Disordini Dell'emostasi

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DISORDINI DELLEMOSTASI

PROCESSO EMOSTATICO
DEFINIZIONE
Lemostasi un insieme di reazioni biochimiche, sequenziali e sinergiche, finalizzate a impedire la
perdita di sangue dai vasi. Esso comprende due fasi principali: emostasi primaria ed emostasi
secondaria. La prima si divide, a sua volta, in una fase vascolare e una fase piastrinica, mentre la
seconda in una fase coagulativa e una fase fibrinolitica.
EMOSTASI PRIMARIA (o VASO-PIASTRINICA)
Fase vascolare
Il primo evento che si verifica nellemostasi una contrazione vascolare a livello della zona lesa.
La vasocostrizione dovuta a vari fattori: risposta diretta delle fibrocellule muscolari allo
stiramento provocato dal trauma, riflesso neurovegetativo vasomotore (stimolazione dei nerva
vasorum), liberazione locale di sostanze vasocostrittrici ad opera prima delle cellule endoteliali
(endotelina) e, in fase pi tardiva, dalle piastrine (liberazione della serotonina contenuta nei
granuli delta).
Fase piastrinica
In seguito al danno vascolare, le piastrine sono esposte al sottoendotelio, cio a collageno,
proteoglicani, fibronectina e altre glicoproteine e questo ne determina lattivazione. La risposta
piastrinica comporta mutamenti di ordine biochimico, strutturale e morfologico delle piastrine
stesse e pu essere suddivisa in varie fasi che tendono a sovrapporsi:
1. Adesione e attivazione piastrinica. Per adesione si intende la capacit delle piastrine di
legarsi al sottoendotelio (essenzialmente al collageno) esposto in seguito al danno
endoteliale. Il processo di adesione, come pure laggregazione piastrinica, dipende dalla
presenza di molecole di adesione presenti sulla superficie delle piastrine, che, per la
maggior parte, appartengono alla superfamiglia delle integrine. La pi importante
lintegrina GPIa/GPIIa (detta anche VLA2: very late antigen) che ha la capacit di
legarsi al collageno quando esso esposto come conseguenza di una lesione endoteliale.
Questo iniziale processo di adesione non per sufficiente a impedire la rimozione delle
piastrine adese da parte della corrente sanguigna. Perch si abbia unadesione pi stabile
necessario lintervento di unaltra molecola di adesione, che non unintegrina ma una
glicoproteina ricca di leucina, denominata GPIb. Questa ha la capacit di legare un fattore
solubile chiamato fattore di von Willebrand (VWF), che normalmente presente nel
plasma sanguigno (dove assolve la funzione di veicolare il fattore VIII della coagulazione
sanguigna), ma anche molto abbondante a livello della zona di lesione endoteliale, dal
momento che prodotto dalle cellule endoteliali. Il VWF costituisce, interagendo con il
collageno esposto, un ponte fra la molecola GPIb delle piastrine e il sottoendotelio.
2. Cambiamento di forma delle piastrine. Con ladesione delle piastrine al sottoendotelio
nel punto di lesione viene generata una cascata di segnali che porta al cambiamento di
forma delle piastrine stesse che passano dalla classica forma discoidale della piastrina
circolante a riposo a una forma irregolarmente sferica.
3. Secrezione dei granuli. La secrezione piastrinica avviene subito dopo ladesione. Nei
granuli sono presenti in alta concentrazione molecole capaci di mantenere e amplificare la
risposta fin qui limitata a poche piastrine.
4. Aggregazione piastrinica. Con questo termine si indica ladesione fra le piastrine attivate
e segue immediatamente ladesione e la secrezione. Le piastrine attivate possono legarsi fra
loro grazie allesposizione dei complessi glicoproteici GPIIb/IIIa, recettori del fibrinogeno.
Il fibrinogeno si lega ai recettori di piastrine adiacenti formando dei veri e propri ponti
tra piastrina e piastrina e porta quindi alla formazione di aggregati piastrinici. Si forma
pertanto il tappo piastrinico, che prende il nome di trombo bianco.
EMOSTASI SECONDARIA
Fase coagulativa
Il sistema della coagulazione il terzo componente del processo emostatico e porta alla formazione
del coagulo insolubile di fibrina, derivante dalla trasformazione del precursore plasmatico solubile
fibrinogeno. A questo risultato si giunge grazie allattivazione sequenziale di una serie di fattori
plasmatici (fattori della coagulazione) che, a eccezione della precallicreina (PK) e del chininogeno ad
alto peso molecolare (HMWK), sono numerati progressivamente dallI al XIII.
