raccolta scritta del materiale deuteronomistico,
redatto probabilmente qualche anno prima67. In questo periodo il profeta Geremia, che aveva
iniziato il suo ministero nel 627 a.C., premeva per una riforma religiosa più radicale68: è da
collocare in questo tempo una prima raccolta scritta degli oracoli di Geremia (cf. 36,2-4.32); è da
situare anche in questo periodo la prima redazione di Sofonia, Naum, Abacuc69. La scoperta del
libro dell’alleanza promuove la ripresa dell’attività della scuola deuteronomistica che elabora la
Storia deuteronomistica (Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele, 1-2 Re)70.
Dopo la prima conquista di Gerusalemme da parte dei Babilonesi e la deportazione (597), si
colloca in Mesopotamia la predicazione di Ezechiele (593-571) e durante l’esilio babilonese (587-
538) si forma la quarta tradizione del Pentateuco, chiamata Sacerdotale (P); a questo periodo risale
il nucleo più antico delle Lamentazioni71.
Alla fine dell’esilio va annoverata l’opera di un profeta anonimo che gli studiosi moderni
chiamano il Deutero-Isaia, perché a lui è attribuita la seconda parte del libro di Isaia, i capitoli 40-
5572.

63
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 27-28.
64
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.
65
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 103.
66
Cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 184.
67
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.
68
Cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 184.
69
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.
70
Si suppone che l’attività della scuola deuteronomistica sia stata terminata nel 562 a.C., data dell’ultimo evento
registrato, cioè la riabilitazione del re Ioiachìn (cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28).
71
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28. «Di fronte alla disperazione dei deportati, il tono della predicazione
profetica cambiò. Ezechiele annunciò che il Soffio di Dio sarebbe passato sulla vallata per fare rivivere quelle ossa
morte. Il Deuteroisaia profetizzò un servo di Dio che non avrebbe spento quel lucignolo fumigante, ma che avrebbe
condotto il popolo a vedere la gloria di JHWH» (B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca
dell’Antico Testamento, 194).
72
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.

15
2.1.2. Periodo post-esilico
Il periodo post-esilico va dal 538 d.C., anno dell’Editto di Ciro, imperatore dei Medi e dei
Persiani73 al 70 d.C., anno della distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani.
Sotto la dominazione persiana, inizia la formazione di un Canone tripartito in Legge, Profeti
e Scritti (di natura prevalentemente sapienziale)74.
Il libro di Esdra si apre riportando il decreto dell’imperatore Ciro, che permetteva a tutti gli
esiliati, di ritornare nella propria Patria:

1
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per
bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il
suo regno, anche per iscritto: 2«Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha
concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è
in Giuda. 3Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e salga a Gerusalemme,
che è in Giuda, e costruisca il tempio del Signore, Dio d’Israele: egli è il Dio che è a Gerusalemme.
4
E a ogni superstite da tutti i luoghi dove aveva dimorato come straniero, gli abitanti del luogo
forniranno argento e oro, beni e bestiame, con offerte spontanee per il tempio di Dio che è a
75
Gerusalemme”» (Esd 1,1-4) .

I reduci da Babilonia avevano la necessità di riscoprire la loro identità di popolo


dell’alleanza, pertanto era necessario codificare delle leggi, così come richiesto dai dominatori76. La
raccolta dei ricordi storici legava i reduci alla Giudea pre-esilica; i libri profetici servivano per
spiegare le cause delle deportazioni; i Salmi erano utili per il culto nel Tempio riedificato77.
Ritornando dall’esilio, la Palestina è sotto il dominio persiano e la prima preoccupazione dei
rimpatriati è la ricostruzione del Tempio: in questo periodo cominciano a diffondersi, almeno
oralmente, gli oracoli di Aggeo, del Primo Zaccaria (1-18) e del Terzo-Isaia (56-66) e
probabilmente anche la parte più antica di Malachia78. In questo periodo di restaurazione del popolo
ebraico, la principale tribù superstite è quella di Giuda, pertanto da questo momento in poi gli
israeliti vengono chiamati normalmente Giudei79.
Di seguito una tabella in cui vengono riportati i principali avvenimenti dal decreto di Ciro
sino alla riorganizzazione della comunità giudaica, operata da Esdra, sacerdote e scriba, viene
inviato a Gerusalemme dal re persiano Artaserse80:

73
Cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 202-203.
74
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
75
Nel libro di Esdra «si narrano le vicende del graduale, lento ritorno dei Giudei in Gerusalemme e della ricostruzione
del Tempio, della città e della comunità giudaica» (B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca
dell’Antico Testamento, 201).
76
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
77
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
78
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 29.
79
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 17.
80
Cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 210-214.

16
538 a.C. Decreto di Ciro81
538-520 Ritorno di alcune carovane al seguito di Sheshbatstsar, principe di Giuda,
nominato da Ciro pechach (= governatore)82.
520-515 Opera di ricostruzione del Tempio83.
515-445 Opposizione dei Samaritani e ricostruzione delle mura84.
445 20° anno di Artaserse, re persiano; Neemia inaugura la sua prima missione.
438 27° anno di Artaserse; Esdra riorganizza la comunità giudaica.

Esdra porta con sé copia del documento di Artaserse con cui lo invia a Gerusalemme, dove
tra l’altro si menziona la Legge di Dio; questo permette di stabilire il momento della redazione
finale del Pentateuco85:

11
Questa è la copia del documento che il re Artaserse consegnò a Esdra, sacerdote, scriba ed esperto
nei comandamenti del Signore e nelle leggi date a Israele:
12
«Artaserse, re dei re, al sacerdote Esdra, scriba della legge del Dio del cielo, salute perfetta. Ora,
13
io ordino che, nel mio regno, chiunque del popolo d’Israele, dei suoi sacerdoti e dei leviti vuole
venire a Gerusalemme, venga pure con te; 14infatti da parte del re e dei suoi sette consiglieri tu sei
inviato a fare inchiesta in Giudea e a Gerusalemme riguardo alla legge del tuo Dio che è nelle tue
mani, 15e a portare l’argento e l’oro che il re e i suoi consiglieri inviano come offerta spontanea al
Dio d’Israele che abita a Gerusalemme, 16e tutto l’argento e l’oro che troverai in tutta la provincia di
Babilonia, insieme con le offerte spontanee che il popolo e i sacerdoti offriranno per il tempio del
loro Dio a Gerusalemme. 17Perciò con questo argento ti prenderai cura di acquistare tori, arieti,
agnelli, con le loro oblazioni e le loro libagioni, e li offrirai sull’altare del tempio del vostro Dio che
è a Gerusalemme. 18Con il resto dell’argento e dell’oro farete quello che sembrerà bene fare a te e ai
tuoi fratelli, secondo la volontà del vostro Dio. 19I vasi, che ti sono stati dati per il culto del tempio
del tuo Dio, rendili al Dio di Gerusalemme. 20Il resto di quanto occorre per il tempio del tuo Dio, e
che spetta a te procurare, lo procurerai a spese del tesoro del re.
21
Io, il re Artaserse, ordino a tutti i tesorieri dell’Oltrefiume: Tutto ciò che Esdra, sacerdote e scriba
della legge del Dio del cielo, vi domanderà, sia fatto integralmente, 22fino a cento talenti d’argento,
cento kor di grano, cento bat di vino, cento bat di olio e sale a volontà. 23Quanto è prescritto dal Dio
del cielo sia fatto con diligenza per il tempio del Dio del cielo, perché non venga l’ira sul regno del
re e dei suoi figli. 24E vi comunichiamo che nessuno può imporre tasse, tributi o imposte a tutti i

81
L’applicazione del decreto di Ciro fu negoziata tra l’imperatore e gli esiliati; gli Ebrei ottennero un memorandum che
seguiva il decreto: questo memorandum, indirizzato al tesoriere regale, prevedeva la restituzione degli arredi sacri
asportati da Nabucodonosor insieme ad una somma per la ricostruzione del Tempio. La prima preoccupazione dei primi
rimpatriati fu quella di ristabilire il culto di JHWH tra le rovine dell’antico Tempio, che forse era stato sempre
frequentato da quelli che erano rimasti nel Paese; ne sgombrarono il recinto e restaurarono l’altare (cf. B. PENNACCHINI,
Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 210).
82
L’organizzazione dei primi gruppi di reduci fu laboriosa; molto probabilmente i primi a partire furono le classi più
umili in gruppi sparuti (cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 210).
83
«La ricostruzione del Tempio fu portata a termine nel 515. Esso riproduceva quello di Salomone, ma era molto meno
prezioso. Il profeta Zaccaria rincuorava i fedeli, tristi per la povertà di questa ricostruzione, annunciando la gloria
futura di questa dimora» (B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 212).
84
Il rapporto tra i rimpatriati e i Samaritani, fu conflittuale: sia perché i rimpatriati consideravano i Samaritani una
popolazione impura, sia perché i Samaritani vedevano nella ricostruzione del Tempio un significato di indipendenza da
parte dei Giudei. L’opposizione fu così aspra da provocare la sospensione dei lavori del Tempio per l’intervento dei
funzionari samaritani, dal momento che in quel periodo la Giudea era una provincia dipendente da quella della Samaria.
Ricostruite le mura sul tracciato delle vecchie mura del tempo dei re di Giuda, si passò alla fase di ripopolazione della
Città di Gerusalemme, grazie agli antichi elenchi dei rimpatriati (cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele
nell’epoca dell’Antico Testamento, 210-211.216).
85
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.

17
sacerdoti, leviti, cantori, portieri, oblati e inservienti di questo tempio.
25
Quanto a te, Esdra, secondo la sapienza del tuo Dio, che tu possiedi, stabilisci magistrati e giudici
che giudichino tutto il popolo dell’Oltrefiume, cioè tutti coloro che conoscono le leggi del tuo Dio, e
voi dovrete istruire chi non le conosce. 26Contro chiunque non osserverà la legge del tuo Dio e la
legge del re, si faccia con sollecitudine un processo e lo si punisca con la morte o una pena corporale
o un’ammenda in denaro o il carcere» (Esd 7,11-26).

Intorno al 132 a.C. l’opera di Gesù ben Sira (Siracide), che era stata composta circa
sessant’anni prima, viene tradotta dal nipote in lingua greca86. Nel prologo si rivela l’esistenza di tre
collezioni di libri sacri: «Molti e importanti insegnamenti ci sono dati dalla legge, dai profeti e dagli
altri scritti». È probabile quindi che nei tre secoli che intercorrono tra la missione di Esdra e la
traduzione greca del Siracide abbia avuto luogo la redazione finale della Storia deuteronomistica e
di quella sacerdotale (1-2 Cronache, Esdra e Neemia), dei libri profetici, gran parte dei libri
sapienziali (Salmi, Giobbe, Proverbi), delle cinque Meghillot, rotoli (Cantico dei Cantici, Rut,
Lamentazioni, Qoèlet, Ester) e di Daniele; stabilire, infine, la data in cui questi libri hanno avuto la
forma definitiva è impossibile: non è escluso che alcuni di essi siano stati redatti in un periodo
ancora più tardivo87; certo è che il governatorato di Neemia può essere considerato come il terminus
a quo (= dopo cui) della formazione del Canone88. È interessante notare che 2Mac 2,13 informa che
Neemia fondò una biblioteca, collazionando tutti i libri sui re, sui profeti, gli scritti di Davide, le
lettere dei re sulle offerte votive: «Si descrivevano le stesse cose nei documenti e nelle memorie di
Neemia e come egli, fondata una biblioteca, avesse curato la raccolta dei libri dei re, dei profeti e di
Davide e le lettere dei re relative alle offerte».

In sintesi, l’opera degli scribi post-esilici fu su diversi fronti:


1. raccogliere i libri con una certa autorevolezza religiosa;
2. aggiornare le leggi e i racconti storici, assemblando oracoli profetici e aggiungendo passi
interpretativi e con diverse fonti costituirono un solo libro (per esempio, il libro di Isaia e
quello dei Dodici Profeti);
3. comporre nuovi salmi e dare forma ai libri sapienziali;
4. unificare il tutto sotto i nomi
a) di Mosè, legislatore e sommo profeta;
b) di Davide, il salmista;
c) di Salomone, il saggio89.

86
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.
87
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 28.
88
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
89
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.

18
2.1.3. Il tempo dei Maccabei
Nel dicembre del 167 a.C.90 Antioco IV, re seleucida, fece distruggere tutti i libri sacri degli
ebrei91:«56Stracciavano i libri della legge che riuscivano a trovare e li gettavano nel fuoco. 57
Se
presso qualcuno veniva trovato il libro dell’alleanza e se qualcuno obbediva alla legge, la sentenza
del re lo condannava a morte» (1Mac 1,56-57)92 e impose ai Giudei una ellenizzazione totale93.
«Una riorganizzazione si rendeva perciò necessaria, e ciò conduce al terminus ad quem dell’epoca
veterotestamentaria»94. Però, da 2Mac 2,14 si apprende che Giuda il Maccabeo fece la raccolta dei
libri salvati dalla persecuzione: «Anche Giuda ha raccolto tutti i libri andati dispersi per la guerra
che abbiamo avuto e ora si trovano presso di noi».
Com’è già stato accennato, il Siracide, nei primi decenni del secondo secolo, classificava i
libri sacri in Legge, Profeti e altri scritti successivi (cf. Prologo)95. Inoltre, dalla lettura del Siracide
si evincono le seguenti informazioni96:
a) in 44-50 viene ricapitolata la storia di Israele dagli inizi fino ai tempi della stesura del
Siracide stesso97;
b) 48,1-11 parla esplicitamente del profeta Elia;
c) 48,20-25 menziona il profeta Isaia;
d) 49,7-10 ricorda Geremia, Ezechiele e i Dodici Profeti.

