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Pompeo Calvia

Quiteria
edizione critica
a cura di Dino Manca

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC

scrittori sardi

Non mi dispiace il morire,


mi addolora solo il chiudere
gli occhi con la vergogna di veder
la mia patria caduta in mani
straniere...
Nicol Montagnano
Eroe sassarese

opera pubblicata con il contributo di

Regione Autonoma della Sardegna


Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali,
Informazione, Spettacolo e Sport

scrittori sardi
coordinamento editoriale
centro di studi filologici sardi / cuec
comitato scientifico:

Nicola Tanda - Universit di Sassari, Paolo Cherchi - Universit di Chicago, Giuseppe Frasso - Universit Cattolica di Milano, Rosanna
Bettarini - Universit di Firenze, Andrea Fass - Universit di Bologna, Edoardo
Barbieri - Universit Cattolica di Brescia, Carlo Don - Universit di Messina,
Marcello Cocco - Universit di Cagliari, Giovanna Carla Marras, Universit di
Cagliari, Giuseppe Marci - Universit di Cagliari, Maurizio Virdis - Universit di
Cagliari, Dino Manca - Universit di Sassari, Mauro Pala - Universit di Cagliari,
Mara Dolores Garca Snchez - Universit di Cagliari, Patrizia Serra - Universit
di Cagliari.
I volumi pubblicati nella collana del Centro di Studi Filologici Sardi sono passati al
vaglio da studiosi competenti per la specifica disciplina e appartenenti ad universit
italiane e straniere. La valutazione fatta sia allinterno sia allesterno del Comitato
scientifico. Il meccanismo di revisione offre garanzia di terziet, assicurando il
rispetto dei criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni, ai sensi
dellart. 3-ter, comma 2, del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito
dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.

pompeo calvia

quiteria
edizione critica a cura di
Dino Manca

centro di studi filologici sardi

/ cuec

scrittori sardi
coordinamento editoriale
centro di studi filologici sardi

/ cuec

Pompeo Calvia
Quiteria
ISBN: 978-88-8467-639-9
cuec editrice 2010
prima edizione dicembre 2010

Centro di Studi Filologici Sardi


presidente Sandro Catani
direttore Giuseppe Marci
consiglieri Mara Dolores Garca Snchez, Dino Manca, Mauro Pala,
Patrizia Serra, Maurizio Virdis
Via Bottego, 7
09125 Cagliari
Tel. 070344042 - Fax 0703459844
www.lologiasarda.eu
[email protected]

Realizzazione editoriale:
CUEC Editrice
by Sardegna Novamedia Soc. Coop.
Via Basilicata 57/59, 09127 Cagliari
Tel. e Fax 070271573
www.cuec.eu / [email protected]
Realizzazione grafica Biplano, Cagliari
Stampa Grafiche Ghiani, Monastir (Ca)

Tav. 1. A 1r.: Frontespizio.

La personalit e lopera
1. Pompeo Carmine Calvia1 nacque a Sassari il diciotto
novembre del 1857 da Salvatore Calvia Unali e Antonietta
Diana Casabianca, figlia del pittore Vittorio Diana. Cen
trale fu, per un periodo non breve della sua vita e della sua
formazione culturale e umana, la figura del padre, vero
archetipo di Mentore2. Questi era nato il quindici agosto
del 1822 a Mores, piccolo centro del Meilogu, regione sto
rica del Regno di Sardegna. Compiuti gli studi elemen
tari e secondari a Sassari, aveva frequentato, per poco
tempo, la facolt di Leggi, prima di dedicarsi allo studio
dellarchitettura. Giurista mancato con vocazione dar
tista, dunque, nel 1842 si era iscritto a Roma dapprima
allAccademia nazionale di San Luca (avendo come pro
fessori Marchi e Ciconetti) e subito dopo a La Sapienza,
conseguendovi rispettivamente i diplomi di architetto e
di geometra. Fervente garibaldino, durante i moti del 48
si era arruolato nel battaglione universitario e aveva fatto
parte della legione dei volontari romani, accorsi alla squil
la delluniversal chiamata in aiuto dellEroe dei due
mondi. Aveva seguito Garibaldi come aiutante maggiore
e combattuto nei fatti darmi di Luino e di Morazzone3.
1
Pompeo Carmine Calvia il nome completo che risulta dalle liste di
leva del 1878, col numero di elenco 14.
2
La vita del padre offr a Pompeo il modello, che egli amb forse di
ripetere, ma senza riuscirvi che in parte, di una biografia romantica e
favolosa (M. Brigaglia, La poesia e la vita di Pompeo Calvia, in P.
Calvia, Sassari Mannu, Sassari, Chiarella, 1967, p. X).
3
Garibaldi si imbarca per Luino. Il 15, in marcia verso Varese, si
scontra con una colonna austriaca. il primo combattimento in Italia.
Secondo le sue abitudini, attacca per primo, carica a cavallo alla testa
dei suoi. Dopo pi di unora gli avversari si ritirano. La banda raccogli
ticcia, formata da giovani in gran parte nuovi alla guerra, ha risposto
bene. Il brillante successo d fiducia ai soldati e alle popolazioni. Per

DINO MANCA

Era stato ferito ad un piede, ricevendo le prime cure da


Ugo Bassi4, cappellano barnabita della legione, prima del
la fuga per Milano:
Il padre Ugo Bassi gli fasci una larga ferita di mitraglia
come rilevo da un certificato medico del capitano Vinai
Andrea. Io conservo la scheggia insanguinata della mi
traglia5.
gli austriaci sono stati messi sullavviso. Contro di lui il maresciallo
Radetzky manda un intero corpo darmata al comando dellenergico
generale DAspre. Teme di essere sorpreso da forze preponderanti.
Fraziona il battaglione in varie compagnie, sia per ragioni logistiche,
sia per non essere individuato facilmente. Una al comando di Me
dici. Incalzate dagli austriaci, si rifugeranno una alla volta nella vicina
Svizzera. A Varese limposizione di contribuzioni gli aliena gli animi.
Riprende il cammino, destreggiandosi abilmente tra i reparti austria
ci che cercano di stringerlo in una morsa. A Morazzone, durante una
sosta, sorpreso da una forte colonna nemica. Come a San Antonio,
si difende disperatamente, e nella notte riesce a sottrarsi allaccer
chiamento per sentieri impervi. Con lui sono una trentina duomi
ni. Il 27 agosto, attraverso il lago di Lugano, travestito da contadino,
sconfina in Svizzera. Vorrebbe formare una banda per disturbare gli
austriaci con improvvise incursioni: ne dissuaso da Medici, che ha
in mente un piano pi ampio, daccordo con Mazzini (il tentativo in
Val dIntelvi attuato da loro a fine ottobre si chiuder con un insucces
so). Lavventura militare finita. Il condottiero venuto dallAmerica
ha tenuto in scacco truppe regolari superiori di numero, bene armate
ed equipaggiate, accuratamente addestrate (A. Scirocco, Garibaldi:
battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Bari, Laterza & Figli,
2001, pp. 127-128).
4
Padre barnabita e abile predicatore, Bassi si schier con Garibaldi
nella estrema difesa della Repubblica Romana e lo segu poi nella fuga.
Fu per catturato a Comacchio e fucilato dagli austriaci che sosteneva
no lo Stato pontificio. Pompeo Calvia pare conservasse il Giornale di
campo tenuto dal padre, che segnava giorno per giorno il movimento
della forza. Sulla figura di Bassi si veda: A. Petacco, W Ges W Maria
W lItalia. Ugo Bassi, il cappellano di Garibaldi, pref. di B. Craxi, Roma,
Nuova Edizioni del Gallo, 1990.
5
P. Calvia, Sassari Mannu, Sassari, Tipografia Libert!, 1912, p. 114.

Introduzione

XI

E da un manoscritto di Francesco Tanda Calvia venia


mo a sapere che:
pugn da forte, fu ferito ed amorevolmente tenuto e cu
rato in casa del compianto conte Lita in Milano6.

Nel 1849 aveva combattuto per la difesa di Roma. Per


meriti di guerra era stato nominato aiutante di campo e,
dopo linfausta campagna romana, chiamato col grado di
sottotenente del genio militare come insegnante di mate
matica nel collegio di Cherasco. Abbandonata la vita mi
litare e rientrato in Sardegna, nel 1855 avrebbe ricevuto
lonore di una visita del condottiero nella sua casa di
Sassari:
1.
[]
Nisciunu disdignaba di li Sardi
Di visitazzi in casa, umili e manni,
e una di finzamenta Garibaldi!
2.
Garibaldi lu manzanu
i la to casa vinisi
e la manu tistrignisi.
E tu babbu, paj rjposta
dittu lhai: Soggu italianu,
cun te vengu unaltra volta []7
6
Manoscritto di Francesco Tanda Calvia, s.d. [agosto 1909], s.l. Lo
scrivente fa verosimilmente riferimento al conte Giulio Litta-Modi
gnani. Cfr. D. Manca, Tenimmo tutte quante o stesso core. Lettere a
Pompeo Calvia, Bollettino di Studi Sardi, II, 2 (2009), Centro di Studi
Filologici Sardi, Cagliari, Cuec, p. 167.
7
P. Calvia, Pinsendi, in Sassari Mannu, p. 114. La casa sorgeva in
piazza Tola, al numero 2. Il Calvia Unali rivide Garibaldi quando, mol
ti anni dopo, venne in visita a Sassari. Egli, inoltre, guid la spedizione
dei garibaldini e dei sodalizi che nel giugno del 1882 si recarono a Ca

XII

DINO MANCA

Il trasferimento coincise pi o meno con la nascita di


Pompeo e linizio di unattivit da libero professionista
che dur almeno sino al 1869, anno in cui venne chia
mato come insegnante di disegno in una scuola tecnica
governativa, istituita per merito dello stesso Garibaldi, al
lora deputato della circoscrizione di Ozieri8. Dopo poco
tempo, per, soppressa la scuola per mene clericali e
per lignavia dei maggioraschi9, ritorn alla libera pro
fessione sino a quando, pregato e ripregato10, nel 1881
riaccett la cattedra in un corso professionale e quella di
incaricato nellIstituto Tecnico di Sassari. Salvatore Calvia
fu un epigono (allievo prediletto, recita il suo epitaffio)
dellAntonelli, illustre architetto del Regno di Sardegna e
progettista della Mole. A lui, infatti, si deve il disegno del
campanile della chiesa di Mores, nella quale dopo la sua
morte venne sepolto11:
[]
E li fregi so canzoni
drenta larchi e in li barandi,
so ricami fini e randi
come piumi di paoni
Mores! Mores! no drummini,
prera per partecipare ai suoi funerali.
8
P. Mezzano, Giuseppe Garibaldi deputato di Ozieri, La Nuova Sar
degna, Sassari, 18 ottobre 1958.
9
F. Tanda Calvia, cit.
10
Ibid.
11
Il campanile della parrocchiale di Santa Caterina, che con i suoi
quarantotto metri il pi alto della Sardegna, stato dichiarato alto
monumento dinteresse artistico e storico. Lopera, portata a termine
nel 1871, presenta gli elementi dello stile neoclassico, con intagli e stuc
chi vari elaborati sulle pareti di vulcanite rosa. Salvatore Calvia Unali,
morto ad Alghero lundici agosto del 1909, sepolto nellattigua par
rocchiale di Santa Caterina, ricostruita nel XVII secolo: E intendu la
to bozi / o babbu, suttarraddu / da me luntanu tantu (P. Calvia, Due
date, in Sassari Mannu, p. 130).

Introduzione

XIII

gloria e canti a lu to artista


chi tha fattu fini fini,
maraviglia di la vistha!
Chistu lizu di granitu
beddu che la libarthai,
che lonori sempri drittu,
forti che la viriddai.
Campanili, sona sona,
sona sona, o campanili
fiori, istelli, inni dAbbrili
a te fozziani curona.
Accumpagna li me canti
par un babbu tantu caru,
campanili, sii tu un faru
djpiranzia a tutti ganti12.

Non v dubbio, come detto, che la figura paterna con


il suo amor di patria, gli interessi per larte e il partecipa
to coinvolgimento in alcune delle pi importanti vicende
italiane del periodo, assunse, nella formazione civile, cul
turale e umana del giovane Calvia, un significato impor
tante:
[]
E hai lassaddu a to figliori
lideali dun gran cori,
ed un pezzu di mitraglia
12
P. Calvia, Al campanile di Mores, in Sassari Mannu, 152. Al pa
dre di Pompeo si devono altres la facciata della chiesa parrocchiale
di Ittiri e il cimitero di Usini: [] Altri pi grandi progetti egli ci
lasci nei tipi di una chiesa parrocchiale per Oschiri; progetto che per
la sua grandiosit non venne eseguito; e nei disegni della chiesa di San
ta Croce di Ozieri, che un vescovo, dottissimo in scienze teologiche,
profano per di arti belle, fece mutilare, conservandone le linee ge
nerali e deturpandone, per una mala intesa economia, le decorazioni,
consone allo stile. Fece anche il progetto per un monumento ai caduti
nelle patrie battaglie da erigersi in Sassari, monumento che in odium
auctoris non venne eseguito. Cfr. F. Tanda Calvia, cit.

XIV

DINO MANCA

la to pi bedda midaglia13.

Conseguita la licenza liceale, Pompeo inizi, infatti, il


suo apprendistato artistico, scoprendo i primi segreti del
mestiere grazie ai buoni insegnamenti del padre14. Chia
mato a ventanni alla visita di leva, venne arruolato alla
prima classe del 56 fanteria, diventando caporale furie
re15. Fu destinato a Napoli, fino al termine della ferma.
Perso oramai il rango di capitale, dopo la fine del Regno
borbonico, e umiliata dallUnit, la citt continuava ad es
sere il centro politico, economico e sociale del meridione
dItalia. Col passare del tempo, infatti, aveva ripreso, il suo
ruolo di principale porto del Mediterraneo, dal quale par
tivano le spedizioni per le colonie doltremare e dal quale
milioni di italiani emigravano per lArgentina e gli Stati
Uniti. Ma, soprattutto, la Napoli fin de sicle fu un centro
culturale tra i pi vivaci e frequentati della nuova Italia.
Da qui part la fervida stagione del teatro, della poesia e
della canzone in lingua napoletana anche come orgoglio
sa risposta al tormentato processo di unificazione politica
e linguistica governato dalle regioni del nord non senza
contraddizioni e violenze (in molti territori del vecchio
Regno, infatti, lopposizione al nuovo regime dur per un
ventennio, con deportazioni, massacri di civili e devasta
zioni). Vi fu una produzione drammatica, letteraria e mu
sicale che grazie a poeti ed autori come Bracco, Petito,
P. Calvia, Pinsendi, p. 114.
Sulla formazione artistica si veda: L. Fadda, Quiteria di Pomopeo
Calvia: tra poesia, pittura e prosa darte, Portales, II, n. 2 (agosto,
2002), Cagliari, pp. 142-152.
15
A questa classe erano destinati tutti quelli che possedevano un di
ploma di scuola media superiore e che avevano discrete possibilit
economiche. Part con lui da Sassari un certo Gavino Luigi Michele
Salis, viandante, arruolato nella terza classe del medesimo reggimento
di Fanteria.
13
14

Introduzione

XV

Scarpetta, Russo, Di Giacomo, Capurro, Viviani, Galdieri,


Postiglione, Murolo, Bovio e Gaeta riusc, tra Ottocento
e Novecento, a oltrepassare gli angusti orizzonti interni e
a confrontarsi col mondo, contaminandosi con le espe
rienze artistiche pi avanzate. In quella temperie visse le
sue prime esperienze il giovane Calvia e in quel milieu,
anche a contatto con altre personalit delle tante patrie
italiche, verosimilmente matur la propria forza e la pro
pria consapevolezza linguistica e letteraria. Frequent gli
ambienti mazziniani ed entr in contatto, tra gli altri, col
poeta Alberto Mario16.
Nel 1880, finito il periodo di ferma, fece ritorno a Sassa
ri, dove risiedette fino alla morte:
Cari genitori []
Domattina, saremmo a Napoli, e se Dio vuole, il giorno 5
saremmo disarmati. Ho scritto a Mario che ci manderei
alcuni versi, ma lui non mi ha voluto rispondere, for
se in attesa. Salutatemelo tanto, e ditegli che non voglio
serbare rancore quando uno non mi scrive. Non vorrei
per che avesse a credere chio desiderassi le lettere per
16
Alberto Mario fu patriota, politico e giornalista. A Milano conobbe
Garibaldi e Mazzini. Dopo aver passato alcuni mesi nel carcere di Ge
nova per il fallimento dei progetti rivoluzionari, si trasfer a Londra
dove nel 1858 spos Jessie White, corrispondente del Daily News.
Dopo essere stato espulso dal Regno di Sardegna si rifugi a Lugano,
dove assunse la direzione dellorgano mazziniano Pensiero e azione.
Partecip alla spedizione garibaldina, il cui memoriale, La camicia rossa, scrisse nel 1862. Combatt in Calabria, sul Lago di Garda, a Mon
terotondo e a Mentana. Si veda a tal riguardo: P. L. Bagatin (a cura
di), La Repubblica e lIdeale. Antologia degli scritti di Alberto Mario,
Lendinara, Tip. litografia lendinarese, 1984 [in appendice Jessie White
Mario: Della vita di Alberto Mario]; Aa. Vv., Alberto Mario nel primo
centenario della morte (Atti del Convegno nazionale di studi, Lendi
nara, 2-3 giugno 1983), a cura di P. L. Bagatin, Lendinara, Tip. lito
grafia lendinarese, 1984; P. L. Bagatin (a cura di), Alberto Mario, un
repubblicano federalista, Firenze, Centro editoriale toscano, 2000 [ed.
aggiornata e accresciuta de La repubblica e lideale].

XVI

DINO MANCA

altri motivi. [] Se il giorno 5 o sei ci congederanno,


forse questa sar lultima lettera [] salutatemi tutti,
tutti, tutti anche il pantalone e la giacchetta, e ditegli che
il gil pronto a riprendere il suo posto, sebbene senza
bottoni, pieno di sudore e sdrucito []17

Quelli sassaresi furono anni intensi, segnati dalla pas


sione, dal grande impegno e da unattivit febbrile, tutta
volta ad una non banale forma di sperimentalismo eclet
tico. Nel primo periodo aiut il padre come disegnatore,
senza trascurare nel contempo i suoi personali interessi
per larte figurativa e iniziando a cimentarsi con i primi
bozzetti, acquerelli, oli e con le prime, ancorch acerbe,
prose narrative e composizioni poetiche18:
Caro Antonino []
In questi giorni fui occupato a fare quattro acquerelli per
reclame di olio [] Pap mi ha detto che son cosette
riuscite. Li ha visti anche Cristina e le piacquero.
Verranno litografati dai fratelli Tensi, sulle grandi sca
tole di olio.
Ho collocato vedute di Sassari, costumini di Sardegna,
armi antiche, foglie simboliche dulivo, monete Sarde,
stemmi Sardi, eppoi immodestamente pi grande che
era possibile il mio riverito nome. [] Ho scritto anche
dei settenari per un giornale letterario che uscir in Ca
gliari diretto da Ranieri Ugo. Giornale letterario che non
uscir immagino pi di tre numeri, come le solite cose
di Sardegna, e al quale ho mandato pregato e ripregato
[]19
17
Lettera di Pompeo Calvia a Salvatore Calvia Unali e Antonia Diana
Casabianca, Nocera 31 luglio 1880. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p.
169.
18
M. Brigaglia, La poesia, p. XII. Le composizioni furono in lin
gua italiana, sassarese e logudorese: [] egli, come gi Emilio Praga,
scandiva i suoi versi sulla tavolozza del pittore (A. Fadda Faggiani,
Pompeo Calvia, Rivista Sarda, I, n. 5-7 (1919), p. 170).
19
Lettera di Pompeo Calvia ad Antonino Calvia, s.l. [Sassari], s.d. [1898:

Introduzione

XVII

Sempre in qualit di disegnatore fu impiegato allUfficio


lavori delle Ferrovie, quando ingegnere capo della Com
pagnia Reale era Benjamin Piercy20. Al 1882 risale lode Su
post 1897-ante 1899]. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p. 170. Calvia fa
ceva riferimento a La Piccola Rivista, prima quindicinale e poi men
sile uscito nel dicembre del 1898 a Cagliari, diretto da Ranieri Ugo.
La rivista dur due anni cessando le pubblicazioni nel luglio del 1900.
Vi collaborarono Vittorio Amedeo Arullani, Pompeo Calvia, Antio
co Casula (Montanaru), Vittorio Cian, Grazia Deledda, Luigi Falchi,
Raffa Garzia, Silvio Lippi, Giulio Natali, Paolo Orano, Salvator Ruju,
Filippo Vivanet ed altri. Ampio spazio fu riservato alla critica lette
raria, accanto alla quale comparvero poesie in sassarese, sardo, italia
no ed altre lingue, articoli e studi di archeologia, storia locale, critica
musicale, recensioni e materiali di interesse folklorico. Lorientamento
letterario della rivista rappresentato specialmente dagli scritti del Fal
chi. In Letteratura stracciona egli sosteneva che non era da considerarsi
arte o scienza folklorica una letteratura fiorita allombra dei campanili
sardi, una produzione grigia e malinconica aggiungeva che se
gno certo della nostra povert intellettuale (n. 3, 15 gennaio 1899).
Lintervento del Falchi, assai polemico, suscit un dibattito cui par
teciparono il Cian, il Natali ed altri. In Grazia Deledda e il romanzo
sardo, lo stesso Falchi affermava che la scrittrice nuorese, delineando
il dramma della vita dei sardi, era andata ben oltre quella narrativa
e quella novellistica che si erano nutrite esclusivamente di banditismo
e di vendetta sarda (n. 6, 28 febbraio 1899). Linteresse della rivista
per il rapporto fra letteratura e dialetti confermato da un articolo del
direttore, Ranieri Ugo, su Cesare Pascarella. Di un certo rilievo sono gli
studi storici: va ricordato il saggio del Lippi Gli archivi di Spagna e la
storia sarda che individua fonti e materiali documentari di biblioteche
ed archivi iberici riguardanti le vicende storiche isolane (n. 4, 31 gen
naio 1899); in varie puntate comparve poi uno studio del Vivanet sulla
vita, il pensiero e le opere di Giovanni Siotto Pintor (I giornali sardi
dellOttocento. Quotidiani, periodici e riviste della Biblioteca universitaria di Sassari. Catalogo (1795-1899), a cura di R. Cecaro, G. Fenu, F.
Francioni, Stef, Cagliari, 1991, p. 174).
20
Cfr. L. Fadda, Nota biografica, in P. Calvia, Quiteria, pref. di G.
Pirodda, Nuoro, Ilisso, 2001, p. 23. Nel 1862 lingegnere gallese Benja
min Piercy (1827-1888) ricevette lincarico di coordinare un gruppo di
progettisti per studiare i tracciati ferroviari da realizzare in Sardegna.
Sbarc nellisola per un breve sopralluogo nel 1865, per farvi ritorno

XVIII

DINO MANCA

duos de Lampadas, recitata sulla tomba di Garibaldi a Ca


prera pochi giorni dopo la sua morte21, e al 1885 quella a
definitivamente sul finire di quel decennio, dopo alcuni incarichi nella
Francia nord-occidentale e in India. Fu durante la costruzione della
linea ferroviaria Cagliari-Porto Torres che Piercy decise di investire
alcuni capitali nellisola, nel settore agricolo e minerario, e di acquista
re la tenuta di Badde Salighes, in territorio di Bolotana, dove fiss la
sua residenza. Qui il Piercy impiant la pi grande e moderna azienda
agricola sarda dellepoca, al cui centro si trovava la villa, costruita tra il
1879 e il 1882, circondata da uno splendido parco allinglese. Pompeo
Calvia dedic alla figlia di Piercy unode alcaica.
21
Il corpo di Garibaldi fu avvolto in un lenzuolo ricamato dalle signo
re sassaresi, poi donato in sua memoria alla municipalit turritana.
Lampadas, in lingua sarda era detto il mese di giugno. Alberto Mario
laveva pubblicata nel suo La lega della democrazia con un giudizio
lusinghiero: ed era piaciuta al Carducci, che laveva letta nella versione
italiana di Giuseppe Martinez, amico ed ammiratore del Calvia (M.
Brigaglia, La poesia e la vita, p. XV). A tal riguardo si vedano: P.
Calvia, Duos de Lampadas. Versos nados in Caprera subra sa tumba
de Garibaldi (Tattari, IX de Lampadas MDCCCLXXXII), rist. in Due
Giugno, Numero unico, Sassari, Tipo-litografia di Ubaldo Satta, 1892,
p. 14. La rivista contiene: Presentazione dellEditore U. Satta; tele
grammi del Sindaco di Cagliari prof. O. Bacaredda e del Sindaco di
Sassari, prof. A. Conti; F. Garavetti, Carissimi amici; G. Garibaldi,
Proclama ai vincitori di Acquapendente e Bagnorea; Sebastiano Sat
ta, Caprera (poesia); G. Garibaldi, Lettera a Emanuele Canepa, da
Caprera 20 Luglio 1881; L. Falchi, Tristis hora ruit (poesia); pensiero
di A. Siotto (in francese); E. Canepa, Roma (canzone); S. Manca,
Poemetti patriottici; G. Garibaldi, Al Sindaco di Sassari, da Caprera
14 Febbraio 1861; Due Giugno 1882, riprod. di disegno di Pompeo
Calvia su incisione di G. Manno; altro disegno di P. Calvia: Il tappeto del Municipio di Sassari che copri la bara di Garibaldi; P. Calvia,
Duos de Lampadas (canzone in sardo del 1882 e trad.); La Cala Rossa,
stornelli in musica di L. Canepa; brani di S. Manca, G. Granata e P.
Satta Branca e versi di P. Calvia e G. Caprino; S. Manca, Sindaco
di Sassari, Ottimi amici (risposta a S. Vallero Usai); E. Costa, Il funerale di Garibaldi a Caprera (versi); disegno: Garibaldi sul letto di morte,
schizzo dal vero di E. Costa. Ci resta una lettera inedita di Giuseppe
Garibaldi senza destinatario (verosimilmente a Salvatore Calvia se non
allo stesso Pompeo) datata Caprera 3 Novembre 1881.

Introduzione

XIX

Victor Hugo, scomparso qualche tempo prima22. Nel 1887


venne assunto presso lArchivio del Comune di Sassari in
qualit di applicato, mansione che ben presto sent inade
guata. Perci nel 1917 chiese di essere messo a riposo per
dedicarsi ad attivit pi gratificanti e confacenti alla sua
indole di artista:
non era un brutto lavoro, il suo, anche se il poeta qua
e l lascia trasparire una piega di malinconia (veggu
impiegaddi tristi i lappusentu / con li dumandi parhab
laumentu), perch gli lasciava del tempo libero, che gli
permetteva di insegnare disegno al Convitto nazionale
(vulara d lizioni in un giardinu / e insignavvi pintura
allaria abertha, diceva per ai suoi alunni)23.

Culturalmente attivissimo inizi quasi da subito unin


tensa collaborazione con giornali e riviste24, curando, di
P. Calvia, A Victor Hugo, La Stella di Sardegna, VI, 9 (5 luglio
1885), pp. 167-168.
23
M. Brigaglia, La poesia, p. XIII. Nel 1895 fu nominato direttore
dellArchivio del Comune di Sassari Enrico Costa.
24
Nella Terra dei Nuraghes, Sardegna Artistica, La Sardegna
Letteraria, La Piccola Rivista, La Stella di Sardegna, LIsola, Il
Burchiello, Il Giornale dItalia. Tra i tanti contributi, si ricordano:
Medusa di A. Graf, accresciuta di un terzo libro, adorna di circa 100
disegni di C. Chessa, Nella Terra dei Nuraghes, I, 2 (17 luglio 1892);
Una Madonna del Sassoferrato, Nella Terra dei Nuraghes, I, 3 (9 ot
tobre 1892); Per una testa dipinta da Salvator Rosa, Nella Terra dei
Nuraghes, I, 4 (23 ottobre 1892); La leggenda della chiesa di Sorres,
Nella Terra dei Nuraghes, I, 5 (13 novembre 1892) [La Sardegna
Letteraria, I, 17 (14 dicembre 1902); Pompeo Calvia critico darte, a
cura di G. Perantoni Satta, Sassari, Tipografia Poddighe, 1963; Quiteria
e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 149-154]; Nello Studio del Cav.
Sartorio, Nella Terra dei Nuraghes, II, 1 (25 dicembre 1892); La deposizione dalla croce, Nella Terra dei Nuraghes, II, 4 (2 aprile 1893);
Momenti, Nella Terra dei Nuraghes, II, 5 (16 aprile 1893) [Quiteria e
altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 155-160]; Abba a su trigu, Nella
Terra dei Nuraghes, II, 6 (30 aprile 1893) [LIsola, II, 11-12 (8 mag
22

XX

DINO MANCA

alcune, illustrazioni e disegni25. Spesso, aiutato dagli ami


ci, fu lui stesso il promotore di iniziative, in una Sassari
di fine secolo particolarmente vivace ed attenta alle sol
lecitazioni che giungevano doltre mare. Poeta, scrittore,
pittore, critico darte, osservatore sagace e ironico dei
costumi sociali, nonostante lindole schiva e una rino
mata introversione, egli seppe includere, nel suo sistema
di relazioni, personaggi quali Grazia Deledda, Salvatore
Farina, Salvator Ruiu, Felice Melis Marini, Filippo Figa
ri, Stanis Manca, Michele Saba, Giovanni Antonio Mura,
Dionigi Scano, Giuseppe Martinez, Francesco Cucca, Ra

gio 1910); Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 161-170];
Dal taccuino di un soldato. Impressioni, Sardegna Artistica, I, 1 (23
luglio 1893) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 171-74];
La discesa dalla croce (quadro di Mattia Preti), Nella Terra dei Nu
raghes, numero unico (3 dicembre 1893); Lu fonografu, La Piccola
Rivista, I, 1 (1898); A Ranieri Ugo, La piccinedda morta, La Piccola
Rivista, I, 6 (1899); Cristo morto in grembo al Padre Eterno (critica
darte), La Piccola Rivista, I, 23-24 (1899); Il martirio di SS. Cosma
e Damiano (quadro ad olio di Annibale Carracci esistente nella Chiesa
di San Nicola di Sassari, La Piccola Rivista, I, 5 (16 febbraio 1899);
Cristo morto in grembo al Padre eterno (quadro esistente nella Chiesa di
santa Caterina di Sassari), La Piccola Rivista, I, 23-24 (11 dicembre
1899); Su sonniu, La Piccola Rivista, II, 1 (1900); Novella di Natale,
La Sardegna Letteraria, I, 18 (1902) [Quiteria e altri racconti, Nuoro,
Ilisso, 2001, pp. 181-183]; Lautomobili, Il Burchiello, VIII, 11 (14
giugno 1908) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 184188]; Per un sarcofago, LIsola, II, 3 (30 gennaio 1910); Sebastiano
Satta pittore, Il Giornale dItalia, 31 dicembre 1914.
25
Calvia prepar delle litografie che andarono ad illustrare lalbum
Ricordo della passeggiata ginnastica (in ferrovia) da Sassari a Cagliari
svoltasi in occasione della sagra di S. Efisio il primo maggio del 1883.
Collabor per la parte artistica oltre che letteraria, realizzando la testa
ta di copertina, con il settimanale Sardegna Artistica. Con Gavino
Clemente e Lorenzo Caprino cur, inoltre, lesposizione svoltasi a Sas
sari del 1896 di Ferragosto e lesposizione. Cfr. Pompeo Calvia critico
darte, cit.

Introduzione

XXI

nieri Ugo, Gavino Soro Pirino26. In modo particolare fece


parte del gruppo che, intorno a Enrico Costa27 e ai pi
giovani Sebastiano Satta, Luigi Falchi, Antonio Ballero e
a suo fratello Antonino, animava la fervida vita culturale
cittadina28. Col Satta e il Falchi pubblic, nel volume dal
titolo Nella Terra dei Nuraghes29, le sue prime poesie, di
ventate presto popolari:
Largomento mi riporta ad anni lontani, fino al 1891:
nel quale anno io avevo diciotto anni, Bustiano ne aveva
ventiquattro e Pompeo Calvia poco pi di trenta. La mia
fraternit con Bustiano nacque in un comizio di studenti
contro la minacciata soppressione della Universit Sas
sarese: nel quale io, triumviro del Circolo universitario
Aurelio Saffi, presentai loratore prescelto dagli stu
denti repubblicani, che era, naturalmente, Bustiano. Era
gi nostro amico Pompeo Calvia, non pi studente, ma
daccesa anima goliardica, che conserv fino alla morte.
Il Calvia diede ospitalit ai nostri primi convegni nella
sua abitazione, una camera molto ampia, alta su quella
che oggi si chiama Via Cagliari. Lamico Antonio Bal
lero, che era dei nostri, ricorda bene quel camerone con
le pareti coperte di quadri, di disegni, di poesie: unespo
sizione permanente. In quelle riunioni, che avvenivano
anche in molti spacci di vernaccia e, successivamente, in
un nostro ufficio di redazione in via Cavour, nacque la
Terra dei Nuraghes30.
26
La Deledda scrisse per la rivista La Sardegna Letteraria. Il rappor
to del Calvia con molti di questi personaggi testimoniato da alcune
lettere rimaste per lungo tempo inedite. Cfr. D. Manca, Tenimmo,
pp. 208-240.
27
Cfr. G. Marci, Narrativa sarda predeleddiana: E. Costa e P. Calvia,
La Grotta della Vipera, Cagliari, XII, n. 36-37 (1986), pp. 12-20.
28
M. Brigaglia, La poesia, pp. I-X.
29
S. Satta, P. Calvia, L. Falchi, Nella Terra dei Nuraghes, Sassari,
Premiato Stab. Tip. G. Dessi, 1893 [rist. anast., Sassari, Gallizzi, 1990].
30
L. Falchi, Lumorismo di Sebastiano Satta (con documenti inediti),
Collezione Mediterranea, Cagliari, Edizioni dellEces, 1930, p. 8.

XXII

DINO MANCA

Non tard poi a raccogliere le sue liriche scritte nellarco


di trentanni (molte delle quali aveva periodicamente vi
sto uscire su La Nuova Sardegna e su vari fogli isolani)
in un unico corpus. La silloge intitolata Sassari mannu,
pubblicata a sue spese e composta di centoventuno com
ponimenti raccolti in otto sezioni tematiche31 attraver
sata, come un filo rosso, dal tema della memoria indivi
duale e collettiva e della nostalgia per una civilt, quella
sassarese e zappadorina, che egli vedeva attraverso il
ciclo delluomo e dellanno, con le storie, le figure, i luo
ghi, le feste inesorabilmente scomparire32. Con lui la lin
gua poetica sassarese entr a pieno titolo nella letteratura
nazionale33. Le sue conoscenze, accompagnate anche dal
31
Dopo il componimento intitolato Sassari mannu. Brindisi a Pascarella (poesia improvvisata durante il pranzo in onore del poeta roma
no che si tenne nellisola dellAsinara il ventitre maggio del 1904) che
fa dintroduzione alla raccolta, si susseguono le otto sezioni: Li cionfri
(ventiquattro componimenti), Lu bironi (ventidue componimenti),
Donna Rimedia (racconto di Natale in terzine che si divide a sua volta
in cinque unit di contenuto: La Melapiu, Lu Cuciucciu, Li Ciarameddi, Lu Gobbu, Lu Pintimentu), Le rime familiari (sette componimenti),
Il libriccino di Mariuccia (sette componimenti), Rumagliettu (dodici
componimenti), Le memorie (venti componimenti), Fiori daranzu
(ventitre componimenti).
32
P. Calvia, Sassari Mannu, Sassari, Tipografia Libert!, 1912 [Sassari Mannu. Poesie edite ed inedite di Pompeo Calvia, con introd. di
L. Falchi, Sassari, Tipografia Ubaldo Satta, 1922; Sassari Mannu, con
intr. di M. Brigaglia, Sassari, Chiarella, 1967]. Nellultima pagina del
la prima edizione finita di stampare a Sassari il diciotto giugno del
1912 nella tipografia Libert!, in una tiratura limitata il volume,
in ottavo su carta avorio, recava lannuncio di una seconda raccolta
(Pa li carreri) che lautore per non pubblic. Dopo la sua morte molti
componimenti inediti furono aggiunti alla ristampa del 1922 curata
da Luigi Falchi e fortemente voluta da Michele Saba, Salvator Ruiu e
Medardo Riccio. Ledizione del 1967 corredata di alcune foto del po
eta, diverse riproduzioni di acquerelli, oli e disegni dello stesso autore.
33
Pompeo Calvia sceglie di utilizzare il sassarese che aveva avuto fino
ad allora pochi poeti [] Egli invece pot arricchirlo dellesperienza e

Introduzione

XXIII

sentimento di stima, varie volte espresso nei suoi confron


ti, lo portarono al di fuori dellambito regionale. La ragio
ne di ci andrebbe ricercata nellampia circolazione che
ebbero le sue riviste34, nellanelito mai sopito a conoscere
nuove realt e confrontarsi con chi, in altre parti dItalia,
condivideva iniziative e orizzonti di senso:
[] pubblicher, quanto prima, un volumetto di fra
ternit vernacole, una antologia dove son rappresentati
tutti i dialetti dItalia.
Il fine chio mi propongo tutto nel congedo, chio Le
trascrivo per risparmiare disquisizioni superflue:
Bandiera a tre culure,
cielo turchino e terra cu tre mare:
tenimmo tutte quante o stesso core.
dellampiezza di visione e di cultura propri di uno scrittore che padro
neggiava anche litaliano letterario. Calvia per cercava nel dialetto di
Sassari la tavolozza, i toni e i timbri di colore adatti a raccontare la crisi
di crescita di una citt che usciva da una economia e da una civilt che
erano rimaste immutate e immobili per quasi cinque secoli, mentre
vedeva insorgere esigenze nuove che avrebbero cancellato il volto della
Vecchia Sassari. Anche il titolo, Sassari mannu, da intendersi come
Sassari antica, con le sue tradizioni e il suo colore locale (N. Tanda,
Letterature e lingue in Sardegna, Sassari, Edes, 1984, p. 37).
34
Lo stesso Pirandello compare come collaboratore di un numero del
giornale quindicinale di lettere e arti Nella terra dei Nuraghes. Il
giornale, fondato da Luigi Falchi che la diresse fino al marzo del 1893,
quando gli succedette Antonio Andrea Mura, pubblic per tre anni
dal giugno del 1892 al febbraio del 1894. Il Falchi comunque conti
nu a collaborarvi. La copertina del primo numero opera di Pompeo
Calvia. La rivista pubblic bozzetti, racconti, componimenti poetici
in italiano, sardo-logudorese e sassarese, recensioni, articoli di storia
e di carattere etnologico. Le rubriche fisse furono Nuraghe a mosai
co e Posta aperta. Fra i collaboratori ricordiamo Oreste Antognoni,
Giuseppe Calvia, Pompeo Calvia, Enrico Costa, Giovanni De Giorgio,
Grazia Deledda, Salvatore Farina, Genserico Granata, Stanis Man
ca, Pietro Nurra, Edoardo Sancio, Sebastiano Satta (I giornali sardi
dellOttocento, p. 160).

XXIV

DINO MANCA

Vale a dire chio, con versioni in vernacolo napolitano,


intendo dimostrare che, almeno in fatto di sentimento,
siamo un p tutti italiani.
Ora, di suo non ho che due sole poesie poco facili a tra
dursi.
Pu inviarmene un discreto numero? E di quelle meno
locali?
Avrei piacere di non escludere dal censimento verna
colo la sua bella arte e la nota sfriccatissima della Cene
rentola dItalia.
Le sarei anche grato se mi facesse tenere la Sua effigie
recentissima per incastonarla sulla poesia tradotta. []35

2. Lopera di Pompeo Calvia si colloca a partire dallu


niverso antropologico sardo, veicolato da un sistema
linguistico peculiare e complesso (sassarese, logudorese,
italiano) in quella pi generale temperie culturale che
tenta, tra Ottocento e Novecento, per reazione alla dila
gante soluzione fiorentina dei manzoniani e alla decla
mata superprosa di matrice dannunziana, di recuperare
assecondando un rinascente orientamento centrifugo e
riattivando circuiti alternativi della comunicazione lette
raria il significato e la funzione di una dialettalit che,
nella storia culturale e linguistica degli italiani, si era con
notata nei secoli di valenze molteplici:
Per secoli i nostri centri regionali sono stati portatori
di una mentalit culturalmente autonoma; se non ege
mone, certamente avanzata, di avanguardia. Il contrasto
dialetto-lingua non si mai evidenziato nei termini di
Francia, poniamo, patois-lingua, cio come opposizione
sociolinguistica di incultura-cultura, come criterio e se
gno esteriore di una situazione socioculturale di inferio
35
Lettera di E. A Mario [Giovanni Ermete Gaeta] a Pompeo Calvia,
Napoli 18 dicembre 1908. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p. 198.

Introduzione

XXV

rit. Al contrario, il dialetto stato sentito come segno


di distinzione (si pensi al lombardo, al veneziano), come
tramite di libert e di distacco, e di cosciente superio
rit culturale rispetto alla prigione anche letteraria del
toscano [] La nostra unit nazionale conta un secolo
appena. Litaliano stato, fuori di Toscana, e per secoli,
lingua pi scritta che parlata; e tra le scritte, la meno rin
sanguata dal parlato, la pi costante nel tempo, immobi
le in una fissit letteraria impopolare; quasi una lingua
di cerchie ristrette di persone socialmente privilegiate;
lingua di cultura, non lingua di natura per la totalit
di una nazione (salvo la Toscana). Ancora nel secondo
Ottocento, a unificazione politica avvenuta, un piemon
tese, un lombardo, un siciliano continuano a esperimen
tare la drammatica scelta tra dialettale e libresco, tra
naturale e culto, tra koin e mediazione dialetto-lingua,
tra equilibrio puristico e mistilinguismo provocatorio. Il
che permetterebbe di scrivere, con tutta legittimit, una
storia della lingua letteraria italiana prendendo a prin
cipio direttivo le difficolt di adattamento degli scrittori
periferici a calarsi in un sistema linguistico espressivo ad
essi naturalmente estraneo.36

Nessuna nazione dellEuropa, infatti, era stata storica


mente attraversata, come lItalia, da unannosa questione
della lingua. Le ragioni sono note e ampiamente dibattu
te37. Mentre altri idiomi del vecchio continente si erano
36
G. L. Beccaria, Prefazione a Letteratura e dialetto, Bologna, Zani
chelli, 1975, pp. 1-2.
37
Su italofonia, dialettofonia, letteratura e dialetto, la bibliografia va
sta. A titolo esemplificativo si vedano: R. Bonghi, Perch la letteratura
italiana non sia popolare in Italia. Lettere critiche, Milano, F. Colombo,
F. Perelli, 1856; B. Croce, La letteratura dialettale riflessa, la sua origine
nel Seicento e il suo ufficio storico, La Critica, XXIV, 6 (20 novembre
1926), pp. 334-343 [poi in: Id., Uomini e cose della vecchia Italia, serie
I, Bari, Laterza, pp. 225-234]; M. Sansone, Relazioni fra la letteratura
italiana e le letterature dialettali, in Aa. Vv., Problemi ed orientamenti
critici di lingua e di letteratura italiana IV, Letterature comparate,
Milano, Marzorati, 1948, pp. 281-287; Poesia dialettale del Novecento, a

XXVI

DINO MANCA

modellati nei secoli sulla lingua della capitale politica e


amministrativa, la Penisola non aveva mai avuto un cen
cura di P. P. Pasolini e M. DellArco, Parma, Guanda, 1952; G. Conti
ni, Dialetto e poesia in Italia, Lapprodo, III, 2 (1954); Ultimi esercizi
ed elzeviri, Torino, Einaudi, 1988; B. Migliorini, Storia della lingua
italiana, intr. di Gh. Ghinassi, 2 voll., Firenze, Sansoni, 1960 [1988];
T. De Mauro, Storia linguistica dellItalia unita, Bari, Laterza, 1963
[1972]; D. Isella, Introduzione a A. Manzoni, Postille al Vocabolario
della Crusca nelledizione veronese, a cura di D. Isella, Milano-Napoli,
Ricciardi, 1964, pp. VIII-XVII; M. Raicich, Questione della lingua e
scuola (1860-1900), in Scuola, cultura e politica da De Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri-Lischi, 1966; C. Dionisotti, Per una storia della lingua
italiana, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi,
1967; G. Devoto, G. Giacomelli, I dialetti delle regioni dItalia, Mi
lano, Bompiani, 1971; C. Segre, Polemica linguistica ed espressionismo
dialettale nella letteratura italiana, in Lingua, stile e societ, Milano,
Feltrinelli, 1974, pp. 407-426; Aa. Vv., Letteratura e dialetto, a cura di
G. L. Beccaria, Bologna, Zanichelli, 1975; G. Devoto, Profilo di storia linguistica italiana, Firenze, Le Monnier, 1976; P. V. Mengaldo,
Lingua e letteratura, in Lingua, sistemi letterari, comunicazione sociale, Padova, CLEUP, 1978, pp. 137-200; Poeti italiani del Novecento, a
cura di P. V. Mengaldo, Milano, Mondadori, 1978, LXXVII-1096; A.
Castellani, Quanti erano glitalofoni nel 1861?, Studi linguistici ita
liani, 8, 1982, pp. 3-26; F. Brevini, Poeti dialettali del Novecento, Tori
no, Einaudi, 1987; Le parole perdute. Dialetti e poesia nel nostro secolo,
Torino, Einaudi, 1990; La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini
al Novecento, III tomi, Milano, Mondadori, 1999; A. Dettori, Italiano e sardo dal Settecento al Novecento, in La Sardegna, Storia dItalia.
Le regioni (dallUnit a oggi), Torino, Einaudi, 1998, pp. 432-87; L.
Serianni, Storia della lingua italiana. Il secondo Ottocento: dallUnit
alla prima guerra mondiale, Bologna, il Mulino, 1990; A. Stussi, Lingua, dialetto, letteratura. Dallunit nazionale a oggi, Torino, Einaudi,
1993; L. Serianni, P. Trifone (a cura di), Storia della lingua italiana,
II Scritto e parlato / III- Le altre lingue, Torino, Einaudi, 1998; C.
Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico [1994], Bologna, Mulino,
1998; C. Grassi, A.A. Sobrero, T. Telmon, Fondamenti di dialettologia italiana [1997], Roma-Bari, Laterza, 1999; F. Bruni, LItaliano. Elementi di storia della lingua e della cultura [1987], Torino, UTET, 2002;
Aa. Vv., Dialetti italiani. Storia struttura uso, a cura di M. Cortellazzo,
C. Marcato, N. De Blasi, G. P. Clivio, Torino, UTET, 2002.

Introduzione

XXVII

tro culturale veramente predominante. Gli stati regiona


li, formatisi sulle ceneri di signorie e principati proprio
quando le grandi monarchie feudali compivano, a prezzo
di guerre sanguinose, la formazione dei primi grandi stati
nazionali, solo dopo quasi cinque secoli di lotte, ostilit e
divisioni erano giunti allunit politica e territoriale. Una
unit che non si conosceva, nella forma particolare in cui
si era realizzata nellambito dellimpero romano, proprio
dallet gotico-giustinianea, prima che si infrangesse defi
nitivamente dinanzi allavanzata degli eserciti longobar
di38. A differenza di quanto era accaduto per altre grandi
lingue di cultura, dunque, la fisionomia dellitaliano era
stata determinata soprattutto dallo stretto legame con la
tradizione letteraria di matrice toscana, per altro avviata,
soprattutto a partire dalla proposta normativa del Bem
bo, sui binari della compattezza e dellarcaismo classico39.
Una tradizione che si era dimostrata lontana dalla lingua
duso quotidiano, riccamente rappresentata dai dialetti
parlati nelle varie regioni. Un tale scarto avrebbe provoca
to col tempo il declino della stessa lingua italiana, appresa,
come una lingua straniera, in modo libresco, attraverso lo
studio delle grammatiche, dei vocabolari e delle opere dei
classici e sentita, parafrasando Isella, estranea e inamabi
le: da una parte, quindi, unlite di intellettuali, scrittori e
poeti proiettati verso un modello alto e sublime informato
38
Cfr. D. Manca, Introduzione a Il carteggio Farina-De Gubernatis
(1870-1913), ed. critica a cura di D. Manca, Cagliari, Centro di Studi
Filologici Sardi, Cuec, 2005, p. XI.
39
E non si pu dire che sia stata questione di autorevolezza da parte
del Bembo, n di moda; o che la posizione del Bembo fosse reazionaria
ed astorica. Si appoggiava invece su una solida ideologia emersa dal
pensiero umanistico che proponeva il concetto di imitazione dellan
tico come atto creativo: il trasferimento delle scritture classiche dalle
spalle gigantesche degli antichi sulle moderne trasferiva perennit e
normativit (cio la verit) nelle nuove scritture (G. L. Beccaria,
Prefazione, p. 7).

XXVIII

DINO MANCA

in poesia sul monolinguismo petrarchesco e in prosa sul


bello stilo boccacciano, dallaltra i tanti parlari e parlanti
italici con i numerosi autori, cosiddetti periferici, esclu
si da quella minoranza di eletti del Parnaso, non disposti
ad adeguarsi ad un sistema linguistico allotrio. Si era atti
vata cio una dinamica centripeta, che pi che ad include
re tendeva ad escludere dal diritto di cittadinanza, in uni
deale e anelata res publica litterarum. Per aspera sic itur ad
astra. Ci spiega, per converso, perch nel Cinquecento,
accanto alla codificazione di una lingua letteraria italiana
(con la quale aveva da subito fatto i conti un autore come
lAriosto), si fosse consolidata, contestualmente, una pre
stigiosa e solidissima produzione poetica, narrativa e so
prattutto teatrale in dialetto. Un rapporto dicotomico che
in verit era gi emerso nella Napoli del Sannazaro e nella
Firenze di Lorenzo il Magnifico, col Burchiello e il Pulci40.
40
Ha scritto, a tal riguardo, Franco Brevini: Quando nasce la poesia
in dialetto? Le due pi autorevoli proposte sono venute da Benedetto
Croce e da Gianfranco Contini. Nel 1926 il filosofo napoletano pub
blicava un saggio che sarebbe divenuto famoso e che contiene una ri
sposta fino dal titolo: La letteratura dialettale riflessa, la sua origine
nel Seicento e il suo ufficio storico [Croce 1926]. Lo spartiacque per
Croce limporsi della norma toscana. A un Cinquecento inteso come il
secolo del classicismo linguistico codificato dal cardinale Pietro Bem
bo, Croce contrappone il Seicento barocco, et del nuovo e del bizzar
ro, dellantinorma e appunto del dialetto. Nel salutare la nascita della
poesia dialettale riflessa nel XVII secolo Croce risente certamente della
sua consuetudine di studioso di storia napoletana. La tradizione muni
cipale si inaugura infatti proprio nei primi decenni del Seicento con tre
corposi autori come Giulio Cesare Cortese, Giambattista Basile, edito
proprio dal Croce, e il misterioso Felippo Sgruttendio di Scafato. Par
ticolarmente clamorosa nellinterpretazione crociana ci appare oggi
la dimenticanza di Ruzzante. Contini retrodata invece lorigine della
poesia dialettale allinizio stesso della letteratura nazionale, nessun
momento della quale scevro duna polarizzazione bilingue [Con
tini 1988: 13; posizione in parte diversa in Contini 1954]. A ragione
lillustre filologo riconosce nella nostra letteratura il precoce affermar
si di una linea comico-parodica e plurilinguistica, antitetica allaltra

Introduzione

XXIX

Una produzione di testi ricca e, non infrequentemente, di


alto valore estetico con propri canali, propri codici, pro
prio pubblico, e una circolazione orale e scritta diffusa si
era andata dunque protraendo, a volte secondo le moda
lit del fiume carsico, sino allOttocento: dal Ruzzante al
Basile, Maggi, Cortese, Meli, Tanzi, Balestrieri, Ottolina,
Calvo fino alle alte vette del Porta e del Belli. E non poteva
essere altrimenti, nel contesto storico-culturale dato: un
mosaico screziato entro cui tanti sistemi linguistici anda
vano costruendo complessi sistemi letterari:

linea tragico-sublime e monolinguistica. Nella prima si situerebbero


gli esercizi di quella poesia dialettale che sorge, almeno da noi, esatta
mente a un tempo con la poesia in lingua [Contini 1988: 16]. La tesi
che sosterr in questopera si discosta da entrambe queste interpreta
zioni. Il prerequisito essenziale per parlare di poesia in dialetto ritengo
sia il fissarsi di una norma linguistica, che non necessariamente deve
essere istituzionalizzata sul piano letterario e/o garantita da una san
zione politica, per la quale in quella singolare nazione senza stato che
fu lItalia occorrer attendere fino al 1861. sufficiente che la coscienza
linguistica dei colti avverta lesistenza di un primato, di unegemonia,
che tender a essere anche culturale e politica. In letteratura come in
politica ogni opposizione presuppone una maggioranza. Il testo dialet
tale nasce quando lo scrittore decide consapevolmente di operare uno
scarto, di opporsi a una norma. Di-lxis, appunto: una parola fondata
dalla differenza. Ci accade per la prima volta nella seconda met del
Quattrocento nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, dunque un buon
secolo e mezzo in anticipo sulla data indicata da Croce. Il fenomeno ha
un aspetto duplice, ma unidentica base parodica. Il bersaglio sono in
un caso i dialetti che agli orecchi dei fiorentini suonano barbaramente
dissonanti, nellaltro le variet rustiche del fiorentino stesso. A inau
gurare la tradizione dialettale italiana saranno dunque da una parte i
testi di satira linguistica del Burchiello e del Pulci, dallaltra La Nencia
da Barberino. Gli stessi meccanismi si ripresentano in parte nella Na
poli del Sannazaro e dellAccademia Pontaniana con gliommeri e farse
cavaiole (F. Brevini, Preistoria del dialetto in poesia -I, in La poesia
in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento, III tomi, a c. di F.
Brevini, Milano, Mondadori, 1999, p. 6).

XXX

DINO MANCA

[] La dialettica lingua-dialetto stata in Italia una delle


strutture portanti dellespressione letteraria, particolar
mente radicata e perennemente ritornante, sin dalle Ori
gini. Questo soprattutto per leccezionalit della policen
trica storia dItalia, paese di secolare tradizione comuna
le e regionale ove lesito dialettale ha potuto costituire
(ed anche sul piano dei valori) non gi un paragrafo
estravagante e marginale, ma una variante equipollen
te degli esiti in lingua. Sul piano dellideologia e dello
stile ha operato come forza centrifuga; luso del dialetto
(o il recupero massiccio del dialettismo) ha costituito
una robusta alternativa di carattere espressivo, quando
non, addirittura, una sovversione della sicurezza nel lin
guaggio unico (il toscano), immobile, onnicontestuale.
La storiografia recente ha difatti giustamente inglobato
nel canone dei valori, a parit di livello degli scrittori in
lingua, i grandi dialettali come Ruzzante, Basile, Maggi,
Porta e Belli; la storia della letteratura in realt monca
se non d il luogo che loro compete. La scelta dialettale
non stata una scelta privata, soltanto di lingua, ma una
scelta di cultura che ha inteso porsi in antinomia rispet
to alla tradizione letteraria nazionale e ha potuto spesso
esprimere una visione dialettale, cio una esperienza
letteraria derivante da suggestioni di cultura diverse da
quelle fissatesi nella letteratura in lingua. Il rapporto non
si configurato soltanto come soggezione ed influenza
univoca dal grande al piccolo, dallalto al basso, come
processo di assimilazione, di conservazione (o di con
traffazione). N Porta n Belli si sono limitati a tradur
re modelli colti estranei alla dialettalit41.

Per altro qualcosa era avvenuto in conseguenza della


crisi linguistica del Settecento. Il Monti aveva aperto la
strada alla soluzione adottata dal Manzoni, che, partendo
dal suo milanese e dal suo francese, aveva pensato ad una
lingua duso che oltrepassasse i confini regionali e unifi
casse, garantendo con la propria mediet, la popolarit
41

G. L. Beccaria, Prefazione, pp. 1-2.

Introduzione

XXXI

della letteratura42. Una soluzione che, nonostante loppo


sizione dellAscoli, si era andata affermando incontrasta
ta, per tutta la parte centrale del secolo salvo qualche
rottura (con lopera, ad esempio, del Belli) sul fronte del
monolinguismo letterario. Solo a partire dalla seconda
met dellOttocento, dunque, il momento centripeto e
levasione centrifuga ripresero la secolare alternanza. La
soluzione fiorentina dei manzoniani, e la neutra e grigia
prosa vulgata nel secondo Ottocento, spinsero gruppi pe
riferici a distanziarsi dalla media linguistica, che si teneva
lontana da ogni audacia ed oltranza stilistica43.
Va da s che tutte le riflessioni proposte in questo con
testo argomentativo, implichino una rilettura e una diver
sa considerazione di tanti autori, oggi ancora considerati
minori o periferici, tra i quali Pompeo Calvia, che in
Sardegna e in Italia scelsero di attivare la funzione poe
tica del parlar materno, principale veicolo di quel pa
trimonio di saperi che nei secoli ha concorso a costruire
lidentit culturale e civile degli italiani. La letterariet,
oltre che il risultato di unalta elaborazione e stilizzazione
artistica del codice e una manipolazione del valore deno
tativo della lingua duso attraverso molteplici procedure
scritturali, infatti un sapere particolare che pu essere
impiegato nelle lingue che si padroneggiano, quelle del
cuore. Il segno letterario non pu, infatti, prescinde
re dal suo sostrato, che il codice linguistico, meglio se
dappartenenza. Una concezione, questa, che ha condotto
nel secondo Novecento ad uno studio diverso della feno
menologia letteraria. Una fenomenologia che, come ha
scritto Nicola Tanda, non pu essere pi inclusa in modo
semplice nei vecchi termini della storia della letteratura
in una sola lingua ma, semmai, in quelli nuovi di storia
42
43

Ivi, p. 11.
Ivi, p. 12.

XXXII

DINO MANCA

della comunicazione letteraria, di uno studio cio della


produzione ma anche della circolazione dei testi in uno
spazio storicamente circoscritto e in situazioni complesse
di plurilinguismo e di pluriculturalismo44.
3. Per quanto riguarda il milieu e il rapporto con i codi
ci di appartenenza, non irrilevante il fatto che il Calvia
fosse nato in una realt geo-linguistica (area sassarese)
decisamente pi vicina rispetto al logudorese e al nuo
rese (area centrale e conservativa) al toscano e ai dia
letti italiani, e in un contesto socio-economico che aveva
conosciuto col tempo linsediamento di una borghesia di
origini genovesi e pisane. Egli scrisse in lingua sassarese,
logudorese e italiana45. Le prime due erano le lingue del
cuore, del parlar materno e paterno, delle radici del
soggetto conoscente e poetante, le uniche che potessero
autenticamente veicolare il suo mondo e il suo vissuto.
Le utilizz convintamente, consapevole della loro forza
espressiva e rappresentativa, nonostante si schernisse so
stenendo di comporre alla zappadorina, fora mali, senza tanta duttrina46. Lo fece in una Sardegna che neanche
cinquantanni prima aveva rinunciato, motu proprio, alla
propria autonomia attraverso le istanze delle Deputazio
ni, degli Stamenti e di varie Citt, presentate il ventinove
novembre del 1847 a Carlo Alberto di Savoia-Carignano.
Per alcuni storici quellatto aveva sancito, quantomeno de
facto, la fine del Regno di Sardegna; per altri, pi precisa
mente, il passaggio da uno Stato composto ad uno uni
tario o semplice, con un solo popolo, un unico territorio
e un solo potere pubblico e, dal quattro marzo 1848, un
44
N. Tanda, D. Manca, Introduzione alla letteratura. Questioni e strumenti, Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi/Cuec, 2005, p. 250.
45
Le poesie in lingua logudorese sono inedite.
46
P. Calvia, Sassari Mannu, p. 3.

Introduzione

XXXIII

solo Parlamento bicamerale chiamato subalpino, con sede


a Torino. Certamente si era trattato di una fusione per
fetta con gli Stati sabaudi di Terraferma, con cessazione
del Parlamento originario e della carica viceregia e con
la conseguente perdita, da parte dellIsola, dellautonomia
formale e di l a poco della propria identit giuridicoterritoriale47. Era stato linizio della storia contemporanea
della Sardegna come regione dItalia. Passaggio, questo,
da molti considerato punto dirimente di una pi generale
e complessa questione sarda48. La perdita del Regno, infat
ti, avrebbe significato non solo la perdita dellautonomia
formale, ma il venir meno col tempo, nellimmaginario e
nella coscienza dei sardi, di una identit insieme territo
riale e antropologica. Ad una mutazione (e/o privazione)
statuale e giuridica sarebbe andato a corrispondere, di l
a un secolo, lavvio, dirompente per le sue implicazioni,
di una profonda e talvolta ardimentosa opera di adatta
mento (e/o snaturamento) dei modelli culturali autoctoni
ai codici, ai generi, alle tipologie formali e alle modalit
compositive proprie di un sistema culturale, letterario e
linguistico altro. Tutto ci nel tentativo, non privo inve
ro di repulsioni centrifughe, di accompagnare il generale
processo di costituzione del nuovo stato nazionale da par
te delle culture regionali:
47
Errammo tutti ebbe a scrivere Giovanni Siotto Pintor. Cfr. Storia
civile dei popoli sardi dal 1798 al 1848, Bologna, Forni, 1978 [Torino,
1877], p. 476.
48
Con la fusione con gli Stati di Terraferma, infatti, vennero estesi
anche allisola gli ordinamenti amministrativi dello Stato sabaudo. Fu
rono soppresse le antiche istituzioni medievali del Regnum Sardiniae
e, con la legge del dodici agosto 1848, la Sardegna fu ripartita in tre
divisioni amministrative con Cagliari, Sassari e Nuoro come capoluo
ghi, governate da un Intendente generale e da un Consiglio divisionale
ed articolate in province (quella di Sassari ne contava quattro, con sede
a Sassari, Alghero, Ozieri e Tempio).

XXXIV

DINO MANCA

gli scrittori e i poeti della prima e della seconda met del


secolo rappresentano la tendenza centrifuga della cultu
ra sarda nel momento di inserimento e di integrazione
della produzione letteraria sarda nel sistema della lette
ratura nazionale secondo le linee del movimento risor
gimentale e romantico. Lapprodo allitaliano letterario
vissuto, specialmente dai ceti urbani, come acquisizione
di un modello altro: i problemi sarebbero sorti semmai
per le generazioni successive. Intanto occorre parlare di
quella schiera, pi ristretta solo in apparenza, che il sen
so di appartenenza alla comunit sarda o, come si diceva
allora, alle popolazioni delle campagne, aveva indotto a
proseguire nellimpegno di continuare la comunicazione
letteraria in lingua sarda rafforzando la tradizione orale
con luso scritto, non tanto e non solo per dare dignit
letteraria al sardo, quanto per offrire alla propria comu
nit un servizio favorendo un flusso di comunicazione
pi attivo e moderno49.

Dinanzi a un tale processo di capovolgimento cultura


le e prospettico (ES/IN IN/ES), linsularit, in termini
materiali, da condizione di favore and tramutandosi per
alcuni in motivo dinferiorit e di svantaggio. Il limite
geofisico (centro-periferia) specularmente cominci a de
49
N. Tanda, Letterature e lingue in Sardegna, Sassari, Edes, 1984, pp.
35-39. Sulla situazione storico-politica e sociale della Sardegna nellOt
tocento e fra Ottocento e Novecento si vedano: G. Siotto Pintor,
Storia civile dei popoli sardi cit.; M. Brigaglia, A. Boscolo, L. Del
Piano, La Sardegna contemporanea. Dagli ultimi moti antifeudali
allautonomia regionale, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1995 [1974];
G. Sotgiu, Storia della Sardegna dopo lUnit, Bari, Laterza, 1986; G.
Melis, Let contemporanea, in La Sardegna I, a cura di M. Brigaglia,
Sassari, Edizioni della Torre, pp. 115-141; M. Brigaglia, L. Marro
cu, Il Regno perduto, Roma, Editori Riuniti, 1995; G. G. Ortu, Tra
Piemonte e Italia. La Sardegna in et liberale (1848-96), in La Sardegna,
Storia dItalia. Le Regioni. DallUnit a oggi, Torino, Einaudi, 1998, pp.
203-288; M. L. Di Felice, La storia economica dalla fusione perfetta
alla legislazione speciale (1847-1905), in La Sardegna, Storia dItalia. Le
Regioni, DallUnit a oggi, Torino, Einaudi, 1998, pp. 291-322.

Introduzione

XXXV

terminare reazioni diverse. I processi di proiezione verso


lesterno, che per i pi consapevoli sortirono effetti oltre
modo lusinghieri (il Nobel alla Deledda ne fu un esem
pio) con qualche inedito tentativo di completa fuoriu
scita dai modelli della cultura interna (si pensi al caso di
Salvatore Farina) 50 si trasformarono per altri in introie
zioni autolimitanti, che non di rado si risolsero nellangu
sto orizzonte interno e nella comprensibile incapacit di
transcodificare in un sistema linguistico prevalentemente
appreso sui libri e sulle grammatiche, un mondo peculia
re e complesso, difficilmente traducibile attraverso codici
e sistemi segnici dinappartenenza. Per altro non va di
menticato, ancorch si assistette a una graduale e generale
evoluzione della societ sarda, che a fine Ottocento lIsola
deteneva un tasso di analfabetismo fra i pi elevati dItalia
(dato questo facilmente accostabile allalto indice di mor
talit scolastica e alla scarsa presenza di strutture educati
ve pubbliche, capaci di avviare un pi generale progresso
distruzione). La politica di unificazione culturale dopo
lUnit, dovette, dunque, fare i conti in Sardegna con una
realt linguistica che in vaste aree presentava caratteri di
eccezionale specificit e conservativit. Il processo di con
taminazione (se non di privazione), spesso forzato e im
posto, inizi ben presto ad avere implicazioni sociali, di
status ed effetti del tutto inediti sul terreno della mentali
t, della comunicazione e della formazione culturale (con
inevitabili forme dinterferenza). Il codice veicolare (ma
terno, familiare e sociale), utilizzato dalla maggioranza
della popolazione, rimaneva la lingua sarda, parlata nelle
sue molteplici variet (logudorese, nuorese e campidane
50
Relativamente a Salvatore Farina, rispetto ad altri poeti e scrittori di
Sardegna, vale, per scelte esistenziali ed artistiche (lasci lisola quan
do aveva quattordici anni), un ragionamento diverso. Ma per quanto
riguarda il milieu e i codici di appartenenza, si riscontrano, almeno in
partenza, alcune analogie con Calvia.

XXXVI

DINO MANCA

se, oltre il sassarese, il gallurese e le isole alloglotte). E se


il processo di alfabetizzazione stava avvenendo secondo
spinte centripete attraverso il toscano letterario, il nume
ro elevatissimo di analfabeti, non poteva che trovare sca
turigine dalla naturale condizione di sardofonia51. Soprat
tutto nelle campagne e nei piccoli centri, soltanto le classi
dirigenti erano italofone (localmente bilingui). Litalia
no divent la lingua del maestro elementare, del medico
condotto, del segretario comunale, del prefetto, dellesat
tore, del parroco, del semplice funzionario statale, ossia
di figure rappresentative e autorevoli dentro la comunit
di parlanti. Molti di loro (soprattutto gli uomini di chie
sa), per evidenti ragioni di mediazione, parlavano anche il
sardo. Per altro il complesso di inferiorit linguistica, in
vest soprattutto i ceti borghesi; una piccola borghesia pi
che terriera, impiegatizia, della pubblica amministrazione
e della libera professione:
Con lunit dItalia, poi, muta radicalmente latteggia
mento verso il sardo. Infatti, sebbene a contatto con le
lingue ufficiali dei dominatori stranieri, il suo ambito si
fosse inevitabilmente ristretto, con una tendenza a re
stringersi ulteriormente, il sardo che non era mai stato
posto in discussione nei periodi precedenti, ma era stato
sempre riconosciuto come lingua nazionale fino al Pie
monte, dopo essere stato lingua ufficiale e diplomatica e
lingua di codici e di leggi, decade al livello di dialetto
regionale, subordinato allesigenza di unificare, anche
linguisticamente, il nuovo Stato. Tutto parte dal concet
to accettato che, secondo la frase del DAzeglio, lItalia
era fatta e bisognava fare gli italiani. Una proposizio
ne funesta, oltre che sul piano politico anche su quello
linguistico. La realt era, invece, che gli italiani cerano,
51
Al momento dellUnit, fuori della Toscana e di Roma, solamente
lotto per cento della popolazione conosceva la lingua nazionale. Cfr.
T. De Mauro, Storia linguistica dellItalia unita, cit.

Introduzione

XXXVII

gi belli e fatti. Sarebbe stato necessario fare lItalia alla


loro misura, anche dal punto di vista linguistico, tenen
do conto delle differenze dialettali delle singole regioni.
delle minoranze e non semplicemente imponendo una
unit linguistica che non partiva dalla considerazione
della realt52.

pur vero, tuttavia, che, quantunque in modo difficol


toso e contraddittorio, la scuola italiana si dimostr
fattore rilevante nellopera di ampliamento dei ceti intel
lettuali e del pubblico dei lettori. Accanto ad essa, inoltre,
risultati niente affatto trascurabili ebbero i sistemi infor
mativi. Il forte incremento della stampa e il proliferare di
riviste nazionali e regionali (letterarie, storico-politiche,
artistiche, scientifiche) suscitarono in Sardegna, fervore e
dibattito. Esse divennero gradatamente i principali canali
di comunicazione di vicende, fatti e opinioni doltremare.
Il giornale e la rivista, la loro fioritura, sebbene di breve
durata, furono veri strumenti capaci di rompere lisola
mento. Pur nella carenza cronica di istituti associativi, di
biblioteche, di canali distributivi, non pochi intellettuali
riuscirono ad instaurare rapporti con editori della peni
sola, grazie al sistema della distribuzione personale. E non
improbabile per altro che gli stessi periodici abbiano
contribuito ad alimentare quella ideologia mazziniana,
socialista e massonica, che forgi alcune fra le migliori
personalit della seconda met dellOttocento e del primo
Ventennio del nostro secolo:
Cariss.. F.. Pompeo Calvia,
Gioisco di poterVi partecipare che il Governo dellOrdi
ne con Tav.. 30 Aprile pp. n. 5910, esprimendomi la pi
52
A. Sanna, Introduzione agli studi di linguistica sarda, Cagliari, 1957,
p. 43. Anche in: Id., La situazione linguistica e sociolinguistica della
Sardegna, in Convegno Internazionale della SLI, Cagliari, 27-30 mag
gio, 1977.

XXXVIII

DINO MANCA

viva soddisfazione per lopera veramente provvida, civile


e massonica che la nostra R.. L .. svolge a tutela dei
principi liberali e del retto funzionamento delle istitu
zioni di beneficenza, mi ha pure dato il gradito incarico
di porgerVi ringraziamenti e vive e fraterne congratu
lazioni per avere Voi gareggiato cogli altri FF.. nella
dempimento dei pi nobili doveri, ed avere dimostrato
collaprire una scuola operaia di disegno gi fiorentis
sima, collavere efficacemente contribuito a rendere pos
sibile lesposizione artistica dellestate decorsa, e col diri
gere in unione ad altri FF.. con avvedutezza le <+++>
Economiche che intendete ed esercitate lalta missione
civile, benefica, educatrice e redentrice imposta alla no
stra Istituzione.
Gradite, cariss.. F.. il mio tr.. fr.. bacio e laugurio che
presto vi si possa offrire occasione di altra opera feconda.
Il Venerabile
G. Soro Pirino53
53
Lettera di Gavino Soro Pirino a Pompeo Calvia, Sassari 10 maggio
1897. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p. 198. Illustre avvocato, masso
ne, amico di Mazzini e capo dei mazziniani sardi, Gavino Soro Pirino
(1830-1902), fu per molti anni leader della Sinistra sassarese. Mentre
era ancora studente, nel 1848, fu uno dei promotori della cacciata dei
Gesuiti dalluniversit turritana. Anche se per pochi mesi, nel 1878
divenne sindaco di Sassari. Fu consigliere comunale e provinciale,
amministratore dellOspedale Civile e fondatore della Societ di mu
tuo soccorso (1851). Eletto deputato nel 1880 non mise mai piede in
Parlamento per non venir meno ai suoi principi repubblicani e non
dover prestare giuramento alla monarchia. Si batt, tra le altre cose,
per conservare lUniversit di Sassari minacciata di chiusura e per la
costruzione di un nuovo carcere. Fu da una costola del partito maz
ziniano che, alla fine del secolo, nacque un gruppo di giovani radicali
anti-giolittiani, seguaci di Felice Cavallotti, che imposero Filippo Ga
ravetti nelle elezioni tra il 1890 e il 1904. Fra questi giovani vi furono gli
avvocati Enrico Berlinguer (nonno del futuro segretario del partito co
munista italiano), Giuseppe Castiglia (professore di Filosofia del Dirit
to allUniversit di Sassari); Pietro Moro (industriale di idee nittiane),
Salvatore Azzena Mossa e Antonio Zanfarino (nonno di Francesco
Cossiga). Sar questo il nucleo storico di quella borghesia anticlericale,
democratica e repubblicana sassarese che caratterizzer la vita politica

Introduzione

XXXIX

4. Dentro il controverso processo di unificazione e di inte


grazione, che condizion e connot altres i rapporti tra la
letteratura in lingua sarda e quella in lingua italiana, furo
no soprattutto gli artisti e i poeti, a farsi interpreti raffinati
di un passaggio cos difficile, e promotori a loro modo di
una rivalutazione della propria storia e della propria lin
gua. Alcuni lo fecero contaminandosi, dialogando profi
cuamente e costruendo interscambi e reticoli di relazioni
con i pittori e i letterati delle molte Italie. Altri preferi
rono lorizzonte interno. Una delle questioni principali,
ad esempio, che la Deledda pi avvertita e consapevole
dovette affrontare da un punto di vista narrativo fu come
tenere insieme cultura osservata (il mondo nuorese e bar
baricino) e cultura osservante (sardo-italica); come co
struire un narratore capace di raccogliere lo straordinario
bagaglio conoscitivo di un autore implicito figlio di quel
mondo e profondo conoscitore dei suoi codici. Un narra
tore che, ponendosi a una distanza minima dalluniverso
rappresentato, sapesse nel contempo raccontare lanima e
il vissuto della sua gente a un pubblico doltremare. Una
completa estraneit linguistica, culturale e morale rispet
to al mondo narrato avrebbe, infatti, reso inautentica e
soprattutto incomprensibile la sua operazione letteraria.
Anche per questo talvolta, per accrescere la naturalezza
della resa oggettiva dellambiente, lautrice attinse dal
ricco giacimento etnolinguistico, intraprendendo la dif
sassarese del primo Novecento. Sulla personalit di Gavino Soro Piri
no si veda: S. Ruju, Un mazziniano sardo. Gavino Soro Pirino, Sassari,
Edes, 2007. Molti dei temi fin qui trattati si trovano altres in D. Man
ca, Voglia dAfrica. La personalit e lopera di un poeta errante, Nuoro,
Il Maestrale, pp. 30-40; Sussidi interpretativi, in S. Farina, Amore ha
centocchi, Cagliari, Condaghes, pp. 290-293; Introduzione a Il carteggio Farina-De Gubernatis, pp. IX-CXVII.

XL

DINO MANCA

ficile strada del mistilinguismo; opzioni certamente pi


adeguate e rispondenti alla messa in scena di un micro
cosmo sardofono54. Perci ella innest sul tronco della
lingua di derivazione toscana elementi autoctoni (calchi,
sardismi, soluzioni bilingui), procedimenti formali della
colloquialit e termini pescati dal contingente lessicale
della lingua sarda; per corrispondere allintento mimetico
di traducere, trasportare, un universo antropologico for
temente connotato dentro un sistema linguistico altro; o
viceversa, per modellare o rimodulare il codice letterario
di riferimento (quello della tradizione letteraria italiana
scritta) su un sostrato linguistico altro, per secoli quello
delloralit primaria e principale veicolo di comunicazio
ne del tessuto semiotico e dei saperi della comunit rap
presentata letterariamente55.
Pompeo Calvia, invece, speriment direttamente sulla
lingua poetica sassarese, riadattandole, modalit com
positive e forme metriche (come, ad esempio, il sonetto
narrativo) che gi Pascarella e Trilussa avevano ampia
mente utilizzato col romanesco. Ma soprattutto strinse
rapporti con una parte importante del mondo dialettale
italiano. Egli si leg in particolar modo al musicista e po
eta napoletano Giovanni Ermete Gaeta (pi famoso con
54
Frequenti nellopera deleddiana sono i calchi, i sardismi sintattici e
le traduzioni dal sardo, i modi di dire e le risposte in rima, i prover
bi, gli intercalari, i tentativi di riprodurre intonazioni o di ricalcare gli
andamenti ritmici. Ampiamente scandagliato in senso marcatamente
etnolinguistico risulta essere, inoltre, lambito dellonomastica, della
toponomastica, dellarte culinaria e della festa.
55
Largomento si trova trattato altres in: D. Manca, Introduzione a G.
Deledda, Il ritorno del figlio, ed. critica a cura di D. Manca, Centro di
Studi Filologici Sardi, Cagliari, Cuec, 2005, pp. LIV-LX; Il segreto della
colpa e la solitudine dellio nella novella deleddiana, in Grazia Deledda
e la solitudine del segreto (Atti del Convegno, Sassari, 10-12 ottobre
2007), a cura di M. Manotta & A. M. Morace, Nuoro, Ilisso, 2010, pp.
196-197.

Introduzione

XLI

lo stravagante pseudonimo di E. A. Mario)56, fecondo in


terprete dellanima partenopea, pure molto pi giovane di
lui, futuro autore della Leggenda del Piave, linno che cele
br la riscossa delle truppe italiane sul fronte veneto nella
prima guerra mondiale, e a Libero Bovio, poeta, scrittore,
drammaturgo, giornalista, anchegli autore di testi di mol
te celebri canzoni e, insieme a Mario, Di Giacomo e Mu
rolo, considerato uno degli artefici dellepoca doro della
canzone napoletana57. Allamico Gaeta Pompeo dedic un
56
E(rmes) A(lessando) Mario, nome darte di Giovanni Ermete Ga
eta (1884-1961), fu autore di numerose canzoni di grande successo.
Secondo Max Vajro la E era di Ermes, petit-nome con cui firmava i
suoi articoli, la A del poeta Alessandro Sacheri, redattore capo de Il
Lavoro, giornale letterario genovese al quale collaborava, il Mario
di una scrittrice e poetessa polacca che si faceva chiamare Mario Clarvy
che dirigeva Il ventesimo. Per altri Giovanni Ermete Gaeta assunse
tale pseudonimo in onore e ricordo del patriota e scrittore Alberto Ma
rio. I suoi brani vennero composti sia in lingua italiana che napoletana:
Santa Lucia luntana, Profumi e balocchi, Vipera, Rose rosse, O Paese d
sole. Gaeta fu, per, soprattutto il cantore dei soldati, della Canzone di
trincea, di Ci rivedremo in primavera, della Marcia dordinanza della
Marina, di Ho sognato un bersagliere. Tradusse in lingua napoletana
alcuni versi di Pompeo Calvia facenti parte della raccolta Sassari Mannu. Lo stretto legame con Calvia ci testimoniato da lettere e cartoline
rimaste per lungo tempo inedite. A tal riguardo si vedano E. De Mura,
Enciclopedia della Canzone Napoletana. Napoli, Il Torchio, 1969; Poeti napoletani dal Seicento ad oggi. Napoli, Marotta Editore, 1977; M.
Vajro, E. A. Mario, a cura del comitato per le celebrazioni del cente
nario della nascita di E. A. Mario, promosso dal Ministero delle Poste e
Telecomunicazioni, 1984; B. Catalano Gaeta, E. A. Mario (Leggenda e Storia) di Napoli, Liguori Editore, 1989; S. Palomba, La Canzone
Napoletana, Napoli, Lancora del Mediterraneo, 2001; O. Nicolardi,
Funtane e funtanelle. E. A. Mario, Napoli, Morano Editore, 1984; M.
Becker, La canzone napoletana. Firenze, Octavo Edizioni, 1999; Celebri canzoni napoletane ed italiane di E. A. Mario, Napoli, Edizioni
Bideri, 1984; V. Paliotti. Storia della canzone napoletana. Roma,
Newton & Compton, 2004; D. Manca, Tenimmo, pp. 175- 203.
57
Bovio si appassion sin da giovane alla musica ed al teatro dialettale.
La sua bravura di autore di testi di canzoni napoletane si manifest

XLII

DINO MANCA

sonetto, che lartista reinterpret, secondo il vertere teren


ziano, nella sua lingua:5859
Linganni chi mi fai

A na nnammurata

a lamico G. E. Gaeta
Cara p no pign
e no lassatti mai,
pi no vogliu intnd
li trampi chi mi fai.

E nganne ca me faje
nisciuno llha da d:
pe nun mme ne pent
pe nun te lasci maje!

E da ghi probarai
lommu cument fattu,
bedda tu torrarai
a lu me cori jfattu.

Bella, tu pruvarraje
st munno comm brutto
e doppo turnarraje
ncopp a stu core strutto!

Ma si tu lu cunsoli
chistu cori dibenta
nidu di rusignoli
cun prufumi damenta.

Si, invece, mm o cunzuole,


stu core mio addeventa
nu nido e rusignuole,
nido ca addora e menta

Ma si tu lu maltratti
mancu rosa canina
nasci in mezzu a li ratti
tutti pieni dispina.58

Ma tu o maltratte, e maie
schiupp na rosa p!
Nsceno e spine, e s
spine pugnente assaie!
E. A. Mario59

quando divenne direttore di case editrici musicali, come La Canzonetta e Santa Lucia. Grazie alle sue collaborazioni con i musicisti pi
in voga del momento, intorno al 1915 confezion canzoni come Tu
ca nun chiagne, Reginella, Cara piccinae Carmela na bambola.
Fu altres autore di opere teatrali, come Gente nosta, O prufessore, O
Macchiettista e anche di canzoni, come Lacreme napulitane, Carcere,
E figlie e Zappatore. Nel 1934 fond La Bottega dei 4, una casa editrice
musicale, con Nicola Valente, Ernesto Tagliaferri e Gaetano Lama.
58
P. Calvia, Linganni chi mi fai, in Sassari mannu, p. 168.
59
Lettera di Giovanni Ermete Gaeta a Pompeo Calvia, Napoli 27 di
cembre 1908. La lettera si trova integralmente pubblicata in: D. Man
ca, Tenimmo, p. 201.

Introduzione

XLIII

Conobbe, inoltre, Cesare Pascarella60 cantore, come


60
Pascarella collabor con la Cronaca bizantina e successivamente
con il Fanfulla della domenica. Fu un uomo profondamente legato
alla sua citt, scenario di molte sue opere, e abit per tutta la vita in
Campo Marzio. Nel 1886 pubblic Villa Gloria (cio Villa Glori, ora
parco pubblico situato a nord della citt), un poema di venticinque
sonetti, celebrati dal Carducci, sul tentativo fallito, nel 1867, di pren
dere Roma da parte dei fratelli Cairoli e dei loro settanta compagni.
La scoperta de lAmerica (di cui d letture pubbliche) del 1894, ma
non mancano elzeviri, resoconti e collaborazioni. I Sonetti, del 1904,
raccolgono le sue opere sparse dal 1881. Storia Nostra, composta da
duecentosessantasette sonetti, nei quali si narra della storia dItalia
dalla fondazione di Roma al secolo scorso, rimase invece incompiuta
(ne erano stati previsti trecentocinquanta). Pascarella fu certamente tra
i modelli letterari preferiti dal poeta sassarese. Tanda ha scritto che
Calvia media dal poeta romano il gusto dellesplorazione del mondo
vernacolo con le sue strade, i suoi vicoli, i quartieri popolari, gli in
terni di case, di caff, di osterie, il mondo delle feste popolari e delle
processioni e di taluni personaggi plebei di ingegno e di lingua pronta.
Nel delineare questi personaggi lo humour del poeta trova nellulti
ma terzina, proprio come in Trilussa nella conclusione del sonetto, la
soluzione, piuttosto umoristica che comica, di una situazione umana
osservata con spirito disincantato e bonario. Lo stesso spirito venato
di malinconia lo induce inoltre a rievocare con accenti teneramente
patetici gli effetti familiari e la giovent rapidamente trascorsa. Lopera
del Calvia sorge per su un terreno di cultura locale che non va di
menticato e che ha contribuito certamente a modellare i caratteri della
poesia sassarese quale si verr sviluppando anche in seguito. Essenziale
per comprendere lo spirito burlesco e talora sarcastico del sassarese la
gbbula: per comprenderne limportanza basta scorrere le raccolte che
gli studiosi della tradizione orale ne hanno fatto, ma anche evidente
che c osmosi tra i versi delle gbbule della tradizione orale e quelle
di autori che usano la scrittura (N. Tanda, Letterature e lingue, p.
38). Sulla bibliografia delle opere: Tutte le opere di Pascarella, a cura
dellAccademia dei Lincei, pref. E. Cecchi, voll. II, Milano, Mondadori,
1955-1961. Sulla personalit e lopera di Cesare Pascarella, si vedano:
B. Croce, Cesare Pascarella, in Id., La letteratura della nuova Italia.
Saggi critici, II, Bari, Laterza, 1921, pp. 309-322; E. Bizzarri, Vita di
Cesare Pascarella, Bologna, Cappelli, 1941; G. Mariani, Pascarella nella letteratura romantico-verista, Roma, Istituto di Studi Romani, 1954;
F. Sarazani, Vita di Cesare Pascarella, Roma, Casini, 1957; G. Orioli,

XLIV

DINO MANCA

Belli e Trilussa, della storia e delle atmosfere pi auten


tiche delle strade e dei vicoli della Roma fin de sicle e
Berto Barbarani, celebre poeta in lingua veneta:
Penso tante volte alle nostre chiacchierate poetiche, ed
seguito in questi ultimi tempi la campagna elettorale in
Sardegna per illudermi e per rivivere attraverso i nomi i
bei giorni sassaresi.
Certo ci ritorner un anno o laltro, e riprenderemo, sia
pur per poco, le nostre recitazioni: lei mi dir qualche
cosa sua, io le reciter le ultime canzoni di Barbarani,
come allora. []61

Per lamico sassarese, lautore di Villa Gloria scrisse un


componimento pubblicato nella raccolta Dodici sonetti
romaneschi, combinati da un amico dellamichi:
Cesare Pascarella, in Aa.Vv., Letteratura Italiana. I minori IV, Mi
lano, Marzorati, 1962, pp. 3257 e sgg.; R. M. Monastra, Lepica seriocomica di Cesare Pascarella, in Carducci e il tramonto del classicismo
53, in LIL, Bari, Laterza, 1981, pp. 164-170; N. Merola, Introduzione a
C. Pascarella, La scoperta dellAmerica, Vibo Valentia, Monteleone,
1993; F. Brevini, La poesia in dialetto, pp. 2649-2653.
61
Lettera di Attilio Pani a Pompeo Calvia, Milano 15 dicembre 1919.
Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 176-177. Quando Pani scrive la
lettera non sa che Calvia morto da qualche mese. Berto Barbarani,
pseudonimo di Roberto Tiberio Barbarani (1872-1945), fu un impor
tante poeta dialettale veronese e giornalista e direttore del quotidiano
LAdige di Verona. Con Crespi, Testoni e Trilussa viaggi per molte
citt italiane con grande successo di pubblico. Conobbe dAnnunzio e
Di Giacomo. Tra le sue opere: El Rosario del Cor, pref. di A. Alberti,
Verona, Libretti, 1895; I Pitocchi, Verona, Franchini, 1897; Canzoniere
Veronese, Milano, Societ Editrice Lombarda, 1900; Nuovo canzoniere
veronese, Verona, Cabianca, 1911; I Sogni, terzo canzoniere veronese,
Verona, LAlbero, 1922; LAutunno del Poeta, quarto canzoniere vero
nese, Milano, Mondadori, 1936; I quattro canzonieri, Verona, LAlbe
ro, 1940; Tutte le poesie, a cura di G. Silvestri, pref. D. Valeri, Milano,
Mondadori, 1953 [1984]. Sulla personalit e lopera di Barbarani, fra
tutti: G. Beltramini, Berto Barbarani, la vita e le opere, Verona, Vita
Veronese, 1951.

Introduzione

XLV

Co te che sarvognuno
in poesia
semo colleghi, posso francamente
fatte la storia e d come quarmente
tra de voi antri m venuto io sia.
Lo so, lo so che nun timporta gnente
sap la storia de sta gita mia;
che or monno ce n tanta de la gente
che gira a piedi, n mare e n ferovia.
Lo so, lo so; ma er mio n antro fatto,
e si m a riccontattelo me metto,
pe fatte vede che nun so matto
si viaggio Ma decco cher sonetto
co questo verso e n antro belle fatto,
e questo quanto. Er resto sia pe detto62.

Il ventitre maggio del 1904 Pascarella venne in visita a


Sassari (dopo aver gi nel 1882, con DAnnunzio e Scar
foglio, visitato lisola per conto del Capitan Fracassa)63,
condividendo col Calvia i lieti momenti di un pranzo of
ferto in suo onore allAsinara. In quella occasione lamico
sardo improvvis dei versi che pi tardi andarono a far
parte dellintroduzione alla silloge Sassari mannu:
[]
Di zappatori chi
impari a laltri Sardi
andesini a mur
62
C. Pascarella, A Pompeo Calvia, poeta dialettale, in Dodici sonetti
romaneschi (combinati da un amico dellamichi), Sassari, Tip. Ubaldo
Satta, 1904, p. 8.
63
Sulla visita di Pascarella in Sardegna si vedano: F. Mulas, DAnnunzio, Scarfoglio, Pascarella e la Sardegna, Cargeghe, Biblioteca di Sarde
gna, 2007; La Sardegna di Pascarella nel 150 anniversario della nascita
dellartista romano, a c. di S. Ruiu, Sassari, Edes, 2008.

XLVI

DINO MANCA

cun Garibaldi;
Fraddeddu nostru e gloria,
beddu com unistella,
forti comun lioni,
vibu che li canzoni
Ditti da Pascarella
dananzi a Villa Gloria.
Canzoni di vittoria,
poemi iscunsuladdi,
lagrimi rigistraddi
megliu di dugnistoria.
Li to canti, o poeta,
so un vocabolariettu:
dallA finza a la zetta,
v lu mondu paifettu,
anzi vi n pi assai,
chi v lu nobu mondu!
Poeta, tu chi sai,
parch non giri in tondu
Tutta chista Sardigna,
e in mezzu e drentu e fora?
Poeta, la Sardigna
No, no iscuberta ancora.
Ab iscobbrila tu,
chista Sardigna amadda,
terra dimintiggadda
peggiu di li zul.
Tu rimmi freschi e rari
priparazi dumani,
tutti pebaru e Sali
cumente li romani.
In tanti sunetteddi

Introduzione

XLVII

di tuttu lu ghi z,
li nostri vaggianeddi
ti basgiarani Emb!64

Vincoli di amicizia lo legarono altres al prizzese Vito


Mercadante65, poeta in lingua siciliana, raffinato interpre
64
Sassari grande. Brindisi a Pascarella: Di zappatori che / insieme
agli altri sardi / andarono a morire / con Garibaldi; // Fratello nostro
e gloria, / bello come una stella, / forte come un leone, / vivo come le
canzoni, // Recitate da Pascarella / davanti a Villa Gloria. / Canzoni di
vittoria, / poemi sconsolati, / lacrime registrate / meglio di ogni storia.
// I tuoi canti, o poeta, / sono un dizionarietto: / dallA fino alla zeta,
/ c il mondo perfetto, / anzi c molto di pi, / perch c il mondo
nuovo! // Poeta, tu che sei bravo, / perch non percorri // Tutta questa
Sardegna, / dellinterno e delle coste? / Poeta, la Sardegna / No, non
stata ancora scoperta. // Adesso scoprila tu, / questa Sardegna amata,
/ terra dimenticata / peggio degli zul. // Tu rime fresche e rare / pre
paraci domani, / con tutto il pepe e il sale, / come i versi romani. // Da
tutto quel che c / in tanti tuoi sonetti / i nostri giovinetti / ti baceran
no Emb! (P. Calvia, Sassari mannu, pp. 8-9).
65
Mercadante svolse unintensa attivit nel sindacato dei ferrovieri se
guendo le posizioni di Sorel. In questambito scrisse lopuscolo La ferrovia ai ferrovieri, con prefazione di Vilfredo Pareto. La sua massima
opera poetica fu Focu di Muncibeddu, pubblicata nel 1910. Nel 1927
pubblic una commedia in lingua siciliana, Mastru Mircuriu. Il fasci
smo ne proib la rappresentazione al teatro Biondo di Palermo perch,
secondo Verzera, le autorit avrebbero visto riflesse nel lavoro le idee
politiche dellautore: luguaglianza delle classi sociali, che pone su uno
stesso piano lumile e saggio calzolaio, mastru Mircuriu, e il sindaco
tiranno. Tra le sue opere si ricordano: Spera di suli (1902); Castelluzzo
(1904); Lomu e la terra (1908); Focu di Muncibeddu (1910); Lu Sissanta (1910); La ferrovia ai ferrovieri (1911); Mastru Mircuriu (1927).
Sulla personalit e lopera di Mercadante, si vedano: A. Verzera, Un
poeta di Sicilia: Vito Mercadante, Palermo, ed. Palma, 1965; V. Mer
cadante, Introduzione a Vito Mercadante, in Vitu Mercadante, Focu
di Muncibeddu, Palermo, Sigma edizioni, 1991; S. Vaiana, Il poetasindacalista Vito Mercadante e le sue radici nel mondo contadino prizzese, in Annuario 1994/95, Nicosia, 1995; R. Faragi, M. Scalabri
no, S. Vaiana, Vito Mercadante, dimensione storica e valore poetico,
Comune di Prizzi, 2009.

XLVIII

DINO MANCA

te di un socialismo romantico di derivazione roussoiana,


a Gaetano Crespi, di Busto Arsizio, poeta e studioso di
lingua meneghina, autore de El convent di filomenn (no
vella lombarda in sestine milanesi), del Canzoniere milanese e de La Balonada, bosinada che descrive una gara
tra palloni aerostatici66, ad Attilio Rillosi, di Trivolzio,
critico letterario e poeta di lingua pavese, direttore della
Rivista di letteratura dialettale67, autore di Lagrim e frusta e Trilogia poetica68, studioso del Tenca e dello stesso
Calvia69, e a Giacinto Stiavelli, di Pescia, poeta anarchico,
66
La bosinada era una composizione poetica popolare, scritta in dia
letto milanese su fogli volanti, recitata da cantastorie (bosin) e di con
tenuto spesso satirico. Il metro poteva essere di varie misure e andava
dallottonario allendecasillabo. I versi erano perlopi in distici a rima
baciata e variabile era la lunghezza dei componimenti. La bosinada, i
cui inizi sarebbero per gli studiosi da porsi verosimilmente alla fine del
Cinquecento, conobbe il massimo del suo successo nellOttocento. Per
il Crespi il termine bosin per indicare la frazione del contado milane
se che sta tra il Ticino, il Lambro e i monti del Varesotto, sarebbe deri
vato dal nome di un torrentaccio, quasi sempre asciutto, denominato
Bozzente e in antico Bosintio. Si vedano a tal riguardo: F. Cherubini,
Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese, 12 voll., Mila
no, Pirotta, s.d. [1816-17]; F. Fontana, Antologia Meneghina, Bellinzo
na, E. Colombi, 1901; G. Crespi Legorino, Poesie in dialetto milanese e
in vernacolo bosino, Milano, Tip. L. Macchi, 1887; G. Crespi, El convent
di Filomenn: novella lombarda in sestinn milanes, Milano, Tipografia
nazional de Virgili Ramperti, 1897 [P. Carrara, 1908]; Canzoniere milanese, Milano, Tip. Edit. L. Di G. Pirola di Enrico Rubini, 1903; La balonada. Satira giornalistica in sestine milanesi di G. C., Milano, Libreria
Renato Baggio, 1907; Il patriottismo di Carlo Porta, Milano, P. Carrara,
1908; C. Repossi, Bibliografia delle Bosinate in dialetto milanese (16501848), in Milano e il suo territorio II, a cura di F. Della Peruta, R. Leydi,
A. Stella, Milano, Silvana edizioni, 1985, pp. 167-246.
67
P. Calvia, Pa la paltenzia di lu Reggimentu, Rivista di letteratura
dialettale, III (1903), p. 15.
68
A. Rillosi, Lagrim e frusta, Pavia 1902; Trilogia poetica, Mantova
[1907-1910].
69
Id., La rinascenza della poesia vernacola. Pompeo Calvia e la poesia
sarda, Mortara, Tip. Pagliarini, 1903.