Via intrinseca della coagulazione. Inizia quando il sangue viene a contatto con superfici
cariche negativamente, come in seguito a danno delle cellule endoteliali, con conseguente
esposizione delle molecole trombogeniche del sottoendotelio. La prima tappa di questa via
rappresentata dallattivazione del cosiddetto sistema plasmatico attivabile da contatto,
costituito da 4 proteine (fattore XII, PK, HMWK e fattore XI). In presenza di una
superficie carica negativamente tali proteine si attivano a vicenda. Il fattore XIa ha il
compito di attivare il fattore IX (o di
Christmas), che pu essere attivato anche
nella via estrinseca. Il fattore IX, insieme a
fattore VIII, fosfolipidi e calcio forma un
complesso in grado di attivare il fattore X.
Via estrinseca della coagulazione.
Quando il sangue viene direttamente a
contatto con il tessuto danneggiato viene
attivata la via estrinseca della
coagulazione, ad opera di un fattore
tessutale, TF (la cosiddetta tromboplastina
tessutale o fattore III) presente nei tessuti
e da questi esposto in seguito ad un danno
cellulare. Il TF lega specificamente il
fattore VII e gli ioni calcio, formando un
complesso dotato di attivit enzimatica,
che possiede unalta affinit per il fattore X
e ne catalizza lattivazione a fattore Xa.
Via comune della coagulazione.
Comprende due fasi:
a) Formazione di trombina. Il fattore Xa,
interagendo con il fattore Va, i fosfolipidi e
gli ioni calcio, forma un complesso multimolecolare che prende il nome di protrombinasi, in
grado di agire proteoliticamente sulla protrombina (fattore II) trasformandola in trombina.
b) Formazione della fibrina. La trombina determina la conversione del fibrinogeno in fibrina,
da cui la formazione di un coagulo morbido di fibrina, che viene stabilizzato e reso
insolubile dal fattore XIIIa, con formazione del trombo rosso.
Affinch non si abbia lestensione del coagulo nel sistema vascolare, necessario che il processo
della coagulazione sia finemente controllato e circoscritto nel punto di lesione. Esistono vari
meccanismi di controllo:
Flusso sanguigno e clearance dei fattori attivati. Il flusso sanguigno fondamentale nel
controllo dellemostasi in quanto responsabile dellallontanamento e della diluizione dei
fattori della coagulazione attivati, che vengono poi rimossi dal circolo.
Inattivazione delle proteasi attive che via via si formano, una volta utilizzate. Questo
tipo di controllo avviene mediante lazione degli inibitori fisiologici, che sono in grado di
inibire i vari fattori della coagulazione ed anche i cofattori attivati. Gli inibitori fisiologici
pi importanti sono:
Antitrombina III (o cofattore eparinico I). Viene sintetizzata dal fegato e forma un
complesso irreversibile con la trombina e altri fattori (IX, X, XI e XII) rendendoli
inattivi. Il suo potere inibitorio potenziato dalleparina.
Cofattore eparinico II. Viene sintetizzato dal fegato e agisce inibendo esclusivamente
la trombina. Il suo potere inibitorio potenziato dalleparina.
Sistema della proteina C ed S. La proteina C, sintetizzata dal fegato, viene attivata
dalla presenza di ioni Ca
2+
, trombina e trombomodulina, e ha il compito di
inattivare i fattori V e VIII e di stimolare la fibrinolisi, inattivandone gli inibitori.
La proteina S, sintetizzata da fegato, cellule endoteliali e megacariociti, agisce come
cofattore della proteina C.
Inattivazione e/o demolizione proteolitica dei prodotti della coagulazione. Il
principale effettore di questo tipo di meccanismo di controllo rappresentato dal sistema
fibrinolitico.
Fase fibrinolitica
La fibrinolisi rappresenta il meccanismo fondamentale attraverso il quale, una volta che il vaso
stato riparato, si dissolve il coagulo di fibrina, al fine di evitare ostacoli alla circolazione del
sangue. Il sistema fibrinolitico formato da:
Attivatori del plasminogeno. Questo termine si riferisce a molecole in grado di
convertire il plasminogeno a plasmina. Se ne conoscono due tipi diversi: attivatore
tessutale del plasminogeno (tPA) e attivatore del plasminogeno di tipo urochinasico o
urochinasi (uPA). Il tPA viene rilasciato dalle cellule endoteliali in seguito a stimolazione
da parte della trombina, in seguito a stasi venosa o in seguito a esercizio fisico.
Plasmina. Pu degradare sia il fibrinogeno, sia la fibrina solubile, sia la fibrina stabilizzata
quale prodotto finale della coagulazione, formando prodotti di degradazione caratteristici
per ogni forma di fibrina, che sono importanti nella diagnosi di varie condizioni
patologiche.
Inibitori della fibrinolisi. I principali inibitori della fibrinolisi sono linibitore-1
dellattivatore del plasminogeno (PAI-1), linibitore-2 dellattivatore del plasminogeno
(PAI-2) e l2-antiplasmina (che inibisce la plasmina legandosi ad essa ed impedendone il
funzionamento).
