La Magia Delle Rune
La Magia Delle Rune
La Magia Delle Rune
Secondo quanto narra lo Havamal (II carme dell'alto Odino), nella parte maggiormente sapienziale, la misteriosa vicenda fu questa: Odino, desideroso di apprendere ogni forma di saggezza, accett di essere appiccato all'albero del mondo (l'albero di cui nessuno sa "da quale radice si levi") e di pendervi per nove notti, ferito dalla propria lancia. Pot cos "raccogliere le rune", apprendere dal gigante Bolthor (suo zio materno) i nove canti magici e nutrirsi dell'idromele, la bevanda che in grado di suscitare il dono della poesia, in genere, e della profezia, in particolare. Molte le discussioni suscitate da questo racconto. V' stato chi ha negato che Odino vi risulti protagonista di un vero e proprio processo di morte e risurrezione (lo Havamal precisa tuttavia che solo dopo essere sceso dall'albero e avere gustato l'idromele egli pot crescere in saggezza), sostenendosi che il suo dondolare da un albero per nove notti era quello di un 'appeso' e non di un 'impiccato' (accettandosi codesta tesi, l'appiccato dei tarocchi acquisterebbe un significato tutto particolare) e v' stato chi ha rilevato certe somiglianze 'formali' tra il sacrificio di Odino e la Passione patita sul Golgota. Sono tuttavia possibili alcune controsservazioni. Alla prima tesi, non priva di fascino, si dovranno opporre i tradizionali appellativi di Odino quale 'dio degli impiccati', 'signore delle forche' e 'sovrano dei morti'. Alla seconda considerazione, in conseguenza della quale sarebbe pi che giustificabile sostenere l'esistenza di un influsso cristiano sulla configurazione dell'autosacrificio di Odino, stante la datazione dello
narra, per esempio, che il gigante della vendetta Kullervo, quando era ancora bambino, dovette sopravvivere a vari tentativi di assassinio, commessi da un nemico della sua stirpe; il terzo di questi tentati omicidi avviene appunto mediante impiccagione a una robusta quercia, ma dopo tre giorni e tre notti ch'egli pende dall'albero: "No, non morto no Kullervo / non spirato sulla forca / Egli incide la quercia lavorando di punteruolo / e la quercia tutta piena di disegni e di figure...". dunque fuor di discussione che entro una prospettiva sacra e misterica la conquista delle rune da parte di Odino risponde a un paradigma ancestrale, un frutto colto grazie a una concezione e a una pratica sacrificale che risalgono con ogni probabilit all'et sciamanica delle culture euroasiatiche. V' da aggiungersi dell'altro: la grandiosit dell'immagine del dio che s'immola sull'albero del mondo accresciuta proprio dal fatto che essa non ha carattere espiatorio n per il mondo n per lo stesso Odino, il quale continuer a essere una divinit piuttosto amorale, ma sembrerebbe essere la condizione sine qua non perch poesia e veggenza divengano prerogativa degli dei e del mondo manifestato. E non senza significato, inoltre, che poesia e invocazione magica paiono quasi confondersi l'una con l'altra, cos come il carattere che concretizza la runa , a un tempo, un segno fonetico e un ideogramma dai plurimi significati occulti. Ritorneremo su codesta duplicit. Per intanto, dobbiamo dar conto delle origini e dello sviluppo della scrittura runica, secondo quanto stabilito dalla paleografia e dalle altre discipline storiche e linguistiche. Oggi come oggi prevale l'ipotesi secondo la quale questo tipo di scrittura sarebbe nato nel 300 d. C. e nell'area nordoccidentale del Mar Nero, cio a dire nella storica regione della Dacia. Si altres appurato che il periodo di fioritura e di massima diffusione pu ascriversi ai secoli che vanno dal V all'XI d. C., per non parlare dell'estrema propaggine geografica, datata 1362, ritrovata nel Minnesota (Stati Uniti) e la cui autenticit (recentemente provata da verifiche chimiche) sta a dimostrare la realt dei viaggi compiuti dai Vichinghi dalla Groenlandia al Nuovo Mondo.