Introduzione

XLIX

critico letterario e saggista, amico del Pascoli e di Severi


no Ferrari, collaboratore di vari fogli come Gazzetta ita
liana letteraria illustrata della domenica, Fiammetta,
Avanti!, autore di vari studi sul Risorgimento, tra cui
quelli sul Guadagnoli e Garibaldi70. Fu, infine, estimatore
del milanese Felice Cavallotti, deputato dellestrema sini
stra radicale e di Aldo Spallicci, autonomista e federalista,
cultore e promotore dellidentit e delle tradizioni popo
lari della Romagna71:
Caro Calvia,
grazie per tutto, e massimamente per la sollecitudine.
Le vostre poesie dallaccento rude son forse le pi ribelli
al compito chio mi sono imposto, ma duna originalit
chio vi invidio.
Inutile dirvi che ho dovuto scegliere la meno ribelle (qui
a latere) e quella che poteva sopportare la napolitaniz
zazione, permettetemi la brutta parola.
Il nostro dialetto, che certo dei pi belli, incontesta
bilmente il pi povero, se non despressioni, di vocaboli.
Ad ogni modo son lieto di non essermi ingannato quan
do, rubacchiando un p il mestiere ai profeti, ho detto
che tenimmo tutte quante o stesso core. Voi forse non
conoscete nulla della mia piccola arte vernacola sboccia
70
In occasione della pubblicazione della poesia Su duos de Lampadas,
letta dal Calvia sulla tomba di Garibaldi qualche giorno dopo la sua
morte e accolta con favore dal Carducci e dal Mario, Stiavelli scrisse:
La poesia tutta un inseguirsi dimmagini luminose, tutta uneleva
zione del cuore verso lideale garibaldino, finisce con un saluto allItalia
libera e grande e con un saluto al popolo sardo che canta, sincero, le
sue canzoni e liberamente pensa (G. Stiavelli, Garibaldi nella letteratura italiana, Roma, Voghera Editore, 1901, pp. 291-294).
71
Spallicci fu medico e parlamentare. Fu un autonomista e federalista:
Siamo tutti italiani e la Repubblica una ed indivisibile. La storia, la
cultura, la stessa geografia ci ha, per, fatti diversi. una opportunit
da mettere a profitto nellinteresse generale del Paese responsabilizzan
do, nellesercizio autogestionario, le varie popolazioni (S. Servadei,
E Ba dla Rumagna, 19 ottobre 2008, p. 10).

DINO MANCA

ta a lombra duno pseudonimo che mi caro, arte che


finora s limitata alle canzoni pi o meno in voga; ma
quando mi sar dato raccogliere in volume gran parte
delle poesie edite, osserverete che ho di comune con voi
qualcosa, che c, come dire? Una affinit sentimentale.
Per ora vi invio una mia poesia e spero che vorrete far
ne la versione per darmi ragione. Quanto a la vostra ho
creduto di dover venir meno alla mia intenzione di atte
nermi al concetto ed alla forma originali: non vi pare che
lultima quartina chiuda meglio col sistema di rima che
governa la prima?
Ora, una preghiera: allappello di Gaetano Crespi, il pon
tefice massimo della fioritura odierna, accorreste anche
voi? E potreste darmi lindirizzo del Crespi e daltri con
fratelli? E c qualche altro confratello sardo? Io voglio
radunare tutta la prole delle materne muse vernacole.
Aiutatemi come potete.[]72

E cos scrisse lamico Mercadante, sulla personalit e


lopera poetica del quale Calvia compose nel 1910 un sag
gio critico:
Caro Pompeo,
giorni fa ho ricevuto una cartolina a firma di G. E. Gaeta
da Napoli, il quale mi scriveva che, dietro tue indicazioni
si era deciso a chiedermi le mie pubblicazioni (!) e la mia
fotografia (!!!).
Che io fossi un granduomo non lavevo mai pensato, ma
che la simpatia del Calvia mi ci volesse in sua compagnia
non mi sorprende, perch della tua bont ho anche sen
tito parlare a comuni amici. Ma, per tornare al Gaeta E.
G. di Napoli (che io sconosco), tu sai che in dialetto non
ho pubblicato che lo Spera di suli, il quale non che un
saggio-prologo del Focu di Muncibeddu che sper vedr
la luce questanno.
E per, prima di mandare quanto il G. E. Gaeta di Napo
72
Lettera di E. A Mario [Giovanni Ermete Gaeta] a Pompeo Calvia,
Napoli 27 dicembre 1908. Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 199.

Introduzione

LI

li mi chiede mi piacerebbe sapere che cosa sar e vorr


essere quella pubblicazione fraternit vernacola per la
quale egli raccoglie gli elementi o il materiale.
Tu sapresti dirmene qualche cosa?
Intanto bene essere grati al Gaeta, perch, quanto
meno, ci ha dato motivo di scrivere una lettera ad un
amico buono, e di potergli cos chiedere notizie di lui e
delle sue cose e soprattutto della sua arte: Che fai? Che
pensi? Hai scritto? Pubblichi?
Io? Ecco: la barba ed i capelli imbiancano con un cre
scendo rossiniano (il traslato feroce ma credo effica
ce); ma resto sempre un bambino, sogno sempre, e dei
miei dolori, che non son pochi e che sono profondi, tolgo
argomento di canto, e delle mie idee, delle mie convin
zioni, che non sono le pi accette alla folla dominante,
vivo con lentusiasmo di un giovane neofita. Se non fosse
cos non mi saprei spiegare la ragione di vivere.
Ti mando una poesia della seconda parte del Focu di
Muncibeddu, cio da li passioni, pubblicala in qual
che giornale o rivista dellisola o della penisola; cos mi
annunzierai la prossima pubblicazione del volume, ma
sopra tutto fammi sapere se ti piace questaltro aspetto
dellanima isolana.
di Messina? Non te ne parlo, non ne parlo con alcu
no: quello che videro i miei occhi, quello che vide e sent
e sente lanima mia spero di rendere in un lavoro che ho
incominciato e non male.
Come vedi, con gli anni divento immodesto ma sem
pre affezionatissimo[]73.

73
Lettera di Vito Mercadante a Pompeo Calvia, Palermo 16 febbra
io 1909. Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 204-205. di Messina?
[] Quello che videro i miei occhi, quello che vide e sent e sen
te lanima mia spero di rendere in un lavoro che ho incominciato:
Mercadante si riferisce al terremoto di Messina, verificatosi il ventotto
dicembre 1908. Le vittime furono pi di centomila. Il lavoro che egli
preannuncia allamico verosimilmente Lomu e la terra. Missina: dicembri 1908 dicembri 1909 (Palermo, 1910).

LII

DINO MANCA

Ma gli interessi delleclettico artista sassarese, come gi


sottolineato, furono molteplici. Tra questi non manc
certamente quello musicale. Nel febbraio del 1899, infatti,
aveva sposato Cristina Manca, diplomata in pianoforte al
conservatorio di Roma con il maestro Giovanni Sgamba
ti, figura importante assieme a Giuseppe Martucci per lo
sviluppo della musica strumentale in Italia74:
Ti d una notizia la quale forse non ti parr vera. Sono
facendo lamore. Indovina con chi. Ebbene, voglio dir
telo subito. Con Cristina Manca, la quale sta dirimpetto
alla mia finestra.
della mia et.
Non brutta.
istruitissima ed anche una buona ed esimia pianista.
Non so nemmeno io come ci sono caduto.
La solitudine, laverla sempre innanzi agli occhi, avendo
le finestre dirimpetto, il vederla soffrire, il vederla guar
darmi [] Mi scrive delle lettere splendide per eleganza
di stile e per sentimento. una giovine seria.
Vi da fare un romanzo. Povera Cristina, quanto ha sof
ferto. Tu saprai che nel letto di morte, come Consalvo
nel Leopardi, spos il mio compagno di scuola, di armi,
di pensiero: Andrea Tedde, il capitano. Ammesso che
uno debba pigliare moglie, credo di non avere fatto una
cattiva scelta. Forse non ne avrei preso mai mai, ma
insomma. [] Pap contentissimo della scelta. Sono
quattro mesi che fo lamore, ed ancora non mi sono de
ciso a dimandarla. Cristina, poveretta, ha pazienza, e
dimagrisce di giorno in giorno. Vive col padre che il
Dottor. Manca, ed giubilato. Pare una fatalit che si
debba pigliare sempre una Manca. Piglierai anche tu una
Manca? Mi ti immagini al braccetto. Lei sottile sottile, ed
io grosso grosso. Verr a Genova per il viaggio di nozze,
74
Sgambati perfezion i suoi studi in pianoforte con Franz Liszt e
grazie a Wagner pot pubblicare le sue prime composizioni. Fond a
Roma il Liceo di Santa Cecilia e fu altres pianista e direttore del Quin
tetto della Regina Margherita.

Introduzione

LIII

ma questa volta vestito elegantississimamente75.

E nella silloge Sassari mannu, in apertura della sezione


de Le rime familiari, si trova un acrostico di apprezzabile
fattura intitolato A Cristina (mentre tu suoni al piano un
Notturno di Chopin), in cui le sillabe iniziali di ciascun
verso formano un acronimo riproducente la scala delle
note musicali:
DOlzi dolzi lu cantu,
REsta no ti nand:
MI chhaggiu pientu tantu,
FAdda, no mi lass !
SOLu tu sei la vidda,
LA vidda sei tu ab:
SI ti nandi finidda76

Dal matrimonio con Cristina77 il nove dicembre del


1902 nacque Maria, alla quale dedic e fece dedicare alcu
ni componimenti poetici:
[]
Mariuccia Antonietta, ha ora tre mesi. Si fa molto lunga,
e comincia a ridere quando la si fissa, e vuole intavolare
un discorsetto in lingua volapusch78.
75
Lettera di Pompeo Calvia ad Antonino Calvia, Sassari 6 novembre
1898. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p. 179.
76
P. Calvia, A Cristina (mentre tu suoni al piano un Notturno di
Chopin), in Sassari mannu, p. 83.
77
Per le nozze di Pompeo Calvia con la signorina Cristina Manca, 11
febbraio 1899 (versi di Antonio Scano, Luigi Falchi, Ranieri Ugo), La
piccola rivista, Cagliari, 1899.
78
Volapusch sta qui verosimilmente e ironicamente per Volapk,
lingua artificiale ausiliaria realizzata tra il 1879 e il 1880 da Johann
Martin Schleyer, molto noto nel periodo storico in questione. Si sti
mato che nel 1889 esistessero quasi trecento circoli e venticinque pe
riodici scritti in Volapk.

LIV

DINO MANCA

Si guarda continuamente le mani e cerca di afferrare gli


oggetti. [] gi da tre giorni con un poco di tosse, e
puoi capire le ansie di Cristina e mie. Non ci troppo da
scherzare perch corre in paese linfluenza della pertos
se, ed infatti muoiono molti bambini.
Poveretta, quando le viene il colpo della tosse soffre ter
ribilmente.
In pochi giorni dimagr a vista docchio, per pi sim
patica.
Antonietta ha occhi neri neri e belli come mamma.
un poco bruna. Ha un nasino delicato e stringe il labbro
inferiore come fo io, quando mi adiro. Scrivile dei versi
alla nipotina lontana79.

Per tutto il primo quindicennio del nuovo secolo Pom


peo Calvia continu a scrivere di arte e di letteratura per
giornali e riviste80. Seguendo la corrente letteraria ripro
posta con forza in Sardegna da Enrico Costa, con Quiteria
e Peppeddu, storia di un giovane bandito di Sardegna81,
si ciment altres col racconto storico in lingua italiana.
Dopo lesperienza come narratore scrisse ancora, dedi
candosi alla poesia in logudorese e in sassarese, senza tra
scurare larte del disegno, del bozzetto e della pittura.
Si spense in una stanzetta dellospedale di Sassari, col
pito da una paralisi di origine diabetica, il sette maggio
del 1919 a sessantadue anni, confortato dalla moglie Cri
stina Manca, dalla figlia Maria, dalla sorella Peppina, dal
fratello Mario e dal cognato Giuseppe Manca82:
79
Lettera di Pompeo Calvia ad Antonino Calvia, Sassari 12 marzo
1902. Cfr. D. Manca, Tenimmo, p. 180.
80
Cfr. Pompeo Calvia critico darte, cit.
81
Il romanzo inedito.
82
L. Falchi, Pompeo Calvia e la sua poesia, in Sassari mannu. Poesie
edite e inedte di Pompeo Calvia, Sassari, Tip. Ubaldo Satta, 1922, p.
VII. Scrisse il Falchi: Finch avr vita ricorder la sera tristissima in
cui appena ebbi notizia della paralisi che lo aveva colpito corsi alla
sua casa. Reso immobile in tutto un lato, aveva ed ebbe fino allultimo

Introduzione

LV

Distintissima Signora,
la notizia della scomparsa del povero signor Pompeo,
mi giunge cos inaspettata a tanta distanza di tempo,
che rende maggiore il mio rincrescimento e mi lascia
come dubbioso, come fosse non vera. Alcuni giorni fa,
scrivendo al signor Margelli di Sassari per pregarlo di
inviarmi delle fotografie fatte allAsinara, gli chiedevo
notizie del signor Pompeo, meravigliato di non averne
da tempo. E qualche mese fa insistevo presso un amico
dedito a stud letterari, perch volesse occuparsi della
poesia del povero Signor Pompeo: e pur mancandomi
notizie ero naturalmente lontano dallattribuirne la cau
sa a s triste e doloroso motivo irreparabile. Anchio
ricordato, signora, pi volte, le mie conversazioni sassa
resi col povero scomparso e mi ricordo tenacemente di
certe sue esclamazioni di gioia quando, in certi versi dia
lettali della nostra regione, che io gli recitavo, egli trova
va sentimenti o movimenti di poesia comuni al suo caro
dialetto sardo. E ci eravamo promessi di ri-incontrarci,
forse in Italia, vinta la guerra, e tornato il tempo dolce
dei poeti. Ahim! Abbiamo vinto la guerra, ma il tempo
sperato non ancora tornato e intanto, stanco forse di
aspettarlo, il povero scomparso lo cercato e sicuramen
te trovato altrove. Certo non vi pu essere per Lei con
forto di parola alcuna, perch nessuna avrebbe il potere
di riempirle nemmen per poco, il vuoto che il caro scom
parso lasciato: certo Lei sola per la continua intimit
vissuta con lui pu misurare la dolorosa gravit della sua
chiarissima la mente e ben viva la carducciana fierezza degli sguardi
neri e penetranti. Quando mi vide avevo voluto essere solo con lui

cerc di sollevarsi, ma non pot; e diede in uno scoppio di pianto. E col


dito, come a dirmi che lavrebbe riveduto presto in un mondo migliore,
mindic il ritratto di Sebastiano Satta, pendente sulla parete opposta,
offertogli nel 1906, con queste parole: A Pompeo, amico nella vita e nel
sogno, per ci che si visse, per ci che si vive, per quanto si vivr. Bustiano. Ed io sentii che sopra il nostro dolore aleggiava, in quel momento,
lo spirito grande del fratel nostro, anche egli uscito da questa bassa vita
carico di immeritati dolori (Ibid).

LVI

DINO MANCA

scomparsa: ma pure quelli che gli sono stati anche per


poco tempo vicini, sanno quale forza viva di poesia, che
bont, scomparsa, da lui portata nellinfinit dei cieli:
e ne sono sinceramente commossi e profondamente; era
in lui tanta bont, da farlo giovane per la chiarezza che
questa gli metteva nellanima e nel viso: ed io, fra me e
me, nelle nostre discussioni, dopo la prima, amavo gi
questuomo per la bont che traspariva in lui come una
luce.
Certo, signora, Ella avr trovato nel commosso rimpian
to di chi lo conobbe, un conforto dolce alle sue lagrime:
auguriamoci che il palpito di poesia e di bont che lo
animava non sia scomparso con lui, ma vibri in quello di
questo mondo ancora sconsolato83.

83
Lettera di Attilio Pani a Cristina Manca vedova Calvia, Parigi 28
aprile 1920. Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 181-182.

Introduzione

LVII

Quiteria quasi Tosca


1. Firmato con lo pseudonimo anagrammato Livio de
Campo, il romanzo Quiteria usc tra il primo marzo e il
primo agosto del 1902 nei primi sedici numeri de La Sar
degna Letteraria, articolato in quindici puntate e struttu
rato in XVII capitoli84.
La rivista, che usciva il primo, il decimo e il ventesimo
giorno dogni mese diretta da Luigi Falchi e stampata
nella tipografia di Ubaldo Satta, a Sassari vide la luce
proprio nel marzo di quellanno85.
84
Il romanzo avrebbe dovuto conoscere la stampa in volume: Nel
prossimo numero finir Quiteria, il romanzo sassarese che presto usci
r in elegantissimo volume edito dal nostro Ubaldo Satta. Cfr. La
Sardegna Letteraria, I, 15 (20 Luglio 1902), p. 130.
85
Assieme a Pompeo Calvia e Sebastiano Satta, Luigi Falchi fond a
Sassari, tra il 1890 e il 1893, il periodico La Terra dei Nuraghes in
cui cur la rubrica Nuraghe a mosaico e pubblic liriche ed articoli.
Diresse con Antonio Scano ed Enrico Costa la collana dedicata dallE
ditore Giuseppe Dess agli scrittori sardi e fond nel marzo del 1902
la rivista La Sardegna letteraria. Nel 1895 si trasfer a Roma dove
si laure in Giurisprudenza, discutendo una tesi sulle Carte dArbo
rea. Nel 1903 consegu la laurea in Lettere. Strinse amicizia con Grazia
Deledda con la quale intrattenne una lunga corrispondenza epistolare.
Nel 1901 lavor presso il gabinetto del ministro di Grazia e Giusti
zia Francesco Cocco Ortu, e, in seguito, fu consigliere comunale nella
capitale negli anni del blocco popolare durante lamministrazione
del repubblicano Ernesto Nathan. Nel 1916 rientr con la famiglia a
Sassari. Nel 1921 conobbe Emilio Lussu e con lui condivise le ragioni
del pensiero autonomista e sardista. In quegli anni collabor con le
riviste Il Nuraghe e La Nuova Antologia. Nel 1929 ottenne la libera
docenza in letteratura italiana. Per le sue idee sugli Ebrei esposte ed
argomentate in due lavori (Gli Ebrei nella storia e nella poesia popolare
dei Sardi, Sassari, Stamperia della Libreria italiana e straniera, 1934; La
dominazione ebraica in Sardegna, Cagliari, F.lli Melis-Schirru, 1936),
fu trasferito a Piacenza. La tipografia di Ubaldo Satta si trovava in via
Caserma, n 4. Il primo numero accolse contributi di Sebastiano Satta

LVIII

DINO MANCA

Lopera incontr da subito il giudizio lusinghiero della


Deledda:
Ho ricevuto La Sardegna letteraria. Interessantissima.
Ma perch Calvia non firma col suo nome il romanzo
Quiteira, che originale e interessante?86

Il racconto prende spunto dalla storica battaglia di Ma


comer tra i Sardi e gli Aragonesi87, e narra della sfortuna
ta vicenda e del dramma personale e sentimentale della
giovane e bella figlia di Leonardo Alagon, oltraggiata e
rinchiusa nel castello di Sassari insieme coi fratelli, dopo
la sconfitta degli eserciti sardi:
Il racconto del quale cominciamo oggi la pubblicazio
(Notte di S. Silvestro, versi), Dionigi Scano (La chiesa di S. Maria del
Regno in Ardara, con incisione), Giuseppe Caprino (Note romane),
Alfredo Giannini (Breve fiorita, versi), Luigi Falchi (Felice Uda) e in
ultimo, come detto, la prima puntata di Quiteria (racconto tratto dagli
avvenimenti sardi del sec. XV) di Livio de Campo.
86
L. Falchi, I due ultimi romanzi sassaresi, Mediterranea, VII, 1
(Gennaio, 1933), p. 22.
87
Lantefatto storico vuole che il quindici maggio del 1478 Nicol Car
rs dArborea venga a sapere, mentre assedia il castello di Burgos, che
Leonardo de Alagn si trova con tutto il suo esercito a Sa Rochitta, nel
quartiere fortificato di Macomer. A quel punto, passando per Bolotana
e Nuragugume, il giorno diciotto decide di raggiungere Campu castigadu per poi, attraverso Iscalarba, raggiungere il pianoro di Macomer.
Allalba del diciannove maggio 1478, tutto lesercito viceregio si schie
ra alle spalle del forte marchionale, nei pressi dellattuale quartiere di S.
Maria Bonudrau. Dopo una battaglia durissima, i Sardi ribelli vengono
sconfitti e molti restano sul campo, fra cui Artale, figlio maggiore di Le
onardo Alagon. Il marchese, con pochi fedelissimi, fugge a Bosa dove
simbarca sulla galera di un certo Giovanni Saragozza per approdare
a Genova. Ma in alto mare vittima di un tradimento e consegnato,
a Palermo, nelle mani dellammiraglio aragonese Giovanni Vilamar
il quale lo conduce a Valenza, nella prigione di Jtiva (o Xtiva), dove
rester fino alla morte sopraggiunta il tre novembre del 1494.

Introduzione

LIX

ne tratto dalla storia, cupa e dolorosa, della Sardegna


del sec. XV. La nazionale casa dArborea, la casa di Leo
nardo Alagon, la casa che avea prodotto Eleonora e i ri
gogliosi rifiorimenti dellarte sarda, era stata schiacciata,
non vinta, dalle armi dAragona. Sotto il peso delle armi
straniere, lanima dei sardi, dei sassaresi specialmente,
ebbe contrazioni spasmodiche: essa aveva lenergia di
rigettare, in un impeto di sollievo improvviso tutto quel
ferro e le forche molteplici dalle quali corpi di patrioti
nostri penzolavano, nelle grigie mattinate. In questo ro
manzo la figura di Quiteria, la condannata e oltraggiata
e bella figlia di Leonardo Alagon la quale era stata ar
restata assieme coi fratellini Michele e Francescuccio e
con la sorellina Giovanna, dopo la disfatta che la casa
dArborea tocc a Macomer, il 19 Maggio del 1479
spicca nella purezza duno sfondo lieto, fatto damore e
di sogni. L accanto a lei e innanzi a lei, dormono con
un respiro affannoso e roco figure di congiurati, che
attendono lora della insurrezione: e su tutto il quadro;
infine, lampeggia dun baleno liberatore il pugnale di
Gavino Puliga, leroico trafittore di Don Angelo Maron
gio. Tempo glorioso era quello e di sventura! Sassari era
patria di spiriti forti che non si piegavano sotto il basto
ne del villano dominatore. N. d. Dir.88

Al centro della scena recita il suo dramma Quiteria,


donna irriducibile e fiera, oggetto delle violenze e dei de
sideri del Conte di Bonafides e vittima di un tragico desti
no. Intorno alla sua figura, modellata e a tutto tondo, che
spicca nella purezza duno sfondo di sogni e damore89,
gravitano e si muovono entro un reticolo di relazioni (fat
tuali e sentimentali) e di rapporti dicotomici di attrazione
e repulsione, di solidariet e conflitto, altri personaggi pi
o meno complessi, come Pierino Unali, altra figura focale
88
La Sardegna Letteraria, I, 1 (1 Marzo 1902), p. 7. La nota del diret
tore compare a pi di pagina.
89
L. Falchi, I due ultimi romanzi, p. 22.

LX

DINO MANCA

del racconto, pittore, amante delleroina, che raffigura nel


Castello di Oristano il martire turritano Gabinus, dandole
il volto della fanciulla (conosciuta in quella occasione), e
che accetta di dipingere il ritratto di Rosa Gambella, pur
di ottenere la sua intercessione in favore dellamata, tra
dotta e rinchiusa nelle segrete del Castello di Sassari; come
il vecchio conte di Bonafides, tristo uomo la cui faccia
conserva limpronta dun Satana da strapazzo, freddo e
impietoso capitano del carcere, inquisitore sadico e vio
lento, il quale, travolto dal morboso amore per Quiteria,
vittima del suo pugnale; come Gabinu Sura, il carceriere
e il boia del Castello, uccisore dei fratelli Alagon, verso
la donna tuttavia pietoso e inteso con frate Carmi
ne (eroica figura manzoniana)90, che non pu non ri
cordare gi nel nome (Gabinus, Gabinu) ma soprattutto
nella sintassi attanziale, nella pragmatica e nel proces
so di maturazione del personaggio (soldato-carceriere,
ravvedimento, pentimento e conversione alla causa),
il modello cristiano e popolare, esemplare ed archetipi
co di Gavino, uno dei tre martiri turritani91; come Rosa
Gambella, signora di Romangia, moglie di Don Angelo
Marongio, luogotenente del governatore e capitano del
le milizie che sconfissero Alagon, raffinata e aristocratica
donna di potere ma anche madre premurosa e sensibile,
(la cui unica consolazione il figlio Salvatorico), che,
suscettibile di evoluzione, si riscatta dinanzi agli occhi del
lettore quando predispone il piano per liberare Quiteria;
come lo scultore Albertuccio Casena, cortigiano opportu
nista e dissimulatore disonesto, che commissiona a Pie
rino purch a suo nome (Albertuccius Casena sculp.
Ibid.
Cfr. [A. Cano], Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu,
Prothu et Januariu, a cura di D. Manca, Cagliari, Centro di Studi Fi
lologici Sardi/Cuec, 2002; D. Manca, Il tempo e la memoria, Roma,
Aracne, 2006, pp. 225-345.
90
91

Introduzione

LXI

fecit.)
il disegno di una finestra trionfale e i ritratti
dei fortunati sposi; come Nicol Montagnano, patriota
sassarese, capitano dellesercito arborense, figura nobile
e forte, il quale, sfuggito alla morte e in citt nascosto,
ricercato da sgherri e traditori; come Mauro e Gavino Pu
liga, partigiani del marchese di Oristano, che si distinguo
no per il sacrificio e il coraggio (il primo, subiti i tormenti
della tortura e gli interrogatori di Bonafides, impiccato,
il secondo uccider Marongio):
Quiteria riconobbe allora il Conte di Bonafides, quel tri
sto uomo che avea ordinato al boia di far pi rapidi i giri
di corda della tortura, e di passare i ferri roventi sui pie
di nudi di Mauro Puliga, legato sulla graticola. Il Conte
aveva indossato per loccasione il candido giustacuore di
seta. Un ampio collare ricamato gli copriva met della
nuca. Le sue maglie erano anchesse bianche e bianche le
scarpette di raso. Alla cintura teneva un pugnaletto con
manico doro tempestato di gemme. I pochi capelli della
testa eran ricciuti ed ondulati pei molti aggrovigliamenti
di ferro caldo, ed avevano quel nero lucido ed ambiguo e
quellodore dellessenze di chi sunge per attutire cattive
esalazioni e fisiche magagne. Gli occhi erano infossati pi
del solito e le ciglia pi appiccicate ai rossi bordi che con
tornavano le pupille sinistre ed il giallo della cornea. Sul
viso era stata passata molta cipria e molto unguento per
nascondere le grinze e le screpolature fatte da mali segreti.

Sullo sfondo, infine, sempre incombente, si staglia, nella


memoria dei personaggi e in tutta la nitidezza dei contor
ni, la gloriosa immagine di Leonardo Alagon, principale
nemico della casa di Aragona, mitico eroe della patria e
della lotta sardista contro lo straniero usurpatore. Intor
no a questa variopinta galleria di personaggi si agita una
moltitudine di esistenti, comprimari e comparse, di con
giurati, uomini darme, di chiesa e di popolo.
I motivi della passione civile e dellamor di patria, del

LXII

DINO MANCA

la lotta contro lo straniero e delleroismo sfortunato (del


singolo e di un intero popolo)92, della congiura e del tra
dimento, della tortura e della violenza, del sentimenta
le e del patetico, della passione irresistibile e tentatrice,
costituiscono lorditura tematica ricca e screziata del ro
manzo, che si compone dei fili propri del tessuto melo
drammatico e sentimentale, delle trame di personaggio
e di destino, ma anche di quelle dazione e di prova con
finale tragico.
Prevalentemente incentrato sulle disgrazie della giova
ne protagonista (fonte prospettica interna al Castello) e
sulla azione parallela del suo amato (punto di vista ester
no), lintreccio si dipana secondo un vettore diegetico a
sviluppo fondamentalmente diadico: lexordium segna
to direttamente dallazione complicante (arresto di Qui
teria e dei suoi fratelli), la quale, dopo nuove peripezie e
secondo una sorta di climax ascendente (quanto pi forti
sono i contrasti tra i personaggi tanto pi cresce la ten
sione), evolve nel corso del racconto fino a raggiungere
il punto parossistico (uccisione degli oppressori e morte
della protagonista) che coincide con lepilogo. La sfera
pragmatica in cui sono coinvolti i due amanti, e il pro
cesso evolutivo di cui sono suscettibili, costituiscono il
doppio filo che attraversa la vicenda, restituita, con sa
piente alternanza, secondo le modalit della tessitura ad
incastro.
Lordine di successione logico-cronologica degli av
venimenti non differisce dallordine di disposizione che
gli stessi hanno nel libero discorso narrativo. Lunica si
gnificativa distorsione temporale si riscontra nel quarto
capitolo quando, attraverso il processo rimemorativo di
Pierino Unali (come in un sogno), il lettore viene si
92
Le note della serenata si perdevano lontano con lunga e luttuosa
onda di pianto come il lamento di tutto un popolo dolente.

Introduzione

LXIII

gnificativamente catapultato, con orientamento visivo


straniante, dentro una nuova dimensione crono-topica:
dal sinistro Castello di Sassari luogo di violenza, soffe
renza ed intrigo alla regale sala darmi del Castello di
Oristano, dove giganteggia la ieratica e austera figura del
marchese Alagon:
La mente di Pierino andava rievocando, come in un so
gno, le dolci visioni del suo amore dentro il Castello di
Oristano
Don Leonardo Alagon passeggia nella sala darmi del
Castello. Severo e dignitoso lincedere, e negli occhi
brillano fulgidi lampi pel guizzar serpentino dei pensieri,
dove non accolta mai una idea vile.
I turbinosi nembi delle lancie non sono per lui che il sor
riso della gloria.
Nemico dintrighi, di tossici, di spie e di cortigiani, di
rapine e di violenze.
La spada che gli pende al fianco ed il pugnaletto dal ma
nico doro e dalla fodera di rosso velluto, non scintillaro
no che in battaglia, in faccia allinvasore.
Segue concitato a passeggiare coi pugni incrociati sotto
lampio e candido colletto accartocciato che incornicia
il viso maschio e diventato quasi di bronzo pel sole che
dona i suoi raggi agli eroi, chiedendo in compenso solo
il sangue e la vita.
Spesso laffilata ed energica mano corre sullimpugnatu
ra, con fremiti accompagnati da improvviso corrugarsi
della fronte.

Lanalessi, esterna e parziale, non si basa sulla stessa li


nea contenutistica del racconto primo ma recupera una
unit di contenuto narrativo autonoma, e solo in parte
lanacronia sana la falla diegetica. Per altro la struttura
temporale si connota per una certa variet della velocit
del racconto. La durata, pur intervallata da talune accele
razioni e compressioni ellittiche (esplicite e implicite), da

LXIV

DINO MANCA

non poche dilatazioni descrittive (di natura attributiva e


spazio-temporale), con effetti di rallentamento e di arre
sto contemplativo, e da pause e sommari (che concorrono
a scandire in vario modo il ritmo delle diverse sequen
ze), si caratterizza altres per la sua alta valenza scenica e
drammatica.
Tutti cos li uccidono? Taci! Ei! Ges non c?
Taci! Sono della vile razza dArborea, figli del peccato.
A morte con vostro padre Leonardo Alagon. A Mor
te Nicol Montagnano, traditor sassarese! A morte!
A morte! Abbasso e per sempre, Arborea! Gi, gi,
Arborea!
No! grid Quiteria, riscuotendosi. No! abbasso Ar
borea, mai!

Il tempo della storia e il tempo del discorso, dunque,


non di rado corrispondono, aumentando la resa mime
tica, lirico-teatrale e patetica del romanzo, ed attenuando
ogni tanto la presenza di una voce narrante, esterna alla
storia, che regola il flusso prospettico alternando langolo
di visuale illimitato tipico dellonniscienza classica, a fo
calizzazione zero, alla narrazione a focalizzazione interna
fissa, variabile e multipla.
La struttura segnica conforme al tema trattato. Fra le
unit funzionali e pragmatiche significativamente emer
gono, oltre le sceniche e drammatiche, quelle dazione,
concernenti i processi che dinamizzano la storia. Lin
crocio fra prospettiva e voce narrante ci consegna, come
detto, una sorta di polifonia eterodiretta, orientata da un
narratore etico-manzoniano che spesso sembra modula
re e regolare anche attraverso le parole e i pensieri dei
personaggi la sua distanza, in senso morale, ideologi
co ed emotivo, rispetto alluniverso rappresentato e alla
fauna umana che lo popola. Significativo ci sembra, a tal
riguardo, il riscontro, tutto narrativo, della sua vicinanza

Introduzione

LXV

al dolore della protagonista Quiteria, vittima di angherie


e soprusi:
Linfelice Quiteria avrebbe voluto versare tutto il suo
sangue, per scrivere quel motto su tutti i muri delle se
grete ove erano tanti infelici.
Questo le pareva dovesse essere il suo testamento e quel
lo dei fratelli.
La campana del bargello, che avea cessato di suonare, ri
cominci i lentissimi rintocchi.
Quiteria singinocchi innanzi al finestrino, e tolse dalla
borsetta, che le pendeva a fianco, il rosario, pio ricordo
della madre.
E preg a lungo per la patria sua, per il padre suo, pei
fratellini e per la madre lontana, la quale, nellestasi della
preghiera, le pareva che teneramente la chiamasse.
Mamma! mamma! dove sei? esclam Quiteria; e rup
pe in un pianto dirotto.

La narratio intervallata, soprattutto nel manoscritto,


da lunghe pause descrittive, in parte asciugate nel passag
gio alledizione a stampa. La storia, calata dentro corni
ci ambientali pervase di sinistra suggestione, sostenuta
da una particolare tecnica espositiva volta in alcuni casi
a creare suspense (con focalizzazione sul personaggio
nei momenti cruciali, senza anticipazioni del narratore
e atmosfere preparatorie). La rappresentazione spaziale,
prevalentemente concentrata sui luoghi chiusi, dentro il
Castello (luogo del male e della violenza), si connota in
alcune pagine per interessanti effetti chiaroscurali, di vaga
eco caravaggesca, e per significative contrapposizioni cro
matiche:
Era tutto sinistro in quella stanza cos piena di contra
sti. Le veneri e le ninfe denudate degli arazzi come tende
mosse alquanto dal vento, parevano visioni convenute
per vendetta ad un banchetto infernale. Lo stesso riso
infernale chera impresso sulle labbra del cadavere si ri

LXVI

DINO MANCA

peteva sulle bocche delle procaci fanciulle. Le vivande ed


il profumo dei fiori mandavano un odore strano.

Effetti lirici, con echi tardo-romantici, si registrano, per


converso e significativamente, soprattutto nelle descrizio
ni degli spazi aperti (connotati di valenze positive), della
citt in festa, colorata e chiassosa, e dei paesaggi campe
stri, resi con taglio bozzettistico, come microcosmi idilli
ci, a tratti edenici, da mitica Arcadia:
Non fo per vantarmi, ma quella campagna un vero pa
radiso. Si vede tutto Sassari ed i villaggi vicini. Ci sono
ciriegie. E che aranci! Tutti doro, e che sapore. Le vigne
si stendono tuttintorno e quando vien lautunno non si
sa dove trovar tante botti per raccogliervi tutto il sugo
bianco, e rosso, e nero, che si stilla da quei grappoli che
paion quelli della terra promessa.

In questo universo liricamente rappresentato si parla un


solo linguaggio. Qui, infatti, luomo pu diventare natura
e la natura partecipando alle vicende umane sa tendere
allantropomorfismo:
I capelli di Quiteria si erano in parte aggrovigliati al col
lo dellinnamorato. Due grandi alberi secolari di ulivo
serano anchessi intrecciati coi rami simili a due corpi
che un giorno avessero vissuto e che ora seguitassero ad
amarsi. Pierino depose Quiteria sotto questi alberi.

Non manca altres lo sguardo di prevalente valenza


folklorico-demologica, linserto linguistico, linformante
spazio-temporale che si rapporta direttamente alla sfera
antropologica e al codice culturale del racconto:
- Eh, ci siamo figliola! esclam Zia Maria soffregandosi
le mani e battendo allegramente i piedi per terra. Io
non sono medico, ma di certe cose me ne intendo. Que

Introduzione

LXVII

sto male la madre, come diciamo noi in dialetto, povere


donne. Ci vuole un bambino, ci vuole un bel figlioletto
per guarir tutto.

Domina su tutto una descrizione basata sullosservazio


ne, lemozione, lesperienza sensibile e il gusto raffinato
dellartista; una descrizione pittorica fatta di sensazioni
forti e pervasa di immediatezza espressiva e di bellezze
classiche. La percezione degli spazi esterni ed interni
oltre che visiva, uditiva e olfattiva. La penna talvolta sem
bra immergersi nella policroma tavolozza del ritrattista;
il tratto, per prospettive, profondit e visioni dinsieme,
ricorda la matita dellarchitetto decoratore; laccumula
zione di dettagli e la dovizia dei particolari nella rappre
sentazione degli oggetti (apparentemente esornativa e di
maniera, ma in realt significativa e simbolica), richiama
la mano paziente del miniaturista:
In questo libro in certi punti io mi sono un po dilungato
nel descrivere questi frammenti decorativi, per vi fui
tratto dallaver dovuto far vivere come protagonista del
racconto un giovane pittore Sassarese, lautore del qua
dro dei tre martiri Turritani, dove in un lato sta effigia
to linfelice Don Leonardo Alagon, il quale oltre questo
quadro don alla Vergine di S. Maria di Betlemme un
ricco medaglione con catena, che la Vergine de lAssunta
ancora conserva sul petto.
Il quadro sito attualmente nella Sagrestia della Chiesa
di S. Maria93.

Nella scrittura poetica del Calvia sono chiaramente in


dividuabili gli echi, le suggestioni e le influenze derivanti
da una intertestualit ampia e stratificata che, a partire dal
93
Cfr. Appendice (Un pochino di Storia). Sullo stretto rapporto esi
stente nellopera di Calvia tra linguaggi artistici e lingua poetica si
veda: S. Manca, Artisti sassaresi, Vita Sarda, III, n. 18 (1893), p. 6.

LXVIII

DINO MANCA

sistema letterario sardo soprattutto della seconda met


dellOttocento (Baccaredda, Brundu, Angius, Carboni,
Cossu, Costa, Farina, Satta, Deledda), si estende, a rebours, riportandoci fino al primo Romanticismo italiano
ed europeo:
Questa lombra della verit che io vidi.
Percy Bisshey Shelley

La lingua letteraria ricorda spesso opzioni lessicali, con


testi linguistici, figure retoriche (se non vere e proprie
isotopie sememiche) ricorrenti nei testi di autori come
Manzoni, Giusti, Grossi, Tommaseo, DAzeglio, Guer
razzi, Varese, oppure, risalendo nel tempo, come Nievo,
Rovani, Pindemonte, Boito, Tarchetti, Praga, Rovetta, Fo
gazzaro, per non parlare di tutta una fecondissima produ
zione drammatica e librettistica di et postunitaria (Boito,
Solera, Piave, Ghislanzoni, Giacosa, Illica)94, come si dir
pi avanti, e di talune suggestioni carducciane, dannun
ziane e debosisiane95.
Ma ad un soggetto di Enrico Costa che fa prima di
tutto riferimento Calvia96. Nel 1897, infatti, anno di data
zione del manoscritto di Quiteria, lamico che da poco
era stato chiamato a dirigere lArchivio del Comune, l
dove Pompeo lavorava come applicato da un decennio
pubblic con la tipografia de La Nuova Sardegna il
racconto storico Rosa Gambella, sugli avvenimenti che,
94
Cfr. M. Lavagetto, Per una morfologia dei libretti verdiani, Par
ma, Ed. di Palatina, 1974.
95
Cfr. note esplicative e di commento delledizione a stampa. Sulle
congruenze con alcuni tratti dellideologia di Adolfo De Bosis, e in
modo particolare con la sua fede assoluta nel valore quasi messianico
del progresso umano, che si affianca allammirazione di poeti romanti
ci di rottura come Shelley, si veda: G. Pirodda, Prefazione a, p. 20.
96
Ivi, 12.

Introduzione

LXIX

intorno alla figura e alle vicende private della nobildonna


sassarese, agitarono il centro turritano tra il 1478 e il 1483,
dopo la caduta dellinfelice Alagon e il tradimento or
dito dagli ufficiali della corona spagnola, per strappare la
Corsica alla repubblica di Genova97. da questo roman
zo, dallargomento trattato, dallambientazione storicogeografica e dai personaggi coinvolti che, con ogni pro
babilit, prende abbrivo il lavoro compositivo di Calvia.
Ma, soprattutto, nellopera dellamico mutuando temi,
motivi, stilemi e orientamenti di senso egli trova stimo
li e sollecitazioni molteplici nellazione di rilancio di una
materia caratteristica del romanzo sardo ottocentesco, in
un contesto, come quello sassarese, da sempre particolar
mente recettivo e sensibile:
Il lettore non deve meravigliarsi perch a 42 anni Leo
nardo Alagon avesse gi quindici figli. Nel secolo XV,
come nei precedenti e nei susseguenti, a cominciare dai
sovrani e a finire nel pi modesto dei sudditi, laver figli
naturali era una cosa molto naturale!
Ma come morirono i quattro poveri fanciulli nel castello
di Sassari? Certo non di morte naturale. Nessuno stori
co ha avuto il coraggio di dirlo e il Fara doveva ben
saperlo!98

Assieme al romanzo misto di storia e dinvenzione,


sardo e italiano, un altro importante filone ispir nondi
meno Calvia, anche grazie alle suggestioni derivanti dal
sodalizio col Costa: il dramma e il melodramma, sempre
di argomento storico.
Sulla sensibilit musicale e teatrale, oltre che artisticofigurativa, delleclettico autore sassarese, si precedente
97
E. Costa, Prefazione a Rosa Gambella. Racconto storico sassarese del
sec. XV (con note e documenti), pref. di G. Olla Repetto, Nuoro, Ilisso,
2004 [Sassari, tipografia della Nuova Sardegna, 1897], p. 9.
98
E. Costa, Rosa Gambella, p. 343.

LXX

DINO MANCA

mente scritto99. Nel febbraio del 1899, infatti, egli aveva


sposato Cristina Manca, diplomata in pianoforte al con
servatorio di Roma con il maestro Sgambati. Durante la
stagione lirica, molti dei cantanti e dei direttori che si av
vicendarono sui palcoscenici del Politeama, inaugurato
nel 1884, e del Civico, rinnovato nel 1897, furono ospiti
di casa Calvia100. In quegli anni operava a Sassari Luigi
Canepa, con il quale Pompeo condivise amicizie ed ideali.
Militante garibaldino, durante il periodo dei suoi studi, al
conservatorio di Napoli, egli si era, infatti, unito alle trup
pe che combatterono a Mentana. Figura di primo piano
del panorama musicale sardo, il compositore aveva visto
rappresentata alla Scala di Milano nel 1874 una sua ope
ra lirica, I Pezzenti, riscuotendo un grande successo101. La
sua prima fatica, intitolata David Rizio, sulla figura dellin
felice musicista amante di Maria Stuarda, e proposta al
Carcano di Milano nel 1872, venne composta ad appena
ventanni proprio su libretto del Costa. E fu sempre Costa
a scrivere lArnoldo, scena con cori (e musica del Canepa),
rappresentata al Civico di Sassari nel gennaio del 1868 e,
soprattutto, a ideare le musiche del melodramma in tre atti
Eleonora dArborea alla battaglia di Sanluri, su libretto di
Gavino Nino, rappresentato a Cagliari un anno dopo102.
99
Pi di quaranta termini, tra quelli che occorrono nel romanzo, fan
no strettamente riferimento allarea semantica propria della musica e
del canto; oltre settanta sono quelli, invece, concernenti la sfera della
pittura e delle arti figurative. Per altro opportuno ricordare limpor
tanza che ebbero per Calvia opere drammatiche di autori come Baraca,
Nino, Ciuffo, Ortolani. Inediti di Giovanni Baraca (drammi lirici e in
prosa), ad esempio, sono stati trovati nella sua casa di Sassari.
100
In via San Sisto, al numero 2.
101
Dellopera, sulla rivolta del proletariato in Olanda nel 500 contro gli
spagnoli, piacque soprattutto linno dei pezzenti, col suo ritmo marzia
le, di rivolta.
102
Cfr. S. Bullegas, Storia del teatro in Sardegna, Cagliari, Edizioni Della
Torre, 1998, p. 78.

Introduzione

LXXI

Pompeo Calvia come Salvatore Farina, altro suo ami


co 103 appartenne, dunque, a questo momento di espan
sione del nuovo pubblico, che, in molte citt dItalia, ri
empiva i teatri dellopera lirica, dalla platea, ai palchi, al
loggione104. Proprio in quegli anni il modello musicale
wagneriano e quello teatrale-drammaturgico (e, in minor
misura, lirico-musicale) dellultimo Verdi furono riela
borati da compositori quali Smareglia, Mascagni, Cilea,
Giordano, Leoncavallo e soprattutto Puccini. Il sei febbra
io del 1900 fu inaugurato con la Bohme il Civico di Sassa
ri rinnovato (con ampliamento del palcoscenico e linstal
lazione dellimpianto di illuminazione a corrente elettri
ca, che sostituiva quella ad olio)105. Lo stesso compositore
lucchese ventitre giorni prima, aveva fatto rappresentare
al Costanzi di Roma lopera lirica Tosca, su libretto di Gia
cosa e Illica, ricavato dal dramma omonimo di Victorien
Sardou, con il soprano Hariclea Darcle nel ruolo di To
sca, il tenore Emilio de Marchi nei panni di Cavaradossi e
il baritono Eugenio Giraldoni in quelli di Scarpia. Allope
ra del francese si era gi interessato Alberto Franchetti che
per nel 1896 cedette il soggetto a Puccini. La partitura fu
determinata nellottobre del 1899. Lesito trionfale delle
sordio si ripet nellarco di due anni in quarantatre teatri.
Non sappiamo se, e in che termini, il dramma storico
in prosa di Sardou, rappresentato per la prima volta nel
103
Calvia compose un sonetto in onore di Salvatore Farina e in ricor
do di una visita fatta nella sua casa di Lugano (P. Calvia, In Lugano.
Ospite di Salvatore Farina, in Sassari mannu, 111). Sul rapporto con
Farina si veda altres: D. Manca, Tenimmo, pp. 210-211.
104
un pubblico che comprende tanto laristocratico in declino, quanto
il borghese, il piccolo borghese e lartigiano. C bisogno di fiducia e
di buoni sentimenti. Lo impongono i sacrifizi che sono stati fatti per
realizzare la grande patria italiana. (N. Tanda, Prefazione a S. Fa
rina, La mia giornata (Dallalba al meriggio), Sassari, Edes, 1996, pp.
VIII-IX).
105
Cfr. S. Bullegas, Storia del teatro, p. 76.

LXXII

DINO MANCA

novembre del 1887 al Thtre de la Porte-Saint-Martin di


Parigi, abbia fatto parte di uno dei modelli di Calvia, e
quanto lo abbia ispirato nella composizione della sua Quiteria. Certo che, come si legger (sia nel testo a stampa
che in quello autografo), esistono, tra le due opere, non
poche analogie e significativi punti di contatto, relativa
mente agli argomenti trattati, alla tipologia, al sistema e
alla pragmatica dei personaggi, alle atmosfere, ai contesti
situazionali e ad alcune informazioni accessorie.
Proviamo qui a offrire al lettore un essenziale ed esem
plare quadro sinottico-comparativo servendoci sia della
fonte letteraria che di quella pi specificatamente libret
tistica:
A
T

Titolo

La Tosca

Quiteria

Argomento

storico

storico

Antefatto
e contesto
storico

Lazione si svolge a Roma,


nel 1800, durante la batta
glia di Marengo e nellat
mosfera che segue leco de
gli avvenimenti rivoluzio
nari in Francia e la caduta
della prima Repubblica
Romana. Infatti lesercito
napoletano di Ferdinando
IV di Borbone aveva ab
battuto la repubblica e pro
cessato i suoi esponenti.

Lazione si svolge a Sassa


ri, subito dopo la vittoria
degli eserciti Aragonesi,
nella battaglia di Macomer
(19 Maggio del 1479) e la
disfatta che ha colpito la
nazionale casa dArborea.
Molti patrioti vengono
processati e impiccati.

Introduzione

LXXIII

B
Personaggi
tipologia,
sistema
e sfera
pragmatica

Floria Tosca

Quiteria

Protagonista femminile,
eroina fiera e orgogliosa,
amante del pittore Ma
rio Cavaradossi, oggetto
dei desideri del Barone
Scarpia. Disperata, To
sca
chiede a Scarpia di con
cedere la grazia al suo uo
mo imprigionato a Castel
SantAngelo. Ma il barone
acconsente solo a patto che
Tosca gli si conceda. La
donna lo uccider con un
pugnale. In conclusione
Tosca si toglier la vita.

Protagonista femminile,
eroina fiera e orgogliosa,
amante del pittore Pierino
Unali, oggetto dei deside
ri del Conte di Bonafides.
Disperata, Quiteria chiede
a Bonafides di poter vedere
i suoi fratelli imprigionati
nel Castello di Sassari. Ma
il Conte acconsente solo
a patto che Quiteria gli si
conceda. La donna lo uc
cider con un pugnale. In
conclusione Quiteria si to
glier la vita.

Mario Cavaradossi

Pierino Unali

Pittore, amante di Tosca,


filo-bonapartista, eroe-pa
triota, dipinger una Ma
ria Maddalena, dandole il
volto della marchesa Atta
vanti.

Pittore, amante di Quite


ria, filo-Alagon, eroe-pa
triota, dipinger il martire
turritano Gabinus, dando
le il volto di Quiteria. Di
pinger altres il ritratto di
Donna Rosa Gambella.

Il Barone Scarpia

Il Conte di Bonafides

Freddo e impietoso capo


della polizia, inquisitore e
torturatore, uomo sadico e
violento, odiato e temuto,
travolto dal morboso amo
re per Tosca, sar vittima
del suo pugnale.

Freddo e impietoso Capi


tano del Carcere, inquisi
tore e torturatore, uomo
sadico e violento, odiato e
temuto, travolto dal mor
boso amore per Quiteria,
sar vittima del suo pu
gnale.

LXXIV

Personaggi
tipologia,
sistema
e sfera
pragmatica

DINO MANCA

Cesare Angelotti

Nicol Montagnano

Angelotti, bonapartista ed
ex console della Repubbli
ca Romana, fuggito dalla
prigione di Castel SantAn
gelo cerca rifugio nella
chiesa di SantAndrea della
Valle, dove trover un tra
vestimento femminile che
gli permetter di passare
inosservato. Cavarados
si gli offre protezione e lo
indirizza nella sua villa in
periferia. Dal pittore, in
carcerato, si cercher, at
traverso i tormenti della
tortura e gli interrogatori
di Scarpia, di ottenere in
formazioni utili per la sua
cattura. Angelotti alla fine
morir.

Montagnano, patriota sas


sarese, capitano delleser
cito di Leonardo Alagon,
sfuggito alla morte e na
scosto in citt, entrato
dalla porta SantAntonio,
travestito da frate per non
dar sospetto. Dai congiu
rati gli viene offerta prote
zione in una casetta di pe
riferia. Da Mauro Puliga,
patriota ed eroico capitano
incarcerato, si cercher,
attraverso i tormenti della
tortura e gli interrogatori
di Bonafides, di ottenere
informazioni utili per la
sua cattura. Montagnano
alla fine morir.

Il sacrestano
(Eusebio nel dramma di
Sardou)

Fra Carmine

Il Carceriere

Gabinu Sura
(Carceriere e boia)

Diego Naselli
(solo nel dramma
di Sardou)
principe dAragona, gover
natore di Roma in nome del
re.

Mossen Julia
venuto appositamente in
Sassari per ordine del re
Giovanni II dAragona

Introduzione

LXXV

C
Luoghi,
ambienti,
sfondi,
scenari,
atmosfere

Citt

Citt

Chiesa di Santa Maria degli


Angeli

Chiesa di Santa Maria di


Betlem

San Pietro

San Nicola

Prigioni di Castel SantAn


gelo

Prigioni del Castello Ara


gonese

Camera Scarpia

Camera Bonafides

Cielo sereno, scintillante di


stelle

In alto scintillavano le stel


le ed attorno spirava una
solenne pace silenziosa
come in un sogno.

E lucean le stelle

fulgidi nellalto, come le


stelle
Le stelle si moltiplicavano.
condusse linfelice Quiteria
a rivedere le stelle.
Il cigolio delle carrette lon
tane, le vicine campane
di unaltra diversa serie
di campane
le campane delle chiese
suonano mattutino
Si avvicina alla statua del
la Madonna, dispone con
arte, intorno ad essa i fiori
che ha portato con s, si
inginocchia e prega con
molta devozione

Le campane di San Nico


la, di Santa Catterina, di
SantApollinare, suonava
no allegramente.
suono dei lenti rintocchi
della campana del bargello.

Allo sbocco della via eravi


un altarino con la Madon
na delle Grazie.
Molte candele di cera era
no accese intorno e posa
vano sulla mensa ricoperte
di fiori.

LXXVI

DINO MANCA

della Madonna, depone i


fiori nella vaschetta e sin
ginocchia

Un individuo avvolto in
un bruno mantello sta
va inginocchiato ai piedi
dellaltare.

Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali

S(ardou)

LSL

La folla: Evviva la regi


na! (Poi): Angelotti!
Angelotti! A morte!

Evviva Marongiu []

Trvilhac (a Caprola):
Che dicono?
Maria (al verone della finestra centrale, volgendosi
verso Scarpia, al centro
della scena): Li senti Scar
pia? Vogliono la testa di
Angelotti.
Scarpia (freddamente): S,
Maest.
La folla: Scarpia! a morte
Scarpia!

Morte a Marongiu, mor


te!
Morte, mamma, Dio
mio! perch? non buono
il babbo?
Evviva, evviva, ripeteva
la folla []
Viva Leonardo Alagon
si sent gridare dalla strada.
Viva Marongio ripe
terono pi frenetiche ed
entusiaste le acclamazioni.
Viva Don Angelo Ma
rongio e Donna Rosa Gam
bella esclam il Conte. Tut
ti ripeterono levviva.

S(ardou) & G(iacosa)


(Scarpia, profittando dellac
casciamento di Tosca, va
presso la camera della tortura e fa cenno di ricominciare
il supplizio un grido orribile si fa udire Tosca si alza
di scatto e subito con voce
soffocata dice rapidamente
a Scarpia:)

Quiteria riconobbe allo


ra il Conte di Bonafides,
quel tristo uomo che avea
ordinato al boia di far pi
rapidi i giri di corda della
tortura, e di passare i ferri
roventi sui piedi nudi di
Mauro Puliga, legato sulla
graticola.

Introduzione

Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali

LXXVII

Scarpia (fermandosi) |
Odi? | il tamburo. Sav
via. Guida la scorta | ulti
ma ai condannati. Il tempo
passa! | (Tosca, dopo aver
ascoltato con ansia terribile, si allontana dalla
finestra e si appoggia, estenuata, al canap) | Sai
quale oscura opra laggi si
compia? | L si drizza un
patibolo! | (Tosca fa un
movimento di disperazione e di spavento) | Al tuo
Mario, | per tuo voler, non
resta che unora di vita.

- Via! parlate. disse il


Conte. Vi piace questa
mia stanza? Ma perch
non mi date alcuna sod
disfazione? Volete andar
vene? Volete ritornare in
prigione tra il terrore e le
immondezze? Preferite, se
pu dirsi riposo, il riposare
su quel duro tavolaccio do
ve prima avr dormito un
ladro od un assassino figlio
di un impiccato?
Ah! esclam Quiteria,
coprendosi gli occhi, quasi
le fosse apparsa limmagi
ne di una forca.
Vedete! Voi stessa al solo
pensarvi, tremate. Io non
voglio farvi del male.

TOSCA (nel massimo del


dolore) | Sempre con fe
sincera, | la mia preghiera |
ai santi tabernacoli sal.

Quiteria tolse il rosario


dalla borsetta e cominci
a pregare.

[Scarpia] Questora io
lattendeva! | Gi mi strug
gea | lamor della diva! | Ma
pocanzi ti mirai | qual non
ti vidi mai! | (eccitatissimo,
si alza) | Quel tuo pianto
era lava | ai sensi miei e
il tuo sguardo | che odio
in me dardeggiava, | mie
brame inferociva! | Agil
qual leopardo | ti avvin
ghiasti allamante; | Ah! In
quellistante | tho giurata
mia! | Mia! | (si avvicina,
stendendo le braccia verso
Tosca: questa, che aveva
ascoltato immobile, impietrita, le lascive parole di
Scarpia, salza di scatto e si
rifugia dietro il canap)

I suoi sensi eccitati sentiva


no strisciare attorno attor
no come serpentelli delle
nude veneri, ed i profumi
e le luci guizzavano come
bocche piccoline pronte a
baciare. Tu sei immune
nel pericolo e preghi ras
segnata, ed io invece mi
struggo come un pazzo che
nel pieno possesso di ci
che ha ed ha desiderato da
tempo, e non vuol toccare
e non vuol ottenere senza
prima picchiare alla porta
di quellanima che adora

LXXVIII

Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali

DINO MANCA

E allor sedete e fa
velliamo. | (forbisce un
bicchiere col tovagliolo,
quindi lo guarda a traverso
la luce del candelabro) | E
intanto un sorso. vin di
Spagna | (riempie il bicchiere e lo porge a Tosca)
|Un sorso | (con gentilezza)
| per rincorarvi.

Allegra, allegra! Bella


fanciulla esclam il Con
te togliendo dal tavolo un
calice e ricolmandolo di
vino. Il vino trabocc sulla
tovaglia ricamata. Segno
dallegria! disse il Conte
cercando di ridere. Avvi
cin al labbro il liquido, e
chinandosi con raffinata
cavalleria disse a Quite
ria: Bevete, guarisce ogni
dolore!

Tosca | (come un gemito)


| Salvatelo! || Scarpia |
Io? Voi! ||[]|| Scar
pia (a Spoletta) | Aspetta.
| (piano a Tosca) | Ebbe
ne? | (Tosca accenna di s
col capo e dalla vergogna
piangendo affonda la testa
fra i cuscini del canap) | (a
Spoletta) | Odi || Tosca
| (interrompendo subito
Scarpia) | Ma libero alli
stante lo voglio! ||[]||
Scarpia | Io tenni la pro
messa || Tosca (arrestandolo) | Non ancora. |
Voglio un salvacondotto
onde fuggir | dallo Stato
con lui. ||[]|| Scarpia
| Si adempia il voler vo
stro.||[]|| (Finalmente ha
potuto prendere il coltello,
che dissimula dietro di s
appoggiandosi alla tavola
e sempre sorvegliando Scarpia. [])

Quiteria pallidissima fece


uno sforzo per rispondere
e gli domand: Dove so
no i miei fratelli? Parla!
Che idea! Io non so!
Come, tu non sai? Oh!
Questo solo io voglio, rive
dere quelle povere creature.
Conducimi presto dentro le
loro prigioni, tu lo puoi.
S posso tutto disse il
Conte. Ma prima giurami
che sarai mia. Vedi quanti
godimenti ci attendono at
torno e si slanci per strin
gerla al petto.
Quiteria si studi di nascon
dere linterno turbamento. Si
lasci prendere la mano per
poterlo condurre vicino al
divano. Il Conte si sedet
te ammirando. Quiteria
tolse la mano dal taschi
no temendo che il Conte
potesse indovinare, e le si
sedette vicino.

Introduzione

Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali

LXXIX

Scarpia | Tosca, finalmen


te mia! | (ma laccento
voluttuoso si cambia in un
grido terribile Tosca lo
ha colpito in pieno petto) |
(gridando) | Maledetta! ||
Tosca | (gridando) | Que
sto il bacio di Tosca! ||
Scarpia (con voce strozza)
| Aiuto! muoio! | (Scarpia
stende il braccio verso Tosca avvicinandosi barcollante in atto di aiuto. Tosca
lo sfugge ma ad un tratto
si trova presa fra Scarpia e
la tavola e, vedendo che sta
per essere toccata da lui, lo
respinge inorridita. Scarpia
cade) | Soccorso! Muoio! ||
Tosca | (con odio a Scarpia) | Ti soffoca il sangue?
| (Scarpia si dibatte inutilmente e cerca di rialzarsi,
aggrappandosi al canap) |
E ucciso da una donna!

Il Conte chiuse gli occhi in


attesa di quei baci, e Qui
teria gli ficc il pugnale
di suo padre nel cuore. Il
Conte mand un ruggito
e ruzzol nella pelle di ti
gre che gli stava ai piedi.
Quiteria inorridita ritolse
lo sguardo dal quel mo
stro. Le pareva che tutto
quanto la circondava le
domandasse stretto conto
del suo operato. Il sangue
del cadavere cominciava a
scorrere sul pavimento.

2. Il romanzo di Pompeo Calvia, ci stato trasmesso at


traverso un manoscritto autografo (da ora in poi A) e una
edizione su rivista (da ora in poi LSL) realizzata sotto il
controllo o comunque con il consenso dellautore (o di
persona da lui delegata), con riedizione (Nuoro, Ilisso,
2001)106. Nel sommario di tutti i numeri della rivista, nei
quali fu pubblicata lopera, diversamente dal titolo di testa
riportato nelle pagine interne, si legge:
106
Quiteria (racconto tolto dagli avvenimenti sardi del XV secolo), La
Sardegna Letteraria, I, 1-16 (marzo-agosto 1902). Quasi certamente
fu lo stesso direttore, lamico Luigi Falchi, il curatore editoriale o co
munque uno dei revisori del testo.

LXXX

DINO MANCA

Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec.


XV)

inverosimile che unopera letteraria, costruita con


prevalenti scopi estetici, venga composta di getto, una
tantum, senza incertezze o pentimenti di sorta e senza es
sere sottoposta a un sia pur superficiale o parziale lavoro
di revisione ed elaborazione (in corso dopera, in sede di
controllo finale, oppure in momenti diversi e a distanza di
tempo). E questo accade a prescindere dalle iniziali inten
zioni dellautore circa la destinazione del suo scritto:
Pompeo Calvia, che non aveva mai scritto lunghi rac
conti, fu molto esitante prima di concedere la stampa
della sua Quiteria; e la sua esitazione non cess neppure
quando io mimpadronii del manoscritto e lo passai in
tipografia. Pompeo Calvia volle rimanere nascosto du
rante la pubblicazione sotto un altro nome107.

La prima operazione di analisi da parte del curatore ha


riguardato lindividuazione e lo studio della tipologia,
delle modalit di esecuzione e delle fasi elaborative delle
varianti tutte interne ad A. In un secondo momento lat
tenzione stata rivolta a LSL e al suo rapporto con A. Pro
cediamo nellordine.
Lesemplare autografo non in pulito ma presenta nu
merose correzioni, aggiunte, varianti marginali o interli
neari che attestano un processo elaborativo in svolgimen
to, anche se, per quanto riguarda la parabola diegetica, si
tratta comunque di una redazione sostanzialmente com
piuta. Lautore ha non infrequentemente abbandonato la
lezione primitiva, sostituendola, espungendola, spostan
dola internamente o modificandola con una o pi corre
zioni successive:
107

L. Falchi, I due ultimi romanzi, p. 22.

Introduzione

LXXXI

A
Chi vive?
Aragona!
Avanti Aragona!
Vaya iuso Aragona disse a Quiteria. (aaccentu il mito, ma quasi a fior
di labbro, Quiteria b1accentu 2il mito, 3ma quasi a fior di labbro, 4Quiteria.)
Prudenza, figliola! /esclam/ disse il carceriere.
Ora io ti lascio, si/i/ buona.
Dove vai? disse Quiteria, provando un gran dolore per il distacco di
quelluomo pel quale avea prima sentito ribrezzo.
Rimani! rimani!
Nessuno ti far male ( mala), figliola!

La presenza cospicua e non marginale di varianti alter


native indica, inoltre, che allautografo non consegnata
una forma dellopera che Calvia considerava definitiva, o
meglio: sostanzialmente compiuta nella determinazione
dei cardini proairetici della storia, come detto, ma non
ancora decisa nella sua veste discorsiva, formale e lingui
stica.
Appare evidente come il Calvia, soprattutto tramite
interventi sostitutivi e soppressivi, ricerchi gi nel mano
scritto lo snellimento dellimpianto narrativo. I ritocchi
per espunzione e per espunzione-sostituzione, infatti,
confermano i caratteri di un orientamento correttorio
vertente alla ricalibratura delle unit drammatiche, sce
nico-dialogiche, oppure alla riduzione di attributi ed in
formanti spazio-temporali quando oltremodo esornativi
e didascalici, e alla potatura di ridondanze discorsive ed
esplicative che con gli indugi descrittivi dilatano le uni
t pragmatiche dazione, rallentando il ritmo narrativo e
la velocit del racconto. Una tendenza espuntiva, quindi,
non di rado volta allessenzialit e al sottinteso, ad ottene
re un maggiore equilibrio e ritmo compositivo:

LXXXII

DINO MANCA

A
ed eri tu, era il tuo spirito che
mi sorvolava sempre attorno,
mi faceva coraggio, mi dava la
vita che pareva mancarmi.
E sulla nera e fredda roccia tu
spargevi rose e gigli come ora
in questa via olezzante. Anche
fra le torture, tu mi confortavi,
ed io pi di una volta, ho pec
cato, vedendo nel Cristo che mi
pendeva innanzi, il tuo volto.
E tu mi hai esclamato, men
tre io chiudeva gli occhi con la
preghiera che mi moriva fra le
labbra: Oh! lascia Quiteria, che
porti anchio la corona di spi
ne, per alleviare i tuoi dolori,
oh! Quiteria, amor mio, lascia
che parte delle tue ferite, si im
primano nel mio costato, che i
chiodi che ora hai alle mani ed
ai piedi siano sulle mie mani, sui
miei piedi, perch tu sei sangue
del mio sangue, carne della mia
carne tu sei. E tu allora eri sulle
mie braccia, ed io nel delirio ti
davo con tutta lanima, senza
niegarti cosa alcuna. Cercavo
anzi col cuore la parte pi eletta
per fartene dono, e non trovava
che il cuore. Che tuo, che ti
offro.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []

>

A1

ed eri tu, era il tuo spirito che


mi sorvolava sempre attorno,
mi faceva coraggio, mi dava la
vita che pareva mancarmi.
E sulla mia via tu spargevi rose e
gigli come ora in questo sentiero fiorito. Anche fra le torture,
tu mi confortavi, ed io pi di
una volta, ho peccato, vedendo
nel Cristo che mi pendeva in
nanzi, il tuo volto. E tu mi hai
esclamato, mentre io chiudeva
gli occhi con la preghiera che
mi moriva fra le labbra: Oh! la
scia Quiteria, che porti anchio
la corona di spine, per alleviare
i tuoi dolori, oh! Quiteria, amor
mio, lascia che parte delle tue
ferite, si imprimano nel mio
costato, che i chiodi che ora hai
alle mani ed ai piedi siano sulle
mie mani, sui miei piedi, perch
tu sei la mia vita, anima della
mia anima. E tu allora eri fra le
mie braccia, ed io nel delirio mi
ti davo con tutta lanima, senza
niegarti cosa alcuna. Cercavo
anzi col cuore la parte pi eletta
per fartene dono, e non trovava
che il cuore. Che tuo, che ti
offro.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []

Introduzione

LXXXIII

A1
ed eri tu, era il tuo spirito che mi
sorvolava sempre attorno, mi
faceva coraggio, mi dava la vita
che pareva mancarmi.
E sulla mia via tu spargevi rose e
gigli come ora in questo sentiero
fiorito. Anche fra le torture, tu
mi confortavi, ed io pi di una
volta, ho peccato, vedendo nel
Cristo che mi pendeva innanzi, il
tuo volto. E tu mi hai esclamato,
mentre io chiudeva gli occhi con
la preghiera che mi moriva fra le
labbra: Oh! lascia Quiteria, che
porti anchio la corona di spine,
per alleviare i tuoi dolori, oh!
Quiteria, amor mio, lascia che
parte delle tue ferite, si imprimano nel mio costato, che i chiodi
che ora hai alle mani ed ai piedi
siano sulle mie mani, sui miei
piedi, perch tu sei la mia vita,
anima della mia anima. E tu allora eri fra le mie braccia, ed io
nel delirio mi ti davo con tutta
lanima, senza niegarti cosa alcuna. Cercavo anzi col cuore la
parte pi eletta per fartene dono,
e non trovava che il cuore. Che
tuo, che ti offro.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []

>

A2

ed eri tu, era il tuo spirito che mi


sorvolava sempre attorno, mi
faceva coraggio, mi dava la vita
che pareva mancarmi.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []

Una ulteriore osservazione merita di essere fatta rela


tivamente ai tempi di esecuzione e alle fasi elaborative di
A. La presenza copiosa nellautografo di lezioni cassate
con correzioni soprascritte o a margine in quantit mag
giore rispetto a quelle immediate in rigo, e il passaggio
frequente dagli interventi a matita a quelli ad inchiostro

LXXXIV

DINO MANCA

(e viceversa), farebbero pensare ad interventi tardivi e co


munque a pi fasi elaborative, anche se lindizio topogra
fico non sempre aiuta. Infatti, il foglio di protocollo uso
bollo, inevitabilmente costringe il menante, quando non
pu sopra scrivere, a superare i confini dello specchio di
scrittura prestabilito, utilizzando gli ampi spazi esistenti
oltre i margini. Comunque, pur vero che la realizzazione
di pi fasi, nellelaborazione artistica, confermata dalla
presenza di varianti sincrone, introdotte contemporane
amente e significativamente in luoghi diversi della stessa
unit narrativa o dello stesso segmento unitario.
La seconda operazione svolta sulle testimonianze super
stiti stata quella di studiare i rapporti reciproci intercor
renti tra A e LSL e di stabilire se esista tra loro identit
redazionale, oppure difformit e, nel qual caso, di che na
tura e portata. Giova da subito ricordare, per iniziare dalla
foresta anzich dallalbero, che buona parte delle lezioni
di A ricavate da altre per soppressione108 e sostituzione
ma anche quelle per aggiunta e permutazione109 trovano
poi sostanziale sbocco, esito e conferma in LSL.
Premesso questo, tuttavia, va altres detto che in molti al
tri luoghi tale difformit redazionale esiste. Infatti, pur atte
stando che il testo a stampa nel suo complesso il risultato
finale di un processo correttorio che parte da A, non sempre
la lezione risultante dal ripensamento interno allautografo
corrisponde poi alla lezione del testo pubblicato su LSL.
Si rimanga, per facilit comunicativa ed esplicativa,
allesempio precedente (da A ad A1, da A1 ad A2, da A2 ad
LSL)110:
108
In alcuni casi si tratta della cassatura di intere pagine. Cfr. Appen
dice.
109
Senza, tuttavia, alcuna significativa mobilit dislocatoria da luogo ad
altro luogo del testo.
110
I numeri ad esponente indicano le fasi elaborative (e/o campagne
correttorie).

Introduzione

LXXXV

A2
ed eri tu, era il tuo spirito che
mi sorvolava sempre attorno,
mi faceva coraggio, mi dava la
vita che pareva mancarmi.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []

>

LSL

ed eri tu che davi allanimo mio


tutta la forza per vincere nella
lotta crudele.
Pierino se la serr tutta al petto
allora e volle baciarle le labbra.
[]

Se fuor di dubbio che ogni minima variazione degli


elementi di un sistema modifichi, sia pur di poco, lidenti
t stessa del sistema, essenziale per la stessa prassi ecdo
tica ed editoriale, sottolineare da subito la presenza o las
senza di eventuali trasformazioni strutturali o modifiche
di assetto. Nel nostro caso, soffermandoci sulle divergen
ze fra i due testimoni presi in esame, vi da segnalare an
zitutto come talora intercorra una differente scansione del
testo e come cambi larticolazione e lorganizzazione della
materia narrata in unit narrative differenti per partizione
e per estensione: i diciassette capitoli si distribuiscono in
tre ampie sezioni (o parti) nel manoscritto e in due nelle
dizione a stampa111.
Le difformit, inoltre, in qualche caso coincidono con
lo stravolgimento di intere originarie unit sintagmatiche,
quando non di intere unit di contenuto narrativo (de
scrittive, dialogiche, dazione, discorsive):

111
Per ulteriori osservazioni a riguardo, si rinvia alla sezione delledi
zione che tratta specificatamente dellautografo.

LXXXVI

DINO MANCA

A2
Fermiamoci qui, un poco
disse Quiteria innanzi ad un
cancello aperto, dietro il quale
era una piccola piazzetta circo
lare con dei sedili coperti di ar
desia e sulle spalliere intrecciate
di canna si arrampicavano fiori
vaghissimi.
Dietro vedeasi il vignetto con
le viti maritate a grossi pali, ed
il frutteto con gli alberi nani di
melo, di pesche, e con qualche
albero dulivo dai rami contorti.
Una leggiera auretta fece tremo
lare le foglie degli ulivi, ed in quel
tremolio parevano degli intrecci
di perle su una seta azzurra, per
ch tale era il colore del cielo.
Nel fondo del viale vedevasi la
palazzina ritinta di color roseo.
Sulla palazzina eravi un piccolo
terrazzo di stile gotico, al quale
si arrampicavano dei grossi tral
ci. Una bandiera con le armi di
Sassari, sventolava sul terrazzo.
Vicino alla palazzina eravi il
pozzo, che sindovinava attra
verso le larghe foglie dei fichi
dIndia fioriti.
Un grosso cane nero stava lega
to ad un anello infisso dietro il
muro del pozzo. Quel paesag
gio facea ricordare a Quiteria il
giardino di Oristano, dove Pie
rino aveala amata.
Zitto Pir disse una dolce
voce di bimbo, avvicinandosi al
cane. Lanimale lecc le manine
del fanciullo, scodinzolando al
legramente.
Un volo di farfalle bianche si in
nalz da un alberello di ciliegie
ancor bianche.

>

LSL

Fermiamoci qui, un poco


disse la giovinetta innanzi ad un
cancello aperto. Una leggera au
retta faceva tremolare le foglie
degli ulivi. Un volo di farfalle
bianche si innalz da un albe
rello di ciliegie ancor bianche.
Curiosa; io credeva che fossero
le bianche ciliegie a volare dis
se Pierino.
Nel viale che divideva loliveto
comparvero quattro bimbi con
le teste infiorate. Tenevano in
mano delle spade di canna e
marciavano allineati imitando
con la bocca il suono della trom
ba. Il maschiotto, il pi grandi
cello, con un pennacchietto in
testa, dava dei comandi con
molto sussiego. I bimbi usciro
no dal cancello. Al pi piccino
cadde la sciabola. Gli altri allora
seguiron la marcia quasi di cor
sa. Il poveretto, visti i fratellini
che sallontanavano, cominci
a piangere cercando di raggiun
gere i soldati crudeli ed era cos
bello in quelle lacrime.
Fatemelo baciare esclam
Quiteria sospirando.
Zio Zuniari chera smontato da
cavallo per alleggerire la bestia,
prese il bimbo in braccio. []

Introduzione

LXXXVII

Curiosa! Io credeva che fosse


ro le bianche ciliegie a volare
disse Pierino.
Si sent in fondo al viale un coro
di voci infantili imitanti una
fanfara di soldati. Quattro bim
bi con le teste infiorate e con
spade fatte di canna sulle spalle,
savanzavano pel viale. Un ma
schiotto, il pi grandicello, con
un pennacchietto in testa, dava
dei comandi con molto sussiego.
I bimbi uscirono dal cancello;
dimprovviso cadde la sciabola al
marmocchio, si chin per racco
glierla ma gli cadde nuovamen
te. Gli altri seguitaron la marcia
senza aspettar punto.
Il marmocchio visti gli altri lon
tani si diede a piangere tentando
di raggiungere i soldati crudeli,
ed era cos bello in quelle lacri
me!
Fatemelo baciare esclam
Quiteria sospirando.
Zio Zuniari, chera sceso da
cavallo, per alleggerir la bestia,
prese il bimbo in braccio, il qua
le cess subito di piangere. []

Riscontrate tali incongruenze, si pertanto cercato di


appurare se esse siano frutto di volont autorale o inve
ce vadano attribuite a iniziativa di figure altre nella fase
dellintermediazione tipografica. Come si vedr nei testi e
negli apparati genetici, gli interventi e i rimaneggiamen
ti presenti in LSL rispetto ad A sono tali, per natura, ti
pologia ed estensione, che crediamo inverosimile nella
ipotesi queste innovazioni siano stati volontariamente in
trodotte da figure altre (pensiamo, ad esempio, al ruolo di
editor rivestito dal Falchi) non essere stati dallo scrittore
condivisi e accettati.

LXXXVIII

DINO MANCA

La sostenuta campagna correttoria messa in essere dallo


scrittore in una certa fase dellelaborazione (corrispon
dente a quella testimoniata da A), la presenza di varian
ti alternative, lesistenza, nel passaggio dalla redazione A
alla stampa LSL, di numerose difformit che, come pi su
attestato, consistono nello stravolgimento di intere unit
narrative, ci fanno supporre che sia esistita una redazio
ne successiva ad A, sua diretta emanazione, oggi andata
perduta.
Pensiamo, in altri termini, ad una copia per la tipografia
[Ax], verosimilmente in pulito (e forse fascicolata), esem
plata su A dallo stesso autore e consegnata (forse periodi
camente e in un numero limitato di fogli, come accadeva
per facilitare il lavoro di tipografia) al direttore ed amico
Luigi Falchi112.
In sede di pubblicazione Calvia ha dunque apportato ul
teriori innovazioni. Per quanto riguarda questa diversit
redazionale, il discorso, nel merito, sostanzialmente non
cambia. Esistono, infatti, in LSL rispetto ad A, ulteriori
varianti che per natura, portata e modalit continuano il
vettore correttorio che in buona parte ha ispirato il lavoro
di revisione del manoscritto.
Viene modificata la struttura del periodo nel senso della
semplificazione e dellessenzialit. Si inizia a prediligere il
costrutto paratattico a fronte di subordinazioni lunghe e
farraginose:

112
Pensiamo ad un esemplare preparato per linoltro in tipografia, con
gli ultimi interventi dellautore o semmai in parte del curatore, nella
persona dello stesso amico e direttore. Nonostante Falchi scriva del
manoscritto e non di manoscritti, non si pu a priori escludere
una modalit di consegna periodica, in un numero limitato di fogli,
secondo le esigenze editoriali e i tempi di pubblicazione della rivista,
che andava licenziando il romanzo a puntate.

Introduzione

LXXXIX

A2
Ora io vi faccio da padre dis
se con voce solenne. Amatevi
sempre e siate benedetti.
Fra Carmine distese le braccia al
Cielo e davanti a quei cari fratel
li li un in matrimonio.
Pierino baci Quiteria sin
ghiozzando, e cos tutti un dopo
laltro, compresivi Zia Maria la
moglie di Zio Zuniali, Gavino
Puliga, e Antonio Diana, il no
taio, luomo dal tizzo che li avea
preceduti []

>

LSL

Ora io vi faccio da padre dis


se con voce solenne. Amatevi
sempre e siate felici.
Fra Carmine li benedisse.
Pierino baci Quiteria singhioz
zando.
[]

Lo scrittore continua la potatura e ripulitura del tessuto


narrativo, sopprimendo gli elementi che appesantiscono
e rallentano il flusso diegetico in direzione di un ritmo
pi rapido e, a tratti, pi incalzante e verso una maggiore
scorrevolezza e incisivit scenico-rappresentativa:
A2
Ed a Quiteria, con lente pause,
seguiva ancora a ripassare que
sta dimanda dei soldati: Tutti
cos li uccidono? Taci! Ei!
Ges non ci ? taci!
La infelice giovinetta ricordava
rabbrividendo dorrore i gradini
che sembravano infiniti, gli urti
ricevuti, il suono delle catene ri
percotentesi con sinistri rumori,
e la selvaggia scena, allorquando
i soldati la cacciarono di casa,
assieme ai fratellini; ed i soldati e
Puiades, ed il Vicer Carroz e Don
Angelo Marongio, gridavano
come belve: A Morte, figli del

>

LSL

Ed a Quiteria, con lente pause


continuavano a ripassare nel
la mente queste domande dei
soldati.
Tutti cos li uccidono? Taci!
Ei! Ges non c? Taci!
Sono della vile razza dArborea,
figli del peccato. A morte con
vostro padre Leonardo Alagon.
A Morte Nicol Montagnano,
traditor sassarese! A morte! A
morte! Abbasso e per sempre,
Arborea! Gi, gi, Arborea!
No! grid Quiteria, riscuo
tendosi. No! abbasso Arborea,
mai!

XC

DINO MANCA

peccato, a morte con vostro pa


dre Leonardo Alagon, traditore,
fellone!
A morte tutta la vostra razza!
A morte Nicol Montagnano,
traditor Sassarese. A morte, a
morte! Abbasso Arborea!
No! grid Quiteria, ancora
nel delirio del sogno.
No! Abbasso Arborea! Arborea vaya suso, e Aragona vaya
a juso. No, no, suso Arborea e
si sollev soffregandosi gli oc
chi come per discacciare tutte
quelle tetre immagini, le quali,
sebbene desta, in mezzo a quella
oscurit, la costringevano anco
ra a sognare delirando.
[]

E si sollev soffregandosi gli oc


chi come per discacciare tutte
quelle tetre immagini, le quali,
sebbene ella fosse desta, in quel
la oscurit la costringevano a
sognare ancora delirando. []

Per altro vengono eliminate: lintroduzione storica e la


poesia in lingua sassarese Ave Maria:
Ave Maria
Deu ti salvia, o Maria, piena daffettu,
Piena di grazia e piena dumilthai.
Benedettu lu fruttu i lu to pettu,
E lu latti purissimu chi dai.
Prega pal ca tadora ingiunicciaddu,
E prega pa lu pobaru e linnuzenti
Pa lu debili afflittu e lu putenti,
Eddu puru infilizi e tribuladu.
Prega pal ca senza cummit fura
Piggia la fronti sotta la turthura,
Mamma di cariddai,
E mamma dumilthai!
Saivedizi da dugna mala sorthi,
Abani e sempri e illora di la morthi113.
113

Cfr. Lautografo.

Introduzione

XCI

Le varianti genetiche interne ad A ed intercorrenti fra A


e LSL mostrano, per concludere, un percorso correttorio
vario e articolato per tipologia, tempi e modalit dese
cuzione, fasi elaborative e impianto stratigrafico. Tali dif
ferenze, come gi ampiamente argomentato, riguardano
inevitabilmente un po tutto: elementi complementari e
appendicolari, ritocchi interpuntivi, elementi frastici o
segmenti periodali, unit descrittive e dazione, sceniche e
dialogiche, porzioni minime ma anche abbastanza estese
di scrittura.
Varianti e difformit che, soprattutto nel passaggio dal
la redazione A alla stampa LSL, non potevano non com
prendere gli aspetti pi specificatamente formali. Nella
collazione delle due redazioni si ravvisano, infatti, ten
denze correttorie volte ad una pi evoluta regolarizzazio
ne e modernizzazione grafica e linguistica.
Variazioni non marginali riguardano, ad esempio, la re
golarizzazione di oscillazioni e alternanze grafiche tra le
diverse formazioni di plurali, fra circonflessi, condensati
e analitici:
A
s
id
delir
dondol
od
luccich
grid
scalpitt

>

LSL
sii
idee
deliri
dondolii
odi
luccichii
gridi
scalpitii

XCII

DINO MANCA

la regolarizzazione delle forme scempie:


A
copia
capuccio
tapezziere
sepellire
sprazi
appicicate
appogiata
faciamo

>

LSL
coppia
cappuccio
tappezziere
seppelliremo
sprazzo
appiccicate
appoggiata
facciamo

la regolarizzazione delle forme geminate:


A
olivetto
tappetto
traffiture

>

LSL
oliveto
tappeti
trafitti

lammodernamento di forme antiquate o comunque de


suete:
A
ugne
limosina
bevere

>

LSL
unghie
elemosina
bere

lammodernamento di alcune arcaiche uscite dellimper


fetto:
A
avea
sapea
parea

>

LSL
aveva
sapeva
pareva

Introduzione

XCIII

la conversione nella forma piena di ricorrenti fenomeni di


apocope e contrazione:
A
eran
gidaron
davan

>

LSL
erano
gridarono
davano

XCIV

DINO MANCA

Il manoscritto
Il manoscritto autografo del romanzo Quiteria di Pom
peo Calvia un cartaceo datato novembre 1897 che si
compone di 221 carte di formato protocollo, uso bollo,
dellepoca, successivamente fascicolate e rilegate. I due
piatti che costituiscono la copertina sono cartonati e di
color marrone. Il piatto superiore, che misura mm. 307 x
210, non riporta indicazioni di sorta, n riguardo al titolo
n relativamente allautore. Il dorso, liscio, di cuoio nero,
con nervature dorate finte (apposte per imitare lestetica
del libro antico e conferire importanza al libro) reca scrit
to in caratteri dorati il titolo e lautore del libro: Pompeo
Calvia | Quiteria. Lunghiatura minima, di mm. 4
circa. Non improbabile che la rilegatura sia stata realiz
zata da Cristina Manca, moglie del Calvia, che era solita
rilegare gli spartiti musicali. Ogni carta misura in media
mm 303 209. Il manoscritto integro. Lo stato di con
servazione accettabile; rare le gore dumido, nessuna
abrasione o corrosione. Qualche fascicolo appare legger
mente sfilato dal corpo rilegato; ci rende non uniforme il
livellamento dei tre tagli. Nella parte alta del contropiatto
anteriore si legge:
Questa lombra della verit che io vidi. | Shelley114. | |
[Il dolore ha detto Ribot la sentinella della vita; e il |
delitto pu essere la sentinella che ci avverte dellesistenza
| duna piaga sociale. | Lingiustizia degli uomini lingiuria del tempo.]

Nella parte bassa del contropiatto anteriore si legge:


114
I brani che seguono delimitati con le parentesi quadre ([ ]) sino
al Capitolo I sono inediti: presenti in A non compaiono in LSL.

Introduzione

XCV

[Scritto nella casa di Rosa | Gambella. | Sassari Novembre


1897.]

Nella carta di guardia c il Frontespizio e si legge:


[Quiteria | [motivo ornamentale che riproduce una im
magine floreale] | Novella | di | Pompeo Calvia | (Livio
Campodena) | Su avvenimenti storici Sassaresi | del | Secolo Decimo quinto. | [motivo ornamentale che riprodu
ce una immagine floreale] //

Nel recto della prima carta si legge:


[ Ah! dolore! Ah! dolore!
Ahim! pena, pena sempre, per sempre!
Io chiudo gli occhi senza lagrime,
ma vedo pi chiaro le tue opere nella
mente illuminata dal dolore, o astuto
tiranno! Pace nella tomba; la tomba
invola e cela.
Oh re feroce, le parvenze con le
quali tu mi torturi, cingono la mia
anima di nuova pazienza sino a che
arrivi lora chesse non saranno pi
tipi a cose reali
Vi sono nomi e sacre parole
dordine di natura: esse furono portate
alto in uno splendido vessillo: le
nazioni si accalcarono attorno ad
esso e gridarono forte, come a
una sola voce: Verit, Libert,
Amore! E subito una fiera
confusione cadde dal cielo fra
esse; vi fu, inganno, timore;
vi si scagliarono in mezzo dei tiranni, e si
divisero la spoglia. Questa lombra
della verit che io vidi.
__________________

XCVI

DINO MANCA

(Dal Prometeo Liberato, dramma lirico in 4 atti, di | Percy Bisshe Shelley Traduzione di Ettore | Sanfelice, con
prefazione di Giosu Carducci) || [motivo ornamentale
che riproduce una immagine floreale sovrastata da una
croce] || //

Nel verso della prima carta:


[motivo ornamentale a matita su foglio mm. 155x212
incollata sulla carta che riproduce una immagine dello
stemma nobiliare della famiglia Gambella]

Nel recto della seconda carta:


[motivo ornamentale in acquerello che riproduce lim
magine del balconcino con bassorilievo istoriato della
storica finestra trionfale del palazzo dei Marongiu,
voluta da Rosa Gambella per celebrare la vittoria del ma
rito su Leonardo Alagon]

Didascalia:
[Fenestra demolita nellOttobre | dellanno Millenovecento [inchiostro rosso] Casa Oggiano [inchiostro blu]
( X)115//

115
Una delle poche note esplicative e di commento storico presenti a
pi di pagina nelledizione a stampa fa riferimento a questa finestra,
che secondo lo stesso Enrico Costa avrebbe rappresentato la vittoria di
don Angelo Marongio sullAlagon. Si legge in nota: Questa bellissima
finestra storica fu tolta nel passato anno 1901, per le esigenze della co
struzione della casa Oggiano, ove attualmente il negozio dei fratelli
Depaolini (Piazzetta Azuni).

Introduzione

XCVII

Nel recto della terza carta si legge:


[Parte prima

pagine 16
pagine 156

Un pochino di storia pagine 16 separate


Capitolo 1 da pagina 1 a pagina 10
,, 2
,, ,, 10
,, ,, 16 [motivo ornamentale]
,, 3
,, ,, 17
,, ,, 51
,, 4
,, ,, 52
,, ,, 62
,, 5
,, ,, 63
,, ,, 78
,, 6
,, ,, 79
,, ,, 94
,, 7
,, ,, 95
,, ,, 110
,, 8
,, ,, 111 ,, ,, 142
,, 9
,, ,, 143 ,, ,, 156

Parte Seconda
Capitolo
,,
,,
,,
,,
,,
,,
,,

10 da pagina
11 ,,
12 ,,
13 ,,
14 ,,
15 ,,
16 ,,
17 ,,

pagine 251

157 a pagina 180.


181 ,, 215
216 ,, 239
240 ,, 262
[motivo ornamentale]
263 ,, 286
287 ,, 313
313 ,, 360
361 ,, 407

Indice * * *
pagine 423
A. .

[motivo ornamentale] //

XCVIII

DINO MANCA

Nel verso della terza carta:


[Disegno di Pierino Unali eseguito da | Albertuccio Casena] |
[motivo ornamentale riproducente in uno schizzo con
inchiostro nero la finestra di casa Oggiano]

Didascalia:
[Schizzo della finestra esistente nella Piazza S. Catterina |
ora Piazza Azuni, nella casa di propriet del Sig. Oggiano
A.]116 //

Nel recto della quarta carta:


[motivo ornamentale riproducente un ritratto di profi
lo di Pierino Unali di fronte al quale ritratta leffigie
della Madonna con Bambino allinterno di unedicola,
al centro una grande tavolozza col nome di Pierino,
E nel saggio di critica darte Per un Sarcofago lautore scrive: Ri
cordo ancor oggi la fuga verso il continente, della storica finestra detta
di Don Angelo Marongiu, il vincitore di Macopissa, primo marito di
Rosa Gambella. Non vi sassarese che non rammenti lartistica opera,
sita al primo piano della casa ove trovasi il negozio dei fratelli Depaoli
ni. Parecchi strati di calce aveano deturpato s, ma ad un tempo salvato
dalle ingiurie degli anni, la sublime opera del rinascimento. La mano
paziente dellarchitetto Mario Calvia, tolti i molti strati di calce, rido
n allopera il primitivo valore. Il pubblico sassarese per molti giorni
accorse ad ammirare le gentili candeliere, che non scolpite parevano,
ma cesellate da un esperto orafo del Quattrocento. Quante bizzarrie e
quale magnifico intreccio di fiori in quel balcone dove lartista pare
va avesse divinato il vasto stile floreale spesso malamente inteso dagli
architetti moderni, di poco gusto ed arruffoni. Di tutta la nostra gran
dezza decorativa architettonica non resta ora che il porticale di stile
romano in Santa Maria di Betlem, e le finestre di stile gotico spagnolo
del Corso, appartenenti al Sig. Defraia (P. Calvia, Per un Sarcofago,
in Pompeo Calvia critico darte, p. 50).

116

Introduzione

XCIX

uno scudo, un elmo da battaglia, una rosa, uno scudo e


un nastro che riporta alcune parole del motto della casa
di Arborea] //

Nel recto della quinta carta:


[motivo ornamentale riproducente incastonato in una
ricca cornice il probabile ritratto della protagonista
Quiteria, la cui immagine sovrasta il motto arborense
in caratteri simil gotici: arborea | vaia | suso; | Aragona
| vaia | juso. Di lato, a destra, in verticale sta scritto
sempre in caratteri simil gotici: Quiteria Romanzo Storico di Pompeo Calvia.] //

Nel recto della sesta carta: \

Quiteria
Novella
di Pompeo Calvia

su avvenimenti di Sassari del


Decimo quinto Secolo.]

Dal recto della sesta carta parte la numerazione del ma


noscritto. Essa moderna, progressiva, in cifre arabe,
procede da 1 a 16 e comprende le carte contenenti il ca
pitolo proemiale dal titolo: Un pochino di storia (presente
nellautografo ma non nelledizione a stampa). La nume
razione riparte da 1 a 407 e procede senza altra soluzione
di continuit per le carte che contengono, invece, la reda
zione del racconto, strutturato originariamente in due e
poi, dopo correzione, in tre parti e articolato in XVII ca
pitoli. Le cifre sono cerchiate o sottolineate con inchiostro
nero, con scrittura calligrafica, riportata verosimilmente
dalla stessa mano nel recto e nel verso di ogni carta in alto
a sinistra tranne la c. 6, numerata 1 in alto a destra.