2.1.4. La formazione del Canone Ebraico


L’esistenza di un canone ebraico negli ultimi due secoli prima dell’avvento del cristianesimo
sembra dunque fuori discussione, anche se non si ha un elenco particolareggiato dei libri che
contiene98. Nel I sec. d.C. Giuseppe Flavio riferisce, senza tuttavia elencarli, che 22 sono i libri
riconosciuti sacri dagli ebrei, libri che contenevano leggi, tradizioni narrative, inni e consigli99. È
giusto pensare che la situazione fosse la stessa sia in Palestina che nella diaspora100: l’esistenza di

90
Cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 1Mac 1,54, 1014.
91
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
92
Per “libri della legge” e “libri dell’alleanza”, si intende il Pentateuco o Toràh (cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a
1Mac 1,55-57, 1014).
93
Cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 230-231.
94
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
95
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
96
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 60.
97
Così si apre il cap. 44 del Siracide: « Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni»
(Sir 44,1): «Questo “Elogio dei padri” (titolo ebr. e gr.) ci mostra come un pio Ebreo del II sec. a.C. vedeva la storia
d’Israele (cf. 1Mac 2,51-64)» (La Bibbia di Gerusalemme, nota a Sir 44,1ss, 1644).
98
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 38.
99
La cifra 22 libri sacri si può spiegare in due modi: 1. Molti libri che nelle edizioni delle nostre Bibbie sono separati
(ad esempio i Dodici Profeti), contano come uno solo; 2. La cifra 22 può indicare completezza, perché coincide con il
numero delle lettere dell’alfabeto ebraico (cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra
Scrittura, 60). Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 38.
100
Il termine diàspora deriva dal gr. “dispersione”, da diaspeírein, “disseminare”, e si riferisce all’emigrazione o
all’esilio degli ebrei da Israele ad altri paesi. Si conoscono diverse emigrazioni: 1) nel 721 a.C., quando gli Assisi

19
un canone più lungo, includente anche i Deuterocanonici tra gli ebrei di lingua greca non è
registrata, anche perché i più antichi manoscritti contenenti tutta la Bibbia sono del III sec. d.C. e di
origine cristiana101.
L’opinione più diffusa è quella di ritenere che durante la riunione del 100 d.C. a Jamnia (=
Jabneh è una città sulla costa mediterranea, ad ovest di Gerusalemme102), sede dell’accademia103
fondata da Johanan ben Zakkai dopo la caduta di Gerusalemme, sia stato fissato il canone ebraico,
escludendo da esso i libri deuterocanonici; in effetti, però, alla luce della testimonianza della
Mishna (Yadaim 3,2), in quell’occasione si parlò dei libri che “sporcano le mani”, per cui si rendeva
necessaria la purificazione dopo il loro uso e si discusse circa l’appartenenza a essi di Qoèlet e del
Cantico dei Cantici104. Per la Tosefta (Yadaim 2,13), ad un certo punto si affermò che il Siracide
“non sporca le mani”, ma non si precisa né il dove né il quando105.
In conclusione, si può affermare:
1. con la distruzione del Tempio nel 70 d.C. la religione giudaica diviene sempre più la
religione “del Libro”, da cui si deduce la necessità di fissare un Canone, la cui strada fu però
lunga e faticosa;
2. le dispute interne al giudaismo, tra ad esempio farisei e le sette giudaiche di tendenza
apocalittica, hanno favorito la fissazione di un Canone, che del resto si rendeva opportuno
dalla concorrenza sollevata dai libri cristiani;
3. anche se nel I sec. d.C. erano stati accettati 22 o 24 libri come sacri, per un Canone Ebraico
rigidamente fissato, bisognerà aspettare la fine del II sec. d.C. o l’inizio del III sec.;

conquistano il Regno settentrionale d’Israele, molti israeliti furono condotti in Mesopotamia; 2) nel 597 e ancora nel
587 a.C., quando i Babilonesi conquistarono il Regno meridionale di Giuda, molti dei capi di Israele insieme alla
popolazione furono deportati a Babilonia; 3) durante l’epoca persiana (539-332 a.C.) e quella ellenistica (332 a.C.-63
d.C.) gli ebrei si trasferirono in tutti i maggiori centri del Mediterraneo orientale (ad esempio nell’Alto Egitto e
nell’Asia Minore meridionale); 4) all’epoca del NT, durante la dominazione dei Romani, gli ebrei erano riconosciuti
legalmente come gruppo etnico ed esistevano nell’Impero nutrite comunità a Roma, Alessandria, Cipro, nelle città della
Grecia e dell’Asia Minore, ad Antiochia di Siria e, oltre l’Impero, in Mesopotamia. La LXX, versione greca della
Bibbia dell’AT, viene realizzata per le ampie comunità ebraiche di lingua greca (cf. «diaspora», in P.J. ACHTEMEIER –
SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE [a cura di], Il Dizionario della Bibbia, 245).
101
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 38.
102
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 202.
103
Nell’accademia di Jamnia si cominciò a fissare il testo ebraico consonantico e poi quello vocalico; si diede inizio
anche ad un imponente lavoro letterario, che sfocerà in tre grandi opere che rappresentano la base del giudaismo attuale:
il Talmud (di Gerusalemme e di Babilonia), il Targum e il Midrash. La Mishna insieme alla Ghemara e Tosefta, è una
delle tre raccolte del Talmud: si tratta di sentenze di vita pratica trasmesse dai dottori tannaiti (II sec. d.C.) e messe
insieme da Giuda il patriarca verso il 200 d.C., scritta in ebraico e suddivisa in 6 ordini (sedarîm), 63 trattati e 523
capitoli (cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 32).
104
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 39.
105
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 39; V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 203.

20
4. l’assunzione del Canone dell’AT più ampio da parte dei cristiani tramite la LXX, può essere
il motivo per cui il giudaismo limitò il Canone Ebraico ai soli libri in lingua originale
ebraica o aramaica106.

2.2. Il Canone Cattolico


La Bibbia cattolica è formata da 73 libri, divisi nei due grandi blocchi: Antico Testamento
(46 libri) e Nuovo Testamento (27 libri)107:

Antico Testamento Nuovo Testamento108


(46 libri) (27 libri)

Il Pentateuco I libri I libri poetici I libri Vangeli Lettere Lettere Libro profetico
storici e sapienziali profetici e Atti di San Paolo Cattoliche

1. Gn 27. Ap
6. Gs 22. Gb 29. Is 1. Mt 6. Rm 19. Eb
2. Es 7. Gdc 23. Sal 30. Ger 2. Mc 7. 1Cor 20. Gc
3. Lv 8. Rut 24. Pro 31. Lam 3. Lc 8. 2Cor 21. 1Pt
4. Nm 9. 1Sam 25. Qo 32. Bar 4. Gv 9. Gal 22. 2Pt
5. Dt 10. 2Sam 26. Ct 33. Ez 5. At 10. Ef 23. 1Gv
11. 1Re 27. Sap 34. Dn 11. Fil 24. 2Gv
12. 2Re 28. Sir 35. Os 12. Col 25. 3Gv
13. 1Cr 36. Gl 13. 1Ts 26. Gd
14. 2Cr 37. Am 14. 2Ts
15. Esd 38. Abd 15. 1Tm
16. Ne 39. Gio 16. 2Tm
17. Tb 40. Mic 17. Tt
18. Gdt 41. Na 18. Fm
19. Est 42. Ab
20. 1Mac 43. Sof
21. 2Mac 44. Ag
45. Zc
46. Ml

La parola “Testamento” (lat. Testāmentum, gr. διαθήκη, diathḗkē, ebr. ‫ברת‬, berîṯ109) che sta
per “alleanza” o “patto”, può indicare tre significati:
a) un evento: la prima alleanza che Dio ha stabilito con Israele attraverso Mosè sul monte Sinai
(cf. Es 19.24); e l’alleanza nuova che Dio ha stabilito con tutta l’umanità attraverso il Figlio,
Gesù Cristo (cf. Lc 22,20; 1Cor 11,25);

106
Per la tesi classica dei manuali nel giudaismo antico ci furono due canoni: 1) il Canone palestinese, più corto, senza i
deuterocanonici; 2) il Canone alessandrino, più lungo, comprendente anche i deuterocanonici. Non possedendo la
versione originale giudaica dei LXX, ma soltanto una trascrizione nei codici biblici cristiani, non è possibile accettare
senza dubbi la tesi dei due canoni (cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 200.203-204).
107
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 8-13.
108
«Nel Nuovo Testamento non c’è una classificazione analoga a quella dei libri dell’Antico Testamento; tuttavia i
vangeli e gli Atti degli apostoli si possono considerare libri storici, le lettere degli apostoli libri sapienziali, mentre
l’Apocalisse si può avvicinare ai libri profetici» (A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 13).
109
Cf. «testamento», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 917.

21
b) un periodo storico: si parla dei tempi dell’AT e dei tempi del NT;
c) la raccolta di libri biblici: si tratta dei libri dell’AT e del NT110.

2.2.1. Il Canone dell’AT presso i cristiani


La storia del Canone dell’AT presso i cristiani si è sviluppata attraverso alcune tappe;
verranno affrontate le principali:
a) Gli scrittori del NT;
b) I Padri della Chiesa;
c) Le affermazioni del Magistero della Chiesa fino al Concilio di Trento.

2.2.1.1. Gli scrittori del NT


Leggendo il NT è possibile fare quattro affermazioni111:
1) il NT conosce la tripartizione della Bibbia ebraica: «Poi [il Risorto] disse: “Sono queste le
parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose
scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”» (Lc 24,44)112;
2) nel NT vengono registrate citazioni, però non di tutti i libri, sia dei protocanonici che dei
deuterocanonici (cf. Sap: Rm 1,19ss; Eb 8,14; Tb: Ap 8,2);
3) nel NT si trovano addirittura allusioni a libri considerati apocrifi e la lettera di Giuda cita
Enoch (cf. Gd 13,5)113;
4) delle 350 citazione dell’AT nel NT circa 300 corrispondono alla versione greca dei LXX.

2.2.1.2. I Padri della Chiesa


Tra i cristiani si consolidava l’uso di un canone lungo, comprendente anche i
deuterocanonici; questa posizione, potrebbe aver influenzato la scelta fatta dal giudaismo di
adottare un canone più corto, includente soli i libri in lingua originale ebraica o aramaica114.
D’altro canto, la decisione del giudaismo ha influenzato anche i cristiani: san Giustino († ca.
165)115 e Melitone di Sardi († ca. 193), che fornisce la più antica lista di libri dell’AT usati dai

110
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 8.
111
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 204-205.
112
«I Salmi, cioè, danno il titolo al terzo gruppi di scritti, ma non è detto che ne costituissero l’unico libro» (V.
MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 204).
113
Per “apocrifo” (gr. ἀπόκρυφος, apókryphos = nascosto, segreto), si intende uno scritto giudaico o cristiano, affine,
quanto alla forma e al contenuto, ai libri canonici dell’AT e del NT, ma che non entrarono a far parte del canone dei
libri ispirati; il periodo della fioritura letteraria apocrifa va dal II sec. a.C. fino al V sec. d.C.; nella terminologia
protestante con il nome di apocrifi vengono designati gli scritti che nel canone cattolico sono chiamati libri
deuterocanonici dell’AT; gli scritti extracanonici, chiamati dai cattolici apocrifi, sono dai protestanti denominati
pseudepigrafi (cf. «apocrifo», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 140-141).
114
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 39.

22
cristiani, fanno riferimento solo ai protocanonici116. Verso la fine del IV sec. la Chiesa Occidentale
finisce per accettare il Canone lungo, comprendente anche i deuterocanonici; questa decisione
scaturisce con chiarezza dai Concili provinciali di Ippona (393) e di Cartagine (397)117. Nonostante
ciò, alcuni Padri sia di Oriente che di Occidente adottano il Canone ebraico: in Oriente abbiamo S.
Atanasio († 373), S. Cirillo di Gerusalemme († 386), S. Gregorio Nazianzeno († 390),; in Occidente
S. Ilario Poitiers († 366), S. Rufino († 410) e S. Girolamo († 386)118.

2.2.1.3. Le affermazioni del Magistero della Chiesa fino al Concilio di Trento


Nei Concili di provincia si denota incertezza: vi sono Concili che sono per il Canone lungo,
altri per quello breve119. Nel Concilio di Ippona del 393, dov’era presente Agostino allora semplice
sacerdote, i vescovi africani stabilirono il criterio della lettura pubblica nelle chiese per aprire la
strada all’accettazione dei deuterocanonici120.
Bisogna attendere il Concilio Ecumenico di Firenze con il “Decreto per i Giacobiti” (1441)
per un primo pronunciamento ufficiale sul Canone lungo, a cui seguirà il Concilio di Trento per
definire solennemente il Canone più ampio dell’AT, dove nella sessione dell’8 aprile 1546, viene
stabilito l’elenco sia dell’AT che del NT, con lo scopo che nessuno possa dubitare quali siano i libri
biblici da considerare sacri121.
Il Concilio di Trento offriva due criteri sui quali fondava la dichiarazione circa il Canone
della Bibbia:
a) la lettura dei libri sacri nella Chiesa;
b) la presenza dei libri sacri nell’antica versione latina Volgata122.

Il Concilio Vaticano I si appella all’autorità del Concilio di Trento e si limita ad elencare i


libri sacri dell’AT e del NT, mentre il Concilio Vaticano II a proposito del Canone, cita il Vaticano
I123:
La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio
che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo
(cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa (17)
(DV 11).

115
S. Giustino ammette che si deve ritenere parte della Scrittura tutto ciò che si legge nella LXX, compresi quindi quei
libri che i Giudei hanno tolto dal loro canone (cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 205).
116
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 39; V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 205.
117
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 205.
118
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 205.
119
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 206.
120
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 105-106.
121
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 207.
122
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 207.
123
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 207-208.

23
(17) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1787 (3006) [Collantes 2.015].
PONT. COMM. BIBLICA,Decr. 18 giugno 1915: Dz 2180 (3629); EB 420. S. S. C. del S. Uffizio, Lett. 22
dic. 1923: EB 499.

Per il Vaticano I e il Vaticano II il fondamento della canonicità dei libri sacri è


l’ispirazione124.

2.2.2. La formazione del Canone del NT


Il contenuto dei libri del NT fu recepito oralmente dai credenti da Cristo e dalla predicazione
degli apostoli prima di essere messo per iscritto125. Basti ricordare, a proposito di ciò, il prologo di
Luca:
1
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo
a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero
ministri della Parola, 3così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli
inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti
conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

Accenni alla formazione di un Canone del NT si trovano già negli ultimi libri
neotestamentari126:

15
La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto anche il nostro
carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data, 16come in tutte le lettere, nelle quali
egli parla di queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli
incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina (2Pt 3,15-16).

In 2Pt 3,16 vi è il primo indizio di un’equivalenza tra gli scritti cristiani, nello specifico la
raccolta delle lettere, e i libri dell’AT127.
In 1Tm 5,18: «Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e: Chi
lavora ha diritto alla sua ricompensa», vengono riportate due citazioni128: Dt 25,4 e Lc 10,7 di cui
la seconda è del NT, nota solo da Luca129.

14
Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo
hai appreso 15e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza,
che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. 16Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per
insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia (2Tm 3,14-16).

124
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 42.
125
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 106.
126
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 40.
127
Cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 2Pt 3,16, 2906.
128
Dt 25,4: «Non metterai la museruola al bue mentre sta trebbiando»; Lc 10,7: «Restate in quella casa, mangiando e
bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa».
129
La citazione lucana, però, «non suppone che necessariamente il Vangelo di Luca sia già interamente composto e
accettato come “Scrittura”» (cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 1Tm 5,18, 2828).

24
In 2Tm 3,14-16 Paolo parla due volte di Scritture: la prima volta nel ricordare a Timoteo che
ha appreso la conoscenza delle Scritture sin dall’infanzia (v. 15) e la seconda volta per affermare
che la Scrittura, ispirata da Dio, è fondamento per insegnare, convincere, correggere ed educare
nella giustizia!
Si possono distinguere, a grandi linee, cinque momenti per la formazione del Canone del
NT: 1) Periodo iniziale; 2) Periodo del I sec.; 3) Periodo dell’inizio del II sec.; 4) Periodo dalla fine
del II sec.; 5) Periodo dal Concilio di Trento.

2.2.2.1. Periodo iniziale


All’inizio gli scritti erano occasionali ed esprimevano un’interna necessità delle comunità
cristiane di aggiungere un insegnamento scritto, didaché, all’annuncio, kerygma130. Inizialmente
questi testi venivano letti per le Chiese a cui erano indirizzati, successivamente furono trasmessi ad
altre comunità; però, questi scritti, non vanno recepiti al come “Scrittura” al pari dell’AT in senso
tout court131.

2.2.2.2. Periodo del I sec.


Durante il I sec., grazie all’opera dei cristiani, per gli scritti biblici si passa dal rotolo al
codice132, che essendo nella forma moderna del libro, permetteva di raggruppare più scritti in
un’unica raccolta133; all’inizio cominciarono a circolare i vangeli e le lettere di Paolo, in seguito un
corpus johanneum e quello delle lettere cattoliche134.

130
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 106.
131
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 106.
132
Il termine latino codex, in italiano codice, significa «tronco d’albero». Poi ha assunto il significato di «tavola di
legno», perché indicava le tavolette di legno incerate e unite da un lato attraverso fori e legacci. Le tavolette aperte
acquisivano la forma di libro (cf. A. PASSONI DELL’ACQUA, Il Testo del Nuovo Testamento, 30).
133
Il passaggio dal rotolo al codice, prima di legno, poi di papiro e di pergamena (il passaggio dal papiro alla
pergamena, da una materia scrittoria ad un’altra, non è così netta come nel passaggio dalla tipologia del rotolo a quella
del codice), è una vera e propria “rivoluzione” tecnico-materiale, sociale, culturale e ideologica, inaugurata nel I secolo
d.C. Il codice con il cristianesimo passa dallo standard al monumentale, allontanandosi dai primitivi codici dei romani
come dittico, tabellae, pugillares. Il codice può annoverare, i seguenti “pregi”: Tecnico-materiale: facilità di trasporto,
di lettura (il rotolo impiega entrambi le mani, mentre il codice può stare appoggiato su un leggio), maggiore resistenza
(il codice non si svolge e riavvolge), il rotolo si scriveva da un lato solo; la capienza di testo (le lettere di Paolo
nell’originario ∏46 stavano in 208 pagine, mentre se fossero state trascritte nel rotolo, quest’ultimo sarebbe stato lungo
2806 cm; i codici B, å, A, contengono tutta la Bibbia!), facilità della lettura casuale e non sequenziale propria del
rotolo; sociale: il codice si rivolge alle masse, rispetto al rotolo retaggio dell’élite senatoriale (addirittura inizialmente i
codici venivano prodotti nelle case private, poi nasce lo scriptorium); ideologica: il codice finisce per identificarsi con
la religione cristiana per forma (quadrata) e per scrittura (la maiuscola biblica) (cf. M.L. AGATI, Il libro manoscritto,
135-146; G. CAVALLO, «Libro e pubblico alla fine del mondo antico», 83-132; H.Y. GAMBLE, Libri e lettori nella
chiesa antica, 13-22).
134
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 107.