VALUTAZIONE DEL PROCESSO EMOSTATICO
EMOSTASI PRIMARIA
Lemostasi primaria pu essere valutata con due semplici test: conta delle piastrine e tempo di
emorragia. Questultimo viene determinato effettuando unincisione superficiale accuratamente
misurata (lunghezza 1 cm, profondit 1 mm) sulla cute dellavambraccio. Contemporaneamente al
taglio, si fa partire in cronometro per valutare il tempo in cui lemorragia si arresta. Questo test
non tuttavia molto specifico, perch si presenta anche in situazioni cliniche con conta normale
delle piastrine, come nel caso di assunzione di acido acetilsalicilico.
EMOSTASI SECONDARIA
indagabile con due semplici esami da eseguire su plasma ottenuto da sangue venoso periferico in
presenza di sodio citrato come anticoagulante:
Tempo di protrombina (PT). Indaga la via estrinseca della coagulazione e un suo
prolungamento isolato indice di carenza di fattore VII.
Tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT). Indaga la via intrinseca della
coagulazione e un suo prolungamento isolato indice di carenza di uno tra i fattori XII, XI,
IX e VIII.
Il prolungamento sia del PT che dellAPTT indica la carenza di uno dei fattori della via comune
(X, V, II e fibrinogeno) o, pi comunemente, una carenza multifattoriale, quale si riscontra in corso
di coagulopatie acquisite (grave epatopatia, carenza di vitamina K, CID, etc.).
MALATTIE DA DEFICIT DELLEMOSTASI PRIMARIA
CLASSIFICAZIONE
Le alterazioni della fase primaria dellemostasi comprendono quattro gruppi di patologie:
1. Porpore vascolari;
2. Piastrinopenie;
3. Piastrinosi
4. Piastrinopatie;
PORPORE VASCOLARI
Aspetti generali
Le porpore vascolari sono un gruppo di alterazioni emorragiche caratterizzate da un
interessamento della parete vascolare, di norma senza difetto dimostrabile a livello delle piastrine
e della coagulazione (porpore non trombocitopeniche). Vengono classificate a seconda del livello
dinteressamento vascolare in:
Porpore da danno sottoendoteliale
Congenite: sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Marfan, osteogenesi imperfetta;
Acquisite: porpora semplice, porpora senile, da corticosteroidi, da diabete.
Porpore da danno endoteliale
Congenite: teleangectasia emorragica ereditaria;
Acquisite: meccaniche (porpora ortostatica), infettive (porpora fulminante),
metaboliche (scorbuto, uremia), immunologiche (porpora di Schnlein-Henoch,
ipersensibilit da farmaci), da infiltrati infiammatori (arterite temporale, arterite di
Takayasu).
Teleangectasia emorragica ereditaria (malattia di Rendu-Osler)
Si tratta di una malattia autosomica dominante dovuta alla mutazione di uno dei due geni finora
identificati, il primo dei quali codifica per lendoglina e il secondo per lALK-1, proteine necessarie
per il corretto sviluppo dei vasi sanguigni. Tale mutazione fa s che i vasi siano costituiti solo da
endotelio, senza supporto anatomico n capacit contrattile. Di conseguenza, si determinano
dilatazioni vascolari, teleangectasie e fistole arterovenose, che sanguinano spontaneamente o in
seguito a un minimo trauma. Le lesioni interessano soprattutto la mucosa nasale (epistassi), le
labbra, le gengive, la lingua, la bocca e i tratti gastrointestinale, genitourinario e tracheobronciale.
Clinicamente la malattia si manifesta con sanguinamenti multipli ripetuti a carico di queste sedi; i
sanguinamenti possono comportare lo sviluppo di anemia sideropenica se sono inapparenti.
PIASTRINOPENIE
Aspetti generali
Per piastrinopenia o trombocitopenia si definisce un quadro clinico caratterizzato da una conta
piastrinica inferiore a 150.000/L. Dal punto di vista eziopatogenetico del piastrinopenia vengono
classificate in:
Piastrinopenie da ridotta produzione (amegacariocitiche): da infiltrazione midollare
(neoplasie, leucemie, infezioni), da depressione midollare (farmaci, etanolo, infezioni virali,
radiazioni), da difetti nutrizionali (folati e vitamina B12), ereditarie;
Piastrinopenie da aumentata distruzione (megacariocitiche): autoimmune idiopatica
(porpora trombocitopenica idiopatica), autoimmuni secondarie (infezioni, malattie immuni,
malattie linfoproliferative, farmaci), alloimmuni (post-trasfusionale), non immuni (CID,
sindrome emolitico-uremica, porpora trombotica trombocitopenica, malattie valvolari cardiache,
presenza di protesi, cateteri e by-pass cardiopolmonari), da ipersplenismo.
La presenza di una diminuita conta piastrinica in pazienti senza manifestazioni emorragiche deve
far pensare a una falsa piastrinopenia (pseudopiastrinopenia). Questo fenomeno, relativamente
frequente, dovuto allagglutinazione delle piastrine che avviene entro 60-90 secondi in campioni
di sangue con anticoagulante EDTA. Le agglutinine piastriniche, infatti, riconoscono alcuni
antigeni piastrinici esposti dallazione dellanticoagulante EDTA. La diagnosi si fa con
losservazione dello striscio; le piastrine, infatti, non risultano isolate e facilmente riconoscibili,
mentre sono evidenti agglutinati piastrinici.
Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche associate a piastrinopenia sono rappresentate da petecchie e piccole
ecchimosi, emorragie mucose (epistassi, gastroenterorragie, menorragie), emorragie cerebrali e,
comunque, un sanguinamento immediato dopo traumi e/o interventi chirurgici.
Porpora trombocitopenica idiopatica
Si presenta come una sindrome emorragica di grado lieve o grave a seconda dei casi ed
caratterizzata da petecchie, emorragie mucose e cutanee, gastroenterorragie, menorragie e talora
emorragie cerebrali. Se ne distinguono due forme:
Forma acuta. Interessa in genere let infantile, colpisce entrambi i sessi con la stessa
frequenza e solitamente esordisce dopo infezioni virali delle alte vie respiratorie (80% dei
casi). Nella maggior parte dei casi si verifica la risoluzione spontanea, con scarsa tendenza
alla recidiva. Generalmente non richiede trattamento.
Forma cronica (o malattia di Werlhof). tipica di soggetti giovani adulti, soprattutto
donne. Fino al 90% dei casi non va incontro a risoluzione spontanea e sono possibili
recidive della malattia. La diagnosi di esclusione; importante, infatti, escludere le
piastrinopenie immuni secondarie (LES, HIV, linfomi).
La patogenesi legata alla presenza di autoanticorpi diretti contro antigeni della membrana
piastrinica (presenti nel 75% dei casi), ma il loro riscontro non necessario per la diagnosi. La
terapia indicata sempre in caso di emorragia, mentre in assenza di sanguinamento indicata in
caso di un numero di piastrine < 15.000/mm
3
(tra 15.000 e 30.000 piastrine si valuta in funzione
dellet, delle preferenze, dellattivit lavorativa e delle comorbilit associate). Il primo passo
consiste nella somministrazione di steroidi per via endovenosa. In caso di mancata risposta o di
necessit di un trattamento con steroidi a dosi elevate e per periodi prolungati, con la conseguente
comparsa di effetti collaterali, si ricorre a farmaci di seconda scelta, con le IgG per via endovenosa,
il danazolo o lazatioprina. Le IgG hanno una vita media breve, per cui non sono indicate per il
trattamento cronico, ma rappresentano il farmaco che permette di ottenere un aumento delle
piastrine nel modo pi rapido, per cui sono indicate in caso di sanguinamento grave. In caso di
mancata risposta a queste terapie, giustificato il ricorso alla splenectomia.
Porpora trombocitopenia idiopatica (TTP) o sindrome di Moschcowitz
una forma molto grave di microangiopatia trombotica, caratterizzata clinicamente da 5 sintomi:
1. Trombocitopenia con sanguinamento;
2. Anemia emolitica microangiopatica (presenza di schistociti nel sangue periferico);
3. Febbre;
4. Interessamento neurologico;
5. Danno renale.
La malattia ha generalmente un esordio brusco e, nelle fasi tardive, somiglia alla CID. pi
frequente nelle donne di mezza et. Leziologia sconosciuta, anche se in alcuni casi stata
segnalata una relazione con infezioni respiratorie delle alte vie aeree, antibiotici, gravidanza
(sindrome HELLP), LES, ciclosporina e mitomicina. La patogenesi sembra legata alla presenza di
anticorpi diretti contro la metalloproteasi che degrada il VWF. Dal punto di vista
anatomopatologico possibile dimostrare trombi ialini nelle arteriole e nei capillari di qualunque
tessuto, senza reazione infiammatoria associata (pertanto non si tratta di vasculite). Per la diagnosi
si ricorre a biopsie del midollo, della cute, delle gengive e del muscolo. Esiste una forma
localizzata, senza alterazioni neurologiche, con interessamento renale e ipertensione arteriosa, che
in genere compare nei bambini e prende il nome di sindrome emolitico-uremica. Tale sindrome
pu essere scatenata da gastroenteriti associate a Shigella o E. coli enterotossigeni.
Senza trattamento, la malattia mortale nell80-90% dei casi. La terapia delezione la
plasmaferesi, che elimina i grandi multimeri di VWF, liberati dalle cellule endoteliali, e apporta
fattori inibitori dellaggregazione piastrinica. Trattamenti alternativi sono: splenectomia, steroidi,
antiaggreganti piastrinici, citostatici, rituximab.
PIASTRINOSI
Si definisce piastrinosi laumento del numero delle piastrine circolanti con valori > 400.000/mm
3
.