DINO MANCA

La prima parte del romanzo, dalla carta numerata 1


alla carta numerata 156, si chiude, nel recto della carta
che segue, con un disegno ad inchiostro ad alta conden
sazione figurativa, costituito dallunione di pi immagi
ni (tra le quali i ritratti dei diversi protagonisti del rac
conto) combinate in un unico blocco visivo a marcata
valenza simbolico-allegorica. In alto a sinistra campeg
gia lo stemma del comune di Sassari, lemblema araldico
e la sua blasonatura: un inquartato con inchiostro nero
al I e al IV di Savoia; al II e III al castello merlato, aperto
e finestrato. Al centro in alto un ritratto in primo piano
di donna (verosimilmente Donna Rosa Gambella) raffi
gurata di profilo.
Dal punto di vista formale, domina la linea morbida
e fluida. Pi dabbasso, in diagonale, il ritratto, con una
nuova postura (si passa, infatti, dalla descrizione di profi
lo alla posa a tre quarti) del volto di Don Angelo Maron
gio. Ancora pi in basso, secondo una sorta di gradatio
discendente, ci sovviene in primo piano il ritratto verosi
milmente di Fra Carmine. Con la posa frontale si concen
tra ora lattenzione sul suo viso che emerge da un fondo
scuro. Lo sguardo penetrante e il volto assorto e teso ren
dono partecipe losservatore di unansia esistenziale.
Gran parte dello spazio compositivo occupato verso la
destra dalla tetra raffigurazione di una donna e un uomo
dirimpetto a una forca, col cappio penzolante appena
tratteggiato, predisposta per unimpiccagione imminen
te. Sullo sfondo se ne staglia una seconda senza corda. Lo
svolazzar di due corvi oltre il patibolo preconizza lincom
bente futuro di morte. Si tratta verosimilmente della raffi
gurazione di Quiteria e del boia Gabinu Sura.
La seconda parte del racconto introdotta, nel recto del
la carta successiva, dalla raffigurazione di un edificio con
balconcino e finestra trifora con archi a sesto rialzato e
stemma laterale (verosimilmente si tratta del palazzo di

Introduzione

CI

Don Angelo Marongio e di Donna Rosa Gambella de


scritto nel romanzo):
Ho scritto tutte queste pagine nella casa di Rosa Gam
bella e di Don Angelo Marongio, abitata dalla mia fami
glia per molti anni.
Frammenti di cornici, di Archetti, di porticales, di fine
stre bifore esistono ancora vicino a questa casa, sita nel
Corso V. Emanuele ed unita a quella degli eredi Defraia.
Sono questi frammenti, dopo la vandalica demolizione
del Castello Sassarese, i soli segni atti ad attestare un
doloroso ma pur grande passato vissuto dalla Citt di
Sassari, e che io in questo modestissimo racconto debol
mente ho cercato di rievocare. 117

Altre quattro carte dellautografo, non numerate, chiu


dono lelaborato manoscritto arricchito solo sul recto da
quattro illustrazioni ad inchiostro nero, a imitazione delle
riproduzioni xilografiche, ispirate allargomento del testo
e fatte a mano sempre dallo stesso autore.
La prima immagine ritrae un cavallo sellato, nero, col
to in un passo lento, unandatura camminata e basculata,
quasi dimessa, con la nuca abbassata, attraversare un cupo
paesaggio campestre disseminato di croci. Sulla parte alta,
a destra dello spazio compositivo delimitato da una cor
nice ornamentale, invece ritratta la figura a mezzo busto
di un angelo in sospensione, tre le nubi scure, che sor
regge un cartiglio contenente la scritta Riposa in cielo o
Vergine. Nella parte inferiore dellillustrazione, a mo di
didascalia, sta invece scritto: Mors Quiteriae.
Nel disegno successivo, nel recto della carta che segue,
rappresentata sempre a imitazione delle riproduzio
ni xilografiche una scena del romanzo, ossia lincon
tro allinterno del carcere fra Quiteria e Fra Carmine. In
117

Cfr. Appendice (Un pochino di Storia).

CII

DINO MANCA

basso, nellangolo a destra, oltre lo spazio incorniciato


con motivi ornamentali, sono punteggiate le figure di un
uomo e di una donna in costume sardo.
Segue la raffigurazione di un alto e solenne palazzo con
ampio balcone a finestra bifora e archi trilobati, dove si
stagliano due nobili figure. Figurano nella composizione
alcuni soldati e un araldo a cavallo. Sulla nicchia di uno
degli archi ritratto lo stemma del Comune di Sassari, ri
portato poi anche in calce.
In chiusura, nellultima carta dellautografo, raffigura
to ad inchiostro lo stemma nobiliare della famiglia Gam
bella con la scritta posta di lato a sinistra: Stemma di
Rosa Gambella118.
Il testo scritto quasi sempre sul recto e sul verso, a pie
na pagina, tranne qualche eccezione in corrispondenza
della fine dei capitoli. La mano verosimilmente sempre
la stessa. La scrittura, distribuita in media su 25 righe per
pagina, corsiva, calligrafica, appena angolosa, inclinata
verso destra, con un angolo di 40-45 circa, comunque
chiara e prodotta con un inchiostro nero. La presenza di
numerose cancellature, soprascritture, inserzioni, aggiun
te, spesso a matita, testimonia di una sostenuta e variegata
campagna correttoria. Il ductus generalmente non varia
n per intensit, n per ampiezza ed altezza, se non ovvia
mente in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati
per le lezioni aggiunte o sostituite, soprascritte o inserite,
pi raramente, nellinterlinea inferiore.

118
ancora visibile a Sorso, nella via Fiorentina, lo stemma nobiliare
della famiglia Gambella, murato nella facciata della cosiddetta casa di
Rosa Gambella.

Tav. 2. A 5r.: motivo ornamentale con ritratto di Pierino Unali.

Tav. 3. A 6r.: motivo ornamentale con ritratto di Quiteria.

Tav. 4. A 93r.: disegno ad alta condensazione figurativa con i ritratti dei diversi
personaggi del racconto.

Tav. 5. A 219r.: incontro fra Quiteria e Fra Carmine.

Nota al testo
Il romanzo Quiteria di Pompeo Calvia ci stato trasmes
so attraverso un manoscritto autografo, conservato dal
prof. Antonio Siotto Calvia, pronipote dellautore, e una
edizione su rivista: Quiteria (racconto tolto dagli avvenimenti sardi del XV secolo), La Sardegna Letteraria, I,
1-16 (marzo-agosto 1902). Pi precisamente possediamo
una redazione autografa (A) e una stampa autorizzata
(LSL).
Per una pi chiara e completa restituzione della tradizio
ne testuale e una migliore leggibilit del percorso emen
datorio significativo superstite vista la consistente e so
stenuta campagna correttoria messa in essere dallautore
in alcune fasi dellelaborazione (corrispondenti a quelle
testimoniate da A), e considerata la presenza cospicua,
ricorrente e non marginale, nel passaggio dalla redazio
ne A alla stampa LSL, di difformit redazionali che, come
si scritto, attestano finanche lo stravolgimento di intere
originarie unit sintagmatiche e narrative leditore ha
ritenuto pi opportuno mettere a testo sia A che LSL.
Nellordine, si pubblica prima A, in quanto primitivo
e autonomo sistema testo con una propria identit e un
proprio processo elaborativo, poi LSL, in quanto punto
darrivo del processo compositivo e fase a cui consegna
ta lultima e definitiva volont dellautore.

CVIII

DINO MANCA

Lautografo
Per quanto riguarda la restitutio textus, dato un auto
grafo costellato di cancellature, sostituzioni, spostamenti,
si pubblicato integralmente il testo di A risultante da tale
processo correttorio e si sono segnalate a parte le varianti,
ricostruendo il percorso che dalla lezione originaria arriva
a quella finale.
Il testo di A stato restituito rispettando il pi possibile
le peculiarit del manoscritto, la volont e le scelte lingui
stiche del suo autore.
Si sono, dunque, conservate:
Le oscillazioni e le alternanze grafiche:
tra le diverse formazioni di plurali: analitici (luccichii,
scampanii, scricchiolii, scalpitii, gridii, spii), condensati
(vizi), circonflessi (s, id, sudic, delir, dondol, od, luccich, grid, miagol, scalpitt, ciliz, lucid)
tra le forme maiuscole e minuscole:
Conte / conteSardi / sardiMartiri / martiriEroina /
eroinaAstuto / astutoSoldati / soldatiRe / reMarchese / marcheseCroce / croceCastello / castelloPeccato / peccatoTorre / torreSignora / signoraFrate /
frateAmore / amoreMorbide / morbidePatria / patriaMadonna / madonnaVernaccia / vernacciaEvviva / evvivaArrivo / arrivoChiesa / chiesaCarcere /
carcereSeconda / seconda

tra gli allotropi:


cuor / corcuore /coreunghie/ ugnesagrificio / sagrifizio /sacrificodugento / duecentovipistrelli / pipistrelli

Introduzione

CIX

tra scempia e geminata:


accartociato /accartocciatisusurr / sussurrarebrocatello / broccatellovantagiosamente / vantaggiostofa /
stoffaaccocolato /accoccolatafaciamo / Facciamoappogiata / appoggiataaffretiamoci / affrett

tra forma atona e accentata o apostrofata:


fo / fFa / fa

nella trascrizione dei nomi propri:


Don Leonardo Alagon, D. Leonardo Alagon, Don Leonardo Alagon, Don Giovanni II, D. Giovanni II, Salvatore Alagon, S. Alagon, Nicol Montagnano, Nicol
Montagnano, N. Montagnano, Don B. Manca, Don S.
Montagnans, Don A. Cano, Leonardo De Tola di Ozieri,
ARTALDO dArborea, Santa Maria di Betlem, S. Maria
di Betlemme, Santa Maria di Bettelemme, Maria Santissima di Bettelem, Iulia, Julia, Julio, D. Angelo Marongio,
D. A. Marongio, D. N. Carroz, Scala di cioca, Bocaccio,
Georghiche, D. Rosa, Tattari, Madonna del bosco, Madonna del Bosco, Madonna delle Grazie, Madonna delle
grazie, Zio Zuniari, Zio Zuniali.

Le forme scempie:
copia (per coppia), pati, ammic, approffitarne, appicato,
appicicarsi, appicica, appicicava, appicicasse, vantagiosamente, prosciuti, Bocaccio, accocolato, Regia (per Reggia),
faciamo, fiochettini, aggrupamento, tapezziere, traffiture,
appogiata, capuccio, affretiamoci, impossesasse, affaci,
formagetti, sprazi, abbotonato, piaciono, strapassero, sepellire, sepelliremo.

CX

DINO MANCA

Le forme raddoppiate:
tappetto, innoltr, biricchino, biricchini, biricchini, approffitarne, scalpitt, Santa Catterina, traffiture, bottola,
olivetti, vignetto.

I doppi plurali nelle parole composte:


capilavori.

Larticolo determinativo plurale maschile reso li an


zich gli:
li arancili occhietti neri.

Le caratteristiche e le peculiarit della lingua letteraria


dellepoca:
le forme apocopate:
cuor, Son, eran, spuntavan, fratel, niegar, trar, nobil, fa,
Fa, f, parevan, paion, sottil, tiraron, ridestaron, cavalier,
Moriron, facean, gentil, imitazion, natural, ruggivan, davan, scorrevan, gridaron, picciol, viril, chiuder, seguitaron, alleggerir, fatal, uman

le forme dittongate e/o trittongate:


Figliuola, figliuolo, famigliuola, orciuoli, stradicciuole,
sentieruolo, ufficiuolo, bracieri, intuonarono, cuoprano,
cuopriva, cuoprono, cuor, cuore, nieg, niegata, niegar, leggiero, leggiera, lascieranno, squarcier, traccie, acciecano

le forme monottongate:
figliola, cor, core, licore, ufficiolo, fisonomia, leggero, leggera, scioglierglele

Introduzione

CXI

le grafie disgiunte:
da pertutto, in dietro, e poi

e univerbate:
capilavori, alloraquando, buonumore, pel, pei

le forme prostetiche, quasi tutte caratterizzate dal pre


fisso -i davanti a s implicata:
istoria, istessa, istesso, istessi, istile, isdegno, isfugg, istudio, iscritto, isbagliate, insino, Ispagna, istile, istelle

le parole con i diacritica sovrabbondante:


quercie, striscie, lancie, guancie, goccie, treccie, traccie,
freccie, faccie, gruccie, inconscie, leggieri, leggiera, ogniuno, lascieranno, picciol, squarcier, acciecano, muricciuolo

le forme epitetiche:
offer, offerire, umilemente, fantasima

le forme sincopate:
adoprano, adoprati

gli arcaismi, i termini desueti e rari (molti dei quali di


origine toscana), voci popolari, dotte, latinismi e termini
di uso letterario, talora in compresenza con le rispettive e
concorrenti forme di uso pi comune:
dugento, ugne, indarno, fo, f, f, sculpiti, irruginita, duopo, dimandare, dimani, avea, dovea, potea, sapea, parea, facea, faceano, pugnato, birri, scherani, abbruciate,

CXII

DINO MANCA

polledro, fisi, cangiamento, madonna, pel, pei, cavaliero,


securo, ricinti, procelle, discacciare, offer, offerire, sagrificio, sagrifizio, sagrificava, angiolo, cuoprano, appiccato,
immantinenti, giovine, principi, lagrimelle, lagrimette,
vieppi, nieg, addimostrato, corrusco, presago, niegata,
fellone, graf, disfarai, liliale, sacrando, d, il disse, impiccinito, limosina, irrequitezze, sieno, inspirato, mel farai,
mi (per mhai), eseguisci, bevere, isterelito, nol, virginali,
strozza, inimico, veggiamo, refuggiremo, ascoso, chiacchere, buiosa, rugge, corbelle, erasi, eravi, eranvi, sarebbesi,
stavagli, giocaronsi, gettavasi, ridestaronsi, trine, nudriti,
rattenne, avviticchiano, umilemente, dipintore, fitto (in
testa), capilavori, riflettevasi, insino, messeri, riputer,
appresent, fantasima, fisonomia, magione, bacili, auretta, capuccio, simiglianza, vipistrello, picciol, posela,
moltiplicit, procelle, cape, guizzavanle, sorridevanle, annodatili, immantinenti, fumigante, mobiglia, sanguette,
ciriegie, ciaramello, ellera, fatal, sfascelo, imprometteva,
disnodato, scintillavagli

Sono stati generalmente rispettati, infine:


i capoversi;
i capoversi in capitale (da noi resi con il maiuscoletto).
Gli interventi hanno invece riguardato:
lemendazione di errori evidenti (sviste, forme erronee,
irregolarit ortografiche o dellinterpunzione dovute alla
distrazione), risultanti tali altres dalle relative occorrenze
intratestuali e dallutile confronto con LSL. Sbagli da noi
considerati, pur cum dubio, non frutto di volont errante
ma semmai di assenza di volont dellautore. Si deciso
di emendare, dunque e in altri termini, quando abbiamo
pensato che lo scrittore (per sua distrazione, o negligenza,

Introduzione

CXIII

o per accidente fisico o condizione situazionale, oppure


per cause comunque indipendenti dalla sua volont) non
avrebbe voluto scrivere quello che ha scritto. In questo
caso, dunque, la lezione stata considerata tangibile:
e > lo spinsero > lo spinse (soggetto: il pensiero)maggio > maneggio (del pugnale)dovea > doveadiede il
buon salut > diede il buon salutoassenti con la testa >
assent con la testaunartista > un artista.

Si poi deciso di regolarizzare laccento distintivo, in


tendendo con questo termine laccento grafico la cui
funzione precipua non quella di indicare la pronuncia
ossitona di un monosillabo, bens di differenziarlo grafi
camente da un omografo al fine di renderne immediato il
riconoscimento della funzione o del significato. Si agisce
in tal senso, pur nella consapevolezza del fatto che nella
lingua italiana la codificazione di questi accenti non sta
ta sempre coerente, ma spesso si rifatta a ragioni dor
dine storico e di uso prevalente. Pertanto gli interventi
hanno riguardato:
la regolarizzazione della forma dellavverbio usato
nelle risposte affermative:
si > s

la regolarizzazione della forma della terza persona


singolare dellindicativo presente della voce del verbo
dare, per distinguerla dallomografo della preposizione
semplice:
da > d

la regolarizzazione del pronome personale riflessivo:


tra se > tra s

CXIV

DINO MANCA

Inoltre gli interventi hanno riguardato:


la regolarizzazione dellaccentazione, ricondotta alla
moderna distinzione tra grave e acuta:
n, perch, giacch, imperocch, allorch, Dopoch, inquantoch, quasich, acciocch

lemendazione della forma con accento dellapocope


postvocalica:
p > po

regolarizzazione secondo gli usi moderni dei segni


diacritici e dei sintagmi di legamento: la virgola o il pun
to e virgola, qualora collocati prima della parentesi, sono
stati posposti ad esse; il punto fermo stato riportato
dopo le virgolette di chiusura; i puntini sospensivi sono
stati uniformati a tre; per le citazioni al centro di pagina,
sono state espunte le virgolette; nel discorso diretto si
regolarizzato luso, discontinuo in A, del trattino dopo i
due punti ed stato immesso per segnare la fine della bat
tuta dialogica, quando questa non coincide con landare
accapo, mentre si preferito evitarlo (e con esso la doppia
marcatura) quando, per converso, coincide con landare
accapo; le citazioni di pensiero, visto luso discontinuo
e alternato delle virgolette e del trattino (quando non si
finanche riscontrata la totale assenza di sintagmi di le
gamento), per distinguerle dagli atti locutori, sono state
limitate dai caporali ( );
la modifica dellinterpunzione, laddove il suo uso
apparso chiaramente arbitrario e laddove creava difficolt
di lettura;

Introduzione

CXV

la resa estensiva, dopo il punto, delluso della maiusco


la anche l dove, distrattamente pi che arbitrariamente,
si trova liniziale abbassata;
la resa in corsivo dei sottolineati;
la resa in corsivo dei termini in lingua sarda, latina,
greca e spagnola;
la cassatura dellindice presente nel manoscritto, gi
restituito con criteri di alta fedelt diplomatica in sede di
descrizione;
il cambio di pagina del manoscritto, reso a testo con la
doppia barra obliqua (//);
la sostituzione delle virgolette ( ) con i caporali ( );
la successione numerica dei capitoli stata uniformata
secondo la numerazione progressiva romana
Un discorso a parte merita il trattamento riservato alle
varianti alternative. Tali innovazioni, infatti, sono state
accolte a testo quando, grazie allutile confronto con LSL,
sono risultate essere conformi con la lezione delledizio
ne a stampa, attestante lultima volont dellautore. Altri
menti si generalmente conservata la lezione rimasta viva
di fronte alla variante alternativa, tranne i pochi casi in
cui, dopo aver sondato tramite occorrenze e intertestua
lit varie lusus scribendi del Calvia, ci si affidati allo
iudicium del curatore:

CXVI

DINO MANCA

LSL

Testo critico A

/esclam/ disse il
carceriere

esclam il
carceriere

esclam il
carceriere

/cuore/ seno

cuore

cuore

/usc/ entr un
frate

entr un fraticello

entr un frate

/avvolto/
circonfuso di
vapori azzurrini.

circonfuso ancora
di vapori azzurrini.

circonfuso di vapori
azzurrini.

Leditore ha fatto uso di un doppio apparato: un appa


rato genetico e un apparato di note esplicative e di com
mento.
Lapparato genetico registra il percorso correttorio si
gnificativo superstite ed collocato a pi di pagina. In esso
trovano posto le varianti dautore, ordinate, nei successivi
passaggi correttori, secondo un criterio cronologico (os
sia dalla lezione originaria a quella finale).
Lapparato positivo: viene prima il riferimento nume
rico, la lezione accolta a testo (in tondo e in grassetto), a
destra parentesi quadra chiusa ], seguono errori, lezioni
rifiutate o lezioni varianti (in tondo):
4. sulfigurava] .sul centro del quale figurava (dove in
mezzo scintillava)
9. Arborensi e grande] Arborensi e grande ( Arboren
si; grandissimo)
12. mosseArborea] al ( col) grido di Viva Arborea4,
mosse1 alla pugna2

Le consistenti lezioni e ampie parti di testo cassate

Introduzione

CXVII

dallautore hanno trovato accoglienza in una apposita ap


pendice, collocata a fine libro, con proprio apparato dia
cronico.
Nel secondo apparato, come detto, si riportano le note
esplicative e di commento. Esse fanno seguito al riferi
mento numerico che trova corrispondenza e riscontro, ad
esponente, direttamente nel segmento testuale:
3
Sul lato sinistro del foglio di protocollo, oltre il margine
segnato e al di l dello specchio di scrittura, in corrispon
denza del brano cassato, di mano dellautore e scritto in
verticale con una penna ad inchiostro nero, si legge: (Si
pu omettere) .

Quando sono dellautore seguono altro riferimento nu


merico progressivo, delimitato con le parentesi tonde ( ):
Dopoch da Don Angelo Marongio, capitano Sas
sarese, fu distrutto a Macomer lesercito del Marchese
dOristano Don Leonardo Alagon, i quattro figli natu
rali, Quiteria, Michele, Giovanna e Francesco, furon dal
Marongio condotti prigionieri e chiusi nel Castello di
Sassari.

(1)

CXVIII

DINO MANCA

Ledizione a stampa
Nella trascrizione del testo LSL si adottato un criterio
conservativo, rispettoso delle scelte linguistiche e tipogra
fiche fatte dallautore.
Si sono conservate le caratteristiche e le peculiarit della
lingua letteraria dellepoca:
le forme apocopate:
cuor, parevan, paion, vin, veder

le forme dittongate e/o trittongate:


Figliuola, figliuolo, orciuoli, stradicciuole, ufficiuolo, bracieri, intuonarono, cuoprano, leggiero

le forme monottongate:
figliola, cor, core, licore, leggero

le grafie disgiunte:
da pertutto buon umore

e univerbate:
capilavori eppoi

le forme prostetiche, quasi tutte caratterizzate dal pre


fisso -i davanti a s implicata:
istoria, istessa, istile, isdegno, isfugg, istudio

Introduzione

CXIX

le parole con i diacritica sovrabbondante:


quercie, striscie, lancie, guancie, goccie, treccie, freccie,
faccie, gruccie

le forme epitetiche:
offer

le forme sincopate:
adoprano

gli arcaismi, i termini desueti e rari (molti dei quali


di origine toscana), voci dotte, latinismi e termini di uso
letterario, talora in compresenza con le rispettive e con
correnti forme di uso pi comune:
indarno, fo, sculpiti, irruginita, duopo, dimandare, avea,
dovea, faceano, pugnato, birri, abbruciate, polledro, fisi,
cangiamento, madonna (nel senso di mia donna, mia
signora < mea domina), pel, cavaliero, securo, ricinti,
procelle, discacciare, sagrificio, offer, sagrificio, angiolo,
cuoprano, appiccato, immantinenti, giovine, principi,
lagrimelle, lagrimette, vieppi, ciaramello, fumigante,
empiastri

Le forme raddoppiate (quando non presente in A la for


ma scempia):
accapparrarsibottola

Sono stati rispettati i casi di oscillazione, quando le varie


forme sono attestate e non sono da considerarsi erronee:
tra le diverse formazioni di plurali: analitici (luccichii,
scampanii, scricchiolii, scalpitii) e condensati (vizi)

CXX

DINO MANCA

tra le forme maiuscole e minuscole:


Conte / conteSardi / sardiMartiri / martiricastello
/ castello

tra gli allotropi:


sagrificio / sacrificiovipistrelli / pipistrellicuore / core
/ cuor / cor

Sono stati generalmente rispettati, infine:


i capoversi.
Gli interventi hanno invece riguardato:
lemendazione dei refusi, per la cui identificazione,
quando non fenomenologicamente patenti (soprattutto
nei casi di forme scempie e geminate), si dimostrato uti
le il confronto con A:
con sola > consolaimperoch > Imperocchfra Carmine. > fra Carmine:stanze del Castello: > stanze del
Castello.gli disse; Coprila > gli disse: Coprilacorcando > cercandocasa. disse. > casa disse.suale >
qualespririto > spiritoChe ne, dite, maestro, > Che ne
dite, maestro,approfittarne Mamma! > approfittarne:
Mamma!come come foglie > come foglieprudente.
finse > prudente, finsediseguava > disegnavaspasimo. sentitelo. > spasimo, sentitelo.A! s, > Ah! s,In
ginocchiati > InginocchiatiGabinn > GabinuPerche?> Perch?coutro > controincantata. e le bianche
> incantata e le bianchenel sonno, Tratto > nel sonno.
Trattoun anima > unanima A destra! Disse > A
destra! disse Ora a sinistra. esclam > Ora a sinistra esclamsegai > seguin in unampia > in unam-

Introduzione

CXXI

piacos. esclam > cos esclamgraticola. il conte >


graticola. Il contetutto: Avete > tutto. Avetebene. ed
usc. > bene ed usc.estrassse> estrassela giovinetta. Ti porr > la giovinetta, Ti porrvi protegga. e
sollev > vi protegga e sollevesclam Quel > esclam. Quel Seguitemi, La > Seguitemi. Laimpicazione > impiccagionedel cielo, E vi ringrazio > del
cielo. E vi ringraziogiustizia > giustizia?internavano
> internaronocentro > controtutta Aragona. esclam > tutta Aragona esclam

la emendazione in alcuni casi confortati dal con


fronto con A e con la tradizione letteraria, dalle relative
occorrenze e dai contesti linguistici (e coerentemente con
un orientamento emendatorio in LSL prevalente) di for
me scempie e geminate, da ascriversi verosimilmente ad
incertezza codificatoria se non, pur cum dubio, a veri e
propri refusi di stampa:
sposso > sposodrizzatto > drizzatostofa > stoffaaccartociato > accartocciatoincorniccia > incorniciaavvilup > avviluppavviluparsi > avvilupparsiinannellati > inanellatilegiadrissimi > leggiadrissimisotteranei > sotterraneicontato > contattobestemia >
bestemmiacapello > cappelloappicicarsi > appiccicarsisbattacchiando > sbatacchiando

la regolarizzazione dellaccentazione, ricondotta alla


moderna distinzione tra grave e acuta:
n, perch, giacch, imperocch, allorch, Dopoch, inquantoch

regolarizzazione secondo gli usi moderni dei segni


diacritici: la virgola o il punto e virgola, qualora collocati
prima della parentesi, sono stati posposti ad esse; il pun
to fermo stato riportato dopo le virgolette di chiusura,

CXXII

DINO MANCA

ma non, quando c, dopo il trattino che chiude lunit


dialogica; i puntini sospensivi sono stati uniformati a tre;
per le citazioni al centro di pagina, sono state espunte le
virgolette; nel discorso diretto si regolarizzato luso, di
scontinuo in LSL, del trattino dopo i due punti;
lemendazione della forma con accento dellapocope
postvocalica:
p > po

la modifica dellinterpunzione, laddove il suo uso


apparso chiaramente arbitrario e laddove creava difficolt
di lettura.
la resa in corsivo dei termini in lingua sarda presenti
nel testo.
Lapparato delledizione di LSL riporta, con ridotta di
mensione del carattere, le note esplicative e di commento
storico, filologico e linguistico. Tra queste trovano acco
glienza anche alcuni interventi emendativi volti a sanare i
refusi, solo quando, per la loro identificazione, si dimo
strato utile il confronto con A:
lelemosina A] la elemosina LSL Reintegriamo la lezio
ne di A perch quella di LSL verosimilmente lesito di
una cattiva lettura di una correzione del manoscritto. A
tal riguardo si rinvia allapparato genetico di A.

19

Le note fanno seguito al riferimento numerico che trova


corrispondenza e riscontro, ad esponente, direttamente
nel segmento testuale. Quando sono dellautore (oppure
del direttore della rivista) seguono altro riferimento nu
merico progressivo, delimitato con le parentesi tonde ( ):

Introduzione

CXXIII

Corittu: corpetto.
Questo quadro esiste ancora nella sacrestia di S. Maria
di Betlem. Pasquale Tola fece copiare di questo dipinto il
ritratto di Leonardo Alagon, riprodotto in litografia nel
le biografie degli uomini illustri di Sardegna. | N. d. Dir.

(2)

***
Le diversificazioni redazionali e gli interventi corretto
ri, discussi nellapparato genetico in modo congetturale,
sono segnati nel modo seguente:
a

per delimitare la cassatura di una porzione di testo:


Che nebbia, stamane,] Che nebbia su tutto, stamane,
lottare] lottare nel godimento

Quando della lezione cassata, delimitata tra uncinate


capovolte, stato necessario segnalare la scansione re
dazionale, se ne sono indicate le varie successioni con le
lettere abc. Quando la cassatura accompagnata dalla so
prascrittura (o sottoscrittura) di una variante, la lezione
rifiutata, sempre tra uncinate capovolte, ed entro paren
tesi tonde (quadre quando gi dentro tonde) si fatta
precedere dalla variante soprascritta (o sottoscritta) cui
stato premesso un puntino (ad esponente se soprascritta,
a deponente se sottoscritta); e quando della lezione pi
antica stato necessario indicare le varie successioni reda
zionali si fatto ricorso, anche qui, alle lettere abc. Quando,
poi, la cassatura accompagnata dalla variante di sostitu
zione in linea, la lezione rifiutata sempre tra uncinate
capovolte, ed entro parentesi tonde si fatta precedere
dalla variante in linea. Analogamente, quando, infine, la
cassatura accompagnata dalla variante di sostituzione a

CXXIV

DINO MANCA

margine, la lezione rifiutata sempre tra uncinate capo


volte, ed entro parentesi tonde si fatta precedere dalla
variante marginale:
babbo] babbo (padre)
decorativi] |decorativi| (dArchitettura)
denaro] ||denaro|| (moneta)
disse a Quiteria.] disse a Quiteria. (aaccentu il mito,
ma quasi a fior di labbro, Quiteria b1accentu 2il mito,
4
ma quasi a fior di labbro, 3Quiteria.)

a per delimitare lezione di A dallautore prima cassa


ta e poi riaccolta:
nei fieri occhi simile ai ritratti di Donna Eleonora dAr
borea.

per indicare nellintroduzione il passaggio da una


lezione di A ad una lezione di LSL
A

Il carceriere Gabinu Sura apr


la porta.
Seguitemi disse.
Quiteria obbed, scese alcuni
gradini e si ferm innanzi ad
una porticina.

LSL

Il carceriere Gabinu Sura apr


la pesante porta del carcere. E,
rivolto a Quiteria, disse: Se
guitemi. La giovinetta obbed,
scese alcuni gradini e si ferm
innanzi ad una porticina.

per indicare il passaggio da una prima (che si se


gnala tra parentesi tonde) ad una seconda lezione
ricalcata su quella interamente o parzialmente (che

Introduzione

CXXV

si fa precedere) o comunque corretta in vari modi


su quella; si adoperata la stessa tecnica quando la
correzione ha interessato la sola punteggiatura:
sfior] sfior ( sfiora)
male] male ( mala)

[] per indicare una lezione illeggibile:


ferro] ferro ( [])

a entro parentesi uncinate grandi si segnalato, in


vece, il segmento cassato dallautore ma dalledito
re reintegrato e accolto a testo per evidenti ragioni
suggerite dal contesto:
e ritornar allIsola lantica libert
gli amori e gli spasimi della giovine Quiteria

[a]

per delimitare lezione presente in A che per non


compare in LSL.

abc entro parentesi uncinate piccole si segnalata lin


tegrazione congetturale
<+> una lettera indecifrabile dopo correzione su ricalco
su altra o altre
<++> due lettere indecifrabili dopo correzione su ricalco
su altra o altre

CXXVI

DINO MANCA

| a | per delimitare una inserzione in linea (anche di or


dine interpuntivo):
che si scioglievano] |che si scioglievano|

/b/

per delimitare una aggiunta nellinterlinea superio


re:
Una pesante porta] Una /pesante/ porta

/.b/ per delimitare una aggiunta nellinterlinea inferio


re:
in Barcellona] /.in Barcellona/

|| b || per delimitare una inserzione marginale integrativa


o sostitutiva:
Donna] ||Donna ||

a per delimitare una lezione rimasta viva di fronte a


una successiva variante alternativa, soprascritta o
sottoscritta, o in linea o a margine:
entr] /usc/ entr
esclam] /esclam/ disse

//

cambio di pagina nel manoscritto (appare nel te


sto)

Introduzione

CXXVII

// // doppio cambio di pagina nel manoscritto (appare


nel testo)
abc diverso ordinamento (= b c a), segnalato da espo
nenti numerici:

che facevano altri] che gli altri facevano

Hai fatto bene.] Bene3 hai1 fatto2

indica laccapo e, quindi, che continua nel rigo se


guente:

|| Capitolo IV. |Altro Capitolo. ||

v.// // per delimitare una lezione aggiunta nel verso


della pagina:

v. //La questione dellinferno perperch io mi


rado i capelli!//

CXXVIII

DINO MANCA

Conspectus siglorum:
A

manoscritto autografo

LSL La Sardegna Letteraria, I, 1-16 (marzo-agosto


1902).
IL

Nuoro, Ilisso, 2001.


***
Ringraziamenti

Desidero qui manifestare la mia gratitudine al prof. Antonio Siotto Calvia, pronipote dellautore, per le preziose
informazioni datemi e per il materiale fornitomi. Ma soprattutto un grazie di cuore per la gentilezza, il garbo e la
sua non comune umanit.
A Matteo Spezzigu, studioso del Calvia, la mia riconoscenza per la disponibilit e i consigli.

Tav. 6. A 15r.

Tav. 7. A 141v.

Lautografo

Parte Prima

Lautografo di Quiteria

Questa lombra della verit che io vidi.


Shelley

Il dolore ha detto Ribot la sentinella della vita; e il


delitto pu essere la sentinella che ci avverte dellesistenza
duna piaga sociale.
Lingiustizia degli uomini lingiuria del tempo.

Scritto nella casa di Rosa Gambella.

Sassari Novembre 1897

Lautografo di Quiteria

Quiteria
Novella
di

Pompeo Calvia
(Livio Campodena)

Su avvenimenti storici Sassaresi


del
Secolo Decimo quinto.

POMPEO CALVIA

10

15

20

Ah! dolore! Ah! dolore!


Ahim! pena, pena sempre, per sempre!
Io chiudo gli occhi senza lagrime,
ma vedo pi chiaro le tue opere nella
mente illuminata dal dolore, o astuto
tiranno! Pace nella tomba; la tomba
invola e cela.
Oh re feroce, le parvenze con le
quali tu mi torturi, cingono la mia
anima di nuova pazienza sino a che
arrivi lora chesse non saranno pi
tipi a cose reali
Vi sono nomi e sacre parole
dordine di natura: esse furono portate
alto in uno splendido vessillo: le
nazioni si accalcarono attorno ad
esso e gridarono forte, come a
una sola voce: Verit, Libert,
Amore! E subito una fiera
confusione cadde dal cielo fra
esse; vi fu, inganno, timore;
vi si scagliarono in mezzo dei tiranni, e si
divisero la spoglia. Questa lombra
della verit che io vidi.
___________

(Dal Prometeo Liberato, dramma lirico in 4 atti, di Percy


Bisshe Shelley Traduzione di Ettore Sanfelice, con prefazio30 ne di Giosu Carducci)

21. vi fu] vi fu lotta

Lautografo di Quiteria

Arborea vaia suso;


Aragona vaia juso

Lautografo di Quiteria

11

Quiteria
Novella
di Pompeo Calvia
su avvenimenti di Sassari del
Decimo quinto Secolo.
Un pochino di Storia
La povera Sardegna non appena fu libera dal dominio
deglimperatori dOriente, venne divisa in quattro giudica
ti.
Era tempo ormai che questIsola dovesse godere un po
di pace, ma non fecero che vieppi dissanguarla, le conti
nue invasioni di Museto partitosi dallAfrica nel 998 con
numerose masnade di saraceni, i quali devastarono Torres,
Longone, Fausania, Osea, Tharros, Cornus, Cagliari, ed al
tre citt marittime.
Anche Genova e Pisa si disputarono a lungo, questa gem
ma del Mediterraneo, ed ogni citt si port via il suo bran
dello di carne, compresovi quel Donno Michel Zanche, va
sel // dogni frode, come dice Dante.
Da Gialeto, fondatore nel 687 dei giudicati di CagliariGallura-Torres-Arborea vari furono i giudici che si succes
sero, e nel 1323, quando il re di Aragona accett da Boni
facio VIII la investitura della Sardegna, il solo giudicato il
quale vediamo ancora reggersi quello di Arborea.
Celebre nella storia rimane sempre Eleonora dArborea,
figlia di Mariano Quarto. Donna di alto ingegno e coraggio
cacci dal suo dominio glinvasori Aragonesi, dett leggi

Novella] Novella Romanzo Storico27. compresovi] /.e cos pure /


compresovi

20

25

30

35

12

POMPEO CALVIA

10

15

20

25

30

35

sapienti e le pubblic nel 1395 in un codice chiamato Carta


de Logu.
La celebre Eroina mor nel 1404 di peste, mentre qual an
gelo consolatore visitava gli Ospedali.
Morta lillustre donna, mentre durano le pretese di Bran
caleone Doria e del Visconte di Narbona pel dominio di
Arborea, vediamo cadere lautorit del Giudicato, e Leo
nardo Cubello assumere i pi modesti titoli di Marchese
di Oristano // e Conte di Goceano, con regolare investitura
avutane dal Re D. Martino.
A Leonardo Cubello successe il figlio Antonio nel 1427,
ed a questi nel 1457 il fratello Salvatore, il quale mor senza
prole, e lasci erede del Marchesato il nipote Don Leonar
do Alagon, primo nato della sorella D. Benedetta.
Leonardo Alagon sentiva altamente nellanimo la gran
dezza dellIsola, ed uno era il suo ideale; solo quello di ren
der potente la casa di Arborea, per far libera a suo tempo
tutta lisola dal governo di D. Giovanni II re dAragona.
Questatto ideale gli venne contrastato dal luogotenente
Generale Nicol Carroz, il quale aspirava ai feudi dArbo
rea non solo, ma alla mano, pel suo figlio Dalmazio, di Bea
trice bellissima figlia di D. Leonardo Alagon.
D. Leonardo nieg per la mano della sua diletta figliu
ola.
Il Vicer Carroz indispettito gli mosse guerra, e si trince
r nei piani di Uras.
Il 14 Aprile del 1470, le schiere dArborea, al grido di
Viva Arborea, dispersero le // regie schiere formate di
Catalani e di Cagliaritani. Mor in quella battaglia il Vi
sconte Don Antonio De-Sena di Sanluri, il quale parteggia
va per gli Aragonesi.
Don Leonardo Alagon acclamato dal popolo entr vin
citore in Oristano, e si trasse dietro prigionieri molti genti
luomini Aragonesi. Si impadron anche di buon numero di
cannoni. Questi furono i primi trasportati nellisola.

34-35. Si impadronnellisola] ||Si impadron anche di buon numero di


cannoni. Questi furono i primi trasportati nellisola|| (nonch /e/ buon
numero di cannoni, i primi trasportati nellisola)

Lautografo di Quiteria

Il Re Don Giovanni II, vecchia volpe, cerc di venire ad


un accordo, ma Don Leonardo si mostr fiero e non accett
pati di sorta.
Allora lastuto Re cerc di comprare Salvatore Alagon,
e con una lettera chiusa con venti suggelli, gli propose il
tradimento del fratello D. Leonardo Alagon.
Ma S. Alagon era della stessa fibra adamantina del fratello
Leonardo, e rigett con disprezzo le molte proposte fattegli
dal Re.
Apprendo dai molti storici, che D. Giovanni II, cercava
anche di disfarsi di D. Leonardo Alagon, perch voleva dare
in moglie al nipote Don Alfonso, bastardo del figlio D. Fer
dinando // di Castiglia, Donna Anna di Cabrera, figlia della
Vedova Contessa di Modica.
Anche il Marchese D. Leonardo Alagon fece buone pra
tiche con la Contessina D. Anna di Cabrera, pel il suo figlio
Artaldo, il quale fra i molti pretendenti era il solo ben ac
cetto dalla giovinetta e dalla Vedova Contessa di Modica,
affezionata alla casa dArborea.
Dicon pure certe cronache del tempo che il Re Don Gio
vanni sebbene ottantenne aspirasse ai baci della giovinetta.
Ma lAstuto Re ben sapea dissimulare, ed avendo bisogno
di molto denaro, per far guerra alla Francia, cerc di vende
re per pronta moneta la pace.
Il Carroz per continu di nascosto a turbare lanimo di
D. Leonardo Alagon, e non lasciava di porre in pratica ogni
mala arte per riuscire nel suo intento, al punto, sebbene ci
fosse il trattato di pace, di spingere le regie armi contro la
Casa // dArborea.
Ma Leonardo Alagon, col suo fido capitano Sassarese,
Nicol Montagnano sconfisse le Regie Armi nella rocca
di Monreale.
Il Vicer Carroz si rec tosto in Barcellona da D. Giovan
ni II, e gli descrisse tutte le violenze che D. Leonardo fece
1-2. venire ad un accordo] venire ad un accordo (conciliare)10.
Apprendo dai molti storici] A|p|prendo dai molti storici che ne scris
sero20. cronache] cronache ( croniche)21. giovinetta] giovinetta
(dilicata pulzella)23. molto denaro] molto ( molta) ||denaro|| (mo
neta) far] fare la

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POMPEO CALVIA

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alle Regie armi, ed incit quel Monarca a dichiarare felloni


tutti gli Alagon.
E Don Joan, per la gracia de Deu Rey Darag, de Navarra,
de Sicilia, ecc ecc finse di credere alle false accuse di D.
Nicola Carroz, e contento di aver in mano un piccolo filo
al quale potersi appigliare per rompere la pace comprata,
fece ritornare in Sardegna contento D. Nicola Carroz, con
le sentenze ben custodite da trenta lancie e dugento fanti
fedelissimi.
Durante lassenza del Vicer fece le veci il figlio Dalma
zio Conte di Quirra, al quale il padre avea dato, // da buon
soldato, la consegna di molestare, nascostamente quanto
pi poteva, per sempre celatamente, la casa dArborea.
Ed il Conte di Quirra, da buon figliuolo, e per vendicarsi
anche dellinsulto ricevuto da Beatrice dArborea, cerc
di fare il maggior danno possibile alla casa dAlagon non
solo, ma alla intera Sardegna, quasich non bastassero la
fame et la pestilentia, ad immiserire i poveri Sardi, e fra que
sti i Sassaresi in ispecial modo.
I Sardi erano abituati a tanti mali e seguivano a soppor
tarli solo pro samore de Deus. Sassari la ribelle tratto tratto
sollevava la fronte ed avea coraggio di guardare in Viso il
destino crudele.
Infatti i Sassaresi sebbene immiseriti mal sapeano assog
gettarsi al Dominio dAragona, e segretamente le potenti
famiglie dei Manca, dei Cano, dei Montagnans, con
molti altri cittadini, parteggiavano ed aiutavano la casa
dArborea, come // quella che Vittoriosa potea solo inten
dere i molti dolori, e gli spasimi dei poveri Sardi e ritornar
allIsola lantica libert.
2. tutti gli Alagon] tutti gli Alagon (15 ottobre 1477)6. appigliare]

appigliare (attaccare)8-9. fanti fedelissimi] fanti fedelissimi e pron


ti a farsi sbudellare.12. di molestare] di far molestare /p/13. per
sempre celatamente] /per sempre celatamente/15. ricevuto da] rice
vuto dal18. et la pestilentia] et la pestilentia ||e la peste||immiserire] immiserire ( immeserire)18-19. e fra questi i] ||e fra questi i||
(et i)19. ispecial] ispecial (ispezial)20-21. sopportarli solo] sop
portarli ( sopportare) /solo/21. Deus. Sassari] Deus. ( Deus:) solo
Sassari29-30. e ritornar allIsola lantica libert] e ritornar lIsola a
libert. ||allIsola lantica libert.||

Lautografo di Quiteria

Nicol Montagnano il fido e valoroso condottiero di


D. Leonardo Alagon, ben compendia lanimo dei Sassaresi,
col grido di ribellione: Arborea vaya suso y Aragona vaya
juso!, grido che fu uno dei tanti capi daccusa della Sentenza
contro il Marchese dOristano, condannato nel capo non
ch nella confisca di tutti i beni privati e dei feudi (15 otto
bre 1477). Questa condanna si estese egualmente su tutti i
figli e sul Visconte di Sanluri.
Dopoch il Carroz rientr in Sardegna, pens di servir
si dellopera del capitano Sassarese D. Angelo Marongio,
figlio di Don Tomaso, che tanto onore lavea gi procac
ciato nella guerra di Napoli, cos da esser fatto cavaliere da
Alfonso II.
Il Vicer invit anche il governatore Puiades, ed il Puia
des e D. Angelo Marongio accorsero tosto // con settecento
soldati Sassaresi, divisi in numero di 140 per ognuna delle
5 parrocchie.
Il Marchese D. Leonardo, aiutato dai suoi fidi, dal figlio
Artaldo e dal fedele capitano N. Montagnano, mosse alla
pugna al grido di Viva Arborea.
Nei piani di Mores avvenne uno scontro accanito fra le
due parti, ed il 12 Maggio il capitano Marongio espugn
le ville di Noragugume e di Dualchi, e riusc col valore e
coraggio delle armi Sassaresi ad ottenere una vittoria.
Successe a questo fatto darmi una tregua di sei giorni.
Poi il vicer Carroz prese il comando aiutato dal figlio Dal
mazio e da Puiades e Marongio, i quali marciarono diretta
mente alla rocca del Goceano. //
5. condannato] condannato (Sebbene)6. privati] privati ( e)6-7.
feudi (15 ottobre 1477).] feudi. (15 ottobre 1477)11-12. onore...procacciato] si fece onore /lavea gi procacciato/12. cos da esser] cos
da esser (e venne)14. Il Vicer...Puiades] Anche4 il governatore5 Puia
des, invit3 il1 Vicer2,16. ognuna] ogniuna18. Il Marchese...fidi] Il
Marchese D. Leonardo, che si teneva gi pronto per qualunque evenien
za ||chera gi preparato a|| qualunque evenienza, aiutato dai suoi fidi,
19-20. mosse...Arborea] al ( col) grido di Viva Arborea4, mosse1 alla
pugna221. avvenne] avvenne (vi fu)22. parti...capitano] parti, (
parti.) |ed| Vi fu una piccola sosta fra le due parti; il (Il) 12 Maggio il
capitano25. Successe...darmi] Successe a questo fatto darmi (Vi fu di
nuovo)26. Poi il] |Poi| Il

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POMPEO CALVIA

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Qui Don Angelo Marongio si impadron dei quattro figli


naturali di D. Leonardo Alagon: Quiteria, Michele, Giovan
na e Francesco. Questultimo, il minore dei figli avea soli 5
anni.
Leonardo Alagon quando ebbe notizia di questo fatto e
delle catene con le quali furono legati i suoi figli, dicesi ab
bia esclamato:
- Anche contro i figli innocenti oh! Carroz! tu inveisci?
Marci tosto con 3000 sodati alla volta di Macomer,
coi suoi figli Artaldo e Ludovico, collamato fratello Salva
tore che mai non lo abbandonava, con Giovani de Sena, e
coi Sassaresi Nicol Montagnano, Don B. Manca Don S.
Montagnans Don A. Cano e Leonardo De Tola di Ozieri.
La mattina del 19 Maggio presso Macomer si attacc zuf
fa, e sebbene grande fosse il valore addimostrato dai soldati
dArborea, eccitati da D. Leonardo e dal // prode Nicol
Montagnano, pure si dovette piegare, e non valse la santit
della causa per far vincere lo stemma dArborea, ondeg
giante al sole fra il corrusco dellarmi.
Artaldo dArborea, il giovine innamorato, volendo
difendere lo stendardo dOristano, coraggiosamente si
slanci dove pi ferveva la mischia, col nome di Anna e
di Arborea sul labbro, trafitto al cuore, cadde accanto allo
stendardo sul centro del quale figurava il sole di Arborea.
Era la stessa bandiera sotto la quale con egual valore ma pi
fortuna, avevano combattuto i Sardi su gli spalti del castello
di Sanluri, capitanati dalla grande eroina Eleonora. La bat
taglia fu fatale per gli Arborensi e grande fu il numero dei

3. Francesco...figli] Francesco. ( Francesco,) ||Questultimo, il minore


dei figli|| (il pi piccolo, che)8. oh!] |oh!|15. soldati] Soldati17.
dovette] dovetteronon] Non22. col] e col24. sul...figurava]

sul centro del quale figurava (dove in mezzo scintillava)25. Era...la


quale] Forse Era ( era) la stessa bandiera sotto la quale (che)pi]
pi ( non minor)26. avevano...i Sardi] avevano combattuto i Sardi
(aEleonora dArborea condusse i vincitori btrasse i Sardi vincitori)27.
grande...Eleonora] grande eroina (sublime) Eleonora dArborea28.
Arborensi e grande] Arborensi e grande ( Arborensi; grandissimo)

Lautografo di Quiteria

morti e dei feriti. Fra essi vi era Nicol Montagnano, // il


quale coperto di ferite fu dallamico D. Leonardo Alagon,
fatto trasportare fuori dal campo, e per non incorrere nelle
persecuzioni di D. Giovanni, fu fatto credere morto.
D. Leonardo Alagon dopo la sconfitta delle sue schiere,
protetto dagli amici si rifugi a Bosa con i figli superstiti e
con il Visconte di S. Luri. I fuggitivi cercarono di porsi in
salvo su dun veliero diretto per Genova, ma lAmmiraglio
Villamarina, che si teneva pronto con la sua flotta agli or
dini del Re, li fece prigionieri, e li condusse, con una certa
cavalleresca gentilezza in Catalogna, dove dal vecchio D.
Giovanni II, furono fatti rinchiudere nel castello di Xati
va in Valenza, dove linfelice Marchese lasci miseramente
la vita. Mentre i figli ed i fratelli del Marchese dopo alcun
tempo vennero posti in libert per grazia Sovrana. //
Il Vicer Carroz, il governatore Puiades, Don Angelo
Marongio, entrarono vincitori in Oristano, che dopo la
sconfitta divenne territorio Aragonese.
Don Giovanni II aggiunse agli altri suoi titoli anche quel
lo di Marchese di Oristano e Conte di Goceano. A Don
Angelo Marongio, dopo gli onori ricevuti in Oristano, al
tri trionfi erano serbati in Sassari, infatti pochi giorni dopo
vi rientrava acclamato vincitore, conducendo i 615 soldati
dispersi, fra lo scintillio delle picche, degli spadoni, delle
canne degli archibugi e delle mazze ferrate.

1. feriti...era] feriti. Fra ( feriti, fra) essi vi era (i quali anche)1-2.


coperto di ferite] coperto di ferite (sanguinante)4. fu] ad arte /
fu/5-7. D. Leonardo...S. Luri]||D. Leonardo Alagon dopo la sconfitta
delle sue schiere, protetto dagli amici si rifugi /a Bosa/ con i figli superstiti
e con il Visconte di S. Luri a Bosa.|| D. Leonardo Alagon viste disperse
le sue schiere, protetto dai suoi amici si (fu fatto) rifugi ( rifugiare) in
Bosa, assieme ai (coi) superstiti figli, il fratello Salvatore ed il Visconte
di S. Luri.10. con una certa] sempre con una certa13-14. in Valenza...figli] in Valenza, |dove linfelice Marchese lasci miseramente la
vita. ( vita,)| /Mentre/ I figli15. per] per (con)Sovrana] Sovra
na: linfelice marchese mor per miseramente.17-18. che...divenne]

che (divenuto) dopo la sconfitta /divenne/21-23. altri...conducendo]


ben altri ||trionfi erano serbati||dovea averne in Sassari, infatti (e) po
chi giorni dopo /vi/ rientrava in Sassari acclamato vincitore, conducendo
( conducenti)

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POMPEO CALVIA

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Fra le acclamazioni vere o false della folla, i fischi dei ra


gazzi in segno di giubilo, precedeva un carro a buoi dal
le ruote pesanti e piene. Distesi su poca paglia giacevano
incatenati i quattro figli di D. Leonardo Alagon. Un cane
seguiva in silenzio, i poveretti, quasi presago del crudele
destino che li attendeva. // Allorch Don Angelo Maron
gio arriv innanzi alla sua casa, salut la bellissima moglie
Donna Rosa Gambella, ed il figlioletto Salvatorico, il quale
prese una candida rosa dalle piccole e delicate mani della
madre, e con gioia la gett al babbo.
La rosa sfior il broccato posto sul davanzale del balcone,
poi cadde in terra e fu calpestata dalla folla inneggiante.
Il carro continu lentamente il suo cammino e si ferm
innanzi alla torre centrale del Castello.
Una pesante porta foderata di ferro si apr, e Don An
gelo Marongio consegn al Conte di Bonafides i quattro
innocenti, perch gelosamente venissero custoditi in celle
separate. Alcune donne tacitamente piangendo guardarono
il rinchiudersi di quella nera porta, trasformata come // un
immane mostro dagli orrori delle mille leggende spavento
se narrate al popolo1.

1. vere o false] vere o ||false|| (finte)7. salut] saluto10. babbo]

babbo (padre)11. sfior] sfior ( sfiora)15. Una pesante... apr]


Una /pesante/ porta foderata (ricoperta) di ferro ( []) tenuto da
grossi chiodi si apr (aperse)18. Alcune donne] Alcune donne (Le
madri)20-21. mille...spaventose] mille /leggende/ spaventose
1
La parte di testo che nellautografo segue e che va dalla carta numerata
15 alla carta numerata 16 (dalla parola Rinchiusa alla parola Calvia,
con la quale si chiude il capitolo che precede il Capitolo I capitolo pre
sente, come gi osservato, in A ma non in LSL) stata cassata. Per una
sua lettura integrale cfr. Appendice A ([Un pochino di Storia] - I).

Lautografo di Quiteria

19

Quiteria
avvenimenti Sassaresi del
decimo quinto Secolo

Lautografo di Quiteria

21

Capitolo I
Maria Santissima, apritemi disse Quiteria, non appe
na si vide sola nello stretto carcere.
Apritemi ripet; ed istintivamente si diede a graffiare
sulla porta nera, foderata di una lamina di ferro.
Ma Mossen Iulia, venuto appositamente in Sassari per
ordine di Don Giovanni II, per la Gracia de Deu Rey Darag, de Navarra, de Sicilia, de Valencia, de Mallorca, de Sardenia, de Corcega, Comte de Barcellona, Duch de Athenas
y Neopatria y Comte de Rossell y Cerdanya, Mossen Iulia
ripeto, aveva dato ordini severissimi a Gabinu Sura, perch
vigilasse sulle torri tutte, su tutte le segrete del Castello di
Sassari. //
E Gabinu Sura infatti, da buon carceriere, chiuse a dop
pio giro la serratura dellultima torre del Castello di Sassari,
la mattina del 25 Maggio del 1478.(1)
Ma perch mi avete allontanato dai miei fratellini? Vi
gliacchi! esclam Quiteria.
Re vigliacco, re vigliacco! Ho gi capito tutto. Sei capace
di lasciarmi morir di fame qui, re Giovanni, vecchia iena.
Oh! lo so, me lha pur detto mio padre che le tue ugne sono
cosparse di fiele, che i tuoi occhi iniettati di sangue non ve
dono che lo sterminio della nostra casa dArborea. Male
detto! e sollev le pugna disperatamente; fece alcuni passi
e cadde nellangolo della cella su dun mucchio di paglia.
Chiuse gli occhi.

13. vigilasse] vigilasse ( vigi[]sse)18-19. fratellini? Vigliacchi!]


fratellini? Vigliacchi! ( fratellini, vigliacchi -)23. cosparse] cosparse
(imbevute)
Dopoch da Don Angelo Marongio, capitano Sassarese, fu distrutto
a Macomer lesercito del Marchese dOristano Don Leonardo Alagon, i
quattro figli naturali, Quiteria, Michele, Giovanna e Francesco, furon dal
Marongio condotti prigionieri e chiusi nel Castello di Sassari.

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Le pareva nel rapido succedersi delle immagini, di rivede


re tutta la scena dolorosa di Oristano dopo la disfatta che il
padre Leonardo Alagon ebbe in Oristano, di rivedere quella
lunga strada bianca, polverosa, sotto un cielo di fuoco, e
sentiva i lamenti // di Michele e di Giovanna, e del piccolo
Franceschino che non avea ancora 5 anni. Poveretti! li ave
ano stretti alle braccia ed alle gambe con corde e catenelle,
peggio assai di tanti ladroni.
Anche lacqua venne loro quasi niegata, mentre i solda
ti che scortavano il carro a buoi bevevano quasi ad ogni
fermata, ed avvinazzati inneggiavano alla vittoria di Don
Angelo de Marongio, che attorniato dagli Uffiziali seguiva
superbo il carro come un imperatore.
Quiteria si ricordava di Francescuccio che estenuato e
febbricitante le cadeva in grembo, e che lei con affetto ma
terno cercava di difendere dallumidit della notte e dalle
nocive esalazioni delle paludi, mentre Giovanna atterrita
dalle spettrali forme delle quercie si copriva gli occhi. E di
Michele! Niente eravi di pi triste di quello sguardo e di
quel lento lamento, quando disse ai Soldati che lo trascina
vano su per le ripide scale del castello: Non posso salire,
mamma!
Mamma! Che avevano fatto della mamma? //
Un soldato Sassarese impietosito, forse un povero padre,
prese il piccolo Michele in braccio, e prima di rinchiuderlo
nella celletta, lo baci in bocca.

1. Le pareva] Nere immagini le passarono nel cervello simili a neri vipi


strelli staccantisi dalle pareti umide, Le ( e le) pareva1-3. di rivedere...Oristano] ||di rivedere ( []) tutta la scena dolorosa di Oristano
dopo la disfatta che il padre Leonardo Alagon ebbe in Oristano||,12. che]

che (il quale)14. si ricordava di] si ricordava di (rivedeva)14-18.


che estenuato...occhi.] ||che estenuato e febbricitante le cadeva in grembo,
e che lei con affetto materno cercava di difendere dallumidit della notte
e dalle nocive esalazioni delle paludi, mentre Giovanna atterrita dalle spet
trali forme delle quercie si copriva gli occhi.|| (aquasi freddo ricaderle in
grembo, mentre laria umida della notte esalava dalle paludi, bche estenua
to le ricadeva) e Giovanna, poverina! Si copriva gli occhi perch temeva
i tronchi deformi delle quercie sotto Monte Santo.18. di] /di/26.
nella celletta...bocca.] nella celletta, solo come un cane, lo baci in bocca.

Lautografo di Quiteria

Eppoi serrarono nella vicina cella Francescuccio, e pi


sopra, Giovanna.
Non piangere pi le disse un soldato, guardandola
negli occhi che parevan di vetro.
Povera bimba.
morta disse un soldataccio, e la butt come uno
straccio sulla paglia fracida.
Ed a Quiteria, con lente pause, seguiva ancora a ripassare
questa dimanda dei soldati: Tutti cos li uccidono? Taci!
Ei! Ges non ci ? taci!
La infelice giovinetta ricordava rabbrividendo dorrore i
gradini che sembravano infiniti, gli urti ricevuti, il suono
delle catene ripercotentesi con sinistri rumori, e la selvaggia
scena, allorquando i soldati la cacciarono di casa, // assieme
ai fratellini; ed i soldati e Puiades, ed il Vicer Carroz e Don
Angelo Marongio, gridavano come belve: A Morte, figli
del peccato, a morte con vostro padre Leonardo Alagon,
traditore, fellone!
A morte tutta la vostra razza! A morte Nicol Montagna
no, traditor Sassarese. A morte, a morte! Abbasso Arbo
rea!
No! grid Quiteria, ancora nel delirio del sogno.
No! abbasso Arborea! Arborea vaya suso, e Aragona
vaya a juso. No, no, suso Arborea e si sollev soffregan
dosi gli occhi come per discacciare tutte quelle tetre imma
gini, le quali, sebbene desta, in mezzo a quella oscurit, la
costringevano ancora a sognare delirando.
Linfelice giovinetta con le mani protese and brancoloni
nelloscurit quasi in cerca di una spada
Il filo sottilissimo di luce che // filtrava dal finestrino
chiuso le pareva una lucidissima lama: quando and ad af
ferrarla si accorse dellinganno e della realt del suo stato.
Apr con forza lo sportello di legno del finestrino.
1. serrarono] serrarono (rinchiusero)8. Ed a Quiteria] ||Ed|| A Qui
teria9. dimanda dei soldati:] dimanda /dei soldati/:uccidono?] uc
cidono (ammazzano)?13. con sinistri rumori] con sinistri rumori
(come scheletri)15. ed i] /e/ ed i17. vostro] vostro ( [])20.
A morte, a morte!] |A morte, a morte!|29. nelloscurit] nelloscurit
( <+>elloscurit)

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Unondata calda di luce illumin improvvisamente la


prigione, e sullo sfondo ricoperto di muffe pi divinamente
bella irraggi la purissima figura di Quiteria, nei fieri occhi
simile ai ritratti di Donna Eleonora dArborea.
Voci indistinte di gioia e grida, e suoni di trombe e di
pifferi, salivano dalla strada.
Quiteria strinse con forza le spranghe dellinferriata, qua
si come se volesse spezzarle.
Godete pure vincitori Su Arborea esclam.
Le campane di San Nicola, di Santa Catterina, di SantA
pollinare, suonavano allegramente.
Santa Maria di Betlem // si sentiva appena.
Piccole nubi bianche apparivano, tratto tratto, da quei
rettangoletti di azzurro attraverso le grate, dietro le quali
sfumavano i monti dellAsinara quasi confusi col cielo e
con la striscia di mare sottostante.
Unondata daria fresca, simile ad un bacio pieno di con
solazione, fece improvvisamente sussultare il cuore della
giovinetta, la quale voluttuosamente assorb i sottilissimi
profumi2. //
Ma3 ben presto si scosse, al suono dei lenti rintocchi della
campana del bargello. La poveretta ripens ai fratellini, soli,
forse affamati, assetati ancora.
2. sfondo ricoperto di muffe] sfondo ||ricoperto di muffe|| (di calce im
brattata)3-4. nei fieri...dArborea.] nei fieri occhi simile ai ritratti
di Donna Eleonora dArborea.5. gioia e grida] gioia /e grida/7. le
spranghe] le ( i) ||spranghe|| (ferri)8-9. come...pure] come se (per)
||volesse spezzarle|| (volerli togliere). Godete ( Go<++>) pure12.
Santa Maria di Betlem] Santa Maria di /.Betlem/ Betlemme13. apparivano] apparivano (si affacciavano)da] da (su)14. attraverso] visti attraverso18. cuore] /cuore/ seno22. La poveretta] La
poveretta (Quiteria)23. ancora.] ancora, |allorch sent ( sentiva)
suonare tre lenti tocchi dal campanone del bargello, in segno di agonia.|
2
La parte di testo che nellautografo segue e che va dalla carta numerata
7 alla carta numerata 8 stata cassata. Per una sua lettura integrale cfr.
Appendice A (I -I).
3
Sul lato sinistro del foglio di protocollo, oltre il margine segnato e al di l
dello specchio di scrittura, in corrispondenza del brano cassato, di mano
dellautore e scritto in verticale con una penna ad inchiostro nero, si legge:
(Si pu omettere) .

Lautografo di Quiteria

Scosse la testa come una leonessa, e si gett innanzi agli


occhi tutta // la folta massa di capelli neri, quasi indignata
contro la luce istessa, chera la cosa pi pura del cielo, ma
che permetteva tanta vilt nei cuori.
Il campanone seguitava a mandare lugubri rintocchi.
Tu pure, o Sardo ci perseguiti, tu pure, Don Angelo
Marongio voi farti carnefice di bambini? grid Quiteria,
traendo dal seno un piccolo pugnaletto avvolto in una fode
ra rossa. La impugnatura doro scintill sinistramente.
Si fer il braccio, lasci scorrere un po di sangue, ed in
tintovi il dito scrisse sul muro, gi segnato di nomi e di cifre,
una data. Poi vi graf il moto: Arborea vaya suso, e Aragona
vaya a iuso.
Linfelice giovinetta avrebbe voluto dare tutto il suo san
gue per poter scrivere quel motto su le mura delle segrete
ove erano sofferenti, su tutti gli angoli, ed anche in faccia
al sole dinanzi agli occhi dei soldati mercenari, e di Don
Angelo Marongio e dello stesso Re. //
Questo le pareva quasi il suo testamento e quello dei fra
telli. Vi scrisse il suo nome, poi quello dei due fratellini e
della sorella. Nel mezzo vi segn la data, 25 Maggio 1478,
indi vi graf 4 lunghe croci e le baci.
La campana del bargello che avea cessato di suonare, ri
cominci i lentissimi rintocchi.
Quiteria singinocchi innanzi al finestrino, e tolse dalla
borsetta che le pendeva al fianco il rosario, pio ricordo della
madre.

2. la] la (quella)4. permetteva] pure permetteva5. seguitava...


rintocchi] segui/tava/ ( segu) a mandare lugubri rintocchi (i lenti rin
tocchi).7. carnefice] carnefice ( <++>rnefice)8-9. pugnaletto...
sinistramente.] pugnaletto /di/ avvolto in una fodera rossa. |La impugna
tura doro scintill sinistramente.|(|col[] impugnatura doro.|)10. Si
fer] ||La gi||Si fer11-12. cifre...moto:] cifre, una data. Poi vi graf il
moto (date graffite):15. motto...mura] mo|t|to su tutte le mura1922. Questo...baci.] Vi scrisse il suo nome, poi quello dei due fratellini e
della sorella. Nel mezzo vi segn la data, 25 Maggio 1478, indi vi graf 4
lunghe croci e le baci. Questo le pareva quasi il suo testamento e quello
dei fratelli.

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POMPEO CALVIA

E preg a lungo per la patria sua, per il padre suo e pei


fratellini e la madre lontana, la quale, nellestasi della pre
ghiera, le pareva che teneramente la chiamasse.
Mamma! mamma! dove sei? esclam Quiteria, e
5 pianse.

1. E] E ( <+>)1-2. e pei...madre] pei fratelli suoi /e pei fratellini/ e


(per) la madre

Lautografo di Quiteria

27

Capitolo II
Il carceriere Gabinu Sura apr la porta: Seguitemi dis
se.
Quiteria obbed, scese alcuni gradini e si ferm innanzi
ad una porticina.
Mia sorellina Giovanna ancora qui? domand con
citata.
Seguitemi rispose il carceriere, sbatacchiando con im
pazienza le chiavi.
Quiteria buss alla porticina e chiam pi volte la sorel
lina:
Giovanna!
Nessuno rispose.
Dov Giovanna?
Io non so nulla.
Tu sai tutto. Chi ha aperto questa porta se non tu? par
la, per carit. Dimmi dov la mia sorellina Giovanna chera
rinchiusa qui?
Consolatevi rispose Gabinu Sura, intenerito dalla se
greta forza di quella voce.
Consolatevi, che presto si e non disse altro, e ri
prese tosto il // duro cipiglio abituale, quasi terrorizza
to dallimprovviso ricordo delle severissime istruzioni di
Mossen Iulia e di Don Angelo Marongio.
Consolarmi! ma come?
Scendiamo.
Quiteria si ferm innanzi alla seconda porticina dove fu
rinchiuso Francescuccio. Era aperta.
Gett nellinterno un rapidissimo sguardo col cuore pie
no dangoscia. Non ebbe coraggio di fare nuove interroga
zioni; scese alcuni gradini e barcoll.
Il carceriere la sorresse, tenendola pel braccio, poi le pre
se istintivamente la mano.

14. rispose.] rispose18. la mia...Giovanna] la mia |sorellina| Giovan


na20. intenerito] intenerito (vinto)26-27. - Scendiamo...ferm]
Scendiamo Discesero Quiteria si ferm31-32. di fare nuove interrogazioni] di fare nuove interrogazioni (dinterrogare)

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POMPEO CALVIA

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Quiteria con ribrezzo strapp rapidamente la pallida


mano, e guard in viso con atto superbo il vecchio carce
riere, il quale chin la testa e lasci passare pieno di am
mirazione la bella fanciulla, che segu rispettosamente sino
allaltra porta dove Michele // piangendo avea detto: -Non
posso salire! mamma!
Anche questa porta era aperta. Dalla segreta usciva un
tanfo come di terra umida e smossa di fresco.
Nel fondo della parete eravi unapertura con inferriata, la
quale illuminava una scala avvolta da vecchi cordami, e da
le catenelle e dai ceppi che aveano stretto nel viaggio i tre
fratellini.
Una vanga era appoggiata allultima assicella della scala,
e poco discosto stava, su duna panca sgangherata un fana
lino spento.
Il sole con striscie gialle si muoveva su quegli oggetti e
dava a tutto lambiente una terribilit mostruosa.
Sintese un rumore sordo.
Che questo? dimand Quiteria.
Niente entriamo.
Dove? //
Gabinu Sura accese il lanternino e strapp dalla scala la
corda cheravi aggrovigliata.
Anima dove mi conduci disse Quiteria al carceriere,
allorch lo vide aprire unaltra porticina.
Non temere, ci son io, su! coraggio! e strinse nelle sue
le fredde mani di Quiteria.
Pensate alla Madonna delle Grazie, figliuola!
Entrarono in uno stretto corridoio, dove si respirava ap
pena.
Son stanca disse Quiteria, soffermandosi quasi colta
da una paurosa immagine, e volendo indugiare.
Vi riposerete dopo.
Dove?
Allaperto?
1. Quiteria...strapp] Quiteria con (piena di) ribrezzo strapp5.
porta] porta ( porte)avea detto] avea detto (disse)10. da] da (
in)da] da ( le)14. stava] stava (poggiava)21. - Dove?] Dove?
Dove? Entriamo! 25. lo vide] |lo| vide

Lautografo di Quiteria

In faccia al sole?
S, andiamo.
Quiteria pens al sole vivissimo, al suo mare di smeraldo,
e segu // per un tratto rapidamente a camminare.
Il carceriere apr unaltra porticina, ed una voce debolis
sima sintese dimandare:
Chi vive?
Aragona!
Avanti Aragona!
Vaya iuso Aragona disse a Quiteria.
Prudenza, figliola esclam il carceriere.
Ora io ti lascio, s buona.
Dove vai? disse Quiteria, provando un gran dolore
per il distacco di quelluomo pel quale avea prima sentito
ribrezzo.
Rimani! rimani!
Nessuno ti far male, figliola!
Quiteria prese le mani del carceriere e vi lasci andare
parecchie monete.
Gabinu Sura le disse: Tenetele, figliola, nessuno vi far
del male. Abbiate solo la bont di cedermi quel pugnalet
to col quale vi siete ferita, per scrivere col sangue il motto
ribelle che vi consiglio di non // pronunziare pi in questi
luoghi per il bene vostro.
Nel ritirare la mano una moneta cadde per terra e tinn
come un lamento.
Gabinu non si chin per raccoglierla e nascose in fretta il
pugnaletto dalla guaina rossa e dal manico doro.
Dalla porta semi aperta entr un frate e diede il buon sa
luto:
Ave Maria.

10. disse a Quiteria.] disse a Quiteria. (aaccentu il mito, ma quasi a fior


di labbro, Quiteria b1accentu 2il mito, 4ma quasi a fior di labbro, 3Qui
teria.)11. esclam] /esclam/ disse17. male] male ( mala)22.
siete...scrivere] siete ferita il braccio, per scrivere24. per...vostro.] per
/il/ bene vostro.26. come un lamento] come un lamento di uccellino
morente.28-31. pugnaletto...- Ave Maria!] pugnaletto |dalla guaina
rossa e dal manico doro|. Dalla porta /semi/ aperta /usc/ entr un frate
e diede il buon (adisse bsalut): Ave Maria!

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POMPEO CALVIA

Gabinu Sura rispose: Gratia plena e chin la testa,


indi e rivolto al fraticello quasi per consolar Quiteria disse:
Fra Carmine, voi, che siete tanto buono, sollevatela.
Aiutami, o Maria Santissima! esclam Quiteria e
5 strinse nelle mani il rosario.
Un sudor freddo le inumid repentinamente le tempie.
La luce del fanale del Carceriere si allontan tetramente.
- Padre! dove mi conduci? disse Quiteria.
E fra Carmine: Non vi spaventate e venite con me.
10
Il buon Ges vi aiuter. Egli vede tutto, egli permise tut
to. Chi pi sapr soffrire, pi avr dritto al godimento nel
cielo, dove non ci sar nessuno che ci contraster la luce.
Padre! Aiutatemi!

2. indi...disse] /indi/ |e rivolto al fraticello quasi per consolar Quiteria dis


se| (aindi volta a Quiteria quasi per consolarla, disse al frate: bindi rivolto al
fraticello [volta a Quiteria] quasi per consolarla, disse al frate):7. fanale del] fanale ( Il fanale) del ( di)8. dove mi conduci? ] dove andi
mi conduci? (io temo.)13. Padre! Aiutatemi!] Padre! Aiutatemi!
|Dove mi conducete?|

Lautografo di Quiteria

31

Capitolo III
Pierino Unali, sebbene valentissimo dipintore, non riu
sciva a disegnare un sol tratto che gli ricordasse il viso della
sua amata Quiteria.
Eppure in Oristano egli avea sapientemente gi dipinto
quel viso, nel volto del bel martire turritano S. Gavino, cir
condato dagli altri due martiri Proto e Gianuario.
Non riesco disse Pierino quella mattina, e diede la
tavolozza in mano al suo caro modello Tito Puliga.
Il bambino la depose in un angolo, su duna cassetta di
colori.
Puro il segno tracciato, vigoroso il colore, ma non vi
lanima tua, o Quiteria, nel mio pennello agitato da terribili
battaglie del cuore esclam Pierino.
Poi volto al bambino, gli carezz con materno atto i ca
pelli biondi inanellati: Vattene, oggi gli disse. //
Quando debbo tornare, Maestro dimand il piccolo
modello, contento di aver terminato di posare.
Ritorna domani, Tito mio, oggi non posso. Va tu pure
a godere un po di sole ed a cogliere dei fiori.
Oggi non mi piaciono i fiori disse con malizia il bam
bino, stiracchiando le braccia alquanto indolenzite per la
lunga posa.
Che ti piace?
Io non te lo voglio dire perch tu mi sgridi rispose il
bambino e gli si tinse dun bel rosso il pallidetto viso.
Tutto puoi dirmi, come ad un padre e lo carezz, e
fisso gli tenne lo sguardo scrutandolo nei lucidissimi occhi
neri.
Ebbene, senti, riprese il bambino, chinando la testina
bionda ci che a me piace son certi dolci duna nuova
4. gli] gli ( le)6. in Oristano] /In Oristano/19. di aver...posare] ||di
aver terminato di posare|| (per quella cessazione di posa)20-21. Va
tu...fiori.] ||Va tu pure a godere un po di sole ed a cogliere /dei/ fiori.||
(aVa|,| tu pure come i garofani a respirare sotto /di/ questo cielo puris
simo di Maggio. b||a respirare laria e inebriarti di sole come questi garo
fani, che ti regalo.||)22. Oggi non] /Oggi/Nonfiori] fiori (garofa
ni)con malizia] /con malizia/

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POMPEO CALVIA

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forma che oggi ho adocchiato // sotto le tende dei venditori


di torroni.
Si chiamano?
Tiricas dAragona, e si vendono l, vedi, sulla piazza del
la chiesa.
Il bambino segn col dito le tende dei negozianti, sorrette
da pali rivestiti di alloro e di fiori, con intreccio di stemmi
del Re D. Giovanni dAragona, del Capitano D. Angelo Ma
rongio e della sua bellissima consorte Donna Rosa Gam
bella.
Pierino dalla celletta si avvicin al balcone. La piazza di
Santa Maria di Betlem era gremita di popolo.
Musiche nuove ed inni nuovi si andavano mescendo agli
inni ed ai canti Nazionali Sardi, quasi come un vinello me
scolato a vecchio balsamo.
Tutto pareva tendere ad avvilupparsi con quel sole di //
Maggio che caldamente coloriva le penne dei sombreros e le
tiarzole ricamate.
Il duru duru cominciava con ritmo eguale, e le collane
per molti giri avviluppanti il collo, e le gonne, e i coritos,
e gli orecchini filogranati davano a Pierino lidea di molti
fiori imperlati dalla rugiada4. //
Pierino paragonava quella danza ad un gran mazzo di
fiori svariatissimi, agitata dal vento.
Tutto si confondeva, si armonizzava in una tenerezza
nuova e gentile damore.
Pierino pensava:
Ma perch non si armonizzano cos tutti gli animi e ten
dono senza egoismo ad un bene comune?
8. del Capitano] e del Capitano ( Re)11-12. Pierino...popolo.]
||Pierino sporse il capo fuori dal balcone della celletta /del patio/ []
in istudio. []|| Pierino /dalla celletta/ si avvicin al balcone, e vide
tutta La ( la) piazza di Santa Maria di /Betlem/ Betlemme /era/ gre
mita di popolo.14-15. un vinello mescolato] un vinello (vin nuovo
si) mescola|to|21. a Pierino]/a Pierino/molti] /molti/22. dalla
rugiada] /dalla rugiada e/24. agitata dal vento.] /agitata ( agitata)/
portata ( portati) dal vento per estrema leggerezza.
4
La parte di testo che nellautografo segue e che va dalla carta numerata
20 alla carta numerata 23 stata cassata. Per una sua lettura integrale cfr.
Appendice A (III -I).

Lautografo di Quiteria

Perch questi potenti che ne guidano, non rientrano nel


naturale equilibrio delle cose, ed uniti si adoprano per il
benessere dei popoli?
Crudele invece la lotta, e chi le piglia sei sempre tu, o
popolo, al quale si d unora di eccitamento perch dimen
tichi tanti secoli di miseria e di vergogne. //
Su, su, allegri, o danzatori, in questo minuto di gioia. Pre
stissimo, o miscuglio di gente male unita, ti disfarai, come il
vago mazzo di fiori al quale somigli.
Le pi belle rose poseranno le foglie avvizzite sul calice
candidissimo dei gigli, e maligni odori tosto si sprigione
ranno dai petali gialli, e contatti impuri trasformeranno in
putredine quel candore liliale.
Su, su, allegri, che importa a voi che il pi bel fiore fra
quanti mai spuntarono in questo Sardo giardino, cerchi di
calpestare un vil Capitano Sassarese?
Che importa a voi dei bimbi che gemono in carcere, delle
forche in economia drizzate sulle piazze, delle figlie deri
se, dei vecchi inermi insultati o pugnalati, della fame che
gialla irrompe come la peste tra le vie. // Il minuto bello,
godetelo.
E tu, povero Tito, dimenticato, mi guardi coi grandi oc
chi innocenti, in attesa duna moneta per soddisfare il tuo
palato gi avido di false dolcezze preparate dai torronai
dAragona.
Prendi, vuoi una monetina dArgento? una di quelle che
io ebbi in Oristano da Don Leonardo Alagon, fra mille altre
regalate per leffigie fattagli in atto di adorare dei tre mar
tiri.(2)

1. nel] nella15. spuntarono] spuntarono (/spuntino/)15-16. cerchi...Sassarese?] un vil3 Capitano Sassarese4 cerchi1 di calpestare2?26-27.
vuoi...ebbi] /vuoi una monetina dArgento?/ questa monetina dargento,
||una di quelle che io ebbi|| 2/eccone una di quelle/ 1io lebbi28. regalate] regalate ( regalatami)in...adorare] /in atto/ di adorare ( ado
razione)
Il quadro esiste in Santa Maria e rappresenta Leonardo Alagon che pre
ga innanzi ai 3 Martiri S. Gavino Proto e Gianuario.

(2)

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POMPEO CALVIA

Il quadro oggi sfregiato e pugnalato da D. Angelo Ma


rongio. Eccolo, il superbo, lEroe Sassarese, // che passa
dando il braccio alla sua gentil Donna, Rosa Gambella.
Quali baci damore usciranno dal tuo labbro, se lamore
5 purezza! Ah s, tu sei puro ora, perch hai ringraziato Iddio
che tha permesso di stringere fra le catene come un assas
sino quellAngelo, la mia Quiteria!
Tu sei puro e felice, e lo dicono gli inni e le canzoni dei
poeti che ti tengon dietro, rassomigliandoti

10

A sistella plus lughente.

Cavalieri, fanti, scudieri, con un seguito di frati e di po


polo, si riversavano dalla chiesa sulla piazza, dopo la mes
15 sa di ringraziamento per la Vittoria riportata dai Sassaresi
contro lesercito di D. Leonardo Alagon.
Cavalieri e popolo restavano avviluppati da densi nuvo
loni di polvere che avvolgeva anche lo sfondo della campa
gna. //
20
La luce quasi lapidea, lasciava intravedere lembi di cielo
e di campagna verde.
Si udivano voci confuse accompagnate dal lento zufolio
delle laoneddas, e la copia felice e festeggiata, rosso vestita,
appariva come sangue uscente dalla larga ferita.
25
Anche il cielo dun tratto parve a Pierino si tingesse di
rosso e di nero.
Il giovine artista si copr gli occhi con le mani quasi terro

1-2. Il...Marongio] ||Il quadro ad oggi sfregiato e pugnalato da D. An


gelo Marongio|| |Se tu| Don Angelo Marongio non avessi ( avesse) oggi
fatto raschiare lo stemma dArborea, ( e) da quel quadro, sfregiato /
da pugnalate/, e ricoperto di |veli| nero, io potrei dire ancora, o capita
no, che |il tuo corpo| (la tua anima) pugnalato nellora della preghiera,
potrebbe sprigionare un(l) anima mezzo purificata per le fiamme del
purgatorio.7. quellAngelo] quell ( quel) puro Angelo9. ti tengon dietro] ti tengon dietro (tinseguono)14. sulla piazza] /sulla piaz
za/17-18. nuvoloni di polvere] nuvoloni di |polvere| (popolo)20.
lasciava] come da una larga ferita lasciava23. laoneddas] /.laoneddas/
lioneddas23-24. rosso appariva] tutto rosso vestita, tutto appari
va27. copr]||copr||(coperse)

Lautografo di Quiteria

rizzato da tutta quella tinta di color sanguigno che come un


mantello avviluppava tragicamente la felice copia la quale
scomparve in Porta Utzeri, seguita da immensa folla. //
Un vecchio, mendicante con la testa fasciata, ed il corpo
avvolto in molti stracci si ferm a guardare il corteo5.
Pass un cavaliere, ma il vecchio non gli chiese lelemo
sina, e quando lo vide scomparire, a lenti passi, si diresse
verso la Chiesa di S. Maria.
Che straccione misterioso! disse Pierino, osservando
quel camminare lento alternato tratto tratto da passi rapi
dissimi e da sguardi sospettosi.
Il piccolo Tito Puliga aspettava tacendo.
Tavevo dimenticato, povero Tito! esclam Pierino, e
gli offr la piccola moneta che teneva ancora stretta in pu
gno.
tutta mia dimand il bambino.
S, ma bada di non lasciarti vincere troppo dalle leccor
nie e dai dolciumi, specialmente se manipolati dagli Ara
gonesi6.
Tu lo dici apposta per non toccar mai nulla, proprio
come dice sempre la mamma esclam ridendo Tito, col
ditino in bocca.
1. tutta quella...che] tutta quella ( tutto quel) ||tinta di color (color)||
sanguigno ( sangue) improvviso che2-3. felice...folla.] felice copia
||la quale scomparve in Porta Utzeri, seguita da immensa folla.||4-5.
Un vecchio...corteo.] Vide quel color rosso (Il sangue) in rigagnoli,
sintern poi in Porta Utzeri, e Don Angelo Marongio e Rosa Gambella
scomparvero in Porta Utzeri (fra un ultimo) seguiti ( seguito) dalla (
di) ||folla|| straccioni e di accatoni venuti da tutte le parti di Sardegna.
Ultimo rimase un vecchio, ||mendicante|| con la testa fasciata, ed il cor
po avvolto in molti stracci. || si ferm a guardare il corteo.|| (Rimase al
quanto fermo ed immobile, appoggiato alle grucce)6. vecchio] vecchio
(mendicante)6-7. lelemosina] l( la) elemosina (carit)7. passi]
passi, alternati da passi pi rapidi14. la] la (una)14-15. moneta...
in pugno] moneta. ||che teneva stretta ( dis) ancora 2in pugno 1stret
to||18. dai dolciumi] dai dolciumi (dalle dolcezze)manipolati]
manipolati ( manipolate)21. Tito] Tito (Pierino)
5
Sul margine sinistro del foglio scritto a matita da mano verosimilmente
autorale e sottolineato si legge: rifare.
6
Sul margine destro del foglio scritto a matita da mano verosimilmente
autorale si legge: dai dolciumi.

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POMPEO CALVIA

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Beata et! disse tra s Pierino, e baci mestamente


il fanciullo. Beata et che non capisce ancor nulla degli
umani dolori. Dove sar tuo padre ora, Mauro Puliga, da
due giorni chiamato segretamente in Castello, poche ore
dopo che la mostruosa porta si chiudesse dietro la mia Qui
teria ed i fratellini?
Se la tua mamma dimanda perch sei ritornato cos pre
sto in casa, rispondile che tho congedato per occuparmi di
quella sua bisogna. //
Vado subito disse Tito, ed usc festante, ma ritorn
tosto per dimandare: E se il babbo viene, lo dico anche
al babbo?
S bambino.
Tito usc.
Povero bimbo, povera famiglia! E nessuno insorge, e si
permettono queste infamie in Sassari alla luce del d?
Infelice Mauro, uscirai tu pi da quella ferrata porta? tu
lamico dellEroe Sassarese, Nicol Montagnano! forse
morto al fianco di Leonardo come il giovane figlio Artal
do.
E quando, sarai libera tu, o mia Quiteria! dimand
con le mani volte al Cielo.
O mia anima, o sogno bello della mia vita cos repen
tinamente spezzato seguiva ad esclamare lamentandosi il
povero giovine, e traeva dal petto un medaglione col ritrat
to miniato della sua Quiteria. // e ricoprivalo di baci e di
lacrime.
Affranto dal dolore sedette innanzi al cavalletto. Gli oc
chi irrigati dal pianto gli si chiusero, e molte immagini gli
apparvero da principio confuse ma a poco a poco acquista
rono forma e vita.

22. Cielo.] Cielo Pierino.26. e ricoprivalo] e ( che) ricopriva|lo|2930. gli apparvero] /gli/ apparvero30-31. acquistarono] acquistarono (
ri)

Lautografo di Quiteria

37

Capitolo IV7
Ritornando indietro Pierino rivide nel Castello dOrista
no Don Leonardo Alagon, severo e dignitoso, gli occhi pen
sierosi con repentini scatti di fierezza, le mani incrociate sul
petto, ed il collo quasi di bronzo serrato nellampio colletto
accartociato sul giustacuore nero.
Sempre al fianco la spada, ed accanto una borsetta ed un
pugnaletto, col manico doro, e la fodera di rosso velluto.
La mano correva nellimpugnatura con fremiti che si ri
percotevano sulla fronte, come le piccole onde che annun
ziano gi vicine le furenti tempeste.
Era un mattino sui primi dottobre del 14778. //
Pierino intento a dipingere.
Gli pareva di avere innanzi nella sala dArmi del Castello
il cavalletto col quadro dei tre Martiri Turritani, che da pi
giorni dipingeva per ordine di Don Leonardo Alagon.
Si ricordava che il suo cervello dartista andava in cerca
dinspirazione per ridare al viso del Martire quella divina
espressione palpitante di giovinezza eroica.
Ma un arcano fato pareva aver posto nel suo cuore il bel
viso, che non riusciva trovare col pennello, in lotta con li
deale.

1. Capitolo IV] /Capitolo IV/3-4. Ritornando...Alagon] ||ritor


nando indietro (Rivide ( Pensava)) Pierino di rivide ( rivedere)
nel Castello dOristano|| Rivide nel Castello dOristano Don Leonardo
Alagon13. sui...1477] sui primi dottobre. ||del 1477||14. Pierino...
dipingere.] /Pierino intento fisso a dipingere/15. Gli...innanzi]
||Gli|| Pareva a Pierino di avere innanzi (rivedere)16. il] qu il18.
Si ricordava...in cerca] ||Si ricordava che il suo|| (Il povero) cervello d
( dell) artista andava in cerca19. Martire quella divina] Martire
Gavino quella necessaria e divina21. Ma un arcano] |Ma| Un arca
no21-22. nel suo...non] nel /suo/ cuore di Pierino questo |il| bel viso
di cavaliere, che non]
7
Sul margine sinistro scritto a matita si legge: ||4 Capitolo (1)||. Sul mar
gine destro scritto a matita si legge: || Capitolo IV. | Altro Capitolo.||
8
Sul margine destro scritto a matita si legge: ||Capitolo IV. | Altro
Capitolo.||

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Don Leonardo Alagon tratto tratto savvicina per vedere


il quadro gi da pi d fermo allo stesso punto.
Maestro gli aveva detto un giorno voi molto cancel
late quel viso di San Gavino.
Non riesco!
Che cercate?
Un modello.
Ma come potrei aiutarvi io, nello // scegliervi un mo
dello, se nessun viso umano vi accontenta, e pi che divina
la bellezza che voi cercate per questo martire!
Non la bellezza che io cerco, ma il sentimento.
Perch non copiate in parte quel viso di Donna Eleono
ra dArborea, l appeso fra i trofei dArmi?
Buona lidea. Cos far.
Egli copiava e cancellava sempre, ed il Marchese a dirgli:
Non avete ancora trovato? artista!
Trover, Marchese, non voglio che altri mi dia il titolo
di maestro nellarte senza che lo meriti.
A che pr, quando si giovani, vincere mediocremente
una battaglia? Bene sha da vincere e far bene, perch larte
anchessa battaglia dideali.
Sei Sassarese e forte, del sangue // di Montagnano ri
pensava che gli avea detto il Marchese, con la mano al pu
gnaletto rosso dal manico doro.
Per lu cultu de Deu! Vos altres encara que non vullan!
Che cosa? Marchese!
Ancorch non vogliano, oh! li manderemo via questi
parassiti dAragona. Nazione libera ha da essere questa Sar
degna, sotto il comando di un uomo che ne conosca tutti i
bisogni, che ne capisca tutti i dolori.
Sotto la vostra bandiera dArborea, potr solo risorgere
la Sardegna nostra. ricordava che avea egli gridato. E
Viva Arborea.
1. savvicina] savvicina (entrava)2. d] d (giorni)3. gli aveva detto] gli aveva detto (disse)12. in] in ( il)viso di] viso di
(guerriero) di15. Egli copiava] E|gli|(Pierino) copiava22-23.
ripensava...Marchese.] ripensava che gli avea detto (disse) il Marche
se.25. cultu] cul|tu|32-33. la...Arborea.] la (questa) Sardegna no
stra (nostra). ricordava che avea egli detto gridato (disse Pierino).
|E| Viva Arborea (Viva Arborea)

Lautografo di Quiteria

Arborea vaya suso, e Aragona vaya a iuso si sent


esclamare da dietro larazzo, sollevato da una bellissima
giovinetta, la quale somigliava a Donna Eleonora dArbo
rea.
Avea per nelle labbra una espressione pi dolce e deli
cata, // e gli occhi soavi e fieri come gli occhi belli degli avi.
Lanima mia gi piena di te, vedendoti gli aveva sus
surrato sommessamente il cuore.
Quiteria mia figlia! disse il marchese abbracciandola.
La giovinetta baci il padre.
Babbo, gli disse mi venuto un capriccio, tu devi
accontentarmi.
Chiedi, figliuola.
Da questo valente artista devi farti ritrarre in un for
mato cos piccino che possa collocarsi dentro questo me
daglione da te regalatomi e che io porto sempre con me.
Anche quando tu vai in guerra, io voglio averti vicino.
Vieni in guerra con me figliuola, e mi avrai sempre vi
cino.
Per Arborea! se tu lo vuoi io verr! esclam Quiteria,
e spicc dalla parete una sottilissima // lama dOriente, e la
testa ricopr con lelmetto.
Eccomi armata.
E larme ti sta bene in pugno come un bel guerriero,
figliuola! Che ne dite voi, artista?
Egli non rispose, ed afferr la tavolozza e i pennelli e
tracci in fretta sul volto di San Gavino la bella ed eroica
espressione.
Quiteria posava, assorta in quella contemplazione, con
tenta che limmagine sua in quel volto di Santo venisse ado
rata dal padre.
Quiteria disse sorridendo:
I tuoi occhi, padre mio, mi guarderanno sempre nelle
preghiere.
6. occhi soavi] occhi avea soavi7-8. gli...cuore.] ||gli aveva sussurrato
(detto) sommessamente il cuore|| (aesclam baveva egli Pierino).22.
ricopr...lelmetto.] ricopr ||con lelmetto.||26. Egli] Egli (Pieri
no)29-30. contenta] e contenta33-34. nelle preghiere.] nelle tue
preghiere.

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POMPEO CALVIA

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E davvero, lartista ha trovato il suo ideale, per un bel


San Gavino rispose il Marchese.
Bene, maestro, molto capite e ben meritate protezione.
Un lontano segnale di tromba // si fece udire.
Il Marchese si avvicin al balcone, e stette alquanto a
guardare, poi a passi concitati, si diede a passeggiare lungo
la sala darmi.
Come sublime, questa fanciulla pens egli.
E prov a dirle Che cosa? Nessuna parola ricordava
daver detto.
Parevagli che le frasi damore, espresse col solo sguardo,
ed uscenti dal cuore come i profumi da un incensiere, do
vessero portare pi affetto, in quel dolce silenzio, dentro
lanimo di Quiteria
Ma perch egli potevasi cos in alto?
Come terribile dovea essere il risveglio!
Cuore! cuore! meglio tornare nel tuo nido calmo e
piccioletto, se non vuoi che le molte tristezze della vita en
trino a portare spine sotto le ali dei piccoli nati. //
Ma pure egli era giovine e forte ed in parte corazzato di
virt, perch dovea temere?
Come potea raggiungere il suo fine se non cimentandosi?
In quellamore che cosa vi era di diverso dallordine natu
rale delle umane cose?
Eppoi, come nellarte, cos nellamore non si dovea cercar
sempre la pi alta cima? Vi era forse valore nel vincere con
lo starsene in pianura.
E cos duno in altro Pensiero, egli venne nella determi
nazione di dire a Quiteria:
Dio solo pu ritrarvi perch molto siete bella.
Ma nulla disse come prima.
Il Marchese avea sollevato la cortina gialla del balcone.

5. si] si (di)8. egli.] ||egli|| (Pierino). Le parler io?9-10. ricordava daver detto.] |ricordava daver detto| (disse).16. risveglio!] ri
sveglio! ripensava linnamorato17. ] || (sarebbe)22. raggiungere
il suo fine] raggiungere il suo fine (diventare completo)27. pianura]
pianura, senza tentare le pi alte vette (cime)?.28. egli] ||egli|| (Pie
rino)

Lautografo di Quiteria

Oristano pareva // mollemente assopirsi sotto un cielo di


piombo.
Ciuffi di palme verdi uscivano come pennacchi dai muri
dei cortiletti, e le vecchie torri annerite ponevano una nota
cupa in mezzo a tutto quel bianco delle vie, a tutto quel
bianco e delle case.
E di bianco erano coperti anche sul capo gli uomini
uscenti dalle porte moresche.
Anche le donne aveano avviluppate in bianche bende le
chiome nerissime ed il seno.
Dei cavalieri passarono galoppando seguiti da soldati.
Dopoch i cavalieri discesero di sella, si ud nel castello
un altro squillo di tromba, ed un lungo vocio di sentinelle.
Entr nella sala darmi un giovinetto vestito di nero. Sul
petto avea ricamato lo stemma dArborea. Un sole doro
scintillante sui verdi rami duna quercia. //
Marchese disse inchinandosi, e presentando su duna
guantiera rabescata una lettera.
Il Marchese lesse in fretta, pose la lettera nella borsetta,
e disse al giovinetto: Iosto! Fa che entrino, qui sono tutti
amici.
Il giovinetto, con un suono argentino di voce, rispose:
Signore cos far.
Il Marchese prese la carbonella dal mezzo dei pennelli di
Pierino, e segn sul marmo bianco del tavolo delle linee e
dei punti, sovrapponendovi dei numeri.
Gli occhi scintillavangli sotto la fronte corrusca.
La sinistra corse pi volte allimpugnatura del pugnaletto.
Quiteria si aggiust la massa nerissima dei capelli ondeg
gianti sotto lelmo.
Ma Don Leonardo assorto a tracciar le linee dei suoi pia
ni, non rispose.
Egli si avvicin per aggiustarla alquanto nella posa. //

15-16. Un sole...quercia] |Un sole doro scintillante sui verdi rami duna
quercia|25. sul...tavolo] sul /marmo/ bianco |del| tavolo28. allimpugnatura...pugnaletto] allimpugnatura dorata del pugnaletto33. Egli]
||Egli|| (Pierino)posa] posa (mossa di posa)

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POMPEO CALVIA

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Quiteria chin gli occhi quasi per celare il fuoco che le


saliva alle guancie.
Le dita dellartista fatte ardite e quasi inconscie sfioraro
no il viso dellinnamorata.
Un profumo inebriante pareva emanasse dal quel corpo
di giovine dea, e turbava quasi la mente esaltata dellinna
morato.
Rientr il giovanetto Iosto ed introdusse i cavalieri, i qua
li salutarono cortesemente.
Nicol Montagnano Angelo Cano Brancaccio
Manca Serafino Montagnans Baingio e Mauro Puliga
Pedro de Calvia, nipote di D. Pedro disse il Marchese,
correndo affettuosamente incontro ai cavalieri, e presen
tandoli in pari tempo a Pierino.
Ho il gran piacere di conoscere tutti, e so, come Sassa
rese, quanto valgono aveva egli allora risposto, strin
gendo loro la mano.
Quiteria sera fatta vicino a Nicol Montagnano, il quale
stimava // moltissimo la fanciulla per le sue alte doti di virt
e coraggio.
Che ne dite, capitano, di questo dipinto? dimand
Quiteria.
Fo i miei sinceri complimenti allartista rispose Ni
col Montagnano, e scostandosi gli si avvicin e gli disse
allorecchio:
Bene hai posto il cuore, Artista.
Sempre in alto, in casa Arborea, gli ideali avea rispo
sto.
Montagnano gli tocc amichevolmente la mano.
Anche gli altri cavalieri lodarono il dipinto e si congra
tularono.