Pi discorde il giudizio degli specialisti a proposito delle ascendenze attribuibili alla serie delle 24 rune canoniche e delle cinque sovrannumerarie. V' chi ipotizza infatti una derivazione dalla scrittura greca corsiva e dal latino di et imperiale, congiuntamente; altri propendono invece per una discendenza dagli alfabeti etruschi latinizzati e altri ancora ritengono che la nascita dei caratteri runici debba collocarsi o in Danimarca o nella Germania settentrionale e che sia avvenuta in maniera del tutto autonoma, rimanendo influenzata da greco e latino solo in una fase posteriore. comunque certo che sono maggiori gli elementi di diversit tra l'alfabeto runico e quelli classici 'volgari' che non quelli di somiglianza: la scrittura procede da destra a sinistra, la sequenza comincia con la terna feoh, ur, thorn (f, u, t) e ogni lettera ha un corrispondente numerico e in base a criteri a prima vista incomprensibili: feoh uguale a 24, ur a 1 e cos via. Il senso esoterico delle rune, la dimensione nascosta che esse racchiudono si disvelano purtuttavia di l dai giochetti numerici tanto cari agli occultisti. Innanzitutto, pu rilevarsi che la serie canonica si proietta entro la fascia zodiacale a coppie per ciascun segno, principiando dal Sagittario, secondo un'accettabile ipotesi formulata da Elmire Zolla orsono 14 anni (vedasi Conoscenza Religiosa, n 2, anno 1969), e muovendosi in senso retrogrado lungo lo Zodiaco, stante la necessit che ciascun segno solstiziale (le 'porte del Sole') contenga il suo opposto: il Cancro si apparenta infatti alla runa del ghiaccio oltre che a quella del raccolto e il Capricorno manifesta 'il giorno' e 'la luce', quanto il senso opposto di 'recinzione' ed 'esorcismo'. Un giuoco di polarit, il suddetto, tanto pi significativo in quanto sta a indicare che laddove si sia capaci di guardare con intelligenza allo Zodiaco (cio riconoscendolo come lo specchio degli archetipi, secondo l'insegnamento di Paracelso e Jung), ognuno dei suoi settori si riveler o con poteri 'coagulanti' o con qualit 'dissolventi', per dirla con i termini alchemici adoprati dallo stesso Zolla e facenti riferimento a processi che sono essenzialmente psichici e spirituali. Occorre aggiungere che
tutto ci suona a sottintesa, ma inequivoca condanna delle usuali tecniche oroscopiche? In seconda istanza, la scrittura runica lascia trasparire il potere che racchiuso nelle sue lettere quando si consideri che, di l da certa magia 'spicciola', utilitaria, ciascuna di esse l'effettivo custode, foneticamente e graficamente, di certi ritmi, fisici e vitali, a pi livelli, entro e fuori la natura terrestre. Cos tramandato da certi insegnamenti riservati, non ancora contaminati dalla disvelazione e che tali debbono rimanere. Un paio delle pi elementari dimostrazioni sono tuttavia esponibili. Si ricorder allora, sotto il profilo della 'curiosit', che il numero canonico delle rune corrisponde al numero di 'tipi' di esseri viventi riconosciuti dalla moderna sistematica zoologica e che ogni runa presiede a un'ora del giorno o della notte; in prospettiva pi simbolica, per converso, si potr rilevare che i segni o fonemi sovrannumerari possono essere chiamati a rappresentare gli elementi perturbatori o 'miracolosi', gli interventi sovrannaturali o, per avverso, i fenomeni transitori o allucinatori. Dipende da molti fattori, come dalla qualificazione interiore di chi si impossessato delle rune. Sia detto come fra parentesi: nella serie basilare che si presa in esame le cinque rune supplementari sono costituite da ac, aesc, yr, ior, ear, in quanto ci si riferiti agli arricchimenti grafici anglosassoni, ma altri caratteri possono aggiungersi o sostituire talune delle lettere, a seconda delle varianti ed esigenze linguistiche; nella stessa versione anglosassone, per esempio, l'alfabeto runico giunse a contare sino a trentatr segni. Non v' da stupirsi di tanta fluttuazione, ci che arcaico sempre soggetto alle pure leggi del ritmo, anche a livello psichico, perch non ancora 'cristallizzato', n del tutto crocifisso nella materia. Bene intese queste verit la grande intelligenza del cuore di Richard Wagner (1813-1883) nell'ideazione e realizzazione della