La piastrinosi va nettamente distinta dalla trombocitemia, che invece una malattia proliferativa
cronica che interessa lo stipite megacariocitario. Le cause di piastrinosi sono molteplici: eventi
fisiologici (esercizio fisico, parto), alterazione della milza (agenesia o atrofia splenica,
splenectomia), malattie infettive e immunitarie (infezioni, RCU, artrite reumatoide), neoplasie. Le
complicanze trombotiche ed emorragiche sono sempre assenti e il tempo di emorragia sempre
normale. Di solito la conta piastrinica compresa tra 400.000 e 600.000/mm
3
, mentre valori
superiori sono tipici di trombocitemia. Non richiesta alcuna terapia.
PIASTRINOPATIE
Aspetti generali
Le piastrinopatie sono un gruppo di malattie emorragiche dovute ad alterata funzione delle
piastrine. Sono caratterizzate da una storia di sanguinamenti prolungati sovrapponibile a quella
dei soggetti piastrinopenici, ma con un numero di piastrine normale o lievemente ridotto. Le
condizioni congenite sono rare; tra i disturbi acquisiti, il pi importante luremia.
Sindrome di Bernard-Soulier
una malattia ereditaria autosomica recessiva caratterizzata da piastrinopenia lieve, piastrine
grandi e difetti del complesso GPIb/IX, recettore del VWF essenziale per ladesione piastrinica al
sottoendotelio. I test di aggregazione sono normali, tranne laggregazione indotta con ristocetina.
La diagnosi differenziale con la malattia di Von Willebrand basata sul dato che laggregazione
alterata alla ristocetina non corretta dallaggiunta di plasma o di VWF. Esistono diverse varianti
disfunzionali; gli eterozigoti sono in genere asintomatici.
Tromboastenia di Glanzmann
anchessa trasmessa in maniera autosomica dominante. La conta e la morfologia delle piastrine
sono normali, ma il tempo di emorragia estremamente prolungato. La causa risiede in
unanomalia del complesso GPIIb/IIIa, recettore del fibrinogeno indispensabile per laggregazione
piastrinica. I pazienti affetti sono caratterizzati dalla totale assenza di aggregazione a tutti gli
agenti tranne che alla ristocetina.



MALATTIE DA DEFICIT DELLEMOSTASI
SECONDARIA
CLASSIFICAZIONE
Le alterazioni dellemostasi secondaria possono essere classificate in due gruppi:
Coagulopatie congenite (o sindromi emofiliche)
Malattia di von Willebrand
Emofilie A e B
Coagulopatie rare
Coagulopatie acquisite
Sindromi emorragiche da difetti semplici (carenza di vitamina K, disfibrinogenemie)
Sindromi emorragiche da difetti complessi (insufficienza epatica, insufficienza renale,
CID)
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Il quadro clinico caratterizzato da una spiccata tendenza alle emorragie anche spontanee a livello
di muscoli (ematomi), articolazioni (emartri), cute (ecchimosi), mucose (gengivorragie, epistassi,
gastroenterorragie), organi vitali (emorragie intracraniche). Lintensit e la frequenza degli episodi
emorragici sono proporzionali allentit del difetto.
MALATTIA DI VON WILLEBRAND
Definizione e classificazione
il disordine ereditario della coagulazione pi frequente, con una prevalenza in alcune aree fino
all1%. La malattia di von Willebrand (VWD) dovuta a mutazioni del locus VWF e pu essere
classificata in tre forme:
Tipo 1: carenza quantitativa parziale di VWF;
Tipo 2: difetto qualitativo di VWF (a sua volta diviso in 4 sottogruppi);
Tipo 3: assenza completa di VWF.
Esiste anche una forma acquisita, di cui sono stati descritti circa 300 casi. La patogenesi sembra
essere legata alla presenza di anticorpi diretti contro il VWF, che si formano in presenza di altre
patologie (LES, gammapatia monoclonale, processi linfoproliferativi, ipernefroma).
Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico usualmente lieve nella maggior parte delle VWD di tipo 1, mentre pi grave
nei tipi 2 e 3. Il sintomo tipico il sanguinamento, di entit variabile, che pu insorgere
spontaneamente o durante l'uso di tecniche invasive. In genere si tratta di emorragie muco-
cutanee (epistassi, menorragie, etc.), ma nelle forme pi gravi possono comparire ematomi ed
emartri.
Diagnosi
La diagnosi si basa sul dosaggio del VWF e del FVIII, utilizzando saggi funzionali e
immunologici. La sottoclassificazione della VWD richiede test molto specifici, come lo studio della
distribuzione dei multimeri di VWF. Il dosaggio del VWF consente in genere di distinguere la
VWD dall'emofilia A. Un altro aspetto da considerare nella diagnosi differenziale che le persone
con gruppo sanguigno 0 possono avere livelli del VWF leggermente pi bassi. Poich il VWF
gioca un ruolo determinante nellemostasi primaria, il tempo di emorragia pu essere prolungato,
anche se spesso normale nei soggetti affetti da VWD di tipo 1 lieve.