1. chin gli occhi] chin alquanto gli occhi3. Le dita dellartista] ||Le
dita dellartista|| Le dita di Pierino6-7. innamorato] innamorato
(Artista)12. Pedro...Pedro] /Pedro de Calvia, nipote di D. Pedro/16.
aveva...risposto] aveva egli allora risposto (rispose Pierino)19. di virt] /di virt/24. gli si avvicin] /gli/ si /avvicin/ (avvicin a Pieri
no)27-28. avea...risposto] |avea ( aveagli) risposto| (rispose il giovi
ne)30-31. si congratularono] si congratularono col giovine.

Lautografo di Quiteria

Mauro Puliga il quale molto lo lod e fece gli elogi della


sua famiglia composta di gentiluomini e magistrati, e disse
che lartista era lamico intimo del suo figlio Tito, il quale
spesso mandava nello studio per servirgli di modello // per
le teste dei cherubini.
Grazie avea egli risposto tu mi fai pi onori chio
non meriti.
Mauro ammic con gli occhi, e si avvicin al tavolo dove
il Marchese andava segnando i nuovi piani di battaglia.
Quiteria sera posta a sedere accanto alla finestra quasi
per seguire la posa.
Egli la guardava e gli pareva che i soffi daria calda tendes
sero a farla assopire rassomigliandola ad una madonna del
Beato Angelico, circonfusa di luce.
Ma gli occhi della Vergine a scatti si ridestavano come i
lontani bagliori dei fulmini, e Quiteria gli riappariva come
la bella pronta a guerreggiare.
Piccoli rombi di tuono si udivano in lontananza. //
il nostro concittadino Angelo Marongio che trasporta
la sua artiglieria avea detto Nicol Montagnano.
Gli occhi di lince di Gavino Puliga brillarono di un lampo
sinistro, e si morse per dispetto inavvedutamente la mano
sinistra stretta a pugno e serrata nel guanto.
Marongio, ma rogna ripet a fior di labbro, ed usc
con gli altri cavalieri che seguivano il Marchese nel suo ga
binetto, dove aspettavano due venute da Sanluri.
Anche Quiteria usc appoggiata al braccio del padre.
Egli la segu insino alluscio.

1. il quale] /il quale/lo lod] ||lo lod|| (parl bene di Pierino)1-2.


fece...sua] /fece gli elogi della sua/3. lartista] ||lartista|| (Pierino)6.
Grazie...risposto] ||Grazie avea egli risposto|| - Grazie aveva detto
(disse Pierino)9. andava segnando] andava con la carbonella se
gnando10. accanto alla] ||accanto|| alla ( nella)12. Egli] ||Egli||
(Pierino)soffi daria calda] soffi daria calda pregni delettrici
t16-17. e Quiteria...guerreggiare] e Quiteria gli riappariva (ed a Pie
rino tosto riappariva) |come| la bella Iddia pronta a guerreggiare20.
avea detto] ||avea detto|| (disse)26. due venute] due spie venu
te27. usc... padre.] |usc| (segu il) ||appoggiata al ( il) braccio del||
(||sotto||) padre.28. Egli] ||Egli|| (Pierino)

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POMPEO CALVIA

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Oh! Ideale dellanima mia, tho raggiunto, avea egli


esclamato.
Per quante lotte e repulse quasi come prezioso metallo
// in crogiolo, sei dovuto passare, o cuor mio, prima che
avvenisse questa sovrumana attrazione, che io ricordava di
aver sentito lontanamente come un sogno.
Una esistenza non mai provata questa, ed ora sento
come impuri furon tutti gli altri amori che ho provato sin
qui, e che io ingannato ho chiamato amore.
Ma questo solo era amor vero, imperocch sublimi cose
glimprometteva, in mezzo a terribili dolori e sanguinose
battaglie.
Troppo in alto sera posto ma in alto dovea salire per
esser degno di questa stella, come il soldato valoroso che
non ha solo che la spada da offerire; una spada per che pu
salvare un regno.
E in alto dunque!
Ma potr io salire tanto da rendermi degno con lopera
mia? avea allora pensato.
E pur salendo sar questa mia // arte stimata tanto da po
terla mettere a confronto con quella pur nobilissima, ma
non per me superiore delle armi?
Perch cos mi dolgo io?
Chi deve capirmi, se non lei sola?
E fosse pure un guerriero colui al quale io dovr spiegare
la virt di questa grande Arte, io gli dir che anche io come
il soldato ho da addestrar locchio per la sicurezza del colpo,
e che nella ricerca del colore v bisogno di tanta intuizione
quantaltri pone nel guidare in campo una schiera. Anche
noi dobbiamo scrutare e seguire i moti pi impercettibili
delle cose, perch queste finezze che ad altri sfuggono, da
noi afferrate, ne guidino alla meta. S, oh! Soldato, grande
come la tua spada il mio pennello, unione volgare di po
chi fili. Su la semplice tela, su dun piano liscio, vedi le cose
animarsi, e la luce vedi e le stelle, e nelle tenebre e nei dolori

1-2. avea egli esclamato] /avea egli/ esclama/to/ linnamorato3. prezioso] prezioso (valoroso)16. salvare un regno] salvare anche un
regno19. avea allora pensato] ||avea allora pensato||

Lautografo di Quiteria

pi atroci, vedi spuntar rose e carezze dalle tenebre, se con


larte il colore si sublima. Cos Fidia, cos Giotto. //
Non valgono forse pi dei grandi condottieri questi due
nomi, che non hanno distrutto ma creato sempre?
Lo spirito di Pierino si eccitava sempre pi rievocando
quei momenti passati.
Pareagli ancora di sentire il tuono che continuava ad
echeggiare fra le pareti del Castello con rumore sempre pi
crescente.
I riflessi dei lampi passavano sinistramente tra le oscure
macchie dei fichi dindia, tra le affilate foglie delle palme,
viste dal balcone di quella sala dArmi.
Anche sulle armi e sugli arazzi istoriati si riflettevano
quelle luci, ed egli avea cercato di afferrarne le gradazio
ni, per comporle quasi come serto di fiori in divina aureola
dietro la testa di quel giovine martire turritano.
La luce venivagli dal cielo per irradiare il suo amore.
Afferr tosto questo pensiero che gli guizzava rapidis
simamente sul cervello. Gli pareva che una fatidica voce
gli dicesse di ritenerlo impresso sempre, quasi // come un
moto sullo scudo.
La luce venivagli dal cielo per irradiare il suo amore.
Ripet molte volte la frase, poi afferr la testa stanca fra le
mani, parendogli che il cervello dovesse scoppiare fragoro
samente come quel cielo color di piombo.
E grosse goccie dacqua caddero infatti dalle densissime
nubi, e voli neri di uccelli passarono spinti dalluragano.
Una porticina si apr.
Io vengo a ricoverarmi presso di voi, con la mia buona
governante che prega avea detto Quiteria sorridente.

1. rose...tenebre] 1rose 3dalle 4tenebre 2e carezze3. pi dei] i pi /


dei/5-6. Lo spirito...passati] ||Lo spirito di Pierino si eccitava sempre
pi rievocando quei dolori momenti passati||7-8. Pareagli... echeggiare] /Pareagli ancora di sentire/ Il tuono /che/ continuava ad echeggiare (
eccheggiare)10. I riflessi] /Parea aver nelle pupille/ I riflessi14. egli
avea cercato] egli avea cercato (Pierino cercava)18. Afferr] Pierino
afferrguizzava] guizza/va/19. fatidica voce] fatidica ( un fatidico)
suono di voce30. avea detto] avea detto (disse)

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POMPEO CALVIA

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La vecchia Cisca si era posta in un canto a pregare, e Qui


teria avea seguitato a parlare con molta familiarit. Egli sta
va a sentirla, quasi pieno dincanto, e gli pareva che repenti
namente fosse guarito e sollevato da tutta \\ quella gravezza
opprimente.
Un uccellino sera posto sul balcone a cantare, battendo
le ali.
Cos vorrei cantare pur io, soavemente.
Per chi? dimand Quiteria.
Per te sola, bellissima.
Quiteria non gli diede risposta.
La vecchia seguitava a pregare.
Non si sentivano che i bisbigli sommessi della preghiera.
Poi nulla
Vergine Santa! Che fai?
Ti amo, Quiteria!
E Quiteria socchiuse gli occhi, ed egli, tremando, le baci
le lunghe ciglia
E baci gli occhi, il viso, le mani, \\ di quella fanciulla,
senza darsi pensiero di quanto poteva accadergli.
Era come il pellegrino stanco.
Si era seduto sotto una palma.
Avea molta sete, ed avea bevuto. Oh! quegli istanti dolcis
simi come si ripercotevano ora con rimpianto sul suo cuore
desolato!
La vecchia pregava accoccolata in un canto, e preg ad
alta voce quasi cantando, non appena sent vicino alla porta
il passo grave e solenne di Don Leonardo.

1. era posta] era posta (pose)2. avea seguitato] ||avea seguitato||


stava (segu)Egli] ||Egli|| (Pierino)3. quasi pieno dincanto] e
gli quasi pieno dincanto ( dincantamento),6. sul balcone a] sul (
a) |balcone a|17-18. ed egli...ciglia...] e|d| egli, tremando, (Pierino)
le baci le lunghe ciglia tremanti||Oh quegli istanti dolcissimi come si
riperquotevano ora nel suo cuore desolato!|| LArte tutto pens Pie
rino, socchiudendo anche lui gli occhi nei baci. Ma il bacio pi dellarte,
e pi del bacio il sogno che crea dolcemente alla povera anima, bellez
ze inesplorate.23-25. Oh!...desolato!...] ||Oh! quegli istanti dolcissimi
come si ripercotevano ora con rimpianto sul suo cuore desolato!...||26.
accoccolata] acco|c|colata

Lautografo di Quiteria

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Lincantesimo fu rotto, ed egli avea afferrato la tavolozza,


e Quiteria si era sollevata fingendo di ammirare.
La tenda rialzata lasci passare prima Iosto, il quale si
ferm tenendola aperta, perch entrassero Don Leonardo
Alagon, Nicol Montagnano, Angelo Cano, Brancaccio 5
Manca, Serafino Montagnans, Baingio e Mauro Puliga, Se
veri in quel loro incedere, come \\ antichi guerrieri sculpiti
nei grandiosi templi di Roma.
Glinnamorati aveano sospirato guardandosi, ed i sospiri
passando attraverso quelle armature pareano carezze e fiori 10
portati dal vento fra i colonnati degli antichi templi9.

1. ed...afferrato] e|d| egli avea (Pierino) afferra|to|2. era...fingendo] /


era/ solleva|ta| fingendo (e finse)3. rialzata] rialzata (sollevata)4.
tenendola aperta] tenendola per met aperta9. aveano sospirato] /
aveano/ sospirato ( sospiravano)9-11. ed i sospiri...templi.] e quei
sospiri ||saccarezzavano|| (passavano) come (farfalle) foglie di rose
portate dal vento fra |i colonnati dei| templi grandiosi di Roma. ed i
(quei) sospiri passando attraverso quelle armature (corazze) pareano
carezze e (di) ||fiori|| (rose) portati ( portate) dal vento fra i colonnati
degli Antichi templi
9
In questo luogo del testo, esattamente nella c. 51 r. dellautografo, si con
clude quello che nella redazione primitiva era il Cap. III. La parte di testo
che nellautografo segue che racchiudeva loriginario Cap. IV e che va
dalla carta numerata 52 alla carta numerata 62 stata cassata. Per una
sua lettura integrale cfr. Appendice A (III -II).

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POMPEO CALVIA

Capitolo V

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Signor mio Ges esclam ultimando la preghiera fra


Carmine inginocchiato ai piedi della madonna nellinter
no della Chiesa di S. Maria. Signor mio Ges, tu hai posto
ora nelle mie mani la tua croce, perch anche io portandola
con pazienza in tutte le avversit, tragga dai dolori raccolti
entro di me, tutte le parole giuste ed atte a lenire gli altrui
dolori. Bene ho capito che la vita nostra pesantissima
croce. Ma di questo ti ringrazio, perch con questo divino
simbolo dove hai tu agonizzato, io sapr guidare gli altri al
tuo regno.
E fra Carmine cominci il segno della croce sulla fronte,
dovera lalto intelletto che Dio dava agli umili per guidarli
nel bene, si segn nel cuore dovera la porta sacra dalla qua
le luomo allontanando legoismo dovea \\ stillare il balsa
mo per lenimento dei mali.
Si segn nel braccio destro e sul sinistro per completare
il simbolo della croce, sulla quale furono inchiodate le due
mani divine che avevano chiamato gli umili e gli oppressi.
Fratello, appressatevi disse fra Carmine, postosi a se
dere nella sedia per le confessioni.
Pierino si fece il segno della Santa Croce, e recit la pre
ghiera.
Fra Carmine lo guard amorevolmente negli occhi e gli
disse:
Io non sono che lumile servo del Signore, il quale cerca
di aiutarti con la parola del Signore istesso. Riponi in me il
tuo cuore Di che taccusi?
E Pierino:
Fratello, ascoltami, a te dimando: peccato lamor di
patria, peccato lamore di una vergine? \\ Tutto amore,
il concetto di Ges, fratello, e non peccato, perch puri
ficazione dello spirito.
Bene hai detto, fratello, e tu mintendi Dimmi, hai tu
visto la mattina del 25 di questo mese, data crudele, entrare
in Sassari quel carro a buoi il quale seguiva il corteo del vin
4-5. inginocchiato...S. Maria.] /inginocchiato ai piedi della madonna/
||nellinterno della Chiesa di S. Maria.||31. ]

Lautografo di Quiteria

citore Don Angelo Marongio? Lhai tu visto? Hai tu visto


che dentro quel carro vi erano quattro figli di Don Leonar
do Alagon, il pi gran cuore che io mi abbia conosciuto. I
tre bambini con la giovinetta coperti di catene come assas
sini, furono introdotti nel castello.
Nessuno ha pi avuto notizie di quei quattro rinchiusi.
Ed un sardo, un Sassarese, per pi onta, che ha fatto
questo. Vigliacco!
proprio un Sassarese che ha venduto ad un re straniero
\\ la sua patria, per porsi dalla parte del pi forte, che come
costume, non far che sfruttarci, gettandoci poi dissan
guati sulla strada come si butta un vecchio straccio.
Marongio, uccisor di bambini!
Calmatevi.
Calmarmi io? come posso calmarmi quando quest
uomo ha venduto mia madre, la Patria, mi ha rapito ci che
dopo Dio io amo di pi: Quiteria! Vedi tu bene e capisci
la mia infelicit? Aiutami tu, fratello. Come potr far io per
togliere da quelle unghie selvaggie lamor mio?
Fratello, siate paziente, a suo tempo sarete consolato.
Non vogliatevi credere il pi infelice degli uomini, se Iddio
comincia a farvi soffrire, per la purificazione completa dello
spirito. \\
Ci che tu mi dici, non mi consola, ripet Pierino. Non
parlarmi con le parole dei Santi Padri, infarcite spesso di
frasi poetiche e di simboli: io dimando da te un consiglio
pratico, o fratel mio. Aiutatemi!
Pierino strinse nervosamente le mani del frate, il quale
serenamente levati gli occhi al cielo rispose:
Oh! amico! Questo pratico. Se tu non rinneghi in
teramente il tuo io nelle aspirazioni, avrai sempre eterna
lotta, inquantoch questo nostro cammino seminato di
desideri e di crudeli nemici. Se tu sapessi! non ho forse io
sofferto come tu soffri, non ho sentito, anche io cavaliero,
la patria e lamore come tu senti! Ma per amore di Questa
4. coperti] coperti ( coperta)4-5. assassini] assassini ( unassassi
na)10. che] ||che|| (il quale)18. Come] Come ( come)20. siate]
siate ( sii)sarete] sarete ( sarai)21. vogliatevi] vogliatevi ( voler
ti)22. farvi] farvi ( farti)26. io] Io

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// ho sostenuto fatiche, dolori, tentazioni, travagli, ansiet,


ingiurie, avvedimenti, dispregi.
E che mimporta, se tu hai vinto, rinnegando la pi
bella parte duomo. Io non mi sto sacrando alla tonsura
ora. Di questo non mimporta. Io cerco solo di scoprire un
delitto, di reprimere un delitto, di salvare lanima mia che
Quiteria. E pronto sono per questa salvezza di far penitenza
pi dolorosa che non sia quella della material recita di cin
quecento preghiere, le quali si fermano spesso come vecchi
istupiditi alle porte solo del cielo. Io pi dei vostri cilici, del
vostro letto che ha per guanciale una pietra, per coltre un
fascio di spine disseccate, io pi di tutto questo d brani del
cuor mio, \\ lo spasimo costante d del cervello, la vita d.
Non martirio questo? che questo, dimmi allora?
Peccato?! Peccato e vergogna rivedere quel mio quadro
dei tre Martiri turritani, l, coperto di nero come la morte,
dopo lo sfregio allo stemma dArborea, e la coltellata sul
la bocca di Leonardo Alagon. Su quella bocca dalla quale
non uscirono che parole divine e frementi come lodio ai
tiranni.
E tu lo sai, o fratello, chi lha pugnalato cos, quel viso.
Non lo sai tu? no Ben lo so io. Fu il boia per ordine di
Don Angelo Marongio. Puliga il disse. Ma tu sarai vendica
to, o Martire, qui lo giuro.
Sento che le mani mi fremono, io pi non vedo che san
gue. \\
Dio, aiutatelo disse il frate, sollevando la croce.
Che mimporta del tuo Dio impiccinito come una fem
minuccia paurosa?
La lampada come una stella errante mand un ultimo
guizzo e si spense.
Spirali di fumo salirono da quel lucignolo carbonizzato
simile ad una vita della quale non restava pi nulla dopo
una forte giovinezza perdutasi nelle pi sublimi idealit.
Il povero frate fissava le pupille in quella lampada per
trarne unidea convincente, e si struggeva di dolore per la
sua impotenza, e si sentiva indegno.

16. coperto] coperto ( scoperto)27. aiutatelo] aiutatelo ( aiutalo)

Lautografo di Quiteria

Taci disse a Pierino, stringendogli fortemente le mani.


Taci! Qualcheduno potrebbe sentirti, Sassari pullula \\
oggi di spie. Taci, indemoniato. Dove vuoi correre con quel
ferro in mano? che tenti di fare? Vuoi inutilmente compro
metterti, se non giunta lora uomo stolto e irragionevole!
Ma Pierino, furente, non ascoltava, col pugnaletto sem
pre stretto nella destra.
Tu sei un vile, se esci ora, esclam il frate.
Vuoi compromettere il mio nome ancora? qui, innanzi
a Dio, tu che sei il pi meschino dei vermi. Credi tu cos
facilmente con un pugnale di poter sfasciare una potenza
che ha porte di ferro? Tu senza una forte preparazione di
animi per seguirti nei turbini della lotta. Chi credi di essere,
tu! Stolto! A terra larma, qualunque ferro sha da piegare
innanzi alla croce, simbolo di perdono. \\
Pierino lo guard immobile, e lasci cadere sul pavimen
to il pugnale.
Il frate vi pose il piede con disprezzo.
Ecco che cosa siete, senza una forte convinzione di fede,
gli susurr allorecchio.
Pierino non rispose, e vagando con gli occhi sulle imma
gini, li ferm, quasi rapito da subito incanto, sulla Madon
na delle grazie, posta nel fondo del Maggiore Altare, ricinto
di fiori e di gigli purissimi.
Quella immagine bella della Vergine, gli parve simile al
viso di Quiteria.
Pierino giunse le mani, e inconsciamente si inginocchi
e pianse.
Molto pianse cos genuflesso.
Dio mio, perdonami, fratello, perdonami per ci che
tho detto e tho fatto soffrire. \\
Perdonami.
Lanimo mio terribilmente travagliato ha le sue febbri di
delirio, le sue frenesie di perdizione.

2. Taci!] taci!14. Stolto!] ||Stolto!||15. alla croce,] alla ( a questa)


/.croce/ ,18. vi pose...disprezzo] vi pose il piede con disprezzo (lo
calpest)24. purissimi] purissimi piegantisi.33. ha] ha (ebbe)

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POMPEO CALVIA

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Vi sono dei momenti in cui sentiamo il bisogno di abdi


care alla nostra riconoscenza per chi ci ha fatto del bene,
collassassinare quasi noi stessi. Succedono delle crisi nelle
quali luomo agisce inconsciamente. Perdonami, fratello
mio.
Un passo come pesante di uomo che si trascina sulle pun
te tronc le parole di Pierino.
Chi dimand il frate, con lorecchio teso, in direzio
ne dei passi pesanti che sempre pi si avvicinavano.
Fate la limosina per carit disse uno straccione a po
chi passi di distanza, mal sorreggendosi sulle grucce spor
che dalluso. Sotto le ascelle \\ teneva dei grandi cuscinetti
avviluppati in brani di pelli consumate.
Vi era qualche cosa di duro e dincomprensibile in
quellaspetto: lunghi capelli bianchi rendevano pi tetra e
pi sporca la faccia fasciata trasversalmente, la quale molto
non poteva capirsi per i cerotti che la decoravano.
Aspettate disse Fra Carmine al mendico.
Il mendicante accenn impercettibilmente col capo, e
si appoggi ad una colonna, con posa simile a quella dun
vecchio mago, nelle antiche leggende dei Druidi.
Qual gamma originale di colore, e che linea superba
pens Pierino, e chiuse gli occhi per ricordare quella figura
gi veduta.
In queste nuove sensazioni di \\ colore e di affetti, Pierino
trov la dimenticanza momentanea dei suoi dolori10.
2. ci] .ci (ti)6-7. Un passo...tronc] ||Un passo come pesante di uomo
che si trascina sulle punte tronc|| (Un suono crudo, come di scaracchio
stiracchiato dalle fauci, ferm istantaneamente)15. quellaspetto:]
quell ( quella) ||aspetto|| (figura): (,)16. trasversalmente] trasver
salmente in sulla fronte, 20-21. con posa...Druidi.] /con posa/ simile
||a quella|| (ad) /d/un vecchio mago (re che mendica), nelle /antiche/
leggende dei Druidi (dei tetri poemi).25. queste nuove sensazioni]
/questa/ queste /nuova/ nuove /sensazione/ sensazioni26. momentanea...dolori.] momentanea dei suoi dolori (dei passati spasimi),
10
In questo luogo del testo, esattamente nella c. 75 r. dellautografo, viene
indicata scritta per esteso e a matita da mano verosimilmente autorale
la fine del capitolo. La parte di testo che nellautografo segue e che va
dalla carta numerata 75 alla carta numerata 78 stata cassata. Per una
sua lettura integrale cfr. Appendice A (V -I).

Lautografo di Quiteria

53

Capitolo VI
Fra Carmine e Pierino rientrarono nella cella convertita
momentaneamente dallartista in istudio di pittura, per le
molte commissioni che i frati aveano dato a Pierino.
Io esco per breve tempo disse fra Carmine. Ricor
do che non ho fatto ci chera dover mio. Tu mi aspetterai
qui; potrai intanto far colazione. Fra Mauro ha gi deposto
il panierino con le uova ed il pane, e la bottiglia del vin di
Taniga.
Rinforza lo stomaco esternato, o fratello, perch possa
con pi forza e coraggio attendere alla creazione delle im
magini belle, che molto fanno dimenticare. Addio.
Addio fratello.
Fra Carmine scese in fretta i gradini, e rapidamente attra
vers il cortile, la Sagrestia, ed entr in Chiesa. //
Il mendicante batt con le gruccie sul pavimento per farsi
sentire.
Fra Carmine gli corse incontro, si guard attorno, e come
vide che la Chiesa era completamente vuota dimand:
Che nuove mi porti, Gabinu Sura?
Tristissime nuove. Stanotte mi han fatto sgozzare
nellultima prigione della torre in Castello, i tre figlioletti di
Don Leonardo Alagon. In molte acque io mi ho insaponato
le mani, ma tutto quel sangue innocente sento che mi bru
cia sempre pi le mani incallite.
Da chi lordine, Gabinu?!
Dal Comandante della Torre, Conte di Bonafides, per
espresso iscritto firmato e bollato con tre suggelli da Don
Angelo Marongio.
Tristo uomo! //
Ma Iddio non paga il Sabato disse il boia.
Taci, Dio vede tutto.
Lo so, ma duopo per che non si perda tempo e che
si rafforzino le fila per questa purificazione, giacch Iddio
vuole che luomo sadoperi se vuol essere aiutato. Siamo
pochi. Appena trentacinque gli affiliati al moto: Su sole in
5. a Pierino] |a Pierino| (allartista)8. Mauro] ||Mauro|| (Sulas)29.
suggelli] suggelli (bolli)

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POMPEO CALVIA

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sarvure. Gavino Puliga, va raccogliendo proseliti, travesti


to da pescatore Catalano. Non perde tempo, e ci ha di gi
istruito con segni e parole speciali per riconoscerci anche
nelle tenebre.
Badate che non vi sieno dei traditori, o Gabinu, ed agite
con prudenza, e molta, perch basta un passo mal fatto.
E Mossen Iulia disse Gabinu Sura dopo aver fat
to drizzare da me istesso la forca in economia, mi farebbe
penzolare come un dannato, innanzi alla porta del castello,
in presenza della mia // famiglia, per dare il buon esempio,
come ha fatto con linfelice Brancaccio Pinna.
Mai non sia, Ges esclam Fra Carmine, facendosi il
segno della Croce.
E lo spero segu a dire Gabinu Sura. Passiamo in
mille prove di fiducia prima di essere affiliati, e difficilissi
me son le prove. Il ferro, il fuoco, il vino pi alcolico viene
esperimentato, per assicurarsi se la fibra delliniziato for
te, e la lingua non diventi troppo ciarliera. Nessuno sino ad
ora ha tentennato, e tutti mi son sembrati coraggiosi, fedeli
e rassegnati ai pericoli.
Prudenza sempre ripet il frate. Han tradito anche
Ges Cristo Signor Nostro.
vero. Io sono il pi debole. Ma voi padre capirete che
per rendere lorribile servizio che mi // fu chiesto, nellucci
dere i tre figli innocenti di Don Leonardo Alagon, di molta
prudenza si dovuto corazzare il cuor mio!
Qual pi terribile prova?
Tutte queste rughe precoci che voi vedete in questo mio
volto mascherato, non sono che lo spasimo costante della
nima mia. Quando io commetto uno di questi servizi, getto
con ribrezzo la veste di sangue che mi copr, e mi lavo in
mille modi, anche con lacqua Santa, per discacciare le im
magini che in ridda vorticosa mi si pongono innanzi.
Ci che voi credete indifferenza, cinismo, non sono che
uneccessiva forza di reazione che io faccio a me stesso, per
ricadere poco dopo, senza colpa, nella pi crudele delle pu
nizioni.

18. ciarliera.] ciarliera31. copr] copre ( copr)

Lautografo di Quiteria

E la notte, e lalba, ed il giorno, non hanno per me // che


grida continuate di vendetta per tutte quelle colombe alle
quali io ho dovuto freddamente torcere il collo.
Oh! credetelo padre, credetelo, nessuno soffre pi di me,
alla vista del sangue e mi chiamano boia.
I bimbi mi fuggono terrorizzati, le madri mi segnano a
dito, i padri mi maledicono, i vecchi stanchi e cadenti si
fanno il segno della croce come pel diavolo. Fuggite, passa
il boia ecco la voce che mi segue nel mio passaggio.
Ed io fuggo il sole, laria, la pioggia ed i venti che do
vrebbero essermi amici, imperocch io sono il turbine che
schianta. Non vedete, non sentite queste maledizioni di
bambini, che minseguono: io che amo i bimbi perch son
padre, io che adoro // i fiori perch amo una madre, io che
adoro le stelle perch son fulgide come gli occhi della mia
figlia.
Oh! credetelo, padre, nessuno pi di me prova ribrezzo
quando costretto a rinchiudere nelle segrete una innocen
te vergine, ed inchinare quella mano selvaggia che mi ha
presentato un ordine firmato.
Io sono il Macellaio dei miei fratelli, io sono il boia Sassa
rese impicca babbo11.
Disse fra Carmine:
Pu darsi che Iddio operi per le vostre mani, e vi affidi
le pi difficili prove. Iddio protegger anche i vostri figli se
la mano del dolore batter alla vostra porta. Iddio che la
perfezione di tutte le opere, manda eterne consolazioni per
eternare sempre pi il suo nome. Il nostro passaggio sulla
terra lotta di purificazione12. Il fango che crediamo offe
sa quando ci ricopre, anchesso un giorno sar purificato e
18. nelle segrete una] nelle segrete una (a doppio giro)22. babbo]
|babbo| (padre)23. Disse fra Carmine:] ||Disse fra Carmine:||29.
lotta di purificazione] lotta di purificazione per lideale
11
In corrispondenza di questo luogo del testo lautore cos scrive: (portar
si a pagina 90). La parte di testo che nellautografo segue e che va dalla
carta numerata 85 alla carta numerata 89 stata cassata. Per una sua
lettura integrale cfr. Appendice A (VI -I).
12
Nel margine sinistro, scritto a matita da mano verosimilmente autorale,
si legge: Troppo ripetuta la parola ideale.

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POMPEO CALVIA

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rientrer nella sua parte pi perfetta di materia. E fango, e


putredine, tutti saranno nostri fratelli, perch fatti da Dio
che non sa creare che per un bene ed una bellezza ultima
che il cielo, il sogno di purit al quale aneliamo. Dio San
to, Dio Grande, dammi tu le parole perch io ora possa far
del bene. //
Il boia contemplava estasiato quellangelico viso inspira
to.
La campana del Castello cominci lentamente a suonare.
Il suono si sentiva appena, ma Gabinu Sura era abituato a
quel rintocco e lo riconosceva fra cento altri suoni di cam
pane, e fra gli schiamazzi della folla, come il cane che fra
mille sa scovare allolfato il suo padrone.
Duopo che io vada, disse Gabinu Sura. //
La campana del Castello annunzia vicina lora del mio
penoso dovere. Anche voi, fra Carmine fra poche ore ver
rete nelle segrete della torre.
Cos vuole Iddio.
Il boia dopo aver ben guardato attorno, quasi temendo di
esser udito, disse piano a fra Carmine:
La parola dordine oggi cambiata. Questa : anima
ardita. Badate che il capitano Nicol Montagnano, coper
to di valorose ferite, entrer domani dalla porta S. Antonio,
vestito da frate, per non dar sospetto. Voi domani trovatevi
nella Chiesa di san Pietro di Sichis, unora prima del tra
monto.
Perch vi sia facile luscire gi avvertito il vostro padre
superiore. Gli si disse che in questi giorni una persona in
pericolo di vita, un gran personaggio, // ha bisogno di voi
solo, per confidarvi dei grandi segreti.
5-6. possa far del bene] possa far ||del bene|| (capire a questo uomo infe
lice (cuore) tutti i dolori dellamico che ama, e due buone anime gemel
le, si ricongiungano nellamore santificato. Il povero fraticello in questa
sua estasi, gi sognava liberi Quiteria e Pierino, e li rivedeva camminare
tenendosi per mano, tra uninfinita distesa di candide rose e di viole, ba
ciati dal sole, baciati dai fiori, con suoni invisibili darpe.)11. rintocco]

rintocco (suono)14. disse Gabinu Sura.] disse Gabinu Sura, quasi


ridestandosi terrorizzato dal passaggio di quel sogno verso la pi crudele
realt18. Cos vuole Iddio] |Cos vuole Iddio| (S)25. nella Chiesa]

nella Chiesa (sotto il loggiato)

Lautografo di Quiteria

Qualunque menzogna permessa innanzi a Dio quando


la salute della patria nostra lo richieda!
E Mauro Puliga? dimand il frate. Povero uomo!
chiuso nella torre sotto la cella di Quiteria. Don Angelo
Marongio ha dato gli ordini pi severi. Stamane ho pulito
anche col sapone le catene infernali nella sala di tortura in
fondo ai sotterranei.
Ho preparato pure unaltra cella, ingombra di utensili
dimpiccagione.
Il conte di Bonafides visita continuamente le celle, e per
maggior zelo e sicurezza sha fatto trasportare molti mobili
ed il letto entro due stanze del Castello. Le sentinelle sono
aumentate. Ho acquistato anche altri dieci metri di corda
dallebreo Gomes. //
I pali non bastano pi, e Mossen Iulia ci ha comunicato,
con ordine di Don Giovanni II, che si drizzino i pali in eco
nomia, perch lo stato deve risparmiare avendo incontrato
molte spese nelle ultime guerre.
Anche il cibo per glinfelici carcerati di molto diminui
to, e la razione di pasta di qualit pessima.
Il mendicante usc in fretta e si diresse fuori le mura ad
una casetta abbandonata, vicino alla Chiesa di SantAnna.
Rinchiusosi a doppio giro di chiave, si spogli delle vesti di
mendicante, e riprese quelle di boia, e si avvi al Castello
per compiere il suo dovere.

2. lo richieda!] lo richieda ( richiedano)||!||3. Mauro Puliga?] /Mau


ro/ Puliga20-21. pessima...in fretta e] pessima. ||I lenti rintocchi della
campana del bargello seguivano i s|| (Molte altre cose disse il boia a Fra
Carmine, il quale usc per non essere osservato dalla porticina segreta die
tro il campanile.) Il mendicante /usc in fretta e/22. Chiesa] Chiesa (
chiesetta)23. Rinchiusosi...vesti di] Si spogli4 in fretta,5 rinchiusosi1
a doppio2 giro di chiave3, delle vesti6 di24-25. e si avvi...dovere.] ||e si
avvi al Castello per ( pel) compiere (fare) il suo dovere|| (Il ( dal)
campanone della torre angolare (centrale)

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POMPEO CALVIA

Capitolo VII

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Fra Carmine entr nella cella di Pierino, e lo trov a di


scorrere con un giovine, che agitava in aria il pollice, con
le altre dita piegate, come usano fare gli Artisti. Bel giovine
era costui e vestiva elegantissimo. Indossava un giustacore
nero, con uno stemma fantastico ricamato nel mezzo del
petto. Una mantellina capricciosamente annodata gli cuo
priva le spalle. La vita avea serrata in una cintura di cuo
io ricoperta da fermagli di acciaio brunito. Pendevano da
questa la spada ed il pugnale, ed una piccola borsa di seta
con su ripetuto in ricamo lo scudo dai rabeschi fantastici.
Le maglie avea di seta candidissima, e ben si armonizzava
no con leleganza dellabito. Nere eran le scarpette, con dei
fiocchetti sullestremit dellallacciatura. //
Un colletto bianchissimo e ricamato incorniciava il volto
di un color pallido, simile alla bianca cera imbevuta di poca
tinta rosea.
Biondi erano i capelli, e tratto tratto con la destra veni
vano rialzati per aggiustare un ciuffetto che ricadeva con
vezzo sulla fronte. Gli occhi parevan sereni e dolci, spesso
ingenui, specialmente quando accennavano a volersi asso
pire. Pure chi non profondo osservatore avrebbe notato dei
lampi che facevan pensare e porre in dubbio la sincerit di
quellanimo. Il naso era alquanto a becco daquila, per la
sagoma era strana ed originale, e le narici appena sentite
potevano dar lidea che il respiro si fosse forzato e dovesse
uscire anche dagli occhi.
La barba era bianca, e leggermente arricciata, terminan
te in una fina punta, per allungarne // il viso, come era la
moda degli artisti che imitavano anche negli abiti e nel ta
glio dei capelli i sommi maestri.
3-4. discorrere] discorrere (aconfabulare b||parlare||)4. un giovine]
un altro giovine22. specialmente] specialmente (massime)23-25.
Pure...quellanimo.] ||Pure chi non |profondo| (fine) osservatore avreb
be notato dei|| (Ma da quellassopimento, per losservatore attento, usci
van) lampi che sinistramente facevan pensare e porre in dubbio la sin
cerit di quellanimo.27. potevano] ti potevano29. bianca] bianca
(folta e nera)

Lautografo di Quiteria

E giacch ci siamo perduti, forse inutilmente, nel descri


vere molte cose esterne, descriviamo anche le mani affuso
late e nervose, alquanto incallite dalluso continuato della
mazzuola e degli scalpelli.
Nella sinistra, quando si toglieva il guanto, vedevasi lun
ghia deforme e pesta, ed alquanto annerita da un colpo di
scalpello.
Il nome di questo giovine era Albertuccio Cesena, sculto
re ed Architetto, come rilevai da alcune cronache e mano
scritti del tempo nel quale si svolsero i fatti che io vado ora
narrando. //
Albertuccio era sempre come un vaso pieno dacque odo
rose, colmo di continui complimenti, i quali come lacque
andava spruzzando sullindividuo che volea accalappiare
quando gli portava utilit.
Albertuccio Cesena era anche leterno innamorato e ri
cercatore di femmine altrui, e teneva spesso pi a far crede
re che non ad ottenere grazie e favori amorosi.
Per questa sua galanteria era spesso tenuto in distanza dai
mariti gelosi e dalle oneste famiglie, imperocch suo scopo,
dove veniva accolto era quello di voler lasciare macchie non
odorose. //
Nella borsetta teneva sempre in serbo lettere profumate e
fiori secchi, e miniature di vere bellezze, le quali scroccava
o rubava.
Tra gli scalpelli e la polvere di marmo ed i blocchi non di
rado sera dato il caso che un amico prudente avesse sco
8. Cesena,] Cesena, ( Casena) siciliano,9. Architetto] Architetto
|sommo| 11-12. narrando. Albertuccio] narrando. |Diceva lAlber
tuccio di essere sommo nellarte sua.| Se realmente fosse scultore ed Ar
chitetto sommo, non parrebbe, dal dialogo che ora descriver, /avvenuto/
prima che fra Carmine entrasse nello studio di pittura. Albertuccio15.
portava utilit.] ||portava utilit.|| (tornava comodo, salvo poi passata la
festa e gabbato il buon Santo a non guardare nemmanco in faccia, come
usan dire i Sardi, lamico o lindividuo che avea saputo sfruttare con mol
te carezze.)16. Cesena,] Cesena, ( Casena)19. tenuto in distanza]

tenuto in distanza (posto ad una certa)25. rubava.] rubava quando


poteva farlo.26. Tra...i blocchi] Tra gli scalpelli e la polvere di marmo
ed i blocchi che collocava ad arte con un certo abbandono nella facciata
del suo studio come i vasi e le cassette nel carrozzone dun ciarlatano

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POMPEO CALVIA

vato un fiore di pensiero allacciato ad una bionda ciocca


di capelli, stretti da un pallido nastrino, con su scrittovi un
nome od un dolce moto, come questo:
5

Tu mi dovrai condurre alla porta del paradiso.


Come sei bellissimo. Amami od uccidimi Si
mi cheres, leami, flore.
Ed altre simili scempiaggini che il cervello di Albertuccio

10 Cesena credeva di far credere ai passanti13. //

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Albertuccio ora savea ficcato in testa la mala idea di far


la corte a Donna Rosa Gambella, la bellissima moglie del
severo capitano Don Angelo Marongio.
Tutte le donne son suscettibili di cadere era la sua mas
sima ma basta tentarle.
Donna perfetta e totalmente onesta non esiste, perch
tutte le donne son tirate fuori da una costola, delle quali tu
non incontri mai una perfetta.
Moltissime avea di queste immagini le quali, in assenza
dei mariti, azzardava di sussurrare con molta buona grazia
e gentilezza alle belle Signore. Alle fanciulle mai, giacch
con queste ci sempre da compromettersi, ed in Sardegna
in modo speciale.
Ed ecco il ritratto di Albertuccio Casena, // il quale si era
recato a trovar Pierino, perch Donna Rosa Gambella gli
avea dato, per mezzo di molte raccomandazioni, da ese
guire un balcone trionfale per la sua palazzina sita al sini
stro lato della Piazza di Santa Catterina. Albertuccio avea
scarabocchiato alla meglio le sue idee, per si era accorto
che disegnate cos malamente, certe idee non erano presen

10. Cesena,] Cesena, ( Casena)11. ficcato] ficcato (posto)la mala


idea] /la mala idea/12. moglie] ||moglie|| (muglieri)17. delle quali]
delle quali ( della quale)18. perfetta] perfetta ( perfettamente) egua
le.24. il ritratto...Casena] /il ritratto di/ Albertuccio Casena, figlio di
agiati genitori, imparentati anche con nobil sangue. il quale si era recato
(Era venuto)
13
La parte di testo che nellautografo segue e che corrispone alla carta
numerata 100 stata cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appen
dice A (VII -I).

Lautografo di Quiteria

tabili e simpiccinivano, specialmente alla presenza di una


bella Signora, dalla quale pi che i momentanei quattrini,
bisognava tenere al cuore, ed alla molta ammirazione che
potea venirgli dal pubblico Sassarese, abituato gi da tempo
al bello stile Pisano.
Disse Albertuccio a Pierino:
A Donna Rosa Gambella, nellultima festa da ballo, le
ho sussurrato allorecchio anche il tuo nome. Sei contento?
//
No!
Perch no? Io le ho fatto capire che tu sei il primo di
pintore di Sardegna.
Hai fatto male!
Perch male? Matto! Tu sei troppo modesto e non ti
formerai un avvenire. Perch mi tieni il broncio? Non la
pi schietta verit ci che io ho detto? Non si ritrova nelle
tue tele oltre la soave espressione, anche il leggiadro colore
e la precisione del disegno? Mentre diceva questo Alber
tuccio studiava, sebbene mostrasse indifferenza, il viso del
pittore, il quale si corruscava sempre pi.
Albertuccio savvide che le lodi non raggiungevano lef
fetto in quellanimo modesto, e dopo molti giri di parole
fin col far capire a Pierino che il mondo era solo dei furbi e
di coloro che sapeano in ogni tempo approffitarne. //
Segu a dire Albertuccio:
Se tu, caro Pierino, rimarrai sempre nascosto come la
viola, i parassiti si drizzeranno su di te e ti calpesteranno.
Su, su, in alto la testa, pittore sommo e genio.
Tu verrai, non ne dubito, da Donna Rosa Gambella, hai
capito, e le farai il ritratto.
La gran signora, che molto sintende di arte, vuol essere
corteggiata in assenza del marito, che se ne sta a guerreg
giare. Di me ha una gran stima, e spesso mi guarda, io non
milludo, con tanta insistenza dentro gli occhi. Non ridere.
proprio cos! Quando mi congedo mi stringe la mano con
affettuosa intimit, e la trattiene nelle sue bianchissime e

26. - Se] Se34-35. dentro...cos!] dentro gli occhi, [] (che io ne tre


mo). |Non ridere. proprio cos!|

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profumate dita. E mi segue con gli occhi fra le arcate go


tiche dello scalone. // Ed io temo di parlare e di compro
metterla anche quando mi spia in istrada da dietro le tende
ricamate del balcone. amor questo, dimmi?
Parrebbe rispose Pierino freddamente.
Vedi dunque? Ora tu non devi mancare ad uno dei suoi
ricevimenti. Sar io quello che ti presenter, per farti affer
rare da una buona volta il ciuffo della fortuna e della gloria.
Pierino tacque, ed Albertuccio tosto, per non lasciar ca
dere il discorso, cos continu: Vedi tu questi schizzi che
io ho fatto per sua commissione? Non disprezzarmeli! sono
un po mal tracciati per la pesantezza che io ho nelle mani,
abituato continuamente allo scalpello.
Non vero, non sono presentabili? Ecco, io voglio un fa
vore da te, da te che sei uso a non niegar mai. // Che sei
tanto buono e gentile.
Caro Pierino, tu devi su dun bel foglio ricopiarmi questi
disegni, e se credi, adornali pure a tuo modo. Fa insom
ma la miglior cosa che uscir possa da un disegnatore pieno
di genio e per di pi innamorato. Sono per a pregarti di
un favore, e se tu mel farai, come non ne dubito, da me
ne avrai cento, giacch tu potrai trar profitto alloccorrenza
dalle mille conoscenze che io ho, anche di Vicer. questo
il favore. Acqua in bocca prudenza. Ascoltami bene, Pie
rino mio, anima sempre nobile ed alta. Ecco Sai, certe
volte sha bisogno di far cos. Dunque, ma mi raccomando,
tu non devi dire ad anima umana, che il disegno venne fat
to da te. Son io che devo figurare di aver disegnato il tuo
disegno. Se domani tu avrai bisogno dellopera mia // non
hai che a dirlo.
Hai bisogno di raccomandazioni? vuoi denari? Eccoti la
mia borsa a disposizione.
Grazie disse Pierino del mio disegno te ne far
un regalo.
5. rispose Pierino freddamente.] rispose Pierino |freddamente|.10. Vedi] Vedi11. sua] /sua/13. allo scalpello.] allo scalpello (ai col
pi della mazzuola).15. mai.] mai22-23. alloccorrenza...Vicer.] /
alloccorrenza/ .dalle (dalle) mille conoscenze che io ho, anche di Vicer,
alloccorrenza.30. hai] hai (ai)33. del mio disegno te] te ||del
mio disegno te||

Lautografo di Quiteria

Tra artisti. Bravo! Confermo sempre di pi il tuo otti


mo cuore esclam Albertuccio, abbracciando e baciando
il buon giovine.
Per disse Pierino unopera che io faccio a malin
cuore. Ma basta, voglio accontentarti e Pierino rinchiuse
in cuore a doppio giro tutti i terribili pensieri, abbassando
gli occhi perch anche dalle pupille non trasparissero le im
magini che sincalzavano nel cervello. Lidea sola di poter
avvicinare la nobil Signora Donna Rosa Gambella, moglie
di D. Angelo Marongio, e forse, chi lo sa, intercedere per la
// liberazione di Quiteria, lo resero prudente. Pierino sape
va che la gentil Signora possedeva un nobile animo, e cre
deva ai dolori procurati dallamore. Ci che non potevano
linesorata giustizia, e la ferrea mano dun capitano, forse
avrebbero ottenuto la piet gentile e larte.
A quando avr il lavoro ultimato? dimand Alber
tuccio.
Prestissimo, se prestissimo tu mi farai avere il biglietto
dinvito, firmato dalla gentil Donna, per farle io un ritratto,
perch con sorpresa ne faccia un presente al marito.
Dimani stesso tu avrai linvito.
E dimani stesso io ti dar il disegno eseguito con stile e
forma elegantissimi. Veglier per accontentarti anche lin
tera notte, sperando che il silenzio mi sar // apportatore di
belle inspirazioni.
Saresti anche tu innamorato?
No.
Ci da dubitarne, lhai detto in un certo modo!
Devi credermi, dico.
Ti credo, caro Pierino. Tu non sai mentire. Oh! bravo,

12-13. credeva] credeva (molto credeva)13. procurati dallamore]

procurati dallamore (che dava amore)potevano] poteva/no/16.


ultimato?] ultimato20. perch...marito.] perch faccia con sorpresa
ne ( un) ||faccia un|| presente al marito.24-25. sperando...inspirazioni.] sperando (sicuro) che il silenzio (la notte) mi sar apportatore (
apportatrice) di pi belle inspirazioni.28. lhai detto...modo!] lhai
detto ||in|| (con) un certo modo! ( modo.)30. Pierino] Pierino (Al
bertuccio)

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bravo! mi reso un vero favore ed Albertuccio strinse con


affezione nuovamente la destra di Pierino.
E bada disse agitando in aria il pollice con le altre
dita piegate di non imitare il Greco od il Romano stile:
fa cosa tutta nuova ed originale, insomma uno stile di tua
creazione pieno di ricamini fra le sagome larghe e di effetto.
Delinea // bene, ai due fianchi della finestra, il ritratto di
Don Angelo Marongio e di Donna Rosa Gambella.
Nel fregio del balcone, come vedi, eseguisci il trionfo di
D. Angelo. Avanti guerrieri con trombe inneggianti, nel
mezzo il carro trionfale dove farai posare lEroe, che ridon
a Sassari una vera Patria e portatori di doni, di fiori, e che
so io.
Che hai detto? Una patria. A s, segui esclam Pie
rino furente, ma tosto riacquist la calma apparente.
E dietro, altri soldati con corbelle di fiori. segu a dire
Albertuccio.
Mi raccomando, caro Pierino, per il ritratto dellEroe.
Pierino si sentiva fremere, ma come il titano imprigio
nava nel fiero animo lo sdegno. Entr in quel punto Fra
Carmine. Albertuccio confuse il disegno fra le molte carte
cheran sul tavolo, e si gett fingendo fra le braccia del frate.
Oh! anima Santa, come son beato di rivedervi disse
e lo baci ripetutamente sul viso. //

1. mi] tu mifavore ed] favore. Io ci ho la mano cos appesantita.


Davvero non ho parole per ringraziarti ed2. affezione] affezione (af
fetto)2-3. Pierino. E bada] Pierino, e poi lo baci ancora nuovamen
te, e nuovamente cominci a ||lodarlo|| (laudarlo) E bada 5. fa]
Fainsomma] insomma (fa)12-13. e portatori...so io] /e portatori
di doni, di fiori, e che so io/14-15. esclam Pierino...calma apparente.]
|esclam Pierino furente, ma tosto riacquist la calma apparente.|1617. segu a dire Albertuccio.] |segu a dire Albertuccio.|19. fremere]
fremere di sdegno20. nel fiero animo lo sdegno.] nel fiero animo lo
sdegno |e ribellava|21. Albertuccio] Albertuccio (Pierino)22. si
gett fingendo] [] (ed Albertuccio) si gett |fingendo| una grande af
fezione (con la maggior effusione)

Lautografo di Quiteria

Quiteria14 si avvicin alla croce che avea grafito nel muro,


stette a lungo in contemplazione, poi la baci.
Nellaria, con la luce della luna che penetrava dallinfer
riata, veniva un odore acuto di zagare. Dalle terrazze si udi
vano suoni delicati di cetra e voci che dolcemente cantava
no lunghe nenie sentimentali.
Un grillo interrompeva a riprese le carezze delle cetre, e
poneva nellambiente una sua nota nuova e rusticana.
Quiteria baci di nuova la croce, volendo con quel ba
cio dimenticare tutte le passioni del cuore, e prepararsi alle
nuove lotte con animo sicuro, sempre deciso a sfidare tutto
il terrore che avrebbero con arte saputo presentarle i ne
mici.
Unondata nuova di profumi penetr dallinferriata, e la
luce lunare // rischiar la cella con delicatezza strana di pal
lori.
Quiteria si avvicin allinferriata e guard il disco sfol
gorante della luna, quasi avida di quella luce, ma ritrasse
tosto lo sguardo, parendole di vedere dentro quelle macchie
lontane limmagine di due teste allacciate che si baciassero.
Un alito lievissimo le pass sulle labbra e le diede a som
mo del petto un tremolo di piacere. Prov a socchiudere
gli occhi, ma luci tenui le corsero attraverso le ciglia, e i
lunghi raggi parevan penne cadute dalle ali dei colombi fra
i sospiri liliali.
Come tremo esclam.
I pensieri par che non sieno pensieri miei, e sento veni
re qualche ignota cosa che con contatto invisibile mi sugge
risce invisibili immagini, e mi d tali spasimi di volutt da
penetrarmi tutta, come il contatto della tua sottil mano, o
Pierino! //
Quiteria pronunzi quel nome debolmente prima, poi lo
ripet con un grido lungo e tamo! tamo! esclam, e con
5-6. che dolcemente cantavano] che dolcemente cantavano (cantanti
con)23. tenui] tenue30. mano,] mano tolta dal guanto,
14
Nella struttura originaria del romanzo, in corrispondenza di questo
luogo del testo, avrebbe dovuto avere inizio lottavo capitolo. Accanto a
Capitolo 8, invece, in alto a destra, scritto a matita da mano verosi
milmente autorale, si legge: (7) Settimo.

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le braccia aperte si abbandon a quella dolce visione, come


una luce che in altra luce si fonde.
E la luce penetrava come un fascio di gigli e profumava la
cella. Le lontane melodie giungevano come creature abban
donate in cerca di carezze, e piangevano.
E le stille di quel pianto mandavano nel cadere note im
percettibili che capivano solo lintime vene.
Ma impazzisco io grid Quiteria. Sei tu qui presen
te? Pierino mi ascolti? Prendimi. Vieni! vieni!
Ed egli pareva venire e bevere lungamente da quella boc
ca ed arrivarle allanima. //
Sempre mio, sempre mio, Pierino grid allora Quite
ria, e cadde grondante di sudor ghiaccio sulla paglia umida.
Scaldami disse debolmente la povera creatura.
Fatti vicino, pi vicino, come quando mi amavi innanzi
alle belle immagini che ritraevi.
Non senti che io vengo meno, o Pierino, anima mia!
Pierino!?
Altro non disse, la povera vergine, e sul seno pos le bian
che mani come rose bianche. Un filo sottilissimo daria e di
luce rossa di candele si adagiarono su quel corpo, poi scom
parvero. Ma tosto una luce intensissima di torcia, rischiar
la cella con una durezza crudele di contrasti.
morta! pronunzi Gabinu Sura il carceriere, nel ve
derla cos immobile distesa per terra. // Si chin e la scosse.
Quiteria sospir.
viva esclam il carceriere, e prolung la mano per
destarla, ma tosto la ritir, parendogli di profanare quel so
gno.
La bella fanciulla le appariva simile ad una vergine del
le vecchie leggende, quando anche le regine si sacravano e
morivano per la purissima religione di Cristo.
Dopo tutte le torture alle quali fu sottoposta, Quiteria
appariva sempre pi serena. I fili della paglia, illuminati,

3. penetrava] penetrava (entrava)4. giungevano] giungevano (en


travano)9. Prendimi. Vieni! vieni!] Prendi/mi/, a te mi dono. Vieni!
( ,) |vieni!| (io ti voglio.) Ho desiderio di te. Vieni! 19. vergine, e sul
seno] vergine, e si avvolse il gran velo nero attorno al corpo, e sul seno

Lautografo di Quiteria

nella quale giaceva, parevano irradiarla come tante aureo


le, e quella luce divina disperdeva nel tremolio il fradiciu
me della paglia, le pareti sporche ed imbrattate di mostri
osceni e tetri simboli graffiti, la volta ricoperta di polverose
ragnatele e di mosche, ricadenti ad ogni pi piccolo moto
// sul pavimento sudicio, dove tratto tratto passavano dei
topolini con gli occhietti lucidi in cerca degli avanzi di pane
abbandonato.
Una farfalletta si stacc dal muro e si pose a volare attor
no alla fiamma viva della candela. Il ronzio pareva il pianto
lontano di un bimbo.
Unaltra farfalletta si stacc dal muro richiamata da una
mica, poi ne venne unaltra e tutte e tre con lo stesso lamen
to si posero a girare attorno alla fiamma della torcia.
Girarono, girarono cos senza posa, ed il carceriere pen
sava e taceva. Una si avvicin troppo al lume e cadde come
una foglia di rosa sul viso di Quiteria. Le altre due allora
seguirono il lamento. Il carceriere pieno di superstizione
credette fossero le piccole anime dei tre bambini strozzati,
e che unanimuccia avesse voluto baciare // il viso della so
rella prima di seguire il viaggio.
La luna era scomparsa, ed una pura calma scendeva dalle
stelle e si rifletteva negli occhi buoni del carceriere.
Che cosa sogner questa Santa ora pens il carceriere.
da molto che io non sogno pi un dolce sogno, forse
da bambino. Ricordo per che nei miei teneri anni io ve
deva sempre immagini belle come queste, e questa parmi
proprio una visione, e in questo punto io non so dire vera
mente se io stia sognando o viva fra le cose vere.
E si tocc le mani e la fronte per accertarsi.
proprio realt questa divina bellezza, e muove nel mio
cuore che pareva isterelito delicatezze nuove di sentimento,
e son quasi spinto a farla fuggire e porla in salvo, aprendole
la gabiuccia // come il passerino Chi se ne accorgerebbe?
Chi? Gabinu Sura! che pensi? Tremo alla sola idea. Io ho
prestato un giuramento. Mi par di vedere da lontano arri
6. passavano] passavano (sbucavano)9. farfalletta] farfalletta ( far
falla)12. farfalletta] farfalletta ( farfalla)19. le piccole anime] le
piccole anime (animelle)26. teneri] teneri (giovani)

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vare gli occhi vigili di Mossen Iulia, e ficcarsi in ogni punto


per spiarmi.
Sento raffreddarmi il sangue alla sola idea di quei tre pal
mi di corda insaponata stretta al collo.
Raffreddarti il sangue, o Gabinu, ma non per timore della
morte. Nel morire avrei chi mi benedirebbe, cento anime
buone pregherebbero per me e per falli miei, il mio nome
rimarrebbe puro e non pi contaminato in retaggio ai miei
figli, alla mia donna. S vero, Gabinu, sollevala, questa
martire, confortala, aprile la porta. Riponila nelle braccia
adorate di Pierino, del tuo fratello di fede // e di lotta. Su, tu
puoi tutto, tu ora sei pi grande di Re Giovanni con le sue
sentinelle, coi suoi cannoni sulle torri di granito.
Grande la tua potenza e tu tremi.
Sei vigliacco tu?
S, son vigliacco, io non ho tanta forza di abbandonare
i miei figli, la mia donna, mia madre vecchia ed inferma.
Chi darebbe pane ai miei figli perseguitati, alla mia mo
glie insultata, alla mia vecchia madre inferma e raminga?
No, no, Gabinu Sura, metti giudizio. Vedo che questa
uninfamia, tocco col dito tutte le piaghe, ho il farmaco in
mano ma unaltra voce pi potente mi grida di non adope
rare quel farmaco, di rigettarlo da me lontano come cosa
malefica. //
Dio grande! tu che vedi tutto, aiutami tu.
Quiteria si dest.
Mamma disse dove sono? e si sollev alquanto, fa
cendo velo con la destra alla luce troppo viva della fiamma.
Siete vicino a me, coraggio, Quiteria.
La giovinetta si scosse alquanto, e nel ricordarsi chin la
testa.
Tutta quella realt cos bruscamente venuta la terroriz
zava.
Il carceriere allora con molta delicatezza laiut a solle
varsi.
Figliola, mi hanno ordinato questa notte che veniate
dove io vi conduco.
9-10. questa martire] |questa martire|34-35. sollevarsi] sollevarsi (
sollevarla)37. conduco] conduco ( condurr)

Lautografo di Quiteria

Dove mi conducete?
Figliola e il povero Gabinu non trov nessuna rispo
sta da dare allinfelice Quiteria.
La prese quasi tremante per la mano // e fece come chi sa
di commettere una cattiva azione, e non guarda in viso, con
la testa china in silenzio.
Quiteria pi non dimand, e rassegnata segu il carcerie
re, il quale la condusse alla Secunda camera segreta, dove
Nicol Carroz, vicer di Don Giovanni II dAragona, co
minciava il prologo della terribile arte inquisitoriale, che fra
non molto dovea sorgere a maggior gloria di Dio.
Lampia stanza sotterranea era divisa da una sbarra di le
gno, dietro la quale stavano i giudici, seduti innanzi a dei
tavoli ricoperti di panno nero.
Quelle tre autorit parevano dormire, solo il segretario
muoveva con rapidit la destra, e sollevava la testa con moto
misurato per secondare quasi lo scorrere della penna. //
Il conte di Bonafides presiedeva ludienza.
Quando entr Quiteria le dimand con voce che voleva
essere amabilissima:
Sei Cristiana tu?
Io s rispose Quiteria, fissando in viso fieramente i
suoi giudici.
Il Conte di Bonafides, senza scomporsi, fece osservare a
Quiteria che non era quello il momento di mostrar la inna
ta e spavaldo fierezza dei Sardi.
Sei Cristiana, figlia del peccato seguit a dire.
Quiteria avrebbe voluto rispondere fieramente, ma tac
que, col pensiero rivolto ad una immagine di Cristo gron
dante sangue, ed illuminata debolmente da una lampada.
E ricord anche molte immondezze che vide bruciare un
giorno, e le spirali azzurrine di // fumo che si mescevano
alla luce del sole. Quelle spirali di fumo eran le immagini
pure della vita, e salivano verso il cielo, perch bruciate eran
tutte le indegne cose e le turpitudini che le circondavano.
1. conducete] conducete ( condurrete)4. fece ] /fece/5-6. con...silenzio.] cos fece, con la testa china in un silenzio tra il (pieno di)
vergognoso ( vergogna) e |lumiliato| (di umiliazione)8. Secunda]
||Secunda|| (Segunda)22. Io s] Io s, non voi28. fieramente] pi
fieramente

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Sei Cristiana dunque.


S!
Notate, Don Ferrantes disse il Conte di Bonafides.
E Don Ferrantes tralasci di grattarsi la nuca con la pun
ta della penna, e scrisse quanto il Conte di Bonafides gli
dett. Ci fatto lesse latto daccusa lentissimamente, quasi
credendo di far opera Cristiana, perch in quella lentezza
laccusata potesse trovar parole atte a difendersi.
Tu puoi benissimo discolparti disse il Conte di Bona
fides imperocch clemente e generoso il nostro Re Don
Giovanni II, // e come degno rappresentante anche il suo
Vicer D. N. Carroz.
A quel nome la Vergine ebbe un sussulto nervoso, e come
in un baleno le passarono tutte le iniquit commesse contro
la sua casa dArborea.
Difenditi disse uno dei giudici.
Per il giusto labbro di Dio, a torto mi accusate escla
m Quiteria.
Senti la bimba disse il Conte e tocc di nuovo col
piede lo stivale di Fra Carmine.
Frate, vediamo sin dove sa arrivare questa bimba, che
davvero mi piace, molto interessante e? Lasciamola dire,
mi ci diverto assai. frutto acerbetto un pochino.
Quiteria si avanz di alcuni passi, allontan con atto fiero
dietro le spalle la enorme massa dei capelli, che seran al
quanto sciolti, e strette le pugna, fiss in viso i suoi giudici,
quasi sfidandoli. //
A torto mi accusate esclam. Scriba, prendi nota,
che la figlia di Leonardo Alagon ha soggiunto che la casa
di Arborea non ha cercato che la grandezza dei Sardi e la
vera libert, come la vollero Amsicora, come la vollero tutti
coloro che pugnarono con Donna Eleonora dArborea, che
diede leggi giuste e possanza ai suoi sudditi.
Scriba, ancor questo scrivi.
Quiteria figlia di D. Leonardo Alagon, ha detto che qua
lora sapesse dove nascosto il prode Capitano Sassarese
Nicol Montagnano, fiero difensore di mio padre e della

1. Sei] ||Sei|| (Siete)

Lautografo di Quiteria

sua causa, Quiteria, per il giusto labbro di Dio, mai nol di


rebbe.
E sebbene mi si attanagli, mi si sfregi, mi si bruci viva,
non dir nulla, perch cos mi ha educato mio padre, per
ch cos voglio far io. Viva Arborea! //
Taci, grid il Conte di Bonafides, taci anima imbe
vuta di mostruose idee, creatura spensierata, che non vuoi
capire a quale terribile danno vai incontro.
Ci detto, fece un cenno con la testa a due scherani, i qua
li tiraron le catene duna porta di ferro, sollevatasi come un
ponte levatoio. Una massa di fuoco si riverber tosto dalla
porta, e illumin sinistramente tutto lambiente e gli occhi
sinistri del Conte.
Fra Carmine con la testa china fra le mani pareva assorto.
Vedi! disse il boia a Quiteria, ed additavale un uomo
denudato, posto alla tortura, con le braccia legate alla schie
na.
Un giovanotto con atto lento e stupido toglieva da grandi
// bracieri delle tenaglie dalle forme strane e le avvicinava
al paziente.
Dunque insistete a non voler confessare disse un giu
dice.
Io non so nulla, Dio mio esclam con un filo di voce
il poveretto.
Mauro Puliga grid Quiteria I vigliacchi. Fai co
raggio, Puliga stringi la lingua fra i denti, o mozzala anche.
Puliga guard in viso Quiteria.
Mi conosci? dimand la giovinetta.
S, povera figlia.
Iddio ci vede, Viva Arborea esclam Quiteria.
Ghign il Conte di Bonafides:
Ma guarda che coraggio e che audacia. Nessuna cosa
la impaurisce. Bisogna credere che questi Sardi sian fatti di
ferro anche nel cuore. Ma, stento a crederlo, forse non resi
ster cos alla prova vera.
Chiam il boia e gli disse allorecchio: Boia, ora la //
collocheremo sulla grata di ferro con sotto la legna da ar
dere pronta.

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Ma questo, boia, tu farai solamente per impaurirla. Non


farle del male, hai capito, boia.
Ho capito. Avrei fatto anche cos nei giri di riscalda
mento con la ruota disse tra s Gabinu Sura, sebbene tu
non me navessi avvertito.
Due birri si avvicinarono a Quiteria per toglierle gli abiti.
No, nuda no, innanzi a questa canaglia grid Quiteria.
Fa da brava ragazzina, e non irritare disse con calma
il Conte.
Fra Carmine si avvicin ed apr il libro delle preghiere.
Quiteria insisteva ad opporre resistenza.
Il Conte fece un cenno ed una dei giovanotti pose le tena
glie // roventi sotto la graticola.
Mauro Puliga mand un ruggito come di leone ferito, e
pronunzi stringendo le labbra fra i denti:
Mon ta gna no
Adiuva nos disse il frate con gli occhi rivolti al Cielo.
Il boia tocc la destra di Puliga con un segno speciale.
Puliga allora tacque.
Puliga esclam Quiteria tu hai sempre seguito da
forte la causa di mio padre. Soffri e taci. Pensa a Ges no
stro, lo vedi?
Ammazzatemi, non posso pi resistere disse Puliga
con un sottile filo di voce. Un odore di carne bruciata im
pregn tutto lambiente. Spirali di fumo azzurrino salivano
tratto tratto dalla graticola, a seconda dei movimenti delle
tenaglie arroventate. //
Il conte guard Puliga, pareva morto.
Il boia gli tast il polso.
Appena appena si sentono i moti.
Va bene ghign il Conte trasportatelo dentro e pen
ser io a quel da fare. Giacch il fuoco non vale ci sar lac
qua. La sete non degli eroi da strapazzo, o canaglia.
I due giovanotti sollevarono Puliga e lo portarono via.
Quiteria ed il frate guardarono con occhi addolorati quel
poveretto.
La porta si rinchiuse
Quando un birro tolse la gonnella a Quiteria, la giovinet
ta gli graffi la mano.

Lautografo di Quiteria

Hai fatto forte, figlia del peccato disse il birro, ba


gnando con la lingua la graffiatura.
Il conte sorrise.
Il birro allora inasprito pose // una mano sulla bocca di
Quiteria e disse allaltro birro:
Sostienila forte.
Il birro lafferr con ambe le mani e la strinse fra le
braccia come in una morsa.
Non me la guastate disse il Conte avvicinatosi.
Fra Carmine recit con voce alquanto alta una preghiera.
Quiteria a quelle parole si sent confortata, e chiuse gli oc
chi. Lasci fare.
Sent in quel martirio di avvicinarsi sempre di pi alla
vera grandezza, dove lidea, sebbene passi attraverso agli
spasimi ed alle umane vigliaccherie, pur combatte sempre,
ed anche nella sconfitta vince, perch gli Eroi la raccolgono.
Il Conte di Bonafides, con gli occhi pregni di volutt
guardava la bella figura, e per abituale istinto di civetteria
con // un piccolo pettine dorato che trasse da una borsetta
si ravvi la barba ritinta ed i baffi.
Bella esclamarono i giudici ed i birri, allorch quelle
forme virginali apparvero denudate.
Il Conte disse al frate:
Confessatela e presto!
Mi par purissima e senza peccato, come il giglio senza
macchia rispose il frate, e si avvicin tremante.
Quiteria, distesa sul pancone con gli occhi chiusi pareva
sopita in dolce visione, noncurante di quanto la circondava.
La bocca avea insensibilmente aperta, e lasciava scorgere
come perle, a fior di labbro, i denti bianchi e piccini.
svenuta, n pu parlare disse il frate, e quasi istinti
vamente, la ricoperse col suo mantello. //
Il Conte irritato da quellatto lasci andare il pettinino
per terra.
Frate, raccoglietemelo disse.
Fra Carmine con somma umilt porse il pettine dorato
al Conte, e Quiteria riapparve denudata al Conte tremante
di volutt.
10. recit] recit (disse)24. presto!] presto! ( presto!)

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Era da molto che la sua fibra raffinata di vecchio vizioso


cercava un compiacimento nella bellezza della carne, una
delizia quasi dopo tante lotte nelle guerre.
Il suo sguardo pareva allacciato da quel serpentello vo
luttuoso, e saccendeva di passione e di spasimo quanto
pi il terrore del luogo, limmagine di Cristo morente, ed
i lamenti che uscivano dalla vicina grotta, non permetteva
no questa delizia. Quiteria sospir. Il seno candidissimo si
mosse con leggero tremito.
Una strana seduzione era questa, e poneva in tutti gelosie
di possesso e lotte furibonde.
Nessuno gridava, ma tutti sentivano dei gemiti ai quali
non sapevano dar sfogo, dei gridii strani che morivano nel
la strozza e lasciavano nella gola unarsura e nella lingua un
sapore acre.
Listituto della lotta delluomo primitivo pel possesso
della donna serpeggiava su tutti, e tutti si guatarono con
gli occhi iniettati di fiamme rosse, e con le unghie tremanti
come le tigri.
Il frate guardava solo le ferite di Ges crocifisso. Lesse ad
alta voce:
Linimico ha teso dinanzi ai nostri piedi infiniti lacci.
Linimico veglia sempre senza // sonno, per pigliare le ani
me nostre. Ha posto lacci nel pane, nel vino, nella carne,
secondo che vede e capisce le debolezze altrui, quel figliuolo
di Belial.
Che voleva questa voce, che cercava? pensavano stizzi
te quelle menti.
Il Frate segu:
Linimico desidera porre in perdizione la tua creatura,
o Sommo Iddio, ma tu percuoti, tu illumina, acciocch veg
giamo i lacci, i quali ci ha preparato, e refuggiremo a te, o
allegrezza dIsraele.
Nessuno rispose: Amen.
Limmaginazione voleva bere solamente alla fonte della
volutt, per la quale la natura vantava i suoi dritti, intolle

3. guerre] |guerre| (battaglie)9. leggero tremito.] leggiero tremito|.|


irradiando in tutti gli occhi onde di volutt.

Lautografo di Quiteria

rante di astratte ascensioni, di paradisiache promesse. L, l,


l solo era il Paradiso e bisognava andarci. //
Quello solo era il Paradiso promesso e non mai visto,
dove si dimenticavano i dolori, quella era la gran perdizio
ne di Satana, re della luce, re delle cose belle, re degli atomi
infiniti.
Satana! Satana! egli solo era grande perch avea strappato
il velo alla bellezza, adorandola.
Il frate pregava e pensava: La voce non si perde mai del
tutto nel deserto senza che una qualche spina la fermi come
il fiocco di lana della pecorella errante su la siepe.
Tutti cercano i propri vantaggi, ma tutte quelle cose che
paiono fatte ad aver felicit sono nulla. Fine di tutti i beni,
sei tu, o sommo Iddio, godimento perfetto.
Amen rispose il boia, e singinocchi // ai piedi di
Quiteria.
Dio di tutti gli eserciti, s benedetto, disse il frate, e
singinocchi alla destra del boia.
Fra Carmine rivolto al birro disse: Copritela.
Il birro non si mosse in attesa dun cenno del Conte, il
quale indignato esclam: Frate, voi seguite a pregare,
sono io qui a comandare.
Fili di lamenti uscivano dalla inferriata mal coperta, e ad
intervalli si ripercotevano nelle colonne, sulle pareti, e pa
reva che fossero le colonne e le pareti a parlare, con sillabe
pronunziate come da unanima che passa in una notte pau
rosa dopo un dramma mostruoso. Il Conte trem. Guard
tutti in viso per rincorarsi e trem di pi nel vedere quei
visi terrorizzati. //
Egli era il solo colpevole ma non voleva accusarsi, ed in
mezzo al generale turbamento, appuntandosi i baffi, ebbe
laudacia di dire al frate:
Chi non si dannerebbe lanima!
Fra Carmine si fece pallido come la morte, e pos il cro
cifisso ai piedi di Quiteria.
Tutti chinarono la testa.
Il Conte di Bonafides solo tenne in alto la fronte superba,
22. sono io qui a comandare.] |sono io qui a comandare.| (io far il dover
mio.)

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ed incroci le braccia coi gomiti in alto appuntiti. Con una


freddezza ricercata disse:
Boia, alla ruota.
Il boia scosse la testa, affrett il passo ed afferrate le corde,
le fece passare sotto le ascelle di Quiteria.
Con agilit fece il nodo scorsoio, indi corse alla ruota, ed
insapon il cilindro perch non cigolasse n mandasse ge
miti. Quindi si sput // le mani e si fece il segno della croce.
Il birro rovesci la clessidra, e lo scrivano intinse la piu
ma nel calamaio di corno.
Quiteria, pel repentino stiracchiamento delle braccia si
riscosse, aperse gli occhi ma non diede un gemito.
Il Conte disse, rivolto alla Vergine: Confessa. Ma non
pot pronunziare altra parola.
Quiteria guard in viso quel Miserabile, con le pupille
piene di fiamme terribili e disperate.
Io non sapr nulla dalla tua bocca mai, credi? grid
il Conte.
Fra Carmine lesse: Oh! Dio! padre mio, perdona loro,
imperocch essi non sanno ci che s fanno.
Tanta audacia disse il Conte, e gli venne volont di
// correre lui stesso alla ruota e girare vorticosamente per
sentire un gemito solo, fosse anche meno impercettibile del
lamento dun insetto. Grid:
Boia! fate che ma non segu la frase.
Le belle forme della fanciulla, rese pi avvenenti da quel
risveglio, gli ridestaron con pi impeto la trista passione.
Stringendo i denti e con atto nervoso afferr le vesti di Qui
teria e vi affond dentro le mani desiderose.
Il brocatello, la camicia di tela finissima, parevano ani
marsi al contatto di quelle dita diaboliche. Avrebbe voluto
mordere come un frutto sugoso per assaporarne tutto la
scoso profumo, passandovi la lingua rapidamente.
Le narici gli si dilatarono, il cuore forte gli batteva // con
rapidissimi moti che parevano farlo soffocare.
Dalle vesti repentinamente gli scivol nelle mani il rosa
rio. Quel contatto gli fece paura, e con ribrezzo lasci an

6. agilit] agilit ed eleganza

Lautografo di Quiteria

dare la corona per terra. Allora un riso amaro gli sfior le


labbra. Scivol quel sogghigno dagli ultimi peli dei baffi ap
puntiti e sinistramente si ripercosse nel core del boia. Disse
il boia: Tu lavrai solo se io voglio.
Boia, la faremo parlare domani disse il Conte ed affer
rate le vesti le gett vicino a Quiteria perch la coprissero.
Le vesti nel cadere assunsero una strana forma, e davano
limmagine di un corpo senza testa.
Il Conte ritolse lo sguardo terrorizzato. Esco disse. //
Ci da firmare il verbale, esclam il giudice15.
Ah! s, soggiunse il Conte e pass la mano sulla fronte
che gocciolava sudor freddo.
Ludienza pu sciogliersi disse.
Due soldati lo precedettero.
Boia, mi raccomando disse il Conte allorecchio di
Gabinu Sura, il quale accenn di aver capito.
I giudici salutarono fingendo molta allegrezza il Conte,
e cos fu terminata la seduta dalla quale si dovea sapere a
punto fisso dove fosse nascosto il gran Capitano Sassarese,
Nicol Montagnano, il terribil nemico della casa di Arago
na e di Don Angelo Marongio. //

1. la corona] |la corona| (le pallotole)4. boia] |boia| (bogli)


15
Nel margine superiore della carta numerata 142, scritto a matita da
mano verosimilmente autorale si legge: Fine Cap. Settimo.

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Capitolo VIII

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Pierino avea terminato il disegno del balcone, rappresen


tante il trionfo ed ingresso in Sassari di D. Angelo Maron
gio.
In quel febbrile lavoro avea in parte dato un po di calma
momentanea alleccitamento del suo animo, sempre molto
sperando dalla presentazione a Donna Rosa Gambella. Avea
la gentilissima Signora fama di essere amante appassiona
ta di tutte le arti belle, ed Artista essa pure nel comporre
ad imitazione del Petrarca vaghe rime dAmore. I maligni
solevano dire per un suo caro cugino Lorenzo Gambella,
ma le cronache sfiorano appena lidillio, e cos far io pure
per non malignare di soverchio con le belle donne. N dar
credito alle chiacchere di Albertuccio Casena, ed alle con
fidenze fatte agli amici, di ritorno da Sorso, dove // avea
scolpito per la Signora uno stemma da collocarsi nella pa
lazzina dove trascorreva i bei giorni di villeggiatura.
Il cugino Lorenzo Gambella avea posato, per la gamba
serrata nella forte gambiera dacciaio, sculpita nello scudo
di famiglia.
Donna Rosa leggeva le dolci rime e basta.
Pierino dunque come fu lalba si vest dei suoi migliori
abiti, cinse al fianco la spada, ed avvolse le bianche mani in
candidissimi guanti di seta.
Il pensiero costante della sua Quiteria lo spinse cos per
tempissimo ad abbandonare la sua stanza. In altri giorni
meno tempestosi, dopo quella veglia darte, si sarebbe get
tato sfinito suo letto: ora le morbide piume per quel corpo
non erano altro che un letto di procuste.
Sentiva necessit daria, di luce, // di moto.
Voleva rivedere Sassari in quellalba, assopito ancora
come una fiera alla quale han posto il guinzaglio. Lanima
sua avrebbe sentito glimpercettibili lamenti della fiera, for
1. Capitolo VIII] Capitolo 8 (Capitolo 9)17. da collocarsi] da col
locarsi nella (per una)18. dove trascorreva i bei] dove trascorreva i
bei (pei)19. avea posato] avea posato mentre modellava24. cinse] si cinse26. cos] da quella cos32. in quellalba] /in quellalba,
(allalba)/ancora] ||ancora||

Lautografo di Quiteria

se destinata a tacere e soffrire chi sa per quanto volger di


anni.
Dalla via del Fiore, dovera posta la sua palazzina, si di
resse quasi inconsciamente alla Carra e quindi alla Carra
Pizzinna.
La luce con un certo muoversi pigro pareva ridestarsi e
penetrava a poco a poco tra le colonne e i loggiati delle vie,
tingendo duna leggerissima velatura rosea i cornicioni ri
camati delle case e le finestre bifore che lArte Pisana avea
profuso nella Plata di Sassari.
Tratto tratto rompeva il silenzio della via qualche // carro
di ortaglia che sbucava dalle stradicciuole, e poneva nelloc
chio di Pierino, abituato al colore, una nota nuova che lo
distraeva per un istante da quel doloroso fantasticare.
Comparivano anche a lenti intervalli dei contadini, ve
stiti dorbace ritinto di nero, col berretto allindietro quasi
ricoperto dalla zappa ad armacollo. Dei piccoli cani ammu
soniti e con gli occhi ancora assonnati li seguivano.
Un zappatore si ferm nellimbocco della stretta buiosa,
ed augur a Pierino il buon giorno.
Buon giorno rispose Pierino distratto, e segu la via.
Il zappatore acceler il passo, e fermatosi nuovamente
disse:
Siamo di sposalizio oggi, o forse fate festa per la vittoria
di Don Angelo Marongio?
Pierino riconobbe Zio Zuniari, lamico di Nicol Monta
gnano, e rispose: Iddio non paga il sabato, // Zio Zunia.
Non vi posso dire qui in mezzo della via tutto quello che mi
rugge nel cuore. Zio Zunia, qui ogni pietra ha una spia e ci
conosciamo. Basta.
Se avete bisogno dellopera mia disse con molta cal
ma il contadino, accentuando quasi le sillabe.
Non dubitate rispose Pierino, ed i due amici si strin
sero la mano, e distesero il braccio in modo speciale, e si
fissarono negli occhi quasi per ricordarsi di un tacito giu
ramento.
Un ufficiale del Re usc dal negozio di Peppe Tarrei, e
squadr quei due.
10. Plata di Sassari.] Plata di Sassari, dove Pierino era arrivato.37.
Tarrei] /Cabianeo/ Tarrei

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Zio Zuniari da esperto conoscitore degli uomini disse ad


alta voce:
Non dubitate che le pi belle ciliegie saranno per voi.
Grazie rispose Pierino e si separ.
Lufficiale percosse leggermente col manico della spada il
gran portone di noce della casa di Don Angelo Marongio //
e di D. Rosa Gambella.
La porta si apr, e lufficiale prima di entrare squadr
nuovamente Pierino.
Ha preso odore sospetto di cospiratore, lamico disse
Pierino rivolto a Peppe Tarrei, il quale stava fermo sullu
scio del negozio con un calice di terra verniciata nella de
stra.
Ei, ei! testa scarica, non mi compromettete disse il
genovese. Vedete la casa che vi sta dinanzi e larma intrec
ciata. Se volete assaggiare un bicchierino di vernaccia, e
disse Oristano a bassa voce, entrate.
Troppi Ufficiali accorrono al vostro negozio rispose
Pierino. Tarrei da uomo consumato nella malizia, f loc
chiolino, e si ritir nellinterno, per servire agli Ufficiali en
trati dalla piccola porticina di Via Buiosa.
Pierino guard il volo di alcune // rondini posatesi nel
la finestra centrale della casa di D. Angelo. Un giovine si
affacci con una bandiera in mano, e la infisse nellanello
murato sotto il davanzale.
Gli Ufficiali cherano in sulla Plata salutarono.
Pierino domand alla guardia che passeggiava lungo
la fronte della casa, a che ora la nobil donna soleva dare
udienza.
Verso le dieci di mattina rispose la guardia.
Ci era del tempo e molto da aspettare.
Pierino allora sal lungo la Plata.
Le sennoresi a gruppi, con le corbelle ed i canestri in te
sta, passavano per recarsi al Mercato della Carra.
I negozianti appendevano sotto gli archi le stoffe, i broc
cati, le sete colorate, i pizzi genovesi. I garzoni arrotolavano
// con destrezza i tessuti dorbace, le lane sarde, i tappeti e
6. Marongio] Marongio.7. di] /di/8. apr] apr (aperse)11. Tarrei] /Cabianeo/ Tarrei19. Tarrei] ||P Cabianeo|| Tarrei

Lautografo di Quiteria

le coperte da letto di Gavoi, dagli ornati minutissimi simili


ai rabeschi orientali.
Donne con gli Uffici in mano ed il rosario, si fermavano
a guardare, ma riprendevano tosto la via col timore di non
perdere la messa, avvertite dalle campane della vicina chie
sa di Santa Catterina.
Gi sullesteso gradinato della Chiesa, molti proprietari e
devoti e sfaccendati, seran posti a sedere ai due lati. Pierino
contemplava con ammirazione quella pittoresca gradinata
che sandava ricoprendo di colori. Ed era bello davvero il
vedere quel movimento di berretti rossi, di tiarzole bianche,
di mantelline scarlate dOsilese, di panni azzurri con la cro
ce gialla nel mezzo di Ploaghesi, // coi molti altri costumi
dellisola. E veli, e cuffie, ed elmetti e pennacchi di cavalieri.
Nei loggiati della governatoria, adiacenti alla chiesa, dei
soldati distendevano sotto i balconi degli arazzi istoriati.
Il sole penetrava in tutti i ricami delle decorazioni.
Il Castello Sassarese, in fondo della via, col suo tetro colo
re, terrorizz repentinamente Pierino.
Sulla torre centrale sventolava la bandiera di Don Gio
vanni II, a quel posto dove poco tempo prima erasi drizzato
lo stendardo di Arborea, con il sole radiante.
Quel fulgido sole che Quiteria non rivedeva pi da molti
giorni.
Oh! povero Pierino. Quale spasimo nel suo cervello pel
disonore della patria, // quale lotta nel cuore per quellAn
gelo che tanto amava!?
Fu scosso dimprovviso dal contatto di una piccola mano
che gli prendeva la destra. Volto in dietro lo sguardo vide
chera il suo bel modellino Tito Puliga.
Tu hai pianto gli disse Pierino.
S, perch ha pianto la mamma, quando Gigetto e Lene
dimandarono del babbo. Il babbo viene oggi e vi porta il
regaluccio, rispose la mamma, nascondendo le lacrime. I
bimbi fecero festa allora. Ma a me la mamma mi chiam
nellaltra stanza, mi baci, con le lagrime negli occhi e mi
disse: Tuo padre Mauro stato chiamato dalla guardia di

8. ai] ai (nei)21. drizzato] drizzato ( drizzata)

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Castello gi da quattro giorni, e vedi, non ritorna ancora.


Fosse almeno in // Sassari tuo zio Gavino, per poter avere
delle notizie. Grave sciagura ci ha colpito, Tito mio. Io non
ho pi pane, ripeteva la mamma. Io son corso allora in
casa tua. Tu non ci eri. Tu lo sai, dov il babbo? Tu conosci
la guardia del castello? domanda dov il babbo!
Calmati, Tito mio disse Pierino, cercando di conso
lare come meglio poteva quel povero bambino. Calmati
ma non continu la frase.
Una piet immensa lo prendeva per tutta quella famiglia
sventurata, e con la piet scatti dindignazione per tutte
quelle infamie che si commettevano l, dentro quel Castello.
Chi sapeva pi niente di una vittima quando quel mostro
dalle tre torri nere come tre nere branche apriva le sue //
ingorde fauci ed inghiottiva una vittima?
Il popolo parlava con terrore dinterminati e tortuosi sot
terranei che si estendevano attraverso la citt e comunica
vano con parecchi conventi, compreso quello vicinissimo
di S. Domenico.
Si additavano anche con ribrezzo delle uscite misteriose e
pozzi profondissimi che emanavano degli acri vapori come
di carni abbruciate od in putrefazione.
Terribilissime cose immaginava il popolo Sassarese allor
ch pensava ad una ribellione, schiacciato continuamente
da quei vari successori, sfruttatori e parassiti sempre, non
curanti mai del pubblico bene.
Pierino calmatosi alquanto da quel repentino eccitamen
to, cerc con le carezze e le dolci parole di persuadere Tito.
Gli f capire che il babbo // sarebbe ritornato prestissimo,
e che egli stesso in persona sarebbesi recato dalla mamma
per darle le buone nuove.
Il bimbo alquanto tranquillo baci Pierino, e si part per
dare le buone nuove alla mamma, che aspettava piangendo.
La folla andava sempre crescendo con mormori come di
acque lontane e bisbigli interrotti da fischi di gioia e gri
di misti a suoni di launeddas, di pifferi e tamburi e squilli
di trombe che parevano minacciose voler dire: Lasciate
6. babbo!] babbo! ( babbo.)36. launeddas] .launeddas (lioned
das)37. trombe] trombe ( tromba)

Lautografo di Quiteria

squillare e passare noi soli, per Santo Iago di Compostella,


o repubblicani Sassaresi.
Passa la cavalcata di Don Angelo Marongio grid una
voce.
Unaltra voce: Fate largo perch non si spaventi il Si
gnor vostro.
Un popolano disse allamico che D. Angelo andava a rin
graziare la madonna di Saccargia ora, e dopo // si rechereb
be in Scala di cioca16, a ringraziare nella grotta del diavolo
Messer Satanasso.
Una voce gutturale e convulsa grid: Sassaresu impicca
babbu!
Fu un silenzio generale.
Il boia e la spia circolavano tra la folla.
La guardia di Castello in grande uniforme era uscita dalla
porta ferrata per rendere gli onori. La cavalcata ed il segui
to si avanzarono. Don Angelo Marongio vestito di velluto
verde, cavalcava un brioso cavallo nero. Al fianco stavagli il
Conte di Bonafides e Fra Carmine, il quale guard Pierino
per salutarlo, ma vide che il giovine Artista si copriva gli
occhi con la sinistra.
Quella sfilata ridestava un senso di ribellione e di vergo
gna nellanimo di Pierino.
Il popolo seguitava ad acclamare e fischiare. Nel fondo
della piazza seran gi improvvisate le danze. Il boia e la spia
circolavano sempre tra la folla17. //

1-2. soli...Sassaresi.] /soli,/ sole, per Santo Iago di Compostella (per


Santo Iago) o repubblicani |Sassaresi.| (spacciati,)8-9. si...cioca] si
recherebbe a ringraziare in ||[]|| (Scala di cioca)
16
Ripristiniamo la lezione cassata, perch risulta essere illeggibile la va
riante sostitutiva.
17
Nella struttura originaria del romanzo, in corrispondenza di questo luo
go del testo, nella carta numerata 156, avrebbe dovuto avere fine lottavo
capitolo e, con esso, la prima parte del romanzo. Nella carta numerata
162, a margine, invece, scritto a matita da mano verosimilmente autorale,
si legge: Fine parte prima. E nel margine sinistro dallalto verso il basso:
Fine parte prima e capitolo ottavo | Parte 2 Capitolo IX 9. Cfr. Nota
18.

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Bravo disse lo scultore Albertuccio battendo una


mano leggermente sulla spalla di Pierino, con una certa
aria che voleva darla ad intendere desser di alta protezione.
Bravo, sei preciso allappuntamento. Oggi devi mostra
re alla nobil donna tutta la tua abilit.
Cercher di fare del mio meglio disse modestamente
Pierino.
Bravo ripet Albertuccio mi piaci. Sembri un vero
cavalier di Aragona.
Un cavalier di Aragona! mai! esclam Pierino con
risentimento.
Parla piano qui disse Albertuccio. tempo oramai di
lasciare tra i ferri vecchi certe ingenuit.
Tu devi occuparti dArte, dArte solamente se vuoi vive
re, e dArte che conosca il modo di appicicarsi ai // velluti,
alle Morbide trine, agli altri altari ed alle corone.
Io ti voglio bene e ti stimo, e forse non sono cattivo n
leggiero come mi si crede.
Ho un vizio, vero, ed quello di saper profittare vanta
giosamente delle occasioni che mi si presentano. Una occa
sione perduta una via sbagliata nel percorrere la vita.
Tu devi smettere questa musoneria, questo malinteso
sentimento di patria. Non capisci che non farai mai fortuna
se non avvicini i grandi, se non li aduli, se non ardi ai loro
piedi degli incensi e scrivi degli inni.
Assassini della patria, assassini! ripet Pierino con ira.
Silenzio, che mi comprometti, non taccorgi delle spie
che circolano? Silenzio. Cos non ci intendiamo pi e ti dico
che sei un vero fanciullone. //
Io vorrei domandarti che cosa intendi per Patria. Che
cosa questa Patria? Ti d forse da mangiare quando non
ne hai la patria? Ti paga i debiti la Patria? Ti appicica il collo
la patria allorch una sciabolata ben assestata te lo ha reciso?
Rispondimi. Tu non vuoi rispondermi? Ebbene ti rispondo

1-2. una mano] /una mano/5. abilit] ||abilit|| (grande arte)19-20.


profittare...presentano] profittare1 delle3 occasioni4 che mi5 si presentano6
vantagiosamente2.34. non vuoi rispondermi?] non |vuoi| rispondermi
( rispondi)?

Lautografo di Quiteria

io e ti dico che la parola patria per me non esiste. Chi ha


capito vedi il vero nome di patria Don Angelo Maron
gio; ti dico questo nome allorecchio destro, // perch non
minseguano le spie, e tu ti possa collocar bene nel cervello
questo nome. Dimmi! esiste patria pi bella di questa sua
casa? Guardala. Tre altissimi piani e venti grandi finestre
per ogni piano. Sotterra le cantine colme di botti di vino, di
olio, di prosciuti e di ogni ben di Dio, con mille comodit
ed appartamenti per linverno e lestate, mentre tanta mise
ra gente muore per le strade od in un tugurio puzzolente.
Moriron forse a centinaia di peste lanno passato in casa
Marongio, come avvenne nelle altre povere case? I cavalli
i cani ed i gatti sono pi ben nudriti dei poveri Sassaresi.
Ascolta da questa porta che comunica con le scuderie i ni
triti dei cavalli impazienti ed esuberanti di salute e di forza.
Anima dartista, non ti par // di vedere le casse colme di
oro, e di pietre preziose dai colori scintillanti come larco
baleno. Ma le tue dita che cosa afferrano?
Ogni anima ha le sue tendenze rispose Pierino severa
mente. Che mimporta!
Allora peggio per te! Il custode ci osserva e mi saluta.
Entriamo Mi rincresce che io dovr lasciarti fra poco.
Per ho di gi pensato a tutto, ed ho prevenuto Donna Rosa
la quale pronta perch tu faccia il ritratto. Oh! come son
carico di lavori! //
1-2. e ti dico...capito] e ti dico che la parola patria per me non esiste. (No!
no! benissimo. Allora puoi conchiudere francamente che la parola patria
non nulla, e quindi non deve esistere. La patria per me il borsellino pie
no, la patria sono le grandi soddisfazioni che si hanno dallArte, la patria
sono i baci di una bella fanciulla, sia bianca o bruna non importa, purch
conosca il vero modo di baciare.) Chi ha capito8-9. con mille...lestate]

con mille comodit ed appartamenti per linverno e lestate (Il primo


piano per linverno, il 2 per lestate)13. Sassaresi] Sassaresi (Cristia
ni)18. baleno...afferrano?] baleno. (baleno,) Ma le tue dita che cosa
afferrano? (allorch scende dal cielo a carezzare i fiori?)19-25. severamente...lavori!] severamente. || Che mimporta! Allora peggio per
te! Il custode ci osserva e mi saluta. Entriamo... Mi rincresce che io dovr
lasciarti fra poco. Per ho di gi pensato a tutto, ed ho prevenuto Donna
Rosa la quale pronta perch tu faccia il ritratto. Oh come son carico di
lavori|| (- Non lamentarti allora se resterai sempre povero e perseguitato.
Che importa! esclam Pierino. Credi tu forse che possan tutti capire

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Se Donna Rosa ti parla di me tu devi esagerare nelle lodi.


Ti permetto di dirle che io sono destinato a grandi cose, e
che lavvenire glorioso mi riservato. Far cos pure per te,
o gran distratto. A che pensi? Restiamo intesi dunque su
5 questo primo punto. Gran suoni di tromba e di tamburo
come i cava denti, purch vengano denari e gloria, ed una
qualche onorificenza sotto il colletto arricciato. Quel tito
lo ti apre molte vie, ti d glinchini di tutti glimbecilli del
mondo, che non sono pochi, e ti salva dal ricevere le scudi
10 sciate in faccia da coloro che son riusciti a rubare un ordine
cavalleresco qualsiasi18.

lintelletual godimento che deriva allanimo appassionato dallarmonia di


un alto concetto? Il pensiero solo la vita, somma ricchezza la patria e
lamore che io le ho. Entriamo. Il custode della casa salut i due giovani. S, entriamo, disse Albertuccio rivolto a Pierino Devo per farti notare
che io dovr lasciarti fra poco, dovendo dar termine ad alcuni lavori di
molta urgenza.) ||Oh! come son carico di lavori!|| Se Donna Rosa Gam
bella3. mi riservato.] ||mi riservato|| ( per me)11. cavalleresco]
/cavalleresco/
18
In questo luogo del testo corrispondente alla carta numerata nel verso
162, scritto a matita da mano verosimilmente autorale si legge: Fine parte
prima. E nel margine sinistro dallalto verso il basso: Fine parte prima e
capitolo ottavo | Parte 2 Capitolo IX 9.