25
2.2.2.3. Periodo dell’inizio del II sec.
La necessità di iniziare un vero e proprio canone sorse all’inizio del II sec. come reazione ad
esempio agli gnostici 135 , al Diatessaron di Taziano 136 , agli Ebioniti 137 e Montanisti 138 , a
Marcione139.
Gli gnostici cominciarono a comporre opere con gli stessi generi letterari della Chiesa
(vangeli, atti, epistole e apocalissi) per diffondere le loro dottrine; Taziano aveva realizzato
un’opera nella quale armonizzava i quattro vangeli; gli Ebioniti, avrebbero voluto la damnatio
memoriae di Paolo, mentre i Montanisti esaltavano i doni carismatici; Marcione rifiutava l’AT e
faceva uso soltanto di dieci lettere paoline e del vangelo di Luca140. Con gli Atti degli Apostoli,
Luca diede una decisiva influenza nel sostenere la dottrina di Paolo141.
Gradualmente andavano affermandosi i criteri attraverso i quali venivano riconosciuti gli
scritti ispirati, e di conseguenza canonici142:
1. la lettura pubblica e universale: quei libri usati liturgicamente in tutte o quasi le Chiese;
2. l’origine apostolica: erano considerati canonici quei libri riconducibili alla tradizione
autentica di un apostolo;
3. la regula fidei (Ireneo): nessuno scritto ritenuto canonico, doveva contraddire con la
tradizione apostolica trasmessa dai vescovi in tutte le Chiese.

135
Gli gnostici si rifacevano alla gnòsi o gnosticismo che deriva dal gr. γνῶσις, gnôsis = “conoscenza”, la cui
denominazione complessiva indicava le dottrine filosofiche-religiose a carattere sincretistico, fiorite nel Vicino Oriente
nel II sec. d.C., che si caratterizzavano per la tendenza a porre un netto dualismo tra Dio e il mondo terreno; limitavano
la salvezza spirituale a un gruppo ristretto di eletti, destinatari del dono divino della gnosi (cf., «gnòsi/gnosticismo», in
J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 457-458).
136
Il Diatèssaron è un’opera composta nel 170 d.C. dallo scrittore apologista Taziano, il cui testo fonde in una sola
narrazione (armonia) il racconto dei quattro vangeli, da cui il nome che letteralmente significa “attraverso 4” (vangeli)
(cf. «diatèssaron», in S. CINGOLANI, Dizionario di critica testuale del Nuovo Testamento, 80).
137
Gli Ebioniti erano una setta ascetica giudeocristiana, fiorita nel II sec. d.C. ad oriente del Giordano, in origine
emigrati cristiani di Gerusalemme, stabilitisi oltre il Giordano prima della caduta di Gerusalemme (70 d.C.), la cui
dottrina si può sintetizzare nel modo seguente: negavano la divinità di Gesù; adottarono solo il vangelo di Matteo; erano
critici verso l’antinomismo dell’apostolo Paolo; vivevano secondo le prescrizioni della legge di Mosè; alcuni di loro
accettarono le idee gnostiche e davano grande importanza alla purificazione cultuale e agli esercizi ascetici; la setta si
estinse nel V sec. e il più noto membro fu Simmaco (cf. «ebioniti», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-
concettuale di Scienze Bibliche, 301).
138
I Montanisti era un movimento cristiano eretico il cui iniziatore fu Montano, vissuto nel II sec. d.C. nella Frigia
(Asia Minore), la cui dottrina, apocalittica ed escatologica, si rifaceva ai fenomeni carismatici e profetici della Chiesa
primitiva, distinguendosi per la disciplina ascetica (digiuni, severa penitenza), esaltava il martirio e la liberazione dalle
preoccupazioni della vita quotidiana; si diffuse molto nell’Africa settentrionale e il maggiore seguace fu Tertulliano (cf.
«montanismo», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 635).
139
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 107-108; A. SACCHI, Piccola
guida alla Bibbia, 40.
140
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 107; A. SACCHI, Piccola guida
alla Bibbia, 40.
141
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 107.
142
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 108; F. LAMBIASI, La Bibbia, 90-
91.

26
2.2.2.4. Periodo dalla fine del II sec.
Dalla fine del II sec. in poi cominciarono ad apparire liste dei libri del NT, dove
universalmente sono accettati i quattro vangeli, gli Atti degli Apostoli, le tredici epistole di S.
Paolo; in alcune liste venivano aggiunti ad esempio la prima Lettera di Clemente, Il Pastore di
Erma, ma questi scritti non essendo letti nella cattolicità cristiana, non furono inclusi nel Canone143.
Tra le liste in cui sono elencati i libri che venivano letti nelle rispettive comunità:
a) Frammento o canone muratoriano: rappresenta la più antica lista (fine del II sec.) dell’uso
romano del NT; da questa lista sono esclusi Eb, Gc, 1 e 2 Pt, e forse 3Gv144;
b) la lista di Origene: secondo Eusebio, Origene ha lasciato una lista (III sec.) in cui si
sollevavano dubbi su 2Pt e 2 e 3Gv145;
c) la lista di Eusebio: verso il 310, Eusebio distingue tra i libri riconosciuti da tutti
(omologoumenoi), i libri discussi (antilegomenoi: Gc e Gd) e i libri spuri (notha)146;
d) il Canone Claromontano: in questa lista (IV sec.) manca Eb147;
e) il Canone Momseniano: in questo elenco non compaiono Eb, Gc e Gd148.

Con le liste della fine del IV sec., cioè di Atanasio, Agostino, dei Concili di Ippona (393) e
di Cartagine (397), la Chiesa d’Occidente è concorde sul Canone lungo poi ripreso dal Concilio di
Firenze (1441) e definito in quello di Trento (1546); lo stesso Girolamo alla fine del IV secolo e
all’inizio del V, è a favore di un Canone lungo149. I grandi Codici della Bibbia cristiana, il Codice
Sinaitico, il Codice B e il Codice Alessandrino sono una testimonianza autorevole del Canone
lungo150.

2.2.2.5. Periodo dal Concilio di Trento in poi


Per lungo tempo si sono registrati dubbi circa la canonicità di alcuni libri che per questo
sono stati chiamati deuterocanonici: 2Pt, 2-3Gv, Gc, Gd, Eb e Ap151.
Il Concilio di Trento stabilì l’elenco definitivo dei libri dell’AT e del NT, mentre il Concilio
Vaticano I richiamò il decreto tridentino, aggiungendo un paragrafo chiarificatore che spiega la
canonicità come riconoscimento magisteriale da parte della Chiesa dell’ispirazione dei libri sacri;

143
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 108.
144
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 212.
145
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 40.
146
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 212.
147
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 212.
148
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 40.
149
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 213.
150
Il Codice Sinaitico accanto ai libri biblici canonici, contiene libri che non faranno parte della lista canonica:
l’Epistola di Barnaba e il Pastore di Erma; mentre il Codice Alessandrino annovera – accanto ai libri canonici – anche la
prima e la seconda lettera di Clemente (cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 213).
151
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 41.

27
infine, il Concilio Vaticano II, ripete la dottrina del Vaticano I, affermando che «è la stessa
Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero Canone dei Libri Sacri» (DV 8)152.
Prima di affrontare il tema dell’Ispirazione, bisogna chiedersi: quali sono le lingue della
Bibbia? Sono tre: l’ebraico, l’aramaico e il greco153.

2.2.2.5.1. La lingua ebraica


L’ebraico è una lingua semitica biblica, in cui fu scritto quasi tutto l’AT154. Le lingue
semitiche si dividono in tre gruppi: orientale (accadico assiro e babilonese); meridionale (lingue
arabe); nord-occidentali (ebraico, cananeo, fenicio e aramaico) 155 . La parola “ebraico” è la
denominazione tardiva di questa lingua: ricorre la prima volta nel Prologo del Siracide («Difatti le
cose dette in ebraico non hanno la medesima forza quando vengono tradotte in un’altra lingua»);
mentre nell’AT, si usavano due espressioni:
a) «la lingua di Canaan» (Is 19,18);
b) «il giudaico» (2Re 18,26.28; Ne 13,24)156.

I rabbini chiamavano l’ebraico “lingua santa” 157 . Dal VI sec. a.C. l’ebraico fu
progressivamente sostituito dall’aramaico, che divenne la lingua corrente della Palestina e l’ebraico
si sviluppava sempre più come lingua letteraria, sino ad assumere la forma attuale dell’ebraico
biblico, frutto di lunghi studi da parte dei masoreti di Tiberiade, i quali nei secoli VI-X d.C.
fissarono definitivamente il testo dell’AT anche dal punto di vista linguistico158.
L’alfabeto ebraico è composto da 22 consonanti; mancano le vocali che furono aggiunte nel
VI-VIII sec. d.C. dai masoreti159 per fissare la tradizione fonetica del testo biblico; la forma attuale
della scrittura è chiamata quadrata, si scrive da destra a sinistra, per cui nelle Bibbie ebraiche la
prima pagina del testo corrisponde all’ultima pagina dei nostri libri160. Inizio della Bibbia Ebraica,
Gn 1,1:
:X®r`DaDh t¶Ea◊w Mˆy™AmDÚvAh t¶Ea My¡IhølTa aâ∂rD;b ty™IvaérV;b

152
Cf. V. MANNUCCI, Bibbia come Parola di Dio, 216-217.
153
Cf. M. CARREZ, Le lingue della Bibbia, 7-11.
154
Cf. «ebràico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 302.
155
Cf. A. SACCHI, Piccola guida alla Bibbia, 45.
156
Cf. «ebràico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 302.
157
Cf. «ebràico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 302.
158
Cf. «ebràico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 302.
159
I masoreti erano studiosi giudaici della Bibbia, che dal VI sino a quasi il X sec. d.C. si dedicarono a dotare il testo
biblico di vocali e segni diacritici, annotazioni e spiegazioni, trasmessi dalla tradizione (masora); essi si distinguono in
masoreti occidentali (Tiberiade) e orientali (Sura, Nehardea, Pumbeditha) (cf. «masorèti», in J. HERIBAN, Dizionario
terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 596). Per una breve excursus storico sull’evoluzione della lingua ebraica
cf. «Ebraico», in H. OBERMAYER– K. SPEIDEL– VOGT K. – G. ZIELER, Piccolo Dizionario Biblico, 101-102.
160
Cf. « ebràico (scrittura)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 302-303; G.
DEIANA – A. SPREAFICO, Guida allo studio dell’Ebraico Biblico, 5-9.

28
In sintesi, dal punto di vista grammaticale, lessicale e sintattico, si può affermare quanto
segue:
a) la lingua ebraica ha un vocabolario relativamente ridotto: basta leggere una decina di
capitoli per possedere agevolmente la maggior parte dei termini ebraici;
b) in genere i sostantivi ebraici sono composti da tre consonanti e quasi sempre sono ricavati
dai verbi;
c) l’ebraico ha un periodare molto semplice, spesso le proposizioni sono collegate con una
congiunzione coordinativa e il contesto fa cogliere la proposizione subordinata;
d) l’ebraico è una lingua concreta e dinamica: dominano i verbi di moto; non c’è il verbo
“avere”; il verbo “essere” è attivo e significa “esistere efficacemente”;
e) il verbo ebraico indica principalmente l’aspetto dell’azione, che può essere completa
(perfetto) o incompleta (imperfetto); la qualità dell’azione si esprime con sette forme
(coniugazioni) verbali: qal (forma base), nifal (passivo o riflessivo), piel (aspetto intensivo –
attivo), pual (forma passiva del piel), hifil (causativo attivo), hofal (causativo passivo),
hitpael (aspetto riflessivo-intensivo della forma base)161.

2.2.2.5.2. La lingua aramaica


L’aramaico è una lingua semitica nord-occidentale, simile all’ebraico, parlata da tutte le
tribù seminomadi aramee nel II millennio a.C. nel territorio della “Mezzaluna fertile”162. Tra l’VIII
e il IV sec. a.C. divenne la lingua ufficiale internazionale più diffusa nei paesi del Vicino Oriente,
sostituendo l’accadico e raggiungendo la massima fioritura intorno al 600 a.C., nel periodo degli
imperi assiro-babilonesi e dell’impero persiano (aramaico imperiale)163.
La lingua aramaica fu viva in Siria e Palestina, dove dall’epoca postesilica in poi, sostituì
l’ebraico164. Nell’aramaico imperiale furono scritti i seguenti testi dell’AT:
- Esd 4,8-6,18; 7,12-26;
- Dn 2,4b-7,28;
- Ger 10,11;
- due parole (Iegar-Saaduta) di Gn 31,47165.

161
Cf. G. DEIANA – A. SPREAFICO, Guida allo studio dell’Ebraico Biblico, 33.37-38; F. LAMBIASI, La Bibbia, 33-35.
162
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 150. «Gli studiosi
indicano con il nome fantasioso di “mezzaluna fertile”, i territori del Vicino Oriente Antico, cui in vario modo fa
riferimento la Bibbia. Essi si possono includere in un disegno ideale, che ricorda vagamente una falce di luna […]. È
facile distinguervi tre grandi blocchi: l’area siro-palestinese al centro, l’Egitto a sud-ovest, la Mesopotamia a nord-est»
(cf. B. PENNACCHINI, Introduzione alla Storia d’Israele nell’epoca dell’Antico Testamento, 22).
163
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
164
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
165
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.

29
Intorno al 300 a.C. si affermò come lingua parlata il greco della koinè, ma nonostante ciò
l’aramaico si conservò nei suoi dialetti, infatti la lingua di Gesù e delle tradizioni orali che
precedettero i vangeli (addirittura del vangelo di Matteo si ipotizza una sua preesistenza in
aramaico) fu il dialetto aramaico occidentale con elementi galilei166.

In seguito l’aramaico si suddivise in diversi dialetti:


- il siriaco, fu utilizzato dai cristiani in Siria e tuttora parlato in alcune sue zone;
- l’aramaico giudaico palestinese, utilizzato per comporre il Talmud Palestinese;
- l’aramaico giudaico babilonese, utilizzato per comporre il Talmud Babilonese167.

Furono scritti in aramaico anche l’apocrifo del Libro della Genesi ritrovato a Qumran, i
documenti dei rivolta dei Giudei, guidati da Bar Kochba nel 135 d.C.168. Inoltre, i targumim sono
traduzioni delle Scritture Ebraiche in aramaico per la gente comune nella sinagoga169. Dialetti
aramaici sono parlati tutt’oggi in alcune zone della Siria e del Kurdistan170.
Nel NT si sono conservati alcuni termini aramaici171:

Aramaico Traduzione172 Citazione


Abbà! Padre! Mc 14,36;
Rm 8,15; Gal 4,6
Akeldama Campo del sangue At 1,19
Betzatà «presso la porta delle Pecore, vi è una Gv 5,2
piscina»
Effatha! Apriti! Mc 7,34
Elói, Elói, lema sabachtani? Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Mc 15,34
Gabbatà Litòstroto Gv 19,13
Getsèmani «podere chiamato Getsèmani» Mt 26,36; Mc 14,32
Gòlgota Luogo del cranio Mt 27,33; Mc 15,22;
Gv 19,17
Iota, keraia Iota, trattino Mt 5,18
Korbàn Tesoro Mt 27,6
Mammona Ricchezza Mt 6,24;
Lc 16,9.11.13

166
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
167
Cf. «aramaico», in P.J. ACHTEMEIER – SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE (a cura di), Il Dizionario della Bibbia, 69.
168
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
169
Cf. «aramaico», in P.J. ACHTEMEIER – SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE (a cura di), Il Dizionario della Bibbia, 69.
170
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
171
Cf. «aramàico (lingua)», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 151.
172
La “traduzione” qualora viene data dall’autore biblico viene riportata, altrimenti viene citato parte del versetto del
contesto del termine aramaico, presente nel testo biblico.