Rispetto allemofilia, la maggior parte dei pazienti con VWD mostra una sintomatologia
emorragica relativamente lieve; pertanto, la diagnosi prenatale indicata solamente nei casi di
genitori noti per essere portatori di VWD di tipo 3, con difetti genetici individuati nel primo figlio
colpito.
Terapia
Lo scopo della terapia di correggere i due difetti dellemostasi, cio lanormale adesione
piastrinica per una bassa attivit del VWF e lanomala via intrinseca della coagulazione dovuta ai
bassi livelli di FVIII. Due sono gli approcci terapeutici a riguardo: uso di desmopressina
(DDAVP), che rilascia VWF dai comparti endoteliali, e infusione di VWF esogeno con
concentrati che contengono VWF e FVIII. I concentrati di VWF/FVIII sono indicati nella VWD
di tipo 3 e in tutti i pazienti di tipo 1 e 2 che non rispondono alla desmopressina o presentano
controindicazioni al suo impiego.
EMOFILIE A E B
Definizione
Le emofilie A e B sono difetti congeniti della coagulazione dovuti rispettivamente alla carenza di
FVIII e FIX. Entrambe le alterazioni sono legate al cromosoma X.
Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico quello tipico dei difetti dellemostasi secondaria. Lemorragia tardiva e
nettamente diversa da quella immediata e spesso controllabile con la pressione che si osserva nei
difetti dellemostasi primaria e anche nella VWD di tipo 1 e 2, in cui i livelli di FVIII sono normali.
Le manifestazioni cliniche sono tanto pi gravi e frequenti quanto pi bassi sono i livelli di FVIII e
FIX.
Diagnosi
La diagnosi di laboratorio e viene effettuata in tutti i soggetti che presentano un APTT
prolungato mediante il dosaggio specifico di FVIII e FIX. In questo modo possibile anche
classificare lemofilia come grave (livelli di fattore < 1%), moderata (1-5%) e lieve (6-30%). Una volta
identificato il paziente emofilico in una nuova famiglia, deve essere eseguito lo studio genetico
nelle donne per identificare lo stato di portatrice. La diagnosi prenatale pu essere eseguita
tramite la biopsia dei villi coriali (a 9-12 settimane) o mediante il prelievo di sangue ombelicale
fetale (a 18-21 settimane). Nel caso di neonati maschi, nati da madri portatrici o comunque in caso
di sospetta emofilia, necessario eseguire un prelievo di sangue dal cordone ombelicale e
procedere al dosaggio di FVIII e FIX immediatamente dopo il parto.
Terapia
Il trattamento consiste nella somministrazione di concentrati di FVIII o FIX, che possono essere
di derivazione plasmatica oppure ottenuti mediante tecniche del DNA ricombinante. Le principali
complicanze legate al trattamento sono:
Infezioni. Le complicanze pi serie sono rappresentate dalle infezioni da virus dellepatite B
e C e da HIV, che possono insorgere dopo somministrazione di fattori plasma-derivati.
Tale evenienza oggi alquanto rara, poich i concentrati di derivazione plasmatica
vengono sottoposti a metodiche virucidiche atte a eliminare i virus epatitici e dellHIV.
Inibitori congeniti contro FVIII e FIX. La comparsa di anticorpi circolanti che neutralizzano
leffetto dei concentrati antiemofilici una complicanza che si pu verificare dopo 20-50
trasfusioni, soprattutto nellemofilia A (15-30%). La presenza di un inibitore va sospettata
ogni qual volta un paziente non sembra rispondere al dosaggio standard di concentrato
nel corso di un episodio emorragico. A quel punto importante confermare la diagnosi e
valutare il titolo dellinibitore: se basso, si pu ricorrere alla somministrazione di dosi pi
elevate di concentrato; se alto, si ricorre a trattamenti quali immunoadsorbimento
dellanticorpo, immunosoppressione con citostatici, Ig e FVIII ad alte dosi.
COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA (CID)
Definizione
La CID un processo patologico caratterizzato da unattivazione generalizzata del sistema
emostatico. Pu essere innescata da svariate condizioni e porta a uneccessiva deposizione di
fibrina nel microcircolo, cui segue la lisi a opera della plasmina. Il risultato di questo processo
dapprima una microtrombosi, alla quale fa seguito di solito un consumo delle piastrine e dei fattori
della coagulazione. Si distinguono due quadri clinici:
Forma acuta (scompensata), a impronta prevalentemente emorragica, in cui lelemento
scatenante talmente massivo da portare in brave al consumo dei fattori dellemostasi;
Forma cronica (compensata), a impronta prevalentemente microtrombotica, in cui i livelli
dei fattori della coagulazione sono normali o addirittura aumentati.
Eziopatogenesi
Le cause possono essere molteplici:
Infezioni (soprattutto sepsi da Gram-);
Neoplasie (leucemia acuta promielocitica, adenocarcinomi diffusi secernenti mucine);
Complicanze ostetriche (embolia da liquido amniotico, abruptio placentae, eclampsia,
aborto settico);
Reazioni da ipersensibilit (anafilassi, trasfusione di sangue incompatibile);
Altre cause (insufficienza epatica, pancreatiti, veleni di serpenti, ipotermia, colpo di calore).