Parte Seconda

Lautografo di Quiteria

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Capitolo IX
Pierino pareva non dar pi ascolto a quelle lunghe e no
iose chiacchere, e saliva lentamente le scale grandiose di
marmo ricoperte di tappetti. //
I fasci delle colonne a spire erano ancora avvolti di fiori e
di stemmi dAragona e di Sardegna. Gli stemmi cesellati e
le dorature delle lampade scintillavano al sole.
Pierino provava quasi un senso di umiliazione e di vergo
gna per lintreccio degli stemmi Sardi ed Aragonesi.
Gli pareva che stesse per commettere una cattiva azione.
Il solo pensiero che quanto prima avrebbe potuto salvare la
sua Quiteria lo rattenne dal retrocedere.
Albertuccio al contrario incedeva con passo sprezzante
e con la testa alta, con locchio che voleva sembrare consu
mato nello scrutare le malizie.
Avea un inchino pei Signori, un sorrisetto per le fante
sche, // un complimento per cortigiani, e tutto facea con fi
nezza dArte superiore a quella posta nel rotolo del disegno
che teneva in mano.
Sulle scale incontrarono una fantesca assieme ad un fan
ciullo dai capelli biondi e ricciuti fluenti sulle spalle.
La fantesca apr con calma una vetrata e consegn una
cetra al bambino, che si ferm sorridente sul pianerottolo
della scala, e fiss i grandi occhi neri in viso ai due artisti.
Donnicello Salvatorico, va in giardino a studiare, che
tua madre Donna Rosa te lo permette disse la fantesca.
Bada per di non esporti troppo al sole, n scostarti dal
sedile posto sotto il pergolato dei gelsomini. //
Questo bel fanciullo il figlio di Donna Rosa e di D.
Angelo Marongio disse Albertuccio, e fece la presenta
zione a Pierino.
1. Capitolo IX] Capitolo X7-8. cesellati...lampade] cesellati e
(fra) le dorature e i rabeschi delle lampade10. lintreccio...Aragonesi.] l (questo) intreccio ||degli stemmi Sardi ed Aragonesi|| (delle
torri con le sbarre).19. rotolo del disegno] /disegno avvolto/ rotolo
del disegno20. in mano.] in mano e scroccato da Pierino.21-22.
assieme ad un fanciullo] assieme ad (la quale teneva per mano) un fan
ciullo24. che] che (il quale)26. va] ||va|| (andate)27. tua] tua
(vostra)te] te (ve)31. e fece] e ne fece

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un vero talento sai, un genio nato appositamente per


la musica e pel canto. Per la destrezza poi che ha nel maneg
gio della spada e del fioretto non aggiungo parole. Davvero.
Un occhio pratico ed una sicurezza di botte da non teme
re avversari. Bene, bene, caro bambino mio. E qui Alber
tuccio con un crescendo continuato segu a numerare i me
riti del bambino, il quale con aria di compiacenza ascoltava.
Per il latino poi ha una vera passione.
No, no, per il latino esclam il bambino, battendo i
piedini per terra.
il suo debole disse la fantesca.
Eppure bisogna studiarlo il latino // soggiunse Pieri
no perch la lingua madre, chiave di tutte le scienze e
guida delle cose belle.
Il bimbo modesto disse Albertuccio socchiudendo
con malizia gli occhi. Il Donnicello Salvatorico conosce
benissimo il latino. un genio ripeto.
E lo carezz e lo baci, e con molta dolcezza disse: Che
bei capelli biondi, pare un cherubino. Quante rare bellezze
far impazzire quando sar pi grandicello? Dipingetelo,
caro Pierino. Questo distinto cavaliere, bambino mio bello,
ti far il ritratto come nessuno ti potr far mai, perch il
pi gran pittore dellisola nostra, il pi gentile e valente
Basta esclam Pierino indignato. Ti prego per ci
che hai di pi caro di non fare di queste presentazioni alla
Signora.
La modestia dei grandi solo. //
Pierino non rispose, attratto improvvisamente da un
raggio di sole attraverso il pergolato dei gelsomini, al quale
facean ghirlanda praticelli fioriti, che portavano profumi
melanconici allanimo suo triste.
Aveano invece carezze forti ed eccessi di volutt giovanile
per Albertuccio, il quale disse allorecchio di Pierino:
Sotto quel pergolato io commetterei un peccato.
Per chi.

2-3. maneggio] maggio9. battendo] |battendo| (pestando)15-16.


socchiudendo...occhi] socchiudendo con malizia (sprizzando) gli oc
chi18. molta dolcezza] dolcezza2 molta1

Lautografo di Quiteria

Per la madre di quel bambino, il quale ci guarda con


quegli occhi stupidissimi ed imbambolati.
Pierino prov un senso di disgusto e di compassione, e
sollev la fronte come un onesto dai muscoli di atleta e dal
cuore di leone.
Pierino disse Albertuccio quelle aiuole mi danno
lidea di tante vesti di diversi colori, lasciate l // da tante
vergini accorse ad un ignoto convegno. Non senti tu dei
profondi sospiri tra le aiuole? Guarda tu quel cipresso nel
fondo del giardino; al tronco si avviticchiano delle bianche
rose e par che lascino nel delirio dei baci delle strane parole
che restano incise sulla corteccia del nero tronco.
Osserva: su quel sedile appoggiato al cipresso, sorretto da
quattro colonnine moresche, non vedi tu sopra una rosa,
un ufficiuolo, ed un guanto nero?
Che pensi tu?
Conosci tu tutti gli enigmi dellamore?
Sei penetrato nel cuore di questa donna, perfetta artista, e
sognatrice, avida di baci sino a volerne morire?
Qual pensiero apporta nel tuo cuore quel sepolcreto di
marmo bianco ingiallito, rinvenuto fra // le rovine dellan
tica e possente citt di Padru, presso Mores.
Non una fontana, non un zampillo, n una statua pagana
rompono la claustralit di questo luogo, eppure io ti con
fesso, provo tutti i delir del peccato.
Cos Albertuccio, senza mentire, parlava a Pierino, il qua
le a poco a poco sentiva svilupparsi nellanimo non il delirio
del peccato, ma il tormento che d il sole ai fiori assetati, e il
tormento che danno i fiori ai giovani corpi quando Maggio
muore ed il cuore si apre maggiormente allamore.
I canti istessi degli uccelli uscivano dalle fronde come
voci lontane di cuori smarriti, come singhiozzi e cantilene
dietro una bara coperta di veli bianchi e di gigli.

3. compassione] compassione per quellisterico10. avviticchiano] av


viticchiano (abbracciano)14-15. rosa, un] rosa|,| ed un19. sognatrice, avida] sognatrice, avida ( sognatrice. Avida)30. ed il...allamore.] ed il cuore si apre maggiormente allamore. (e si ama Santamente.)

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Anche il cielo azzurro pareva farsi pallido a poco a poco e


mandava aliti caldi che parevano bianche carezze //
Il bimbo si conged, scese pian pianino i gradini, e come
fu nellultimo volse indietro gli occhi neri quasi immersi
nelle grandi ciglia, e disse: Voi sentitemi o maestri un
poco suonare, ma nascosti dietro gli archi, perch ho paura
molta quando suono di chi mi sta innanzi.
Ti mangiano forse questi cavalieri? Sempre cos selvag
gio tu! disse la governante. E il donnicello: S, io mi
vergogno.
La musica il privilegio delle anime timide e miti
disse Pierino.
E da una lenta onda di melodia si elev
Si19 apr una finestra gotica dai vetri istoriati e comparve
al ballatoio tra le rose, la pi bella delle rose. Disse:
Oggi festa, figliuolo, suona allegra musica. Oggi tutti
devono essere felici in questa casa. //
Il suono cess.
Donna Rosa non appena vide i due giovani, quasi per
continuare il pensiero tralasciato, disse al figlio:
Suona allegra musica per festeggiare anche i cavalieri
dellarte che sono venuti ad onorarci.
Seguita da due ancelle, corse incontro ai giovani artisti,
con le mani belle e inanellate stese mollemente.
Siate i benvenuti nella mia casa disse.
Pierino si chin umilemente. Albertuccio allora inchi
nandosi sino a baciarle quasi i sandali, esclam:
Troppo bene voi ci volete, madonna. Noi tanto non
meritiamo. Presento il mio amico
2. bianche carezze] carezze2 bianche14. quasi] /quasi/9-10. mi vergogno] mi vergogno (temo)13. da] da ( la)si elev...] si elev,
come lamento di un popolo dolente...14. apr] apr (aperse)1617. Oggi tutti...casa.] /Oggi/ tutti ( Tutti) devono essere felici oggi in
questa casa.24. mollemente.] mollemente ed accennanti che savvici
nassero.26. si chin umilemente.] si chin ma tacque senza umile
mente.26-27. inchinandosi] /in/chinandosi
19
In corrispondenza di questo luogo del testo, alla carta numerata 170
nel verso, scritto a matita da mano verosimilmente autorale, nel margine
sinistro si legge: da qui 3 Maggio.

Lautografo di Quiteria

E Pierino temendo qualche stupida frase laudatoria, se


gu tosto la presentazione, declinando il suo nome ed ag
giungendovi, dipintore. Ma lamico non volle dargliela
vinta, e poich savea fitto in testa di esser lui a lodarlo, lo
lod // con gonfiezza di frasi ed epiteti. Pierino guard negli
occhi la bella Signora, quasi dicendole: Non date retta,
madonna.
Ma senza parlare quelle due anime si compresero.
Venite, venite, disse Donna Rosa, alz essa stessa la
ricca tenda della porta, ed aspett che passassero. I due gio
vani si fermarono e la gentil dama stette a guardarli con
compiacimento per quella ammirazione che cominciavano
a dimostrare per la casa sua, cos bella e cos ricca darmi e
di stoffe e doggetti dArte. Da pertutto si vedevano sparse
a profusione sui mobili, e con una certa noncuranza, can
delabri cesellati, coppe, paci, monete, crocifissi, medaglie
saliere colme di polveri odorose, e mille altri gingilli. Anche
le finestre erano dei capilavori, e tutte recavano piccoli vetri
a forme diverse che inquadravano con leggiadrissimi fregi
// superbi vetri istoriati, dai quali andava a diffondersi per
le stanze quella luce mite e graduata, nella quale sembrava
che meglio si facessero sentire i moti dellanima e certe ma
nifestazioni dellArte.
Questo un trittico del Vidale, dipintore della chiesa di
S. Lucia di Lachesos e di Oppia disse Donna Rosa.
Io tengo molto allArte dei Sardi, e cerco sempre di acqui
stare lavori di isolani.
Guardate quanta semplicit in questo sommo. E come
non considera pi la bellezza fisica come opera del demo
nio, ma rid alla bellezza una luce tranquilla, e rende alla
maternit lomaggio. Sebbene le figure vengano disposte
simmetricamente pure si vede che lArtista ha vissuto con
le figure dipinte. Guardate quante tenerezza, quanta vivaci
1. E] e4. lo] lo (il)6. date] dategli9. alz] ed alz13-14.
e...darte] /e/di stoffe ||e doggetti dArte|| (e dArte).15-16. noncuranza, candelabri] noncuranza, fatta ad arte, candelabri17. altri gingilli]
altri ( altre) gingilli (minuterie)19. fregi] /.fregi/21. sembrava]
sembrava ( sembra)22. facessero sentire] facessero ( facciano) sen
tire dentro di noi25. di S. Lucia] |di S. Lucia|

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t che rallegra in questo viso della vergine Maria col bambi


no! // E quanto non equilibrato nella parte architettonica
e negli ornati.
Cari Maestri miei, che rapido e crudele confronto con
questaltro dipinto bizantino della Vergine. Maria diven
tata un idolo senza alcuna espressione, lunga, rigida, di ta
glio secco ed angoloso, con occhi spalancati ed immobili le
dure pupille. Pare che dalle magre guance sia per sempre
fuggito il sorriso della primavera. La pi gentil cosa di que
sto dipinto su tavola a fondo doro, la cornice, non vero,
messer Albertuccio.
Madonna, voi non isbagliate mai?
Accetto in parte il complimento. E va bene. Per con
tentarmi avrete allora eseguita nella sagoma di questo stile
il balcone trionfale, come io vi ho consigliato. Non vero?
Entriamo nellaltra stanza // che pi comoda e fresca.
E Donna Rosa alz la tenda ampia di velluto, doveran
ricamati gli stemmi dei Marongio e dei Gambella.
I due artisti entrarono, e cos pure la gentil dama seguita
dalle due ancelle.
Un levriero di forma perfetta come vide venire innanzi i
due cavalieri, si mosse dal cuscino di velluto sul quale gia
ceva, e carezz saltellante con dondol di coda i due giovani.
La signora pass la mano sul pelo nero e liscio, ed Alber
tuccio esclam meravigliato: Oh! mano, fina e pura, ma
donna. La mano di Diana. Divina infatti era quella mano,
incorniciata nella manica gialla che leggermente riflettevasi
in quella candidezza, e armonizzava i toni.
La bella donna sorrise, e tenne molto la delicata mano
sullarco // nero del levriero, e abbandon un poco con ci
vetteria la testa sulle spalle denudate insino agli omeri.
Tutta la figura cos, in quella sala dalle pareti coperte di
broccatello azzurro, pareva un cespuglio di rose fiorite.
Disse ai cavalieri: Questa la stanza dove io sogno, o

1-2. che rallegra...bambino!] /.che rallegra in questo viso della vergine


Maria col bambino!/4. miei,] /miei,/26. La mano di Diana.] |La
mano di Diana.|28. e armonizzava] e ne armonizzava30. un poco]
|un poco|

Lautografo di Quiteria

messeri, dopo le lotte, perch tutti soffriamo quaggi seb


bene Iddio ci abbia dato somma dovizia di cose.
Questo parlare scosse Pierino, come una rivelazione, e
pens che forse era il momento di far breccia in quel cuo
re, e chieder grazia per Quiteria. Credette pi conveniente
per parlarle da solo e disse:
Anche questo il colore che a me pure suscita visioni e
sogni, e mi conforta dei molti dolori.
E Donna Rosa: Quali dolori, o buon giovine, avete voi?
Se // Donna Rosa potr mitigare uno solo dei vostri dolori,
si riputer felice.
Lunga troppo la storia dolorosa dellanimo mio, Ma
donna!
Io non credevo disse con un certo risolino Albertuc
cio.
E donna Rosa: Sogni di gloria, o giovine! torti ricevuti,
dolcezze deluse? Capisco!
Ma come saccorse che il giovine voleva troppo confidarsi
o chiedere, soggiunse freddamente, quasi pentita della con
cessa liberalit: Capisco.
A Pierino non isfugg, da conoscitore delle umane espres
sioni, quel repentino cangiamento del viso, ma pur finse di
non aver capito, essendo venuto per dimandare, e si avvi
cin ad osservare nelle pareti alcune storie di Arborialsote
Kalos.
E donna Rosa: Maestro, son frammenti di pitture
dellantico Sassari, raccolte da mio padre. // Vedete in lon
tananza la Madonna del Bosco, a destra delle donne che
vanno ad attinger acqua a Pozzo di Villa in compagnia degli
Angeli, ed il tartaro Arborialsote Kalos seguito da cavalieri.
Che ingenuit di tempi e dArte, Maestro. E come curiosa
e barbara lArchitettura di quel tempio, ove ora sorge San
Nicola? Quanto progresso ha fatto lArte da quei tempi a
noi.
4. il] |il|(quel)17. dolcezze deluse? Capisco!] dolcezze deluse? Capisco!
( dolcezze deluse. Capisco.)18. saccorse] saccorse (vide)troppo confidarsi] troppo (troppo) confidarsi ( confidare)19-20. della
concessa] della ( de la) concessa (troppa)21. A Pierino] |A| Pieri
no23-24. si avvicin] si |avvicin| (finse di essere)32-33. ove...San
Nicola?] /ove/ ora /sorge/ San Nicola?

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Albertuccio impaziente che Donna Rosa non si degnasse


ancora di voler osservare il disegno del balcone trionfale
ordinatogli con molta disinvoltura e furberia, apr su dun
tavolo posto nel centro della sala, il suo disegno arrotolato
e trionfalmente esclam:
Madonna, il mio disegno come compendia il trionfo
di Don Angelo Marongio sulla casa di Arborea, cos pure
compendia il trionfo di tutti gli stili in istoria progressiva, e
sar per // Sassari lapoteosi della gloria militare e dellArte
nuova. O Madonna, voi cos gentile castellana, incoraggiate
il povero trobadore, e gettategli una rosa. Altro non chiede
il poeta.
Donna Rosa sorrise, e rispose: Grazioso ed armonico in
tutte le sue parti il disegno. Giacch non chiedete che una
rosa io ve la getter da questo balcone trionfale, quando
prontamente e bene lo avrete eseguito. Maestro, il tempo
fugge. Ho detto prontamente e bene.
Disse Albertuccio: Permettetemi chio prima di partire
vi baci la delicata mano, la quale meglio del mio scalpello
sapr ritrarre il pennello di questo sommo Artista.
Donna Rosa accompagn il giovine scultore, seguita dal
levriero. Sulla soglia disse: Io proteggo gli artisti che me
ritano, ed attendo, per gettarvi una rosa, che mi sembria
te degno. // I colori sulla tavolozza del vostro amico forse
aspettano impazienti.
E Pierino: Madonna il tempo per ammirarvi come me
ritate non mai abbastanza sufficiente. I fiori son difficili a
ritrarsi, e solo lape paziente degna dei fiori.
Donna Rosa non diede risposta ed acconsent col muover
del capo, e sorrise con quel suo riso sempre eguale ed a fior

1. degnasse] degnasse ( degnava)3-5. ordinatogli...esclam:] ordi


natogli con molta disinvoltura ||e furberia|| (ae faccia tosta b/spirito/),
apr1 il suo6 disegno7 ( i suoi disegni) arrotolato8 ( []) |su| dun ta
volo posto2 nel centro3 della4 sala5, e trionfalmente esclam9:15. da...
trionfale,] /da questo balcone trionfale,/20. ritrarre] |ritrarre| (inter
pretare)23-24. che...degno.] che mi sembriate (se mi parrete) de
gno.24. sulla tavolozza] /sulla tavolozza/27. abbastanza sufficiente.]
/abbastanza/ sufficiente abbastanza.

Lautografo di Quiteria

di labbro fatto apposta per accontentare il popolo dissan


guato, che con un sorriso si calma e dimentica la fame.
Albertuccio salut profondamente insino al suolo, e que
sto saluto piacque a Donna Rosa pi del disegno Artistico,
inquantoch glinchini profondi spesso sono preferiti dalle 5
donne sebbene accorte ed in apparenza maliziose molto. Il
saluto a Pierino apparve un sogghigno.

2. con...la fame.] con ( in) un sorriso |si calma e| dimentica |la fame|.4.
Artistico,] |Artistico,|5-6. spesso...donne] spesso sono preferiti (pia
ciono) dalle ( alle) belle donne7. a] a (per)apparve] apparve
(fu)

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Capitolo X

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La sala dove Donna Rosa dovea farsi il ritratto era ancora


ingombra di scenari e di attrezzi, per il teatrino erettovi per
solennizzare la Vittoria di Don Angelo Marongio.
Pierino in attesa che la nobil dama comparisse, sintrat
tenne a guardare alcuni libri miniati dal celebre Pietro da
Carcano, illustranti le commedie di Terenzio, una delle
quali sera rappresentata assieme ad alcune egloghe, minia
te da Venturino da Vimercate.
In questa vasta sala, ad imitazion dei grandi centri dI
spagna e dItalia, venivano ad incontrarsi tratto tratto le
persone pi serie e severe al pari che le pi allegre, le dame
di maggior avvenenza al pari che i cavalieri pi compiti, i
caratteri pi integri accanto ai cortigiani pi abbietti e alle
donne un po troppo // appassionate per le saporite novelle
di Messer Bocaccio.
Oltre le commedie, le egloghe, le tragedie, i sacri misteri,
le canzoni dei trobador, vi leggevano i notai, le rime di Pe
trarca, ed il poema di Dante imperocch a Sassari, sebbene
avesse Dominio la Corte dAragona, molto era stimato il
gentil idioma italico, ed il dialetto Sassarese istesso non era
che il Pisano di qualche secolo f un po corrotto.
Molti altri codici e libri e gingilli osserv Pierino. In un
angolo della stanza gli ferm lattenzione un tavolinetto di
palissandro in istile romanico. La base era un capitello; tra
i meandri si arrampicavano alcune figure dalle forme stra
ne. Giravano attorno alla colonna dei nastri accartocciati a
delle rose. I nastri eran bianchi contornati dOro, e porta
vano la scritta in lettere rosse: Laurea rosa, // caduta dal
prato del Paradiso nel grembo della Vergine, vi si pos: nel
decoro virginale e nel chiostro del pudore la stanza della
Vergine accoglie langelica rosa.

1. Capitolo X] ||Capitolo X|| (Capitolo XI)9. rappresentata]

rappresentata (data)19. rime] rime (canzoni)22. istesso] /istes


so/23. il Pisano...corrotto.] il (un corrotto) Pisano |di qualche secolo
f /un po/ corrotto|.24. gingilli] gingilli (minuterie)27-28. strane]
|strane| (selvagge)

Lautografo di Quiteria

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Sul tavolinetto, accanto ad un gran mazzo di rose, posa


va un libro di versi di Laurentius Gambella, miniati gi da
tempo da Pierino. Il giovine innamorato Lorenzo Gambel
la, ad imitazione di Peire de Corbiac, intra bels rais quan
solelha per la fenestra veirina aveva scritto alla cara cugina 5
unode in lingua Sarda. Mentre Pierino leggeva lode:
Su sole su manzanu
Intrat dae su balcone
e tue sa bianca manu
entr la bella dama simile al bel raggio quando splende il
sole per la finestra a vetri.
Disse la bella dama: Come vedete maestro, io vi tenevo
gi fra le mie cose care, sebbene ancora non vi conoscessi di
presenza. // Con le vostre miniature avete splendidamente
interpretato il cuore ed i versi del poeta.
Madonna, troppo buona voi siete; e i versi del mio ami
co Lorenzo Gambella, son degni di pi perfetto e grande
Artista che io non sia.
Sebbene voi siate cos modesto, molto io vi stimo, o
artista. Ecco la carbonella, e se credete, potete incominciare
il mio ritratto. Io son pronta.
Ed io sono ai vostri ordini sempre rispose Pierino,
pigliando la carbonella dalle mani della Signora.
Donna Rosa si guard di sottecchi dentro un piccolo
specchio appeso alla parete. Un sorriso di compiacenza
pass rapidamente sul bel viso della dama.
Disse Pierino ammirando: Madonna, giacch possia
mo cominciare la prima posa, vi domando il permesso di
abbassare alquanto questa tenda. // Avrete ora la bont di
sedervi qui. Questo sfondo oscuro della porta di noce, far
1-2. posava] posava ( piegava)3-4. Lorenzo Gambella] /Lorenzo
Gambella/5. aveva scritto] ||aveva scritto|| scriveva6. lode:] lo
de9. balcone] balcone ( barcone)12. entr] Entr18. e] e (
ed)20. sia] mi sia23. Io son pronta.] Io son pronta. |Ecco qui la
tela ed i colori.|24. sempre] sempre pronto27. di compiacenza] di

compiacenza (di trionfo e contentezza)31-32. di sedervi qui.] di ||se


dervi qui|| (collocarvi qui seduta.)

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pi spiccare la eleganza del vostro abito, di molto buon gu


sto per larmonia che d al vostro colorito bellissimo.
Donna Rosa sorrise di compiacimento pel piccolo accen
no di galanteria, e prima di posare cerc di aggiustarsi le
pieghe dellabito. Maestro, disse io curo di attenermi
ad un principio dArte infusomi da un mio maestro di di
segno, Nicol De Vidalis, il quale nello studio delle pieghe
poneva somma diligenza e spirito, col cercare di compie
garle e muoverle sempre secondo la natura di chi dovea ri
trarre, perch anche gli abiti secondano nelle loro movenze
i caratteri umani. Dico bene, Maestro? Ora badate, queste
pieghe cos pesanti e severe mal si adattano allindole mia
sincera e piena di vitalit, innamorata del bello pi che dei
nuovi cannoni. //
Pierino allora si chin alquanto per disporre le pieghe se
condo intendimento, col cercare per di secondare i casuali
movimenti, che spesso sono pi maestri di qualunque arti
sta, inquantoch sono lanima che si muove e che d forma
ed espressione naturale.
Donna Rosa prov un sussulto nervoso e si scosse un
poco.
Mossa fatta a meraviglia disse Pierino, dimenticando
in quel vago ragionamento con larte tutti i suoi dolori.
Ora sta bene disse.
Si tolse con delicatezza i guanti che colloc nella borsa di
velluto che pendevagli al fianco.
Con la carbonella in mano stette un poco a contemplare
la linea generale, cercando di scorgere e rubare dalle mosse
dombra il vero carattere del ritratto20.
1-2. buon...larmonia] buon gusto /nel colore/ per larmonia2. al...
bellissimo] al ( alle) ||vostro colorito|| (carni) bellissimo ( bellissi
me)10. perch] perch (imperocch)12. pesanti] pesanti (accar
tocciate)13-14. dei nuovi cannoni.] .dei nuovi cannoni. (delle nuove
artiglierie.)17-18. qualunque artista] ||qualunque artista|| (ogni al
tro)19. naturale] naturale ( naturalmente)23. dolori.] dolori|.| e
lalto25. Si] e Si ( si)colloc] ||colloc|| (ripose)28. rubare]
di rubare
20
In corrispondenza di questo luogo del testo, sul margine sinistro del
manoscritto, scritto a matita verosimilmente da mano autorale, si legge:
12 Maggio da qui pel 87 10.

Lautografo di Quiteria

Il sole gi alto parve un momento velarsi, in modo che la


luce si diffuse quasi uniforme // facendo somigliare la bella
testa ad una immagine colorita da Giotto.
Pierino senza dir parola stette in attesa che la luce ripren
desse la sua forza e costanza, perch con leffetto potesse
ritrovare la vera e pura essenza della espressione.
Permettete che io sollevi alquanto la testa e respiri un
poco disse Donna Rosa.
La troppa immobilit materiale, Madonna, nuoce al
vero spirito dellArte. Altre cose che non siano la cruda so
miglianza, io vado cercando in voi.
E che cercate?
Lanima vostra io cerco, come uno scienziato che inve
stiga la natural composizione delle cose.
Troppo voi cercate, pittore. Chi sa leggere mai dentro
un cuore. E credete voi di aver letto dentro un cuore di fem
mina, quando lavete // per lungo tempo interrogato, e que
sta donna vi ha fatto soffrire molto o godere?
Mai, mai, riuscirete a conoscere i segreti tutti dellanimo
duna donna, le lotte, i continui travagli le umiliazioni con
se stessa, le finzioni, i capricci.
Io credo di avervi capita, nella profonda espressione de
gli occhi disse Pierino, sfumando i tratti della carbonella
segnati sopra la tela.
E Donna Rosa: Sar tutto merito vostro, questo, ed io
ne godr, come godo dalle letture delle Georghiche di Vir
gilio, come miele dolci.
A tanto artista io non potr mai paragonarmi, pi che
perfetto, Divino, disse il giovine. E fece un elogio del
grande poeta, e recit dei versi con cadenza.
La bella donna ascoltava dimentica della materialit del
posare.
Vi fu un poco di silenzio. //
6. espressione.] espressione spiritualizzata.16. dentro un cuore]
dentro ||unani|| un cuore17. interrogato] interrogato ( inter
rogata)23-24. sfumando...segnati] sfumando i tratti della (con le
dita la) carbonella segnati ( segnata)25. E Donna Rosa] ||E Donna
Rosa||26. come godo] come |godo| (dall)29. giovine.] giovine arti
sta.30. recit...cadenza.] recit cadenzandoli dei versi /con cadenza/.

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La mano di Pierino correva con rapidit a ritrarre la pura


linea della fronte, adombrata dai capelli nerissimi che scen
devano annodati in piccole treccie sulle tempie tra fili bian
chi di perle.
Poi si ferm a sommo del fino naso greco, con le narici
alquanto dilatate e quasi assorbenti segrete volutt. Garo
fano parea tra i mughetti la bocca piccolina, adombrata da
sottilissima peluria che maggior risalto dava al bianco della
carne. Il mento rotondetto pareva frutto proibito e sugoso,
e spesso con bella movenza si poggiava sul collo come neve
bianca.
Un profumo sottile pareva uscire dal seno fattu di sangu
e di latti, fatto di sangue e di latte, come cantava in versi
sassaresi in onori di la beddissima Signora, muglieri di lu
gran Capitanu D. Agnilu Marongiu, il poeta Sassarese Mi
chele de Fenu.
Pierino seguiva in silenzio il disegno.
La bella donna sospirava, e pareva // dimandare col solo
muover delle pupille: Son bella? tutta bella sono io dun
que? Ma Pierino seguiva a disegnare in silenzio.
Tratto tratto giungevano lenti suoni di cetra, simili a la
menti.
Questa musica piange e mi fa male al cuore disse D.
Rosa.
Io voglio, Maestro, che il mio ritratto sorrida e cor
se al balcone e disse al figliuolo: Taci, bambino mio con
questa musica dolorosa. Rallegrane un po Mi hai messo
il malumore.
Il Donnicello Salvatorico usc da sotto il pergolato e disse:
Mamma! pensavo alle lezioni di latino che non ho an
cora studiato, e che Monsen De Castro mi domander.
Bella risposta esclam Pierino.
Donna Rosa sorrise, e disse al figliuolo: Se cos lascia
di suonare, figlio mio, e studia il latino. //

1. a ritrarre] a ( ad) ritrarre (afferrare)19. pupille:] pupille.2122. lenti...lamenti] ||lenti suoni|| (ondate sonore) di cetra, con lamenti
simili ||a lamenti|| (al dolore di molte genti).25. sorrida] sorrida.30.
pensavo] pensava33. sorrise...al] sorrise|,| al e disse al

Lautografo di Quiteria

No, mamma, suoner cose allegre per contentarti ed


entr sotto il pergolato dei gelsomini.
Una fioritura di note allegre come di uccelletti scherzanti
sal per laria.
Cos va bene. Che ne dite, maestro, di questo mio fi
gliuolo!
Racchiude una bellanima di artista, madonna, e deve
sentir molto ed altamente come voi.
Donna Rosa sorrise di compiacimento, e si sedette per
posar di nuovo.
Permesso disse Pierino, avvicinandosi, e le compose
con bellatto le pieghe della ricca sottana.
Le note ora parevan dunarpa appoggiate sui toni alti.
Donna Rosa disse: Maestro, vi piacerebbe di dar delle
lezioni di disegno al mio figlio?
Troppa bont. Dimenticherei, nel trasfondere parte di
me, i molti dolori del mio animo per un angiolo.
Sareste innamorato? Gi gli artisti! //
S, io amo.
E perch non cercate di possedere questa fanciulla? Son
sicuro che nessuno rifiuter la mano di un giovine colto ed
onesto come siete voi.
Madonna, molto mi ama la fanciulla.
Ed allora sposatela.
Non posso.
Se vi sono ostacoli dipendenti dal padre o dalla madre,
apritemi lanimo vostro. Io potrei porre una buona paro
la per aiutarvi. Chi dunque questa bella ragazza, che tale
devessere. Chi ?!
Una piccola nube offusc la fronte a Pierino il quale
prendeva tempo fingendo di disporre i colori che toglieva
da piccole vessichette.
1. contentarti] contentarti.3. di uccelletti] /di/ uccelletti13. dunarpa] dunarpa (darpa)18. innamorato?...artisti!...] innamorato|?| Gi
gli artisti|!...|26. ostacoli] ostacoli (inciampi)27. apritemi...vostro.] apritemi lanimo vostro. (perch non vi fidate /di me/?)30-32.
Una...vessichette.] Ma Pierino parve a donna Rosa non volesse sentire.
Una piccola nube le offusc la fronte || a Pierino il quale prendeva tempo
fingendo di disporre i colori|| (serena, ed alquanto piena di risentimento,

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Quandebbe fatto questo studi larmonia generale del


colore con rapide occhiate, quindi intinse un pennello //
nellocria mescolandovi con la spatola della biacca e della
terra rossa. Trasfuse su tutte la parti in ombra con molta
sodezza questimpasto di colore, pennelleggiando nervo
samente e spedito. Suo sistema era quello di segnare anzi
tutto le parti rilevate dalle masse oscure.
Pierino con la tavolozza nella sinistra, poggiato sul posa
mano, non dava ad altri ascolto che allarte sua, dalla quale
dovea come magica cosa venir fuori quel viso di donna am
biziosa molto ma non cattiva, vana, voluttuosa, onesta, affe
zionata ed indifferente, superba e scaltra, ingenua e crudele,
timida ed ardita, classica nel pallore quasi marmoreo, e con
subitanei scatti di colore che faceano impazzire locchio pi
esperto dArtista.
Pens Pierino: Qui ci vuole molta semplicit, senza vana
pompa e sfarzo di tinte. Infatti sfuggiva // ogni lenocinio
con isdegno, e con larghe pennellate, spesso servendosi
della spatola. Il viso di Pierino si animava e lampi di genio
parean trascorrere su quella fronte.
Donna Rosa assorta in vaga contemplazione lo ammira
va.
Ben fortunata e felice sar la fanciulla che potr amarvi
disse.
Quella frase fer improvvisamente il cuore dellArtista
che dimenticava per pochi istanti gli spasimi dellanima.
Ma il povero Pierino cap che quello era il momento di
aprir tutto lanimo suo. Eppoi Perch era egli venuto?
Non certo per fare il ritratto ed ottener lodi e compensi.
Ogni ritardo poteva riuscire fatale; duopo era quindi di far
sapere sinceramente ogni cosa alla gentil donna, la quale
pareva volesse interessarsi dei suoi cosi. //
Donna Rosa sollev alquanto la testa e con malizia disse:
Ma, Maestro, gi tre volte che io vi chiedo il nome
guard con atto superbo il giovine mastro, il quale preparavasi la tavoloz
za disponendo i colori) che toglieva da piccole vessichette.4. Trasfuse
su tutte] Trasfuse questimpasto su tutte9. altri] altri ( altra)28.
venuto] venuto l?29. certo] ||certo||30. riuscire fatale] riuscire
(apoteva bessere) fatale32. dei suoi cosi] |dei suoi cosi|

Lautografo di Quiteria

della fanciulla vostra. Par quasi che non abbiate fiducia in


me. Questo mi dispiace Maestro!
La curiosit vinceva quella donna.
Chi questa fanciulla che io amo, e voi volete saperlo,
Madonna disse Pierino accentuando quasi le sillabe.
S.
Questa fanciulla Quiteria, la figlia di Leonardo Ala
gon, Marchese di Oristano.
Un fulmine non poteva produrre pi impressione sulla
nimo di Donna Rosa Gambella.
Si sollev di scatto, con i pugni stretti, e gli occhi fatti
terribili
- Quella mala razza grid. // Non possibile, no, no.
Pierino si butt ai piedi di quella donna, e singhiozzando
cerc di afferrarle le mani.
Ma la donna lo respinse, e toccato un chiodo invisibile
della parete, scomparve dietro una porta segreta apertasi
improvvisamente.
Madonna! Madonna! invoc Pierino, tra lumiliazio
ne e la rabbia di vedersi cos respinto.
Madonna! grid disperatamente, e cadde al suolo.
Tetre immagini, od repressi, voci lontane di lamento
quasi uscenti dal fondo di una caverna lontana, passavano
in quel povero cervello delirante. Quasi febbricitante, fece
uno sforzo, e si drizz, e tremando and ad appoggiarsi al
seggiolone dove erasi seduta quella donna. Un odore di vio
la e // di gagga si sprigion al contatto delle sue mani dalla
peluria del velluto.
Che cosa questo odore dimand.
Ed inconsciamente si soffreg gli occhi con la destra,
quasi per richiamare un pensiero. E guardava, con le pu
pille ancor velate di lacrime, cercando di poter avere una
esatta sensazione di tutto ci che lo circondava. Le cose
come uscenti dal fondo di una voragine, si ripresentavano
con guizzi repentini, simili alle immagini viste attraverso
alle onde mugghianti.

16. e toccato un chiodo] e chiusagli e toccato ( toccata) un chiodo30.


soffreg] soffreg ( sfreg)36. alle] |al|le

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Pierino con forza di energia cerc di rientrare in se stesso.


Le cose tutte che lo circondavano ripresentandosi nel loro
vero essere, assumevano un aspetto tetro e desolante.
Il ritratto abbozzato sorrideva sinistramente. I pennelli
eran // buttati per terra come tanti fiori dai lunghi gambi.
Pierino congiunse le mani e stette un poco fermo ed im
mobile innanzi al cavalletto. Poi afferr la tavolozza, raccol
se i pennelli, e segn pi duramente alcune linee.
Rosa Gambella! tho indovinato disse. Ecco il tuo
viso vero, ecco il tuo cuore, in questo capolavoro di testa
abbozzata appena, ma che nessun grande artista potr mai
sentire pi perfettamente.
Indi al posto della firma fece una , simile ad un pugnale
che penetri in cuore.
Dopo non molto comparve un cavaliero con un cuscino
rosso in mano, sul quale era il cappello piumato di Pierino.
Accanto posava un artistico cofanetto dargento. //
Disse il cavaliero: Illustre maestro, la mia gentil signora
questo a voi regala per lOpera vostra gi finita.
Pierino prese il suo cappello dal cuscino e vi lasci lo scri
gnetto.
Dite alla vostra gentil Signora esclam, che tramuti
in oro il dono per delle messe da morto.
Sono ambasciatore disse il cavaliero chinandosi.
Pierino salut ed usc dalla porticina segreta apertasi
dun subito. Scese per una scala a chiocciola. Arrivato nel
fondo gli apparve una nicchia con dentro una madonna col
bambino rozzamente scolpita. Innanzi eravi una lampada
accesa. Madonna Santa del Bosco Pregade pro nois era
scritto ai piedi della Vergine.
Una porta nera di legno e quasi corrosa dal tempo, con
un // grosso saliscendi di legno, era collocata quasi accanto
alla nicchia. Pierino apr quella porta primitiva.
Come per incanto gli si appresent una stanza simile nel
lo stile alle architetture pisane. Le pareti eran ricoperte di

5. come tanti fiori dai lunghi gambi] come1 tanti2 fiori calpestati6 dai3
lunghi4 gambi5 sui quali fosse []14. in cuore] |in cuore|17. posava] posava (eravi)25. segreta] /segreta/

Lautografo di Quiteria

cuoio, ed attorno attorno eranvi delle cassapanche con ra


beschi fra gli archetti e le colonnine intagliate.
Due lanterne con vetri colorati pendevano dalle spaven
tose bocche di draghi alati infissi agli angoli.
Vicino alla porta duscita eravi una buca con sotto una
cassetta nella quale era scritto in rosso: Corrispondenza
segreta per la salvezza del Re.
Sopra la buca era dipinto lo stemma dAragona, intrec
ciato a piccoli stemmi di Sardegna, di Sassari e dArborea. //
Una lettera compiegata, con tre suggelli neri cadde nella
cassetta.
Si sent tosto in istrada allontanarsi un passo pesante,
come di chi cammina con le gruccie di legno sui ciottoli.
Una guardia, con lo stemma dAragona in petto, disse a
Pierino:
Messere uscite?
Pierino con la testa accenn, ed il soldato aperse la porta
chiusa a doppio catenaccio.
Come Pierino fu in istrada, vide seduto sotto il porticato
dirimpetto laccattone di Santa Maria, il quale parlava con
Gavino Puliga. Il capitano teneva per la destra il suo nipo
tino Tito Puliga. Pierino colse a volo questo frammento di
conversazione. Diceva il Boia: Appena fra Carmine arri
ver dalla cavalcata Allontanate questo bambino che pu
capire. Il bambino si allontan. Vostro fratello Mauro
e Quiteria saranno impiccati la stessa notte a due forche in
economia. //
Albertuccio Casena, con le braccia aperte mosse incontro
a Pierino.
Oh carissimo amico mio esclam ora tu hai fatto
la fortuna tua e potr chiamarti anche da oggi il Cavalier
Pierino. Lascia che ti baci, io umile mortale.
Sole, oscurati, nuvole dense e nere copritemi tutto,
9. Sardegna,] Sardegna e ( Sardegna e)12. sent] sentiallontanarsi un] |allontanarsi un|19-20. fu in istrada...dirimpetto] fu in istrada
(carrera), sotto3 il porticato4 dirimpetto5 ( []) vide1 seduto223. Diceva il Boia:] ||Diceva|| Il Boia.25. Il bambino si allontan.] |Il bambi
no si allontan.|26-27. impiccati...economia.] /.impiccati la stessa notte
|a due forche in economia|./

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POMPEO CALVIA

chio pi non veda n oda. Rugg lanimo di Pierino. Ma


non disse parola, perch la sua lingua era inchiodata come
le membra del Titano, e troppo avean permesso i numi ed il
sole istesso dolorosamente schernendolo.
5
Tito, il biondo e pallido fanciullo, con gli occhi di spe
ranza quale una colomba, fu pi pronto di Albertuccio a
gettarsi fra le braccia tremanti di Pierino.
Quel bacio innocente fu come la stella di rugiada sulle
erbe e sui boccioli gi pronti ad appassire.
10
Cavaliere sghignazz Albertuccio col cappello piu
mato in mano lasciate che anchio vabbracci.
Oh! canaglia pronunzi Pierino acceso di rabbia, ri
volto ad Albertuccio, il quale con molta calma rispose:
Perch tadiri? se non oggi lavrai un altro giorno la cro
15 ce, caballero illustrissimo!
E si chin sino a terra sorridente col cappello piumato
in mano.

1. Rugg] Ruggi14. tadiri] tadiri tarrabbi tarrabbi15-17. illustrissimo!...in mano.] |illustrissimo|! /.E si chin sino a terra sorridente col
cappello piumato in mano./

Lautografo di Quiteria

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Capitolo XI
Cos ti disse? esclam Donna Rosa.
S mia nobile padrona!
Dov il bimbo?
Non so!
Come non sai? Non sai dov mio figlio. Presto, cercalo,
lo voglio qui subito.
Donna Rosa si affacci al balcone e chiam Salvatori
co ma il fanciullo non rispose. Allora impaziente apr la
porta, e pronunzi pi volte ad alta voce il nome del figlio.
In un rapido succedersi dimmagini le pareva di esser stata
crudele, anche vile. Rivedeva quei poveri bambini distesi
in prigione nella nuda paglia, sentiva punture come dacuti
spilli per tutta la persona, e quelle punture erano le paro
le dolorose, i lamenti di una infelice giovinetta. Qual male
aveano fatto alla sua casa quei poveri innocenti? // Ricorda
va che uno di quei bambini disteso sul carro a buoi, e legato
come un assassino, le avea fissato negli occhi le nere pupille,
simili a quelle del suo figlio. Un fantasima nero le turbin
vorticosamente. Vide il suo figliuolo disteso per terra, ago
nizzante, fissarlo con le pupille nere simili a quelle del bam
bino incatenato. Pass la mano sugli occhi per discacciarne
il terribile mostro.
Salvatorico, Salvatorico dove sei.
Il bambino comparve con un libro in mano.
Figlio mio, figlio mio grid piangendo la madre, get
tandosi nelle braccia del bambino, e non cessando di ba
ciarlo e carezzarlo.

8. lo voglio qui subito] ||lo voglio qui subito|| (chiamalo).11. e pronunzi...figlio.] ||e pronunzi pi volte ad alta voce il nome del figlio.||
(e si diede a chiamare ad alta voce.)14-15. sentiva...persona] sentiva1
||punture come dacuti spilli|| (come da spille arroventate) punture /
per/ su tutta2 la persona316. infelice giovinetta.] ||infelice (povera)
giovinetta|| (vergine).19. fissato negli occhi le nere pupille] fissato
||negli (sui suoi) occhi|| (nelle pupille) le sue nere pupille20-21. Un
fantasima nero le turbin vorticosamente.] Un fantasima nero con un
mantello di sangue e un pugnale, come ( simile ad) una (una) spirale,
le turbin vorticosamente.24. mostro] mostro (fantasima)

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POMPEO CALVIA

Come ti voglio bene!


Mamma! disse il donnicello, un po sorpreso da tutte
quelle carezze improvvise, e quasi cercando di approffitar
ne. Mamma! // Oggi io non ho voglia di studiare il lati
5 no. Fammi uscire un po per Sassari.
Usciremo assieme pi tardi. Ora rimani con me, con
me sola.
E lo carezzava, e non cessava di contemplarlo.
La maternit riprendeva i suoi dritti su tutte le mondane
10 vanit.
Il figlio suo Salvatorico era la unica consolazione.
Ma quella frase che il cameriere lugubremente aveale
riferito, tornava con insistenza a far capolino nel suo cer
vello, ed essa ne tremava come dun fatto che realmente
15 dovesse accadere.
Quellanima superba, ambiziosa, che non credeva per
raffinatezza di educazione a molte cose sciocche rivestite
dal terrore infernale dei ciurmatori, ora veniva terrorizzata
dalle superstizioni volgari, e da una sciocca bestemmia:
20

Convertitelo in oro per tante messe da morto. //

Donna Rosa ripet la frase quasi scandendola come un


esametro.
25
E ci trov infine la musicalit e si persuase che non vi era
da impaurirsene affatto.
La frase era vaga, anzi religiosa. Eppoi, avea forse fat
to nomi o specificato, quel povero innamorato, vestito di
bianco come uno sposo, con una faccia bella e serena come
30 un Arcangelo, e le mani piccinine e delicate come quelle
duna bambina.
Pazza! Pazza! chio sono esclam Donna Rosa, sorri

9-10. le mondane vanit] le vanit2, |mondane|1 (le mondanit)11. Il


figlio...era] Salvatorico2, il figlio1 ||suo|| (suo) era318-19. ora veniva...
bestemmia:] ora ||veniva terrorizzata|| (credeva) dalle ( alle) supersti
zioni volgari, e da una sciocca (dalle) bestemmia ( bestemmie).2324. come un esametro.] come un verso esametro.32. Pazza! Pazza!]
||Pazza! Pazza!|| (Matta! matta!)

Lautografo di Quiteria

dendo, e col bimbo per mano corse nella stanza del ritratto
per rallegrarsi coi colori.
La stanza pareva risentire ancora di tutta la nervosit di
quellora artistica, in quel pallore che avvolgeva le cose. In
un canto, alcune borchie scintillanti le davano la sensazione
di occhi penetranti che la // scrutassero.
Non mai come in quellora avea sentito la presenza ter
rorizzante dellignoto, di esseri misteriosi che come il soffio
pareano trascorrere.
Si adagi un poco.
Non avea n meno la forza n la curiosit di guardare il
suo ritratto.
Solo il bimbo sera avvicinato al cavalletto ed osservava.
Donna Rosa si lev da sedere, ed a grandi passi, sempre pi
scostandosi dal dipinto, percorse tutta la stanza.
Ma perch in ogni luccicho di mobile, in ogni vetro, nel
le terrecotte verniciate, nei candelieri, dovea rivedere quegli
occhi neri che la perseguitavano con insistenza, come la vi
sione duno spettro?
Nascose per un poco la testa tra // le ampie pieghe duna
cortina, ma la visione in quelloscurit le si present pi in
tensa, e mille e mille pareano gli occhi neri scrutatori come
le celle di un alveare.
Ma io sono proprio pazza esclam al fine, e scoppi
in un riso convulso, ed apr tutte le finestre, cercando di far
cessare quella mite luce causa di tanti terrori.
Sentiva che avea bisogno di luce sfacciata e daria, per
allontanare quella visione, opera forse del diavolo. Senza
farsi scorgere dal bimbo, quasi fingendo di toccarsi, pos la

11. meno] meno (manco)il] ||il|| (quel)15. percorse] percor


se ( si diede a percorrere)21. le] le ( gli)22-23. come...alveare]
/moltiplicandosi/ come /le celle di/ un alveare24. pazza] |pazza|
(matta)25. ed apr] ed apr (aprendo)25-26. finestre...terrori.]
finestre|,| cercando di far cessare quella mite luce causa di tanti terrori.
(ed avvolgendo la stanza in una luce sfacciata.)27. luce sfacciata] luce
/sfacciata/

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POMPEO CALVIA

mano destra sulla fronte, sul petto, sulla spalla sinistra, sulla
spalla destra, facendosi il segno della Santa .
Il bimbo pareva sempre intento a guardare il ritratto e
non diceva parola.
Hai visto disse la madre. //
S, mamma! ma mi fai paura ora che ti guardo. Il ritrat
to e tu in questo momento somigliate perfettamente. Mam
ma, perch ti sei fatta ritrarre cos, perch ora sei come il
ritratto? Che hai, mamma21, mi fai male a guardarti! Tu non
hai pi quel viso bello e calmo. Tu non mi vuoi sorridere.
Che hai? di dimmi che hai? Tu mi fai piangere mamma!
Mi sentivo un po male oggi, figlio mio, un po di mal
di testa, passer.
Osserva, che fisonomia tha fatto quel pittore! disse il
bimbo cercando di farla avvicinare, ma Donna Rosa pro
vava una vera ripulsione a guardare quel dipinto. Volse gli
occhi innanzi al sole, tutto luce ed abbagliante, ricercan
dovi una nota gaia che la innondasse e togliesse da quelle
maligne tenebre. Ed il sole infatti cos vivo, cos caldo, tra
sformava tutto, con allegri luccich sulle coppe di cristal
lo, sui marmi, sulle argenterie, // sui grandiosi drappi che
adornavano il teatrino, sorretti da cordoni e gallone di oro
e dargento. Sulle molte sedie intagliate, sui ninnoli, su tutto
scherzava ed animava gli angoletti pi oscuri quasi come
un fanciullo biricchino che voglia veder tutto, che voglia
frugare per istinto su le cose pi gelose, e saziare la curiosit
col timore che presto venga sorpreso.

2-3. della Santa...Il bimbo] della Santa . La visione scomparve. Il


bimbo14-15. disse...ma] ||disse il bimbo cercando di farla avvicinare,
ma||17-19. ricercandovi...tenebre.] ricercandovi una nota gaia ( ga
iezza) sfacciata che la innondasse ||e togliesse|| (e la togliesse) da quelle
maligne tenebre. ( quel maligno tenebrore)26. la curiosit] /la curio
sit/27. venga sorpreso.] venga (verr) sorpreso, e gli si chiuderanno
le porte.
21
In corrispondenza di questo luogo del testo, sul margine sinistro e destro
del manoscritto, sul recto della carta numerata 208 (sesto rigo a partire
dallalto), scritto a matita da mano verosimilmente autorale, si legge, a de
stra: da qui; a sinistra: pel 1 Giugno.

Lautografo di Quiteria

Guarda, mamma, guarda! disse con insistenza il bim


bo, e prese la madre per le mani, e la trasport innanzi al
quadro.
Miserere di me! esclam Donna Rosa.
La croce rossa segnata da Pierino come firma nellangolo
del quadro, le parve che singrandisse, e non vide che una
croce rossa su tutta quella tela. Prese allora la tela, temendo
di guardarla e lappoggi al muro col dipinto verso la pa
rete. Serr il cavalletto, rinchiuse i colori e la tavolozza //
nella cassetta, dispiacendole di sentire quellodore pieno di
ricordi e di tetre impressioni.
Quel pittore cattivo disse il Donnicello mi ha fat
to una mamma cattiva. Tu sei buona, tu sei bella, mamma.
Mamma buona! ed il bimbo si diede a baciucchiare il viso
materno, a carezzarne le delicate e vellutate mani, quelle
mani che aveano candori e trasparenze dalabastro, e colori
gentili come foglie di rosa sparse in una conca di latte.
Un leggiero venticello entr nella stanza, con profumi di
fiori e canti di rondini.
Salvatorico disse la madre carezzandolo. Non dire a
nessuno che mi sono fatta ritrarre.
Nemmeno al babbo, mamma!
A nessuno devi dirlo! me lo prometti?
S mamma! tu vuoi far vedere al babbo un ritratto bello.
//
S zitto e Donna Rosa appoggi lindice sulle labbra.
Il bimbo, superbo di quel segreto che gli si affidava, si sof
freg le mani, e sorridente accenn di s con la testina.
La mamma, senza dir parola, lo trasse con dolcezza verso
la porta, e presolo per mano lo fece scendere per i gradini
della scala a chiocciola.

1. Guarda] Guarda (Vieni)disse] disse (riprese)2. mani] mani


nuovamente7-8. la tela... lappoggi] la tela, |temendo di| (senza
volerla) guardarla ( guardare) /e/ lappoggi19. canti di rondini] canti (ciaramelli) di rondini fra canzoni e cinguett.30. lo] lo
(gli)per] /per/

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POMPEO CALVIA

Le pietre riscaldate avvolgevano lambiente in un dolce


tepore, fra quelle tinte tranquille e dorate che tanto piace
vano a Messer Bussetto, su pei fregi delle sue Architetture.
Nel fondo la lampada ardeva ancora in dolce mitezza di
raggio, e pareva chiamare alla pace come una stella il pove
ro e smarrito pellegrino.
Il tuo piede sia leggiero come lalito, perch tu vai dov
Maria pensava // la donna nello scendere, simile ad un
lungo stelo dov in cima un fiore, come si vedea nei capi
telli.
Il bimbo anche scendeva piano e imitando la madre nel
ritmo del passo imitava anche lattitudine di quei fregi pri
mitivi, dove erano scolpiti gli angioli oranti appoggiati alle
grandi ali.
Un ufficiolo rosso, piccolino, era posto sullappoggiatoio,
ricoperto di una stofa nera senza ricami. La pagina aperta
era scritta dal suo cugino Laurentius Gambella, che lama
va.
Donna Rosa prese il libriccino tra le mani e lesse a voce
alta. Il bimbo inginocchiato accanto a lei ripeteva i versi tra
dotti in dialetto Sassarese //
Ave Maria

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Deu ti salvia, o Maria, piena daffettu,



Piena di grazia e piena dumilthai.

Benedettu lu fruttu i lu to pettu,

E lu latti purissimu chi dai.
Prega pal ca tadora ingiunicciaddu,

E prega pa lu pobaru e linnuzenti

Pa lu debili afflittu e lu putenti,

Eddu puru infilizi e tribuladu.
Prega pal ca senza cummit fura

Piggia la fronti sotta la turthura,

Mamma di cariddai,

E mamma dumilthai!
8. la donna] lanima la ( della) donna11. piano e] piano e ( pia
no,)15. posto] ||posto|| (aperto)20. inginocchiato accanto a lei]
inginocchiatole accanto /a lei/30. pobaru] pobaru (malu)

Lautografo di Quiteria

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Saivedizi da dugna mala sorthi,



Abani e sempri e illora di la morthi22.
La preghiera pronunziata con voce sommessa saliva
come una nuvola fra gli Archetti della volta, e la Madonna
del bosco, che molte centinaia danni prima era stata ado
rata in S. Nicola come un amante, tra le lotte e le barbarie
dei secoli, pareva ora dolcemente sorridere. Bella era la pre
ghiera, n mai era uscita cos intensa, cos vera, dal cuore di
quella donna, troppo felice, troppo ammirata, per ricordar
si che la preghiera dovea essere come il rifugio di un cuore
sconsolato, a Maria sola
Si d amore solo ai sofferenti, si d pane solo agli affa
mati
Dentro un capitello posto in alto, svuotato come un va
setto, eran stati seminati degli arrampicanti.
Ma i fili invece di arrampicarsi eran piovuti, con delle
foglioline // di un verde pallidissimo, perch prive di luce.
Quei fili davan lidea di tante lacrime in fiore, l raccolte.
Forse lacrime di altra gente chera passata, avvolta di pelli
e dorbace, con le picche alte, i capelli lunghi e pioventi im
pregnati dodore di selva, e gli occhi barbaramente lucidi e
grandi.
E passando ruggivan disperatamente col vento come le
quercie, col nome di Tattari negli inni di guerra.
5. della volta] /della volta/25. col nome di Tattari] col ( con) /nome
di/ ||Tattari|| Tatari
22
Dio ti salvi, o Maria, piena daffetto, / Piena di grazia e piena dumilt.
/ Benedetto il frutto nel tuo petto, / E il latte purissimo che dai. / Prega per
chi ti adora inginocchiato, / E prega per il povero e linnocente / Per il de
bole afflitto e il potente, / Lui pure infelice e tribolato. / Prega per chi senza
commettere furto / Piega la fronte sotto la tortura, / Mamma di carit, / E
mamma dumilt! / Salvateci da ogni mala sorte, / Ora e sempre nellora
della morte. Nella parte inferiore della carta numerata nel verso 213, si
trova realizzato a penna, con inchiostro nero e da mano verosimilmente
autorale, un disegno raffigurante la facciata di una chiesetta cimiteriale,
sormontato dalla testa di un cherubino (o puttino), in maest, sostenuta
da due ali spiegate. Fa da cornice un ornamento floreale. Accanto al dise
gno la scritta: disegno (fac simile da Diego Cano). La poesia, cassata in
LSL, fu pubblicata con varianti grafiche in Sassari Mannu (1912, p. 93).

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POMPEO CALVIA

Ma tu, o Maria, senza una fionda, senza una lancia, umi


le come il pi umile dei fiorellini, sola col tuo bambino in
seno, disarmavi con una sguardo tanti petti induriti E le
picche, e le fionde, e le freccie si abbassavano, e le mani ab
5 bronzate e come bronzo dure con atto di meraviglia si solle
vavano sulla fronte e sul petto per benedirti E scorrevan
le lacrime da quegli occhi furenti, simili le lacrime copiosis
sime a quei lunghi fili derbe arrampicanti che nascono tra
i ruderi e le rovine.

9. le rovine.] le rovine dei templi antichi.

Lautografo di Quiteria

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Capitolo XII
Un gatto grigio, con gli occhi pregni di sfosforescenze
nel fondo delle pupille, sera accocolato in un angolo della
scala.
Donna Rosa guard quella bestia, e le parve che in
quellocchio ci fosse unanima che la perseguitasse tetra
mente.
Muss disse Donna Rosa imitando nella voce e nel
gesto le vecchie nonne.
Il gatto nero si avvicin, e donna Rosa prese a carezzar
lo, inquantoch la tradizione vuole che i gatti neri bisogna
lisciarli, quando si avvicinano, perch portano fortuna, e
dentro il cuore vive lanima di un Cristiano che cerca sol
lievo e pace.
Il gatto con leggieri miagol, come domande aristocrati
che di bambini freddolosi, che cercano sempre un lembo
di pelliccia, si pose a // giacere sotto le gonnelle di quella
dama.
Il Donnicello Salvatorico disse alla madre:
Mamma! vedi tu quel lembo di polvere nel fondo di
Plata? il babbo che giunge.
S, figliuolo, andiamo incontro al babbo, col nostro se
guito di ancelle, di servi, di armigeri. Il popolo ci ammire
r E tu, dimmi, non regali niente al babbo?
Un bel bacio disse il bambino. Donna Rosa sorrise
e baci il bambino.
Le campane per larrivo del corteo cominciavano a suo
nare. La prima a darne lavviso fu quella di S. Maria di
Betlemme, stornelleggiando allegramente. San Nicola che
ra sullattenti come una sentinella fedele, segu gli allegri
stornelli, e tosto ripresero // a suonare le campane di Sant
Apollinare, di S. Donato, di Santa Catterina, del Carmelo
Vecchio, di SantAgostino, di SantAnna, ed infine la cam

4. un angolo] un angolo (fondo)13. lisciarli] lisciarli (carezzar


li)14. dentro...Cristiano] dentro il cuore vive lanima (ci hanno il
cuore) di un Cristiano ( altro Cristiano)19. dama.] dama24. servi,]
servi32. ripresero] ripresero (seguirono)

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POMPEO CALVIA

pana del Castello, la quale poneva in mezzo a tutta quellal


legria una sensazione dolorosa.
La donna cercava distrarsi e di non badare a quel suono
speciale. Ma le note sempre pi insistenti della campana del
bargello nel loro sorriso sardonico, non davano pace alla
povera anima.
Donna Rosa carezz il bambino, se lo strinse forte forte
al cuore.
La campana ora pareva sempre pi gemere.
Donna Rosa sollev sulla testa le braccia quasi per copri
re le orecchie ed attutire i suoni, i quali invece giungevano
pi // distinti simili ad un lamento. Pareva a Donna Rosa
che quelle note le dicessero:
Il tuo bimbo ha baci e carezze, ma quelle povere crea
ture spasimano dorrore nelle segrete della torre Tu puoi
tutto, salvali Il tuo bimbo ha laria e la luce, ma quella
povera vergine non ha aria n luce, e non amore Salva
la. Conducila tu per mano, che anchessa ha sangue di re.
La tua bianca mano non simbratter, ma questa vergine
sar la pi bella gemma e la pi brillante fra le tue anella.
Salvala tu puoi! Conducila al bacio purissimo dellamore
Va Va Che sarebbe di te se il vento crudele della morte
cogliesse il tuo amore? Se uccidesse il tuo bambino? Va! //
Perch piangi, mamma, mentre tutte le campane suo
nano a festa? domand Salvatorico. Perch?
Nulla, figlio mio, nulla! e Donna Rosa guard il bim
bo suo, bello, fresco, sano, felice. I lunghi capelli ricciuti gli
scendevano sulle spalle ricoperte di seta e doro. Anche le
braccia erano avviluppate di seta e doro, e le gambe forti e
diritte pareano il fusto dun pioppo che saderga gi sfidan
do le procelle.
1. Castello] ||Castello|| (boia)3. distrarsi] ||distrarsi|| (di far confon
dere)4-5. della campana del bargello] /della campana del bargello/
8. cuore.] cuore, e lo guard dentro gli occhi belli...9. ora...gemere.]

ora pareva (seguitava) sempre |pi| gemere (a gemere).10-11. coprire] ||coprire|| (otturare)19. vergine] /vergine/21. amore] |amore|
(innamorato)22-23. se il vento...bambino?] se il vento crudele della

morte (notte) cogliesse il tuo amore (ti ammazasse il tuo innamorato)?


Tu puoi tutto. Corri... Se uccidesse (ati ammazzasse bti schiantasse (am
mazzasse)) il tuo bambino?25. Perch?] ||Perch?||

Lautografo di Quiteria

Sei bello gli disse Donna Rosa, e se lo strinse al cuore.


Ti senti bene? Sei felice? gli domand.
S mamma. Andiamo incontro al babbo. Il donnicello
si affacci.
Vieni, mamma, a vedere. La cavalcata si fermata in
nanzi al palazzo di Citt. Quanta folla, quanti bei broccati
sono alle finestre. Osserva. // I Signori sono ai balconi e sa
lutano. Il babbo ha tolto la spada dal fodero ed ha salutato
la bandiera del Comune.
Evviva Marongiu! Senti, evviva! evviva!
Morte a Marongiu. Morte!
Morte! mamma! Dio mio! perch? non buono il bab
bo?
Evviva! Evviva! ripeteva la folla, e la cavalcata tra le
grida, i fischi dallegria, e le festanti acclamazioni si ferm
innanzi alla casa di D. A. Marongio.
Tutti i cavalieri salutarono la bella dama, la quale seguita
dai paggi, dalle ancelle e dagli armigeri mosse incontro ai
cavalieri.
Don Angelo Marongio, dopo aver baciato e salutato la
sua Signora, prese per mano il figliuolo e sal le scale rico
perte di tappeti ed adorne di grandi vasi di fiori disposti
lungo le pareti. //
Il Comandante del Castello, il Conte di Bonafides, diede
il braccio a Donna Rosa Gambella, e cerc di carezzarle,
cogli studiati contatti, quella mano morbida e fina.
Donna Rosa provava un certo sentimento di ripugnanza
per quellavvicinamento, ed abbassava gli occhi allorquan
do il cavaliere le parlava. Quella faccia conservava sempre
limpronta dun Satana da strapazzo e libertino.
Disse il Conte: Voi siete affascinante oggi, in questa vo
stra splendida magione, non inferiore per ricchezza e buon
gusto alla casa dun Re
Il complimento era alquanto tronfio e spagnolesco, ma

7. I Signori...balconi] I Signori (Il Sindaco ed i consiglieri) sono ai bal


coni (alle finestre)11. Morte!] morte!22. disposti] ||disposti||26.
cogli] ||cogli|| (negli)31. affascinante] splendidamente affascinan
te32. splendida] splendida (splendida)

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POMPEO CALVIA

certo per la casa di D. Rosa avea fama di ricchissima e bel


lissima. Vestiva la gentil Signora una veste di oro tirato e di
raso morello, // foderato di ermellini. In testa teneva una
cuffia con fili di perle e ricami minutissimi che intonavano
splendidamente con la bellezza e freschezza del viso e dei
capelli intrecciati e pettinati cos bene che pi non potea
farsi. Al collo avea pietre preziose di gran valore incastona
te con catenelle e rilegature bizantine.
Stavano ai fianchi della Signora delle dame ed ancelle con
veste senza strascico, con le maniche cadenti ed aperte.
Al collo un vezzo di diamanti e rubini.
Tutti entrarono nelle gran stanza di ricevimento mirabile
per mobili ed arazzi alle pareti. La soffitta era di legno pre
zioso. Nel centro eravi intagliato un episodio di mitologia
in bianco ed oro, ed attorno eran disposti dei cassettoni dai
quali spuntava una rosa ed una testa dangiolo or s or no,
allusivi al nome di D. Rosa e del consorte // D. Angelo.
Nel fondo della sala era stato drizzato il teatrino. Un gran
drappo di velluto cremisino a stemmi e fiori ricopriva la
scena.
Tappeti di varie sorta e di gran valore eran per terra, e
pareva ai cavalieri abituati alle asprezze dei monti e delle
battaglie di camminare sulla morbida seta.
Ci era da un capo, fra le due porte una credenza grandis
sima a 12 gradi tutta piena e carica di grandi vasi fra i quali
ve nerano doro e dargento con pietre preziose in tanta
quantit, chera un miracolo da vedere.
Quasi nel mezzo della sala eravi una gran tavola intarsiata
lunga tre canne e larga una, di cipresso dun pezzo, sulla
quale i camerieri vestiti di nero e bianco, con colletti alti e
larghi e catenelle al collo disponevano // delle sottocoppe
con dolci e frutti canditi, melaranze inzuccherate, confetti
minuti, coriandoli, anesi, cannelle e pignoli.
Poi certi pasticci di granelli di pino e zucchero miste a
1. la casa] che la casa1-2. bellissima] bellissima casa3. teneva] ||te
neva||13-14. prezioso] /prezioso/22. monti] monti (terreni)23.
morbida seta] /morbida/ seta e fra le nubi.31. sottocoppe] sottocop
pe [] (saffatte /(vassoi)/)32-33. confetti minuti] confetti minuti
da Feligni

Lautografo di Quiteria

oro. Pomi cotogni con zucchero, vari cibi fatti di zucchero


e miele e pompias, e torroni e confetture di Nuoro, di man
dorle e fette sottilissime darancio e miele e mandorle ab
brustolite, e molte altre cose delicate provocanti al palato.
Prima che ogniuno si servisse, i camerieri sorridenti pas
sarono agli invitati dei bacili con dentro acqua di rosa per il
lavaggio delle mani. Cameriere vestite di bianco porgevano
delle tele di lino ricamate per asciugarvi le mani profumate.
Il Conte di Bonafides al braccetto di Donna Rosa segui
va a sgranellare // il suo rosario di complimenti e di frasi
cavalleresche, dei quali veramente era maestro da vecchio
impenitente e libertino.
Ma pi dolci di queste melaranze son le vostre paro
le e le labbra che le chiudono seguit a dire il conte cer
cando di fissare negli occhi Donna Rosa, la quale tremante
si gir indietro per non fissare quello sguardo. Gli occhi si
fermarono sul viso bello di fra Carmine, il quale era armato
di spada, e teneva ai piedi gli speroni lunghi e stellati come
gli altri cavalieri.
Il frate cap la ripugnanza della nobil Signora, e disse:
Le virt Cristiane, nobil Cavaliero, rendono anzi tutto
pi dolci le parole.
Rosa mistica, allora esclam il Conte, e si strinse viep
pi al braccio della dama.
Viva Leonardo Alagon si sent gridare dalla strada.
Viva Marongiu ripeterono pi frenetiche // ed entu
siaste le acclamazioni.
Viva Don Angelo Marongiu e Donna Rosa Gambella
esclam il Conte di Bonafides.
Tutti ripeterono lEvviva.
Il Conte di Bonafides allora prese un bicchiere colmo
di Vernaccia, ed improvvis un brindisi gi studiato nel
viaggio, lodando molto le prodezze di D. Angelo per aver
debellato nemici della patria. Paragonava il prode Capita
2. miele e pompias] mele /e pompias/6. agli invitati] agli invitati (a
ciascuno)6-7. il lavaggio] il lavaggio (la lavatura)7. Cameriere]
Altre Cameriere ( cameriere)11. dei] dei (nei)16. non fissare]

non fissare (deviare)17. era] ||era||18. gli] lilunghi] lungi25.


gridare] gridare (venire)25. strada] strada una voce.

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POMPEO CALVIA

no ad Alessandro, e ad Achille, e ad altri Eroi, i quali non


mancavano di accorrere su quel palato gi caldo per molti
bicchieri di vernaccia e di malvasia.
Donna Rosa soffriva, ma si sagrificava a braccetto, col
pensiero fisso di raggiungere una sua idea generosa.
Vivano i figli di Don Leonardo Alagon, si sent unal
tra voce gridare in istrada.
Tutti tacquero per un istante.
Don Angelo Marongio si avvicin allorecchio del Conte
e gli disse:
Ma Siete sicuro che i figli di Leonardo son morti pro
prio?
S, Don Angelo! Ma quel s sebbene impercettibil
mente pronunziato // e fatto capire pi col moto del capo
che con le labbra, non isfugg a Donna Rosa, la quale dun
subito si fece pallida e rabbrivid. E volse gli occhi al figlio,
quasi come una madre che voglia salvare un suo caro peri
colante.
Il bimbo sorrideva circondato da cavalieri che lo carezza
vano e ne lodavano lo spirito.
Donna Rosa si acquet.
Un Demonio che tenta un Angelo disse lo scultore
Albertuccio Casena a Fra Carmine.
E lAngelo Vincer, fratello esclam il frate.
Donna Rosa, si fece coraggio, e sebbene avesse udito quel
s fatale, pur le pareva di sentire nel cuore una voce che le
ripetesse, col lento ritmo della campana del bargello: Tu
puoi tutto, salvala.
Ma s morta?
Tu puoi tutto, ripeteva la voce segreta. Salvala! //
Prese un bicchiere, lo ricolm di malvasia, e con dolcezza
molta di parole e di gesto loffer al Conte.
4. sagrificava a braccetto] sagrificava ||nel tener nello|| (di stare) a
braccetto6-8. - Vivano...istante.] ||- Vivano i figli di Don Leonardo
Alagon, si sent unaltra voce gridare in istrada. Tutti tacquero per un
istante.||11. di Leonardo] |di Leonardo|13. Angelo!] Angelo! ( An
gelo.)17-18. pericolante] pericolante e solo.19. da cavalieri] da un
crocchio di cavalieri25. udito] udito (sentito)26-27. le ripetesse...
ritmo] le ripetesse (dicesse), col /lento/ ritmo30. segreta.] segreta

Lautografo di Quiteria

I cavalieri ammirarono.
Il Conte con gli occhi sfavillanti di gioia, per la grande ed
inaspettata avventura, ringrazi, e nellafferrare il bicchiere
si sent quasi mancare, e per non cadere si appoggi ad un
seggiolone con la spalliera coperta con ornamenti dun co
lor giallo smorto su fondo nero.
Il sole caldissimo illuminava passando attraverso le tende
le vesti ricche e le armature dei cavalieri, alquanto eccita
ti dal buon vino profumato. Sul viso del conte, quel sole
sfacciato facea meglio spiccare le croste del viso, i baffi tinti
ed appuntiti, gi scoloriti pel sudore che scendeva in riga
gnoletti neri su la bocca con le sottili labbra sempre immer
se nel sogghigno. Gli occhi eran piccoli come granelli neri
senza // movimento. Il bianco sera fatto giallo con venatu
re rosse, e stavan racchiusi quegli occhi come una lumaca
chiusa dentro una buccia sporca errante su una carogna.
Grande era il sagrifizio della donna.
Ho da parlarvi da solo, o Conte disse Donna Rosa.
Qual buona ventura per me, o Madonna?
Entriamo nellaltra stanza, o Conte.
Entrarono, ed i cavalieri fecero ala perch passassero.
Donna Rosa condusse il conte nel suo appartamentino
riservato pel riposo. Il letto a baldacchino con coperte di
drappo doro azzurro, suscit nel conte linfernale idea di
adagiarvisi e riposare accanto al viso di quellangiolo. Ma
linfernale idea che gi cercava di avvilupparsi nei ghirigori
duna frase galante, gli mor strozzata nella gola, non appe
na vide la severit della donna, // la quale scostatasi, sera
posta innanzi ad un panno di broccato teso nel muro, dove
nel mezzo eravi dipinto un San Nicola che salvava i bam
bini.
O Conte disse la donna voi dovete assicurarmi che
di ci che vi domando non direte niente ad anima viva.
1. ammirarono.] ammirarono in silenzio.9-10. quel sole sfacciato] |quel sole sfacciato|13. granelli neri] .granelli neri (pallottole
nere)14. movimento.] movimento perch stanchi.16. chiusa]
/chiusa/errante] errante (che erri)27. nella gola] nella gola (nel
cervello)29. teso nel muro] ||teso nel muro||30-31. salvava i bambini.] salvava i bambini dal Salumiere.

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POMPEO CALVIA

Madonna! ve lo giuro innanzi a questo San Nicola pro


tettore di Sassari esclam il Conte con la destra distesa.
Ditemi, Conte, i figli di Don Leonardo Alagon, racchiu
si nel Castello, vivono ancora?
Tre sono stati uccisi Vive solo la giovinetta Quiteria.
Dei suoni di flauti, di chitarre e dArpe si fecero sentire
dimprovviso. Il Donnicello Salvatorico con una maschera
di raso in viso entr nella stanza.
Mi conoscete disse ridendo. //
Mamma! i commedianti ed i Musici aspettano il tuo
arrivo per cominciare la commedia gi annunziata.
Il trionfo del guerriero sui selvaggi coperti di pelli.
Titolo curioso! disse il Conte, pallido come la morte,
offerendo di nuovo il braccio alla dama.
Il donnicello li seguiva.
Il Conte condusse Donna Rosa sotto ad un baldacchino,
dove eran seduti i cavalieri ed alcune dame ed ancelle, e
presentandosi a Don Angelo Marongio disse:
Illustre Capitano, tempo che io vi restituisca la fra
gantissima vostra Rosa, senza che una foglia sola sia caduta.
Molti commentarono lazzardata frase, solo D. Angelo
da uomo darmi e prudente, finse di non capire, e sorrise
bonariamente.
Donna Rosa gli si sedette al fianco, e subito Albertuccio
Casena diede il Segnale che salzasse il gran // drappo cre
misi che copriva il teatrino.
La scena rappresentava un vago giardino di rose. Nel fon
do si vedeva una marina, dove il sole nascente si rispecchia
va tra le tremule onde di tela. Una leggiera musica pastorale
annunzi lArrivo di Iolanda, la quale, dopo aver cantato
una canzone accompagnata da quattro gentili giovanetti,
disse in versi scritti appositamente dal notaio Mossen Iulio,
che il sole di Sardegna brillerebbe sempre cos puro e fulgi
do se fedeli al trono dAragona restassero gli animi.

5. uccisi] uccisi (ammazzati)6-7. Dei suoni...dimprovviso.] Dei suo


ni si fecero di pifferi, di flauti, di chitarre trombe e dArpe si fecero
sentire dimprovviso nella stanza.22. darmi e] |darmi e|25-26. cremisi] cremisino34. restassero] restassero ( [])

Lautografo di Quiteria

Viva Aragona! grid lo scultore Albertuccio Casena


per il primo, battendo fortemente le mani come non ebbe
mai fatto con la mazzuola sul marmo.
Viva Aragona! gridaron tutti i cavalieri e cortigiani
alzandosi in piedi.
I Musici ed i cantori suonarono // allora linno del Re D.
Giovanni, fra le acclamazioni continuate.
La folla in istrada acclamava e fischiava festante.
Marongiu impicca babbo si sent una voce gridare.
Ma nessuno finse accorgersene.
Fra Carmine riconobbe in quel grido la voce del zappa
tore Zio Zuniari.
Cessato di suonar linno, la commedia continu.
Si vide apparire una barca nera, carica di uomini con la
faccia impiastrata di nero ed il corpo vestito di pelli. La bar
ca si avvicin, e rapidissimamente discesero gli uomini, ed
afferrarono la gentil fanciulla, la quale svenne e cadde al
suolo.
Gli uomini cantarono un coro terribile poggiato tutto su
toni bassi. Terminato di cantare, giocaronsi coi dadi il pos
sesso della bella fanciulla. Mentre il fortunato // gettavasi
con la linguaccia fuori della bocca, sulla preda, si sentirono
le prime battute dellInno Aragonese, e tosto comparve un
cavaliero serrato nellarmatura come il sole fulgidissima.
Gli uomini dalle lunghe pelli si avventarono tosto sul
cavaliero, il quale si diede a roteare la spada con ambe le
mani, gettando al suolo tutti morti.
La sala scoppi in fragorosi applausi, ben capita chiara
mente da ciascuno lallusione della Commedia.
Il cavaliere allora alz la celata, e comparve il viso di D.
Angelo Marongio in quelle sembianze. La Maschera era di
cera, imitata da Albetuccio Casena, il quale fattosi conosce
re per lautore, senza troppa modestia andava da uno allal
tro ad accattare i complimenti, // scusandosi col dire chera
lavoro improvvisato in poche ore.

4. i cavalieri e cortigiani] |i cavalieri e cortigiani|15. impiastrata di


nero] impiastrata di (nera)20. giocaronsi] giucaronsi

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POMPEO CALVIA

Il bel cavaliero dal viso di cera simile a quello di Don An


gelo Marongio si avvicin alla fanciulla che sospirava. La
raccolse con atto gentile ed amoroso dal suolo, e ladagi
tra i fiori.
La fanciulla come destandosi da un vago sogno apr gli
occhi, e li fiss pieni dincantamento sul cavaliere ideale,
come il sole fulgidissimo. Un dolce sorriso apparve sulle
rosee labbra, e le mani si unirono soavemente.
Il cavaliero le dimand il nome, e la fanciulla additando
gli le rose gli disse che il suo nome era quello dei fiori che
attorno lo salutavano ammirando.
Rosa! Rosa! soavemente cant il bel cavaliero, e strin
se al cuore e baci la innamorata. //
Il drappo di velluto discese per pochi minuti, e tosto ri
alzato. La scena era cambiata. Si vedeano seduti nel trono
sotto il baldacchino i due innamorati, cinti da festoni di
rose bianche. Attorno fra liete musiche danzavano vaghi
amorini coperti di veli azzurri, i quali gettavano fiori dal
grembo ai gentili cavalieri ed alle dame.
Tutti faceano a gara per coglierli ed adornarsene il petto,
e pareva in quellora che la gioia sfavillasse su quei felici.
Albertuccio Casena si avvicin a Donna Rosa e piano le
disse:
Quando potr avere il piacere di vedere il bellissimo
ritratto che vha dipinto Pierino?
Donna Rosa trasalendo, quasi atterrita, avvicin lindi
ce della sinistra al labbro, imponendo silenzio. Albertuccio
non capiva quel repentino // cangiamento, e tra lumiliato
e lindeciso di azzardare una nuova domanda, fiss negli
occhi la donna, la quale superbamente e con fierezza se
guiva a guardarlo costringendolo ad abbassare quel viso da
sfacciatello. Albertuccio Casena da buon intenditore, salut
rispettosamente, e mogio mogio si allontan col rovello di
parlarle un altro momento del ritratto dellamico Pierino, e

1. simile a quello di] ||simile a quello di|| di5. apr] ||apr|| (aper
se)14-15. tosto rialzato.] tosto |rialzato.| (fu tirato.)21. la gioia sfavillasse] La gioia sfavillasse ( sfavillava)25. che vha dipinto Pierino]
||che vha dipinto Pierino||34. parlarle] parlarle ( parlare)

Lautografo di Quiteria

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del ritratto che simprometteva di farle unitamente a quello


del consorte, per essere collocato nello scalone del palazzo
del Comune. Non era Don Angelo Marongio il liberatore
della Patria?
Disceso il drappo di velluto comparve fuor della scena un 5
commediante vestito ancora con gli abiti del cavaliere libe
ratore. Ma il viso avea perduto tutto // lincanto, e brizzolati
ne erano i capelli, ed alcune rughe cominciavano a solcare
quella fronte, costretta ad inchinarsi e fingere e sorridere e
piangere tacitamente, oggi tra i velluti e i profumi duna Re 10
gia, domani in piazza tra le tavole mal connesse e la miseria
del popolo sempre scontento. Il commediante invitava:
Tutti li cavalieri e li Signori
A intervenire a un suo componimento
Scritto in versi pi vaghi de li fiori
E pieno di continuo mutamento.
Dove ci saran canti, guerre e amori
Proprio come i castelli del duecento.

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E qui il poeta accennava rapidamente a tutto lo svolgi


mento della Commedia cavalleresca ed alle bizzarrie di
un tal buffone / che con gli scherzi dati a tempo e loco / I
capricci guar del suo padrone / E questo, o Cavalieri, non
25
poco.
I Cavalieri e le dame risero molto. Fra Carmine guard
in viso Donna Rosa. Quegli occhi che avean bisogno di la
crime si compresero, desiderosi in quellistante del vuoto di
30
una immensa solitudine.
Per lindomani fu annunziata anche la Commedia di
Plauto, La Pentola.

12. invitava:] invitava16. Scritto... fiori] ||Scritto con succhi e tinte di


fiori|| Scritto in versi pi vaghi de li fiori18. canti] canti (baci)19.
duecento] ||(trecento)|| duecento31. anche] /anche/

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POMPEO CALVIA

Capitolo XIII

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Partiti i cavalieri Donna Rosa rientr sola nella sua stan


za.
Sedette accanto ad un piccolo tavolino, dove erano anco
ra delle boccettine di essenze. La stanza pareva avviluppata
in un dolce mistero: chiuse erano le finestre, e le tende e le
cortine abbassate non lasciavano penetrare il pi lieve ru
more esterno.
Il gatto venne a posarsi fra i morbidi pizzi della bella
dama.
Sei mia, tutta mia pareva dire il nero gatto geloso,
con gli occhi fisi negli specchi, i quali riflettendo la soave
immagine gli rubavano parte della sua gioia.
Le unghie lucidissime che aveano sentito quel contatto
non potevano pi dimenticare, e perci seguivano a spiare
fra i ricami, e in // quelli scoprimenti ponevano in rilievo
un piede piccolo e fino come una lama, avvolto in calzature
di seta, dove una fila di perle piccinissime divideva il collo
del piede.
Vedeasi un accenno di calza, della tinta duna camelia che
non bianca n rosea, ma dun riflesso che hanno le colom
be nel cielo quando lAurora
Lanimale era il padrone. Gli occhi del gatto, con raggi
di luci gialle, spiavano su tutto, sempre con la gelosia che
anche le pi fredde cose che gli stavano attorno potesse
ro godere. Nessuno dovea godere. Con le unghie distese

5. piccolo tavolino] piccolo (piccolo) tavolino ( tavolinetto)10. a


posarsi] a posarsi ( [])morbidi] |morbidi|12. nero] /nero/13.
gli...specchi] gli occhi1 |fisi| fisi5 e4 pieni2 di gelosia3 negli specchi15.
lucidissime] lucidissime e fini19-20. collo del piede] collo ( [])
del piede ( piedino)24. padrone. Gli] padrone. Strisci la lingua di
fuoco su quel piedino scoperto e fra le morbidezze dei ricami dai quali
si sprigionavano piccoli aliti con profumi sbiaditi di gaggia e di viole, e
aveano conquiste nuove su tutta quellanimalit raffinata che si chinava,
strisciava avviluppandosi nello spasimo. E allora Gli ( gli)raggi] rag
gi escentrici

Lautografo di Quiteria

come una tigre, drizz la testa in posizione di sfida23, non


appena vide muoversi la tenda sollevata da fra Carmine, il
quale non ebbe coraggio di avanzarsi subitamente, // quasi
parendogli che dovesse turbare una preghiera misteriosa,
dove lanima chiedeva ai fiori pi che a Dio, la dolcezza du
na promessa.
Oh! Dio! chi mi tenta disse il frate. giorno perfetto
ed io temo come nella notte pi oscura. Dorme un angelo
vicino al mio cuore, ed io pavento e dubito se sia un angelo!
Gli corse un brivido per tutta la persona, ma sinnoltr.
Non doveva egli accettare da Dio tutte le tentazioni ed af
frontarle, se per volere di Dio ogni cosa avveniva quaggi?
Perch tremava?
Fra Carmine si tolse dalla fronte il bruno capuccio, e si
avanz bello come un leggendario nume pieno di passione.
Le stellette degli speroni ripercosse dallincedere tinniro
no, ed il nero e geloso animale mand un lamento // per
quellessere bello, il quale gi capiva che sarebbe riuscito
vincitore.
Donna Rosa non si dest o finse di non destarsi.
Piccoli sospiri le sollevavano il seno. Fra Carmine appena
ebbe abituato locchio a quella semi oscurit meglio com
prese la superba bellezza della dormiente. Ma non chiuse
gli occhi n cerc di fuggire. Si studi di vincere se stesso
e di meglio penetrare il vero sentimento religioso, e non
quello timido e meschino e pieno di spauracchi, dove in
tutto il bello non si dovea vedere che la manifestazione del
diavolo, con le sue potenze occulte ed insidiose ed i traboc
chetti tesi per far precipitare nel baratro infernale.
1-3. sfida...coraggio] sfida, fissando immobile i ritratti dei severi antenati,
dipinti nel legno. non appena vide muoversi la tenda sollevata (mos
sa) da fra Carmine, il quale1 (aFra Carmine non appena ebbe sollevato la
tenda, e vide dentro quel sogno della stanza, bFra Carmine non appena
ebbe sollevata la tenda, e vide dentro quel sogno della stanza, ) non ebbe2
coraggio16. stellette] stelle|tte|18. riuscito] riuscito ( uscito)25.
penetrare] |penetrare| (comprendere)27. il bello] /il bello/
23
La parte di testo che nellautografo segue e che va dalla carta numerata
242 nel recto alla carta numerata 246 nel recto stata cassata. Per una sua
lettura integrale cfr. Appendice A (XIII I).

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POMPEO CALVIA

Ma perch, dimandava fra Carmine a se stesso, dovea


essere il diavolo nel corpo di quella donna che era fatta a
simiglianza della vergine esposta in Agosto nel mezzo della
Chiesa di S. Maria // dormiente tra quattro Angeli dOro,
coi piedi coperti di sandali doro e di fiori.
Se tu sei lo spirito del male, della menzogna, della cor
ruzione, dellimpurit, va retro Satana! esclam il frate, e
si fece il segno della .
Ma la bella dormiente non scomparve, ed il gatto timida
mente stava a guardarlo con gli occhi che parevano piange
re. La vaga dama appariva anzi al fraticello pi divinamente
bella, e il roseo incarnato delle guancie, e le labbra, e gli
occhi, e le piccole mani ingemmate, ed i piedini di fata, as
sumevano in quella dolce contemplazione pi vaporosit
dideali.
Disse il giovine: Io ti benedico, Padre Celeste, Padre del
mio Signor Ges // Cristo, perch degnasti di ricordarti di
me meschino. Grazie, grazie, Padre, che me indegno e di
fettoso nella virt a te chiamasti per maggiormente amarti.
Oh fonte deterno amore! ecco che tutto tuo quello che
ho, se valgo. Padre!
La donna si dest o finse destarsi, e con molta semplicit,
vedendo il giovine frate, disse: Mera un po assopita, si
cura di essere in buona compagnia.
Voi mavete chiamato dimand il fraticello.
S Non per confessarmi veramente, che non mi son
preparata, ma per consiglio, per aiuto, per sollievo solo. Ho
un groppo qui sul cuore, voi potete scioglierlo.
Io disse il frate, guardandola negli occhi. Che sono
io mai, misero fraticello?
Che siete voi? tutto voi siete per // lanima mia, salva
tela.
Il frate trem.

3. Agosto...Chiesa] Agosto a dormire nel mezzo della Chiesa4-5. Angeli dOro...fiori.] Angeli dOro, con le coltri di seta, il medaglione al collo
regalatole da Don Leonardo Alagon, dieci anelli doro e di pietre preziose
in ciascuna mano, e di piedi coi sandali dArgento profumati di gelsomi
ni? coi piedi coperti di sandali doro e di fiori.26. mi son] mi ci son

Lautografo di Quiteria

S, voi potete salvarla questanima. Ho un affanno


tuttoggi qui dentro il cuore.
Il gatto nero cercava sempre pi, sospettoso ed impauri
to, di serrarsi fra le gonne della dama.
O se sapeste esclam Donna Rosa.
Pieni sono i nostri giorni di dolore disse il frate. O
Madonna, calmatevi!
Ma troppo. Vengo senza molte frasi n giri di parole
a voi, perch rapide volano le ore, e mi dovete capir subito
per darmi pronto sollievo.
Sentite e Donna Rosa prese una mano del frate, e lo
trasse vicino ad un divano. Sedete gli disse.
Il frate si assise pieno di spavento. Egli pensava alla im
purit; ma gli occhi della nobile Donna erano levati in alto,
// quasi assorti in una sacra visione, e nelle labbra vera una
elevatezza spirituale, quasi celeste.
Il giovine abbandon quella fina e morbida mano.
Disse la donna: Voglio esser vera. Non il Re Don Gio
vanni, non il Conte custode del Castello, non mio marito
possono: voi solo potete.
Non cercar voi come perdere una causa Santa. Donna
Rosa si avvicin vieppi al frate e gli strinse le mani.
Il frate tacque, dimenticando.
Disse Donna Rosa: Se Iddio vede tutto, se Iddio sa tut
to, Iddio che vuole un sagrificio da voi, alto sagrificio, che
pi alto premio dovr darvi.
Il giovine sentiva quellodore troppo vicino dellalito,
non simile a quello delle penitenti. // Quellalito avea estasi
e profumi, avvertimenti e magie di abbandoni deliziosi.
Era come una speranza di letizia per chi avea sofferto
sempre col cuore contrito ed umiliato.
Il viso del frate si facea pallido e poi si ricoloriva sulle
belle guancie.
3. nero] nero6-7. disse...Madonna,] disse il frate o Madonna,8.
molte] |molte| (troppe)n] ne13. si assise] si assise (sedet
te)21. ] e23-24. dimenticando. Disse] dimenticando. Gli pareva
che vibrazioni nuove, sconosciute, gli facessero accorrere tutto il sangue al
cuore. Disse28. non...penitenti.] ma non simili a quello delle peniten
ti.31. umiliato.] umiliato sempre.32-33. sulle belle guancie.] sulle
( sui) |belle guancie.| (pomelli) |belle|

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Se io morissi, qui, ora, ai suoi piedi egli disse, premen


do quella mano se morissi meno grave sarebbe il peccato,
imperocch linesperienza della lotta attenuerebbe agli oc
chi di Dio il mio fallo. S, voglio esser sincero con me stesso,
sincero con Dio, io pecco. Io pecco, madonna, disse pian
gendo il frate e baci quella mano che bagnava di lacrime.
Alla donna in un attimo si rivel tutto, tutto cap per ra
pida intuizione quello spasimo, ma non rigett linnamo
rato, e freddamente // gli disse: Calmatevi, fratello, noi
siamo troppo deboli ed irresponsabili. Chi non soggetto
ai desideri, chi non soggetto al peccato, se il peccato ci
attornia. Tutto sta nel saper vincere. Calmatevi! e tratto il
fazzoletto ricamato lo pass su quelle ciglia, e come perle ne
raccolse le lacrime, serbandole come sacra memoria.
Ma le lacrime non si asciugavano e scorrevano come get
titi di pura acqua. La veste della donna nera tutta bagnata e
sulla seta assumevano nuove trasparenze e lucidit, crean
do od improvvisando una nuova ornamentazione intessuta
di fili che parevan tratti dalle penne cadute a strani uccelli.
Per un attimo locchio della donna galante guard, e si
compiacque di questo dono nuovo di ricamatore innamo
rato. //
Donna Rosa avrebbe voluto
baciare quelle lacrime, avrebbe
voluto che la veste per sempre
ne restasse imbevuta.
Qual trionfo maggiore? Qual
ricordo pi prezioso? Qual
sorte migliore e qual migliore
Offerta alla Vergine delle
Grazie che tramuta in
istelle le lacrime della
Offerta di quellabito.
Ma la vanit femminile, anche in
offerire alla Madonna, dun
subito si tacque, e come una
Sorella Maggiore, disse la
21-22. nuovo...innamorato.] /.nuovo di ricamatore innamorato./

Lautografo di Quiteria

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Donna: Fratello, il sacrificio


chio da te dimando,
grande, e sommo. //
Nel Castello di Sassari vi una fanciulla che tu conosci,
Quiteria, la figlia di Don Leonardo Alagon. Io so nel diman
dare di far cosa contraria al mio sposo fedele, al Re, alla Pa
tria. Ma io sento una voce segreta, costante, che mi impone
di salvarla. Vedi tu come sono egoista!? Io voglio che tu sal
vi quella fanciulla, tu solo devi farlo perch tu solo lo puoi.
Tu conosci ogni segreto, tu amico del pittore Pierino Unali.
Tu devi riporla fra le braccia di quellinnamorato, tu devi
creare la felicit di quei due infelici, la vera gioia su questa
terra, perch tutto falso quaggi oltre lamore ed il pianto.
Disse il frate: Come posso far io questo?
Tu puoi farlo se vuoi!
Non mi hai tu detto che quando // gli altri dormono tu ve
gli, non mi hai tu detto che penetri nelle pi oscure segrete
per confessare, per assistere? Nulla a te impossibile. Eccoti
un mio piano, azzardato forse un po troppo, pensato nel
delirio. Sentilo. Tu devi recarti nel carcere di Quiteria. Devi
ivi lasciare un abito da frate, avendone tu un altro sotto il
primo. Quiteria lo vestir, ed uscir dal castello. Fuori sar
un mio fido e laccompagner in luogo di salvezza. Domani
stesso con la vela del Corso Calvi, che mio buon amico,
Pierino e Quiteria salperanno per Aiaccio, dove i Genovesi
faranno buon viso alla figlia di Don Leonardo Alagon.
Io li provveder di tutto il necessario; quelle due anime
innamorate, fratello, devono vivere unite.
un rimorso terribile per me il sapere che due cuori che
Iddio ha creato per la felicit, periscano cos miseramente,
e maledicano luomo che io amo e copro di baci nelle not
ti, maledicano la mia casa, il mio unico figlio, me stessa. //
Non sai tu come la bestemmia si fa strada, e cade terribil
mente come un giudizio dato dagli astri. Io sembro felice,
sorridente, perch invidiata, perch ricca. Io invidio spesso
invece la pi umile delle mie ancelle vero che lambi
13-14. infelici...tutto] infelici, ( infelici) |la vera gioia su questa terra, per
ch| tutto ( Tutto)26. Aiaccio] /la Corsica/ Aiaccio

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POMPEO CALVIA

zione, la superbia, ma acciecano spesso, mi distruggono il


cuore.
Povero il mio cervello.
Qui donna Rosa si ferm alquanto, quasi per calmarsi,
per ritrovare della idee.
Ah! s! quei tre bimbi quei lamenti nei sotterranei.
Ah! non hanno cuore? questa gente non ha figli? Ma che
razza dannata questa mai? Soldatacci, boia maledetti
Oh! Dio mio! mi scoppia il cervello, non so nemmeno io
quello che dico. Poveretti! io ne ho parlato a mio marito,
nel silenzio della notte. Tu non sai nulla, tu non capisci
nulla delle questioni di stato, mi rispose. Tutto ci che
noi faciamo ci viene imposto dallalto. Io tacqui allora,
ma lidea si va sempre pi // ingigantendo. Tu devi salvar
li S.
Grande il sagrifizio che tu mimponi disse il frate,
col sudor ghiaccio che gli colava dalla fronte.
Troppo grande, Dio mio, troppo grande.
Io ti salver disse la donna. Oh frate, io ti salver
Ma perch tremi, ma che cosa tutta la tua vita senza il
sagrificio?
Hai ragione esclam fra Carmine, e giunse le mani.
Inutile la mia missione senza il sagrificio. Cristiano
son io, ministro di Cristo son io! Ma dov limitazione di
Cristo? Qual il calvario che noi saliamo, vestiti di tonaca
nera, coperti di corone e di ciliz da commedia? Ma che la
material preghiera, senza il sagrifizio, se non inutile forma!
Dio Grande, ti ringrazio, tu vuoi questo da me Perdo
na la debolezza mia. Male ti ho capito sino ad ora, male ti
ho servito sempre col cuore pieno degoismo. Eccolo // il
momento della lotta suprema. Tutto io far, per amore del
Cielo, o Donna. E ti ringrazio che per opera tua mi avvicini
a Ges e veda il vero Cielo dei martiri.
Un gran Cristo dAvorio, inchiodato in una croce intar
siata, pareva assentire e pareva dirgli:
Questa tua vera fede figliuolo. Ama.
Questa tua vittoria dEroe, imperocch offri il tuo petto
8. dannata] dannata dannata33. a Ges...vero] /a Ges/ e veda da lon
tano il vero

Lautografo di Quiteria

alla lancia per proteggere il petto del tuo fratello, per sal
vare una vergine oppressa dalla tirannide. Tu combatti nel
nome Santo dellAmore.
Ama.
Ama Dio nei tuoi fratelli. Non punire ma proteggi. Ricor
da che la tua missione era quella di perfezionare la umanit,
di soccorrerla Che hai tu fatto insino ad ora? Quale ferita
hai sanato? Qual luce hai portato nelle tenebre, qual vange
lo eterno spiegato con lesempio tuo? Prostrati, figliuolo, io
sono // il vero Dio fatto uomo, io che ebbi sete di luce, di
progresso, di fratellanza, che mi son lasciato insultare senza
proferir sillaba legato ad una colonna, che mi son lasciato
coprire di spine perch un giorno nascessero rose da quelle
spine per colmare di letizia il cammino dei miei fratelli
che ho bevuto il calice amaro per amore degli uomini, e per
insegnare a voi la verit, che male avete insegnato.
Guarda come sanguino.
Donna Rosa estasiata osservava il giovine pregare, quasi
assorbendo dal Cristo le parole pi pure, le parole pi dolci.
Frate con un ultimo slancio parve dirgli il Cristo, qua
si abbassando la testa sulla mano per benedirlo. Ti bene
dico, perch tu oggi sei degno di salire con me in Paradiso.
Donna Rosa si avvicin e lo baci sulla fronte.
Altro non posso darti, fratello, // disse.
E quel bacio parve il bacio simbolico della Maddalena ai
piedi di Ges.
Saliamo sorridenti il calvario, esclam il frate, goccio
lante sudor freddo dalla fronte immacolata.
Donna Rosa lo asciug con una candida pezzuola di lino,
e tutta limpronta del viso rimase impressa su quella pez
zuoletta, profumata dalla viva carne, perch tratta da un
seno divino e dal calice di una Rosa24
30-31. impressa...dalla] impressa su quella ( quel) pezzuoletta (lino),
profumato dal|la|31. tratta da un] tratto da un ( dal)
24
In calce della pagina numerata nel recto 262 si trova la raffigurazione,
eseguita con inchiostro nero da mano verosimilmente autorale, di un ca
lice da messa con unostia crociata in sospensione (alla sinistra della com
posizione), il telo della Veronica, sovrastato da una rosa, con limmagine
del Cristo (al centro) e lacronimo I N|R I, coronato di spine (a destra).