30
Marana tha! Signore, vieni! 1Cor 16,22
Osanna Osanna Mt 21,9 (2x).15;
Mc 11,9.10; 12,13
Rabbuni! Maestro mio! Mc 10,51; Gv 20,16
Raca! Stupido! Mt 5,22
Sikera Bevande inebrianti Lc 1,15
Talitha kum! Fanciulla, alzati! Mc 5,41

A questa lista vanno aggiunti i nomi propri:


- Bartolomeo (Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,14; At 1,13);
- Simon bar-Jona (= Simone, figlio di Giona, Mt 16,17);
- Barabba (Mt 27,16.17.20.21.26; Mc 15,7.11.15; Lc 23,18; Gv 18,40);
- Bartimeo (Mc 10,46);
- Barsabba (At 1,23; 15,22).
- Barnaba (= «figlio dell’esortazione», At 4,36; 9,27; 11,22.30; 12,25; 13,1.2.7.43.46.50;
14,12.14.20; 15,2 (2x).12.22.25.35.3637.39; 1Cor 9,6; Gal 2,1.9.13; Col 4,10);
- Bar-Jesus (At 13,6);
- Boanèrghes (= «figli del tuono», Mc 3,17);
- Cefa (= Pietro, Gv 1,42; 1Cor 1,12; 3,22; 9,5; 15,5; Gal 1,18; 2,9.11.14);
- Tommaso («chiamato Dìdimo», Gv 11,16, ossia il Gemello; Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,15; Gv
14,5; 20,24.26.27.28; 21,2; At 1,13).

2.2.2.5.3. La lingua greca


Con le conquiste di Alessandro Magno (334-323 a.C.) e con lo sviluppo dei commerci, il
greco divenne la “lingua comune” (koinè diàlektos) di quasi tutte le popolazioni che si affacciavano
sul Mediterraneo e specialmente di quelle che si occupavano di commercio, un greco più
semplificato, meno rigoroso nella concordanza e nell’uso dei casi173.
In base ai periodi storici la koinè in
a) greco ellenistico (gli ultimi tre secoli a.C.);
b) greco neotestamentario (scritti cristiani dei primi due secoli d.C.);
c) greco patristico (la letteratura cristiana dal III al sec. VIII d.C.)174.

173
Cf. B. CORSANI, Guida allo studio del greco del Nuovo Testamento, 9. Nel greco della koinè, chiamato anche greco
ellenistico, scrissero le loro opere il filosofo Aristotele (384-322 a.C.) e gli storici Polibio (200-118 a.C.), Plutarco (50-
120 d.C.) e Strabone (63 a.C. – 21 d.C.) Inoltre, nella koinè presero origine un’importante letteratura giudeo-ellenistica
il cui principale esponente fu Filone d’Alessandria (20 a.C. – 50 d.C.): cf. «greco» e «koinè», in J. HERIBAN, Dizionario
terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 463.528.
174
cf. «koinè», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 529. «Di particolare
importanza per lo studio della koinḗ è stata la scoperta nel secolo scorso di decine di migliaia di documenti su papiro,

31
Il greco neotestamentario fu influenzato anche dal greco dei LXX, ossia dalla traduzione
greca dell’AT, fatta dagli ebrei d’Egitto175; da semitismi e latinismi176. Il greco del NT presenta
singolari differenze rispetto alla koinè e la maggior parte degli scritti neotestamentari rivela che la
lingua madre del loro autore non era il greco177. Bisogna però precisare che dal punto di vista
letterario, vi sono tra gli autori degli scritti del NT molte differenze linguistiche e stilistiche, per cui
il greco neotestamentario non è una lingua omogenea178.
L’alfabeto greco si compone di 24 lettere tra consonanti e vocali, e mentre il greco classico
ha tre generi: singolare, duale e plurale, il NT ne adopera solo due: singolare e plurale; inoltre, gli
autori neotestamentari non usano quasi mai il modo Ottativo, attestato solo 65 volte in tutto il
NT179.
Di seguito il Padre Nostro in greco, Mt 6,9-13:
9
Οὕτως οὖν προσεύχεσθε ὑµεῖς·
Πάτερ ἡµῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς·
ἁγιασθήτω τὸ ὄνοµά σου·
10
ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου·
γενηθήτω τὸ θέληµά σου,
ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ γῆς·
11
τὸν ἄρτον ἡµῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡµῖν σήµερον·
12
καὶ ἄφες ἡµῖν τὰ ὀφειλήµατα ἡµῶν,
ὡς καὶ ἡµεῖς ἀφήκαµεν τοῖς ὀφειλέταις ἡµῶν·
13
καὶ µὴ εἰσενέγκῃς ἡµᾶς εἰς πειρασµόν,
ἀλλὰ ῥῦσαι ἡµᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.

specialmente in Egitto, come pure di iscrizioni e óstraka scoperti negli scavi archeologici. Gli studiosi ora posseggono
una grande quantità di materiale scritto risalente alla tarda antichità, ciò che permette un confronto tra il greco del NT e
la lingua coeva. In base a questa nuova documentazione gli studiosi ora considerano il greco del NT più strettamente
collegato alla koinḗ che all’attico letterario. Nondimeno, il greco del NT presenta alcune differenze rispetto alla koinḗ»
(«greco del NT», in P.J. ACHTEMEIER – SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE [a cura di], Il Dizionario della Bibbia, 423).
175
Cf. B. CORSANI, Guida allo studio del greco del Nuovo Testamento, 9.
176
Cf. «greco neotestamentario», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 463.
177
Cf. F. BLASS – A. DEBRUNNER – F. REHKOPF, Grammatica del greco del Nuovo Testamento, § 7,7.
178
Cf. «greco neotestamentario», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 463; «greco
del NT», in P.J. ACHTEMEIER – SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE (a cura di), Il Dizionario della Bibbia, 423.
179
Cf. B. CORSANI, Guida allo studio del greco del Nuovo Testamento, 9.15.367-368.

32
3. L’ispirazione divina
Il Concilio Vaticano II nel n. 9 della DV afferma: «La sacra Scrittura è parola di Dio in
quanto scritta per ispirazione dello Spirito di Dio». Che cosa vuol dire «per ispirazione dello Spirito
di Dio»? Per ispirazione (dal lat. inspῑrᾱtio) s’intende l’influsso carismatico dello Spirito Santo
nello scrivere i libri biblici per cui Dio è l’autore primario della Sacra Scrittura, mentre l’agiografo
rimane l’autore secondario dello scritto biblico180.

La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio
che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo
(cfr. Gv 20,31; 2Tm 3,16; 2Pt 1,19-21; 3,15-16), hanno Dio per autore e come tali sono stati
consegnati alla Chiesa (17). Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel
possesso delle loro facoltà e capacità (18), affinché agendo egli in essi e per loro mezzo (19),
scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte (20) (DV 11).

(17) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1787 (3006) [Collantes 2.015].
PONT. COMM. BIBLICA, Decr. 18 giugno 1915: Dz 2180 (3629); EB 420. S. S. C. del S. Uffizio, Lett. 22
dic. 1923: EB 499.
(18) Cf. PIO XII, Encicl. Divino afflante, 30 sett. 1943: AAS 35 (1943), p. 314; EB 556.
(19) In e per l’uomo: cf. Eb 1,1 e 4,7 (in); 2 Sam 23,2; Mt 1,22 e passim (per); CONC. VAT. I, Schema de
doctr. cath., nota 9: Coll. Lac. VII, 522.
(20) LEONE XIII, Encicl. Providentissimus Deus, 18 nov. 1893: Dz 1952 (3293); EB 556 [Collantes
2.028-30].

DV 11 fa tre affermazioni per chiarire il concetto di ispirazione:


1) La santa madre Chiesa accetta gli scritti sacri dell’AT e del NT, perché scritti per ispirazione
dello Spirito Santo e rimanda a 4 brani neotestamentari: Gv 20,31; 2Tm 3,16; 2Pt 1,19-21;
3,15-16;
2) Gli scritti neotestamentari hanno Dio per autore;
3) Dio per la composizione dei libri sacri, scelse degli uomini come collaboratori

Per la visione neotestamentaria di ispirazione, solo chi entra in relazione con Gesù ed è
aperto alla sua parola riceve da lui la rivelazione di Dio181.

3.1. La Chiesa e gli scritti dell’Antico e Nuovo Testamento


I Padri Conciliari per spiegare l’ispirazione rinviano a 4 brani neotestamentari:

a) Gv 20,31: «Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio,
e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».

180
Cf. «ispirazione», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze Bibliche, 507.
181
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 31.

33
Il contesto di questo v. è la prima conclusione del vangelo di Gv (20,30-31), inserita tra i
racconti sulle apparizioni del Risorto. Il rapporto personale con Gesù, fondamentale per la
comunicazione della Parola di Dio, si manifesta nella forma del discepolato, il cui centro è
rappresentato, come testimonia Gv 20,31, nella fede in Gesù Cristo Figlio di Dio182.

b) 2Tm 3,16-17: «16Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere,
correggere ed educare nella giustizia, 17perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato
per ogni opera buona».
L’espressione che nell’originale greco è πᾶσα γραφὴ θεόπνευστος, pâsa graphḕ
theópneustos, «Tutta la Scrittura, ispirata da Dio», porta a due affermazioni: da un lato
«Tutta la Scrittura» si riferisce certamente agli scritti dell’AT, che in questo periodo erano
considerati Scrittura; infatti, l’elenco dei libri sacri anche dell’AT non era ancora definito;
dall’altro il termine theópneustos, «ispirata da Dio», che assume un significato passivo, fuga
qualsiasi dubbio su un’interpretazione attiva dell’ispirazione: è lo Spirito di Dio che ha
ispirato l’agiografo183.
Inoltre, DV 21 riconosce nella Parola di Dio una forza intrinseca che è sostegno e vigore per
la Chiesa e per i fedeli sostegno della fede, nutrimento dell’anima e la sorgente della vita
spirituale:
Nei libri sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro
ai suoi figli e discorre con essi; nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e
potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza
della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale.

c) 2Pt 1,19-21:
19
E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere
l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il
giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. 20Sappiate anzitutto questo:
nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, 21poiché non da
volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono
alcuni uomini da parte di Dio.

Vengono qui esplicitati due concetti relativi alla natura dell’ispirazione:


1) proviene da Dio;
2) si realizza mediante un’azione sull’agiografo184.

182
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 52.
183
«Il testo è importante in quanto precisa che l’ispirazione riguarda l’agiografo, non il fedele che legge; alcuni, specie
in area protestante, pretendevano di valutare l’ispirazione dei testi in base alla loro capacità di suscitare (ispirare) nei
fedeli sentimenti religiosi» (cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 44).
184
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 45.

34
L’interpretazione della Sacra Scrittura deve riflettere il significato che il testo ebbe quando
fu scritto e non una libera interpretazione: la lettura della Bibbia suppone la guida dello Spirito e
della tradizione apostolica185; tuttavia, in 2Pt 1,20, l’autore non intende scoraggiare la lettura
privata, personale e devota della Sacra Scrittura186.

d) 2Pt 3,15-16:
15
La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto
anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data,
16
come in tutte le lettere, nelle quali egli parla di queste cose. In esse vi sono alcuni
punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle
altre Scritture, per loro propria rovina.

2Pt 3,16 in pratica estende anche agli altri scritti neotestamentari le caratteristiche proprie
della Scrittura Ebraica: nelle lettere di S. Paolo «vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che
gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture»; dunque, l’interpretazione del NT
deve seguire i criteri usati per l’AT187.

3.2. Dio autore degli scritti neotestamentari


Il Concilio in DV 11 proclama che la Bibbia ha Dio per «autore», ma non nel senso di
“autore letterario”188. Dio non “dettò” la sua Parola, ma pur rimanendo autore, si servì di alcuni
uomini, scelti, che, nel ruolo di agiografi, mettessero per iscritto le sue Parole Divine189.
L’ispirazione quindi riguarda gli agiografi e la finalità dell’ispirazione è il bene della
comunità che accoglie i testi ispirati190.

3.3. Gli uomini collaboratori di Dio


Dio è autore della Bibbia, ma per la composizione dei testi sacri si servì di uomini nel
possesso delle loro facoltà e capacità (cf. DV 11) e per conciliare l’opera di Dio e la collaborazione
umana, i Padri Conciliari si rifanno all’Enciclica di Pio XII, Divino afflante Spiritu (sul modo più
opportuno di promuovere gli studi biblici) del 30 settembre 1943:

185
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 45.
186
Cf. La Bibbia di Gerusalemme, nota a 2Pt 20s, 2903.
187
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 45.
188
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 42.
189
Cf. R. LATOURELLE, Come Dio si rivela al mondo, 43. Agiografo (dal gr. ἅγιος, hágios = santo e γράφω, gráphō =
scrivere) è la «designazione dell’autore noto o ignoto di uno o più scritti dell’Antico oppure del Nuovo Testamento
accettati nel canone dei libri ispirati» («agiògrafo», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale di Scienze
Bibliche, 99).
190
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 47.

35
L’agiografo nello scrivere il libro sacro è organo, ossia strumento dello Spirito Santo, ma strumento
vivo e dotato di ragione, rettamente osservano che egli sotto l’azione divina talmente fa uso delle sue
proprie facoltà e potenze, che dal libro per sua opera composto tutti possono facilmente raccogliere
“l’indole propria di lui e come le sue personali fattezze e il suo carattere” (Cfr. Benedetto XV, Enc.
“Spiritus Paraclitus”). Quindi l’interprete con ogni diligenza non trascurando i nuovi lumi apportati
dalle moderne indagini, procuri discernere quale sia stata l’indole del sacro autore, quali le
condizioni della sua vita, in qual tempo sia vissuto, quali fonti scritte ed orali abbia adoperate, di
quali forme del dire si avvalga. Così potrà più esattamente conoscere chi sia stato l’agiografo e che
cosa abbia voluto dire nel suo scritto. Nessuno ignora infatti che la suprema norma d’interpretare è
ravvisare e stabilire che cosa si proponga di dire lo scrittore, come egregiamente avverte
Sant’Atanasio: “Qui – come in ogni altro luogo della Scrittura si ha da fare – deve osservarsi in qual
occasione abbia parlato l’Apostolo, chi sia la persona a cui scrive, per quale motivo le scriva; a tutto
ciò si deve attentamente e imparzialmente badare, perché non ci accada, ignorando tali cose o
fraintendendo una per L’altra, di andar lontano dal vero pensiero dell’autore” (Contra Arianos, I, 54;
PG. XXVI, col. 123)191.

I Padri Conciliari per spiegare il modo con cui gli agiografi scrissero, si richiamano alla
Lettera Enciclica di Leone XIII, Providentissimus Deus (sullo studio delle Sacre Scritture) del 18
novembre 1893:

Infatti egli stesso [Dio] così li stimolò [gli scrittori ispirati] e li mosse a scrivere con la sua virtù
soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole che egli
voleva, le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scrivere fedelmente e le
esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe egli stesso l'autore di
tutta la sacra Scrittura. Questo sempre ritennero i santi padri: “Dunque - dice sant’Agostino -, dal
momento che essi scrissero ciò che egli mostrava e diceva, in nessun modo può dirsi che non sia
stato lui a scrivere, quando le sue membra operano ciò che conobbero sotto la parola del capo”. E san
Gregorio Magno dice: “È davvero vano il voler cercare chi abbia scritto tali cose, quando fedelmente
si creda che autore del libro è lo Spirito Santo. Scrisse dunque tali cose chi le dettò perché si
scrivessero; scrisse colui che anche nell'opera di quello, fu l’ispiratore”192 .