Manifestazioni cliniche
La CID pu presentarsi con un quadro emorragico o trombotico. Il quadro emorragico molto
evidente perch massivo, con ecchimosi, petecchie, sanguinamenti dalle sedi dintervento. Il
quadro microtrombotico pi subdolo e le manifestazioni cliniche sono dovute alla microtrombosi
che interessa organi vitali quali il rene (insufficienza renale), i polmoni (ARDS) e il cervello.
Esistono quadri con impronta trombotica particolari, quali la porpora fulminante, che si presenta in
corso di sepsi da meningococco, morbillo e febbre delle Montagne Rocciose.
Diagnosi
Il test patognomonico per una diagnosi di CID il dosaggio di FDP (Fibrin Degradation Product)
e D-dimero, che risultano elevati in ogni caso. Le piastrine possono essere diminuite (CID
scompensata) o normali (CID compensata o ipercompensata) e anche il livello di fibrinogeno pu essere
diminuito (CID scompensata), normale (CID compensata) o aumentato (CID ipercompensata). Il PT
prolungato solo nella forma scompensata.
Terapia
fondamentale individuare e rimuovere la causa, perch cos facendo la CID viene corretta e non
necessario altro tipo di terapia. Se la causa non viene rimossa, il paziente va incontro alla forma
acuta scompensata, che richiede trattamento sostitutivo effettuato tramite infusione di plasma fresco
congelato. Scarsa lutilit delle trasfusioni piastriniche, in quanto le piastrine trasfuse vengono
eliminate.
Nella CID a impronta trombotica occorre invece somministrare eparina a dosi moderate o, in
situazioni particolarmente gravi, si pu ricorrere ai concentrati di ATIII o di proteina C.
MALATTIE TROMBOTICHE
CONOSCENZE PRELIMINARI
Con il termine trombosi sintende una serie di alterazioni patologiche che portano allocclusione
del lume dei vasi sanguigni da parte di un trombo, costituito da piastrine pi fibrille di fibrina
(trombo bianco), cui si aggiungono secondariamente i globuli rossi (trombo rosso). I fattori che
predispongono allo sviluppo della trombosi costituiscono la triade di Virchow: (1) alterazioni
della parete vascolare (danno endoteliale e vascolare, aterosclerosi); (2) alterazioni delle propriet
reologiche del sangue (stasi, aumento della viscosit); (3) alterazioni umorali (ipercoagulabilit,
aumento delladesivit cellulare, ipofibrinolisi). Nella trombosi arteriosa il danno quasi sempre a
carico della parete, in cui si riscontra costantemente un processo aterosclerotico, mentre nella
trombosi venosa prevalgono la stasi sanguigna e/o la presenza di fattori antitrombotici
funzionalmente inadeguati.

FATTORI DI RISCHIO
Nel caso della trombosi arteriosa, i principali fattori di rischio sono rappresentati da iperlipemia,
fumo di sigaretta, ipertensione, diabete, ridotta attivit fisica. Per quanto riguarda invece la
trombosi venosa, i principali fattori di rischio sono costituiti da aumentata stasi dopo
immobilizzazione (degenza a letto nellimmediato periodo post-operatorio, pazienti allettati),
obesit, insufficienza cardiaca congestizia, malattie neoplastiche, insufficienza renale, alterazione
degli inibitori fisiologici della coagulazione. Tutti questi fattori di rischio, acquisiti o congeniti,
concorrono a determinare uno stato di ipercoagulabilit.
PRINCIPALI TROMBOFILIE CONGENITE E ACQUISITE
Gli stati dipercoagulabilit dinteresse clinico sono:
Carenza di ATIII
Carenza di proteina S
Carenza di proteina C
Resistenza ereditaria alla proteina C attivata (mutazione di FV, che prende il nome di FV
Leiden)
Mutazione della protrombina
Disfibrinogenemie
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
TERAPIA ANTICOAGULANTE
Eparina
Leparina un anticoagulante che agisce sulla via intrinseca della coagulazione. Si distinguono:
Eparine non frazionate. Potenziano lattivit anticoagulante dellATIII, che inibisce la
trombina e i fattori X, XI, IX e XII attivati. Le principali sono leparina calcica,
somministrata per via sottocutanea, e leparina sodica, somministrata per via endovenosa. Il
monitoraggio della terapia eparinica va eseguito con controlli giornalieri di APTT, che
vanno mantenuti prolungati di 2-3 volte rispetto al controllo normale.
Eparine a basso peso molecolare. Hanno unattivit anti-FXa, con minor rischio di
sanguinamento. Vengono eliminate per via renale. Il dosaggio comunemente deciso in
base al peso del paziente e non richiede controlli particolari, tranne nei casi di pesi estremi
o insufficienza renale avanzata, in cui si utilizza il dosaggio del FXa.