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POMPEO CALVIA

Capitolo XIV

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A Quiteria laveano posta nel pian terreno della torre,


forse per usarle un qualche riguardo, inquantoch in que
sto nuovo Carcere eravi un tavolaccio con un pagliericcio,
una finestra pi grande, e la paglia meno fradicia.
Su dun panchetto era stata deposta una brocca dacqua e
vicino un piatto con delle fave bollite ed asperse di un poco
di aceto e sale.
Quiteria le aveva assaggiate appena, e sera messa a giace
re sul pagliericcio.
Il pavimento esalava un tanfo insopportabile per la terra
smossa di fresco nel centro della camera.
Qualche pipistrello entrava dal balcone e si appicicava coi
piedi e con // le ali viscide alle pareti. Uno sera posto quasi
vicino alla lanterna, la quale proiettava triangoli di luce sul
le pareti umide e nere.
Locchio distratto si pos su duna scarpetta rossa di cuo
io, coi legacci di seta pi chiara e i fiochettini agli orli.
La riconobbe: era quella del suo fratellino. Le parve di
sentire il grido del piccolo Arriguccio, quando rinchiuso
dai soldati invocava come un uccellino la madre. Ma non
ebbe forza di mandare nemmeno un lamento, e si nascose
la testa tra le mani, ponendosi bocconi sul pagliericcio.
Entr dopo poco il boia col figliuolo pi giovine, al quale
caric sulla testa la scala. Gabinu prese dallangolo un gran
palo e la corda.
Son rotto di fatica questoggi ed ho la schiena che mi
si curva esclam, guardando di sottecchi la giovinetta, la
quale pareva non volesse accorgersi della loro presenza. //
3. posta nel pian] posta (cangiata) nel pian ( piano)5-6. tavolaccio...fradicia.] tavolaccio per terra con un pagliericcio sopra, ed una
finestra pi grande, ( grande.) e la paglia era meno fradicia (puzzo
lente).12. insopportabile] |insopportabile| (insoffribile)14. pipistrello] pipistrello ( vipistrello)14-15. coi...ali] coi ( con le) piedi
(mani) e |con| (acon bcoi ( con)) le ali18. si pos... scarpetta] si
pos su duna corse (sulla vanga, vicino eravi) una scarpetta20.
La] La ( Lo)quella] quella ( quello)22-23. la madre....forza] la
madre. ( madre,) /Ma/ non ebbe per forza30. della loro presenza.]
||della loro|| (di quella) presenza.

Lautografo di Quiteria

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Il giovinetto sbucciava degli aranci, e quel profumo met


teva un certo risveglio di vita nellambiente.
Lascia andare degli aranci per terra disse il boia al
figliuolo.
5
Il giovinetto ubbid.
Vi sentite molto male disse il boia.
Quiteria dimand: Perch? mi conducete ad altra tor
tura? Non avete piet dunque? Ho sempre innanzi agli
occhi quelle ruote, ed ancora mi rintronano le orecchie del
le grida, degli spasimi del povero Mauro Puliga. Poveretto! 10
Quando finir di soffrire?
Il carceriere non rispose a quella dimanda, e pose la corda
sulla scala che portava il figlio, il quale usc canticchiando
fra i denti una vecchia canzone:
Fiza bella adorada
Como podes drommire,
Su lettu est de broccadu
De rosa est su estire
E lata cambiadu
Sangheleddu e Maria
Drommidi fiza mia,
Fiza bella istimada
a ninnia, a ninnia25. //

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Il boia si avvicin a Quiteria e le disse molto piano e qua


si allorecchio additandole una lastra: Rimuovete quella
pietra, ma siate cauta nel rimetterla. Ho tre figli, mi racco
mando e rialz con le mollette dottone il lucignolo della
30
lanterna, ed usc.
2. nellambiente.] nell (in quell) ambiente.12. pose] pose (cari
c)13. che portava il] che portava il (del) figlio14. canzone:] can
zone.27. additandole una lastra] /additandole una |lastra| lastra (
<++>stra)/Rimuovete] Rimuovete (Muovete)
25
Fiza bella a ninnia.: Figlia bella adorata / Adesso puoi dormire, / Il
letto di broccato / Di rosa il tuo vestito / E lha cambiato / Langioletto
di Maria / Addormentati figlia mia / Figlia mia stimata / a ninnia, a ninnia.. Per quanto concerne il processo variantistico e il passaggio da una
prima redazione (A1) ad una seconda (A2) cfr. Appendice A (XIV I).

138

POMPEO CALVIA

Quiteria guard la pietra che le era stata indicata, sulla


quale erano graffite della strane figure, che parevano ani
marsi a poco a poco e distaccarsi dalla lastra, cercando qua
si di esprimersi con un linguaggio sconosciuto e di tempi
5 lontani.
Il profumo dellarancio perduto animava con fili di ca
rezze la fantasia di Quiteria, la quale studiava rianimandoli
quelle linee simboliche.
Sotto un albero dalle foglioline minutissime, eravi scritto
10 con lettere contorte e di varie grandezze:
Si mi cheres bocchimi.
(Se mi vuoi uccidimi).
Ma qual significato avea lalbero // e le foglioline minutis
sime con quel moto?
Quiteria cerc di raggiungere e districare il filo del sim
bolo, ma non ci riusciva.
Tent allora di trovare una spiegazione nelle altre figu
20 re intrecciate con ornatini infantili. Aveano tutte una certa
pendenza da sinistra a destra, quasi scosse dal soffio di un
labbro misterioso. Il viso e le mani erano appena accenna
ti, ma sovrabbondavano nella minuziosit dei particolari, e
dei ricami anche sui capelli espressi pelo per pelo come dei
25 fili di ferro attorcigliati.
Serpeggiavano su tutto certe firme ad uncino, e cuori tra
fitti da pi parti con aguzze punte.
Dentro un cuore eravi scritto:
15

1. che...indicata] ||che le era stata|| (statale) indicata2-4. figure...quasi] figure, ( figure.) |che parevano| (I segni) animarsi ( animandosi) a
poco a poco pareano ||e|| distaccarsi dalla lastra (pietra e), cercando (
cercavano) quasi7. studiava rianimandoli] cercava di studiava ( stu
diare) rianimandoli19-20. Tent...figure] Tent allora di trovare una
spiegazione nelle (Cerc allora di vagare sulle) altre figure21-22. di
un labbro misterioso.] di un labbro (una boca) misterioso ( misterio
sa).28. scritto:] scritto.

Lautografo di Quiteria

Pro te semper
solamente.
(Per te sempre solo)26 //
Mauro Puliga

139

e pi vicino una data piccolissima, ed in alto un sole e


sotto un albero27 dalle foglioline minutissime ed esattamen
te eguali.
Quiteria distric tosto il simbolo.
10
Era il sole dArborea che dovea sorgere e risplendere.
Puliga non avea voluto esprimere lidea con forma decisa,
alla vigilia forse di una fatale data.
Ma il simbolo per quanto intricato avrebbe avuto una so
luzione in quel carcere, dove non mancavano le anime ad
dolorate. Quel linguaggio difficilissimo sotto la luce del sole 15
a comprendersi, trovava l, fra la pallida luce e gli spasimi il
suo alto significato.
Come potea un cuore spiegare tutta la sua istoria e dar le
nimento ai mali se non con questo linguaggio? Non fu cre
ata la leggenda perch sotto il velame del sogno potessero il 20
popolo ed il poeta trovare una forma ideale per vendicarsi,

6-7. un sole...un albero] un sole /e/ sotto /un/ questo albero15-16.


difficilissimo...trovava] difficilissimo1 sotto4 la luce del sole5 a ( ad) com
prendersi (ad essere2 compreso3), trovava
26
In corrispondenza di questo luogo del testo, si trova composto a pen
na, con inchiostro nero, da mano verosimilmente autorale un cuore tra
fitto da uno stiletto, allinterno del quale campeggia il moto Pro te sem|
per sola|mente|Puliga|M..
27
Nella parte alta del margine destro della carta numerata nel verso 268,
si trova limmagine stilizzata, prodotta a matita da mano verosimilmen
te autorale, di un albero deradicato, stemma del giudicato dArborea,
sovrastato dal sole. In conformit con la lezione del testimone a stampa,
attestante lultima volont dellautore, scegliamo di mettere a testo la va
riante alternativa /un/albero, con larticolo indeterminativo, piuttosto
che questo albero, con laggettivo dimostrativo, indicante per il lettore
dellautografo nelle originarie intenzioni dellautore vicinanza, nello
spazio del foglio, ad una immagine di fatto poi non riprodotta in fase di
stampa.

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POMPEO CALVIA

e fremere cantando. Come esprimere lalto amore di patria


e lodio ai tiranni? //
Sul granito eravi un piccolo intervallo senza alcun grafito,
poi un altro aggrupamento di figure, ma segnate molto pi
sottilmente, quasi da una piccola mano delicata.
Quiteria prese il lume. Un vipistrello scosse le ali e si ap
picic al soffitto con rapido moto. Quiteria si avvicin al
muro, quasi trovando sollievo nella lettura di quei simboli.
La prima figura era una madonna con la faccia allungata,
con gli occhi socchiusi e la bocca piccolina piccolina, segna
ta appena da una sola linea attorno alla testa, con un fascio
di capelli a reticolato, circondati da due striscie di perline.
Sulla fronte teneva una corona contorta, n si capiva se
fatta di fiori o di foglie. Dei fiori strani molto pi grandi
della testa, pareano // germogliar dietro i capelli.
Il collo era segnato da due righe parallele e sincassava
sulla testa e sulla veste. Non una stola n un sacco potea
dirsi la vestimenta, tramezzata da grandi triangoli gli uni
su gli altri, nellinterno dei quali erano queste sei lettere:
F i d e l e.
Altre lettere erano scritte in alto. Quiteria non poteva leg
gerle e si drizz sulla punta dei piedi.
La sua figurina slanciata, ancora vestita di broccato, intes
suto di fiori dorati, dava lidea di una divinit scesa dallalto
per benedire nel mistero, simile alle evocazioni leggendarie
nellinterno di un Nuraghes.
Il profumo dellarancio che si spandeva intorno era come
la sottil traccia del passaggio di un Angelo.
I pipistrelli guardavano con gli occhi acuti ed infantili
pieni di grande meraviglia. //
Quiteria ne vide uno che la fissava. Non prov ribrezzo
alcuno per quellessere fratello, dopo tutti i travagli ed i do
lori avuti dagli uomini in quel lungo martirio.
1-2. e fremere...tiranni?] /.e fremere cantando. Come esprimere lalto
amore di patria e lodio ai tiranni?/7-8. si avvicin...simboli.] /si/ avvi
cin il lume al muro, quasi trovando ||sollievo|| (un certo e dimentican
do) nella lettura di quei simboli.19. lettere:] lettere.23-24. intessuto
di] intessuto di (dai)29. pipistrelli] pipistrelli ( vipistrelli)29-30.
acuti...meraviglia.] /.acuti ed infantili pieni di grande meraviglia./

Lautografo di Quiteria

Essa era divenuta come langiolo dei sotterranei, e gli


strani uccelli erano suoi consolatori.
Quelle cose per le quali prima aveva provato ribrezzo,
ora, la confortavano.
Le pareva che non tutto congiurasse contro di lei, ma che
nelle cose create da Dio, anche nelle pi umili, ci fossero
esseri che la amassero, e la seguissero per farle compagnia e
consolarla. Nessuna forma dovea ripugnare, perch in ogni
forma ci era il movimento che lanima, e lanima non po
teva essere posta che dallIddio, creatore di tutte le cose.
Quiteria nel guardare con // dolcezza gli occhi del vipi
strello pens: Io non posso dirti nulla, perch non conosco
ancora il tuo linguaggio.
Il pipistrello mand un picciol grido, il quale si ripercosse
nei due archetti della volta doveran i compagni, che ride
staronsi con successioni di grid quasi inni primitivi.
Quiteria guardava incantata, e le bianche mani pareano
aver segnato tutta quella sinfonia di linee e di simboli sulle
pareti. I pipistrelli con strani voli le girarono attorno. Le
nere ali nei moti parevano ansare, e nella sua esaltazione
Quiteria giunse a credere per un momento alle fole ed alle
rievocazioni dei castelli incantati.
Le cose pi strane, pi fantastiche, pi immaginarie le
passavano nel cervello.
Le pareva che il cavaliero graffito // il quale atterrava il
drago, al fianco di quelle lettere che non riusciva a leggere,
picchiettate di ricami e di stelle e di lune radianti, le doves
sero come per incanto far aprire le porte del castello, farle
luce e prenderla in groppa del cavaliero fatato.
1-4. Essa...confortavano.] Essa era divenuta come langiolo dei sotterra
nei, delle grotte, e gli insetti, gli strani uccelli erano suoi consolatori.

Quelle cose per le quali (Tutto quello pel quale) prima |aveva| provato
( provava) ribrezzo (ripulsione), ora, la confortavano ( confortava,)
ed il gridio stesso tetro e cavernoso, le dava una serena compagnia.9.
il movimento] il movimento (il moto)10. posta] /posta/dallIddio,] |dall|Iddio|,|le] /le/15. i compagni,] i compagni (agli altri
uccelli bgli altri ||compagni|| (uccelli)),20-21. nella...credere] nella
sua esaltazione (lesaltazione di) Quiteria per un momento2 giunse a cre
dere122. dei castelli incantati.] dei terribili castelli |incantati|.28.
incanto] incanto ( incantamento)castello, farle] castello, e farle

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POMPEO CALVIA

Le stelle si moltiplicavano minutissime: perch tante stel


le? perch due angioletti con un fiore di giglio?
Bello! Bello! esclamava Quiteria, sempre in quella
dolce estasi, sorreggendosi sulle punte dei piedi, le quali
quasi insensibili parevano non provassero pi la percezio
ne del pavimento.
La fanciulla avea dimenticato le tetre ombre dellambien
te, e divinava la luce, e tutto era luce attorno, con delicatez
za di colori, in quel sublime oblio.
Ancora i profumi si moltiplicavano, // e le pareva che gli
arancetti olezzassero attorno, e la spirituale essenza di quei
fiorellini vagasse come le stelle.
Ma dimprovviso tutto tacque, e linfelice cadde sul tavo
laccio. Anche la lanterna le scivol di mano, e si spense con
rumore sordo. Un freddo sudore le ricoperse il viso: ebbe
timore.
Chiam Iddio.
Ma Iddio voleva che soffrisse ancora.
Dopo poco per quello stato di eccessiva prostrazione si
calm alquanto: solo le rest nella bocca un sapore acre. Si
lev nella oscurit per cercare la brocca; fece alcuni passi ed
un piede sent il contatto degli aranci. Si chin e li raccolse,
portandoli rapidamente alle narici per gustarne il profumo.
//
Non cessava di deliziarsi in quella soavit piena di ricor
di.
Quanto tempo era passato!
Fu sotto gli aranci che una notte Cischedda, la vecchia
ancella, le disse che Pierino prima di partire per Sassari vo
leva dirle almeno una parola solo.
4. sorreggendosi] |sorreggendosi| (sorretta)5-7. provassero...dimenticato] provassero pi la percezione del pavimento sentissero la terra
sulla quale posavano. La fanciulla (Le pupille) avea ( aveano) qua
si dimenticato8. divinava] divinava ( divinavano)9. oblio] |oblio|
(dimenticare)10-12. e le pareva...stelle.] e e (le pareva che) gli
arancetti /che/ olezzavano ( olezzassero) attorno, e la spirituale essen
za di quei fiorellini vagasse come le stelle.15. sordo] ||sordo|| (dolo
roso)15-16. le ricoperse...timore.] le ( la) |ricoperse il viso:| (prese
per pochi istanti,) ebbe timore.23. gustarne il profumo.] ||gustarne||
(sentirne tutto) il profumo.

Lautografo di Quiteria

I frutti sotto la luna parevano come testine di bambini


che curiosassero.
Pierino, bello come una stella, le venne incontro. Le avea
detto sorridendo che parlasse piano assai, perch non sen
tissero.
Chi?
Non ci nessuno! guarda!
Quiteria avea guardato.
E Pierino: Non ti sembrano tante teste di bambini cu
riosi, gli aranci?
Son teste dAngioli avea risposto Quiteria. Non ri
feriscono, amore mio.
E Pierino la baci nella bocca, ed in quel punto le parve di
essere // in Paradiso fra gli Angeli.
Come dur poco tutto!
Quiteria afferr larancio con la punta delle dita ma le
scivol.
Larancio rotol un poco sul piano inclinato del suolo. Si
chin per raccoglierlo, brancolando con le meni nel buio.
Ne trov due vicinissimi: li raccolse e le ritorn questidea:
che li aranci siano delle testine davvero e si capiscano tra
di loro?
Ebbe timore di morsicarli perch non piangessero.
Ma larsura aumentava.
Allora ficc i bianchi dentini sulla buccia, fece un piccolo
foro, succhi il delizioso nettare.
La buccia non la gett, ma posela sul pagliericcio vicino
al capezzale.
Rievoc altre gentili immagini, poi pian pianino si distese
sulla paglia e // cominci a prender sonno.
Dimprovviso per si riscosse, e si sollev sul pagliericcio
come colta da unidea subitanea.
Quelle parole del boia pronunziate lentamente allorec
chio, le erano apparse nel sonno.

10. aranci?] aranci11-12. Non riferiscono, amore mio.] Non riferi


scono, /amore mio./21. che] Che26. foro, succhi] foro|,| e suc
chinettare.] nettare, e si sent |ravvivare| (ristorata).34. le erano
apparse] le si erano apparse di udire (affacciate)

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POMPEO CALVIA

Le pareva che una voce segreta le ripetesse: Togli la pie


tra, toglila.
Quiteria per una certa quale indolenza cagionata da ec
cessiva stanchezza si chin di nuovo sul pagliericcio, ma la
voce incalzava sempre, e pareva volesse penetrarle in tutto
il sangue, nei nervi, come una febbre maligna.
Sentiva di non potersi pi opporre a quellinsistente gri
do, che martellava sul cervello.
Si diede allora a palpare con le mani sul muro.
Le pareva che i graffiti le pungessero le dita delicate. //
Tastava e si riposava scoraggiata, ma la voce insisteva col
suo grido speciale.
I suoi sforzi erano inutili.
Prov a dar dei pugni sul muro.
Sent spostarsi una pietra.
vero, non il sogno! esclam.
Che sar mai?
Si ferm un poco.
Provava piacere a prolungare la curiosa aspettazione.
Pel suo animo che molto avea bisogno di dimenticare,
tutto era utile, ed il cervello pareva cercare in quella ango
sciosa solitudine la moltiplicit delle distrazioni nelle cose
pi impercettibili.
Mille idee le si affollarono, e fra le altre questa: Le pietre
cadranno una dietro laltra, e mi trover in un vasto sotter
raneo dove una mano ignota mi condurr fra le braccia del
// mio Pierino, in faccia al mare azzurro, al cielo azzurro.
Ma questidea era troppo bella e troppo doloroso era il
risveglio per volerla cullare a lungo, e tosto la rigett richia
mando invece unidea pi cruda.
Una mosca pass ronzando.
Ooo Oooo oOOO Ooooo.
Quel ronzio le diede limmagine di tanti oo di color ver

10. i] |i| (le)delicate.] delicate come tante spine.13. I suoi...inutili.] |I suoi sforzi erano inutili.| (Ma niente, niente.)15. spostarsi]

spostarsi (ritirarsi)27. Pierino...azzurro.] Pierino, |in faccia al mare


azzurro, al cielo azzurro.|30. unidea pi cruda.] unidea pi cruda, pi
fiera, perch il rapido contrasto la riponesse nella dura realt.

Lautografo di Quiteria

de, e che simpicciolissero a mano a mano che si allontana


vano, quasi cantati in un tono minore da una piccola anima
ammalata.
Un insetto le punse la guancia. Vi pass tosto istintiva
mente la mano, ed il profumo dellarancio che sera appici
cato alle dita le ricord la voce del Boia che disse di nasco
sto, ma non cos piano che essa non lo sentisse, abituata ai
pi impercettibili suoni e rumori: //
Lasciali cadere per terra gli aranci. Va.
Quel giovinetto bellino, paffutello, coi capelli neri neri e
gli occhi biricchini, lasci cadere ridendo gli aranci. Anche
il babbo sorrise.
Dunque quella era gente buona? Perch allora non
smuovo la pietra? Perch f ritardare il bene se bene?
Ogni minuto di ritardo pu essere fatale.
Ebbe un tremito singolare e sorrise. La mosca seguiva i
suoi Ooo lamentosi. Ma quelli Ooo non eran pi verdi ma
azzurri e pallidissimi. E tutto azzurro le pareva intorno, ma
un azzurro senza fine e senza nessuna gradazione e sfuma
ture da nessuna parte.
Tutto rientr nel silenzio. Quiteria spinse la mano e la
pietra oscill. La inclin alquanto e la fece incassare quasi
tutta nella // parte destra, dovera un crepaccio.
Quiteria spinse con forza altre pietre ma nessuna pietra si
mosse. Eran tutte benissimo unite e solide.
Che voleva dir questo?
Che ci era in questo buco del muro?
Introdusse la mano e le dita si posarono su di un pugnale,
che al tatto riconobbe pel pugnale di suo padre, e che il boia
le ritolse nei sotterranei.
Non rabbrivid, non trem, pens solo serenamente: Il
boia ha trasportato la scala e la corda insanguinata.
Il boia prima di obbedire a stringere sul mio collo la cor
da, mi ha voluto rallegrare col pi soave profumo, col pi
dolce sugo.

10. bellino] bellino ( bello)13. buona?] buona? ( buona.)14. Perch] perch ( e f)19-20. e sfumature] /e sfumature/29. e] e ( ch)

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POMPEO CALVIA

Il boia mi vuole bene dunque? Il poveretto non vorr


macchiarsi del mio sangue innocente.
Ha tre figli anche lui. //
E mi ha posto nelle mani questo pugnale Solo perch
dia fine ai miei giorni, qui, senza una parola di sollievo, sen
za rivedere prima nemmeno la volta del cielo.
Dio mio, Ges mio, troppo tetra qui la morte, troppo
oscuro qui il distacco dellanima.
No! no! qui no voglio morir. No. Meglio fuori, allaper
to se viene con lalba la morte.
La morte con lalba, in faccia al sole nascente, che illu
mina lultima preghiera, e manda i profumi che offrono al
Maggio le rose.
Meglio fuori allaperto. Sento che innanzi al mio cada
vere oscillante unanima innamorata raccoglier la vendet
ta che purifica i destini della patria.
Cos sublime la morte, n vi per me dolcezza che la
ragguagli. In te si riposano // gli eroi ed i martiri come sulle
bionde chiome dun angelo, o morte. Mano guidata dal de
stino, deciditi. Lenisci tutti i dolori, gli spasimi pi atroci.
Le goccie di sanguinosa agonia scorreranno sulle tristi ani
me come pece bollente in eterno. E la maledizione, come le
procelle squarciano labisso, squarcier i loro sonni spaven
tosi, ed i sonni dei figli che hanno ereditato il male col pec
cato Ma che vado dicendo io mai? Perch le mie imma
gini si offuscano come un turbine di mostri alati che cuo
prono il sole? Vuoi cuor mio farti reo e maledire? Non hai
pur troppo appreso che non sempre la terra pu consolare?
e che a chi porta amore fra gli uomini, come mio padre,
linganno e lastuzia gli apportano fiele e spine! O pace! solo

2. del] ||del|| (col)4. Solo perch] |Solo| perch ( Perch)6.


la...cielo] ||la volta del cielo|| (un raggio di luce)11-12. illumina]
tillumina12. e manda] e (che ti) manda12-13. che offrono...rose.]
||(che offrono al Maggio le rose.)|| (che il Maggio ruba alle rose.)17-18.
Cos...eroi] ||Cos || Sublime la tua morte, ( []) o carnefice, n vi
/per me/ dolcezza che la ragguagli. .In te si riposano (aSu di te si poggia
no bIn essa ( Su di te) si |riposano| (poggiano)) gli eroi19. guidata]

guidata (sacrata)26. turbine] turbine (volo)26-27. cuoprono]

cuoprono (offuscano)29. come mio padre,] /come mio padre,/

Lautografo di Quiteria

tu mi darai, o carnefice! E se le tue mani distruggono tutte


le cose buone e pure, lanima dAmore // le rinnovella
Una chiave con leggieri scricchiolii entr nella serratura.
Quiteria sent togliere il catenaccio, sent chiamarsi, ma
non rabbrivid. Avvicin solo la mano per riparare gli occhi
dalla luce troppo viva di una fiaccola.
Seguitemi senza timore figliuola disse il carceriere.
Quiteria si accorse che imprudentemente teneva in mano
il pugnaletto di suo padre avvolto nella fodera rossa. Con
atto istintivo di paura, quasi temendo di essere sorpresa,
lo nascose.
Gabinu Sura finse di non essersi accorto, e diede la mano
alla giovinetta avvertendola che verano dei gradini alquan
to smossi e pericolosi.
In un modo sha da morire esclam Quiteria.
Siete ancora troppo giovine disse il boia.
E non mi conducete forse al patibolo?
Il boia tacque. //
Son rassegnata a tutto. Iddio mi ha esaudito nelle mie
preghiere, ed ha posto questa forza che vedete, questo co
raggio nel mio debole cuore.
Dio Sia lodato esclam il Boia, e condusse Quiteria at
traverso un piccolo corridoio dove eravi una porticina tinta
di rosso. Gabinu Sura lapr, e condusse linfelice Quiteria a
rivedere le stelle.
Quellaria fresca la rianim ed in un attimo parve le desse
tutta lenergia perduta. Il cortile del Castello era immerso
nel silenzio.
Nel mezzo si ergeva il pozzo, dove ad un cilindro di legno
erano arrotolate molte funi per tirar le secchie dellacqua.
Le finestre gotiche attorno al cortile parevan vecchie fine
stre di un convento abbandonato. //

1. E se le tue mani] |E se| Le tue mani8. imprudentemente] /impru


dentemente/10. paura] |paura| (timore)13. giovinetta] Giovinet
ta20. che vedete] /che vedete/22. lodato] lodato (laudato)23.
una porticina] una piccola porticina30. dellacqua.] dellacqua, di
varie grandezze, abbandonate sul ciottolato.31. gotiche] /gotiche/
parevan vecchie] parevan come vecchie

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POMPEO CALVIA

Una sola finestra era illuminata, e dietro i vetri a colori,


si vedeva una testa che si avvicinava e sallontanava tratto
tratto.
A destra disse Gabinu Sura, e fece salire Quiteria per
5 una scala esterna coperta da un loggiato.
Ora a sinistra esclam il carceriere.
Quiteria stava per dimandare: Ma sono sui tetti le for
che?: tacque per, e segu a salire.
Essa non cercava che la morte, la morte solo. Da tutto ci
10 che esisteva non poteva venirle che dolore, ed era troppo
stanca, troppo scoraggiata.
E stava gi immaginando, di immergersi rapidamente nel
cuore il pugnale che teneva in mano, e di morir l, in alto, in
faccia alle stelle che parevano guardarla.
15
Se eran luci di angioli erranti, avrebbero avuto piet di lei.
Non vedono tutto ci che succede quaggi le stelle?

12-13. immergersil] |immergersi| (ficcarsi) rapidamente1 il pugnale4


che teneva5 in mano6, nel2 (dentro il) cuore3, e di morir l,714. parevano guardarla] /parevano/ guardarla ( guardavano)16. Non vedono...
stelle?] Non .vedono (vedevano) tutto /ci che succede/ quaggi le stelle?

Lautografo di Quiteria

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Capitolo XV
E sal. Non passi di scolta sudivano sulle mura, non grid
di uccelli sinistri per lalta torre.
Gabinu Sura fischi nel silenzio.
Quiteria sollev gli occhi, e penetrata quasi dalla pace che
mandavano sulle cose le stelle, pens: Come soave vive
re! Ma come devesser pi soave la morte?! Abbasso.
Nelle scuderie si sentivano leggieri scalpitt di zampe fer
rate.
Arrivati in cima alla scala, dovera un ballatoio di legno,
si apr una porta e comparve un cavaliero.
Gabinu Sura senza esser visto strinse la mano di Quiteria
con affetto. La giovinetta parve capire quellatto e ricambi
con pari affetto la stretta di mano.
Cominciava ad affezionarsi a quel povero uomo dal viso
duro e dai lineamenti // arcigni, ma forse dal cuor doro.
Gabinu Sura salut con un profondissimo inchino e
spense la fiaccola.
Scese alcuni gradini, pose la mano alla cintola dovera lo
stocco, lo palp, assent con la testa, risal leggermente, in
modo da non poter esser udito, i pochi gradini, e stette in
attesa con lorecchio presso la serratura.
Il cavaliere chiuse la porta e con voce che voleva parere
dolcissima disse a Quiteria: Vindovinai che venivate e
la prese per mano delicatamente, conducendola nellaltra
stanza.
Chiuse anche questa porta.
Entrate, entrate segu a dire, con affettata tenerezza.
Ho bisogno solo di dimandarvi certe cose: non abbiate pau
ra, siete in casa mia ora, non nei sotterranei, dove impera
crudelissima la legge. Povera figliuola, venite.
Quiteria lo segu. Si sent un // piccolo rumore alla porta.
Non ci da temere disse il cavaliere il vento.
Quiteria non rispose. Si trov quasi dimprovviso in un
ampia sala splendidamente illuminata.

15. stretta di mano.] stretta |di mano|.20. alcuni] alcuni ( [])29.


tenerezza.] tenerezza35. rispose. Si] rispose. Si ( rispose e si )

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POMPEO CALVIA

A Quiteria pareva daver sentito ben altra volta questa


voce, e pensava: Dove, Domine, ho conosciuto questuo
mo? e si sentiva irritata dal timbro di quella voce, cos
poco adatta a raccomandarsi.
A primo aspetto per natural contrasto, si sent abbagliata
da tutta quella luce che dai lumi si rifletteva sulle tende, sul
le colonne dorate del letto, sui cortinaggi, sulle cornici dei
quadri, sui bicchieri od altro vasellame della mensa.
Sedetevi, che molto stanca dovete essere disse il ca
valiero, e fece cenno dadagiarsi, con la mano stretta nel
guanto candido.
Quiteria si sedette piena di meraviglia, innanzi ad una
stoffa azzurra // dovera ricamato uno scudo cinto di rabe
schi, ed attorno il moto: Semper Bonafides.
Quiteria chiuse gli occhi.
Sorridi disse il cavaliero, sedendosele innanzi, non
sazio di affondare gli occhi in tutte quelle meraviglie sedu
centi delle forme.
Come dolce vivere cos esclam con delicatezza.
Oh! cos dolce in ammirarti, lontano dai pensieri delle
armi, degli affari, del Re.
Quiteria sollev la testa con regale atto superbo. Questa
voce le pareva un rigagnolo che scorresse tra pietre pregne
di materia gialla, che imputridisse anche i grandi mazzi di
rose.
Avvicinatevi! avvicinatevi le disse il cavaliero.
Quiteria riconobbe allora il Conte di Bonafides, colui il
quale avea ordinato al boia di // far pi rapidi i giri di corda
della tortura, e di passare i ferri roventi sui piedi nudi di
Mauro Puliga legato sul tronco di quercia.
Il Conte di Bonafides indossava un candidissimo giusta
cuore di seta, con ampio collare ricamato che le copriva
met della nuca. Maglie avea bianche parimenti e scarpette
di raso. Alla cintura teneva un pugnaletto con manico doro
tempestato di gemme.

11. candido] candido e lucido.19. delicatezza.] delicatezza24. che]

che (ed)25. rose.] rose cherano dentro i calici.35. tempestato]


||tempestato|| (screziato)

Lautografo di Quiteria

I pochi capelli della testa eran ricciuti ed ondulati pei


molti aggrovigliamenti di ferro, ed aveano quel nero e
quellodore dellessenze di chi sunge per attutire odori e
magagne.
Il viso labbiamo altrove descritto; aggiungeremo solo
che gli occhi erano pi infossati e le ciglia pi appicicate
ai rossi bordi che contornavano le pupille ed il giallo della
cornea. //
Sul viso era stata passata molta cipria e molto unguento
per nasconder le grinze e le screpolature per le escoriazioni
di mali segreti.
Teneva in testa il cappello piumato alquanto indietro, per
lasciar vedere la fronte, doverano ancora le traccie di una
fronte bella ma non serena.
La luce che emanavano i candelieri e le lampade appese
alla soffitta dettagliavano tutti i vizi di quella fibra sciupata.
Quiteria sollev alquanto gli occhi, ma in tutti i prismi
di cristallo appesi e pendenti dalle lampade, si muoveva in
mille posizioni quel demonio.
Quiteria distolse rapidamente gli occhi e li port al ca
pezzale del letto per cercarvi unimmagine sacra.
Gli ampi cortinaggi del letto nascondevano un po dan
golo il capezzale, dentro il quale era // appesa una ninfa,
dentro una cornice di stile sacro.
Sotto il quadro invece della lampada era un piccolo ar
madietto nero, con dentro delle fiale di vetro colorato.
In una eravi scritto: Acqua tofana.
In unaltra .
In due altre piccole: Orpimentus.
Quiteria lesse senza capire.
Volete sempre restare cos taciturna disse il Conte.
Oh! se sapeste che pena mi avete fatto nel pensare a voi.
Ero solo, qui, nella stanza, solo solo come un cane.
Ho fatto apparecchiare, ho provato a prender cibo, ma
non sentiva voglia alcuna di mangiare. Voi mi stavate sem
pre innanzi agli occhi.

7-8. della cornea.] /.della cornea./15. La luce] La luce ( Le luci)16.


fibra] fibra (carne)23. era appesa] era // era appesa

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POMPEO CALVIA

Io non ho pi nessuno. N moglie, n figli.


La mia sposa, la Duchessa Donna Maria di Castelvy, fece
la corbelleria // di andarsene in Cielo dopo due anni di ma
trimonio e ci volevamo tanto tanto bene.
Qui il Conte finse di asciugarsi col fazzoletto ricamato
due lagrimette, e mand due sospiri.
Quiteria taceva sempre.
Dopo le due lagrimette ed i due sospiri, avvicin alquanto
la sedia al sedile di Quiteria.
Vedete quanti cibi qui disse.
Ci sono anche le morene ed i porcellini di latte fatti ve
nire appositamente dalla Nurra. Eppure, guardate, non par
vero, da quel tavolo non ho tolto un ossicino dal porcetto
n una spina dalla morena. Mi vedevo cos, solo, solo, solo.
Mi venne quasi voglia di piangere. Ho pensato a voi allora.
Facciamo del bene a chi soffre, dissio.
Questa frase la modul quasi con inflessione patetica di
canto, // e si avvicin con indifferenza molta un altro poco
al sedile della giovinetta, la quale guard con occhi cupi
dissimi, cercando di spiare tutte le sinuosit attraverso le
pieghe della veste.
Rimaneva affascinato dalla folta capigliatura nera, dentro
la quale come in una borsa di velluto nero pareva dormire
un gran fiore, sfinire un gran fiore.
I grandi mazzi di rose eran preparati con arte sul tavolo,
tra i calici e le anfore piene di vini di Xeres e di Milis. Pitture
rappresentanti delle veneri erano appese alle pareti.
Il letto, con due guanciali di seta, coi lenzuoli alquanto
rimboccati pareva aspettare.
Per terra veran tappeti profumati di seta e di pelli morbi
dissime. Sui tavolini specchi, cassette aperte di profumerie,
// ventagli, scatoline cesellate colme di collane e di minu
terie.
Via, parlate disse il Conte.
2. Donna] ||Donna ||18. canto,] /.canto,/20. spiare] spiare ( spiar
ne)22. folta] ||folta|| (immensa)27. rappresentanti delle] rappre
sentanti delle (di) veneri e di mitologia erano28. di seta...lenzuoli]
di seta, pareva pronto, coi lenzuoli29. pareva aspettare] |pareva aspet
tare|

Lautografo di Quiteria

Vi piace questa mia stanza?


Ma perch non mi date nessuna soddisfazione? Vole
te andarvene? Volete ritornare in prigione tra il terrore, le
immondezze ed il tanfo? Preferite riposarvi, se pu dirsi ri
poso, su quel duro tavolaccio, dove prima avr dormito un
ladro od un impiccato.
Ohi! esclam Quiteria cuoprendosi gli occhi quasi le
fosse apparsa limmagine duna forca.
Vedete! voi stessa tremate. Io non voglio farvi del male.
Ed avvicin un altro poco la sedia, ma impercettibilmen
te, per non dar sospetto, da uomo consumato che conosce
molto bene larte sua.
Oh! se voi vedeste il mio alloggio in Barcellona. // Que
sta una camera improvvisata: il tapezziere di Donna Rosa
mi ha contentato poco.
Quiteria trasse il rosario e cominci a pregare.
Il conte si sent vieppi eccitato da questa sentimentalit
religiosa, e con limmaginazione denud questo corpo di
fanciulla che dovea esser divinamente bello.
Questo un nuovo godimento per le mie carni infrolli
te. Io la ho nelle mie mani, io posso su lei, ed invece io vo
glio soffrire e lottare pensava il conte. Io voglio sentire
a colpettini, come punzecchiature, tutti i brividi dellamore.
Questo il segreto.
E guard le pitture appese ai muri, ed il letto dai lenzuoli
profumati che aspettava.
Il cervello pareva volesse scoppiargli, ed il cuore gli batte
va forte, e per lo sforzo delleccitamento // credette allillu
sione che gli fosse ritornata la viril forza perduta.
Soffriva troppo. Si lev il cappello e lo depose sul letto,
discese la tenda di seta della finestra ed apr le imposte.
Quellaria fresca gli apport un po di calma, ma fu mo
mentanea, imperocch attorno attorno sentiva strisciare
come serpentelli veneri nude, ed i profumi e le luci gli pare
7-8. quasi...forca.] quasi le fosse apparsa (con) limmagine duna forca
erettalesi innanzi agli occhi.9. voi stessa tremate.] voi stessa ne tre
mate.11. sospetto] sospetto (apprensione)13. in Barcellona.] /.in
Barcellona./22. lottare] lottare nel godimento29. perduta] ||perdu
ta|| (giovanile)

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ano come bocche piccoline che sattaccassero ridenti, simili


ad un volo di strane farfallette.
Tu sei immune nel pericolo e preghi, rassegnata, ed io
invece mi struggo come un matto che nel pieno possesso
di ci che ha, ed ha desiderato da tempo, e non vuol toc
care, e non vuole ottenere senza prima picchiare alla porta
di quellanima, perch lanima gli risponda: Chi sei? Io
sono il pellegrino // che ha sete, io sono il pellegrino stanco,
io sono linfermo che tu puoi sanare. Aprimi. Oh! non mi
rispondere: e che cosa vuoi tu? Tu cos buona perch me lo
domandi? Aprimi.
Ma la porta era sempre chiusa.
Il conte allora delirante diede un grido, e la vergine si
scosse.
Maria Santissima esclam, e le cadde il rosario di
mano.
Il Conte si chin e lo raccolse, e lo pose attorno attorno al
collo di unanfora, come segno di vittoria infernale.
Ma quel piccolo Cristo oscillante lo conturb. Allora per
non vedere la crocetta la ricoperse con delle rose che distac
c da un mazzo.
La campana della torre suon quattro colpi lenti e lugu
bri poi seguirono altri colpi lentissimamente tetri. //
Campana maledetta, taci, chi tha dato lordine A
s
Chiuse il balcone e scese anche le tendine perch il suono
vi fosse attutito.
Infatti le oscillazioni erano appena impercettibili di quel
lento ritocco che dovea precedere limpiccagione.
Allegra! allegra! bella fanciulla. esclam il conte, to
gliendo un calice chera quasi coperto di fiori, e ricolman
dolo di vino, il quale traboccando si rivers sulla tovaglia
ricamata.
Avvicin alle labbra il liquido, e chinandosi con atto di
raffinata cavalleria disse a Quiteria:

23. poi...tetri.] |poi seguirono altri colpi lentissimamente tetri.|27. vi] /


vi/29. lento ritocco] |lento ritocco| (suono)32. il quale...rivers] il
quale ||traboccando|| (alla sommit del calice) si rivers

Lautografo di Quiteria

Bevete, che guarisce ogni dolore!


Ma la giovinetta rifiut con un cenno della mano.
Il conte pieno di stizza ma fingendo sorridere col suo
sogghigno da Demonio esclam: Ah! ah! volete imporvi
allora Ho capito. Io avea deciso di usarvi tutte le cortesie
immaginabili, i pi gentili modi. // Badate che io non sono
uso a ricever mai dinieghi da nessuno. Io son perfetto cava
liere sempre, ma alloccorrenza non aggiungo altro, e
per impaurirla prese un lume con la sinistra e con la destra
strinse una mano di Quiteria e con forza sollevando il viso
con alterigia, lattir innanzi al piccolo armadio nero dove
erano le fiale dei veleni.
Guardate disse con voce misteriosa, avvicinando il
lume. Quel primo vasetto a destra contiene il licore ter
ribile di Geber, larabo che avea confidenze con linfer
no. Bastano pochissime goccie sulla pupilla perch anche il
toro pi forte muoia dopo poco, e il Cristiano mal capitato
che ne fa uso perisca fra gli strazi e le maledizioni al Creato
re. Vuoi tu morire rinnegando? //
No! no! dov il rosario grid Quiteria.
Ma il Conte non le diede tempo di afferrare la corona, e la
strinse pi forte per la mano morbidissima.
Guarda, questa lacqua tofana. Presa a piccole dosi ti
avvelena lentamente, ma bevuta dentro lacqua, dentro il
vino, tanta, quanta ne cape in una noce, ti d il benessere
per quattro, cinque, sei, sette ore, secondo la resistenza e
let, e poi ti ammazza e ti copre tutta la persona di pustole
puzzolenti e nauseanti. Io ne ho gi fatto esperimento con
esito, vero e nel dir questa frase con la coda delloc
chio guard limpressione che esercitava sulla giovanetta.
Quiteria ruggiva internamente. Il velo che le annebbiava
gli occhi le si squarci. Tutto // ci che a lei era impossibile
comprendere si affacci terribilmente al suo pensiero, sen
za uno scampo. Vedeva la brutalit in tutta la sua bassezza,
schizzante da quegli occhi lordi di cupidigia.

6. modi] /.modi/32. occhi...Tutto] /.occhi le si squarci. Tutto/a]


a ( ad)33-34. senza uno scampo.] senza |uno scampo.| (unuscita)

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POMPEO CALVIA

Dunque, che cosa credi di fare, stolta creatura? disse


il Conte.
Quiteria teneva una mano stretta in quella mano assetata
di carezze e di deliri.
Dunque! segu il Conte perch non mi vuoi tu ca
pire? Non sai tu che questo che mi palpita da giorni, per te
nelle vene, amor vero, delirio che mi ha tolto il sonno,
i pensieri mi ha tolto e la calma, a tal punto che io sento
vicino la morte.
Non capisci che io ti amo, ti amo.
Vuoi che ti ripeta questa parola, qui inginocchiato, ado
randoti come una santa. Vuoi questo? E le ricopr di baci
le mani. //
Quiteria lo respinse. Quei baci le facevano ribrezzo.
Il Conte ansava, sudava come un animale ammalato, con
la fronte e le guancie impiastricciate di rigagnoletti neri per
le tinture che si scioglievano.
Che cosa vuoi perch tu s mia?
Quiteria pallidissima fece uno sforzo per rispondere e gli
dimand:
Dove sono i miei fratelli parla!
Che idea! io non so.
Come, tu non sai? Oh! questo solo io voglio, rivedere
i miei fratelli. Dove sono? conducimi presto dentro le loro
prigioni, tu lo puoi.
S, posso tutto disse il Conte. Ma prima giurami che
sarai mia. Vedi quanti godimenti ci attendono, quante gioie
attorno e si slanci per stringersela al petto. //
Quiteria si studi di nascondere il turbamento interno.
Si lasci prendere la mano per poterlo dolcemente condur
re vicino ad un divano chera isolato, con pelli di tigre per
terra.
3-4. mano...deliri.] mano che non comprendeva pi assetata di carezze
e di deliri.12-14. E...respinse.] /.E le ricopr di baci le mani./ E le la
sci andare la mano, che riprese subitamente e ricopr di baci. Quiteria
(Essa) lo respinse.17. che si scioglievano.] |che si scioglievano|1920. e gli dimand] |e gli dimand|21. fratelli...parla!] fratellini,...
parla! - dimand.24. i miei fratelli.] i miei fratelli (quelle povere
creature, ricoprirle di baci.)30-31. dolcemente condurre] dolcemente
condurre (trascinare)

Lautografo di Quiteria

Il Conte si sedette e la guard estasiato negli occhi che


mandavano lampi.
Quiteria tolse la mano dal taschino temendo che il Conte
potesse indovinare. Si sedette vicino. Gli sentiva i battiti del
cuore. I piedi le scivolavano sopra quella pelle.
Quel lume mi d fastidio, in faccia, ho vergogna.
Oh! biricchina! spegnilo se ti fa comodo disse il Con
te.
Quiteria lo spense.
Dio! aiutami! esclam.
Si avvicin alluscio per sentire, e finse di spegnere altri
lumi. //
Nessun rumore si sentiva nella stanza attigua.
Allora si avvicin, allontanando una sedia.
Cominci ad aprirsi il corsaletto.
Il Conte gett uno sguardo pieno di volutt su quel seno.
Bella! Bella! grid non potendo pi rattenersi, e si ri
alz per abbracciarla.
Siedi, caro, un minuto ancora, se tu guardi cos non ti
fo piacere.
Il Conte chiuse gli occhi in attesa di quei baci. Qual
felicit. disse Vieni. Ti attendo.
S, amor mio esclam Quiteria, e gli ficc il pugnale di
suo padre Leonardo Alagon, insino al manico.
Il Conte aperse le braccia e ruzzol sulla pelle di tigre.
Quiteria inorridita rivolse lo sguardo per non vedere quel
mostro. //
Per un momento non cap nulla pi.

3. dal taschino] dal ( dalla) |taschino| (saccoccia)3-4. Conte potesse]


Conte non potesse6. in faccia,] |in faccia,|9. Quiteria lo spense]
Quiteria lo spense, soffiandovi sopra con piccoli sbuffi che tremavano a
sommo della fiamma.11-12. Si...lumi.] Si avvicin alluscio per senti
re,2 Fingendo ( fingendo) di spegnere altri lumi.1 Si avvicin alluscio
per sentire, e finse (Fingendo ( fingendo)) di spegnere altri lumi.15.
ad...corsaletto.] a ( ad ) aprirsi (sbottonarsi) il davanti del corsalet
to16. uno...seno] uno sguardo /in quella penombra/ pieno di volutt
su quel ( quella) ||seno|| (amussola che gi sprigionava il seno bmussola

dalla quale (che) gi sprigionava il seno).19-20. ancora...piacere.]


ancora, ||se tu guardi cos|| non ti fo piacere se vedi.

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POMPEO CALVIA

Corse per la stanza, articolando dei monosillabi, guar


dando tutto con gli occhi vitrei, immobili, parendole che
tutto la dovesse fermare, per domandarle stretto conto di
ci che aveva fatto.
Il sangue del cadavere zampillando dal cuore cominciava
a scorrere in rigagnoletti per la stanza.
Quiteria fece alcuni passi per scansare quelle quelle mac
chie rosse.
Le parve che il rumore dei suoi passi dovesse chiamar
gente. Si ferm tosto con le mani sul cuore.
Oh! il cuore, come le batteva forte, le pareva che anches
so dovesse chiamar gente, svegliare tutte le scolte coi suoi
moti. Tese lorecchio. Tutto era silenzio, non si udiva il pi
impercettibile rumore. Le orecchie le zufolavano. Non //
sentiva pi nulla. Silenzio
Vergine Santa, ti ringrazio disse giungendo le mani.
Tu non hai permesso questoltraggio.
Ed altro non disse.
Forse fu quella la preghiera pi perfetta, pi Santa, pi
sincera, pronunziata in quel momento sulla terra.
Si sent sollevata dopo quellaccenno di preghiera, sebbe
ne si sentisse debole. Cap per che dovea farsi coraggio, e
tutte raccolse le energie con un comando imperante sulla
sua volont.
Si sedette con le spalle rivolte al cadavere. Innanzi le stava
il letto col lenzuolo candidissimo rimboccato per coprire le
attese dolcezze.
Sulla coltre eran molte rose dischiuse. //
Si gir. Credette sentire dei passi.
Niente.
Il morto era sempre fermo l, col sangue che scorreva e le
avea inzuppato il colletto bianco, i guanti bianchi.

1. per...articolando] per la stanza, sconvolta, articolando5. del cadavere] /del cadavere/7. Quiteria fece] ||Quiteri|| Fece9-10. Le...gente.] ||che|| Il rumore2 dei suoi passi le parve1 che dovesse chiamar gente.
21-22. sebbene...debole.] sebbene si sentisse debole (ma saccorse della
estrema debolezza che la prendeva improvvisamente).29. Credette...
passi.] Credette (Le parve) sentire |dei passi.| (un movimento.)

Lautografo di Quiteria

La faccia era orribile a vedersi, con gli occhi aperti. Ma


ci che era pi orrido e che non si poteva fissare, era la boc
ca infernale, coi baffi appuntiti.
Distolse lo sguardo. Si sentiva perseguitata. Cerc di
guardare fiso il cadavere per dimenticare. Allora si avvicin
al letto, strapp il lenzuolo, il quale nello strisciare che fece
parve ridere sghignazzando. Trascin la bianca tela // e la
butt sul cadavere.
Il lenzuolo prese subito la forma umana, e nel mezzo si
macchi di sangue.
Ed ora che faccio qui disse, in preda ad un dolore
che le toglieva quasi la ragione. E gir lo sguardo interro
gando tutti gli oggetti, ma nessuno le rispondeva e tutte
le cose guizzavanle nel cervello con ridda vorticosa come
saette che sincrociassero, si infrangessero, con moti sordi,
incomprensibili.
Le ronzavano le orecchie producendole traffiture cos
acute, che ne disperava per lo spasimo.
Non poteva pi, era troppo, troppo il martirio suo. E spa
lanc gli occhi, irrigidite le pupille. Fiss i vasetti di veleni
posti nellarmadietto nero. Mandavano dei riflessi pieni di
tentazione. Mentre prima aveva rabbrividito nel sentire la
infernale // spiegazione che quel mostro le avea fatto, ora
invece quelle scritte, quel nome arabo di Geber erano come
unancora di salvezza.
Sera operata una repentina trasformazione dentro quel
cervello.

1. era] era ( [])3. appuntiti.] appuntiti come due punte di stilet


to.4. Distolse...sentiva] Distolse (Essa ritrasse) lo sguardo. (Le pa
reva di vedere muoversi quei baffi. Era un punto estremo del baffo che le
si era impresso nel cervello, e che pareva rider sempre, sinistramente). Si
sentiva5. dimenticare. Allora] dimenticare. Tutta la stanza era qua
si (pareva) invasa da quel riso sinistro. Allora9-10. e nel...sangue.]
/e nel mezzo/ si macchi di sangue nel centro.12-13. E...nessuno] E
gir lo sguardo interrogando tutti gli oggetti, su quello che dovea fare:
/ma/ nessuno14. con ridda vorticosa] ||con ridda vorticosa||16-17.
incomprensibili. Le ronzavano] incomprensibili, non sentiti mai. U. u.
uu. u... Uuuuu parevano dirle solamente lanima delle cose. Le ronzava
no20. i] i ( I)24. erano] ||erano|| (le parevano)

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POMPEO CALVIA

Le fiale dal colore biondo delloro, dello smeraldo, del to


pazio, della tinta pi pura e trasparente del cielo, occhieg
giavano e sorridevanle. Anche i turaccioli come bocche di
amanti sinceri invitavano ai baci consolatori.
Pareva a Quiteria che tutti i profumi dei fiori si sprigio
nassero da quelle fiale, che avea collocato l una qualche fata
gentile e benefica. //
Le parve che un nastro le cingesse leggermente il collo,
attirandola soavemente, convertendosi poi come per incan
tesimo in una manina che le aprisse una fiala di veleno e
gliela porgesse.
Chi gliela porgeva, chi gliela dava? Lavea essa bevuta?
S, no, s. Dio mio!
La fiala le cadde di mano quasi vuota, rimbalzando con
un sorso rumore sul pavimento.
Quiteria si scosse tutta, ebbe timore. Si fece il segno della
, chiuse gli occhi per non vedere il cadavere, e tenendosi
quasi tentoni alle pareti arriv alluscio. Laperse. Attraver
s il piccolo camerino e gir la chiave chera nella serratura
della porta. La campana della torre // seguiva i lenti rintoc
chi, nella calma della notte.

1. dal] dal ( del)2-3. occhieggiavano e sorridevanle.] parevano


occhieggiavano ( occhieggiare) e sorridevanle ( sorridere).4. invitavano...consolatori.] invitavano |ai baci consolatori|.6. fiale] ||fiale||
(animuccie)7-11. benefica...porgesse.] benefica. E (Parevano) can
tavano ( cantarle): Vieni! vieni! noi ti daremo lebrezza, la gioia pi pura,
in braccio allideale. - Vieni, vieni ed i lunghi raggi che si sprigionavano,
ripercotendosi nelle pupille le davano limmagine di tante manine rosee
che la stringessero, slanciandole per avvilupparla dei lunghi nastri di seta
dai vaghi colori iridescenti come larco baleno. | aLe parve bCredette
(Le parve) /Sent cingerla il collo/ che un nastro le ||cingesse|| (passas
se) leggermente attraverso il collo, attirandola soavemente, converten
dosi poi come per incantesimo in una manina che le ||aprisse|| (apriva)
una fiala di veleno e gliela |porgesse|(porgeva).17. ] Santa 21.
della notte.] della notte, come invocazione al Dio supremo.

Parte Terza

Lautografo di Quiteria

163

Capitolo XVI
Quiteria scese rapidamente le scale. La visione di quel
viso diabolico riapparve ai suoi occhi dimprovviso, ma to
sto spar.
Si sedette sui primi gradini del pozzo, ed appoggi la testa
// al parapetto: si sent unestrema debolezza.
Le stelle scintillavano sempre. Attorno spirava una solen
ne pace silenziosa, come in un sogno
Si udirono dei passi. Lombra si avvicin.
Quiteria! dove sei? dimand lombra.
Son qui disse Quiteria.
Ho dovuto abbandonarti, non ho potuto pi spiare, mi
chiamarono in fretta e sono accorso. Che stato, povera
giovine? disse Gabinu Sura, incalzandosi rapidamente
con le parole nel dimandare.
Rispose Quiteria: Col pugnale di Leonardo Alagon, che
tu mi hai dato, ho ucciso quelluomo.
Perch ti difendessi da quel mostro, io te lho dato. Il
mio cuore prevedeva gi tutto. Hai fatto bene, figliuola.
Perdonami se cos ti ho chiamato. // Presto, presto, qui tu
non puoi pi restare. Se no sei perduta.
Che mimporta! esclam Quiteria.
Che timporta! no, tu devi vivere ancora, sei troppo gio
vine. Non capisci che io Gabinu Sura, il pi terribile degli
uomini, il boia, ho giurato di salvarti. Devo salvarti a costo
di qualunque sagrificio.
3-6. Quiteria...sedette] Quiteria scese rapidamente le scale esterne sen
za che se naccorgesse. Cammin sui ciottoli del cortile come una sonnam
bula. Non avea pi timore di nulla, passata ||attraverso|| (sul crogiuolo
di) tante disgrazie ed (e di tante) umiliazioni. |e si trov nel cortile| La
visione di quel ( quella) ||viso diabolico riapparve ai suoi occhi dimprov
viso, ma tosto spar.|| (faccia sconvolta riapparve unultima volta ai suoi
occhi, ma tosto scomparve col solito sogghigno diabolico...) | Quiteria
si sent dimprovviso un gran dolore alla testa ed unestrema debolezza alle
gambe. Si sedette7. parapetto...debolezza.] parapetto: ( parapetto.)
|si sent| unestrema debolezza (dire)10. Si...passi.] Si udirono (sen
tirono dei passi) |Dei passi|.14-15. accorso...giovine?] accorso, che
stato, povera giovine19-20. Il mio...bene] Prevedeva gi tutto il mio1
cuore2. Bene3 hai1 fatto223. mimporta!] mimporta

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POMPEO CALVIA

La mia vita non val pi nulla.


Varr per un altro.
Per chi?
Per Pierino che ti ama al delirio e ti aspetta.
Pierino! dove Pierino? Mi aspetta Oh! fammelo ve
dere. Conducimi subito. Mi dolce morire fra le sue brac
cia.
No, tu vivrai. Seguimi, non abbiamo tempo da perdere.
Presto vien lalba.
Gabinu Sura condusse Quiteria // nella sua stanza.
Una lampada innanzi ad una madonna illuminava debol
mente la camera.
Quiteria corse ad inginocchiarsi ai piedi della immagine.
Gabinu Sura and in fretta ad un vecchio cassapanco e ne
trasse delle vesti di suo figlio e le present a Quiteria.
Vestiti quanto pi presto puoi con questi abiti, per non
esser riconosciuta dalle guardie che sempre vigilano.
Pierino ti attende.
Io esco ma ritorno subito.
Qui per ora sei al sicuro. Fa presto.
La gioia di poter riabbracciare il suo caro Pierino, fece
dun subito scendere un raggio consolatore sullanimo della
infelice giovinetta.
Ecco le maglie, il giustacuore. disse Gabinu Sura rien
trando Brava, cos va bene, figliuola. Ed usc. //
Quiteria prese le vesti in mano e cominci a spogliarsi.
Gabinu Sura attravers il cortile, sal nelle stanze del
Conte di Bonafides, ed estrasse il pugnale dal cuore di quel
miserabile, gi freddo ed avvolto in una pozza di sangue
nerastro guasto, e gli sostitu il suo.
Cerc per terra la fodera, gi imbrattata. Pul lama e fode
ra nel bianco lenzuolo chera sul letto profumato.
Il cadavere assumeva sempre pi un aspetto mostruoso.
5. Pierino?] Pierino10. stanza] |stanza| (casa)12. camera] |camera|
(stanza)14. and] and (corse)15. di suo figlio] di ( del) suo
giovine figlio17. riconosciuta dalle guardie] riconosciuta nelluscire
dalle guardie24-25. rientrando] /rientrando/29-30. di sangue...suo.]
di sangue nerastro (guasto), ||e gli sostitu il suo.|| (|ed immerse quello
del Conte|)

Lautografo di Quiteria

Sebbene Gabinu Sura fosse abituato agli spasimi della


morte ed ai visi terrorizzati dallimpiccagione, pure prov
un senso di disgusto e dovette retrocedere il viso pieno di
ribrezzo, provando un vago sentimento di paura.
Era tutto terribile in quella stanza cos sinistramente pie
na di contrasti.
Le veneri e le ninfe denudate // degli arazzi mossi dal ven
to, adoprati come cortine, parevano visioni convenute per
vendetta ad un banchetto infernale.
Lo stesso riso di scherno chera impresso sulle labbra del
cadavere, si rifletteva sulle bocche delle procaci fanciulle.
Anche le pieghe del lenzuolo chera sul letto, si agitavano
come se sotto si muovesse la vergine che a forza avea dovu
to coricare accanto a quellingannatore.
Le vivande ed il profumo dei fiori mandavano un odore
strano, commisti allacredine che emanava dal cadavere.
Gabinu Sura prov a dire un Deprofundis, ma lorazione
gli mor nel cuore. Vag con gli occhi in cerca di un angolo
dove fosse // un sacro riposo, e le pupille videro a caso sul
collo di unanfora aggrovigliato un rosario.
La crocetta proiettava una grandombra nel bianco della
tovaglia ricamata.
Dun subito la mano corse ad impadronirsi di quella co
rona come una salvezza.
Gabinu Sura corse a chiudere le imposte del balcone per
non essere veduto.
Si avvicin al cadavere, e come vecchio carceriere e pra
tico, tolse dal borsellino del conte la chiavetta della porta
Segreta, dalla quale il Conte di Bonafides poteva entrare
non visto dalle sentinelle, ed introdurre nella sua stanza da
letto le povere vittime e le donne di mala vita con le quali
passava le notti. // Ripose la chiavetta ed il pugnaletto nel

10. riso] riso ( sorriso)14. coricare...vivande] coricare (giacere una


notte) accanto a quellingannatore. Le fiammelle delle candele mosse dal
vento erano simili (parevano) fuochi fatui e piccoli spiritelli irrequieti.
Le vivande24-25. salvezza. Gabinu] salvezza. Le avemmarie nel distri
carsi buttarono sulla tovaglia il vino chera dentro il calice. Gabinu32.
passava] passava (gavazzava)

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POMPEO CALVIA

taschino, felice che senza esser compromesso e rovinare i


suoi figli poteva alfine deludere la giustizia e porre in salvo
linfelice creatura.
Dio, Dio, ti ringrazio ad ogni istante esclam Gabinu
Sura, spegnendo i lumi, per non dar nellocchio.
Chiuse la porta a chiave, scese nel cortile e apr la portici
na segreta, lasciandola socchiusa. Butt la chiave nel pozzo.
Entr col sorriso sulle labbra da Quiteria.
La giovinetta sera di gi vestita. I capelli annodatili avea
rialzato e cercava di imprigionarli e nasconderli sotto il ber
retto.
Ce n di troppo disse Gabinu Sura Le guardie non
guardano troppo pel sottile, e la notte completa il travesti
mento e maschera perfettamente. E prese una // scala e glie
la pose sulla testa, aggiustandovi sopra una fune.
Precedimi figliola, e non parlare disse il boia.
Quiteria ubbid28. //
Arrivati innanzi alla porta di guardia, la povera sentinella
appogiata allarme, domand la parola dordine, e dopoch
Gabinu Sura lebbe data, venne aperto il portone, che fu
rinchiuso tosto.
Quiteria e Gabinu Sura passarono, ed il portone fu nuo
vamente rinchiuso. //
La piazza Castello era ancora immersa tutta nel Sonno.
In lontananza dava segno di vita la sola lampada appesa in
1. esser compromesso] /esser/ compromesso ( compromettersi)4.
Dio...istante] /Infilzagli un pugnale nella ferita./ Dio, Dio, ti ringrazio ad
ogni istante6-7. scese...pozzo.] scese nel cortile e1 butt7 la chiave8 nel
pozzo.9 ||apr2 la porticina3 segreta,4 lasciandola5 socchiusa.6||13-14. il
travestimento] /il travestimento/20-21. che...tosto.] ||che fu rinchiuso
tosto.|| (il quale rugg sui cardini come un mostro ferito.)22-23. fu ...
rinchiuso.] fu nuovamente rinchiuso ruggente come un mostro.24.
era] era (pareva)
In corrispondenza di questo luogo del testo, si legge tra parentesi a
latere e composto a matita da mano verosimilmente autorale il numero
326 come rinvio alla pagina nella quale, secondo la volont dellautore,
dovrebbe riprendere il racconto. Infatti, la parte di testo che nellautogra
fo segue e che va appunto dalla carta numerata 321 nel verso alla carta
numerata 326 nel recto stata cassata. Per una sua lettura integrale cfr.
Appendice A (XVI I).

28

Lautografo di Quiteria

nanzi al Cristo nel convento dei Domenicani, ora converti


to in Chiesa del Rosario.
Qualche cane passava annusando il suolo in cerca di cibo.
Quasi nel mezzo della piazza era eretta una forca in eco
nomia, e penzolava il cadavere di un uomo.
Chi , questinfelice domand Quiteria.
Disse il boia: il cadavere di Mauro Puliga. Sia pace alla
sua grande anima che non mai venuta meno ad un ideale.
Quiteria si fece il segno della croce, e distolse inorridita
lo sguardo da quellimpiccato, che // bambina la aveva ca
rezzata, e la cull pi volte sulle ginocchia canticchiando
dolci cantilene.
Un volo di colombi staccatosi dal tetto delle case vicine
pass con lento giro sulla testa di quellappicato.
Nella semi oscurit della notte, sotto le pallide stelle, pa
revano anime erranti forse venute per trasportare quelle
roe morto per la libert della patria.
Il boia si ferm innanzi alla forca.
Tolse la vanga che avea lasciata appoggiata al palo, e si
diede poco discosto a scavare una fossa.
Per chi questa forca?
Figliuola mia, questa una fossa ed una forca che io
drizzer solamente per apparenza, era destinata per te,
Quiteria.
La giovinetta rabbrivid.
Il destino ci ha aiutato, figliuola, // ed ora pensiamo a
porti in salvo. Sta ferma un momento, rimetti questa scala
sulla testa, vedo unombra che si avvicina verso di noi.
Il boia canticchiando si diede a scavare il fosso per il mez
zo palone della forca in economia. Quiteria gli stava innan
zi con la scaletta sul capo.
Lombra si avvicina sempre di pi. Dio! salvane tu
disse il boia.
Ma tosto si tranquillizz per aver riconosciuto allincede

10. aveva] ave/v/a14. giro] giro ( [])24. Quiteria.] |Quite


ria.|25. La giovinetta] /La giovinetta/ Quiteria

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POMPEO CALVIA

re ed al movimento del mantello lindividuo, il quale escla


m:
Ave Maria!
Piena di grazia rispose il boia, e lasci la vanga per
terra.
Dovete entrare, fratello.
S, rispose fra Carmine.
Ho da confessare dordine di Don Angelo Marongio
quella // povera giovinetta. Quiteria.
Ma necessario che noi la salviamo, ad ogni costo. Il
frate tacque, temendo di essere troppo imprudente in pre
senza del giovinetto che credeva il figlio di Gabinus.
Fate allontanare un momentino questo vostro figlio,
con una scusa.
Quiteria mand un gemito.
Il frate si avvicin e le disse:
Ti senti forse male, giovinetto?
E le tolse la scala dalla testa, che depose in terra, e le pass
con atto carezzevole la mano sulla fronte.
Ma tosto ritrasse la mano, ben accorgendosi da tutta
quella enorme massa di capelli che si trovava innanzi ad
una donna.
Che mistero questo? Gabinu!
Quiteria in preda ad un eccesso momentaneo di dolore
e di spasimo, strinse fortemente la mano del boia, appog
giandosi al suo braccio. //
Che hai, Quiteria, le dimand con voce pietosa Ga
binu Sura.
Niente, era un dolore passeggiero, un po demozione.
Sto bene ora.
Tu sei Quiteria! Oh! Dio sommo, io non era degno
esclam il frate.
Presto, salvatemela disse il boia, il tempo trascorre
velocemente.
1-2. lindividuo...esclam:] lindividuo, il quale esclam (ache si avvici
nava. bche si appressava (avvicinava))3. - Ave Maria!] Ave Maria
disse la persona che si avvicinava.4. Piena di grazia] /Piena di gra
zia/ Gratia plena16. avvicin] avvicino17. giovinetto?] giovinet
to24. momentaneo] momentaneo ( [])

Lautografo di Quiteria

Fra Carmine si tolse il mantello col capuccio e ricopr la


giovinetta.
Vi porr subito in salvo, sorella disse a Quiteria.
Il boia la strinse con affetto e la baci sulla fronte.
La giovinetta piangeva.
Serbate questo ricordo, come mia memoria, potr ser
virvi disse il boia. Io conservo un vostro rosario.
Il boia consegn a Quiteria il pugnale di Leonardo Ala
gon.
Ora partite disse Dio vi protegga // e si fece il se
gno della croce e recit una preghiera.
Andiamo da Zuniari Pinna disse fra Carmine con
voce commossa. Anima veramente grande, pregher per
voi e gli strinse con affetto la mano e si allontan con
Quiteria.
Il boia li guard allontanarsi, poi alz la testa al cadavere
di Mauro Puliga che penzolava ed esclam, sollevando al
Cielo le braccia:
V chi ti vendicher.
Quel pugnale il dito di Dio!
Quiteria volse in dietro lo sguardo per salutare unaltra
volta quella grande anima che prima di morire le avea per
messo di esser libera.
Loscurit rendeva indecise le cose, e sebbene non si po
tessero vedere negli occhi, pure quelle anime sentivano
scendere nel cuore tutta la dolcezza di chi sa di aver // rice
vuto e di aver fatto unopera buona.
Nel fondo della piazza, accanto ai loggiati del Convento
di San Domenico, dove comincia la Via Arborea, si agitava
un tizzo acceso, simile ad un occhio di fuoco.
Il tizzo si avvicina a noi disse Quiteria.
Non impressionatevi, sorella.

4. Il boia...fronte.] Il boia /la/ strinse con affetto Quiteria, e la baci1, con


lacrime di gioia, sulla2 ( sulla) fronte3.12. Andiamo] Andiamo (Sia
mo)17. penzolava] penzolava ( pen<+>olava)24. indecise] inde
cise ( indecisi)e] e ( ma)25. quelle anime] |quelle anime|26.
tutta] |tutta|30. occhio di fuoco.] occhio di fuoco che ricercava ( ri
cercasse) nelle tenebre.

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POMPEO CALVIA

Luomo che teneva il tizzo, come vide passare fra Carmi


ne con Quiteria, disse piano: Viva Arborea.
S, viva Arborea! esclam Quiteria.
Il tizzo li segu a distanza.
5
Sorella, affretiamoci, disse fra Carmine.
Una serenata cominciava dietro lo svolto della via i primi
accordi.
Un uomo teneva un fanaletto acceso in mano. //
Viva Arborea, potete andar sicuri esclam luomo del
10 fanale.
Quiteria sebbene in preda ad un altro accesso doloroso, a
quel grido sent rianimarsi.
Prudenza fratelli disse fra Carmine ogni finestra
sebbene immersa nel sonno pu avere un vetro rotto che ci
15 spii. Prudenza. Voi sapete chi arrivato.
Il fratello ha ragione esclam uno dei seratanti, e co
minci dolcemente a cantare il canto disperato:
20

Bella chirchende a tie //


Perdidhapo

Fra Carmine e Quiteria accelerando sempre il passo sin


ternarono in molti vicoletti, fiancheggiati da casette basse e
mal costrutte.
25
Dove cominciava la via eravi una nicchia con la madon
na. Molte candele accese, di cera, contornavano limmagi
ne.
3. S,] SArborea!] Arborea9. esclam] esclamo12. sent...Prudenza] sent rianimarsi|.| e grid nuovamente: Arborea vada su e Arago
na vada gi. - Gi Aragona gridarono molti, dei seratanti, impressionati
dalla soavit di quella voce. Prudenza15. spii] spii ( spia)17. il canto disperato:] il canto |disperato| (a sa disperada.)20-22. Perdidhapo...Fra Carmine] Perdidhapo... versi composti dal poeta Zuniari Puliga,
cugino del povero impiccato. I versi erano allusivi alla perduta libert Sar
da, raffigurata in una giovine innamorata, come il Petrarca che nella sua
cara Laura spesso vedeva lItalia. Fra Carmine23. casette] casette (
casine)24-25. mal...Dove] mal costrutte ed allineate, coi muri formati
da grosse pietre unite con terra impastata, senza intonaco. Dove26-27.
candele...limmagine.] candele |accese,| di cera, colme di fiori contorna
vano limmagine.

Lautografo di Quiteria

Un individuo avvolto in un // bruno mantello stava ingi


nocchiato innanzi alla nicchia. Non appena sent i passi di
fra Carmine e della giovinetta, si fece il segno della , e si
drizz come di scatto, e corse incontro ai due.
Viva Arborea grid.
Viva Arborea, esclam Quiteria, riconoscendo alla
voce, agli atti, ed al viso illuminato dalle moltissime cande
le, il suo amato Pierino.
Viva, anima mia ripet, slanciandosi fra le braccia del
suo innamorato.
Pierino strinse ladorata fanciulla, senza poter pronun
ziare una sola parola.
Cos stettero per un pezzo abbracciati, e sarebbero rima
sti molto pi a lungo, se fra Carmine, dopo averli benedetti
ed uniti innanzi alla Madonna delle Grazie non li // avesse
pregati di continuare la via insino alla casa di Zio Zuniari,
dove potevano amarsi senza timore di spie.
I due giovani innamorati si lasciarono persuadere, e dopo
essersi inchinati innanzi alla sacra immagine, continuarono
la via tenendosi per mano, preceduti da fra Carmine29.
Le note della serenata si perdevano lontano come un la
mento di tutto un popolo dolente.
Il tizzo acceso pass vicino.
Avanti, nessuno vi segue disse luomo che lo soste
neva, e li precedette per un altro vicoletto fiancheggiato da
poche case. Si ferm innanzi ad una casetta circondata da
un cortiletto, dove delle piante di fichi dindia e degli albe
relli spuntavano dal muricciuolo.
2. i passi di] i passi di (avvicinare)3. della] /della/ lail segno...]
il segno della Santa 13-14. rimasti] rimasti ( <+>imasti)14-15.
se...avesse] se fra Carmine, dopo averli benedetti ed uniti innanzi alla Ma
donna delle Grazie non li (ed uniti in faccia alla madonna ed al bambinel
lo Ges, non li) avesse17. amarsi] amarsi ( <+>marsi)20. preceduti da fra Carmine.] preceduti di pochi passi da fra Carmine.25-26.
vicoletto...case] vicoletto |fiancheggiato| da ( di) poche case.27. e] e
( s)
29
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 337 nel verso alla carta numerata 340 nel recto stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVI
II).

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POMPEO CALVIA

Luomo dal tizzo acceso batt tre colpi alla porta della
casetta.
Dopo non molto un viso si affaci ad un finestrino:
Chi ? dimand.
Arborea disse luomo dal tizzo.
La porta fu aperta immantinenti. // Zio Zuniari Pinna,
il vecchio contadino, comparve col lume a tre becchi in
mano. Un gatto lo seguiva.
Gatto nero porta fortuna disse luomo dal tizzo.
Fortuna sia, Ges e Maria disse Zio Zuniari, facen
dosi il segno della croce, e precedendo col lume fumigante
i quattro venuti, i quali camminavano in silenzio sulle vec
chie lastre di pietra del pavimento.
Una nudit austera era in quella prima stanza. In un an
golo si ergeva il forno affumicato, ricoperto di canestri e
di alcuni rami dulivo. Vicino al forno eravi la mangiatoia,
ed a questa eran legati agli anelli due cavalli, uno bianco
e laltro rossiccio. Al muro stavano inchiodate delle palme
benedette e delle piccole crocette // indorate e tempestate
di talco tagliuzzato.
Nella Seconda stanza eravi un letto a cortinaggio. Dei
grandi cassoni neri di legno intagliato stavano attorno alle
pareti, ricoperte di canestri di tutte le dimensioni, dagli
sfondi ricamati e infiorati di nastrini rossi ed azzurri. Delle
stuoie turrite di grano completavano la mobiglia. Un odore
acre di fumo e di salsiccie e formagetti bianchi affumica
ti veniva dal cannucciato a reticola appeso con delle funi
di paglia nel mezzo della stanza. Il soffitto era parimenti di
canna, sorretto da grandi travi di legno contorte appena ap
pena piallate. La fiamma del lume fumigante gett sprazi

3. ad un finestrino:] ||ad un finestrino|| (allo sportellino della porta:)4.


Chi ?] Chi 5-6. - Arborea... immantinenti.] /.- Arborea disse luomo
dal tizzo. La porta fu aperta immantinenti./7-8. lume...mano.] lume a
tre becchi (di ferro) in mano.9. porta] /porta/10. Ges] Gesu16.
di...dulivo.] di alcuni ( alcune) rami dulivo ancora con le (ricoperti
di) foglie.24-25. Delle...mobiglia.] Delle stuoie turrite di grano com
pletavano la mobiglia ed Alcune sedie basse di paglia.29-30. travi...piallate.] travi di legno /contorte/ appena appena piallate e contorte.

Lautografo di Quiteria

di luce su alcune vanghe // ed altri arnesi rurali posti per


terra in un canto. Una gabbia di canna stava appesa accanto
al finestrino. Il merlo appena sent avvicinare Zio Zuniari,
e vide la luce della candela, cominci a salterellare cantic
chiando allegramente e fischiando.
Se il merlo fischia la giornata buona disse luomo
dal tizzo.
Cos sia, Ges e Maria ripet Zio Zuniari, facendosi
nuovamente il segno della croce, ed appendendo il lume pel
gancetto ad un chiodo infisso accanto alla porta.
Figlioli, ora tenetevi uno alla mano dellaltro, che qui
non conviene portar lume per non dar sospetto disse
Zio Zuniari. Ci siete? Va bene. Ecco la bottola aperta. Tu
Pierino tieniti alla mia mano, che sai bene il luogo. // Son
quattro gradini che dobbiamo scendere. Qui nemmeno
Don Giovanni secondo riesce a penetrare.
Piano piano. Siamo gi quasi arrivati. vero che non ci
tantaria, ma che importa, si sicuri. Ci siete? Benissimo.
Zio Zuniari introdusse i visitatori in una specie di grotta
scavata nel tufo. Le pareti erano rivestite di stuoie. In terra
erano parimenti gettate stuoie di vimini. Nel mezzo della
volta pendeva un lume a tre becchi.
In principio pareva dovesse mancare ancor laria, ma a
poco a poco quasi ci si abituava al tanfo di quel sotterra
neo, dove, su di un materasso, appena sollevato // dal suolo,
giaceva coperto di ferite Nicol Montagnano, il pi gran
capitano Sardo, ed il pi gran cuore che in quel momento
di decadimento dideali potesse vantar Sassari.
Avvicinatevi, amici disse Montagnano, stendendo la
mano sinistra, per aver la destra avvolta nella fasciatura, per
le ferite riportate nellultimo combattimento contro Don
Angelo Marongio.
Anche la fronte avea fasciata, quella fronte nella quale
eran passati come alate epopee i turbini di guerra ed i vasti
piani strategici non secondati dallavversa fortuna.
9. appendendo] appendendo ( appendendo)16-17. secondo...Piano]
secondo riesce a penetrare. Oh bene - Piano20. di stuoie.] di stuoie
di canne.24. quasi ci si] quasi /ci/ si25. dove] dove per terra28.
decadimento...Sassari.] decadimento ||dideali|| potesse vantar Sassa
ri.34. eran passati] eran passati ( passarono)

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POMPEO CALVIA

Prima a stender le mani ed a gettarsi singhiozzando ai


piedi dellEroe fu Quiteria.
Disse Montagnano: Perch piangi, o fratello? Per que
sto mio tronco caduto? Forza e coraggio voglio io da te. Le
lacrime alle femminuccie quando la patria si dibatte tra le
catene. //
Montagnano! Montagnano! il padre mio dov? di
mand Quiteria baciando la fronte e le mani dellEroe.
Il mantello del frate le cadde per terra, e fra lo stupore di
coloro che non laveano ancora riconosciuta, apparve Qui
teria nella grazia di questo abbigliamento, che la rendeva
pi bella agli occhi di tutti.
Quiteria, la mia cara piccina esclam con parole in
terrotte dellemozione Nicol Montagnano.
Pierino e tutti gli astanti trattenevano a stento le lacrime.
Quanto devi aver sofferto, la mia piccina, dentro quelle
segrete. Non ricordiamolo. Mi par di rinascere, guardan
doti. Dio buono, ti ringrazio! Sento che morr pi felice
vicino a te. inutile illudersi: le mie ore son contate. Posso
appena parlare. Lascia che ti baci di nuovo
Poi volse attorno lo sguardo sorridente. //
Bravi, fratelli continu a dire. Avete fatto veramente
unopera buona e difficile. Questo mi fa bene e sento che ci
ancora molto cuore e coraggio, e davvero spero moltissi
mo per la salvezza della patria.
Pierino si era avvicinato a Quiteria e le raccolse con dol
cezza le nere treccie alquanto scomposte.
Avvicinati anche tu, figlio mio, Montagnano un le
mani di Pierino e di Quiteria.
Ora io vi faccio da padre disse con voce solenne.
Amatevi sempre e siate benedetti.
Fra Carmine distese le braccia al Cielo e davanti a quei
cari fratelli li un in matrimonio.
Pierino baci Quiteria singhiozzando, e cos tutti un
dopo laltro, compresivi Zia Maria la moglie di Zio Zuniali,

10. coloro] coloro ( q)12. pi...tutti.] pi bella. |agli occhi di tut


ti.|15. astanti trattenevano] astanti si trattenevano23. ci] ci (
gi)28-29. le mani] le due mani

Lautografo di Quiteria

Gavino Puliga, e Antonio Diana, il notaio, luomo dal tizzo


che li avea preceduti30. //
Quiteria si sent dimprovviso un forte dolore e mand
un grido angoscioso.
Pierino sorreggeva nello spasimo angoscioso quella per
sona amata, e mentre lo fissava negli occhi gli parve che una
croce si drizzasse dietro quella testa. //
Non spaventatevi disse Quiteria. Vorrei dellacqua.
Ma fresca molto.
Acqua ma pi vino, e un po di dolci agli sposi disse
la buona moglie di Zio Zuniari, porgendo una sedia a Qui
teria.
La poveretta si sentiva quasi rinascere. Davvero quello
era stato un brutto momento.
Io questi mali li conosco esclam Zia Maria, con li oc
chietti neri e furbi fissando gli astanti. Quando si ha un bel
bambino scompaiono subito. Scherzi del sangue. E d, gioia
mia! dimandava // interessandosi nella sua ingenuit di
buona madre. Dimmi, ti senti come un nodo alla gola ed
un leggiero battito al cuore.
S rispose Quiteria.
1-2. e Antonio...preceduti.] /.e Antonio Diana, il notaio, luomo dal tiz
zo che li avea preceduti./3-4. Quiteria...angoscioso.] /Quiteria si sent
dimprovviso un forte dolore e |mand un grido angoscioso.| un potente
o []/11-12. porgendo...Quiteria.] ||porgendo|| (avvicinando) una
sedia ( sedi<+>) a Quiteria perch vi si adagiasse.14. momento.]
momento peggio assai di quello nel quale gli amici aveano tratto nel silen
zio il bravo capitano coperto di ferite. Che buon uomo quel Montagnano.
Terribile e fiero come un ( una) Spartaco (spada) quando si infuria
va, dolce e gentile come una fanciulla allora quando sedeva a conversa
re allumile desco di famiglia.17. Scherzi del sangue.] ||Scherzi del||
(Giuochi del) sangue.20-21. cuore. S] cuore. Eppoi ti pare di aver
freddo, eppoi di nuovo caldo, e ti senti anche ronzar come delle mosche
nelle orecchie. - S
30
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 348 nel recto alla carta numerata 351 nel verso, con lesclu
sione del brano: Quiteria si sent dimprovviso un forte dolore e mand
un grido angoscioso. Pierino sorreggeva nello spasimo angoscioso quella
persona amata, e mentre lo fissava negli occhi gli parve che una croce si
drizzasse dietro quella testa. stata dallautore cassata. Per una sua let
tura integrale cfr. Appendice A (XVI III).

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POMPEO CALVIA

Eh, ci siamo figliola! esclam Zia Maria soffregandosi


le mani e battendo allegramente i piedi per terra. Io non
sono medico, ma di certe cose me ne intendo. Questo male
la madre, come diciamo noi in dialetto, povere donne. Ci
vuole un bambino, ci vuole un bel figlioletto per guarir tut
to.
Le parole della buona donna posero un po dallegria nel
la fredda e tetra grotta. Anche il viso di Nicol Montagnano
parve rasserenarsi, e un po di quellantico // buonumore gli
sfior lanima angosciata.
Aspettate, aspettate che ritorno subito disse Zia Ma
ria.
Anche Zio Zuniari le tenne dietro, e dopo non molto
comparvero con lorciuolo del vino fresco, e lacqua ed un
vassoio di rame colmo di mandorle tostate e birighitos in
zuccherati.
Deposero tutto accanto al letto di Montagnano, su duna
piccola tavola.
Zia Maria disse delle parole allorecchio di Quiteria e poi
le consegn un mazzolino derba ed uno scapolare della
Vergine del Carmelo.
Lerba mettila in infusione le disse eppoi la notte
lasciala fuori del balcone, al fresco, e bevila la mattina. E re
cita un pater ed un credo. Vedrai che ti sentirai bene come
dincanto, in pochi giorni. //
Quiteria fingeva di sorridere, e diceva di s, quasi senten
do piet di quella povera donna tanto buona, momentane
amente costretta ad ingannarla per non far conoscere il suo
stato tragico.
Prima agli sposi disse Zio Zuniari, passando attorno i
dolci ed il vino nei calici ben colmi.
Ma Quiteria volle bevere prima dellacqua fresca, sebbene
Zia Maria le dicesse che lacqua faceva crescere le sanguette
dentro il corpo del Cristiano.
5. per] per ( [])8. fredda e tetra] fredda nudit e tetra26-27.
sentendo] /presentendo/ sentendo28-29. ingannarla...tragico] in
gannarla ( ingannare) per non disvelarsi in tutta la tragica verit. |far
conoscere il suo stato tragico|31. colmi] colmi com costume dei sardi
che non vogliono vedere mai il colletto nei bicchieri.33. faceva crescere] non /faceva/ facesse che far crescere

Lautografo di Quiteria

Quiteria prov un gran sollievo momentaneo nel bere


quel po dacqua fresca.
Pierino e gli astanti la colmavano di attenzioni e di do
mande.
Fra Carmine present il bicchiere a Nicol Montagnano,
il quale // si sollev alquanto sul capezzale aiutato da Gavi
no Puliga.
Prima di morire voglio fare un piccolo brindisi agli spo
si disse con debole voce il capitano.
Non parliamo di morire adesso, innanzi a questo vino
esclam il notaio Diana.
La morte nelle mani di Dio disse fra Carmine.
Ed io sar lieto con gli sposi disse Montagnano. Sentite
mi. Tutti si raccolsero in religioso silenzio attorno allEroe
il quale disse soavi parole agli sposi. //
Finito il brindisi, fisi gli occhi sul viso pallido di Quiteria,
le disse:
Ma tu hai bisogno daria e di luce, e ben vedo che qui
soffri, o figliuola esclam Montagnano.
Ben ha ragione disse zia Maria. Non ci tempo da
perdere, e parl sottovoce col marito Zuniari.
E Zio Zuniari infatti si avvicin a Pierino, gli disse alcune
parole, e Pierino acconsent e dimandarono con Quiteria
permesso di allontanarsi.
Dopo non molto comparvero vestiti da contadini Sassa
resi. I cavalli son gi pronti, figliuoli esclam Zio Zuniari.
Andremo nella campagna che io ho in affitto. Sette fonta
ne una bella regione e c aria buona e profumata. Spero
anche, appena sar rimesso dalla ferita della gamba, di //
poterci condurre Nicol Montagnano.

1-2. momentaneo...fresca.] momentaneo nel bere quel po dacqua fre


sca (in quellacqua).15-17. il quale...disse:] |il quale disse soavi parole
agli sposi.| Disse Montagano. (Vin che riscaldi lestro e la pupilla, / S tu
raggio di sole. / Porta buone parole, / Nelle tenebre brilla. / A chi freme ma
teme, / E alla dolente patria mia che geme / A voi figli damore, / |Tu| porta
rose e viole. / E sian palpiti (canzoni) ed ala di poesia / Lungo la via. / Vin
che riscaldi come scalda il sole / Allontana il dolore.) Finito il brindisi, fisi
gli occhi |sul| (in quel) viso pallido di Quiteria le disse: (- Allontana il
dolore ripeterono tutti toccando i calici.)18. luce] luce ( luci)

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POMPEO CALVIA

Non sar per ora, fratello esclam il fiero capitano.


Sento che le mie ferite si vanno sempre pi aggravando.
Voglia il cielo per che si avveri laugurio, e possa di nuovo
in campo aperto sfidar le armi dAragona. Non mi dispiace
5 morire, mi addolora solo il chiuder gli occhi con la vergo
gna di veder la patria in mano straniera o re feroce. Calma
tevi, figliuoli, il soffrire per me non pi pena. Io chiudo gli
occhi, sicuro che nelle tenebre vedr pi fulgidi gli astri che
rischiarano le nequizie ed i dolori umani. Baciami, figliuola,
10 prima di partire, e tu pure, o Pierino, anima eletta che ben
hai saputo porre in alto il tuo cuore. Siate felici
Gli sposi si separarono singhiozzando e liete cose augu
rando al ferito.
Gavino Puliga, il notaio Diana, De Pietro de Calvia e Zia
15 Maria stettero con Montagnano.
Fra Carmine benedisse tutti ed usc precedendo gli sposi
e Zio Zuniari31.
Mi ho dimenticato di dare unaltra medicina alla sposa

20 disse zia Maria.

Il notaio Diana che credeva poco a queste medicine sor


rise col suo riso malizioso.
Voi non ci credete? domand Zia Maria.
Ma ci credo io rispose Montagnano. La vostra mano
25 apporta pi bene che non tutti i mille empiastri dei medici.
E lo so ben per prova. Le mie ferite sanguinavano, e voi le
avete cicatrizzate, la mia testa spasimava e voi lavete cal
mata, il mio cuore dubitava e voi mi avete insegnato che in
mezzo allumile popolo vivono sempre glideali ed il sagri
30 ficio per la patria.
6. o re feroce] /o re feroce/7. pena] pena (dolore)8. che] che (
[])12-13. augurando al ferito.] augurandosi |al ferito|.14. De
Pietro de Calvia] /De Pietro de Calvia/19-20. - Mi...zia Maria.] /- Mi ho
dimenticato di dare unaltra medicina alla sposa disse zia Maria./29.
vivono] vivono ( vive)glideali] glideali (lideale)30. per la patria] |per la patria|
31
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che corrispon
de allintera carta numerata 359 nel verso stata dallautore cassata e so
stituita a margine da altra lezione poi non accolta. Per una lettura integrale
della variante redazionale cfr. Appendice A (XVI IV).

Lautografo di Quiteria

Con cento di queste buone madri mi sentirei di vincere


anche un esercito di belve. Anche tutta Aragona esclam
lEroe, drizzandosi fieramente sul letto e sollevando in alto
la mano destra ferita avvolta nella fasciatura.

2. belve] |belve| (fiere)Aragona] Aragona ( aragona)3. in] in (


il)

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POMPEO CALVIA

Capitolo XVII32
Le campane cominciavano ad annunziare le prime mes
se, ed i contadini si avviavano al lavoro.
5
Entriamo nella Via di Rizzeddu disse Zio Zuniari agli
sposi.
Su! su! che ora siamo al sicuro e si soffreg le mani ed
incominci ad intonare una canzone.
10

Bedda candu tacciari lu manzanu


Li to labbri di rosa e la to manu

Tutta una nota allegra si sprigion da quel canto, che sac


cordava con la freschezza della campagna ed il ciaramello
15 delle rondini che intessevano nellaria lucid triangoli.
Anche i grilli canterini mescevano // le loro note a quei
lieti accordi.
Che bellezza, la campagna! esclam Quiteria, respi
rando a pieni polmoni quellaria fresca e sana, la quale pa
20 reva lenisse il suo male.
Le vigne e gli olivetti che fiancheggiavano la strada erano
cinti di muri, ricoperti di margherite gialle e di rosolacci
imbevuti di rugiada e scintillanti al sole come dei vetri rossi
illuminati da fiammelle. Zio Zuniari seguitava il suo canto
25 allegramente, forse per animare e distrarre Quiteria che ve
deva cos pallida e mesta.
3. ad annunziare] ad ( a) ||annunziare|| (suonare) a suonare4. si...
lavoro.] si avviavano al lavoro (ad avviarsi a piedi od a cavallo come Zio
Zuniari, con dietro il cane scodinzolando ed abbaiando ai passanti).14.
ciaramello] ciaramellio19-20. la quale...male.] la quale pareva ( pare
vale) lenisse il (a porre un lenimento al bponesse ( porre) un lenimento
al cdesse (ponesse un) lenimento al) suo male che rientrava in un altro
stadio di assopimento e di calma.22. ricoperti...gialle] ricoperti ( co
perti) di margherite ( margherituccie) gialle24. illuminati da fiammelle] illuminati |da fiammelle|.
32
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 361 nel verso alla carta numerata 369 nel verso stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVII
I).