Infine, il Vaticano II sottolinea che Dio si servì di uomini nel possesso delle loro capacità
per la composizione dei libri sacri, guidandoli attraverso l’ispirazione nello scrivere ciò che Dio
stesso voleva.

191
PIO XII, Divino afflante Spiritu, 15; cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 45-46.
192
LEONE XIII, Providentissimus Deus, 34.

36
4. La verità
Conseguenza dell’ispirazione è la verità della Bibbia193, tanto che il paragrafo nella DV
dedicato all’ispirazione si intitola “Ispirazione e verità della Scrittura”:

Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo
Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza,
fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre
Scritture (21). Pertanto «ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per
convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia perfetto, addestrato
ad ogni opera buona» (DV 11).

(21) Cf. S. AGOSTINO, De Gen. ad litt., 2, 9, 20: PL 34, 270-271; CSEL 28, 1, 46-47, e Epist. 82, 3: PL 33,
277: CSEL 34, 2, 354. - S. TOMMASO, De Ver., q. 12, a. 2, C. - CONC. DI TRENTO, decr. De canonicis
Scripturis: Dz 783 (1501) [Collantes 2.006]. - LEONE XIII, Encicl. Providentissimus Deus: EB 121, 124, 126-
127 [Dz 3291ss; Collantes 2.026ss]. - PIO XII, Encicl. Divino afflante: EB 539.

Nell’impostazione tradizionale del tema della rivelazione si collocava il concetto di


“inerranza”, ossia l’impossibilità che nel testo biblico ci fossero errori, come conseguenza
immediata dell’affermazione che Dio è autore del testo sacro194. In modo particolare l’enciclica di
Leone XIII, Providentissimus Deus, è il documento pontificio che più esplicitamente richiama
l’insegnamento tradizionale della Chiesa195. Questo insegnamento si è perpetuato nelle introduzioni
della Bibbia sino al secolo scorso e l’argomento rappresentava un’importanza apologetica
particolare in quanto gli studi comparati tra testo biblico e mondo orientale e gli scavi archeologici
suscitavano problemi enormi; qualche esempio:
- la teoria evoluzionistica aveva messo in serio dubbio il contenuto storico di Gn 1-3;
- la scoperta della letteratura mesopotamica aveva evidenziato che Gn 6-8 (il diluvio
universale) era praticamente ripreso dalla mitologia mesopotamica (sumera e accadica:
Epopea di Gilgamesh), anteriore di almeno mille anni ai testi biblici;
- dagli scavi archeologici risultava che al tempo dell’esodo, Gerico era una rovina, disabitata
da secoli, in contrasto con il miracoloso crollo delle mura di Gerico descritto in Gs 6196.

193
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 39.
194
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 47.
195
«Infatti tutti i libri e nella loro integrità, che la chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono
scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere
alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così
necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun
errore» (LEONE XIII, Providentissimus Deus, 33).
196
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 47-48. «La prima vera e propria contestazione del principio della
verità della Scrittura avviene soltanto in epoca moderna col caso-Galilei, che in fondo non fu altro che una discussione-
scontro sull’inerranza della Scrittura, posta a confronto con le scienze naturali. Col far girare la terra attorno al sole
Galileo, a parere dei suoi giudici, attribuiva un errore alla Bibbia che sembrava affermare il contrario […]. Galileo
scriveva: “[…] Io qui direi quello che intesi da persona ecclesiastica in eminentissimo grado (il Cardinal Baronio), ciò è
l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”» (V. MANNUCCI,
Bibbia come Parola di Dio, 248). «Le prime pagine della Bibbia, che contengono i cosiddetti racconti della creazione
(Gen 1–2), attestano la fede nel Dio che è origine e meta di tutto. In quanto “racconti della creazione”, essi non

37
Il senso nel n. 11 della DV dell’espressione: «i libri della Scrittura insegnano con certezza,
fedelmente e senza errore (sine errore) la verità che Dio, per la nostra salvezza (nostrae salutis
causa), volle fosse consegnata nelle sacre Scritture», «è piuttosto che i libri della Scrittura, con tutte
le loro parti, in quanto ispirati dallo Spirito Santo e avendo Dio come autore, intendono comunicare
la verità in quanto è in relazione con la nostra salvezza che è di fatto la finalità per la quale Dio si
rivela» 197 . Per avvalorare questa tesi, la DV cita esplicitamente nel testo 2Tm 3,16-17 e
indirettamente nella nota 21 rinvia a Sant’Agostino e San Tommaso198.
Allora, cosa vuol dire la verità «per la nostra salvezza»?

Nell’AT, Dio stesso è la somma verità a ragione


- della fermezza delle sue scelte, delle sue promesse e dei suoi doni;
- le sue parole sono veritiere e richiedono un’analoga fermezza di accettazione nella risposta
dell’uomo, nel suo cuore e nelle sue opere199;
- la verità, infine, sta a fondamento dell’alleanza200.

Nel NT, Cristo stesso è la verità:


- perché Gesù è l’Amen incarnato di tutte le promesse di Dio: «19Il Figlio di Dio, Gesù Cristo,
che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il
“sì”. 20Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì”. Per questo attraverso di lui sale a Dio
il nostro “Amen” per la sua gloria» (2Cor 1,19-20);
- perché Gesù è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6);
- perché rivelando il Padre (Gv 1,18: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è
Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato»), dà accesso a Lui (Gv 14,6: «Nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me»), che è l’ultima fonte della vita (Gv 5,26: «Come
infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se

illustrano “come” abbia avuto principio il mondo e l’uomo, ma parlano del Creatore e del suo rapporto con la creazione
e con la creatura […]. I due testi di origine (Gen 1,1–2,4a; Gen 2,4b-25) introducono l’insieme canonico della Bibbia
ebraica e più largamente quello della Bibbia cristiana. Usando immagini diverse, essi cercano di enunciare una
medesima verità: il mondo creato è un dono di Dio, e il progetto divino ha di mira il bene dell’uomo (cf. Gen 2,18),
come risulta, tra l’altro, dal frequente ricorso all’aggettivo “buono” (cf. Gen 1,4-31). L’umanità è così situata in un
”rapporto di creazione” nei confronti di Dio: il dono originario e gratuito del Creatore sollecita la risposta dell’uomo»
(PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 67).
197
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 63.
198
Nel De Genesi ad litteram 2.9.20 e nell’Epistula 82,3 Sant’Agostino esclude dall’insegnamento biblico tutto ciò che
non è utile alla nostra salvezza, mentre San Tommaso, fondandosi sulla prima citazione di Agostino d’Ippona, nel De
veritate q. 12, a. 2, afferma che le cose che non riguardano la salvezza, non appartengono alla materia della profezia (cf.
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 64).
199
Per esempio, 2Sam 7,28: «Ora, Signore Dio, tu sei Dio, le tue parole sono verità. Hai fatto al tuo servo queste belle
promesse»; Sal 31 (30): «Alle tue mani affido il mio spirito; tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele».
200
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 64.

38
stesso»; Gv 6,57: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così
anche colui che mangia me vivrà per me»);
- perché lo Spirito che Cristo dona è lo Spirito di verità (Gv 14,17: «Lo Spirito della verità,
che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché
egli rimane presso di voi e sarà in voi»; cf. Gv 15,26; 16,13), che sosterrà la testimonianza
degli apostoli (cf. Gv 15,26-27) e la fermezza della nostra risposta di fede201.

La verità quindi ha una dimensione trinitaria, ma essenzialmente cristologica, e la Chiesa che la


annuncia è «colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3,15). Rivelatore e oggetto della verità per la
nostra salvezza è dunque Cristo, preconizzato nell’Antico Testamento: la verità si manifesta nel
Nuovo Testamento nella sua persona e nel Regno, presente ed escatologico, da lui annunciato e
inaugurato. Il concetto di verità del Concilio Vaticano II si esplica nello stesso ambito trinitario,
cristologico ed ecclesiale (cf. Dei Verbum, nn. 2.7.8.19.24; Gaudium et spes, n. 3; Dignitatis
humanae, n.11): il Figlio in persona rivela il Padre, e la sua rivelazione viene comunicata e
confermata dallo Spirito Santo e trasmessa nella Chiesa202.

4.1. I generi letterari


Per arrivare ad una corretta nozione di “verità” della Bibbia un elemento importante da
tenere in considerazione è il cosiddetto genere letterario degli scritti biblici203. Dio si è rivelato nella
storia, adottando un linguaggio comprensibile agli uomini e questo significa da un lato che gli
agiografi hanno scritto in ebraico, in aramaico e in greco, dall’altro Dio si è adattato ai modi
d’esprimersi, di raccontare, d’insegnare, di manifestare i propri sentimenti che erano in uso nei
tempi e nell’ambiente in cui vivevano gli autori sacri: questi modi diversi, con cui l’agiografo ha
voluto esprimere la sua intenzione, viene chiamato “genere letterario”204.
Il Concilio Vaticano II si pronuncia in questo modo sui generi letterali al n. 12 della DV:

Per ricavare l’intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l’altro anche dei generi letterari. La
verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o
poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario adunque che l’interprete ricerchi il senso
che l’agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura,
per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso (23). Per
comprendere infatti in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far
debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai
tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani (24).

201
Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 64.
202
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura, 64.
203
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 41.
204
Cf. A. GIRLANDA, Come leggere la Bibbia, 42. «Il metodo dei generi letterari introdotto nello studio della Bibbia da
Hermann Gunkel (1862-1932) all’inizio del secolo scorso, classifica il contenuto dell’Antico e del nuovo Testamento in
diverse categorie. L’identificazione del rispettivo genere letterario è indispensabile per cogliere l’intenzione dell’autore
e il rapporto tra l’espressione letterale e il suo contenuto biblico […]. Presentiamo nell’ordine alfabetico i generi
letterari più importanti che sono spiegati in questo dizionario: allegoria, aneddoto, apocalisse […], beatitudine […],
narrazione, omelia, oracolo […], parabola» («gènere letterario», in J. HERIBAN, Dizionario terminologico-concettuale
di Scienze Bibliche, 406-407).

39
(23) Cf. S. AGOSTINO, De Doctr. Christ., III, 18, 26: PL 34, 75-76; CSEL 80, 95.
(24) Cf. PIO XII, l.c. [nota 5]: Dz 2294 (3829-3830); EB 557-562 [in parte Collantes 2.069-71].

La prima norma per scongiurare false interpretazione è ricercare il genere letterario adottato
dall’autore (profetico, apocalittico, sapienziale, didattico, epistolare, legislativo, parenetico,
storico); non è possibile interpretare il testo solo dal punto di vista letterale, ma comprendere che
cosa l’agiografo ha voluto comunicare, cioè ciò che «intendeva esprimere ed ha di fatto
espresso»205.

4.2. Interpretazione della Bibbia

Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il
quale è stata scritta (25), per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non
minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva
tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede. È compito degli esegeti contribuire, seguendo
queste norme, alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché
mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della Chiesa. Quanto, infatti, è
stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della
Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio
(26): DV 12.

(25) Cf. BENEDETTO XV, Encicl. Spiritus Paraclitus, 15 sett. 1920: EB 469. S. GIROLAMO, In Gal. 5, 19-
21: PL 26, 417A.
(26) Cf. CONC. VAT. I, Cost. dogm. sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1788 (3007) [Collantes 2.016].

Per la lettura e l’interpretazione della Bibbia, il Concilio dà nel n. 12 della DV precise


indicazioni:
a) la Sacra Scrittura dev’essere letta e interpretata «alla luce dello stesso Spirito mediante il
quale è stata scritta»;
b) si deve tenere in seria considerazione al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, e pertanto
ogni singola affermazione del testo sacro dev’essere interpretata alla luce di tutto il resto206;
c) bisogna dare la debita attenzione alla viva tradizione di tutta la Chiesa e all’analogia della
fede. Analogia della fede: «in altre parole, non è possibile che Dio si esprima in modo
contraddittorio e pertanto i passi ambigui della Scrittura si devono interpretare alla luce di
quelli più chiari della stessa Scrittura»207.

205
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 52.
206
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 52.
207
Cf. G. DEIANA, Introduzione alla Sacra Scrittura, 52.

40
5. Verbum Domini
L’esortazione VD si divide in tre parti, escluse l’introduzione e la conclusione.
L’introduzione si apre con una affermazione biblica che vuole dare l’incipit a tutto il
documento: «Verbum Domini manet in aeternum. Hoc est autem verbum, quod evangelizatum est
in vos (cfr 1 Pe 1,25; Is 40,8)»208. Continua Benedetto XVI:

Questa Parola, che rimane in eterno, è entrata nel tempo. Dio ha pronunciato la sua eterna Parola in
modo umano; il suo Verbo «si fece carne» (Gv 1,14). Questa è la buona notizia. Questo è l’annunzio
che attraversa i secoli, arrivando fino a noi oggi209 .

Gesù è la «Parola vivente»210 del Padre. Parola di Dio pronunciata in modo umano come ad
amici, è un annunzio perenne che continua a riecheggiare nella storia dell’umanità, perché Dio ha
un desiderio grande: la comunione dell’uomo con sé211.

Scopo dell’esortazione è indicare alcune linee considerate fondamentali per una riscoperta
nella Chiesa della «divina Parola, sorgente di costante rinnovamento, auspicando al contempo che
essa diventi sempre più cuore di ogni attività»212. D’altronde lo scopo fondamentale della XII
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebratasi in Vaticano dal 5 al 26 ottobre
2008, dal tema La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, «è stato di “rinnovare la
fede della Chiesa nella Parola di Dio”»213.
La Parola di Dio è alla base del rinnovamento della persona, della Chiesa e della società,
perché insieme alla sacra Tradizione, è la suprema regola della fede214. Come può un popolo senza
la Parola di Dio rinnovarsi e vivere nella sua pienezza la vita? Come si può ripartire per il
rinnovamento morale e come possono rinnovarsi le relazioni dell’uomo con Dio, con se stesso, gli
altri e il creato senza la Parola di Dio?
Perché la nostra gioia sia perfetta (primo paragrafo dell’introduzione) bisogna mettersi in
ascolto di Dio che parla e ci comunica il suo amore. Questa è la priorità di oggi: “riaprire” all’uomo
l’accesso alla Parola di Dio215. La Chiesa stessa non può nascere e vivere senza Parola di Dio216.
Non possiamo dare per scontato «il fatto che Dio parli e risponda alle nostre domande»217.

208
VD 1. «La Parola del Signore rimane in eterno. E questa è la Parola del Vangelo che vi è stato annunziato» (1Pt 1,25;
cf. Is 40,8).
209
VD 1.
210
Prefazio della II preghiera Eucaristica.
211
Cf. DV 2.
212
VD 1.
213
VD 27.
214
Cf. DV 21; G. DE LUCA, «Il primato della parola per il rinnovamento sociale», 205.
215
Cf. VD 2.
216
Cf. VD 3.
217
VD 4.

41
Il Romano Pontefice Emerito, ci invita ad approfondire il nostro rapporto con la Parola di
Dio, non a prescindere dalla Chiesa, ma nel “noi” della Chiesa stessa 218 e si augura che le
acquisizioni del Sinodo influiscano efficacemente sulla vita della Chiesa almeno su tre fronti:

1) sul personale rapporto con le sacre Scritture;


2) sulla loro interpretazione nella liturgia e nella catechesi;
3) sulla loro interpretazione nella ricerca scientifica219.

La Bibbia è una Parola viva e attuale, non è una Parola del passato, non è un’archeologia del
“dire” cristiano. Benedetto XVI per raggiungere il suo scopo fa continuo riferimento al Prologo del
Vangelo di Giovanni (Gv 1,1-18),

nel quale ci è comunicato il fondamento della nostra vita: il Verbo, che dal principio è presso Dio, si
è fatto carne ed ha posto la sua dimora in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). Si tratta di un testo mirabile, che
offre una sintesi di tutta la fede cristiana220.