Le principali controindicazioni sono: emorragia attiva, ipertensione arteriosa non controllata,
recente chirurgia oculare o del sistema nervoso centrale, trombocitopenia indotta dalleparina,
insufficienza renale (sono controindicate le eparine a basso peso molecolare, perch eliminate per
via renale).
I principali effetti collaterali sono:
Sanguinamento da sovradosaggio. leffetto secondario pi frequente e pu presentarsi
in qualunque sede, anche se la sede peculiare il retroperitoneo.
Trombocitopenia. La trombocitopenia indotta dalleparina (HIT) una condizione rara
(1-5% dei pazienti trattati con eparina e ancora pi rara nei pazienti trattati con eparine a
basso peso molecolare) che compare dopo circa 5-7 giorni dallinizio del trattamento.
dovuta a reazione immunitaria umorale diretta contro un complesso che coinvolge il
fattore piastrinico 4 endogeno (PF4) e l'eparina esogena: gli auto-anticorpi riconoscono il
PF4 solo quando complessato con l'eparina. Questo complesso immunitario attiva le
piastrine circolanti, causando trombocitopenia da consumo e ipercoagulabilit. La HIT si
associa a rischio elevato di complicanze trombotiche (embolia polmonare, infarto
miocardico, ictus trombotico), con forte predilezione per la trombosi venosa profonda e
delle arterie degli arti. Il trattamento consiste nella sospensione delleparina e nella sua
sostituzione con anticoagulanti alternativi (es. bivalirudina, fondaparinux).
Altri. Altri effetti collaterali sono: osteoporosi, necrosi cutanea (nel luogo diniezione),
alopecia, ipersensibilit, ipoaldosteronismo, etc.
Lantidoto delleparina sodica il solfato di protamina. Nel caso in cui un paziente in trattamento
con eparina debba sottoporsi a un intervento chirurgico, leparina va sospesa almeno 6 ore prima
dellintervento; in caso dintervento urgente, bisogna sospendere leparina e somministrare solfato
di protamina (in caso di eparina sodica).
Il fondaparinux un analogo sintetico che si lega allantitrombina e ne potenzia laffinit nei
confronti del FXa. Una volta formato il complesso antritrombina-FXa, il fondaparinux si dissocia
e pu essere riutilizzato. Viene somministrato per via sottocutanea e pu essere usato in caso di
HIT come alternativa alleparina. Non esiste un suo antidoto, per cui in caso di sanguinamento in
paziente trattato con fondaparinux, bisogna somministrare concentrati di fattore VII
ricombinante, che attiva la coagulazione in maniera massiva.
Anticoagulanti orali
Gli anticoagulanti orali (AO), come il warfarin, determinano uninibizione della vitamina K, che
agisce su alcuni fattori della coagulazione: II, VII, IX, X, proteina C e S. Il monitoraggio della
terapia viene effettuato tramite controlli ogni 2-3 settimane del PT, che deve mantenersi 1,5-2
volte maggiore del controllo. In realt pi utilizzato lINR, indice normalizzato internazionale
del PT, che deve essere mantenuto tra 2 e 3, tranne nel caso di valvole cardiache meccaniche,
anticoagulante tipo lupus o trombosi ricorrenti, in cui lINR devessere 2,5-3,5.
Gli AO richiedono alcuni giorni prima di determinare lanticoagulazione e, dopo la loro
sospensione, sono necessari alcuni giorni prima che si ritorni a un tempo di coagulazione normale.
Pertanto, quando sinizia un trattamento anticoagulante orale, viene somministrato in associazione
alleparina per qualche giorno, considerato che essa agisce in uno spazio di ore. Nel momento in
cui si raggiunge un INR ottimale, leparina viene sospesa.
Qualora un paziente in trattamento debba sottoporti a un intervento chirurgico bisogna
sospendere gli AO circa 3-4 giorni prima lintervento, sostituendoli con eparina; in caso
dintervento urgente, bisogna sospendere gli AO, somministrare vitamina K e, se non possibile
aspettare 6-8 ore (tempo necessario perch la vitamina K faccia effetto), somministrare plasma
fresco congelato, che apporta fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti.
I contraccettivi orali inibiscono lazione degli AO, mentre i FANS, gli antidiabetici orali, gli
steroidi, lalcol e alcuni antibiotici orali la potenziano.
I principali effetti collaterali sono rappresentati dal sanguinamento e dalla necrosi cutanea,
conseguenza questultima della trombosi dei capillari nel tessuto cellulare sottocutaneo. Lantidoto
la vitamina K e, in caso di sanguinamento attivo o in condizioni urgenti, si somministra plasma
fresco congelato.
Nuovi anticoagulanti orali
Vanno segnalati lapixaban e il rivarobaxan, inibitori diretti del fattore Xa, e il dabigatran,
inibitore diretto della trombina.

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