Lautografo di Quiteria

Fermiamoci qui, un poco disse Quiteria innanzi ad


un cancello aperto, dietro il quale era una piccola piazzetta
circolare con dei sedili coperti di ardesia e sulle spalliere
intrecciate di canna si arrampicavano fiori vaghissimi.
Dietro vedeasi il vignetto con le // viti maritate a grossi
pali, ed il frutteto con gli alberi nani di melo, di pesche, e
con qualche albero dulivo dai rami contorti.
Una leggiera auretta fece tremolare le foglie degli ulivi, ed
in quel tremolio parevano degli intrecci di perle su una seta
azzurra, perch tale era il colore del cielo.
Nel fondo del viale vedevasi la palazzina ritinta di color
roseo. Sulla palazzina eravi un piccolo terrazzo di stile goti
co, al quale si arrampicavano dei grossi tralci. Una bandiera
con le armi di Sassari, sventolava sul terrazzo. //
Vicino alla palazzina eravi il pozzo, che sindovinava at
traverso le larghe foglie dei fichi dIndia fioriti.
Un grosso cane nero stava legato ad un anello infisso
dietro il muro del pozzo. Quel paesaggio facea ricordare a
Quiteria il giardino di Oristano, dove Pierino aveala amata.
Zitto Pir disse una dolce voce di bimbo, avvicinando
si al cane. Lanimale lecc le manine del fanciullo, scodin
zolando allegramente.
Un volo di farfalle bianche si innalz da un alberello di
ciliegie ancor bianche.
2. piazzetta] piazzetta ( piazza)3-4. coperti...vaghissimi.] coperti di
ardesia ||e sulle|| spalliere /intrecciate/ di canna intrecciate di ||si arram
picavano|| fiori vaghissimi.5-7. viti...contorti.] viti maritate (aarrampi
cate tutte battorc (arrampicate) tutte) /a grossi pali,/ a grossi paloni,
||ed|| (ed) il frutteto con gli alberi nani di melo, di pesche, e con (tratto
tratto) qualche grosso albero dulivo /dai/ coi rami contorti, il quale
si drizzava sul verde dellerba come un lottatore, con le braccia incrocciate
in attesa dellavversario. Quellesuberanza di forza gigantesca contrastava
coi fiorellini che gli stavano attorno, e le distese di rosolacci rossi con file
bianche come voli di farfalle bianche.14. sul terrazzo] sul ( su) que
sto terrazzo16. fichi dIndia] fichi dindia17. grosso] grosso (gros
so)stava] stava (era)18-19. Quel...amata.] ||Quel paesaggio facea
ricordare a Quiteria il giardino|| (Il cane cominci ad abbaiare, ma quel
latrato invece di far allontanare Quiteria, quasi la spingeva ad avvicinarsi,
trovando in questo ambiente un dolce ricordo col giardino) di Oristano,
dove Pierino aveala amata insino allaurora.24. ancor bianche] ancor
bianche (ancor bianche)

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POMPEO CALVIA

Curiosa! io credeva che fossero le bianche ciliegie a vo


lare disse Pierino.
Si sent in fondo al viale un coro di voci infantili imitanti
una fanfara di soldati. Quattro bimbi con le teste infiorate //
e con spade fatte di canna sulle spalle, savanzavano pel via
le. Un maschiotto, il pi grandicello, con un pennacchiet
to in testa, dava dei comandi con molto sussiego. I bimbi
uscirono dal cancello; dimprovviso cadde la sciabola al
marmocchio, si chin per raccoglierla ma gli cadde nuova
mente. Gli altri seguitaron la marcia senza aspettar punto.
Il marmocchio visti gli altri lontani si diede a piangere
tentando di raggiungere i soldati crudeli, ed era cos bello
in quelle lacrime!
Fatemelo baciare esclam Quiteria sospirando.
Zio Zuniari, chera sceso da cavallo, per alleggerir la be
stia, prese il bimbo in braccio, il quale cess subito di pian
gere.
Quiteria lo colm di carezze e lo baci sulle guancie paf
futelle e sane, e gli pass la bianca mano sui capelli biondi
e ricciuti. //
Grosse lacrime scorrevano dagli occhi di Quiteria.
Pierino e Zio Zuniari tacevano commossi.
Come ti chiami tu? domand Quiteria.
Lel disse il bimbo, mostrando i dentini bianchi.
Dio ti protegga disse Quiteria.
Eccoti uno, due, dieci, cento baci, saziati, anima mia e
se lo strinse forte forte al seno.
I bimbi seran fermati a guardare.
Un leggiero venticello muoveva i capelli biondi ed i molti
fiori sulla testa del bimbo, e le fronde degli alberi e le tenere
pianticelle.
2-4. Pierino...bimbi] Pierino. Un trat, ta ta, ta ta ta, di voci infantili, imi
tanti una fanfara di soldati, Si ( si) sent in fondo al viale ||un coro di voci
infantili imitanti una fanfara di soldati.|| Quattro bimbi5-6. pel viale.]
pel viale, imitando una marcia di soldati.11. gli altri...piangere] gli
altri lontani che non volevano aspettarlo, si diede a piangere12. cos]

cos (cos)13. lacrime!] lacrime! ( lacrime.)15-16. la bestia, prese] la bestia, e conducevala per la briglia, prese19. sane, e gli] sane, e
gli ( sane. Gli)24. dentini bianchi.] dentini bianchi e lucidi.30-31.
le tenere pianticelle.] le tenere pianticelle ed i fiori.

Lautografo di Quiteria

Piccole nubi rosee sinseguivano come visioni di anime


sognanti.
Disse Zio Zuniari: Allontaniamoci, questa la villa di
Don Diego Casena. Non prudente il rimaner qui pi a
lungo. //
Avete ragione, Zio Zuniari disse Pierino. Pu darsi
che lo scultore Albertuccio Casena sia qui, e mi riconosca.
Sebbene non lo creda troppo mattiniero.
Ma la prudenza non mai troppa, figliuolo!
Zio Zuniari, fatemi abbracciare di nuovo quel bimbo
esclam Quiteria. I miei occhi vedono in questi occhi
innocenti che brillano come le stelle, limmagine del mio
fratellino.
Mi vuoi bene bambino mio?
S S rispose il bimbo.
E perch mi vuoi bene?
Perch sei bella! Perch hai questo fiore qui disse il
bimbo toccandole la spilla sulla testa.
una spilla doro per sostenere i capelli rispose Qui
teria.
Me la dai? domand il bimbo.
Mi cadono i capelli allora.
E se ti cadono i capelli sei malata?
S rispose Quiteria baciandolo.
Che cosa mi regali allora? // domand il bimbo cer
cando con gli occhi sulle vesti di Quiteria.
Io non ho nulla rispose sospirando Quiteria. Ti
regalo tanti baci, tanti baci, fratellino mio. Sii felice, felice
sempre.
Viene un uomo e si avvicina a noi, allontaniamoci su
bito esclam Zio Zuniari, abbracciando il bambino e de
ponendolo per terra.
1. rosee] rosee (bianche)4. Casena] Casena ( [])9. troppa, figliuolo!] ||troppa|| (abbastanza), figliuolo! ( figliuolo.)11-12. come...
fratellino] come le stelle splendenti su atroci dolori, /limmagine del
mio fratellino/ tutto un passato svoltosi in poche ore, e pur cos lungo
da parermi secoli anche i minuti.14. mio?] mio15. rispose il bimbo.] |rispose il bimbo.|17. bella!] bella?17-18. disse...testa ] |(disse il
bimbo toccandole la spilla sulla testa)|19-20. rispose Quiteria.] |rispose
Quiteria.|

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POMPEO CALVIA

Gli altri bimbi erano accorsi cantando. Anche le farfalle


parevano sentire il desiderio di baciare quelle bocche.
Allontaniamoci ripet il buon vecchio.
Quiteria socchiuse gli occhi; voleva sognare unultima
volta. Cinse con le mani la vita del cavaliere. //
La tua mano ora calda come il sole. Ti senti bene?
domand Pierino.
Bene s, vicino a te.
I bimbi tenevano dietro cantando ed imitando coi piedini
il batter delle zampe ferrate dei cavalli sulla ghiaia.
Se fossero tutti nostri figlioli, questi bambini! disse
ridendo Pierino.
Ragazzo! rispose Quiteria, con un filo di voce.
Zio Zuniari per accorciare la via li condusse attraverso
una scorciatoia chera quasi una galleria coperta di dense
frasche di rovi spinosi dalle foglioline sanguigne, gialle, ver
di intrecciantisi con altri rami fioriti e profumati. Ai fianchi
come tappezzerie si ergevano sulla roccia fili di capelvene
re, di muschio, striscie di assenzio pallido come argento, e
su tutto gli steli sottilissimi dei papaveri rossi, bianchi, neri,
dalle foglie di seta che parevano piegarsi sulle screpolature
dei massi come fiori ammalati. //
Pierino si credeva sognare, fra quella ricchezza di tinte.
Tratto tratto con la mano sollevava dei rami pendenti, delle
rose che volevano baciare. Era geloso. Sfogliava i fiori che
volevano avvicinarsi troppo, e li gettava come trofei sulla
testa di Quiteria, la quale sandava ricoprendo di foglioline.
1-2. Gli altri...bocche.] Gli altri bimbi erano accorsi cantando, e quelle
note argentine parevano canzoni e quelle bocche rosse garofani e quelle
mani fiori vivi ed i capelli ondate di fiori agitantisi. Anche (Anche) le
farfalle parevano sentire il desiderio di baciare quelle bocche, ed infatti
Quiteria le vedeva avvicinarsi per trovar delizia in quei profumi.10. dei
cavalli] /dei cavalli/11. questi bambini!] |questi bambini|13-14. voce.
Zio Zuniari] voce. Zio Zuniari ( voce, e Zio Zuniari)16. frasche] ||fra
sche|| (foglie,)16-17. foglioline...verdi] foglioline |sanguigne, gialle,|
verdi19. argento] argento ossidato21-22. screpolature dei massi]

screpolature dei massi (spaccature)23. di tinte] |di tinte|25-27. Sfogliava...foglioline.] Con le dita sfogliava i fiori che volevano avvicinarsi
troppo (troppo azzardati), e li gettava come trofei sulla testa di Quiteria, la
quale sandava ricoprendo di foglioline appicicate ai rami.

Lautografo di Quiteria

Un lungo ramo di rovo ribelle sera attaccato al vestito di


Quiteria e le punse anche le dita.
Quiteria mand un piccolo gemito.
Pierino vide del sangue in piccolette stille sulla mano di
Quiteria, e gliela prese ed abbandon le redini del cavallo.
Linnamorato cerc di avvicinare alle labbra quella mano
per succhiare il sangue, ma Quiteria temendo di un avvele
namento sulle labbra del suo sposo, con atto rapido strapp
la mano che avvolse nel velo bianco. //
Tu non hai confidenza con me, non sai tu quanto ti
amo esclam Pierino sospirando.
Oh! se ti amo! rispose Quiteria. Io non ho desidera
to che di morire fra le tue braccia.
Io ti ho sognato sempre fra i dolori e gli spasimi; ed eri
tu, era il tuo spirito che mi sorvolava sempre attorno, mi
faceva coraggio, mi dava la vita che pareva mancarmi33. //
Pierino se la serr tutta al petto allora, e volle baciarla
anche in bocca.
Cado di sella esclam Quiteria, mentendo per non
dar sospetto pel bacio deviato.
Attenzione! esclam Zio Zuniari vero che cadete
sui fiori, ma ci sono anche le spine. //
Pierino disse allora a Quiteria che le si avvinghiasse alla
vita, come lellera che si attorcigliava a quegli alberi.
Alcuni spiragli di luce cominciavano a farsi vedere
nellalto, ed il sole parea spruzzare pulviscoli doro da que
gli spiragli.
Parlami, parlami, dolcemente come mi hai parlato ora
disse Pierino. Tu non lo sai, ma le tue parole son pi
dolci del miele, hanno pi profumi e carezze le tue frasi che

2. Quiteria e le] Quiteria e le ( Quiteria. Le)5. ed abbandon] ed ab


bandon ( abbandonando)7. succhiare il sangue] succhiare ( suc
chiarne) il sangue (/gi/nero umore)14. sognato] sognato ( segna
to)22. anche] anche (ancora)
33
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 379 nel verso alla carta numerata 380 nel recto stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVII
II).

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POMPEO CALVIA

non abbiano i mille fiori che ci circondano, tu apporti pi


luce al mio cuore di questo sole istesso.
Oh! parla anima mia.
Tu sei vicina! Oh! se sapessi quanto ho sofferto senza di
te e non mi par vero, che // abbia potuto vivere. Ma ora
tu sei mia, siamo uno dellaltro. Sentimi bene, voglio dirti
una parola allorecchio. Pi vicino Ah! finalmente tho
baciata in bocca.
E rise, rise allegramente, mostrando i bei denti bianchi.
Quiteria sent il desiderio di baciarlo, ma solo gli strinse
fortemente la mano, e in quella stretta parve dirgli: Oh! se
potessi qui essere tutta tua, tua prima di morire. Ma Iddio
non ha voluto, povera anima, oh! perch ci siamo conosciu
ti. Tu non stringerai fra le tue braccia che un cadavere. //
Il male di nuovo riprendeva il suo fatal cammino. Uno
strano veleno era questo. Dava delle lunghe pause nelle
quali la vittima pareva dimenticare il suo vero stato. Dovea
essere certo un artista ed un poeta il manipolatore di questo
fatale veleno34.
Che nebbia, stamane esclam Quiteria.
Io non la vedo rispose Pierino.
Forse dipende dallessere ancora // in un punto non
1. che ci circondano] che ci circondano (ne circondano)2. sole
istesso.] sole istesso che ti circonda e ti fa somigliare alla Vergine As
sunta.6. siamo...altro.] siamo uno dellaltro come questo cielo azzur
ro che ci circonda e che // rischiara|to| dal ( il) sole.10. gli] gli (
le)11. dirgli] dirgli ( dirle)11-12. Oh!...morire] Oh! se potessi qui
||essere tutta tua|| (adarmiti, distendermiti al fianco b||posare|| (darmiti,
distendermiti al fianco)) come una colomba, /tua/ prima di morire13.
oh!] oh! ( ho!)14. fra...cadavere.] fra le tue braccia (labbra) che un
(due fredde labbra di) cadavere.15. il...cammino.] il suo fatal cammi
no (le sue lacerazioni).16. Dava] Dava ( Ti dava)17. il...stato.] il
suo vero stato, ed anzi nel passaggio allo stato non di terribile dolore,
che non avveniva mai, ma di assopimento doloroso, si provava un dolce
benessere pieno di visoni e di sogni con repentini scatti di allegria.20.
Che nebbia, stamane] Che nebbia su tutto, stamane,
34
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 383 nel verso alla carta numerata 385 nel recto stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVII
III).

Lautografo di Quiteria

molto elevato fece osservare prudentemente Zio Zuniari.


A mano a mano che camminiamo la nebbia per si dissipa
perch ci eleviamo sul colle dove sta la nostra campagna,
che un vero luogo di delizie e v aria sanissima.
Vedrete, non fo per dire, ma come Sette fontane luogo
pi ameno non si trova in Sassari.
Pierino cercava di consolare Quiteria con la descrizione
di quella Villa che avea gi visto. Svoltarono per un altro
sentieruolo35. //
Quiteria guardava coi buoni occhi pietosi le immense
seminagioni che nel dolce incresparsi invitavano al riposo.
Con la voce piena di soave malinconia domand a Pieri
no: Che cosa pensi?
Guardavo quelle spighe simili ad onde, ed immaginavo
di nascondermi in tutto quel verde sempre vicino a te.
Anchio e profer questa risposta con una voce cos
triste che Pierino ne trem e volle guardarla negli occhi.
Le pupille stanche parevano le si assopissero, incavate in
nerissimi cerchioni spaventevoli. Laffanno le sobbalzava il
velo bianco a sommo del petto, e le dita sirrigidivano tin
gendosi // dazzurro.
Pierino non cap veramente la profondit del male, ma
intu che un terribile sfascelo avveniva in quel corpo.
Com tetro questo rumore! disse Quiteria.
Qual rumore?
Il rumore della zappa del contadino che saffonda nella
terra. Mi d lidea dun becchino che scavi una fossa. Anche
quel canto cos tetro.
4. e v] e v (e di)11. incresparsi ] incresparsi ( increspamen
to)12. di soave] di una soave14. spighe...onde] spighe simili ad
(ondulanti come) onde ( londe)15. sempre...te] vicino a te2 sem
pre116-17. con una voce cos triste] con una voce (tristezza) cos ||tri
ste|| (sconsolata)24. Com...Quiteria.] E mentre dimandava Quite
ria disse: Com tetro questo rumore! |disse Quiteria.|26. nella] nella
(sulla)
35
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 386 nel recto alla carta numerata 388 nel recto stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVII
IV).

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POMPEO CALVIA

Pierino col cuore pieno dangoscia cerc delle allegre


parole. Ma quelle parole forzate faceano limpressione di
lacrime represse.
Una fontana gettava lacqua con pause lente nella nera
conca scavata nel granito.
Anche nella discesa dei fratelli Saberi, il bosco di quercie,
dai rami cascanti gli uni sugli // altri, dava lidea di vecchie
donne che si strapassero i capelli disciolti, ululando per
lungo dolore.
Quiteria atterrita ritolse lo sguardo.
Le apparve Sassari circonfuso di vapori azzurrini.
Da dietro gli alberi sintravedeva il castello.
Un senso di timore come una minaccia, come un castigo
la invase repentinamente, e trem tutta.
Le parve per un attimo di non esser pi fra le braccia
dellinnamorato, e disper di poterlo pi rivedere. Ma re
pentino fu come il baleno questo pensiero. Un altro pi
vero, pi angoscioso, pi duramente crudele e disperato le
strazi lanimo. // Quello di dover morire senza nessuna
speranza di salvamento, in questo momento cos bello.
Oh Dio! era troppo crudele abbandonare cos giovine la
vita36. //
Ed altro non disse Pierino, provando di sorridere, ma in
darno sforzandosi per atteggiare le labbra al sorriso.
Il viso di Quiteria era il viso di un cadavere. Anche per
quel velo che le si era disnodato, e lasciava scorgere tutta
la massa nera dei capelli, quel pallore prendeva pi risalto.
Coraggio! coraggio! esclam Zio Zuniari, fingendo

1-2. cerc...parole.] cerc ||delle allegre parole|| (alcune parole che


suonassero come cose allegre).7. dai] dai (coi)8. i capelli] i
lunghi |i| capelli11. circonfuso...azzurrini.] /avvolto/ circonfuso
||di vapori azzurrini|| ancora di (dai) vapori grigi (che dal basso si
sollevavano).14. trem tutta.] trem tutta battendo i denti.16. di
poterlo] di non poterlo25-26. per quel velo] /per quel velo/ pel velo
36
La parte di testo che nellautografo subito dopo segue e che va dalla
carta numerata 391 nel verso alla carta numerata 393 nel verso stata
dallautore cassata. Per una sua lettura integrale cfr. Appendice A (XVII
V).

Lautografo di Quiteria

di bere e di star allegro. Che razza di giovent questa


E se la portassi io in groppa la sposina, vedresti. Zio Zu
niari ne ha viste tante e sa ora un po di tutto e non trema
pi, ragazzi miei.
Ti senti un pochino meglio? le domand concitato
Pierino.
S, un pochino.
Infatti delle leggiere striscie // rosee le comparivano sulle
guancie.
Avanti! un piccolo trotterello che riscalda e fa bollire
il sangue disse Zio Zuniari seguitando ad incoraggiarli.
Presto siamo l. Quattro salti ancora. Quando siamo l
siamo davvero in casa nostra e nessuno pi ci verr a di
sturbare. Non fo per vantarmi, ma quella campagna un
vero paradiso, e ci devono esser stati anche dei Re al tempo
di Ges Cristo. E che vista si gode. Si vede tutto Sassari e i
villaggi vicini. E che aria, e che frutta. Ci son ciriegie ros
se come il fuoco e grosse come il pugno, e non esagero. E
che aranci, tutti doro, e che sapore. Le vigne si stendono
tuttintorno e quando vien lautunno non si sa dove trovar
tante botti per raccogliervi tutto il sugo bianco, e rosso, e
nero, che stilla da quei grappoli che paion // quelli della ter
ra promessa. Da mangiare e da bere ve n per tutti. Anche
pei cani e pei ladri.
Lanno passato, mentre infieriva la peste, io con la mia
cara Maria, la povera vecchierella, e i vicini di casa, e mio
figlio Proto, poveretto, ci siamo nascosti qui per i due mesi
che ha infierito quella cattivaccia di morte, e vedete, nessu
no, proprio nessuno s sentito nemmeno il pi piccolo mal
di capo. Anzi siamo ritornati in Sassari in mezzo al dolore,
cos grossi e tondi e belli chera quasi una vera vergogna.
Pareva che noi ci fossimo infischiati del male degli altri.
Ma, Iddio ha voluto cos, e la colpa proprio proprio non
2. vedresti.] vedresti. Spruzzale dellacqua sul viso. Ancora. E! eh! vedete
che medico.5. meglio?] meglio,8. striscie] a/venature/ b/.striscie/
striscioline11. incoraggiarli] incoraggiarli ( incoraggiare)15. dei
Re] /dei Re/ re27. nascosti] nascosti (stati)28. che...morte,] che
ha ||infierito|| (menato le mani) quella ||cattivaccia|| (porcacciona) di
morte,

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POMPEO CALVIA

nostra se questa buonaria e questacqua che scaturisce da


Sette fontane fa vivere la gente sana ed allegra. //
E che abbondanza. Ed era cos doloroso aver tanta grazia
di Dio e non esser che in pochi a goderla. Vedete, figlio
li, ma ora io vi ci trattengo anche tutto un anno. Non vi
mancher nulla. Ci una stanza grande con un letto che
pare la Piazzetta di S. Catterina. Se ci sar bisogno ci por
teremo anche la culla, ed io far da balia e se manca il latte
non mancher il vino. Su! su! Allegri vi voglio. Eccoci gi
arrivati. Quando si entra nella mia campagna si butta die
tro le spalle il malumore e tutti i dolori si devono sepellire
sotto quellalbero di cipresso che ora ventanni ha piantato
mio padre, un cuor contento che ne ha viste di crude e di
cotte ed ha conosciuto i nonni della Repubblica Sassare
se, buonanima. E quelli eran tempi. Mio padre quando se
nand in Paradiso cantando avea 97 anni. E cos auguro a
tutti quelli che entrano qui. Avete capito! Allegri, allegri. //
E Zio Zuniari si tolse il berretto, lo lanci in aria e laf
ferr con la destra. Nellingresso da ambe le parti eran dei
cipressi, e per quanto Zio Zuniari cercasse di tener allegri i
due sposi, quelle cupe note di verde ed i dolori dellinfelice
Quiteria fecero a Pierino raffigurare quellingresso allinter
no di un cimitero.
Aiutatemi, voglio scendere da cavallo disse Quiteria,
con un sottilissimo filo di voce.
Le pareva di non sentire pi il sangue scorrere per le vene.
Pierino abbracci la giovinetta, e nel sollevarla gli pareva
di tenere un angiolo, tanto era diventata leggiera. //
Pierino trasport Quiteria attraverso un boschetto di
ulivi, per poter raggiungere pi in fretta il viale centrale.
3. E...era] E che abbondanza. ( abbondanza,) quellanno /passato/, ed
era15-17. Mio...allegri.] /.Mio padre quando se nand in Paradiso can
tando avea 97 anni. E cos /auguro a/ tutti quelli che entrano qui. Avete ca
pito! Allegri, allegri./18-19. lafferrdestra] lafferr entrando con
la destra19-20. dei cipressi] dei salici piangenti e dei cipressi23. di
un cimitero] di un cimitero di monaci26. Le...vene.] |Le| pareva (
Pareva) di non sentire pi il sangue scorrere per le vene (atrascorrerle
dentro i piedi e nelle gambe btrascorrere ( trascorrerle) dentro i piedi e
nelle gambe). Il veleno infatti cominciava dopo la lacerazione la paralisi
progressiva.

Lautografo di Quiteria

I capelli di Quiteria si erano in parte aggrovigliati al col


lo dellinnamorato. Due grandi alberi secolari di ulivo
anchessi serano intrecciati coi rami e parevano due grandi
corpi che un giorno avessero vissuto, e che ora seguitassero
ad amarsi.
Pierino depose Quiteria sotto questi due alberi, parendo
gli che avesse bisogno di riposare un pochino.
No qui disse Quiteria.
Zio Zuniari tenendo i cavalli per le briglie cercava di gua
dagnare in fretta la salita, per dar gli ordini opportuni, e
ricevere degnamente quella poveretta che soffriva tanto.
Pierino sollev di nuovo tra le braccia il suo angelo. //
Non la aveva mai vista cos.
Il suo viso era pi pallido di certe pallide rose che le sta
vano attorno in forma di coppa.
Pierino camminava quasi inconsciamente, come sognan
te, attraverso quelle piante. //
Quiteria mormor Pierino.
Quiteria ripet37, con voce pi alta e tremante. Avea
bisogno di ridestarsi col suono stesso della sua voce, giac
ch la bella innamorata taceva.
Non aveva coraggio di guardarla in viso, e camminava
per guadagnare la salita.
Tratto tratto dovea fermarsi arrestato dalle alte foglie,
dalle erbe cresciute grasse nel silenzio del bosco. Un alito
fresco dalle fenditure azzurre, risvegli alquanto il povero
cervello del giovine.
Un ciliegio, dietro un grosso albero, nel passare pos
come fila di coralli i rossi frutti sul volto di Quiteria. Quel
8. disse Quiteria.] disse Quiteria, pi con esprimendosi con lo sguardo
che con la voce.14-15. di certe...coppa.] di certe |pallide| rose /che le
stavano attorno/ in forma di coppa che mandavano un sottile profumo
che faceva addormentare.16-17. come...piante.] come sognante (in
un sogno), attraverso quelle piante pallide.22-23. e camminava...salita.] e camminava, camminava per guadagnare la salita.26. fenditure...
risvegli] fenditure azzurre, dove le foglie ricamavano infantili ricami
risvegli29. come fila...frutti] come ||fila|| di coralli (collane) i rossi
frutti
37

pianteripet] cfr. Appendice A (XVII VI).

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POMPEO CALVIA

contrasto di colori spavent gli occhi di Pierino, inquanto


ch per la morte egli non avrebbe saputo trovare tinta pi
pallida. //
Uscito dal bosco si trov innanzi ad un piccolo piano
fiancheggiato da roccie altissime. Si ferm in un angolo
accanto ad una porta, vicino alla quale stava, scavata nella
stessa roccia, un comodo sedile circolare.
Pierino adagi Quiteria su quel sedile.
Acqua disse Quiteria.
Pierino corse in fretta ad una delle vasche che gli stavano
innanzi lungo il viale cinto di cipressi e di bordure di frago
le. Affond le mani dentro lacque fresche, che si mossero
come drappi di seta verde cangiante.
Una scodella di terra rossa, coperta di foglie stava per
terra. Pierino la ripul e la port colma dacqua a Quiteria
che pareva dormire, come una statua nellingresso di una
tomba. //
Piano cadevano fiori sulla sua veste, sul suo viso.
Pierino bagn la fronte bianca, le carezz i capelli, e pose
lacqua accanto a quelle labbra.
Grazie disse Quiteria.
Pierino volle baciarla in bocca.
No
Perch?
No
Ma io ti amo!
Alcune lacrime bagnarono gli occhi di Quiteria, sempre
pi affondantisi nei neri cerchioni. Delle colombe selvati
che volarono dallalto della roccia. Altri fiori dalla roccia
caddero per lo sbatter delle ali.

1. colori spavent] colori spavent ( colore spaventarono)6. vicino]


|vicino| (accanto)12. Affond...lacque] Pierino Affond ( affon
d) le mani dentro l( quell)acque17. tomba.] tomba greca.24.
Perch?...] Perch...26. amo!] amo! ( amo.)29-30. Altri fiori...ali.]
Altri fiori |dalla roccia| caddero ||per lo sbatter delle ali|| (aper quel volo
sopra ed attorno alla Vergine bper quel movimento (volo) sopra ed at
torno alla Vergine).

Lautografo di Quiteria

Pierino vedeva sfogliarsi cos come i fiori tutta quella


esistenza, senza sapersi suggerire un rimedio anche il pi
semplice per arrestare il male.
Nel suo cuore di credente faceva voti, chiamava in aiuto
il Cielo, // ma nessuno spiraglio si apriva, e Quiteria gli mo
riva fra gli spasimi pi atroci.
Avrebbe voluto chiamare, cercare unanima sola che lo
confortasse, lo consigliasse.
Zio Zuniari era sparito tra le piante. Pierino spruzz altra
acqua sulla fronte, sulle mani di Quiteria, la quale pareva
non si accorgesse quasi pi di nulla.
Ebbe paura
Quel viso che avea tanto amato ora lo terrorizzava.
Gli occhi fissi, immoti, vitrei, parevano gli occhi di uno
spettro. Delle parole indecifrabili uscivano ad intervalli
come saette, come gemiti, da quelle labbra fatte livide.
Strane contrazioni agitavano le mani, le braccia aperte.
Stringimi, stringimi. Sono tuo, // per sempre tuo gri
d Pierino.
Quiteria apr le labbra e Pierino vimpresse un lungo ba
cio, un forte bacio.
Poi la trasport in alto, tenendola abbracciata, quasi in
consciamente.
Pierino nel suo viaggio cercava di avvicinasi alla luce del
sole che scintillavagli sulla testa.
Arriv nellalto del colle dovera la casa, con la chiesetta
accanto ed il giardino. Zio Zuniari venne incontro a quegli
infelici.
Il letto pronto disse.
morta, morta, esclam Pierino. Morta!
E ladagi fuori, allaperto, sopra un letto di rose e di fo
glie, e la ricopr di fiori.
1-2. tutta quella esistenza] tutta |quella| (la parte pi bella) esistenza3.
il] il (quel)5. Cielo, ma] Cielo Ma9. sparito tra le piante.] spari
to |tra le piante|.11. pi di nulla.] pi |di nulla|.12. Ebbe paura...]
||Ebbe|| (Sent) paura...16. labbra fatte livide] labbra vellutate ora
fatte livide.17. agitavano le mani] agitavano ( agitavanle) |le| delica
te mani22. in alto] /in alto/22-23. inconsciamente.] inconsciamen
te in alto.

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POMPEO CALVIA

Stette accanto a vegliarla insino allalba // e non valsero le


parole e le cure di Zio Zuniari e del fratello Luigi ad allon
tanarlo da quella salma adorata.
Linfelice giovine voleva morire accanto a colei che tanto
avea amato.
La morte solo era il sollievo di tutti i mali, la morte sola
vera purificatrice
Andiamo, gi il secondo giorno, ed il cadavere deve
avere sepoltura.
Chi sei tu? dimand Pierino.
Gavino Puliga, il tuo amico, il tuo fratello.
Che vuoi?
Io voglio che tu ritorni alla vita, allarte, alla gloria.
Tutto spento.
Ma vi una madre infelice che ti chiama.
Mia madre morta!
No, tua madre vive. Ha le mani legate e vuole che //
tu laiuti a scioglierglele. Ha i piedi avviluppati da pesanti
catene, e tu devi spezzarle le catene.
Ha la testa incoronata di chiodi aguzzi, e tu devi toglierle
questa corona di dolore.
Non pu sollevarsi e tu devi aiutarla a sollevarsi.
Non ha un ferro per difendersi, per ferire, e tu devi porle
nella destra una lama.
Io sono inerme, qual ferro posso dare alla mia patria?
rispose Pierino.
Eccoti il pugnale che Quiteria ha dimenticato sul letto
di N. Montagnano. il pugnale era quello di Leonardo Ala
gon che dimanda vendetta. Sai tu vibrarlo?
Sai tu vendicare questa vergine che non chiede fiori ma
sangue, nel nome della giustizia?

1. Stette] Stette ( Le stette)allalba...valsero] allalba dellindomani,


e non valsero6-7. la...purificatrice...] la morte sola vera purificatrice e
vera...11. Gavino] ||Gavino|| Mauro27-29. Eccoti...vendetta] Ec
coti il pugnale che Quiteria ha dimenticato /sul letto nella stanza di N.
Montagnano./ il pugnale (era quello) di Leonardo Alagon |che diman
da vendetta.|29. vibrarlo] /vibrarlo/ vibrarlo ( vibrare)

Lautografo di Quiteria

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Ritorna in te stesso, o uomo, // e lascia i morti al silenzio,


come i fiori appassiti alla terra.
Su, destati. Io ho da vendicare mio fratello, ieri appeso ad
un palo, reo solo di aver troppo amato la sua Sassari, e Tu,
questa innocente e bella creatura assassinata. Vieni, noi la 5
sepelliremo tra le rose. Non mi rispondi? Che hai tu? Ami
ci, sorreggetelo. Pierino rispondi!
Gavino Puliga con questo pugnale di D. Leonardo Alagon
dopo non molto spegneva la vita di Don Angelo Marongio, 10
nellinterno della Chiesa di S. Nicola proprio innanzi allal
tare maggiore.
______________
Queste pagine vennero scritte nella Casa di Rosa Gam
bella abitata da me.
Pompeo Calvia

1-2. i...terra.] i morti /al ( nel) silenzio/, come le foglie che (i fiori)
appassiti alla terra.3-4. ieri...palo] ieri /[]/ appeso /per volont/ad
un palo9. questo pugnale] questo piccolo pugnale10-12. dopo...
maggiore.] spegneva4 dopo1 non2 molto3 nellinterno8 della Chiesa9 di S.
Nicola10, la vita5 di Don Angelo6 Marongio7 ||proprio innanzi allaltare
maggiore.|| | ||Queste pagine vennero scritte nella Casa di Rosa Gam
bella abitata da me.|| (Io vidi un giorno questo pugnale fra gli oggetti rari
dun mio amico. Come la molta ruggine che ne ricopriva la lama sento che
pieno ( piena) di scorie questo mio racconto. I ( racconto; le) lettori
benevoli /che/ non disdegnarono totalmente le imperfette pagine, diano
qualche colpo di lima a questo mio ( primo) lavoro.) | Pompeo Calvia

Tav. 8. La Sardegna Letteraria, I, 16 (1 Agosto 1902): Frontespizio.

Tav. 9. La Sardegna Letteraria, I, 16 (1 Agosto 1902), p. 139.

LEdizione a stampa

Quiteria
racconto
tolto dagli avvenimenti sardi del XV secolo

Questa lombra della verit che io vidi.


Percy Bisshey Shelley

Parte Prima

Ledizione a stampa di Quiteria

207

Capitolo I(1)
O Maria Santissima, fatemi aprire! esclam Quiteria, non
appena fu rinchiusa nello stretto carcere. Ella era stata barbara
mente allontanata dai suoi tre fratellini, il pi piccolo dei quali,
Francescuccio, aveva appena cinque anni1.
Apritemi! ripet, e nel delirio della disperazione si sforza
va di atterrare la porta che era foderata di ferro.
Ma Mossen Julia, venuto appositamente in Sassari per ordine
di Don Giovanni II2, per la Gracia de Deu Rey Darag, de NaIl racconto del quale cominciamo oggi la pubblicazione tratto dalla
storia, cupa e dolorosa, della Sardegna del sec. XV. La nazionale casa dArborea,
la casa di Leonardo Alagon, la casa che avea prodotto Eleonora e i rigogliosi ri
fiorimenti dellarte sarda, era stata schiacciata, non vinta, dalle armi dAragona.
Sotto il peso delle armi straniere, lanima dei sardi, dei sassaresi specialmente,
ebbe contrazioni spasmodiche: essa aveva lenergia di rigettare, in un impeto di
sollievo improvviso tutto quel ferro e le forche molteplici dalle quali corpi di
patrioti nostri penzolavano, nelle grigie mattinate. In questo romanzo la figura
di Quiteria, la condannata e oltraggiata e bella figlia di Leonardo Alagon la
quale era stata arrestata assieme coi fratellini Michele e Francescuccio e con la
sorellina Giovanna, dopo la disfatta che la casa dArborea tocc a Macomer, il
19 Maggio del 1479 spicca nella purezza duno sfondo lieto, fatto damore e
di sogni. L accanto a lei e innanzi a lei, dormono con un respiro affannoso
e roco figure di congiurati, che attendono lora della insurrezione: e su tutto
il quadro; infine, lampeggia dun baleno liberatore il pugnale di Gavino Puli
ga, leroico trafittore di Don Angelo Marongio. Tempo glorioso era quello e di
sventura! Sassari era patria di spiriti forti che non si piegavano sotto il bastone
del villano dominatore.| N. d. Dir.

(1)

Nello stesso numero della rivista La Sardegna Letteraria, I, 1-16 (marzoagosto 1902) si trovano contributi di S. Satta (Notte di S. Silvestro, versi), D.
Scano (La chiesa di S. Maria del Regno in Ardara, con incisione), G. Caprino
(Note romane), A. Giannini (Breve fiorita, versi), L. Falchi (Felice Uda) e in
ultimo la prima puntata di Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del
sec. XV) di L. de Campo (pseudonimo-anagramma di Pompeo Calvia). La ri
vista, che usciva il primo, il decimo e il ventesimo giorno dogni mese, veniva
stampata nella tipografia di Ubaldo Satta, in via Caserma, n 4, a Sassari.
2
Don Giovanni II: Giovanni II di Catalogna, II dAragona, il Senza Fede.
Giovanni di Trastmara, detto anche Giovanni il Grande, in catalano Joan el
Gran, in castigliano Juan II de Trastmara, llamado el Grande (1398-1479), fu
Duca di Peafiel, poi re di Navarra dal 1441 al 1479 e poi re di Aragona, Valen
cia, Sardegna, Maiorca e di Sicilia, re titolare di Corsica, Conte di Barcellona
e delle contee catalane dal 1458 al 1479. Fu figlio del principe di Castiglia e
Len, e futuro re della corona dAragona e di Sicilia, Ferdinando e di Eleonora
1

208

POMPEO CALVIA

varra, de Sicilia, de Valencia, de Sardenia, de Corcega, Comte de


Barcellona, Duch de Athenas y Neopatria y Comte de Rosselli y
Cerdanya, Mossen Julia avea dato ordini severissimi a Gabinu
Sura, perch vigilasse su tutte le torri, su tutte le segrete del Ca
stello di Sassari3.
E Gabinu Sura infatti, da buon carceriere, chiuse a doppio
giro la serratura dellultima torre del Castello di Sassari, la mat
tina del 25 Maggio del 14784.
Ma perch mi hai strappato ai miei fratellini? Re Giovanni,
re vigliacco! grid Quiteria Oh! lo so, me lo ha pur detto mio
padre che le tue unghie sono cosparse di fiele, che i tuoi occhi
iniettati di sangue non vedono altro, nei tenebrosi deliri, che lo
sterminio della nostra casa dArborea. Maledetto!
E sollev i pugni disperatamente Fece alcuni passi e cadde
nellangolo della cella sopra un mucchio di paglia.
Nere immagini le passarono nel cervello, simili a neri vipi
dAlburquerque. Cfr. F. C. Casula, Dizionario storico sardo, Sassari, Delfino,
2000.
3
Mossen Julia: mossn, monsignore (mossna, mia signora), era un titolo
catalano di riguardo. Negli Stati della Corona dAragona, compreso il regno di
Sardegna, si dava ai cavalieri, ai cittadini onorati e ai membri dellalta classe. In
Il si emenda in Julio, forse pensando che il titolo al maschile che precede e il
participio passato del verbo che segue, chiariscano il genere del nome proprio.
Ma Julia, in area iberica, , oltre che un nombre, anche un primer e segundo
apellido. Da una verifica delle occorrenze, inoltre, risulta che sia in A che in LSL
ricorra, in tutti i luoghi del testo, sempre la forma Julia, tranne in due casi.
difficile pensare che lautore, come fosse stato vittima di una insistita dissocia
zione tra pensiero e scrittura, possa essere incorso per ben otto volte (quattro
nellautografo e quattro nel testimone a stampa, da lui sorvegliato) nello stesso
errore relativo al conflitto di genere e non abbia, del sintagma, mai colto lincon
gruit e lassenza di plausibilit di senso. Conserviamo loscillazione grafica in A,
ma regolarizziamo in LSL secondo il criterio, non indiscutibile, di maggioranza.
4
In A, in nota: Dopoch da Don Angelo Marongio, capitano Sassarese, fu
distrutto a Macomer lesercito del Marchese dOristano Don Leonardo Ala
gon, i quattro figli naturali, Quiteria, Michele, Giovanna e Francesco, furon
dal Marongio condotti prigionieri e chiusi nel Castello di Sassari. La fortezza,
costruita tra il 1327 ed il 1331 (al tempo delle due ribellioni di Sassari alla Co
rona dAragona), durante le varie dominazioni fu utilizzata per diversi scopi.
Divent la sede del presidio armato agli ordini del Governatore del Capo e, in
Et Moderna, anche sede dellInquisitore. La forma del castello era trapezoidale
con cinque torri agli angoli e una al centro della facciata, ai piedi della quale si
accedeva tramite una porta posta a sud come le tre torri anteriori rivolte verso
la parte pi alta del centro storico di Sassari.

Ledizione a stampa di Quiteria

209

strelli staccantisi dalle pareti umide5; e le pareva, in quel rapido


succedersi di fantasmi di rivedere tutta la scena dolorosa della
Rocca di Goceano dopo la disfatta, allorquando i soldati, co
perti di polvere e di sangue, la cacciarono di casa assieme ai
fratellini.
Sentiva ancora, fra le grida rauche dei soldati, le voci di Puia
des, di Don Angelo Marongio e del Vicer Carroz6, che avea
strappato dal lettuccio, nel quale dormiva, il piccolo France
schino, e come uno straccio lo aveva buttato, quasi nudo, e
piangente, sul carro, dove un soldato lattendeva per incate
narlo.
A morte, figli del peccato! avea urlato quella tigre...
Altre immagini dolorose le si levavano nella mente.
Rivide la lunga strada, bianca polverosa, sotto un cielo che
pareva di fuoco. Ah quel tragitto senza fine!
Quelle lacrime del povero Franceschino, il quale ad ogni scos
sa del carro le si piegava sul grembo come uno stelo appassito!
E le sue povere mani non potevano far niente, nessun soccorso
potevano apportare a quegli angioletti carichi di catene. Anche
lacqua veniva loro negata da quei soldati ubbriachi, che inneg
giavano alla vittoria di Don Angelo Marongio, il quale, superbo
come un imperatore, seguiva il carro a buoi.
E quali notti angosciose! Le quercie dai tronchi deformi pare
5
E come appunto | Vipistrelli nottivaghi nel cupo | Fondo talor duna solenne
grotta (I. Pindemonte, Traduzione dellOdissea, Lib. XXIV.8); E per le vie
muffite | vudr stridere come vipistrelli. | La bianca Rupe tu vedrai, dovogni |
luce tramonta [] (G. Pascoli, Le Memnonidi. 96, in Poemi conviviali).
6
Pietro Cespujades o Pujades, figlio di Bartolomeo, dal 1468 fu governatore del
Capo di Sassari-Logudoro nel Regno di Sardegna. Contribu alla sconfitta di Le
onardo de Alagn e, nel 1477, ebbe le signorie di Austis, Teti e Tiana, requisite
ai Dessena (o de Sena) partigiani del ribelle marchese di Oristano. Don Angelo
Marongio, fu luogotenente del governatore e capitano delle milizie che sconfis
sero Alagn. Spos Rosa Gambella, Signora di Romangia, e divenne Signore di
Mores, Ardara, Bonorva, Rebeccu, Semstene, Terquidilo, Borutta, Bonnanaro
e Torralba. D. Nicol Carroz dArborea, fu, invece, vicer di Sardegna. Nel 1470
a capo degli Aragonesi venne sconfitto dallAlagn. Fu in questa occasione che,
per la prima volta in Sardegna, si fece uso della polvere da sparo. Entrati nel
1325 in possesso del castello dOgliastra e, nel 1349 di quello di Quirra, i Carroz
(Carrs o Carro) antico casato nobile di stirpe germanica proveniente dalla
Valenza esercitarono un grande potere sui territori dellIsola. Cfr. F. C. Casu
la, Dizionario storico..., cit.

210

POMPEO CALVIA

vano, sotto Monte Santo, contorcersi come mostri, per atterrire


quelle povere anime7.
E voci sinistre avevano le acque, scorrenti tra i massi e i lunghi
stormi degli uccelli impauriti dispersi nellaria. Ma nulla vi era
di cos doloroso che potesse eguagliare il profondo sguardo ed il
lamento di Michele, quando disse ai soldati che lo trascinavano
su per le ripide scale del castello:
Non posso salire; oh! mamma mia.
Mamma! che avevano fatto quei crudeli della mamma sua?
Un soldato sassarese impietosito, forse un povero padre, pre
se il piccolo Michele in braccio, e prima di rinchiuderlo nella
celletta, lo baci.
E cos, un dietro laltro, furono serrati nelle spaventose celle.
Non piangere pi disse un soldato a Giovanna. Povera
bimba!
Ed a Quiteria, con lente pause continuavano a ripassare nella
mente queste domande dei soldati.
Tutti cos li uccidono? Taci! Ei! Ges non c? Taci!
Sono della vile razza dArborea, figli del peccato. A morte con
vostro padre Leonardo Alagon. A Morte Nicol Montagnano,
traditor sassarese! A morte! A morte! Abbasso e per sempre,
Arborea! Gi, gi, Arborea8!
No! grid Quiteria, riscuotendosi. No! abbasso Arborea,
mai!
7
Nella piana compresa tra Monte Santo e Monte Lachesos (nel territorio di
Mores), detta di Campu Marthu (Campo Di Marte), le milizie capitanate da
Don Angelo Marongio sconfissero lAlagn.
8
Marchese di Oristano, lontano discendente degli ultimi giudici di Arborea,
Leonardo de Alagn considerato dalla storiografia tradizionale una delle fi
gure pi significative della lotta sardista. La sua vicenda ebbe inizio quando,
intorno al 1477, entr in conflitto col Carrz. Questultimo si adoper affinch
Giovanni II, condannasse Alagn per lesa maest e fellonia. Il feudatario sardo
diede cos il via ad una vera e propria rivolta che dapprima vide gli Aragonesi
costretti in assedio nelle due roccaforti di Cagliari ed Alghero, ma che alla fine
si concluse tragicamente con la battaglia di Macomer. Vissuto nel XV secolo,
Montagnano fu, invece, nativo di Sassari. In occasione della rivolta contro il
vicer Carrz, fu partigiano del marchese di Oristano. Partecip con sue truppe
bene armate alla battaglia di Uras il 14 aprile 1470; poi pose lassedio al castello
di Monreale e minacci la citt di Cagliari. Fedele al suo signore, guid le schie
re oristanesi nella disastrosa battaglia del 1478. Mor per le ferite riportate sul
campo. Cfr. F. C. Casula, Dizionario storico..., cit.

Ledizione a stampa di Quiteria

211

E si sollev soffregandosi gli occhi9 come per discacciare tutte


quelle tetre immagini, le quali, sebbene ella fosse desta, in quella
oscurit la costringevano a sognare ancora delirando.
Linfelice giovinetta, con le mani protese, and brancoloni in
cerca di una spada.
Il filo sottilissimo di luce che filtrava dal finestrino chiuso le
pareva una lucidissima lama. Quando and ad afferrarla si ac
corse dellinganno e della ignobilt del suo stato. Apr con forza
lo sportello di legno del finestrino.
Unondata calda di luce illumin improvvisamente la prigio
ne, e sullo sfondo ricoperto di muffe pi divinamente bella spic
c la purissima figura di Quiteria, nei fieri occhi simile ai ritratti
di Donna Eleonora dArborea.
Voci indistinte di gioia e suoni di trombe e di pifferi salivano
dalla piazza. Quiteria strinse con forza le spranghe dellinferria
ta, quasi come volesse spezzarle.
Le campane di San Nicola, di Santa Catterina, di SantApolli
nare, suonavano allegramente.
Santa Maria di Betlem si sentiva appena10.
Piccole nubi bianche apparivano, tratto tratto, da quei rettan
goletti di azzurro attraverso le grate, dietro le quali sfumavano
i monti dellAsinara confusi col cielo e con la striscia di mare
sottostante.
Unondata daria fresca, simile ad un bacio pieno di consola
zione, fece improvvisamente sussultare il cuore della giovinetta,
la quale assorb con inconscia volutt i sottilissimi profumi.
Uno stormo di rondini pass a volo; pareva che le chiedessero
col breve querulo canto:
Perch sei qui, bellissima? Tu somigli ad una regina.
9
soggiunse lAvvocatino soffregandosi il mento [...] (I. Nievo, Lavvocatino,
in Novelliere campagnolo, VII. 29)
10
Nel Duecento esistevano gi le altre quattro chiese che, con S. Nicola, costitu
ivano le cinque parrocchie in cui per molti secoli la citt rest divisa: SantApol
linare, San Sisto, San Donato e Santa Caterina. Tra il secondo e il terzo decennio
del XIII secolo, la comunit francescana si insedi a Sassari, dopo aver ricevuto
in dono il monastero di santa Maria in Campulongu, che nel 1106 era stato do
nato ai benedettini di S. Vittore di Marsiglia dal giudice di Torres Costantino I
di Lacon-Gunale. Santa Maria di Betlem si impone nel panorama monumentale
sassarese per via dellinteresse e della ricchezza delle sue forme architettoniche,
che abbracciano un lungo arco cronologico, dal XIII al XIX secolo.

212

POMPEO CALVIA

Una rondine pi ardita penetr nella cella. Poi, tutte scom


parvero, ed il silenzio si fece intorno tristissimo e lugubre. Ma
ben presto la giovinetta fu riscossa dal suono dei lenti rintocchi
della campana del bargello.
La poveretta ripens ai fratellini soli, forse affamati, assetati
ancora.
Scosse la testa come una leonessa e si gett innanzi agli oc
chi tutta la folta massa dei suoi neri capelli, quasi indigna
ta contro la luce istessa, che permetteva tanta vilt nei cuori
umani.
Il campanone seguitava a spandere lugubri rintocchi.
Tu pure, o Sardo, ci perseguiti; tu pure, Don Angelo Ma
rongio, vuoi farti carnefice di bambini? grid Quiteria, traen
do dal seno un pugnaletto avvolto in una fodera rossa. La impu
gnatura doro scintill sinistramente.
La giovinetta si fer il braccio, lasci scorrere un po di sangue,
ed, intintovi il dito, scrisse sul muro gi segnato di nomi e di
cifre, la data: 26 Maggio 1478.
Poi, con la punta del pugnaletto, graff il suo nome e quello
dei fratellini.
Il sangue della ferita ancora aperta colava sulla lama e si me
scolava al bianco delle lettere graffite ed al motto inciso profon
damente.
Arborea vaya suso, e Aragona vaya a iuso.
Linfelice Quiteria avrebbe voluto versare tutto il suo sangue,
per scrivere quel motto su tutti i muri delle segrete ove erano
tanti infelici.
Questo le pareva dovesse essere il suo testamento e quello dei
fratelli.
La campana del bargello, che avea cessato di suonare, rico
minci i lentissimi rintocchi.
Quiteria singinocchi innanzi al finestrino, e tolse dalla bor
setta, che le pendeva a fianco, il rosario, pio ricordo della madre.
E preg a lungo per la patria sua, per il padre suo, pei fratellini
e per la madre lontana, la quale, nellestasi della preghiera, le
pareva che teneramente la chiamasse.
Mamma! mamma! dove sei? esclam Quiteria; e ruppe in
un pianto dirotto.

Ledizione a stampa di Quiteria

213

Capitolo II
Il carceriere Gabinu Sura apr la pesante porta del carcere.
E, rivolto a Quiteria, disse: Seguitemi.- La giovinetta obbed,
scese alcuni gradini e si ferm innanzi ad una porticina.
Mia sorellina Giovanna ancora qui? domand concitata.
Seguitemi rispose il carceriere, sbatacchiando con impa
zienza le chiavi.
Quiteria buss alla porticina e chiam pi volte:
Giovanna!
Nessuno rispose.
Dov Giovanna? insistette.
Io non so nulla aggiunse il carceriere, freddamente.
Tu sai tutto. Chi ha aperto questa porta se non tu? Parla, per
carit! Dimmelo. Dov Giovanna?
Consolatevi rispose Gabinu Sura, intenerito dalla segreta
forza di quella voce. Consolatevi, che presto si... e non disse
altro, e riprese tosto il duro cipiglio abituale, quasi terrorizzato
dallimprovviso ricordo delle severissime istruzioni di Mossen
Julia e di Don Angelo Marongio.
Consolarmi!
Scendiamo.
Quiteria si ferm innanzi alla seconda porticina dove era sta
to rinchiuso Francescuccio. Era aperta.
La poveretta gett nellinterno un rapidissimo sguardo col
cuore pieno dangoscia. Non ebbe coraggio di fare nuove in
terrogazioni, scese alcuni gradini e barcoll. Il carceriere la sor
resse tenendola pel braccio, e le prese istintivamente la mano.
Quiteria con ribrezzo strapp rapidamente la pallida mano,
e guard in viso con atto superbo il vecchio carceriere, il quale
chin la testa e lasci passare, pieno di ammirazione, la bella
fanciulla, che segu rispettosamente sino allaltra porta dove
Michele piangendo avea detto:
Non posso salire mamma mia!
Anche questa porta era aperta. Dalla segreta usciva un tanfo,
come di terra umida e smossa di fresco.
Nel fondo della parete eravi unapertura con inferriata, la
quale illuminava una scala alla quale erano attorti vecchi cor
dami, e le catenelle ed i ceppi che avevano stretto nel viaggio i
tre fratellini.

214

POMPEO CALVIA

Una vanga era appoggiata allultima assicella della scala, e


poco discosto stava, su duna panca sgangherata, un fanalino
spento.
Il sole con striscie gialle si muoveva su quegli oggetti e dava a
tutto lambiente una terribilit mostruosa.
Sintese un rumore sordo.
Che questo? domand Quiteria.
Niente, entriamo rispose il carceriere.
Dove? Gabinu Sura accese il lanternino e strapp dalla
scala la corda cherasi aggrovigliata.
Anima! dove mi conduci? domand Quiteria al carceriere
allorch lo vide aprire unaltra porticina.
Non temere, ci son io, su, coraggio! e strinse nelle sue le
fredde mani di Quiteria11.
Pensate alla Madonna delle Grazie, figliuola!
Entrarono in uno stretto corridoio dove si respirava appena.
Son stanca disse Quiteria, soffermandosi quasi colta da
una paurosa immagine e cercando dindugiare.
Vi riposerete dopo esclam Gabinu Sura.
Dove?
Allaperto.
In faccia al sole?
S, andiamo.
Quiteria pens al sole vivissimo, al suo mare di smeraldo, e
continu per un tratto a camminare rapidamente.
Il carceriere apr unaltra porticina, ed una voce debolissima
sintese dimandare:
Chi vive?
Aragona! fu risposto.
Avanti Aragona!
11
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 1 puntata del romanzo
pubblicato su: La Sardegna Letteraria, I, 1 (1 Marzo 1902), 8. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire dalla parola Entrarono, inizia la
2 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 2 (10 Marzo 1902), 15). Nel somma
rio: G. Deledda, Caio Gracco in Sardegna (versi); P. Orano, Il positivismo della
pace; Per uninchiesta sulle condizioni della Sardegna, proposta dai professori G.
Fermi, B. Pellizzi, G. Perrando, L. Falchi; A. Scano, Il nido dAmore (versi); U.
Ranieri, Notizie; P. Calvia, Da lu grecu di Mimnermo (versi in dialetto sassa
rese); L. Falchi, Il momento sociale e la Sardegna; Livio de Campo, Quiteria
(racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV), cap III, IV.

Ledizione a stampa di Quiteria

215

Prudenza, figliuola! disse il carceriere. Ora io ti lascio,


sii buona.
Dove vai? dimand Quiteria, provando un gran dolore
per lallontanarsi di quelluomo pel quale avea prima sentito ri
brezzo. Rimani! rimani!
Nessuno ti far male, figliuola!
Quiteria prese le mani del carceriere e vi lasci andare delle
monete.
Gabinu Sura le disse: Conservatele, figliuola. Abbiate solo
la bont di cedermi quel pugnaletto col quale vi siete ferita, per
scrivere col sangue il motto ribelle che vi consiglio di non pro
nunziare pi in questi luoghi per il bene vostro.
Nel ritirare la mano una moneta cadde per terra e tinn come
un lamento di uccellino morente.
Gabinu non si chin per raccoglierla e nascose in fretta il pu
gnaletto dalla guaina rossa.
Dalla porta aperta entr un fraticello e diede il buon saluto:
Ave Maria!
Gabinu Sura rispose: Piena di grazia e chin la testa, indi,
rivolto al fraticello, quasi per consolare Quiteria, esclam: Fra
Carmine, voi, che siete tanto buono, sollevatela, questa figlia.
Aiutami, per Maria Santissima! esclam Quiteria e strinse
nelle mani il rosario.
Un sudor freddo le inumid repentinamente il viso.
La luce del fanale del carceriere si allontan funebremente,
nellombra che si richiudeva con una pesantezza tragica.
Padre! dove mi conduci? domand Quiteria. Ed il frate:
Non vi spaventate. Venite con me. Il buon Ges vi aiuter. Egli
vede tutto, egli permise tutto. Chi pi sapr soffrire, pi avr
dritto al godimento nel cielo, dove non ci sar nessuno che ci
contraster la luce.

216

POMPEO CALVIA

Capitolo III
Pierino Unali, sebbene fosse valentissimo pittore, non riusci
va a disegnare una linea che gli ricordasse il viso della sua amata
Quiteria. Eppure, nel Castello dOristano, egli aveva sapiente
mente dipinto quel viso nel volto di S. Gavino, il bel martire
turritano.
Non riesco esclam Pierino, e diede la tavolozza al piccolo
modello Tito Puliga.
Il bambino la depose in un angolo della cella, in una cassetta
di colori.
Puro il segno tracciato, vigoroso il colore, ma non trovo
lanima tua, o Quiteria, nel mio pennello agitato da terribili bat
taglie disse Pierino.
Poi, volto al bambino, gli carezz amorevolmente i capelli
biondi inanellati12 .
Per oggi puoi andartene, Tito.
Quando debbo tornare, Maestro? domand il bambino
contento di aver terminato di posare.
Vieni domani, Tito mio, oggi non posso continuare. Va tu
pure a godere un po di sole ed a cogliere dei fiori.
Oggi non amo i fiori, disse con malizia il bambino, stirac
chiando le braccia alquanto indolenzite per la lunga posa.
Che ti piace?
Io non te lo voglio dire perch tu mi sgrideresti, rispose il
bambino e gli si tinse dun bel rosso il pallidetto viso.
Tutto puoi dirmi, come ad un padre e lo carezz e lo fiss,
scrutandolo nei lucidissimi occhi neri.
Ebbene, senti, riprese il bambino, chinando la testina
bionda a me piacciono certi dolci duna nuova forma che oggi
ho adocchiato sotto le tende dei venditori di torroni.
12
inanellati A] inannellati LSL. Reintegriamo la lezione di A, perch quella di
LSL non attestata. Trattasi verosimilmente di refuso. La variante grafica atte
stata , semmai, innanellare: Salsi colui, che nnanellata pria / disposando
mavea colla sua gemma (Dante, Purgatorio, V, vv. 135-136); [...] Dal laccio
dor non sia mai chi mi scioglia, / Negletto ad arte, e nnanellato et hirto (F.
Petrarca, RVF, CCLXX, IV); Bionde, come fila doro, e co capelli tutti in
nanellati. (G. Boccaccio, Decameron, XCVI.6). Per altro, lintertestualit
ampia: biondi i capelli, inanellati e lieve [...] (G. Prati, Edmenegarda, Canto
II, 265); capelli fulvi e inanellati [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. XV, 4.15).

Ledizione a stampa di Quiteria

217

E si chiamano?
Tiricas dAragona. Si vendono l, vedi sulla Piazza della
Chiesa.
Il bambino segn col dito le tende dei rivenduglioli13, sorrette
da pali rivestiti di alloro e di fiori, con intreccio di stemmi del
Re Don Giovanni, del suo fedelissimo capitano sassarese Don
Angelo Marongio e della bella moglie Donna Rosa Gambella.
Pierino si avvicin al balcone, e si accorse che tutta la piazza
(il patio) di Santa Maria di Betlem era gremita di popolo.
Musiche nuove ed inni nuovi si andavano mescolando agli
inni ed ai canti Nazionali Sardi. Tutto pareva tendere ad av
vilupparsi con quel sole di Maggio che, con le sue calde tinte,
coloriva le penne dei sombreros e le tiazolas14 ricamate.
Pierino dimentic per un istante tutto quellavvilimento di
popolo. I colori nelle gamme pi svariate aveano preso il so
pravvento su i suoi pensieri, e gli colorivano gaiamente le im
magini.
Egli sentiva la chiara divinazione dei toni e delle linee, sde
gnoso dellarte falsa e manierata.
Se uno sfacelo avveniva nelle coscienze e nei caratteri, larte,
per ristabilire lequilibrio, dovea assurgere ad altezza somma
dideali.
Presto al duru-duru, giovanotti! grid un vecchietto batten
do con una bacchetta sul tamburello.
Quel grido si diffuse subito, e tosto cominci il ballo con rit
mo eguale e con cadenze accennate dai movimenti delle mani
intrecciate. Le collane per molti giri avviluppanti il collo delle
femmine, e le gonne, i coritos15, gli orecchini filogranati dava
In A negozianti. Intertestualit ampia: Allingiro, tende militari, barac
che di rivenduglioli [] (G. Verdi, La forza del destino, [Piave] At.3, Sc.6);
suonatori ambulanti, di cantambanchi, di saltimbanchi, di rivenduglioli dogni
sorta di roba, di birrerie sopra tutto frutta (C. Boito, Il maestro di setticlavio,
in Storielle vane, I.19); Bazzicava lass per que paesi / un di que rivenduglioli
ambulanti, / che fan commercio a denari ripresi [...] (G. Giusti, Il sortilegio, in
Poesie, 34); I rivenduglioli di carte e stampe e bullettini gridavano intanto sulla
piazza (G. Rovani, G. Cento anni, Lib. X, 1.8).
14
In A si legge tiarzole. Nelle variet della lingua sarda: tiazla, tiagila, tiajola, tiallora, tiaxola, tibagiola, tibazola, tivazola: fazzolettone per coprire od
ornare il capo.
15
Corittu: corpetto.
13

218

POMPEO CALVIA

no a Pierino lidea di molti fiori imperlati dalla rugiada e quasi


portati dal vento. Tutto si confondeva, si armonizzava in una
tenerezza nuova e gentile damore.
Pierino pensava: Ma perch non si stabilisce una simile
armonia in tutte le anime, e non tendono tutte ad un bene co
mune? Perch questi potenti, che ci guidano, non rientrano
nelle naturali leggi delle cose, e si adoprano per il benessere dei
popoli? Crudele, invece, la lotta e chi le piglia sei sempre tu,
o popolo, al quale si d unora di sollazzo perch dimentichi
molti secoli di miseria e di vergogne. Su! su! allegri, o dan
zatori, il vostro minuto di gioia. Ma presto, o miscuglio di
gente male unita, ti disfarai come il vago mazzo di fiori al quale
somigli.
Le pi belle rose poseranno le foglie avvizzite sul calice can
didissimo dei gigli, e maligni odori si sprigioneranno, e contatti
impuri trasformeranno in putredine quel candore liliale... Su!
su! allegri, o Sassaresi! che importa a voi se il pi bel fiore di
Sardegna calpestato da un tiranno?... Che importa a voi dei
bimbi che gemono in carcere, delle forche in economia drizzate
sulle piazze, delle figlie oltraggiate, dei vecchi inermi insultati o
pugnalati, della fame che gialla irrompe tra il popolo dei sardi?...
Si riscosse improvvisamente:
Tu, povero Tito, che io avevo dimenticato, mi guardi coi
grandi occhi innocenti, in attesa duna moneta che possa sod
disfare il tuo palato avido delle false dolcezze preparate dai tor
ronai dAragona... Prendi; vuoi una monetina dargento? una
di quelle che io ebbi in Oristano da Don Leonardo Alagon. E
Pierino ricord le mille altre regalategli per il ritratto di Leo
nardo Alagon in atto di adorare i tre Martiri Turritani. Il qua
dro, ora, sfregiato e pugnalato per mano di boia dietro ordine di
Don Angelo Marongio.(2) E subito sinterruppe:
Eccolo, il superbo, leroe sassarese, che passa tra la folla spa
valdamente, dando il braccio alla sua donna Rosa Gambella.
Don Angelo Marongio usciva dalla chiesa, dove avea ringra
ziato Iddio davergli permesso di stringere fra le catene, come
un assassino, Quiteria, il tenero amore di Pierino Unali.
Questo quadro esiste ancora nella sacrestia di S. Maria di Betlem. Pasquale
Tola fece copiare di questo dipinto il ritratto di Leonardo Alagon, riprodotto in
litografia nelle biografie degli uomini illustri di Sardegna. | N. d. Dir.

(2)

Ledizione a stampa di Quiteria

219

Tu sei puro e felice, e lo dicono glinni e le canzoni dei poeti


che ti tengono dietro rassomigliandoti:
A sistella pius lughente!:16
mormor linnamorato.
Cavalieri, fanti, scudieri, con un seguito di frati e di popolo,
si riversavano dalla chiesa sulla piazza, dopo la messa di ringra
ziamento per la vittoria riportata dai Sassaresi contro lesercito
di D. Leonardo Alagon17.
La luce quasi lapidea lasciava intravedere lembi di cielo e di
campagna verde.
Si udivano voci confuse accompagnate dal lento zufolio delle
launeddas, e la coppia felice e festeggiata vestita di rosso, appa
riva come una macchia di sangue uscente da larga ferita.
Anche il cielo parve dun tratto, a Pierino, si tingesse di rosso.
Il giovine artista si copr gli occhi con le mani, quasi sgo
mentato da tutta quella tinta di color sanguigno che come un
mantello avviluppava tragicamente la coppia felice, la quale
scomparve in Porta Utzeri, seguita dallimmensa folla sempre
pi acclamante18.
Un vecchio mendicante, con la testa fasciata, ed il corpo av
volto in molti stracci si ferm a guardare il corteo.
Pass un cavaliere, ma il vecchio non gli chiese lelemosina19,
e non appena lo vide scomparire, a lenti passi si diresse verso la
chiesa di S. Maria di Betlem.
Che straccione misterioso! disse Pierino, osservando quel
camminare lento alternato tratto tratto da passi rapidissimi e da
sguardi sospettosi.
Il piccolo Tito Puliga aspettava in silenzio.
Tavevo dimenticato, povero Tito! esclam Pierino, e gli
Alla stella pi lucente!.
Don Leonardo Alagon Il
18
Allinizio del XIII secolo la citt era chiusa da una cinta di mura con quattro
porte di uscita: verso est cera la Porta Gurusele (poi Porta Rosello), verso sud la
Porta Capu de Villa (poi Porta Castello), verso ovest la Porta Utzeri e a nord la
Porta Santu Flasiu (poi Porta SantAntonio).
19
lelemosina A] la elemosina LSL Reintegriamo la lezione di A perch quella di
LSL verosimilmente lesito di una cattiva lettura di una correzione del mano
scritto. A tal riguardo si rinvia allapparato genetico di A.
16
17

220

POMPEO CALVIA

offr la piccola moneta che teneva per distrazione ancora stretta


nel pugno.
tutta mia? domand il bambino.
S; ma bada di non lasciarti vincere troppo dalle leccornie e
dai dolciumi, specialmente se manipolati dagli Aragonesi.
Tu lo dici apposta perch io non tocchi mai nulla. Proprio
cos fa sempre la mamma! esclam ridendo Tito, col ditino
in bocca.
Beata et! disse tra s Pierino, e baci mestamente il fan
ciullo. Beata et che non capisce ancor nulla degli umani dolo
ri. Povero bimbo! dove sar ora tuo padre, Mauro Puliga, chia
mato segretamente in Castello poche ore dopo che la mostruosa
porta si chiudesse per ingoiarvi la mia Quiteria ed i poveri fra
tellini? Pierino stette un po assorto.
Tito mio, se la tua mamma dimanda perch sei ritornato
cos presto a casa rispondile che tho congedato per occuparmi
di quella sua bisogna.
Vado subito disse Tito, ed usc festante.
Ma tosto fece capolino dalluscio della cella per domandare: E
se il babbo viene, lo dico anche al babbo?
S, bambino.
Tito se nand.
Poveretto! mormor tra i denti il pittore! E nessuno
insorge, e si permettono dunque queste infamie!
Mauro Puliga non doveva pi uscire da quella ferrata porta.
Egli era stato lamico di Nicol Montagnano, leroe Sassarese,
morto forse al fianco di Leonardo Alagon, come il giovane figlio
Artaldo. Era colpa che bisognava espiare.
Dimprovviso riapparve alla mente di Pierino Unali limagine
di Quiteria.
O mia anima! O Quiteria! Quiteria! grid, affranto dallin
terna lotta e sedette innanzi al cavalletto, e gli occhi affaticati da
quelle visioni dolorose gli si chiusero pesantemente.

Ledizione a stampa di Quiteria

221

Capitolo IV
La mente di Pierino andava rievocando, come in un sogno,
le dolci visioni del suo amore dentro il Castello di Oristano
Don Leonardo Alagon passeggia nella sala darmi del Castel
lo. Severo e dignitoso lincedere, e negli occhi brillano fulgidi
lampi pel guizzar serpentino dei pensieri20, dove non accolta
mai una idea vile.
I turbinosi nembi delle lancie non sono per lui che il sorriso
della gloria21.
Nemico dintrighi, di tossici, di spie e di cortigiani, di rapine
e di violenze.
La spada che gli pende al fianco ed il pugnaletto dal manico
doro e dalla fodera di rosso velluto, non scintillarono che in
battaglia, in faccia allinvasore22.
Segue concitato a passeggiare coi pugni incrociati sotto lam
pio e candido colletto accartocciato che incornicia il viso ma
schio e diventato quasi di bronzo pel sole che dona i suoi raggi
agli eroi, chiedendo in compenso solo il sangue e la vita.
Spesso laffilata ed energica mano corre sullimpugnatura, con
fremiti accompagnati da improvviso corrugarsi della fronte.
una mattina sui primi del mese di ottobre.
Pierino sta intento innanzi al cavalletto collocato in un ango
lo di questa sala darmi.
20
e locchio, naturalmente bieco e serpentino, vibr sugli sbirri uno sguardo
cos infuocato di furore [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. V, 11).
21
Quando il cinto di nembi Olimpio Giove / Dest un gagliardo, turbinoso
vento [...] (Odissea, canto XII, 401, trad. Pindemonte); [...] E gi lali sonanti
e turbinose / Batt pel cielo il nembo: e al furibondo / Cozzar di masse umane,
e di compatte / Falangi fulminanti, anco rispose / Il ruggito dei venti [...] (A.
Buzzolla, Album di Solferino e San Martino, Tip. della Gazzetta, 1871, p. 65).
22
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 2 puntata del roman
zo pubblicato su: La Sardegna Letteraria, I, 2 (10 Marzo 1902), 15. In calce:
(Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire dalla parola Segue, inizia
la 3 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 3 (20 Marzo 1902), 24. Nel som
mario: G. Caprino, Note Romane; A. Mocci, Frate Comita, Nino Visconti e la
Gallura; G. Lumbroso, Alla citt di Ferrara (saggio di commento storico); Il
castello di Sassari (incisione); Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto
dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. IV; In copertina | Barore: La copertina (con caricatura).

222

POMPEO CALVIA

Da pi giorni lavora pel quadro dei tre Martiri Turritani, e


saffatica indarno23 cercando inspirazione per ridare al viso del
guerriero Gabinus, quella divina espressione palpitante di gio
vinezza eroica che la leggenda gli attribuisce.
forse un arcano fato che non lascia tracciare al pennello
dellartista questa ideale sembianza che egli sente nellanimo
come il preludio di una musica lontana?
Don Leonardo si avvicina al cavalletto.
Maestro! voi cancellate troppo spesso questo viso di Santo
dice sorridendo allartista.
Non riesco!
Che cosa vi abbisognerebbe?
Un modello.
Ma come potrei aiutarvi io, nello scegliere un modello, se
nessun viso umano vi accontenta, e pi che divina la bellezza
che voi cercate?
Non la sola bellezza che io cerco.
Perch non cercate lespressione del viso nel ritratto di
Donna Eleonora dArborea, l appeso tra Ugone e Mariano?
Buona idea! E far cos.
Ed il povero artista copia e cancella sempre, ed il Marchese
continua a ripetergli:
Non avete ancora trovato?
Ma trover certamente. Non voglio che mi si dia il titolo di
maestro nellarte senza che io lo meriti. A che servirebbe, quan
do si giovani, vincere con mezzi mediocri nella lotta superba?
Sei Sassarese e forte, del sangue di Montagnano. Per Iddio!
Vos altres encara que non vullan!
Che cosa, Marchese?
Sebbene non vogliano, oh s! li manderemo via questi paras
siti dAragona. Nazione libera devessere questa Sardegna, sotto
il comando di un uomo che ne conosca tutti i bisogni, che ne
capisca tutti i dolori.

23
Vedrassi quanto in van cura si pone, / e quanto indarno saffatica e suda, [...]
(F. Petrarca, Triumphus eternitatis, vv. 106-107); Il filosofo esatto, paziente,
geometrico, si affatica / indarno [...] (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 5-6
ott. 1821); Onde ciascuno indarno saffatica: [...] (Id., Canti. Frammenti. XL
Dal greco di Simonide).

Ledizione a stampa di Quiteria

223

Sotto la vostra bandiera dArborea potr solo risorgere la


Sardegna. disse Pierino Viva Arborea!
Arborea vaya suso, e Aragona vaya a iuso si sent esclama
re da dietro larazzo, sollevato da una bellissima giovinetta, la
quale somigliava alquanto al ritratto di Donna Eleonora.
Avea per nelle labbra una espressione pi dolce e delicata e
soavi e fieri erano i suoi occhi.
Lanima mia gi piena di te, vedendoti sussurr il cuore
dellartista.
Quiteria mia figlia! disse il Marchese baciandola.
La giovinetta abbracci il padre.
Babbo, gli disse mi venuto un capriccio, tu devi ac
contentarmi.
Chiedi, figliuola mia.
Da questo valente artista, tanto lodato, devi farti ritrarre in
un formato piccino che si possa collocare dentro questo meda
glione da te regalatomi e che io porto sempre con me. Anche
quando tu andrai in guerra, io voglio averti sempre vicino.
Vieni al campo con me figliuola, e mi avrai sempre vicino.
Per Arborea! se tu lo vuoi, verr! esclam Quiteria, e spic
c dalla parete una sottilissima lama dOriente, e ricopr la testa
con lelmetto.
Eccomi armata.
E larma ti sta bene in pugno come ad un bel guerriero, fi
gliuola! Che ne dite voi, artista?
Pierino non rispose, ed afferr la tavolozza ed i pennelli e
tracci in fretta sul volto abbozzato di San Gavino la bella ed
eroica espressione.
Quiteria pos assorta in dolce contemplazione, felice che il
padre, dipinto ai piedi del quadro, potesse a lungo rimirarla in
quelleffige.
Disse sorridendo: I tuoi occhi, padre mio, mi guarderanno
sempre nelle preghiere.
E davvero, o figliola, lartista ha trovato il suo ideale per un
bel San Gavino. Bene, maestro, molto intendete larte vostra e
meritate protezione. Io certo non...
Un lontano segnale di tromba fece interrompere la frase, ed
il Marchese savvicin al balcone e stette alquanto a guardare
fissamente; poi, a passi concitati, continu a passeggiare lungo
la sala dArmi.

224

POMPEO CALVIA

Come sublime questo viso disse tra s Pierino.


E prov a dirle... Che cosa?... Nessuna parola le disse.
Sembravagli che le frasi damore espresse col solo sguardo ed
uscenti dal cuore come i profumi da un incensiere, dovessero
portare pi affetto, in quel dolce silenzio, dentro lanima di Qui
teria.
Ma perch Pierino poneva il suo amore cos in alto? Come
terribile doveva essere il risveglio!
Cuore! cuore! meglio che torni al tuo nido piccolo e calmo
pensava Pierino se non vuoi che le molte tristezze della vita
entrino a portare spine sotto le ali dei piccoli nati.
Ma pure egli era giovine e forte ed in parte corazzato di virt;
perch dovea temere?
Come potea raggiungere il suo ideale se non cimentandosi
incontro ad esso?
In quellamore che cosa vi era che non rientrasse nellordine
naturale delle cose?
Eppoi, come nellarte, cos nellamore non si dovea cercar
sempre la pi alta cima? Vi era forse valore nel vincere stando
in basso rinunziando a tentare le pi alte vette?
Dio solo pu ritrarvi quale siete; perch la vostra bellezza
superiore ai mezzi dellarte umana.
Ma nulla le disse24.
Il Marchese avea sollevato la cortina gialla del balcone. Ori
stano sembrava mollemente assopirsi sotto un cielo che diven
tava di piombo. Ciuffi di palme verdi uscivano come pennacchi
dai muri dei cortiletti, e le vecchie torri annerite ponevano una
nota cupa in mezzo a quel bianco delle vie e delle case.
E di bianchi lini erano coperti sul capo gli uomini uscenti dal
le porte ornate di rabeschi avviluppati in sagome moresche.
24
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 3 puntata del roman
zo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 3 (20 marzo 1902), p. 24. In cal
ce: (Continua) Pompeo Calvia Livio di Campo. Subito dopo, a partire dalla
parola Il, inizia la 4 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 4 (30 Marzo
1902), pp. 31-32. Nel sommario: L. Falchi, Produzione letteraria isolana; S.
Ruju, Sera di San Benedetto (versi); G. Lumbroso, Alla citt di Ferrara (saggio
di commento storico); P. Calvia, La pruzzissioni (versi in dialetto sassarese);
A. A. Mura, Tra una quietanza e laltra; l.f, Notizie; L. de Campo, Quiteria
(racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. V; In copertina |
Barore: La copertina (con caricature).

Ledizione a stampa di Quiteria

225

Anche le donne aveano strette in bianche bende le chiome


nerissime ed il seno.
Alcuni cavalieri passarono al galoppo, seguiti da soldati pro
cedenti fra nembi di polvere.
Dopoch i cavalieri discesero di sella, si udirono nel castello
acuti squilli di tromba ed un lungo vocio di sentinelle.
Entr nella sala darmi un giovinetto vestito di nero. Sul petto
avea ricamato lo stemma dArborea: un sole doro scintillante
sui verdi rami duna quercia.
Marchese! disse inchinandosi, e gli present una lettera
posta sopra una guantiera rabescata.
Il Marchese lesse in fretta, pose la lettera nella borsetta che
teneva al fianco e disse al giovinetto: Josto! che entrino; qui
sono tutti amici.
Il giovinetto usc in silenzio.
Il Marchese prese la carbonella dal mezzo dei pennelli di Pie
rino e segn sul marmo dun pancone alcune linee e alcuni pun
ti sovrapponendovi dei numeri.
Gli scintillavano gli occhi sotto la fronte ampia.
La sinistra corse pi volte allimpugnatura della spada.
Quiteria lo interrog intorno alla sua preoccupazione, aggiu
standosi la massa nerissima dei suoi capelli.
Ma Don Leonardo assorto a tracciar le linee dei suoi piani,
non rispose.
Allora Pierino fatto ardito e spinto da una segreta forza si av
vicin a Quiteria per disporla meglio nella posa.
Quiteria chin gli occhi come per celare il rossore che le saliva
alle guancie.
Le dita dellartista sfiorarono il viso dellinnamorata. Un pro
fumo inebbriante25 pareva emanasse dal quel corpo di giovane
dea, e turbava la mente dellartista.
Il giovanetto Josto introdusse i cavalieri, i quali salutarono
con atti di grande cortesia.
Nicol Montagnano, Angelo Cano, Brancaccio Manca, Se
rafino Montagnans, Pedro de Carvia, Baingio e Mauro Puliga
disse il Marchese, correndo affettuosamente incontro ai ca
25
In A inebriante. Si conserva perch sono ampiamente attestate entrambe
le forme: lo stesso fruscio di vesti, lo stesso ondeggiare di capelli disciolti, lo
stesso profumo inebbriante... (I. U. Tarchetti, Fosca, cap. XLVIII).

226

POMPEO CALVIA

valieri e presentandoli in pari tempo a Pierino, il quale strinse


loro le mani.
Ho il gran piacere di conoscere tutti, e perch sono sassare
se so quanto valgono disse Pierino.
Quiteria sera avvicinata a Nicol Montagnano, il quale sti
mava moltissimo la fanciulla per le sue buone doti.
Che ne dite, Capitano, di questo dipinto domand Qui
teria.
Fo i miei sinceri complimenti rispose Nicol Montagnano;
e, fattosi presso allartista, gli sussurr: In luogo degno hai
posto il tuo cuore.
Fieramente rispose Pierino: Sempre in alto, Casa dArborea!
Montagnano gli tocc amichevolmente la mano.
Anche gli altri cavalieri lodarono il dipinto e si congratularo
no con lautore.
Mauro Puliga in modo speciale elogi il giovane artista e la
famiglia di lui che era composta di gentiluomini, di magistrati
e di poeti, fra i quali special ricordo meritava Carmelo Unali da
Chiaramonte, lirico gentile e cultore di sarde memorie.
Pierino poi era amico del suo figlio Tito, che tratto tratto
Mauro mandavagli nello studio perch gli servisse da modello
per le teste dei cherubini che riuscivano idealmente belle.
Grazie disse Pierino tu rendi alle mie opere un onore
che esse non meritano.
Mauro ammicc con gli occhi e si avvicin al tavolo sul quale
il marchese andava segnando i nuovi piani di battaglia.
Quiteria sera posta a sedere accanto alla finestra.
Pierino la guardava e gli pareva che i soffi daria calda che
entravano dal balcone la assonnassero lentamente; cos stanca,
assomigliava ad una Madonna del Beato Angelico, circonfusa di
luce. Di quando in quando per gli occhi di Quiteria si aprivano
pieni di lampi.
Piccoli rombi di tuono si udirono in lontananza.
Nicol Montagnano disse: il nostro concittadino Don
Angelo Marongio che trasporta la sua artiglieria!
Gli occhi di lince di Gavino Puliga brillarono di un lampo si
nistro; egli si morse per dispetto inavvedutamente lindice della
mano sinistra stretta a pugno e serrata nel guanto.
Marongio! ripet a fior di labbro, ed usc con gli altri ca
valieri che seguivano il marchese nel suo gabinetto, dove aspet

Ledizione a stampa di Quiteria

227

tavano due soldati ritornati da Sanluri. Anche Quiteria usc ap


poggiata al braccio del padre.
Pierino la segu fino alluscio.
Quivi si accor e pensoso torn al suo lavoro Ma potr
io salire tanto in alto pensava da rendermi degno di questa
stella? larte mia degna di stare a paro con quella del guer
riero? Anchio come il soldato ho da addestrar locchio per la
sicurezza del colpo, ed il mio pennello, unione volgare di pochi
fili, pu valere una spada nel momento della lotta...
Il tuono continuava ad echeggiare fra le pareti del castello con
rumore sempre crescente.
I riflessi dei lampi passavano sinistramente tra le oscure mac
chie dei fichi dIndia, tra le affilate foglie delle palme, viste dal
balcone.
Anche sulle armi e sugli arazzi istoriati appesi alle pareti si
riflettevano quelle fuggenti luci sanguigne.
Dopo poco, grosse goccie dacqua caddero dalle densissime
nubi, e voli neri duccelli passarono, spinti dalluragano.
Una porticina si apr.
Io vengo a ricoverarmi qui, con la mia buona governante
che prega disse Quiteria.
La vecchia Cisca si pose in un canto a pregare.
Un uccellino si pos sul balcone battendo le ali e cant.
Cos soavemente vorrei saper cantare pur io esclam Pie
rino.
Per chi? dimand Quiteria.
Per te, per te, Quiteria!
Quiteria tacque...
Non si sentivano che i bisbigli sommessi della preghiera...
Vergine Santa! ripeteva la vecchia.
Ti amo, Quiteria!
Quiteria socchiuse gli occhi e Pierino la baci tremante sulle
labbra, senza darsi pensiero di quello che potesse accadergli.
La vecchia governante pregava sempre accoccolata in un can
to, e preg con voce pi alta, quasi cantando, non appena sent,
vicinissimo alla porta, il passo di Don Leonardo.
Pierino riscuotendosi, prese in mano i pennelli e la tavolozza
e finse di colorire. Quiteria ammirava.
Josto rialz la tenda e si ferm tenendola sollevata per lasciar
passare i molti cavalieri accorsi allappello, severi nel loro ince

228

POMPEO CALVIA

dere, simili agli antichi guerrieri sculpiti nei grandiosi templi


di Roma.
Glinnamorati sospiravano guardandosi e quei sospiri erano
come fugaci carezze delle loro anime. In quel severo ambiente
davano limpressione di foglie di rosa portate dal vento fra i co
lonnati di antichi e grandiosi templi romani.

Ledizione a stampa di Quiteria

229

Capitolo V
Tutto questo nella mente di Pierino sconvolta dal vivo dolore
passava fugacemente.
Pierino insieme a fra Carmine, dallo studio discese nella chie
sa di Santa Maria. Sebbene la chiesa fosse vuota da qualche ora,
vi si sentiva ancora lodore caldo di aliti e di carne, misto ai pro
fumi delle rose e dei fiori posti in grandi mazzi tra le candele di
cera.
Un fumo leggermente azzurrino pareva avvolgesse tutte le
cappelle. Le colonne gotiche degli altari davano a Pierino lidea
di grandi mazzi di ceri che si elevassero per accendersi meravi
gliosamente fulgidi nellalto, come le stelle.
Fra Carmine sera inginocchiato innanzi alla cappella di S.
Gavino.
Il quadro dei tre martiri dipinto da Pierino in Oristano, era
ricoperto da un velo nero che nascondeva il viso di Don Leonar
do Alagon, e gli sfregi fatti allo stemma dArborea nella parte
inferiore del dipinto.
Una lampada illuminava sinistramente i rozzi quadretti ap
pesi alle pareti della cappella, a significare il compimento di
promesse votive. Mani di cera e di legno orrendamente scolpite
e colorite erano sostenute da nastrini multicolori, ed erano col
locate alla rinfusa tra treccie lunghe e polverose, tra barchette,
mozziconi di lancie, archibugi, freccie, e qualche spada dallelsa
irruginita.
Un elmo con la celata sconquassata da un colpo ben assestato
di picca, era collocato su di una targhetta su la quale si leggeva
un ringraziamento a Dio che aveva conservato in vita un solda
to combattente, sotto gli ordini di Don Angelo Marongio, con
tro Leonardo Alagon.
Pierino nel leggere questo scritto rimase dolorosamente sor
preso.
Signor mio Ges esclam fra Carmine ultimando la pre
ghiera.
Ges mio! tu hai posto nelle mie mani, che sono indegne,
la tua croce, perch anche io portandola con pazienza in tutte le
avversit, tragga dai dolori raccolti entro di me, le parole giuste
ed adatte a lenire gli altrui dolori. E fra Carmine cominci il
segno della croce sulla fronte, dov lalto intelletto che Dio d

230

POMPEO CALVIA

agli umili e ai potenti, si segn nel cuore, dov la porta sacra


dalla quale luomo, allontanando legoismo, deve stillare il bal
samo confortatore dei mali altrui; si segn sul braccio destro e
sul sinistro per completare il simbolo della croce, sulla quale
furono inchiodate le due mani divine che serano fraternamente
tese agli umili ed agli oppressi.
Fratello! appressatevi disse fra Carmine, postosi a sedere
sulla sedia santa delle confessioni.
Pierino recit la preghiera.
Fra Carmine gli disse: Io sono lumile servo del Signore, e cer
co di aiutarti con la parola di lui. Aprimi il tuo cuore.
Fratello disse Pierino ascoltami. peccato lamore di
patria, peccato lamore di una pura fanciulla?
Tutto amore, il concetto di Ges, fratello, e non peccato
perch esso purificazione dello spirito.
Dimmi continu Pierino hai tu visto la mattina del 25 di
questo mese, data crudele, entrare in Sassari quel carro a buoi
il quale seguiva il corteo del vincitore Don Angelo Marongio?
Lhai tu visto? Dentro quel carro vi erano quattro figli di Don
Leonardo Alagon, il pi gran cuore che io abbia conosciuto. I
tre bambini e la figlia giovinetta tutti coperti di catene come
assassini, furono introdotti nel castello. Nessuno ha pi avu
to notizia di quei quattro infelici. Ed un sardo, un sassarese
che ha venduto ad un re straniero la sua patria, per accaparrarsi
onori e doni, ponendosi dalla parte del pi forte, che come
costume, ci sfrutter, e ci butter dissanguati sulla strada come
inutili stracci Marongio, uccisor di bambini!
Calmatevi disse il frate.
Calmarmi! come posso farlo, quando questuomo ha ven
duto la mia patria, e mi ha rapito lamor mio, la mia Quiteria?
Vedi tu bene e capisci la mia infelicit. Aiutami, fratello! Come
potr far io per togliere da quelle unghie selvaggie langelo mio?
Fratello, siate paziente!
Ci che tu mi dici non mi consola ripet Pierino. Non
parlarmi con le parole dei Santi. Io domando da te un consiglio
pratico, o fratel mio. Aiutami. Pierino strinse nervosamente
le mani del frate, il quale serenamente levati gli occhi al cielo
rispose:
Amico! questo pratico. Se tu non rinneghi interamente il
tuo io nelle tue aspirazioni, vivrai in eterna lotta, poich questo

Ledizione a stampa di Quiteria

231

nostro cammino seminato di desideri e di insidiosi nemici.


Oh, se tu sapessi!... La mia vita!
E che mimporta esclam Pierino se tu hai vinto rinne
gando la pi bella parte delluomo! Io non intendo di sfuggire al
tormento del mio amore e del mio odio con la tonsura. Cerco di
scoprire un delitto, di salvare lanima mia, ch Quiteria. E sono
pronto a patire dolori pi vivi, di quelli che tu affronti nelle rigi
de estasi della fede. Peccato per me quella coltellata sulla fron
te di Leonardo Alagon esclam volgendosi verso il quadro.
Ma tu sarai vendicato, o martire! lo giuro! Sento che le mie
mani fremono, e i miei occhi vedono sangue.
Dio sommo! aiutatelo! esclam fra Carmine, sollevando
la croce.
La lampada mand un ultimo sprazzo di luce e si spense. Spi
rali di fumo salirono da quel lucignolo carbonizzato.
Il povero fraticello fissava le pupille in quella lampada spenta,
come per trarre un pensiero adatto a convincere lamico infe
lice26.
Lanima del frate si struggeva di dolore per la sua impotenza.
Pierino seguitava a parlare con parole fiere.
Taci disse il frate e strinse fortemente nelle sue le mani
dellamico. Taci! qualcuno potrebbe sentirti; Sassari pullula
oggi di spie.
Ma Pierino pareva assorto in sinistre visioni e stringeva con la
destra il pugnaletto che gli pendeva al fianco.
Un passo pesante come di chi per camminare si trascini a
stento sulle grucce, riscosse dimprovviso Pierino dalle sue vi
sioni.
Chi l? domand il frate, con lorecchio teso verso il
rumore dei passi che sempre pi si avvicinavano in quella semi
oscurit.
26
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 4 puntata del romanzo
pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 4 (30 Marzo 1902), pp. 31-32. In calce:
(Continua) Pompeo Calvia Livio di Campo. Subito dopo, a partire da La
nima, inizia la 5 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 5 (Aprile 1902), pp.
31-32. Nel sommario: C. Quaranta, Sul golfo di Terracina (versi); G. Deled
da, Vengono (narrazione); N. Polcivic, If., Levoluzione del cristianesimo; T.
Bazzi, Le padrone; G. A. Mura, A un tronco delce (versi); l.f., Notizie; L. De
Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. VI,
VII; In copertina | Barore: La copertina (con caricatura).

232

POMPEO CALVIA

Fate la elemosina per carit! disse uno straccione a pochi


passi di distanza, mal sorreggendosi sulle nere grucce. Sotto le
ascelle teneva dei grandi cuscinetti avviluppati di pelle.
Vi era qualche cosa di duro e dincomprensibile in quella
spetto. Lunghi capelli bianchi rendevano pi tenebrosa la faccia
del pezzente.
Il mendicante si appoggi ad una colonna. In quellombra
misteriosa egli somigliava ad un mago.
Quale gamma originale di colore, e che linea superba!
pens Pierino, cercando di ricordare quella figura gi veduta.
In questa nuova sensazione di colore e di effetti, Pierino di
mentic per un momento i suoi dolori. Gli accordi di luce e
dombra erano per lui come una seconda vita alla quale confi
dava tutto se stesso per ritemprarsi ad altre lotte.
Il frate e Pierino uscirono dalla chiesa.
Nel mezzo del cortile, ricinto da loggiati, ricoperti di lapide
delle diverse Maestranze, una colonnina di bronzo emetteva per
tre bocche di leone lacqua che veniva accolta dentro una conca
di granito frastagliata di stemmi. Fra Carmine si ferm innanzi
alla fontanella, e spruzz dellacqua fresca sulla sua fronte e su
quella dellamico.
Dallaperto giungevano i gridi dei venditori di torroni e di
liquori, misti ai canti dei vernacciai. Alcuni soldati Aragonesi
alquanto avvinazzati, entrarono nel cortile per colmare dacqua
gli orciuoli. Un caporale sassarese, fermo sulla porta, grid sghi
gnazzando: Eba a lu foggu!27

27

In sassarese: Acqua al fuoco!