5.1. Prima parte: Verbum Dei


La prima parte ha come titolo: Verbum Dei, fa riferimento a Gv 1,1.14: «In principio era il
Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […] e il Verbo si fece carne»; ha tre sottotitoli:
1. Il Dio che parla; 2. La risposta dell’uomo al Dio che parla; 3. L’ermeneutica della sacra Scrittura
nella Chiesa.

5.1.1. Il Dio che parla


Qual è la novità della rivelazione biblica? «La novità della rivelazione biblica consiste nel
fatto che Dio si fa conoscere nel dialogo che desidera avere con noi»221. Dio si mette in dialogo.
Al Sinodo, ci riferisce il Papa Emerito, si è parlato di una “sinfonia della Parola” in
riferimento alle diverse modalità con cui viene utilizzata l’espressione “Parola di Dio”222.
In modo analogico, l’espressione “Parola di Dio” indica223:
1) la persona di Gesù224 (cf. Gv 1,14);
2) il liber naturae225;

218
Cf. VD 4.
219
Cf. VD 5.
220
VD 5.
221
VD 6.
222
Cf. VD 7.
223
Per i sei sensi dell’espressione “Parola di Dio” cf. VD 7.
224
«Parola perfetta e definitiva del Padre» (CCCC 9).
225
La Dei Verbum al n. 3 dice: «Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv 1,3), offre agli
uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé».

42
3) la divina Parola espressa lungo tutta la storia della salvezza226;
4) la predicazione degli Apostoli227;
5) la divina Parola trasmessa nella Tradizione viva228 della Chiesa;
6) la sacra Scrittura, Antico e Nuovo Testamento.

Il cristianesimo è la «“religione della parola di Dio”, non di “una parola scritta e muta, [dice
S. Bernardo da Chiaravalle, n.d.r.], ma del Verbo incarnato e vivente”» 229 . Nel solco della
Tradizione cinque verbi caratterizzano l’amore verso la Parola di Dio: 1) proclamare; 2) ascoltare;
3) leggere; 4) accogliere; 5) vivere230.
La Parola di Dio ha una dimensione cosmica. Asserisce Benedetto XVI: «il fondamento di
tutta la realtà», il Logos divino è la «Ragione creatrice che ordina e guida»231. Il Papa ricorre ad
una citazione diretta tratta dall’Itinerarium mentis in Deus di san Bonaventura per approfondire il
rapporto tra la Parola di Dio e la creazione: «ogni creatura è parola di Dio, poiché proclama Dio»232.
L’uomo occupa una posizione eccezionale nella storia della salvezza, perché creato ad
immagine di Dio (cf. Gn 1,27); perciò è chiamato a «servire la Parola»233. L’uomo riceve dei doni
“preziosi” da Dio, perché creato a sua immagine, che la tradizione filosofica chiama “legge
naturale”; quattro doni esaltano la particolarità dell’essere umano: 1) valore del proprio corpo; 2)
dono della ragione; 3) libertà; 4) coscienza234. La Legge del Vangelo, donata da Gesù, non fa altro
che assumere e realizzare in modo autorevole la legge naturale235.
Solo la conoscenza della Parola di Dio conduce alla piena conoscenza del significato di ogni
creatura, cambiando il nostro concetto di realismo:
La Parola di Dio ci spinge a cambiare il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce nel
Verbo di Dio il fondamento di tutto. Di ciò abbiamo particolarmente bisogno nel nostro tempo, in
cui molte cose su cui si fa affidamento per costruire la vita, su cui si è tentati di riporre la propria
speranza, rivelano il loro carattere effimero. L’avere, il piacere e il potere si manifestano prima o poi
incapaci di compiere le aspirazioni più profonde del cuore dell’uomo. Egli, infatti, per edificare la
propria vita ha bisogno di fondamenta solide, che rimangano anche quando le certezze umane
vengono meno236 .

226
Cf. DV 3.
227
Cf. DV 7.
228
«La Tradizione Apostolica [viva (VD) o sacra (DV)] è la trasmissione del messaggio di Cristo, compiuta, sin dalle
origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le istituzioni, il culto, gli scritti ispirati. Gli
Apostoli hanno trasmesso ai loro successori, i Vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei
tempi, quanto hanno ricevuto da Cristo e appreso dallo Spirito Santo» (CCCC 12). Cf. DV 8; VD 17-18.
229
VD 7.
230
Cf. VD 7.
231
VD 8.
232
VD 8.
233
VD 9.
234
Cf. VD 9.
235
Cf. VD 9.
236
VD 10.

43
Fino a Gesù di Nazaret la Parola è stata udibile; dopo l’Incarnazione del Verbo la Parola ha
un volto; ragionevolmente si può parlare di “Cristologia della Parola”, Parola “abbreviata di Dio”,
secondo la definizione della tradizione patristica e medievale 237 . Il Sinodo raccomanda di
distinguere bene tra la Parola di Dio e rivelazioni private:

Il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci
allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del
Vangelo e non fuori di esso. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come
credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica238.

La comprensione autentica della Scrittura avviene grazie all’azione dello Spirito, quello
stesso Spirito che ha agito nel seno della Vergine di Nazaret, ha guidato Gesù, ha parlato per mezzo
del profeti, ha ispirato gli autori sacri, sostiene e ispira la Chiesa239, nel solco della viva Tradizione
della Chiesa240: «come il Verbo di Dio si è fatto carne nel grembo della Vergine Maria, così la
Sacra Scrittura nasce dal grembo della Chiesa per opera del medesimo Spirito»241. Gesù crocifisso
sperimenta che Dio parla anche con il suo silenzio:

Questa esperienza di Gesù è indicativa della situazione dell’uomo che, dopo aver ascoltato e
riconosciuto la Parola di Dio, deve misurarsi anche con il suo silenzio. È un’esperienza vissuta da
tanti santi e mistici, e che pure oggi entra nel cammino di molti credenti. Il silenzio di Dio prolunga
le sue precedenti parole. In questi momenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio. Pertanto,
nella dinamica della Rivelazione cristiana, il silenzio appare come un’espressione importante della
Parola di Dio242 .

5.1.2. La risposta dell’uomo al Dio che parla


La fede dell’uomo è la risposta dell’uomo a Dio che parla, che si rivela243. Come può
dialogare l’uomo con Dio? Mediante le parole che Dio ci consegna, ci apre al dialogo, e in questo
dialogo l’uomo comprende se stesso, anzi, secondo San Bonaventura, raggiunge la felicità eterna:

Il frutto della sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna.
Infatti la sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perché, non solo
crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno realizzati tutti i
nostri desideri244.

237
Cf. VD 12.
238
VD 14.
239
Cf. VD 15.
240
Cf. VD 17.
241
VD 19.
242
VD 21.
243
Cf. VD 25.
244
VD 23.

44
Quando l’uomo si sottrae liberamente al dialogo con Dio, incorre nel peccato come non
ascolto della Parola, come rottura dell’Alleanza, «come chiusura nei confronti di Dio che chiama
alla comunione con Lui»245:

Dt 28,1-2.15.45; 32,1:
1
Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti
i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore, tuo Dio, ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della
terra. 2Poiché tu avrai ascoltato la voce del Signore, tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno
tutte queste benedizioni […]. 15Ma se non obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, se non cercherai
di eseguire tutti i suoi comandi e tutte le sue leggi che oggi io ti prescrivo, verranno su di te e ti
colpiranno tutte queste maledizioni […].45Tutte queste maledizioni verranno su di te, ti
perseguiteranno e ti raggiungeranno, finché tu sia distrutto, perché non avrai obbedito alla voce del
Signore, tuo Dio, osservando i comandi e le leggi che egli ti ha dato.
32,1
Udite, o cieli: io voglio parlare. Ascolti la terra le parole della mia bocca!

Ger 7,22-28:
22
Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire
dalla terra d’Egitto, 23ma ordinai loro: «Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il
mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici». 24Ma essi non
ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro
cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. 25Da quando i vostri
padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i
profeti; 26ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce,
divenendo peggiori dei loro padri. 27Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai,
ma non ti risponderanno. 28Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore,
suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.

Ez 2,8; 3,10; 6,3; 13,2:


2,8
Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la
bocca e mangia ciò che io ti do».
3,10
Mi disse ancora: Figlio dell’uomo, tutte le parole che ti dico ascoltale con gli orecchi e accoglile
nel cuore.
6,3
Monti d’Israele, udite la parola del Signore Dio. Così dice il Signore Dio ai monti e alle colline,
alle gole e alle valli: Ecco, manderò sopra di voi la spada e distruggerò le vostre alture.
13,2
Figlio dell’uomo, profetizza contro i profeti d’Israele, profetizza e di’ a coloro che profetizzano
secondo i propri desideri: Udite la parola del Signore.

Zc 3,8:
Ascolta dunque, Giosuè, sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi
sono un segno: ecco, io manderò il mio servo Germoglio.

Rm 10,14-18:
14
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale
non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? 15E come lo
annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che
recano un lieto annuncio di bene!
16
Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci
ascoltato? 17Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. 18Ora io dico:

245
VD 26.

45
forse non hanno udito? Tutt’altro:
Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole.

1Ts 2,13:
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di
Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente,
come parola di Dio, che opera in voi credenti.

Esempio eloquente di fede obbediente alla Parola è Maria di Nazaret: «Vergine in ascolto,
ella vive in piena sintonia con la divina Parola»246.
Benedetto XVI esorta gli studiosi ad approfondire maggiormente il rapporto tra mariologia
e teologia della Parola, perché

l’incarnazione del Verbo non può essere pensata a prescindere dalla libertà di questa giovane donna
che con il suo assenso coopera in modo decisivo all’ingresso dell’Eterno nel tempo. Ella è la figura
della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fa carne. Maria è anche simbolo dell’apertura
per Dio e per gli altri; ascolto attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della
vita247.

5.1.3. L’ermeneutica della sacra Scrittura nella Chiesa


Per il Papa Emerito non vi è autentica ermeneutica biblica al di fuori della fede della Chiesa,
che ha nel sì di Maria il suo paradigma. San Bonaventura afferma a questo proposito che senza la
fede non c’è chiave di accesso al testo sacro: «Questa è la conoscenza di Gesù Cristo, da cui hanno
origine, come da una fonte, la sicurezza e l’intelligenza di tutta la sacra Scrittura. Perciò è
impossibile che uno possa addentrarsi a conoscerla, se prima non abbia la fede infusa di Cristo, che è
lucerna, porta e anche fondamento di tutta la Scrittura» […]. Del resto, è proprio la fede della Chiesa
che riconosce nella Bibbia la Parola di Dio; come dice mirabilmente sant’Agostino, «non crederei al
Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica». 248.

Particolare rilievo ha quindi la relazione tra la vita spirituale e l’ermeneutica della Bibbia249.
Al Magistero vivo della Chiesa spetta «d’interpretare autenticamente la Parola di Dio, scritta o
trasmessa»250.
Benedetto XVI richiama alla mente del lettore due encicliche papali e un documento della
Pontificia Commissione Biblica per precisare la «giusta posizione da avere di fronte
all’introduzione dei nuovi metodi di analisi storica»251:
1) Providentissimus Deus, Lettera Enciclica sullo studio della Sacra Scrittura, 18 novembre
1893, Leone XIII: scritta con lo scopo di difendere l’interpretazione cattolica della Bibbia

246
VD 27.
247
VD 27.
248
VD 29.
249
Cf. VD 30.
250
DV 10. «L’ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio è stato affidato al solo Magistero della Chiesa, al
Papa e ai vescovi in comunione con lui» (CCC 100). Cf. LG 67; CCCC 16; VD 33.
251
VD 33.

46
dagli attacchi del razionalismo, senza tuttavia ricorrere ad un senso spirituale avulso dalla
storia252;
2) Divino afflante Spiritu, Lettera Enciclica sul modo più opportuno di promuovere gli studi
biblici, 30 settembre 1943, Pio XII: scritta con lo scopo di evitare la dicotomia tra l’esegesi
scientifica e l’interpretazione spirituale253;
3) L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Documento della Pontificia Commissione
Biblica, 15 aprile 1993: scritto per un equilibrio tra ricerca scientifica e lettura di fede, tra
senso letterale e senso spirituale254.

Il Papa Emerito richiama l’importanza dell’ermeneutica conciliare come un’indicazione da


recepire, in particolare cita i tre criteri base della Costituzione dogmatica Dei Verbum «per tenere
conto della dimensione divina della Bibbia»255:
1) Unità di tutta la Scrittura (oggi parliamo di esegesi canonica): «Infatti, per quanto siano
differenti i libri che la compongono, la Scrittura è una in forza dell’unità del disegno di Dio,
del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua»256;
2) Tradizione viva di tutta la Chiesa:
Secondo un detto dei Padri, «sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in
materialibus instrumentis scripta – la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima
che su strumenti materiali”. Infatti, la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva
della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l’interpretazione di essa secondo il
senso spirituale [secundum spiritualem sensum quem Spiritus donat Ecclesiae»: Origene,
Homiliae in Leviticum, 5, 5]257 .

3) Analogia della fede, «cioè della coesione delle verità della fede tra di loro»258.

Nello stesso tempo Benedetto XVI denuncia il pericolo del dualismo nell’accostarsi alla
Bibbia; infatti, separare l’esegesi dalla teologia, comporta tre conseguenze, definite,
preoccupanti259:
1) riduce la Bibbia ad un testo del passato;
2) fa scaturire un’ermeneutica secolarizzata: Dio non è presente nella storia umana;
3) si impone un’ermeneutica filosofica: si nega che Dio possa entrare ed essere quindi presente
nella storia.

252
Cf. VD 33.
253
Cf. VD 33.
254
Cf. VD 33.
255
VD 34.
256
CCC 112.
257
CCC 113.
258
CCCC 19.
259
Cf. VD 35.

47
Tutto ciò non può che risultare negativo anche per la vita spirituale e l’attività pastorale; «la
conseguenza dell’assenza del secondo livello metodologico è che si è creato un profondo fossato tra
esegesi scientifica e lectio divina. Proprio di qui scaturisce a volte una forma di perplessità anche
nella preparazione delle omelie». Si deve inoltre segnalare che tale dualismo produce a volte
incertezza e poca solidità nel cammino formativo intellettuale anche di alcuni candidati ai ministeri
ecclesiali. In definitiva, «dove l’esegesi non è teologia, la Scrittura non può essere l’anima della
teologia e, viceversa, dove la teologia non è essenzialmente interpretazione della Scrittura nella
Chiesa, questa teologia non ha più fondamento»260.

Il recupero di un’adeguata ermeneutica della Scrittura deriva anche da un rinnovato ascolto


dei Padri della Chiesa, che sono essenzialmente dei commentatori della Scrittura, che insegnano un
approccio religioso della Scrittura, un’interpretazione secondo il criterio della comunione
ecclesiale261. Per la tradizione patristica e medievale «non vi era necessariamente distinzione tra
senso letterale e senso spirituale262». «Oggi noi possiamo anche parlare a questo proposito di
sensus litteralis e sensus spiritualis, purché ci ricordiamo che le nostre accezioni moderne degli
“aggettivi” “letterale” e “spirituale” non corrispondono esattamente a ciò che intendevano i Padri.
Spesso anzi proprio ciò che noi chiameremmo oggi “senso letterale” del testo non è altro che il
“senso spirituale” dei Padri»263.
Sia i rabbini che i Padri ammettono che la Bibbia rassomiglia a molte stanze chiuse di una
medesima casa; si possiedono le chiavi, ma sparse; la fatica è trovare la chiave giusta per ogni porta
da aprire, come suggerisce Origene:

Mentre iniziamo l’interpretazione dei salmi – scrive commentando ovviamente il libro del Salterio –
premettiamo (il racconto di) una graziosa tradizione (leggenda) trasmessami dall’ebreo sull’intera
sacra Scrittura (presa) nel suo insieme. Diceva infatti quel tale che tutta la Scrittura ispirata si
rassomiglia, a causa dell’oscurità che è in essa, a molte stanze chiuse di una medesima casa; per
ognuna di queste stanze è a disposizione una chiave, ma non quella giusta; e così le chiavi sono
sparse per (tutte) le stanze ma non sono corrispondenti (alle rispettive stanze) per le quali sono
disponibili; (occorre) dunque una grande fatica per trovare le chiavi corrispondenti alle singole
stanze e poterle aprire. Capire le Scritture quando sono oscure non è possibile se non prendendo i
punti di partenza della comprensione (cioè le chiavi) l’uno dopo l’altro, dal momento che il principio
interpretativo (tò exēgētikón) è disseminato in loro. Sono convinto del resto che anche l’apostolo
suggeriva un simile approccio per la comprensione delle parole ispirate quando diceva: «queste cose
le diciamo non con discorsi appresi dalla sapienza umana, ma per l’insegnamento ricevuto dallo
Spirito, confrontando le cose spirituali con le spirituali» (Filocalia 2,3: SC 302, 244)264 .