ottave con cui si apre la rappresentazione dell'Oro del Reno (il 'Prologo' della Tetralogia o Anello del Nibelungo) qualcosa di pi che un preludio: la rappresentazione fonica del primo concretizzarsi del mondo e della vita, mentre il successivo frusciare delle figurazioni arpeggiate acquisisce invece, a poco a poco, un'impronta di stimolo visivo, come se non vi fossero pi confini tra luce e suono. Analogamente, i successivi saluti delle tre ondine, prima alle acque e poi all'oro ch'esse custodiscono in fondo al fiume, sono ben altro che la descrizione di una situazione idillica, come potrebbe apparire di primo acchito, o un mero espediente teatrale. Per chi abbia bastanti conoscenze esoteriche, si quivi in presenza dell'evocazione dello Stato dell'Esistenza anteriore alla caduta, quando ancora la Brama non aveva assunto alcuna maschera e non si era sollevata dalle Tenebre a concupire l'Eredit del Mondo. Siamo, come ciascuno pu constatare, in una dimensione che nulla ha in comune con certe ricorrenti interpretazioni della Tetralogia. E che siffatte letture 'sociologiche' siano tanto presuntuose e pretestuose quanto aberranti provato persino dalla pi elementare delle constatazioni: nel concepimento e nella realizzazione dell 'Anello del Nibelungo Wagner estrasse pi di un personaggio o di una situazione oltre che dall'Edda, francamente mitico, anche dal medievale Nibelungenlied (II canto dei Nibelunghi), ma evitando accuratamente qualsiasi riferimento che potesse inquadrare la vicenda in un orizzonte troppo delimitato; persino ne //
fanciulla celeste (la valchiria Brunilde) che l'immagine speculare della sua anima, e Brunilde stessa, figura dell'Eterno Femminino, discesa sino agli uomini perch mossa dalla compassione (il tentativo di salvare coloro che avevano concepito l'eroe, Siegmund e Sieglinde). Sono tuttavia plurimi i significati racchiusi nella Tetralogia. I giganti, per esempio, vi simboleggiano le forze plasmatrici dell'Universo, istintuali o 'meccaniche'; i nani rappresentano le entit del sottosuolo od 'occulte', sempre pronte a bisbigliare 'parole di potere' o sentimenti di bramosia; e gli dei che attendono essi stessi la redenzione, a costo di porre fine alla loro era, raffigurano la religiosit politeista nel suo insieme e i misteri che da essa promanano, sotto forme diverse, animando ogni aspetto della Natura: lo scuotersi degli alberi alle voci dei venti, il distendersi improvviso e rassicurante dell'arcobaleno dopo la tempesta, lo zampillare di una sorgente e il fiammeggiare di una meteora. Certo, la sacralit degli dei nordici poteva apparire troppo poco trascendente e troppo legata al cerimonialismo delle immolazioni e Wagner per primo ne cant il giusto e apocalittico tramonto, convinto com'era che rappresentare il ritorno alle limpide acque dell'oro bastasse ad avviare il processo di redenzione e di trasfigurazione del Creato e dell'Uomo. E in tale prospettiva l'opera ultima, il Parsifal, non solo si connette al Tristano e Isotta, com' fin troppo facile intuire, ma si lega anche al principio e alla conclusione dell' Anello del Nibelungo, riproponendone su pi alto livello le caratteristiche di solare eroismo. Il castello dei custodi del Graal "in Monsalvat" non forse un Walhalla costruito con la fede anzich con l'inganno (nella Tetralogia la roccaforte degli dei edificata dai giganti, avendo essi ricevuto la promessa, che non sar poi mantenuta, di ottenere da Wotan la dea dell'amore e della giovinezza)? E il Graal non forse, nella sfera della spiritualit, un pericoloso tesoro nascosto, per chi lo accosti senza conoscerne gli intrinseci poteri di farmaco e di veleno? Sigfrido, Tristano, Parsifal sono tre personaggi diversi solo in apparenza. In realt, ognuno di loro il simbolo vivente di un determinato
orientamento intellettivo. Per dirla in termini ermetico-alchemici: Sigfrido il modello di chi in grado di percorrere la via dritta e pericolosa e lungo la quale facile cadere preda dell'inganno, come Sigfrido cade; Tristano colui che s'appella all'interiorit emotiva, alla possibilit di risalire dalla carne all'Eros cosmico e percorre dunque il cammino tortuoso dell'esaltazione e trasmutazione della soggettivit, come nella pratica delle arti; Parsifal, infine, l'asceta contemplativo, colui che rinuncia anche alla Bellezza, perch viva in lui e attraverso di lui l'Atto di Adorazione: sua la via regale. Una precisazione importante: ciascuno dei cammini suddetti, in taluni casi eccezionali, pu sovrapporsi per qualche tempo agli altri due e in tal caso si avr a che fare con altrettante tappe trasfiguratrici. Il vocabolo runa significa 'scrittura segreta', 'segno', 'scongiuro' e 'mistero'. Quattro definizioni che possono estendersi a tutte le opere della maturit di Wagner e alla
Il ghiaccio
sovilo, il sole
anno, stagione
il caso, il destino
il cavallo
l'acqua, il mare
il dio Ing
il giorno
l'eredit ancestrale
la propriet, il denaro
l'azione, la forza
la cavalcata, il viaggio
l'energia, la torcia, il desiderio sessuale l'energia sessuale, il matrimonio, la magia sessuale la gioia, la fraternit, il benessere, l'unione
l'uovo, la nascita, l'inizio del mondo il destino, la coscienza del realizzarsi del destino