Anche nell’impostazione degli studi teologici, il Papa raccomanda che non ci sia dicotomia
tra la ricerca scientifica e la vita spirituale dei candidati al sacerdozio:

260
VD 35.
261
Cf. VD 37.
262
VD 37.
263
G.I. GARGANO, Il sapore dei Padri della Chiesa nell’esegesi biblica, 47.
264
G.I. GARGANO, Il sapore dei Padri della Chiesa nell’esegesi biblica, 47-48.

48
Si eviti di coltivare un concetto di ricerca scientifica che si ritenga neutrale nei confronti della
Scrittura. Perciò insieme allo studio delle lingue proprie in cui è stata scritta la Bibbia e dei metodi
interpretativi adeguati, è necessario che gli studenti abbiano una profonda vita spirituale, così da
capire che si può comprendere la Scrittura solo se la si vive265 .

Si presti poi particolare attenzione – secondo Benedetto XVI – a coloro che hanno vissuto
sulla propria pelle la Parola di Dio, ossia i Santi; fra questi S. Francesco d’Assisi, la cui esperienza
vocazionale nasce dall’ascolto del Vangelo e di Chiara d’Assisi che imita l’esperienza di
Francesco266.

5.2. Seconda parte: Verbum in Ecclesia


La seconda parte ha come titolo: Verbum in Ecclesia, fa riferimento a Gv 1,12: «A quanti
però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio»; ha tre sottotitoli: 1. La Parola di
Dio e la Chiesa; 2. Liturgia, luogo privilegiato della Parola di Dio; 3. La Parola di Dio nella vita
ecclesiale.

5.2.1. La Parola di Dio e la Chiesa


La Chiesa accogliendo la Parola di Dio, ascolta la voce del Verbo, per essere continuamente
ri-creata; sant’Agostino dice: «per mezzo del Verbo sei stato fatto, ma è necessario che per mezzo
del Verbo tu venga rifatto»267; vive del Vangelo268.

5.2.2. Liturgia, luogo privilegiato della Parola di Dio


La Chiesa è la «casa della Parola», dove specialmente nella liturgia Dio parla a noi oggi269.
«In un certo senso, l’ermeneutica della fede riguardo alla sacra Scrittura deve sempre avere come
punto di riferimento la liturgia, dove la Parola di Dio è celebrata come parola attuale e vivente»270.
Siamo invitati a riscoprire il carattere performativo della Parola di Dio271, la cui sacramentalità può
essere compresa in analogia alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, come mette a fuoco san
Girolamo:
Noi leggiamo le sante Scritture. Io penso che il Vangelo è il Corpo di Cristo; io penso che le sante
Scritture sono il suo insegnamento. E quando egli dice: Chi non mangerà la mia carne e berrà il mio
sangue (Gv 6,53), benché queste parole si possano intendere anche del Mistero [eucaristico], tuttavia
il corpo di Cristo e il suo sangue è veramente la parola della Scrittura, è l’insegnamento di Dio.

265
VD 47.
266
Cf. VD 48-49.
267
VD 50.
268
Cf. VD 51.
269
Cf. VD 52.
270
VD 52.
271
Cf. VD 53.

49
Quando ci rechiamo al Mistero [eucaristico], se ne cade una briciola, ci sentiamo perduti. E quando
stiamo ascoltando la Parola di Dio, e ci viene versata nelle orecchie la Parola di Dio e la carne di
Cristo e il suo sangue, e noi pensiamo ad altro, in quale grande pericolo non incappiamo?272.

San Francesco d’Assisi raccomanda uguale riverenza per l’Eucaristia e la Parola di Dio
(bisognerebbe parlare di Lettera a tutti i chierici sulla riverenza del Corpo del Signore e dei
santissimi nomi e parole):
1
Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo
al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue
parole scritte che santificano il corpo.
2
Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
3
Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non
il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita».
4
Tutti coloro, poi, che amministrano così santi misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li
amministra illecitamente, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si
compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui. 5E da molti viene collocato e lasciato in luoghi
indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e
amministrato agli altri senza discrezione.
6
Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, 7poiché «l’uomo carnale non
comprende le cose di Dio».
8
Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si
consegna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni
giorno? 9Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
10
Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; 11e ovunque troveremo
il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso
di là e posto e custodito in un luogo prezioso.
12
Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti,
siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.
13
Queste cose sono tenuti ad osservarle fino alla fine, più di qualsiasi altra cosa, tutti i chierici. 14E
quelli che non faranno questo, sappiano che dovranno rendere «ragione» davanti al Signore nostro
Gesù Cristo «nel giorno del giudizio».
15
E coloro che faranno ricopiare questo scritto, perché esso sia meglio osservato, sappiano che
saranno benedetti dal Signore Iddio273 .

Specifica cura bisogna prestarla a coloro che esercitano il munus di lettore nella celebrazione
liturgica. Le letture nella liturgia vanno ri-lette e non lette per la prima volta. Non basta la buona
volontà per essere lettore, ma i fedeli incaricati o per ufficio, «siano veramente idonei e preparati
con impegno. Tale preparazione deve essere sia biblica e liturgica, che tecnica»274.
Nella VD si dice con chiarezza a proposito dell’omelia, che essa è l’attualizzazione del

messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia
della Parola di Dio nell’oggi della propria vita […]. Deve risultare chiaro ai fedeli che ciò che sta a
cuore al predicatore è mostrare Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia. Per questo occorre
che i predicatori abbiano confidenza e contatto assiduo con il testo sacro; si preparino per l’omelia
nella meditazione e nella preghiera, affinché predichino con convinzione e passione. L’Assemblea
sinodale ha esortato che si tengano presenti le seguenti domande: «Che cosa dicono le letture
proclamate? Che cosa dicono a me personalmente? Che cosa devo dire alla comunità, tenendo conto

272
VD 56.
273
1Lch: FF 207a-209a.
274
VD 58.

50
della sua situazione concreta?». Il predicatore deve lasciarsi «interpellare per primo dalla Parola di
Dio che annuncia», perché, come dice sant’Agostino: «È indubbiamente senza frutto chi predica
all’esterno la parola di Dio e non ascolta nel suo intimo». Si curi con particolare attenzione l’omelia
domenicale e nelle solennità; ma non si trascuri anche durante la settimana nelle Messe cum populo,
quando possibile, di offrire brevi riflessioni, appropriate alla situazione, per aiutare i fedeli ad
accogliere e rendere feconda la Parola ascoltata275 .

È necessario frequentare la Parola, familiarizzare con le Sacre Scritture. Risulta fruttuoso


all’inizio di ogni anno liturgico, procurarsi due o tre commenti del Vangelo per aiutarsi nella
comprensione. Poi, un valido strumento per attualizzare la Parola è rappresentato dal CCC e dal
CCCC276. Significativa la proposta di Ratzinger di avere oltre il Compendio eucaristico anche un
Direttorio sull’omelia; perciò invita le autorità competenti a realizzarlo277.
Per favorire una certa familiarità con la Parola di Dio, Benedetto XVI fa sette
suggerimenti278:

1. Siano diffuse nelle comunità celebrazioni della Parola;


2. Si favorisca il silenzio, interiore ed esteriore, indispensabile perché la Parola possa essere
annunciata e udita;
3. Solennizzare, in alcune ricorrenze liturgiche, la proclamazione della Parola, specialmente
del Vangelo con l’uso dell’Evangeliario;
4. Sia favorita l’acustica e sia prestata una speciale attenzione all’ambone, visibile, fisso e in
sintonia artistica con l’altare; abbia un posto di riguardo la collocazione della Parola fuori
della celebrazione;
5. Nella liturgia le letture della Sacra Scrittura non siano mai sostituite da altri testi;
6. Il canto liturgico sia biblicamente ispirato; come ad esempio il canto gregoriano;
7. Si presti particolare attenzione ai non vedenti e ai non udenti.

5.2.3. La Parola di Dio nella vita ecclesiale


Viene ribadita l’importanza di offrire itinerari personali e comunitari nei confronti della
Parola, per far emergere la centralità della Parola di Dio nella vita ecclesiale, incrementando la
“pastorale biblica”; ricorrendo al Direttorio generale per la catechesi e al Catechismo della Chiesa

275
VD 59.
276
S. Fausti dà tre suggerimenti ai sacerdoti e ai pastori per aiutare nella comprensione della Parola: 1) preparazione
dell’omelia e delle catechesi ricorrendo ai commentari di taglio e metodo diverso; 2) lettura degli scritti dei Padri della
Chiesa, dei mistici, dei grandi asceti; 3) testi che aiutino a conoscere l’oggi del mondo: studi di antropologia culturale,
di politica, di economia (cf. S. FAUSTI, Il futuro è la Parola, 88-89).
277
Cf. VD 60.
278
Cf. VD 65-71.

51
Cattolica; valorizzando le strutture accademiche per la formazione dei catechisti; mettendo al
centro dei grandi raduni ecclesiali la Parola279.
Una speciale attenzione il Papa la riserva al rapporto tra Parola e vocazioni280:
1) Parola di Dio e Ministri ordinati: il vescovo sia “dentro” la Parola; il sacerdote è anzitutto
ministro della Parola; i diaconi alimentino una lettura credente della Parola;
Parola di Dio e candidati all’Ordine sacro: i candidati alimentino la propria vocazione con la
lectio divina, perché

è nella luce e nella forza della Parola di Dio che può essere scoperta, compresa, amata e seguita la propria
vocazione e compiuta la propria missione, alimentando nel cuore i pensieri di Dio così che la fede, come
risposta alla Parola, divenga il nuovo criterio di giudizio e di valutazione degli uomini e delle cose, degli
avvenimenti e dei problemi. Questa attenzione alla lettura orante della Scrittura non deve in alcun modo
alimentare una dicotomia rispetto allo studio esegetico richiesto nel tempo della formazione. Il Sinodo ha
raccomandato che i seminaristi siano aiutati concretamente a vedere la relazione tra lo studio biblico e il
pregare con la Scrittura281.

2) Parola di Dio e vita consacrata: la vita consacrata nasce dall’ascolto della Parola e ha come
norma di vita il Vangelo: «Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal
modo una “esegesi vivente della Parola di Dio”»282. I monasteri e i conventi dovrebbero
essere oggi, come da tradizione, «vere scuole di vita spirituale in cui leggere le Scritture
secondo lo Spirito Santo nella Chiesa, così che tutto il Popolo di Dio ne possa
beneficiare»283.
3) Parola di Dio e fedeli laici: i laici che diffondono il Vangelo nei vari ambiti della società,
siano formati «a discernere la volontà di Dio mediante una familiarità con la Parola di Dio,
letta e studiata nella Chiesa, sotto la guida dei legittimi Pastori»284.
4) Parola di Dio, matrimonio e famiglia: si auspica che ogni casa abbia la sua Bibbia per
poterla leggere, utilizzare per la preghiera; si raccomanda la formazione di piccole comunità
tra famiglie, i famosi “centri di ascolto”285.

Alla base di ogni autentica spiritualità cristiana vi è la Parola di Dio, la cui lettura dev’essere
accompagnata dalla preghiera; si eviti, inoltre, il rischio di un approccio individualistico, a
prescindere dalla comunione ecclesiale286.

279
Cf. VD 72-76.
280
Cf. VD 77-85.
281
VD 82.
282
VD 83.
283
VD 83.
284
VD 84.
285
Cf. VD 85.
286
Cf. VD 86.

52
La lectio divina – che è «una lettura, individuale o comunitaria, di un passo più o meno
lungo della Scrittura accolta come Parola di Dio […]», il cui scopo è «quello di suscitare e
alimentare “un amore effettivo e costante” per la Sacra Scrittura»287, favorendo una migliore
comprensione della liturgia e assicurando alla Bibbia un posto più importante negli studi teologici e
nella preghiera –, viene riproposta da Benedetto XVI richiamando brevemente i suoi passi
fondamentali288:
1. Lectio del testo: che cosa dice il testo biblico in sé?
2. Meditatio: che cosa dice il testo biblico a noi?
3. Oratio: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua Parola?
4. Contemplatio: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore?
5. Actio: l’esistenza credente si fa dono.

È bene ricordare, come fa il Papa, che la lettura personale della Scrittura fa acquistare
l’indulgenza plenaria per sé o per i defunti289. «Come affermava sant’Ambrogio: quando prendiamo
in mano con fede le sacre Scritture e le leggiamo con la Chiesa, l’uomo torna a passeggiare con Dio
nel paradiso»290. Tutto il n. 88 della VD è dedicato allo speciale rapporto tra Parola di Dio e la
preghiera mariana (S. Rosario, Angelus Domini, Akathistos, Paraklesis).

5.3. Terza parte: Verbum mundo


La terza parte ha come titolo: Verbum mundo, fa riferimento a Gv 1,18: «Dio nessuno lo ha
mai visto: il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato»; ha quattro
sottotitoli: 1. La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio al mondo; 2. Parola di Dio e
impegno nel mondo; 3. Parola di Dio e culture; 4. Parola di Dio e dialogo interreligioso.

5.3.1. La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio al mondo


«La sua Parola ci coinvolge non soltanto come destinatari della Rivelazione divina, ma
anche come suoi annunciatori […], ciò che la Chiesa annuncia al mondo è il Logos della
Speranza»291.
Ridare nuovo impulso allo slancio missionario significa per la Chiesa dare nuovo impulso
alla sua vocazione propria che è quella dell’evangelizzazione. Infatti, «evangelizzare è la grazia e la

287
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, pp. 67-68.
288
Cf. VD 87.
289
Cf. VD 87.
290
VD 87.
291
VD 91.

53
vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare»292. La
Chiesa risponde così all’esplicito invito del Risorto: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare
tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).
Si tratta di annunciare una parola “dirompente”, “esplosiva”, capace di chiamare a
conversione293, Parola la cui credibilità è assicurata da una testimonianza cristiana294.

5.3.2. Parola di Dio e impegno nel mondo


Andare alla ricerca dei “segni dei tempi” alla luce della Scrittura; ispirare le azioni della vita
politica e sociale dalla Parola; riscoprire la Parola come fonte di riconciliazione e di pace; tradurre
in gesti concreti la Parola accolta; nella pastorale vocazionale la Parola sia presentata nella sua
implicazione “vocazionale”; attenzione ai migranti che hanno diritto ad ascoltare il kerygma;
vicinanza ai sofferenti con la Parola; considerare i poveri come nostri evangelizzatori; rispettare il
creato come un’opera della Parola creatrice295.

5.3.3. Parola di Dio e culture


La Parola di Dio ha ispirato nei secoli la cultura, che per essere veramente a favore
dell’uomo, deve aprirsi alla trascendenza; non sia trascurato l’insegnamento della religione nelle
scuole e nelle università, ma si incentivi la formazione dei docenti e sia promossa la conoscenza
della Scrittura nell’insegnamento296. Singolare attenzione va posta al contesto culturale in cui va
annunciato il Vangelo; al valore dell’inculturazione evangelica297.
Come la comunità cristiana può testimoniare298 in modo credibile il vangelo di Cristo in un
ambiente socio-culturale secolarizzato, multietnico e multireligioso e in continuo cambiamento299?

5.3.3.1. Il cristiano nell’odierna società che cambia

292
PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, 14.
293
Cf. VD 93.
294
Cf. VD 97.
295
Cf. VD 99-108.
296
Cf. VD 109.111.
297
Cf. VD 114.
298
Cf. F. MANZI, Memoria del Risorto e testimonianza della Chiesa, 2006, 17.
299
Cf. A. DE CARLI, «Uno sguardo sul contesto socio-culturale che sfida la nostra speranza», 251-262. A. De Carli
sintetizza la situazione del nostro contesto socio-culturale attorno a tre parole: complessità, velocità e consumo. Parla
anche di tre ambiti che chiama “punti luce”: la ricerca della qualità dell’umano, la preoccupazione per le vittime, il
bisogno di relazione. Questi “punti luce” sono spazi importanti e fecondi per la testimonianza della speranza cristiana.

54
La nostra società appare fortemente segnata da una cultura frammentaria e in continuo
cambiamento, «mentre si perde progressivamente il senso stesso dell’autorità e della tradizione»300.
Siamo dentro l’era della globalizzazione301. Nulla sembra essere stabile e definitivo. La vita viene
vissuta in modo frammentato, in una serie di eventi privi di legami302. Gli esperti parlano anche di
una società della non-appartenenza o di un’appartenenza debole ed incapace di affrontare la
mentalità dominante, sorretta dai mass media303. La vita viene vissuta all’insegna dell’esperienza e
senza una meta:

Il presente è caratterizzato da una sorta di “morale del vagabondo”. Il vagabondo non sa per quanto tempo
resterà nel luogo in cui si trova in questo momento […]. Ciò che lo spinge ad andarsene è la delusione per il
luogo della sua ultima sosta come pure l’irriducibile speranza che il prossimo, non visitato, o forse quello
ancora successivo, siano privi dei difetti che lo hanno fatto disamorare dei precedenti304.

Il vagabondo non ha una meta, mentre il cristiano è chiamato ad essere pellegrino proprio
perché ha una meta.

Siamo chiamati ad essere pellegrini, anche se continuamente tentati di essere vagabondi. Infatti la tentazione di
vivere come un vagabondo – magari in poltrona invece che sulla strada – riguarda anche me, riguarda anche
te305.

Il vagare incessante è un ricercare senza nessuna meta, addirittura questa ricerca può
diventare una corsa tumultuosa: «produrre e consumare, possedere molte cose e fare molte
esperienze, cercare impressioni sempre nuove, il piacere e l’utile immediato, tutto e subito»306. Il
nostro tempo è caratterizzato anche dalla gratificazione istantanea: è quella gratificazione che viene
più velocemente e che muore prima. Nel suo dialogo sulla Vita beata, Lucio Anneo Seneca parla
della gratificazione istantanea e «nota che questo tipo di vita è il destino di persone che dimenticano
il passato, non si curano del presente e hanno timore del futuro»307. L’uomo di oggi è un uomo
senza memoria. Questa situazione è in piena antitesi con il cristianesimo, che ha nella memoria
passionis et resurrectionis il fondamento della propria identità:

La memoria di Cristo è il modo con cui i cristiani manifestano, in forma narrativa e pratica, nella storia e nella
società la loro speranza escatologica. Credere in senso cristiano significa assumere una posizione nella quale le
persone si ricordano delle promesse fatte da Dio e delle speranze che per causa loro furono vissute, unendosi a

300
A. STAGLIANÒ, Vangelo e comunicazione, 36.
301
Su questo argomento cf. Z. BAUMAN, Dentro la globalizzazione; F. VIOLA, «Essere cittadini nella postmodernità»,
24-27. F. Viola, dopo aver analizzato la situazione in cui vive l’uomo di oggi, individua nella speranza un punto
d’incontro fra gli uomini che vanno nelle direzioni più diverse.
302
Cf. Z. BAUMAN, «Le società della gratificazione istantanea in culture differenti», 27.
303
Cf. A. SCOLA, Vagabondi o pellegrini?, 5.
304
U. BECK, I rischi della libertà, 7.
305
A. SCOLA, Vagabondi o pellegrini?, 16.
306
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, L’iniziazione cristiana: 3, 1.
307
Z. BAUMAN, Le società della gratificazione istantanea, 20.

55
tali memorie e conformandovi le loro vite […]. Si tratta di una memoria pericolosa, che aggredisce l’oggi della
storia con i suoi richiami inascoltati, con i suoi conflitti repressi e le sue ferite non guarite308.

Per Seneca la gratificazione istantanea riguarda pochi, mentre oggi è il destino di molti. La
gratificazione istantanea è segno della precarietà, che l’analista sociale francese Pierre Bourdieu
chiama précarité, i tedeschi Unsicherheit e Risikogesellschaft (insicurezza e società del rischio), gli
italiani incertezza e gli inglesi insecurity309. Per di più, l’esperienza non viene rimandata a domani.
Qualunque cosa la vita offre, la offre hic et nunc! “Adesso” è la parola-chiave dei nostri tempi e
impegni come «finché morte non ci separi» sono dei contratti che durano fino a quando vi è la
soddisfazione… «Se la dedizione a valori duraturi è oggi in crisi, è perché l’idea di durata, di
immortalità, è essa stessa in crisi»310.
Peculiarità del nostro tempo è la «biografia del fai da te»311 svincolata da qualsiasi valore,
perché dove l’io diventa assoluto, non c’è più spazio per niente. Il motivo scatenante
dell’individualismo per Tomka non è da ricercare nell’egoismo, bensì nel «bisogno di rimettere
ordine in un mondo diventato dis-ordinato»312.
L’uomo moderno sembra vivere sulle sabbie mobili e tutto incentrato su se stesso: nulla si
oppone all’auto-adorazione del sé; e mai come oggi l’uomo ha bisogno di una illuminazione. Nella
società occidentale sembra essere assente Dio e i valori sono crollati313.
L’uomo di questa società è caratterizzato – quindi – dal soggettivismo radicale,
individualista e libertario; dal secolarismo; dal nomadismo; dal materialismo; dalla dipendenza dai
media… e l’elenco potrebbe continuare, perché si possono aggiungere – di volta in volta –

affermazioni dell’umano imprevedibili, frammentate, irriducibili a schemi preconfezionati. Per questo


particolare “segno del tempo”, che sta diventando quasi uno “spirito del tempo” (Zeitgeist) globalizzato, la
missione della Chiesa deve con urgenza recuperare tutta la propria carica spirituale, nel senso cristiano
dell’aggettivo: “agire secondo lo Spirito”314

perché in questa condizione moderna i credenti sono chiamati a confrontarsi per rispondere
con fede alle nuove istanze culturali.
L’urgenza dei cristiani di oggi è quella di recuperare la carica spirituale, dato che il compito
dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo riguarda tutti i battezzati. In particolare, i fedeli
laici, sono chiamati a rispondere alla loro vocazione battesimale dall’interno − a modo di fermento

308
A. MOREIRA, «La memoria pericolosa di Gesù Cristo in una società post-tradizionale», 66.
309
Cf. Z. BAUMAN, Le società della gratificazione istantanea, 20.
310
Z. BAUMAN, Le società della gratificazione istantanea, 27.
311
Cf. U. BECK, I rischi della libertà, 14.
312
M. TOMKA, «Individualismo, cambiamento di valori, società della gratificazione istantanea. Tendenze convergenti
nella sociologia», in Concilium 35 (1999) n. 4, 54.
313
Cf. R. LATOURELLE, Dall’apatia alla speranza, 14-25.
314
A. STAGLIANÒ, Pensare la fede, 14.

56
− alla santificazione del mondo315. La fedeltà al Vangelo si misura con il Vangelo, per cui è quanto
mai urgente nella società odierna ascoltare Dio che continua a parlare all’uomo con la sua Parola di
vita316.
Una presenza importante e significativa nel territorio è svolta dalle parrocchie, che devono
assumere − specialmente oggi − un volto più missionario. «A nulla però varrebbe accogliere e
cercare se poi non si avesse nulla da offrire. Qui entra in gioco l’identità della fede, che deve
trasparire dalle parole e dai gesti»317.
Per essere testimoni del Risorto, è necessario riscoprire la propria identità di cristiani. Infatti,
l’identità è un elemento fondamentale della spiritualità. Solo colui che sa chi è, vive una vera vita
spirituale. Molto spesso si corre il rischio di considerare l’identità cristiana una mera appartenenza
ecclesiale o un’adesione ad un corpo di dottrine o un certo tipo di comportamento morale318.

5.3.4. Parola di Dio e dialogo interreligioso


Il processo di globalizzazione ci mette a contatto con persone di culture e religioni diverse:

È di grande importanza che le religioni possano favorire nelle nostre società, spesso secolarizzate, una
mentalità che veda in Dio Onnipotente il fondamento di ogni bene, la sorgente inesauribile della vita morale, il
sostegno di un senso profondo di fratellanza universale319.

315
Cf. CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, 30-38; COMMISSIONE EPISCOPALE DELLA CEI PER IL LAICATO, Fare di
Cristo il cuore del mondo. Questa lettera si prefigge di richiamare i fedeli laici cristiani alla loro responsabilità in
quanto battezzati.
316
Cf. M. MAZZEO, Parola di Dio e vita dei credenti. Un sussidio dinamico per incontrare Dio nella Scrittura, Bologna
2003. Questo sussidio mette insieme parola di Dio e vita dei credenti e fra gli obiettivi quattro sono prioritari: 1.
riscoprire la centralità della parola di Dio nella vita dei credenti; 2. proporre un itinerario concreto per un approccio
personale ed ecclesiale alla parola di Dio; 3. suscitare e aiutare i gruppi biblici; 4. nutrire un percorso ecumenico a
partire dalla parola di Dio.
317
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 13.
318
Cf. P. BÜHLER, «L’identità cristiana: tra l’oggettività e la soggettività», 36-50.
319
VD 117.

57
Conclusione

Benedetto XVI conclude l’Esortazione Apostolica post-Sinodale richiamando a «diventare


sempre più familiari con le sacre Scritture»320. Non c’è autentica e viva spiritualità cristiana senza il
fondamento della Parola di Dio, il cui “circolo” è una Parola annunciata, accolta, celebrata e
meditata321. Siamo invitati a riscoprire la centralità della Parola nella nuova evangelizzazione322.
Cosa crea l’annuncio della Parola? Crea comunione e realizza la gioia:

Si possono organizzare feste, ma non la gioia. Secondo la Scrittura, la gioia è frutto dello Spirito Santo (cfr Gal
5,22), che ci permette di entrare nella Parola e di far sì che la divina Parola entri in noi portando frutti per la
vita eterna. Annunciando la Parola di Dio nella forza dello Spirito Santo, desideriamo comunicare anche la
fonte della vera gioia, non di una gioia superficiale ed effimera, ma di quella che scaturisce dalla
consapevolezza che solo il Signore Gesù ha parole di vita eterna (cfr Gv 6,68)323.

Prima di chiudere, il Papa Emerito esprime quattro pensieri:


- uno per Maria, Mater Verbi et Mater laetitiae, «beata perché ha fede, perché ha creduto, ed
in questa fede ha accolto nel proprio grembo il Verbo di Dio per donarlo al mondo»324;
- un altro verso tutti i cristiani precisando che il nostro rapporto personale e comunitario con
Dio dipende dalla nostra familiarità con la Scrittura divina325;
- un altro ancora verso gli uomini che si sono allontanati dalla Chiesa, che hanno lasciato la
fede o non sono stati mai evangelizzati, Benedetto indirizza le parole di Ap 3,20: «Ecco, sto
alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò
con lui ed egli con me»;
- infine, un ultimo pensiero è un’esortazione per tutti a fare silenzio per ascoltare e meditare
la Parola:

Ogni nostra giornata sia dunque plasmata dall’incontro rinnovato con Cristo, Verbo del Padre fatto carne: Egli
sta all’inizio e alla fine e «tutte le cose sussistono in lui» (Col 1,17). Facciamo silenzio per ascoltare la Parola
del Signore e per meditarla, affinché essa, mediante l’azione efficace dello Spirito Santo, continui a dimorare,
a vivere e a parlare a noi lungo tutti i giorni della nostra vita. In tal modo la Chiesa sempre si rinnova e
ringiovanisce grazie alla Parola del Signore che rimane in eterno (cfr 1 Pt 1,25; Is 40,8). Così anche noi
potremo entrare nel grande dialogo nuziale con cui si chiude la sacra Scrittura: «Lo Spirito e la sposa dicono:
“Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!” ... Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni,
Signore Gesù». (Ap 22,17.20)326.

320
VD 121.
321
Cf. VD 121.
322
Cf. VD 122.
323
VD 123.
324
VD 124.
325
Cf. VD 124.
326
VD 124.

58
Bibliografia

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62
Indice

INTRODUZIONE ............................................................................................................................................ 2
ABBREVIAZIONI E SIGLE .......................................................................................................................... 5
1. SEI LEGGI PER LEGGERE LA BIBBIA................................................................................................ 6
1.1. LA LEGGE DELLA GRATUITÀ ................................................................................................................... 6
1.2. LA LEGGE DEL CRISTOCENTRISMO ......................................................................................................... 6
1.3. LA LEGGE DELLA DIALOGICITÀ .............................................................................................................. 7
1.4. LA LEGGE DELLA COMUNIONE................................................................................................................ 8
1.5. LA LEGGE DELLA STORICITÀ .................................................................................................................. 8
1.6. LA LEGGE DELLA ECCLESIALITÀ ............................................................................................................ 9
A) Il ruolo della Chiesa ........................................................................................................................... 10
B) La Chiesa interprete della Parola di Dio ........................................................................................... 12
C) Lo scopo della sacra Tradizione, della sacra Scrittura e del magistero della Chiesa ...................... 12
2. IL CANONE DELLE SACRE SCRITTURE ......................................................................................... 13
2.1. IL CANONE EBRAICO ............................................................................................................................ 14
2.1.1. Periodo pre-esilico ........................................................................................................................ 15
2.1.2. Periodo post-esilico ...................................................................................................................... 16
2.1.3. Il tempo dei Maccabei ................................................................................................................... 19
2.1.4. La formazione del Canone Ebraico .............................................................................................. 19
2.2. IL CANONE CATTOLICO ........................................................................................................................ 21
2.2.1. Il Canone dell’AT presso i cristiani .............................................................................................. 22
2.2.2. La formazione del Canone del NT ................................................................................................ 24
3. L’ISPIRAZIONE DIVINA ....................................................................................................................... 33
3.1. LA CHIESA E GLI SCRITTI DELL’ANTICO E NUOVO TESTAMENTO ........................................................ 33
3.2. DIO AUTORE DEGLI SCRITTI NEOTESTAMENTARI ................................................................................. 35
3.3. GLI UOMINI COLLABORATORI DI DIO ................................................................................................... 35
4. LA VERITÀ ............................................................................................................................................... 37
4.1. I GENERI LETTERARI ............................................................................................................................. 39
4.2. INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA ........................................................................................................ 40
5. VERBUM DOMINI .................................................................................................................................... 41
5.1. PRIMA PARTE: VERBUM DEI .................................................................................................................. 42
5.1.1. Il Dio che parla ............................................................................................................................. 42
5.1.2. La risposta dell’uomo al Dio che parla ........................................................................................ 44
5.1.3. L’ermeneutica della sacra Scrittura nella Chiesa ........................................................................ 46
5.2. SECONDA PARTE: VERBUM IN ECCLESIA................................................................................................ 49
5.2.1. La Parola di Dio e la Chiesa ........................................................................................................ 49
5.2.2. Liturgia, luogo privilegiato della Parola di Dio ........................................................................... 49
5.2.3. La Parola di Dio nella vita ecclesiale........................................................................................... 51
5.3. TERZA PARTE: VERBUM MUNDO ............................................................................................................ 53
5.3.1. La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio al mondo............................................... 53
5.3.2. Parola di Dio e impegno nel mondo ............................................................................................. 54
5.3.3. Parola di Dio e culture ................................................................................................................. 54
5.3.4. Parola di Dio e dialogo interreligioso .......................................................................................... 57
CONCLUSIONE.............................................................................................................................................. 58
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................................... 59
FONTI ........................................................................................................................................................... 59
MAGISTERO ................................................................................................................................................. 59
STRUMENTI .................................................................................................................................................. 60
STUDI ........................................................................................................................................................... 61
COMMENTARI .............................................................................................................................................. 62

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