Ledizione a stampa di Quiteria

233

Capitolo VI
Fra Carmine e Pierino rientrarono nella cella, convertita mo
mentaneamente dallartista in istudio di pittura, per i molti la
vori che i frati, gli avevano commesso in quei giorni.
La colazione pronta in quel panierino disse fra Carmi
ne. Questa lora di ridare al corpo un po della forza che si
dispersa nella fatica artistica. Vedo che fra Jago non ha dimen
ticato di porre una bottiglia di vin vecchio di Taniga, secondo
il mio ordine. Pensa che se le piante non hanno il nutrimento
necessario dallaria e dalla terra, il vento le spezza e le intristisce.
Hai capito? Io mi allontano per poco.
Fra Carmine scese in fretta i gradini, e rapidamente attravers
il cortile, la sacrestia, ed entr in chiesa.
Il mendicante batt con le grucce sul pavimento per farsi sen
tire.
Fra Carmine si guard attorno, e come vide che la chiesa era
deserta, corse incontro al mendicante e gli domand: Che
nuove mi porti, Gabinu Sura?
Tristissime nuove. Stanotte mi hanno fatto sgozzare nellul
tima prigione della torre, in Castello, i tre figlioletti di Don Leo
nardo Alagon. In molte acque io ho lavato le mie mani, ma quel
sangue innocente sento che mi brucia.
Chi ti ordin queste ultime esecuzioni?
Il Comandante della Torre, Conte di Bonafides, per espres
so scritto firmato e bollato con tre suggelli da Don Angelo Ma
rongiu.
Tristo uomo!
Ma Iddio non paga il sabato disse Gabinu Sura, il boia.
Taci, Dio vede tutto!
Lo so, ma duopo che non si perda tempo e che si rafforzi
no le fila. Siamo pochi. Appena trentacinque! Ma il nostro mot
to grande: Su sole in sarvure. Gavino Puliga va raccogliendo
proseliti, travestito da pescatore Catalano. Non perde tempo, e
noi abbiamo gi avuto da lui i segni e le parole speciali con cui
possiamo riconoscerci anche nelle tenebre.
Gabinu, siate prudente. Esistono dappertutto traditori...
E Mossen Julia esclam Gabinu Sura dopo aver fatto
drizzare da me stesso la forca in economia, mi farebbe penzola
re come un dannato da quella forca, innanzi alla porta del Ca

234

POMPEO CALVIA

stello, in presenza della mia famiglia, per dare il buon esempio,


come ha fatto con linfelice Brancaccio Pinna. Nessuno, sino ad
ora ha tentennato, e tutti mi sono parsi coraggiosi e fedeli, ed
oltre misura rassegnati nei pericoli.
Prudenza sempre! ripet il frate. Han tradito anche Ges
Cristo, Signor nostro!
vero! Io tra tutti gli affigliati al motto mi riconosco il pi
debole. Pure se ho ucciso tre figli innocenti di Don Leonardo
Alagon, ci significa che il mio core corazzato di molta pru
denza. Tutte queste rughe precoci che voi vedete sul mio volto
non sono che la mostra degli spasimi dellanima mia. Quando
io commetto uno di questi servigi, getto con disprezzo la veste
di sangue che mi ricopre, e mi lavo in mille modi, anche con
lacqua Santa, per discacciare le immagini che in ridda vortico
sa mi si agitano nel cervello28. Ci che voi credete indifferenza
e cinismo, non sono che uneccessiva forza di reazione che io
faccio a me stesso, per ricadere poco dopo, senza colpa, nella
pi crudele delle punizioni. Quali rimorsi! I bimbi mi fuggono
terrorizzati, le madri mi segnano a dito, i padri mi maledicono,
i vecchi stanchi e cadenti si fanno il segno della croce come per
il diavolo: Fuggite, passa il boia ecco la voce che minsegue
nel mio passaggio. Ed io fuggo il sole, laria, la pioggia ed i venti
che dovrebbero essermi amici, imperocch io sono il turbine
che schianta.
Disse Fra Carmine: Pu darsi che Iddio operi per le vostre
mani e vi imponga le pi difficili prove. Iddio protegger i vostri
figli se la mano del dolore batter alla vostra porta.
Il povero fraticello estasiato sollev gli occhi al cielo, e gli
parve, in quel sopimento, di vedere liberi Quiteria e Pierino, e
sentiva musiche invisibili che seguivano i passi dei due innamo
rati, i quali camminavano tenendosi per mano tra una infinita
distesa di gigli e di candide rose.
La campana del Castello cominci lentamente a suonare.
Il suono si sentiva appena, ma Gabinu Sura era abituato a
quel rintocco e lo riconosceva fra altri cento suoni di campane,
e fra gli schiamazzi della folla.
Duopo che io vada disse Gabinu Sura... La campana del
28
Ecco perch la torbida / Ridda de miei pensieri [...] (A. Boito, Il libro dei
versi. Dualismo, vv. 22-23)

Ledizione a stampa di Quiteria

235

Castello annunzia vicina lora del mio penoso dovere. Anche


voi, fra Carmine, fra poco verrete nelle segrete della torre.
Il boia, dopo aver guardato attorno, quasi temendo desse
re udito, disse con voce sommessa a fra Carmine: La parola
dordine oggi cambiata. questa: Sassari salva. Badate che
il capitano Nicol Montagnano, coperto di ferite, entrer dalla
porta SantAntonio, vestito da frate per non dar sospetto n ca
dere tra le mani delle spie di D. Angelo. Voi domani trovatevi
nella chiesa di S. Pietro di Sichis, unora prima del tramonto,
per far compagnia al valoroso capitano, e farlo entrare in Sassari
prima della chiusura delle porte. Perch vi sia facile luscire dal
convento, Don Gavino Manca ha gi parlato col vostro padre
superiore. Don Gavino Manca non privo di accortezza, e gli
ha fatto capire che era utilissimo il vostro permesso, inquanto
ch domani, unanima che sta per abbandonare questa vita, ha
bisogno di voi solo, per confidarvi dei grandi segreti. Trattasi di
un illustre personaggio. Qualunque menzogna io credo sia per
messa in faccia a Dio quando la salute della patria lo richiede.
Far del bene non peccato, qualunque sia la forma... E
Mauro Puliga?
Povero uomo rispose il boia chiuso nella torre sotto la
cella di Quiteria. Don Angelo Marongio ha dato gli ordini pi
severi per la custodia di questinfelice e degli altri patrioti. Quali
strazi mai vi attenderanno, poveri rinchiusi!
Stamane ho unto col sapone le catene infernali nella sala delle
torture nel fondo dei sotterranei.
Da tre celle ingombre di utensili ed attrezzi dimpiccagione,
ho tolto ogni cosa, ed il fabro Mastro Anselmo ha ribadito al
muro tre anelli con tre grosse catene. Perch? mi ha diman
dato Mastro Anselmo. Ed io: Per voi, Mastro Anselmo se par
lerete. Il poveretto divent pallido e freddo, e quando il Conte
di Bonafides gli diede la mercede, egli ancora tutto tremante
fece cadere per terra le monete con leffigie di Don Giovanni Se
condo. Badate che Don Giovanni il vostro Re, e dovete usar
gli rispetto. Raccoglietele! Perdono! disse Mastro Anselmo,
che ha cinque marmocchi da mantenere, e raccolse i denari e
baci leffigie di quel Re: e poi tutto umile come una femminuc
cia, Mastro Anselmo che pare un gigante, baci la mano scarna
e gialla del Conte.
Il Conte allora per ricompensa gli diede una scudisciata sulle

236

POMPEO CALVIA

spalle. E badate gli disse con quella sua arroganza da cavalie


re Aragonese di non presentarvi pi a me con questa barbac
cia lunga da cospiratore. E ditelo anche a tutti gli altri Sassaresi,
che il Conte di Bonafides non vuol vedere n un filo di barba n
di mustacchi sulle vostre brutte faccie... Andate! Il poveretto
nelluscire si chin cos umilmente che io ne sentii rabbia e pie
t. E dire che se gli avesse dato una martellata sulla fronte, gli
sarebbe andata bene, perch non vi era anima viva, ed io lo avrei
aiutato a dargli la seconda martellata come colpo di grazia, e a
pochi passi cera la gran buca, dove, in meno che si dica Ges e
Maria, chi s visto s visto e non se ne parla pi.
Che brutture! esclam fra Carmine.
Segu il boia: Il Conte di Bonafides visita continuamente
le celle, e per maggior zelo e sua sicurezza ha fatto trasporta
re molti mobili ed il suo letto entro due stanze del Castello. Le
sentinelle sono aumentate. Mi si fece il buono per altri trenta
metri di corda che acquister dallebreo Carcassona. I pali non
bastano pi, e Mossen Julia ci ha comunicato una lettera di Don
Giovanni II, nella quale ordina di drizzare, da qui innanzi, per
impiccare, i pali in economia. Lo Stato deve risparmiare in Sar
degna su tutto, perch ha incontrato molte spese nelle ultime
guerre.
Fra Carmine ascoltava commosso, e quasi con le lacrime agli
occhi domand quale cibo si desse ai prigionieri.
Il cibo esclam Gabinu Sura non lo mangerebbe un
cane. Meno male che tanto poco! I rintocchi della campana
del bargello seguivano lentamente a farsi sentire.
Il mendicante si conged da fra Carmine, ed, uscito in fretta,
si diresse fuori dalle Mura verso una casetta abbandonata vicino
alla chiesa di SantAnna. Si rinchiuse a doppio giro di chiave, si
spogli delle vesti di mendicante e riprese quelle del boia, e si
avvi al Castello per compiere il suo dovere onestamente, giac
ch puntualmente veniva pagato ogni dieci giorni con buona
moneta di zecca Aragonese.

Ledizione a stampa di Quiteria

237

Capitolo VII
La luce della luna penetrava dallinferriata del carcere, e
nellaria si sentiva un acuto profumo di zagare. Dalle terrazze
giungevano suoni delicati di cetre e canti soavi di fanciulle.
Quiteria si avvicin allinferriata e guard il disco sfolgorante
della luna, ma ne ritrasse tosto lo sguardo, parendole di vede
re dentro quelle macchie lunari limmagine di due teste che si
baciassero.
Come tremo esclam Quiteria, e socchiuse gli occhi.
La povera anima sua si sentiva inebbriata da una nuova dol
cezza damore29.
Sempre mio! sempre mio! esclam. Scaldami col tuo alito,
non vedi come intirizziscono le mie povere membra! Non senti
come io vengo meno! Mi par di morire... Pierino!
Altro non disse la povera vergine, e come lo stelo dun giglio
si pieg e cadde sullumida paglia. Gabinu Sura apr la porta.
Una luce rossa proiettata da una lanterna rischiar la cella quasi
con una crudele durezza di contrasti.
morta! esclam il carceriere, e si chin alquanto e la
scosse.
Quiteria sospir.
viva disse Gabinu Sura e tosto ritrasse la mano dal viso
della fanciulla temendo di profanare quel sogno.
La bella fanciulla gli appariva simile ad una vergine martire
delle leggende cristiane30.
I fili della paglia sulla quale giaceva, illuminati dalla lanterna,
sirradiavano come unaureola dietro quelle chiome nerissime.
29
godi il piacer del pianto, inebbriata / nella dolcezza del materno amplesso
[...] (T. Grossi, Ildegonda, Parte I, 16).
30
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 5 puntata del romanzo
pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 5 (Aprile 1902), pp. 31-32, contenente
la parte finale del capitolo V, tutto il capitolo VI e la parte iniziale del capi
tolo VII. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire da I
fili, inizia la 6 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 7 (Maggio 1902), pp.
55-56. Nel sommario: M. Marin, Sonetto primaverile; L. Falchi, La cultura
italiana; A. Scano, Dal libro della gioia (versi); A. Giannini, Poeti Nuovi (Luigi
Pirandello); A. A. Mura, La prosa dellAmministratore; l.f. G. Deledda, Notizie;
L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV).
Cap. VII, VIII; In copertina | Barore: La copertina (con caricatura).

238

POMPEO CALVIA

Gabinu Sura, per accertarsi che quella non era una visone,
tolse il moccolo di cera dalla lanterna e lo depose vicino a Qui
teria.
A quella vivida luce una farfalletta si stacc dal muro e si pose
a volare intorno alla fiamma. Il ronzio di quel volo era simile a
un pianto lontano di bimbo. Unaltra farfalletta a quel richiamo
venne vicino al lume; e poi, unaltra, pi piccina ancora. Tutte
e tre, con lo stesso lamento, girarono attorno al lume. La pi
piccina si avvicin troppo alla fiamma, e cadde, come una foglia
di rosa sul viso di Quiteria.
Il carceriere che era alquanto superstizioso credette tornas
sero, in quelle farfalline, le piccole anime dei bambini da lui
strozzati.
La luna era scomparsa, ed una pura calma scendeva dalle stel
le e si rifletteva sul pallido viso di Quiteria: Che cosa sognava
ora quella santa? Quiteria si dest atterrita.
Mamma disse dove sono? e si sollev alquanto, fa
cendosi schermo della destra contro la luce troppo viva della
fiamma.
Non temete! disse Gabinu Sura. E rimase lungamente si
lenzioso, perch gli mancarono le parole in quel momento pie
toso. Finalmente, con voce tremante: Non c nulla di male,
disse voi verrete con me. Ma state calma.
Dove dovr andare! dimand Quiteria.
Figliuola, venite rispose Gabinu Sura. Raccolse il moc
colo dal suolo e lo introdusse nella lanterna, cercando di tem
poreggiare, come colui che sa di commettere una cattiva azione.
Il vergognoso e lumiliato prese la destra di Quiteria, la quale
rassegnata segu il carceriere nelle segrete dei sotterranei, dove
Nicol Carroz, vicer di Don Giovanni II dAragona, comincia
va il prologo della terribile arte inquisitoriale, che fra non molto
doveva sorgere anche in Sassari a maggior gloria di Dio.
Lampia segreta a molti metri sotto il suolo era divisa in due
parti da una sbarra di legno, dietro la quale stavano i giudici,
seduti innanzi a dei tavoli ricoperti di panno nero.
Quelle tre autorit pareva che dormissero; solo il segretario
muoveva con rapidit la destra, per grattarsi lorecchio con la
penna. Presiedeva ludienza il Conte di Bonafides.
Con voce che voleva parere amabilissima dimand a Quite
ria: Sei Cristiana tu?

Ledizione a stampa di Quiteria

239

Io s rispose Quiteria, fissando i giudici fieramente in viso.


Il segretario lesse allora lentissimamente latto daccusa, creden
do di far opera cristiana dando tempo allaccusata di trovare le
parole adatte a difendersi.
Per il giusto labbro di Dio, a torto mi accusate esclam
Quiteria.
Senti la bimba! disse il Conte rivolto a fra Carmine. La
sciamola dire, mi ci diverto assai. frutto un pochino acerbetto.
Voi dovete svelare dov nascosto Nicol Montagnano
esclam uno dei giudici, rivolto a Quiteria.
Io non lo so?
Voi lo sapete!
No! no! e qualora lo sapessi non lo direi, perch cos mi ha
educato mio padre.
Taci, grid il Conte taci anima imbevuta di mostruose
idee. Tu non capisci a quali tormenti vai incontro. Fece un cen
no con la testa a due scherani, i quali apersero una porta31. Una
gran luce di carboni accesi illumin dun subito il sotterraneo.
Fra Carmine chin la testa fra le mani al riverbero di quella
luce sinistra.
Vedi! disse il Conte a Quiteria, e le additava un uomo de
nudato, con le braccia legate dietro la schiena e collocato disteso
su una grata di ferro alquanto sollevata dal suolo.
Uno scherano con atto lento toglieva da grandi bracieri delle
tanaglie dalle forme strane e le poneva sotto la grata.
Dunque insistete ancora a non voler confessare? disse il
Conte.
Io non so nulla, Dio... mio!... esclama con un filo di voce
linfelice.
Mauro Puliga! grid Quiteria, riconoscendo il prode ca
pitano che aveva pugnato accanto a suo padre. Fatti coraggio,
Mauro! fatti coraggio! ripet la giovinetta. Stringi la lingua fra
i denti, o mozzala e sputala in faccia a chi toffende.
Puliga fiss in viso Quiteria senza pronunziare una sola pa
rola.
Iddio ci vede! Viva Arborea! grid Quiteria.
Che insolenza e che audacia! disse il Conte.
31
Era costui uno scherano di Egidio; era stato a vigilare presso la porta [...] (A.
Manzoni, Promessi sposi, cap. XX).

240

POMPEO CALVIA

Niente la impaurisce. Credi di aver del ferro nel cuore?...


Vediamo se resister alla prova vera.
Chiam il boia e gli disse in segreto. Boia! Collochiamola
sulla grata di ferro, ma solo per impaurirla; hai capito?
Ho capito!
Due birri si avvicinarono a Quiteria per toglierle gli abiti32.
No, nuda no, grid Quiteria.
Fa da brava disse con calma affettata il Conte.
Fra Carmine apr il libro delle preghiere. Ad un altro cenno
del Conte il giovanotto avvicin le tanaglie roventi alle carni del
sofferente.
Mauro Puliga mand un grido acutissimo simile al ruggito di
un leone ferito.
Confessa dov Montagnano dimand il Conte.
Mon... ta... gna... no... ...
Mauro Puliga! esclam fieramente Quiteria.
Ammazzatemi, non posso pi resistere! disse il prode ca
pitano con voce debolissima.
Un odore di carne bruciata impregn tutto lambiente. Spirali
di fumo azzurrino salivano tratto tratto dalla graticola. Puliga
gemeva.
Il boia gli avvicin la destra al cuore. Si sentono appena ap
pena i moti disse rivolto al Conte.
Va bene esclam il Conte. Trasportatelo nuovamente
nel secondo sotterraneo e penser io a strappargli una con
fessione. Boia! aspergigli daceto la fronte ed avvicina qualche
goccia dacqua a quella bocca maledetta.
Ristoratelo alquanto con succhi dove abbondi il sale. Giac
ch il fuoco non serve adoperer lacqua. Canaglia! Alla sete
non si resiste, e la prova dellacqua non per gli eroi da stra
pazzo.
I due giovanotti sollevarono Puliga e lo trasportarono.
Quiteria e Fra Carmine guardarono con occhi addolorati
quellinfelice.
La porta si rinchiuse con rumor sordo...
Il birro si avvicin a Quiteria per spogliarla. La giovinetta lo
Ma i birri fattisi bruscamente vicini a Fermo stavano per porgli le mani ad
dosso [...] (A. Manzoni, Fermo e Lucia, Tomo 3, cap. VIII).

32

Ledizione a stampa di Quiteria

241

squadr con disprezzo ed istintivamente lo respinse. Il birro


lafferr e le strinse le braccia come in una morsa.
Non me la guastate disse il Conte ghignando.
Fra Carmine recit a voce alta una preghiera. Quiteria a quel
le parole si sent confortata e chiuse gli occhi con rassegnazione.
Il Conte di Bonafides, con le pupille aperte per la volutt,
guardava Quiteria.
Bella! esclamarono i giudici ed i birri, nellammirare quel
le forme denudate.
Quiteria, distesa sul pancone tremava e teneva gli occhi chiusi
per evitare gli sguardi di quelli scellerati, e col pensiero cercava
di elevarsi da tutte quelle miserie che la circondavano.
Il Conte, fibra raffinata di vecchio libertino, non poteva di
staccare gli occhi da quel bel corpo virginale, e spasimava di
desiderio sebbene il terrore del luogo dovesse ispirare altri pen
sieri.
Il seno candidissimo di Quiteria ansava con leggero tremito.
Listintivo desiderio del possesso della donna serpeggiava nel
le vene di tutti.
Il frate guardando le ferite di Cristo lesse ad alta voce:
Linimico ha teso innanzi ai nostri piedi infiniti lacci....
Che chiedeva questa voce? Che cercava nei loro cuori?
pensarono quelle menti quasi stizzite e deliranti.
Il frate segu: Linimico desidera porre in perdizione la tua
creatura, ma tu, sommo Iddio, illumina!... tu, fine di tutti i beni,
tu godimento perfetto.
Nessuno rispose Amen. Limmaginazione voleva bere so
lamente alla fonte della volutt, intollerante di astratte ascen
sioni.
Dio di tutti gli eserciti, sii benedetto esclam il frate, e,
rivolto al birro, gli disse: Coprila.... Il birro non si mosse in
attesa dun cenno del Conte, il quale disse indignato: Frate!
voi continuate a pregare; sono qui io per comandare.
Note lamentose uscivano da una porta mal connessa; e pareva
che lugubremente parlassero gli strani crepacci del sotterraneo,
quasi simili a fantasmi evocati in una tragica notte.
- Chi non si dannerebbe lanima? disse il Conte rivolto a fra
Carmine, additandogli Quiteria.
Fra Carmine impallid ed avvicin il crocefisso ai piedi di
Quiteria.

242

POMPEO CALVIA

Boia, alla ruota! esclam il Conte con una freddezza ri


cercata.
Il boia afferr le corde e le fece scivolare sotto le ascelle di
Quiteria, cercando di annodarne i capi. Quindi corse alla ruo
ta e ne insapon il cilindro perch non cigolasse n mandasse
gemiti.
Lo scrivanello rovesci la clessidra per misurare i minuti se
condo le prescrizioni di legge.
Il boia gir appena la ruota.
Quiteria si riscosse ed apr gli occhi. Il Conte le disse: Con
fessa! confessa!...
La giovinetta guard in viso quel miserabile, con gli occhi pie
ni di disprezzo.
Io non sapr mai nulla dalla tua bocca, tu credi! disse il
Conte.
Fra Carmine lesse nel libro di preghiere! Oh Dio! padre mio
perdona loro imperocch essi non sanno ci che si fanno.
- Tanta audacia! esclam il Conte, e fu preso dal delirio di
correre alla ruota e girare vorticosamente, per sentire un solo
gemito. Grid al boia: Boia! fate che non si dica mai... Ma
non fin la frase. Le belle forme della vergine lo eccitavano sem
pre di pi; afferr le vesti di Quiteria e vi affond dentro le mani
desiderose.
Il brocatello, la camicia parevano animarsi al contatto di quel
le dita diaboliche. Quella viscida bocca avrebbe voluto mordere
per assaporare tutto il profumo come in un frutto delizioso. Le
narici gli si dilatavano ed il cuore per la rapidit dei moti pare
va gli volesse scoppiare. Ma quelle dita si affondavano sempre
di pi nelle pieghe delle vesti. Dimprovviso, le scarne mani si
fermarono. Il rosario di Quiteria gli si avvilupp tra le dita. Quel
contatto gli fece paura, ed allora lasci cadere per terra la coro
na. Un riso infernale di trionfo gli sfior le labbra.
Gabinu Sura cap quel riso sinistro e disse tra s: Anima
dannata! tu non lavrai!
La faremo parlare domani esclam il Conte, e gett le vesti
ai birri perch la coprissero.
Le vesti nel cadere assunsero una strana forma come dun cor
po senza testa che si agita ancora. Il Conte ne ritolse lo sguardo.
Esco disse ai giudici.
C da firmare il verbale, esclam lo scriba.

Ledizione a stampa di Quiteria

243

Ah! s, soggiunse il Conte, e si pass la mano sulla fronte che


gocciolava sudor freddo e nero per la tintura dei capelli.
Ludienza pu sciogliersi disse. Due soldati lo precedet
tero.
Boia, mi raccomando, non me la guastate disse il Conte
allorecchio di Gabinu Sura, il quale con la testa fece cenno di
aver capito.
I giudici seguirono il Conte, e cos fu terminato linterrogato
rio dal quale si doveva sapere a punto fisso dove fosse nascosto
il gran capitano sassarese Nicol Montagnano, il terribile nemi
co della casa di Aragona e di Don Angelo Marongio.

244

POMPEO CALVIA

Capitolo VIII
Lo scultore Albertuccio Casena aveva chiesto a Pierino il fa
vore di disegnargli una finestra trionfale da collocare nella piaz
zetta della Chiesa di Santa Catterina, dove Donna Rosa Gam
bella aveva una sua palazzina. La nobil donna immaginava fare
una sorpresa al marito facendo sculpire nel fregio del balcone
lingresso trionfale di Don Angelo Marongio, dopo la vittoria
riportata contro lesercito di Leonardo Alagon.
Anche i ritratti dei fortunati sposi doveano campeggiare nella
facciata della casa, ai due fianchi di quel trionfo, dove il superbo
capitano poserebbe su dun cocchio, preceduto da musici e se
guito da portatori di doni33.(2)
Pierino esegu con prontezza il disegno chiestogli dallamico,
il quale gli aveva promesso di presentarlo a Donna Rosa non
appena gli avesse consegnato il lavoro che dovea portare non
la sua firma ma questa: Albertuccius Casena sculp.fecit. Non era
questa la prima volta che Pierino cedeva lopera sua allamico,
ed anche lo stemma dei Gambella posto in una palazzina a Sor
so, portava la stessa firma.(3)
Pierino non dava importanza a queste velleit, tutto assor
to nel pensiero di quella presentazione, dalla quale saspettava
Questa bellissima finestra storica fu tolta nel passato anno 1901, per le esigen
ze della costruzione della casa Oggiano, ove attualmente il negozio dei fratelli
Depaolini (Piazzetta Azuni).
(3)
Lo stemma dei Gambella esiste ancora a Sorso nel suo primitivo posto.
(2)

33
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 6 puntata del romanzo
pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 7 (1 Maggio 1902), pp. 55-56, conte
nente la parte finale del capitolo VII e la parte iniziale del capitolo VIII. In
calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire da Pierino, inizia
la 7 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 8 (10 Maggio 1902), pp. 63-64. Nel
sommario: C. Quaranta, Saturnalia (versi); L. Falchi, Un romanzo contro il
divorzio; R. Kipling, La canzone dei tre balenieri (prima versione dallinglese
di Pasquale Gastaldi Millelire); T. Rasa, Tribunali umoristici (Il codice civile);
lf. ag.: Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi
del sec. XV). Fine della 1 parte; In copertina | Barore: La divina ... copertina
| Prossimamente: Sul canto VIII del Purgatorio di A. Giannini, Donna Priora
di Toga Rasa, Questioni moderne di Paolo Orano, e versi e prose di argomento
sardo di Antonio Scano, di Dionigi Scano, di Angelo Pinetti, di Luigi Castello, di
Antonio Marras, ecc.

Ledizione a stampa di Quiteria

245

lalta protezione della gentil signora in cambio del ritratto che


si prometteva di farle. Il povero artista sperava cos di poter in
tercedere per la liberazione della sua adorata Quiteria e degli
innocenti fratellini. Questo pensiero fisso lo spinse ad abbando
nare fin dallalba la sua stanza, parendogli quasi che allaperto
dovessero trascorrergli pi rapide quelle ora dansia e dattesa.
In altri giorni meno tempestosi, dopo quella veglia darte,
avrebbe sentito bisogno di riposo: ora invece lagitazione feb
brile gli avrebbe convertito le pi morbide piume in un letto di
procuste34. Sentiva bisogno daria, di luce, di moto, ed infatti si
diede a camminare allavventura per le vie di Sassari.
La luce con un certo muoversi pigro pareva ridestarsi e pe
netrava a poco a poco tra le colonne ed i loggiati delle vie, tin
gendo duna leggerissima velatura rosea i cornicioni ricamati
delle case e le finestre bifore che lArte Pisana avea profuso nella
Plata di Sassari.
Tratto tratto rompeva il silenzio della via qualche carro di or
taglia che sbucava dalle stradicciuole35. Comparivano anche a
lenti intervalli dei contadini vestiti dorbace, col berrettone in
testa e, la zappa poggiata su duna spalla.
Dei cagnolini ammusoniti e con gli occhi ancora assonnati li
seguivano a passettini.
Un zappatore si ferm allimbocco della Via Buiosa ed augur
a Pierino il buon giorno.
Buon d rispose Pierino distratto, e segu la via. Il zappa
tore acceler il passo e disse a Pierino: A ci che pare, oggi
siamo di sposalizio, cos vestito di seta bianca ed inguantato...
Ah! capisco; fate festa per quella certa vittoria!
Pierino allora riconobbe Zio Zuniari, lamico di Nicol Man
tagnano. Iddio non paga il sabato Zio Zuni! rispose. Non
vi posso dire qui in mezzo della via tutto quello che mi rugge
nel cuore36 Zio Zuni! qui allaperto ogni pietra una spia, e nei
porticali passeggiare al sicuro. Ci conosciamo... basta!
Se avete bisogno dellopera mia...- disse con molta calma il
contadino, accentuando le sillabe.
farli stare sul loro letto di Procuste, [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. XI, 8).
lasciati i compagni nella via di San Barnaba, entrava nellortaglia [...] (Ivi,
Lib. VII, 8).
36
La vendetta mi rugge nel cor [...] (G. Verdi, Aida, [Ghislanzoni] At. II, sc. 2).
34
35

246

POMPEO CALVIA

Non dubitate rispose Pierino, ed i due amici si strinsero la


mano, imprimendo in quella stretta il segno speciale di ricono
scimento dei trenta affigliati al moto: Su sole in sarvure.
Zio Zuniari si allontan...
Pierino allora sal lunge la Plata.
Le sennoresi a gruppi, con le corbelle ed i canestri in testa,
passavano per recarsi al Mercato della Carra.
I negozianti appendevano sotto gli archi le sete colorate, i piz
zi genovesi, gli ermellini, i damaschi, i cambellotti, i cammucc,
i tabi doro e dargento filato, i taffet cangianti. I garzoni arro
tolavano con destrezza i tessuti dorbace, le lane bianche sarde,
i tappeti e le coperte di Gavoi dagli ornati minutissimi lavorati
a occhietti, a denticelli, a spina, a scacchi. I velluti a un pelo,
a doppio pelo, le sete dogni opera e dogni sorta dalle tinte le
pi variate, attiravano le donne che passavano per recarsi alla
prima messa con gli uffici ed il rosario in mano. Il timore per
di perdere la messa, che gi lannunziava dalla chiesa di Santa
Catterina, disperdeva quei gruppi pittoreschi ai quali serviva di
sfondo tutta quella ricchezza di pizzi, di velluti e di sete le pi
variate e cangianti venuti doltremare.
Le pie donne salivano in fretta, sullampia gradinata della
chiesa, dove ai due lati seran di gi formati i crocchi degli am
miratori e degli sfaccendati.
Pierino contemplava con ammirazione quella pittoresca gra
dinata che si ricopriva di colori. Ed era davvero bellissimo il
vedere quel movimento di berretti rossi, di tiazzole bianche, di
mantelline scarlate dOsilesi, di panni azzurri di Ploaghesi con
la croce gialla nel mezzo, di pizzi increspati di Mores, dIttiri, di
Lachesos, con le infinite variet di tutti gli altri costumi delli
sola.
E veli e cuffie ed elmetti e pennacchi di cavalieri.
Nei loggiati della Governatoria adiacenti alla chiesa, alcuni
soldati distendevano sotto i balconi degli arazzi istoriati.
Il Castello nel fondo della via, col suo tetro colore, diede
unimprovvisa impressione di terrore allanimo di Pierino. Sul
la torre centrale sventolava la bandiera di Don Giovanni II, al
posto dove un giorno fu drizzato lo stendardo del libero popolo.
Gli occhi dellinfelice giovine erravano sulle inferriate delle fi
nestre, quasi instintivamente cercando limmagine adorata.
O mia Quiteria! esclam sospirando. Perch non posso

Ledizione a stampa di Quiteria

247

volare subito a salvarti? O mia Quiteria! O mia Quiteria! ripe


teva dolorosamente; e, vinto dallimpotenza del suo desiderio,
fremeva di rabbia mentre gli pareva che il cuore pieno dango
scia gli si spezzasse.
Dimprovviso, fu scosso dal contatto di una mano piccola che
gli prendeva la destra. Voltatosi, vide il suo modellino, Tito Pu
liga. Il bambino aveva gli occhi gonfi di lacrime.
Tu hai pianto gli disse Pierino.
S rispose il bimbo, perch ha pianto la mamma quando
Gigetto e Lene domandarono del babbo.
Il babbo viene oggi e vi porta il regaluccio rispose la
mamma, e i fratellini allora fecero festa. Ma, dopo, la mamma
mi chiam nellaltra stanza, mi baci e mi disse: Tuo padre,
figlio mio, gi da quattro giorni, stato chiamato dalla guardia
del castello, e, vedi, non ritorna ancora. Fosse almeno in Sassari
tuo zio Gavino, per potere avere notizie!... Grave sciagura ci ha
colpito, Tito mio! Io non ho pi pace ripeteva la mamma, sin
ghiozzando. Ed io son corso subito a casa tua. Tu non ci eri. Sai
tu dirmi dov il babbo? Tu conosci la guardia del castello, non
vero? domanda dov il babbo!
Calmati, Tito mio! disse Pierino cercando di consolare
come meglio poteva quel povero bambino. Sentiva unimmensa
piet per quella famiglia sventurata, e sentiva che tanti piccoli
rivoli dodio confluivano dentro il suo core.
Chi sapeva pi niente di una vittima quando quella sfinge
dalle tre torri oscure, nere come tre branche, apriva le sue in
gorde fauci per inghiottire una vittima? Il popolo parlava con
terrore dinterminati e tortuosi sotterranei che si estendevano
attraverso la citt e comunicavano con parecchi conventi, com
preso quello vicinissimo di S. Domenico. Si additavano anche
con ribrezzo alcune uscite misteriose e pozzi profondissimi che
emanavano acri vapori come di carni abbruciate37 od in putre
fazione. Forse in quella Sassari sotterranea stava, in quellora,
incatenato, il padre delinfelice bambino.
Per tutto l tempo, che l fuoco gli abbrucia [...] (Dante, Purgatorio, XXV,
137); Ei m abbrucia ... ardente foco! [...] (G. Verdi, Oberto conte di S. Bonifacio, [Solera] At. II, sc. 10); [...] ne inghiotte il mondo, che come sigari li fuma
e abbrucia [...] (G. Rovani, Cento anni, Preludio); [...] tra le poche stoppie
non ancora abbruciate [...] (L. Capuana, Il Marchese di Roccaverdina, cap.
VIII).

37

248

POMPEO CALVIA

Non dubitare, Tito mio, disse, finalmente, il pittore oggi


stesso, accompagner il babbo tuo alla mamma. E cercava di
colorire e di render forte la voce che era tremula per lemozione.
Ma dov? domand Tito.
Oh, verr, verr, figlio mio rispose Pierino. Va a casa a
consolare la mamma. Va presto. Se indugi non potrai farti luo
go tra la folla che cresce di continuo.
Il bimbo alquanto rassicurato baci Pierino e si allontan.
La gran massa del popolo sandava riversando nella piazza del
Castello con mormor, come di acque lontane.
Savanza la cavalcata di Don Angelo Marongio grid una
voce.
Unaltra voce, convulsamente url: Sassaresu impicca babbu!
Fu un silenzio generale.
Gabinu Sura vestito da mendicante circolava tra la folla.
La guardia del castello, vestita in grande uniforme, usc dalla
porta ferrata per rendere gli onori al gran capitano preceduto
dal suono dei tamburi e delle trombe e dalle grida assordanti e
dai fischi di gioia dei fanciulli.
Don Angelo Marongio vestito di velluto verde cavalcava un
brioso polledro bianco38. Al fianco del capitano stava il Conte
di Bonafides, e, dietro, a pochi passi, fra Carmine, col cappuccio
calato sulla fronte. Salut con lo sguardo il suo amico Pierino, il
quale gli rispose mestamente.
Allontanatasi la cavalcata, innanzi al Castello simprovvisaro
no tosto le danze al suono delle laoneddas. Gabinu Sura circola
va sempre tra la folla, intento a raccogliere i fremiti dei suoi fra
telli sofferenti i quali in lui non vedevano che gli artigli sangui
nosi dellimmane sfinge. Quale strano mistero in quel cuore! ...
Allorch Gabinu Sura pass vicino a Pierino, il giovine lo
guard con insistenza, ricordando il mendicante di Santa Ma
ria. Gabinu Sura si accorse dellattenzione che avea destato in
Pierino; devi tosto lo sguardo e si allontan imprecando con
tro il destino che cos crudelmente teneva in sua bala.
lesti i polledri e pi che galantuomo / il vetturino [...] (G. Giusti, Poesie.
Gita da Firenze a Montecatini, vv. 61-62); giovenche intorno e i fervidi polledri
[...] (G. Pascoli, Nuovi poemetti. Pietole, XIII.7).

38

Ledizione a stampa di Quiteria

249

Bravo! bravo! alfine ti ho ritrovato! esclam lo scultore Al


bertuccio, movendo incontro a Pierino. Bravo! vieni preciso
agli appuntamenti! Hai terminato il disegno. Oh! Com bello!
Davvero una cosa elegante. Oggi devi mostrare alla nobil don
na tutta la tua valenta.
Cercher di fare del mio meglio disse modestamente Pie
rino.
Bravo! ripet Albertuccio Mi piaci. Sembri un vero ca
valiere dAragona.
Un cavaliere di Aragona? Taci! esclam Pierino con ri
sentimento.
Parla piano disse Albertuccio. Oramai tempo di lasciare
tra i ferri vecchi certe ingenuit. Tu devi occuparti solamente
dArte, se vuoi vivere, e di quellarte che conosce il modo di ap
piccicarsi ai velluti delle donne, agli altari ed alle corone. Caro
mio, una occasione perduta una via giusta non imbroccata
nel cammino della vita. Devi smettere la musoneria e questo
malinteso sentimento di patria. Non capisci che non farai mai
fortuna se non avvicini gli illustrissimi messeri, se non li aduli,
se non ardi ai loro piedi degli incensi o scrivi degli inni?
Assassini! esclam Pierino con ira.
Silenzio, tu mi comprometti, non taccorgi delle spie che
circolano attorno a noi? Silenzio... cos non ci intendiamo pi,
e ti ripeto che sei davvero un gran fanciullone. Io vorrei do
mandarti che cosa intendi per patria. Ti d forse la patria da
mangiare quando non ne hai? Ti appiccica il collo la patria
allorquando una sciabolata te lo ha reciso? Rispondimi... Tu
non vuoi rispondermi. Ebbene allora vuol dire che sei della mia
opinione: la parola patria non significa nulla. Chi ha capito,
vedi, il vero nome di patria Don Angelo Marongio. Ti ripeto
questo nome allorecchio. Dimmi, esiste patria pi bella di que
sta sua casa? Guardala... Tre altissimi piani e venti grandi fine
stre per ogni piano. Sotterra le cantine colme di botti di vino,
di olio, di mille altre dovizie. Poi appartamenti per linverno
e per lestate, mentre tanta misera gente muore per le strade
od in un tugurio puzzolente. Mentre lanno passato infieriva la
peste, non uno mor in casa Marongio. I cavalli, i cani ed i gat
ti son qui dentro molto meglio nutriti di molti cittadini. Poni
lorecchio in questa porticina che comunica con le scuderie e
sentirai i nitriti dei cavalli impazienti ed esuberanti di salute.

250

POMPEO CALVIA

Su! su, avanti, Pierino; si aprono anche a noi i forzieri colmi


doro e di pietre preziose.
Ma che mimporta? disse Pierino.
Allora peggio per te! Si vive una sola volta ed io amo gli
onori, le ricchezze e le belle donne. Il custode ci osserva e mi
saluta. Entriamo. Mi rincresce che io dovr lasciarti tra poco:
per ho di gi pensato a tutto, e donna Rosa ha fatto disporre il
suo cavalletto, la tela, ed i pennelli perch tu possa farle il ritrat
to il quale spero sar il tuo capolavoro, perch un capolavoro di
bellezza e deleganza il modello. Ti piace? Dimmelo in confi
denza. Ti piace?
Pierino non rispose stanco di quelle frivole e noiose chiac
chere39.
Albertuccio continuava a dire: Se Donna Rosa ti domanda
di me, tu devi esagerare nelle lodi. Ti permetto di dirle che io
sono destinato a grandi cose, e che lavvenire il pi splendido
mi serbato. Far cos pure per te, o gran distratto... A che pen
si, ora? che guardi? Bada di non inciampare. Mi raccomando!
lascia quella brutta cera ai cospiratori. Su, su allegro! E non di
menticare, ripeto, di battermi la gran cassa come si fa ai cava
denti. Da questa casa non dobbiamo andarcene senza una qual
che onorificenza. Un tosone40 ti apre molte vie, ti d gli inchini
degli imbecilli, degli umili, e di coloro che vogliono salire, ed
al mondo, al d doggi questi non sono pochi. Questo pezzetto
di nastro, ti salva anche dal ricevere le scudisciate dei potenti41.

39
Guaj se si desse retta a queste chiacchere [...] (A. Manzoni, Fermo e Lucia,
Tomo 2, cap. II).
40
Dunque tu sei un nobile degno del tosone [...] (G. Rovani, Cento anni,
Libro IV, 10).
41
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 7 puntata e la Prima
parte del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 8 (10 Maggio
1902), pp. 63-64. In calce: (Continua) Livio di Campo.

Parte Seconda

Ledizione a stampa di Quiteria

253

Capitolo IX42
Osserva ora, il paggio non ci saluta che con un semplice in
chino, disse Albertuccio. Spero che nel discendere saran
fatti anche a ma i tre inchini, per le lodi e gli onori che mi avr
da questo bellissimo balcone da te disegnato. Bada che nessuno
venga a saperlo, che lhai tu disegnato. Ma gi, tu sei un buon
giovine. Hai tu distrutto gli schizzi perch non rimanga alcuna
traccia dellopera tua? Come son felice questoggi! ...
Su per lampio scalone della casa di Donna Rosa Gambella,
i fasci delle colonne a spire erano ancora avvolti di fiori e di
stemmi dAragona e di Sardegna.
Anche tra i rabeschi delle lampade di bronzo eran colloca
te delle rose legate con nastrini del colore dello stemma di D.
Giovanni II.
Pierino nel salire quelle scale provava un senso di umiliazione
e di vergogna, ma il pensiero che quanto prima avrebbe potuto
intercedere per la liberazione della sua Quiteria e dei fratellini
lo spinse innanzi.
Albertuccio, al contrario, incedeva con passo sprezzante e
con la testa alta, volgendo attorno gli occhietti maliziosi. Su per
le scale incontrarono una fantesca la quale teneva per mano un
fanciullo. La fantesca apr con calma una vetrata, prese, dalla
sedia sulla quale posava, una cetra e la consegn al fanciullo.
Donnicello Salvatorico va in giardino a studiare gli disse, tua
madre te lo permette. Bada per di non esporti troppo al sole e
di non scostarti dal sedile posto sotto il pergolato dei gelsomini.
Albertuccio disse a Pierino: Questo bel fanciullo che somi
glia ad un cherubino il caro Donnicello Salvatorico, figlio di
42
In corrispondenza di questo luogo del testo inizia la 8 puntata e la Secon
da parte del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 9 (20 Maggio
1902), pp. 75-76. Nel sommario: L. Pirandello, Tenui luci improvvise (versi);
A. da Pons, La Dante Alighieri (conferenza tenuta nel civico teatro di Sassari
la sera del 15 maggio); G. Natali, Trittico (versi); T. Rasa, Tribunali umoristici: La donna Piovra; R. Botti Binda, Fiori di novembre (versi); A. Pinetti, Nuraghe di Burghidu (versi); A. Marras, Cerimonia funebre nel Sasso di Perfugas; P. Calvia, Non ti fid di lagnili (versi in dialetto sassarese); lf. ag.: Notizie;
L. Taras, Nota agraria; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avveni
menti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. IV.; In copertina | Barore: La copertina.

254

POMPEO CALVIA

Donna Rosa e di D. Angelo Marongio. un vero talento, sai?


un genio nato appositamente per la musica e pel canto. E che
occhio pratico nel maneggio della spada. Bene, bene, bambino
mio. E qui con un crescendo spudorato continu a enumerare
i meriti del Donnicello il quale ascoltava con compiacenza.
Per il latino poi ha una vera passione esclam Albertuccio.
No! no! per il latino, no! soggiunse il bambino, pestando
i piedi sul pavimento.
il suo debole disse la fantesca.
Eppure bisogna studiarlo il latino esclam Pierino perch
la lingua madre, chiave di tutte la scienze e guida alle cose belle.
Il bambino modesto disse Albertuccio. Quante rare
bellezze far impazzire quando sar pi grandicello! Dipingilo,
caro Pierino... Questo distinto cavaliere ti far il ritratto come
nessuno ti potr far mai, bambino mio bello, perch Messer Pie
rino il pi gran pittore dellisola, il pi gentile e valente...
Basta! esclam Pierino indignato. Ti prego per ci che
hai di pi caro di non dire cose simili alla signora.
La verit lha creata Iddio disse Albertuccio, avvicinandosi
al verone43.
Il bimbo si conged, scese pian pianino i gradini ed entr nel
giardino.
Delle note delicate si elevarono dal pergolato dei gelsomini.
Venne aperta una finestra gotica dai vetri istoriati e comparve
al ballatoio, tra le rose, la pi bella delle rose. La gentil donna,
rivolta al figliuolo: Oggi festa, bambino mio, suona una bal
latella44, perch in questo giorno tutti devono essere allegri.
Il suono cess. Donna Rosa non appena saccorse della pre
senza dei due giovani, quasi per continuare il discorso, disse an
cora al Donnicello: Suona una canzone a ballo per festeggiare
i cavalieri dellArte venuti per farci onore.
La nobile signora, seguita da due ancelle, corse incontro ai
giovani artisti, e stese loro, con atto cortese, le belle mani in
gemmate.
43
Maria (al verone della finestra centrale, volgendosi verso Scarpia, al centro
della scena): Li senti Scarpia? Vogliono la testa di Angelotti [...] (V. Sardou,
La Tosca, Att. II, sc. IV); Inesorato Iddio. / (allontanandosi dal verone [...] (G.
Verdi, Otello, [A. Boito] At. II, sc. 2).
44
Ballatella // Luna fedel, tu chiama / Col raggio ed io col suon / La fulgida mia
dama / Sul gotico veron [...] (A. Boito, Il libro dei versi. Ballatella, vv. 1-4).

Ledizione a stampa di Quiteria

255

Siate i benvenuti nella mia casa disse.


Pierino si chin senza parlare, ed Albertuccio profondendosi
in riverenze, esclam una serie di melate parole45, e termin di
cendo: Presento il mio amico...
Pierino temendo qualche stupida frase laudatoria, declin
tosto il suo nome. Ma lamico, giacch savea fitto in testa46 di
lodarlo, quasi cogliendo la palla al balzo, non appena Pierino
ultim la presentazione, segu goffamente a enumerarne tutte le
virt ed i meriti che erano naturalmente, infiniti. Pierino tenne
fisi i suoi occhi47 in quelli della bella signora quasi volendo dirle:
Non date ascolto, madonna!
Venite! venite! disse donna Rosa, ed alz la ricca tenda
della porta aspettando che i due giovani entrassero nelle sue
stanze. La gentil donna si compiacque dellalta ammirazione
che Pierino prov nellosservare gli oggetti darte profusi nei
suoi appartamenti. Si vedevano da pertutto48, posti sui mobi
45
sotto queste melate parole e savvi [...] (I. Nievo, Confessioni di un Italiano, cap. XVII.9); le melate parole cerano per corrompermi [...] (V. Imbriani,
Dio ne scampi dagli Orsenigo, cap. VI); [...] le melate parole della madrigna
[...] (F. De Roberto, I Vicer, Parte 3, 5).
46
e a rilegger pur torna quello scritto / che avea gi tutto nella mente fitto [...]
(T. Grossi, Ildegonda, parte IV, 53); s fitto in capo questo frate, che Rodrigo
avesse non so che disegni sopra questa... S fitto in capo, s fitto in capo [...]
(A. Manzoni, Promessi sposi [1827], cap. XVIII, 56-57); quasi, scrivendo, mi
sia fitto in testa / di rinnovar limbroglio di Babelle. [...] (G. Giusti, Poesie. A
un pedante., vv. 7-8); [e nessun pensiero aveva meglio fitto in testa che quello
di accasarla bene [...] (I. Nievo, Confessioni di un Italiano, cap. XIX); questo
bel pappione s fitto in testa di sposare la figlia [...] (G. Rovani, Cento anni,
Libro V.9); ma ripeteva quello che le era rimasto pi fitto nella mente [...] (I.
Nievo, Confessioni di un Italiano, cap. XVII); esisteva ancora perch il suo
possessore sera fitto in capo di aspettar gli eventi [...] (A. Fogazzaro, Piccolo
mondo antico, parte seconda, cap. II.56)
47
e la figliuoletta sua svegliatasi in quel frattempo teneva gli occhi fisi in lui
con tacito terrore, e la donna, [...] (I. Nievo, Novelliere campagnolo. La viola
di San Bastiano, X. 11); Giovinettina dai begli occhi fisi, / pallidi adolescenti,
[...] (E. Praga, Poesie. Calendario. Marzo, vv. 64-65); cogli occhi ardenti e fisi
su di lui [...] (G. Verga, Tigre reale, cap. XIII. 24); Ma Alberto, tenendo fisi
gli occhi in quelli di Claudia [...] (C. Dossi, Vita di Alberto Pisani, cap. VI. 40);
dove gli occhi suoi fisi parevano smarrirsi[...] (A. Fogazzaro, Piccolo mondo
antico, parte seconda, cap. II.75).
48
il contagio era cessato quasi da pertutto, e tutte le precauzioni erano dismes
se [...] (A. Manzoni, Fermo e Lucia, tomo IV, cap. IX.36).

256

POMPEO CALVIA

li con una certa noncuranza, candelabri cesellati, coppe, paci,


monete, crocifissi, medaglie, saliere colme di polveri odorose e
mille altre minuterie. Anche le finestre erano dei capilavori49, e
tutte recavano piccoli vetri a forme diverse che inquadravano
con leggiadrissimi fregi50, superbi vetri istoriati, dai quali an
dava a diffondersi per le stanze quella luce mite e graduata, la
quale meglio secondava i moti dellanima e le delicate manife
stazioni dellArte. Donna Rosa spieg: Questo un trittico del
Vidale dipintore51 della chiesa di Santa Lucia dei Lachesos e di
Oppia52. Io tengo molto allArte dei Sardi e cerco sempre di ac
quistare lavori di isolani. Guardate quanta semplicit in questo
sommo artista, il quale non considera pi la bellezza fisica come
opera del demonio, ma fa alla bellezza sommo omaggio e rende
alla maternit la sua gloria.
Sebbene le figure vengano disposte simmetricamente, pure
si vede che lArtista ha vissuto con le figure dipinte. Osservate,
maestri, quanta tenerezza, quanta vivacit che rallegra in questo
viso della Vergine Maria col bambino! Che equilibrio sommo
nella parte architettonica e negli ornati. Cari Maestri, che rapi
do e crudele confronto con questaltro dipinto bizantino della
Vergine. Maria diventata un idolo senza alcuna espressione,
lunga, rigida, di taglio secco ed angoloso, con occhi spalanca
ti, ed immobili le dure pupille. Pare che dalle guance sia per
sempre fuggito il sorriso della primavera. La pi gentile cosa di
questo dipinto su tavola a fondo doro, la cornice, non vero,
maestro Albertuccio?
Madonna, voi non isbagliate mai!
Donna Rosa sorrise, per ringraziare.
49
che ispir tanti capilavori di pittura e di scultura e di architettura [...] (F. De
Sanctis, Storia della letteratura italiana. I Toscani, 30).
50
un bello stellato tra le snelle colonne e gli archi leggiadri del cimitero di Pisa
[...] (N. Tommaseo, Fede e bellezza, Libro I, 7).
51
collo stesso paziente affetto col quale un dipintore ritrae limmagine duna
persona amata [...] (A. Boito, Le novelle. Il trapezio, 103); oro, almen lorpello
/ sul tuo pennello amico dipintore, / perch quel cielo rilucente e bello / loc
chio abbarbagli [...] (E. Praga, Poesie. Commissione, vv. 5-7).
52
Dedicata a Santa Lucia (prima a San Leonardo), era la chiesa di origine me
dievale della villa di Lachesos, sul monte omonimo, nel territorio di Mores. Nel
periodo giudicale Mores fu capoluogo della curatoria di Oppia, sede di diparti
mento amministrativo e poi Marchesato appartenuto a Rosa Gambella e a Don
Angelo Marongio.

Ledizione a stampa di Quiteria

257

Albertuccio si profuse in altri complimenti aspettando che la


signora chiedesse di vedere il disegno del balcone.
Entriamo nellaltra stanza disse Donna Rosa pi co
moda e fresca. Ed alz lampia tenda di velluto dovera rica
mato il suo stemma: una gambiera dacciaio dal lungo sperone
doro stellato. Una spada attraversava lo scudo ed in alto una
rosa su sfondo azzurrino.
Appena entrata la donna seguita dalle due ancelle, un levrie
ro di forme perfette si mosse dal cuscino di velluto sul quale
riposava, e saltellante carezz la signora con dondolii di coda.
La dama pass la mano sul pelo liscio, ed Albertuccio esclam
fingendo molta meraviglia: Oh! mano fina e pura, madonna!
la mano di Diana cacciatrice. Giove solo potrebbe scolpirla per
farne dono ai mortali.
Divina infatti era quella mano, incorniciata nella manica del
colore delle perle, che leggermente parevano riflettersi in quella
candidezza.
La bella dama sorrise, e tenne molto la delicata mano sullarco
del levriero fasciato di velluto verde. Poi abbandon come una
rosa la testa sulle spalle denudate insino agli omeri. La gentile
figura in quella sala dalle pareti coperte di broccatello azzurro,
somigliava ad una splendida rosa. Ed era davvero organizzata
come una rosa; le radici nelle intime fibre della terra ed il polline
ed i profumi pei baci delle farfalle. Essa si rivolse ai cavalieri:
Questa la stanza dove io sogno dopo le lotte, perch tutti
soffriamo quaggi; anche noi, e il mondo non lo crede, perch
Iddio ci ha dato somma dovizia di cose.
Queste parole penetrarono nellanimo di Pierino come una
rivelazione, linfelice pens che forse era giunto il momento di
far breccia in quel cuore e chieder grazia per la sua amata Quite
ria. Ma poi riflettendo, stim meglio parlarle da solo. Questo
il colore che anche a me suscita visioni e sogni; disse rivolto
alla bella dama e mi conforta come una carezza dei molti do
lori della vita.
E Donna Rosa: Quali dolori, o buon giovine, avete voi? Se
Donna Rosa potr mitigare una sola delle vostre pene, sar con
tenta dellopera sua.
Mestamente, Pierino guard la signora.
E Donna Rosa continu: Sogni di gloria? torti ricevuti? dol
cezze deluse? Capisco! Ma come saccorse che il giovine vole

258

POMPEO CALVIA

va troppo confessarsi o chiedere, soggiunse freddamente, quasi


pentita della concessa liberalit: Capisco! A Pierino non
isfugg, da conoscitore delle umane espressioni, quel repentino
cangiamento del viso53, ma finse di non aver capito, essendo ve
nuto per dimandare, e quasi cercando di nascondere linterno
turbamento, si avvicin ad osservare nelle pareti alcune storie di
Arboriasole Kalos. E Donna Rosa gli spieg: Sono frammenti
di pitture delantico Sassari, raccolte da mio padre. Si vede in
lontananza la Madonna del Bosco; ed alla destra, povere casette
e poche capanne. Quelle donne che vanno ad attingere acqua
in compagnia degli Angeli son le nostre nonne, ed il pozzo
lattuale Pozzo di Villa54.
Che ingenuit di tempi e darte! e come curiosa e barba
ra lArchitettura del piccolo tempio, ove ora sorge San Nicola.
Qual rapido progresso ha fatto larte.
Albertuccio impaziente che Donna Rosa non si degnasse an
cora di voler osservare il disegno ordinatogli, con molta disin
voltura lo pose sul tavolino esclamando: Osservate, Madonna!
Il mio disegno come compendia il trionfo di Don Angelo Ma
rongio sulla casa dArborea, cos pure riassume il trionfo di tutti
gli stili in istoria progressiva, e sar per Sassari lapoteosi del
la gloria militare e dellArte nuova. Voi cos gentile castellana,
incoraggiate il povero trobadore dellarte e gettategli una rosa.
Altro non chiede il poeta.
Donna Rosa sorrise e rispose: Grazioso ed armonico in tutte
le sue parti il disegno, e confesso francamente che io non vi
credeva capace.
Grazie! rispose Albertuccio, e tocc con malizia il piede
di Pierino.
E Donna Rosa soggiunse: Giacch non chiedete che una
rosa io ve la getter da questo balcone trionfale, quando pron
tamente e bene avrete posto in opera il lavoro. Mastro, il tempo
fugge; ho detto prontamente e bene.
Rispose Albertuccio: Permettetemi che io prima di partire
53
non sospettando un cos repentino cangiamento di cose [...] (G. Rovani,
Cento anni, libro XVIII, 9); Questo repentino cangiamento nellumore del
marchese [...] (Ivi, libro XIX, 16).
54
La tradizione indica nella piazzetta irregolare di Pozzo di Villa (Funtana de
bidda), nel rione di SantApollinare, il nucleo originario della citt medievale.

Ledizione a stampa di Quiteria

259

vi baci la delicata mano, la quale meglio del mio scalpello sapr


ritrarre il pennello di questo sommo Artista.
Donna Rosa seguita dal levriero accompagn il giovane scul
tore. Sulla soglia le disse: Io proteggo gli artisti che merita
no, ed attendo, per gettarvi una rosa, che mi sembriate degno. I
colori sulla tavolozza del vostro amico Pierino forse aspettano
impazienti.
E Pierino: Madonna, il tempo per ammirarvi come meritate
non mai abbastanza sufficiente. I fiori son difficili a ritrarsi e
solo lape paziente degna dei fiori.
Donna Rosa non diede risposta ed acconsent col muover del
capo.

260

POMPEO CALVIA

Capitolo X
La sala dove Donna Rosa doveva farsi il ritratto era ancora
ingombra di scenari e di attrezzi per il teatrino erettovi per so
lennizzare la vittoria di Don Angelo Marongio.
Pierino in attesa che la nobil dama comparisse, sintrattenne
a guardare alcuni libri miniati dal celebre Pietro da Carcano,
per illustrare le commedie di Terenzio. Finissimi erano anche i
disegni eseguiti da Venturino da Vimercate, su alcune egloghe
scelte per la rappresentazione.
In questa vasta sala, ad imitazione dei grandi centri dIspagna
e dItalia, venivano ad incontrarsi tratto tratto le persone pi
serie e severe al pari che le pi allegre, le dame di maggior av
venenza al pari che i cavalieri pi compiti, i caratteri pi integri
accanto ai cortigiani pi abbietti ed alle donne un po troppo
appassionate per le saporite novelle di Messer Bocaccio. Con
veniva insomma quel che di pi spirituale e intellettuale fioriva
nel secolo, e per il quale passava il guizzo elettrico di tutti i pet
tegolezzi e gli scandali della societ.
Oltre le commedie, le egloghe, le tragedie, i sacri misteri, le
canzoni dei trobadori, vi leggevano i notai le rime di Petrarca
ed il poema di Dante, imperocch a Sassari, sebbene avesse do
minio la corte dAragona, molto era stimato il gentile idioma
italico, ed il dialetto Sassarese altro non era che una fusione del
Pisano con la lingua sarda.
Pierino pieno di ammirazione segu a guardare molti altri co
dici e libri e gingilli. In un angolo della stanza gli ferm latten
zione un tavolinetto di palissandro in istile romanico. Faceva da
base un capitello; tra i meandri si arrampicavano alcune figure
dalle forme strane. Giravano attorno alla colonna dei nastri ac
cartocciati a delle rose. I nastri erano bianchi contornati doro,
e portavano questa leggenda in lettere rosse: Laurea rosa, caduta dal prato del paradiso nel grembo della Vergine, vi si pos:
nel decoro virginale e nel chiostro del pudore la stanza accoglie
langelica rosa55.
55
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 8 puntata cap.
IX e X del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 9 (20 Maggio
1902), pp. 75-76. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo a partire
da Sul tavolinetto inizia la 9 puntata, Parte Seconda, cap. X. Cfr: La Sarde

Ledizione a stampa di Quiteria

261

Sul tavolinetto, accanto ad un gran mazzo di rose, posava un


libro di versi di Laurenzius Gambella, miniato da tempo da Pie
rino. Laurenzius Gambella, il segreto innamorato della cugina
Donna Rosa, ad imitazione di Peire de Corbiac intra bels rais
quan solelha per la fenestra veirina aveva scritto alla gentile
innamorata unode in lingua sarda.
Mentre Pierino leggeva lode
Su sole su manzanu
Intrat dae su balcone
E tue sa bianca manu...56
Entr la bella dama simile al bel raggio quando splende il sole
per la finestra a vetri.
Disse la bella dama: Come vedete, maestro, io vi tenevo gi
fra le mie cose care, sebbene ancora non vi conoscessi di presen
za. Con le vostre miniature avete splendidamente interpretato
i versi del poeta.
Madonna, troppo buona siete: i versi del mio amico Lorenzo
Gambella son degni di pi perfetto e grande artista che io non sia.
Sebbene voi siate cos modesto io vi stimo moltissimo, e
sono impaziente di un vostro capolavoro. Ecco qui la tela ed i
colori, ecco la carbonella.
Io sono ai vostri ordini rispose Pierino.
Donna Rosa si guard di sottocchi dentro un piccolo spec
chio appeso alla parete. Un sorriso di compiacenza pass rapi
damente sul bel viso della dama.
Disse Pierino ammirando: Madonna, giacch possiamo co
minciare la prima posa, vi domando il permesso di abbassare
alquanto questa tenda. Ora avrete la bont di sedervi qui. Que
sto sfondo oscuro della porta far pi spiccare la eleganza del
vostro abito, di molto buon gusto nel colore, per larmonia che
d ai vostri lineamenti.
gna Letteraria, I, 10 (1 Giugno 1902), pp. 83-84. Nel sommario: A. Scano,
Dai Canti dei pastori: la tosatura (versi); L. Falchi, Il divorzio. I. Lopportunit della legge; C. Quaranta, Carme di Caprera.; A. Giannini, Il canto VIII
del Purgatorio.; lf. Notizie; Livio de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli
avvenimenti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. X; In copertina | Barore: La
copertina.
56
Il sole la mattina / Entra dalla finestra / E tu la bianca mano....

262

POMPEO CALVIA

Donna Rosa sorrise di compiacimento pel piccolo accenno di


galanteria, e prima di posare cerc di aggiustarsi le pieghe della
bito. Maestro disse io curo dattenermi ad un principio
darte infusomi da un mio maestro di disegno, Nicol De Vida
lis, il quale nello studio delle pieghe poneva somma diligenza e
spirito, col cercare di compiegarle e muoverle sempre secondo
la natura di chi doveva ritrarre, perch anche gli abiti seconda
no nelle loro movenze i caratteri umani. Dico bene, Maestro?...
Ora badate, queste pieghe cos pesanti e severe mal si adattano
allindole mia sincera ed innamorata del bello pi che dei nuovi
cannoni importati per la distruzione di tanti bei giovani.
Pierino allora si chin alquanto per disporre le pieghe se
condo il suo intendimento, cercando di secondare i casuali
movimenti che spesso sono pi maestri di qualunque artista,
inquantoch sono parte dellanima che si muove e che d forma
e naturale espressione. Donna Rosa prov un sussulto nervoso
e si scosse alquanto.
Mossa fatta a meraviglia disse Pierino, cercando dimenti
care in quel vago ragionamento con lArte i suoi dolori. Si tolse
con delicatezza i guanti che ripose nella borsa di velluto che gli
pendeva al fianco. Con la carbonella in mano, stette un poco a
contemplare la linea generale, cercando di afferrare dalle masse
dombra il vero carattere del ritratto.
Il sole gi alto si vel per un istante, in modo che la luce si
diffuse quasi uniforme facendo somigliare la bella testa ad una
immagine colorita da Giotto.
Pierino, senza dir parola, stette in attesa che la luce riprendes
se la sua vivacit per poter ritrovare la vera e pura essenza della
espressione.
Permettete che io sollevi alquanto la testa e respiri un poco?
disse Donna Rosa.
La troppa immobilit, quasi materiale, Madonna, nuoce al
vero spirito dellArte. Altre cose che non siano la cruda somi
glianza, io vado cercando in voi, disse, con accento securo,
Pierino.
E che cercate?
Lanima vostra. Io la cerco, come un alchimista investiga la
naturale composizione delle cose.
Troppo voi cercate, pittore. Chi sa leggere dentro un cuore?
E credete voi di aver letto dentro un cuore di femmina quando

Ledizione a stampa di Quiteria

263

lavete per lungo tempo interrogato e questa donna vi ha fatto


godere o soffrir molto? Mai, mai, riuscirete a conoscere i segreti
tutti dellanimo duna donna, le lotte, i continui travagli, le umi
liazioni con se stessa, le finzioni, i capricci.
Io credo di avervi compresa nella profonda espressione de
gli occhi disse Pierino, sfumando con le dita i tratti della car
bonella segnati sopra la tela.
E Donna Rosa: Questo sar tutto merito vostro ed io godr
ammirando lopera vostra come godo nel leggere le Georgiche di
Virgilio, dolci come miele.
Vi fu un poco di silenzio... La mano di Pierino correva con
rapidit per afferrare la linea della fronte adombrata dai capelli
nerissimi che scendevano annodati in piccole treccie sulle tem
pie tra i fili bianchi di perle. Poi si ferm a sommo del naso
greco, dalle narici alquanto dilatate e quasi assorbenti segrete
volutt. Il mento rotondetto si poggiava spesso con bella mo
venza sul collo bianco come neve. Un sottile profumo pareva
emanasse dal seno Fattu di sangu e di latti,57 come cantava in
versi sassaresi, in onore della bellissima signora, il poeta dialet
tale Michele De Fenu. Pierino continuava a dipingere in silen
zio. La bella donna sospirava e pareva volesse chiedere col solo
muover delle pupille: Son bella? Tutta bella sono io, dunque?
Tratto tratto giungevano lenti suoni di cetra simili a lamenti
di povere anime.
Questa musica piange e mi fa male al cuore disse Donna
Rosa. Maestro, io voglio che il mio ritratto sorrida, e corse
al balcone e disse al figliuolo: Taci, bambino mio; interrompi
questa musica dolorosa. Su, rallegrane un poco; mi hai fatto ve
nire il malumore.
Il Donnicello Salvatorico usc da sotto il pergolato, e disse:
Mamma, pensava alla lezione di latino che non ho ancora stu
diato e che Monsen De Castro mi chieder.
Bella risposta esclam Pierino. Donna Rosa sorrise e disse
al figlio: Se cos, lascia di suonare e studia il latino.
No, mamma, suoner cose allegre per contentarti e rien
tr sotto il pergolato dei gelsomini.
Una fioritura di note allegre come di uccelletti scherzanti sal
per laria.
57

Fatto di sangue e di latte.

264

POMPEO CALVIA

Cos va bene. Che ne dite, maestro, di questo mio figlio?


Racchiude una bellanima di artista, madonna, e deve senti
re molte ed altamente come voi.
Donna Rosa sorrise di compiacimento, e si sedette per conti
nuare la posa.
Permesso? disse Pierino avvicinandosi, e le compose con
bellatto le pieghe della ricca sottana.
Le note della cetra seguivano a scherzare dolcemente.
Donna Rosa disse: Maestro, vi piacerebbe di dar delle lezio
ni di disegno a mio figlio?
Troppa bont. Dimenticherei nel trasfondere nella mente di
lui parte di me, i molti dolori del mio animo.
Sareste innamorato? gi... gli artisti!
S, io amo.
E perch non cercate di possedere questa fanciulla? Son si
cura che nessuna ragazza rifiuter la sua mano ad un giovine
colto ed onesto come siete voi.
Madonna, molto mi ama la fanciulla.
E allora sposatela.
Non posso.
Se vi sono ostacoli dipendenti dal padre o dalla madre, per
ch non vi fidate di me? Io potrei aiutarvi. Chi , dunque, questa
bella ragazza, chi ?
Pierino non rispose. Una piccola nube offusc la fronte sere
na della signora. Alquanto risentita guard con atto superbo il
giovine maestro il quale sandava preparando la tavolozza, di
sponendo i colori che toglieva da piccole vessiche. Fatta la scala
graduale dei toni, studi larmonia generale del colore con ra
pide occhiate: quindi, intinse un pennello nellocria mescolan
dovi con la spatola della biacca e terra rossa. Trasfuse su tutte
le parti in ombra con molta sodezza questimpasto di colore,
pennelleggiando nervosamente e spedito. Suo sistema era quel
lo di segnare anzi tutto le parti rilevate dalle masse oscure. Con
la tavolozza nella sinistra, poggiato sul posamano, non dava
ad altri ascolto che allarte sua, dalla quale dovea come magica
cosa venir fuori quel viso di donna, classico nel pallore quasi
marmoreo, dove i subitanei scatti di colore faceano impazzire
locchio pi esperto. Pens Pierino: Qui duopo che io sia
semplice senza vana pompa e sfarzo di tinte. Infatti, sfuggiva
ogni lenocinio con isdegno e dipingeva con larghe pennellate,

Ledizione a stampa di Quiteria

265

servendosi spesso della spatola. Il viso di Pierino si animava e


lampi di genio parevano passare su quella fronte. Donna Rosa,
assorta in vaga contemplazione, lo ammirava.
Ben fortunata e felice sar la fanciulla che potr amarvi
disse.
Quella frase fer improvvisamente il cuore delartista, dimen
tico per pochi istanti degli spasimi dellanima.
Il giovine innamorato cap che quello era il momento di aprir
tutto lanimo suo. Eppoi, perch era egli venuto? Non certo per
fare il ritratto ed ottenere gloria e compensi. Ogni ritardo pote
va riuscirgli fatale. Donna Rosa sollev alquanto la testa e disse,
con fina malizia: Maestro, gi tre volte che io chiedo il nome
della vostra fanciulla. Par quasi che non abbiate fiducia in me.
Questo mi dispiace. La curiosit vinceva quella donna.
Voi volete dunque conoscere la fanciulla che io amo? disse
Pierino, accentuando quasi le sillabe.
S58.
Questa fanciulla Quiteria, la figlia di Leonardo Alagon,
Marchese di Oristano.
Un fulmine non poteva produrre pi sinistra impressione
nellanimo di Donna Rosa Gambella. Si sollev di scatto con i
pugni stretti e gli occhi fatti terribili.
Quella mala razza! grid. Non possibile, no, no.
Pierino si butt ai piedi di quella donna e singhiozzando cer
c di afferrarle le mani. Ma la donna lo respinse; e toccato un
bottone invisibile della parete scomparve dietro una porta se
greta apertasi improvvisamente.
Madonna! Madonna! invoc Pierino tra lumiliazione
e la rabbia di vedersi cos respinto. Madonna! ripet con
58
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 9 puntata, Parte
Seconda, cap. X, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 10 (1
Giugno 1902), pp. 83-84. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo a
partire da Questa fanciulla inizia la 10 puntata, Parte Seconda, cap. X. e XI.
Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 11 (10 Giugno 1902), pp. 95-96. Nel sommario:
E. Sancio, Una buffonata accademica.; L. Falchi, Il divorzio. II. La necessit della legge; A. Giannini, Il canto VIII del Purgatorio; G. Sanlici, Sennori
(versi); A. Pons, Michelangelo Buonarroti (conferenza tenuta nel Circolo Fi
larmonico di Sassari, la sera del 20 maggio 1902); lf. Notizie; L. Taras, Nota
agraria.; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec.
XV). Parte 2. Cap. XI; In copertina | Barore: La copertina.

266

POMPEO CALVIA

grido disperato, e cadde al suolo. Tetre immagini, odi repressi,


voci lontane di lamento come uscenti dal fondo di una caver
na lontana, passavano in quel povero cervello delirante. Quasi
nel delirio duna febbre maligna fece uno sforzo e si drizz e
tremando and ad appoggiarsi al seggiolone dove erasi seduta
quella donna. Un odore di viola e di gaggia si spigion al con
tatto delle sue mani dalla peluria del velluto. Che cosa questo
odore? domand; ed inconsciamente si soffreg gli occhi con
la destra quasi per richiamare un pensiero. Guardava con le pu
pille ancor velate di lacrime cercando di poter avere una esatta
sensazione di tutto ci che lo circondava. Le cose come uscenti
da vorticosi nembi si ripresentavano con guizzi repentini simi
li alle immagini viste attraverso alle onde mugghianti. Pierino
con forza di energia cerc di rientrare in se stesso. Il ritratto
abbozzato appena sorrideva sinistramente. I pennelli erano
buttati per terra come tanti fiori dai lunghi gambi e calpestati.
Linfelice artista congiunse le mani e stette un poco fermo ed
immobile innanzi al cavalletto. Poi afferr la tavolozza, raccolse
i pennelli e segn pi duramente alcune linee. Rosa Gambella!
tho indovinato! esclam. Ecco il vero viso, ecco il tuo vero
cuore in questo capolavoro di testa abbozzata appena ma che
nessun grande artista pu interpretare pi perfettamente. Indi
al posto della firma fece una croce () simile ad un pugnale che
penetri in cuore.
Dopo non molto comparve un cavaliero, con un cuscino ros
so in mano, sul quale era il cappello piumato di Pierino; accanto
posava un artistico cofanetto dargento.
Disse il cavaliero: Illustre Maestro, la mia gentile signora
questo a voi regala per lopera vostra gi finita.
Pierino prese il cappello dal cuscino e vi lasci lo scrignetto.
Dite alla vostra gentil signora esclam che tramuti in
oro il dono per delle messe da morto.
Sono ambasciatore soggiunse il cavaliero chinandosi59.
59
Pi mi piace, campestre cavaliero [...] (I. Pindemonte, Sera, in Poesie campestri, v. 63); ecco a sinistra uscire un cavaliero di qui, un cavaliero di l. [...]
(G. Berchet, Il cacciatore feroce, in Lettera semiseria di Grisostomo, 5); uc
ciso: egli ha leggiadri, umani, / di generoso cavaliero i sensi [...] (S. Pellico,
Francesca da Rimini, At. I, sc. I); prescelta a divenir la sposa / del pi ricco e
prestante cavaliero [...] (T. Grossi, Ildegonda, Parte. I, 12); Ella padre, mi dir
se questa azione da cavaliero [...] (A. Manzoni, Fermo e Lucia, Tomo I, cap.

Ledizione a stampa di Quiteria

267

Pierino salut ed usc dalla porticina segreta apertasi dun


subito. Scese per una scala a chiocciola: arrivato nel fondo,
gli apparve una nicchia con dentro una Madonna col bam
bino, rozzamente scolpiti. Stava innanzi una piccola lampada
accesa.
Segnora Santa de su Buscu pregade pro nois -60 era inciso ai
piedi della Vergine. Una porta nera di legno corrosa dal tempo
con un grosso saliscendi pur di legno era posta alla destra della
nicchia. Pierino apr quella porta primitiva. Come per incanto
gli si present una stanza simile nello stile a quelle decorate dai
Maestri Pisani del trecento. Le pareti erano ricoperte di cuoio
ed attorno eranvi delle cassapanche con fiori tra gli archetti e
le colonnine intagliate. Due lanterne di ferro con vetri colorati
pendevano da spaventose bocche di draghi alati infissi agli an
goli delle pareti. Vicino alla porta duscita eravi una buca con
sotto una cassetta nella quale era scritto in rosso: Corrispon
denza segreta per la salvezza del Re.
Una lettera compiegata con tre suggelli cadde nella cassetta.
Si sent tosto allontanarsi in istrada un passo pesante come di
chi cammina con le gruccie di legno sui ciottoli.
Una guardia disse a Pierino: Messere, uscite? Pierino fece
cenno di s con la testa ed il soldato aperse la porta chiusa a
doppio catenaccio.
Il giovine artista uscito allaperto vide laccattone di Santa
Maria che discorreva in un angolo del porticale col capitano
Gavino Puliga.
Disse il boia: Vostro fratello Mauro e Quiteria saranno im
piccati la stessa notte.
Albertuccio Casena dimprovviso sbucc da una bottega,
dove stava ad aspettare e corse incontro a Pierino con le braccia
aperte.
Caballero esclam ora che hai fatto la tua fortuna posso
darti questo titolo. Fammi vedere la croce.
Oh! canaglia! grid Pierino acceso di rabbia.
V.30); [...] parole soffiandogli ed i gesti, / in tutto lo ciurmavan cavaliero [...]
(G. Giusti, La vestizione, in Poesie, v. 60); si ricompose per sullistante, come
un cavaliero [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. V, IX.28); I pioppi sfilano in
processione sotto gli occhi del cavaliero [...] (A. Boito, Iberia, in Le novelle, 2).
60
Signora Santa del Bosco pregate per noi. Il dipinto del XIV secolo della
Madonna del Bosco esposto sullaltare del duomo di S. Nicola.

268

POMPEO CALVIA

Non tadirare disse con calma Albertuccio. Se non oggi


domani avrai la tua croce.
Oh verr, verr certamente... e si chin sino a terra, col
cappello piumato in mano.

Ledizione a stampa di Quiteria

269

Capitolo XI
Cos ti disse? esclam Donna Rosa.
S, mia nobil padrona!
Dov il bimbo?
Non so!
Come non sai? Non sai dov mio figlio! presto! cercalo,
chiamalo, lo voglio qui subito. Donna Rosa si affacci al bal
cone e chiam: Salvatorico! ma il fanciullo non rispose.
Allora impaziente apr la porta e pronunzi pi volte ad alta
voce il nome del figlio. Per un rapido succedersi dimmagini
vide i figli di Leonardo Alagon distesi sulla nuda paglia e ricinti
di catene61. Qual male avevano fatto alla sua casa quei poveri
innocenti? Ricordava che uno di quei bambini disteso sul carro
a buoi la aveva fissata, mentre il popolo acclamava festante. Un
nero fantasma le turbin dimprovviso vorticosamente. Donna
Rosa mand un grido doloroso. Vide il suo figliuolo per terra
agonizzante che la fissava con le pupille nere simili a quelle del
bambino incatenato. Pass la mano sugli occhi per discacciare
il terribile fantasma62. Salvatorico Savatorico! dove sei? chia
m Donna Rosa. Il bambino comparve con un libro in mano.
Figlio mio, figlio mio grid piangendo la madre gettandosi
nelle braccia del bambino e non cessando di baciarlo e carezzar
lo. Come ti voglio bene!
Mamma! disse il Donnicello Salvatorico, un po sorpreso
da tutte quelle carezze improvvise, e quasi cercando di approfit
tarne: Mamma! disse oggi io io non ho voglia di studiare il
latino. Fammi uscire un po per Sassari.
Usciremo assieme pi tardi, ora rimani con me, con me
sola. E lo accarezzava non cessando di contemplarlo.
La maternit riprendeva i suoi diritti su tutte le vanit mon
dane. Lunica sua consolazione era il figlio. Parve alquanto cal
marsi, ma quella frase che il cameriere lugubremente aveale ri
ferito ora tornava con insistenza a far capolino nel suo cervello,
e la povera madre ne tremava come dun fatto che realmente
61
Tutti ricinti diridi dorate [...] (A. Aleardi, Raffaello e la Fornarina, in Canti, v. 85).
62
con armi da fuoco verso il cielo per discacciare il maligno spirito [...] (G.
Leopardi, Introduzione a Storia dellastronomia, 6).

270

POMPEO CALVIA

dovesse accaderle. Quella anima superba, ambiziosa, che non


credeva per raffinatezza di educazione a molte cose sciocche
rivestite dal terrore infernale dei ciurmatori, ora veniva terro
rizzata dalle superstizioni volgari e da una sciocca bestemmia.
Convertitelo in oro per tante messe da morto. Donna Rosa
ripet la frase quasi scandendola come un esametro. E ci trov
infine la musicalit e si persuase che non vi era da impaurirsene
affatto. La frase era vaga, anzi religiosa. Eppoi avea fatto nomi o
specificato quel povero artista vestito di seta bianca come uno
sposo, con una faccia bella e serena come un arcangelo e le mani
piccine e delicate come quelle duna bambina?
Pazza! pazza chio sono esclam Donna Rosa, sorridendo, e
col bimbo per mano corse nella stanza del ritratto per rallegrarsi
coi colori come le farfalle. La stanza pareva ancora risentire di
tutta la nervosit di quei momenti darte in quel pallore che av
volgeva le cose. In un canto alcune borchie scintillanti davano la
sensazione di occhi penetranti che scrutassero. Non mai come
in quellora avea sentito la presenza terrorizzante dellignoto e
di esseri misteriosi. Si adagi un poco: non avea nemmeno la
forza n la curiosit di guardare il suo ritratto, solo il bimbo
sera avvicinato al cavalletto ed osservava attentamente. Donna
Rosa si lev da sedere ed a grandi passi, sempre pi scostandosi
dal dipinto, percorse tutta la stanza. Ma perch in ogni lucci
cho di mobile, in ogni vetro, nelle terrecotte verniciate, nei can
delieri, dovea rivedere quegli occhi neri che la perseguitavano
con insistenza come la visione duno spettro? Nascose per un
poco la testa tra le ampie pieghe duna cortina, ma la visone in
quelloscurit le si present pi intensa e mille e mille erano gli
occhi neri scrutatori moltiplicantisi come le celle di un faro.
Ma io sono proprio pazza! esclam alfine, e scoppi in un
riso convulso, cercando di far cessare quella mite luce forse cau
sa di tanti terrori. Sentiva che aveva bisogno di luce e daria per
allontanare quella visione opera forse del diavolo. Senza farsi
scorgere dal bimbo si fece il segno della Santa Croce.
Il Donnicello stava sempre intento a guardare il ritratto e non
diceva parola.
Hai visto? disse la madre.
S, ma mi fai paura ora che ti guardo. Il ritratto e tu in
questo momento somigliate perfettamente. Mamma! perch ti
sei fatta ritrarre cos, perch ora sei come il ritratto?

Ledizione a stampa di Quiteria

271

Che hai mamma, mi fai male a guardarti. Tu non hai pi quel


viso bello e calmo, tu non vuoi sorridermi. Che hai, dimmi, mi
fai piangere, mamma!
Non mi sento bene oggi; un po di mal di testa, passer.
Osserva, mamma, che viso tha fatto quellartista.
Donna Rosa provava un senso di ripulsione a guardare quel
ritratto. Volse gli occhi al sole ricercando una nota allegra, ed il
sole infatti cos vivo, cos caldo trasformava ogni cosa con alle
gri luccichii sulle coppe di cristallo, sui marmi, sulle argenterie,
sui ninnoli, quasi come un fanciullo biricchino che voglia fru
gare in ogni angolo.
Guarda, mamma, guarda ripet con insistenza il Donni
cello e prese la madre per la mano e lattir innanzi al ritratto.
Miserere di me! esclam Donna Rosa. La croce rossa trac
ciata da Pierino come firma nellangolo del quadro le parve che
singrandisse e poco dopo non vide che una gran croce rossa su
tutta la tela. Col viso rivolto al figliuolo, appoggi il dipinto alla
parete, serr il cavalletto, rinchiuse la tavolozza nella cassetta, ri
pugnandole quellodore che le suscitava tante tetre impressioni.
Quel pittore cattivo disse il Donnicello, Mi ha fat
to una mamma brutta. Tu sei buona, tu sei bella, mamma mia
cara. Ed il bimbo si diede a baciare il viso materno, a carezzar
ne le delicate e vellutate mani, quelle mani che aveano candori
e trasparenze dalabastro e colori gentili come foglie di rose. Un
tepido venticello entr nella stanza misto a profumi dei fiori ed
agli allegri canti degli uccelli.
Salvatorico! esclam la madre carezzandolo. Non dire a
nessuno che mi ho fatto fare il ritratto.
Nemmeno al babbo?
A nessuno devi dirlo, me lo prometti?
S, mamma! tu vuoi far vedere al babbo un ritratto bello.
S, figlio mio; fa silenzio.
Il bimbo superbo di quel segreto che gli si affidava si soffreg
le mani, e sorridente accenn di s col muover del capo.
La mamma senza dir parola lo trasse verso la porta, e scesero
per la scala a chiocciola. Lambiente scaldato dal sole era avvolto
in un dolce tepore e la luce si rinfrangeva sulle tinte tranquille e
dorate che tanto piacevano a Messer Bussetto su pei fregi delle
sue architetture. Nel fondo la lampada ardeva ancora con mite
raggio e pareva chiamare alla pace.

272

POMPEO CALVIA

Il tuo piede sia leggiero come il sospiro, perch tu vai dov


Maria pensava la donna nello scendere, simile ad un lungo
stelo dov in cima un fiore, come si vedeva nei capitelli che
rano attorno.
Il bimbo anche scendeva adagino e seguendo la madre nel
ritmo del passo imitava latteggiamento di quei fregi primitivi
dove erano scolpiti gli angeli oranti appoggiati alle grandi ali.
Un ufficiuolo rosso era posto sullinginocchiatoio ricoperto di
una stoffa nera. La pagina aperta era scritta dal cugino Lauren
zius Gambella, che lamava. Donna Rosa prese il libriccino tra
le mani. La preghiera pronunziata con voce sommessa saliva
come una nuvola e si disperdeva fra gli archetti della volta, e la
Madonna del bosco che molte centinaia danni prima era stata
adorata tra le barbare lotte, ora pareva dolcemente sorriderle.
Mai la preghiera era uscita cos intensa e cos vera dal cuore
di quella donna troppo felice e troppo ammirata per ricordar
si che la preghiera doveva essere come il rifugio di un cuore
sconsolato63.

63
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 10 puntata, Parte
Seconda, cap. X e XI, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 11
(10 Giugno 1902), pp. 95-96. In calce: (Continua) Livio di Campo.

Ledizione a stampa di Quiteria

273

Capitolo XII64
Il Donnicello Salvatorico fattosi alla finestra disse alla madre:
Mamma! vedi tu quel nuvolo di polvere nel fondo della Pla
ta? il babbo che arriva.
S, figliuolo, andiamo in contro al babbo col nostro seguito
di ancelle e di armigeri; il popolo ci ammirer... e tu dimmi, non
regali niente al babbo?
Un bel bacio disse il bambino.
Donna Rosa baci il figliuolo.
Le campane per larrivo del corteo cominciavano a suonare.
La prima a darne lavviso fu quella di S. Maria. San Nicola che
era sullattenti come una sentinella fedele, segu gli allegri scam
panii, e tosto risposero le campane di SantApollinare, di San
Donato, di Santa Catterina, di SantAnna, ed infine la campana
del Castello, la quale poneva in mezzo a tutta quellallegria una
nota dolorosa. Donna Rosa cercava di distrarsi e di non badare
a quel tetro suono, ma quella nota sempre pi insistente non
lasciava pace alla sua anima. Carezz il bambino, se lo strinse
forte forte al cuore cercando un conforto. La campana gemeva
sempre pi. Donna Rosa istintivamente appoggi le mani alle
orecchie per attutire i suoni, ma questi crudamente ripeteva
no alla sua accesa fantasia: Il tuo bimbo ha baci e carezze, ma
quelle povere creature spasimano dorrore nelle segrete della
torre. Tu puoi tutto, salvali! Tu hai laria e la luce e tutte le gioie
della vita, ma quella vergine infelice non ha aria n luce, nulla...
nulla! Salvala!
Che sarebbe di te se il vento gelido della morte spegnesse il
tuo bambino?
Tu piangi mamma, perch? Non vedi che tutto festa oggi?

64
In corrispondenza di questo luogo del testo inizia la 11 puntata, Parte Se
conda, cap. XII, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 12 (20
Giugno 1902), pp. 103-104. Nel sommario: L. Falchi, La mia campagna (versi);
A. Giannini, Il canto VIII del Purgatorio (continuazione e fine); A. A. Mura,
Il progresso; La Sardegna Letteraria, Produzione letteraria isolana; B. Loy, La
confessione di Giorgio; lf.ag. Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto da
gli avvenimenti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. XII; In copertina | Barore: La
copertina (con puppazzetto).

274

POMPEO CALVIA

No! non piango, figlio mio! e quella madre ancora ter


rorizzata guard il suo bambino con ansia paurosa quasi non
credendo di averlo innanzi cos bello e felice.
Era davvero bellissimo il suo figlio. I lunghi capelli ricciuti gli
scendevano sulle spalle ricoperte di seta e doro. Le gambe forti
e diritte rassomigliavano al fusto dun pioppo che sinnalza gi
sfidando le procelle.
Ti senti bene? sei felice? gli domand Donna Rosa strin
gendoselo al cuore.
S, mamma. Andiamo incontro al babbo. Il Donnicello
si affacci. Vieni, mamma a vedere. La cavalcata si fermata
innanzi al palazzo di Citt. Quanta folla! Quanti bei broccati
sono alle finestre. I giurati han salutato il babbo: guarda, guarda,
il babbo ha tolto la spada dal fodero ed ha salutato il gonfalone
del comune.
Evviva Marongiu...
Senti, mamma, evviva, evviva.
Morte a Marongiu, morte!...
Morte, mamma, Dio mio! perch? non buono il babbo?
Evviva, evviva, ripeteva la folla, e la cavalcata tra le grida e
i fischi dallegria si ferm sotto la casa di Don Angelo65. Tutti i
cavalieri salutarono la bella dama la quale col suo seguito mosse
incontro al marito. Don Angelo Marongiu salut la sua signora,
e prese per mano il figliuolo. Il comandante del castello, il Conte
di Bonafides, diede il braccio a Donna Rosa, e cerc di carezzar
le, cogli studiati contatti, quella morbida e fina mano. Donna
Rosa provava una istintiva ripugnanza a quel contatto, ed ab
bassava gli occhi allorquando il cavaliere le parlava. La faccia di
quelluomo conservava sempre limpronta dun Satana da stra
pazzo e libertino. Disse il Conte: Voi oggi siete affascinante in
questa vostra splendida magione, non inferiore per ricchezza e
buon gusto alla casa di un Re.

65
La folla: Evviva la regina!... (Poi): Angelotti!... Angelotti!... A morte! |
Trvilhac (a Caprola): Che dicono? | Maria (al verone della finestra centrale,
volgendosi verso Scarpia, al centro della scena): Li senti Scarpia? Vogliono la
testa di Angelotti. | Scarpia (freddamente): S, Maest. | La folla: Scarpia! a morte
Scarpia! [...] (V. Sardou, La Tosca, Att. II, sc. IV).

Ledizione a stampa di Quiteria

275

Il complimento era alquanto tronfio e spagnolesco, sebbene


la casa Marongiu avesse fama di molto ricca e bella.
La gentil signora indossava una veste di oro tirato e di raso
morello foderato di ermellini. In testa teneva una cuffia con fili
di perle e ricami minutissimi che intonavano splendidamente
con la bellezza e freschezza del viso e dei capelli intrecciati e
pettinati cos bene che pi non poteva farsi. Al collo aveva pie
tre preziose di gran valore, incastonate con catenelle e rilegature
bizantine. Stavano ai fianchi della Signora delle dame ed ancelle
con veste senza strascico, con le maniche cadenti ed aperte. Al
collo un vezzo di diamanti e rubini.
Tutti entrarono nella gran stanza di ricevimento mirabile per
mobili ed arazzi alle pareti. Il soffitto era di legno prezioso. Nel
centro eravi intagliato un episodio di mitologia in bianco ed
oro, ed attorno eran disposti dei cassettoni dai quali spuntava
una rosa ed una testa dangiolo, or s or no, allusivi al nome di
Donna Rosa e del consorte Don Angelo.
Nel fondo della sala era stato drizzato il teatrino. Un gran
drappo di velluto cremisino a stemmi e fiori ricopriva la scena.
Tappeti di varie sorta e di gran valore erano per terra, e pare
va ai cavalieri, abituati alle asprezze dei monti e delle battaglie,
di camminare sulla morbida seta.
Vi era da un capo, fra le due porte, una credenza grandissi
ma a 12 gradi tutta piena e carica di artistici vasi fra i quali ve
nerano doro e dargento con pietre preziose in grande quan
tit. Quasi nel mezzo della sala eravi una gran tavola intarsiata
lunga tre canne e larga una, di cipresso dun pezzo, sulla quale i
camerieri vestiti di nero e bianco, con colletti alti e larghi e ca
tenelle al collo, disponevano dei vassoi con dolci e frutti canditi,
melaranze inzuccherate, confetti minuti da Feligni, coriandoli,
anesi, cannelle e pignoli. Poi certi pasticci di granelli di pino
e zuccheri misti a canditi dorati. Pomi cotogni66 e cibi fatti di
zucchero e miele, e pompias ed aranciate di Nuoro, e molte altre
cose delicate e provocanti il palato.
Prima che ognuno si servisse, i camerieri sorridenti passava
no agli invitati dei bacili con dentro acqua odorosa per il lavag

66
fiori, confetti, coriandoli, melaranci, pomi, ova [...] (G. Rovani, Cento anni,
Lib. II, 2).

276

POMPEO CALVIA

gio delle mani67. Le cameriere vestite di bianco porgevano delle


tele di lino per asciugarsi le mani profumate.
Il Conte di Bonafides accanto a Donna Rosa seguitava a sgra
nellare il suo rosario di complimenti e di frasi cavalleresche, dei
quali veramente era maestro vecchio e raffinato68.
... Ma pi dolci di queste melaranze sono le vostre parole e
le labbra che le chiudono seguit a dire il Conte cercando di
fissare negli occhi Donna Rosa, la quale con disgusto devi la
sguardo. Le sue pupille si fermarono sul viso bello di fra Car
mine, il quale era armato di spada e teneva ai piedi gli speroni
lunghi e stellati come gli altri cavalieri.
Il frate comprese la ripugnanza che provava la nobil Signora e
disse rivolto al Conte: Le virt cristiane, gentil cavaliero, ren
dono anzi tutto pi dolci le parole.
Rosa mistica, allora esclam il Conte, e si strinse vieppi
al braccio della dama.
Viva Leonardo Alagon si sent gridare dalla strada.
Viva Marongio ripeterono pi frenetiche ed entusiaste le
acclamazioni.
Viva Don Angelo Marongio e Donna Rosa Gambella
esclam il Conte. Tutti ripeterono levviva.
Il Conte di Bonafides allora prese un bicchiere colmo di ver
naccia ed improvvis un brindisi gi studiato nel viaggio, lodan
do molto il valore di D. Angelo per aver debellato i nemici della
patria. Paragonava il prode capitano ad Alessandro e ad Achille
e ad altri eroi, i quali non mancavano di accorrere su quel palato
gi caldo pei molti bicchieri di Vernaccia e di Malvasia.
Donna Rosa soffriva nel tenere il braccio al Conte, ma si sa
grificava volentieri sperando di poter dare effetto alla sua idea
generosa.
67
Vennero tosto grandi bacili colmi di dolci, che furono presentati prima alla
sposina, e poscia ai parenti. [...] (A. Manzoni, Promessi sposi [1827], cap.
X.24); qualche profumo vaporante dalle vesti errava nella sera, nomi femminili
salivano dai crocchi vicini a lui, mentre al di l della strada, in quel largo dinanzi
al loggiato, fra i tavolini, molto signore si erano gi fermate, e i camerieri corre
vano affaccendati, recando o togliendo i bacili. La festa diventava pi tentatrice
nelle ombre della notte [...] (A. Oriani, Vortice, XVII.16).
68
Da questo lamento il discorso scivolava sulle lodi del tempo andato, e quelle
ottime vecchie infilzavano un rosario di chiacchere da disgradarne una confe
renza diplomatica. [...] (I. Nievo, Novelliere campagnolo, Varmo, 8).

Ledizione a stampa di Quiteria

277

Vivano i figli di Don Leonardo Alagon grid una voce dal


la strada. Tutti tacquero per un istante. Don Angelo Marongio
si avvicin allorecchio del Conte e gli disse: Ma siete sicuro
che i figli di don Leonardo Alagon son proprio sgozzati?
S, Don Angelo! Ma quel s sebbene impercettibilmente
pronunziato non isfugg a Donna Rosa, la quale dun subito si
fece pallida e rabbrivid. Volse tosto lo sguardo al figliuolo, quasi
come una madre che tenta salvare un suo caro ch in pericolo.
Il bimbo sorrideva circondato da cavalieri che lo carezzavano
e ne lodavano lo spirito.
Un demonio che tenta un angelo disse lo scultore Alber
tuccio Casena a Fra Carmine.
E lAngelo vincer esclam il frate.
Donna Rosa si fece coraggio, e sebbene avesse udito quel s
fatale, pur le pareva di sentire nel cuore una voce che le ripete
va col lento ritmo della campana del bargello: Tu puoi tutto,
salvala!...
Ma s morta?
Tu puoi tutto ripeteva la voce segreta salvala!
Prese un bicchiere, lo ricolm di malvasia, e con dolcezza
molta di parole e di gesto loffer al Conte69.
I cavalieri ammirarono.
Il Conte con gli occhi sfavillanti di gioia, per la grande ed ina
spettata avventura, ringrazi e nellafferrare il bicchiere si sent
quasi mancare, e per non cadere si appoggi ad un seggiolone
con la spalliera coperta con ornamenti dun color giallo smorto
su fondo nero.
Il sole caldissimo passando attraverso le tende illuminava le
ricche vesti e le armature dei cavalieri alquanto eccitati dal buon
vino profumato. Sul viso del Conte quel sole sfacciato facea me
glio spiccare le croste del viso, i baffi tinti ed appuntiti, gi sco
loriti pel sudore che scendeva in rigagnoletti neri su la bocca
dalle sottili labbra sempre immerse nel sogghigno70. Gli occhi
seran fatti pi piccoli dalle libazioni, ed il bianco era diventato
69
De canti al figlio, e gli offer la conca [...] (M. Cesarotti, Morte di Cucullino, in Poesie di Ossian, v. 94); [...] Mastro Guitelmo gli offer le chiavi [...] (G.
Carducci, Il Parlamento, in Della canzone di Legnano, v. 59).
70
e in dieci rigagnoletti gli si sparsero per le rughe delle guance [...] (I. Nievo,
La nostra famiglia, in Novelliere campagnolo, 34.2).

278

POMPEO CALVIA

giallo con venature in color di vivo sangue. Grande era il sagrifi


cio della Signora nel tenersi vicino quellessere. Ho da parlarvi
da solo, o Conte, disse Donna Rosa.
Qual buona ventura per me, o Madonna.
Entriamo nellaltra stanza, o Conte.
I cavalieri fecero ala perch passassero.
Donna Rosa condusse il Conte nel suo appartamentino ri
servato pel riposo. Il letto a baldacchino con coperte di drappo
doro azzurro, suscit nel Conte linfernale idea di adagiarvisi
e riposare accanto al viso di quella ninfa. Ma linfernale idea
che gi cercava di avvilupparsi nei ghirigori duna frase galante,
gli mor strozzata nella gola, non appena vide la severit della
donna, la quale scostatasi sera posta innanzi ad un panno di
broccato teso nel muro, dove nel mezzo eravi ricamato un San
Nicola, patrono di Sassari, in atto di salvare i bambini.
O Conte! disse la donna. Voi dovete assicurarmi che di
ci che vi domando non direte niente ad anima viva.
Madonna! ve lo giuro innanzi a questo San Nicola protet
tore del Vostro gentil paese esclam il Conte con la destra
distesa.
Ditemi, Conte, i figli di Don Leonardo Alagon racchiusi nel
Castello, vivono ancora?
Tre sono stati uccisi. Vive solo la giovinetta Quiteria.
Dei suoni di flauti misti ad arpeggi di strumenti a corda si
fecero sentire dimprovviso.
Il Donnicello Salvatorico con una maschera di raso in viso
entr nella stanza. Mi conoscete disse ridendo. Mamma, i
commedianti ed i musici ti aspettano per cominciare la comme
dia gi annunziata: Il trionfo del guerriero sui selvaggi. Che bella
cosa. Vieni presto, mamma.
Titolo curioso! esclam il Conte, pallido come la morte,
offrendo di nuovo il braccio alla dama.
Il Donnicello li seguiva.
Il Conte condusse Donna Rosa sotto il baldacchino e presen
tandosi con affettata galanteria a Don Angelo gli disse: Illustre
Capitano, tempo che io vi restituisca la fragantissima vostra
rosa, senza che una foglia sola sia caduta.
Molti commentarono lazzardata frase, solo Don Angelo da
uomo darmi e prudente, finse di non capire e sorrise bonaria
mente. Donna Rosa gli si sedette al fianco, e subito Albertuccio

Ledizione a stampa di Quiteria

279

Casena diede il segnale che salzasse il gran drappo cremisino


che copriva la scena.
La scena rappresentava un giardino adorno di vaghe rose. Nel
fondo si disegnava una marina, ed il sole nascente si rispecchia
va tra le tremule onde. Una leggera musica pastorale annunzi
larrivo di Iolanda, la quale dopo aver cantato, recit alcuni ver
si scritti per lei dal notaio Mossen Julia71, i quali terminavano
col dire che il sole di Sardegna brillerebbe sempre cos puro e
fulgido se fedeli rimanessero i Sardi al trono dAragona.
Viva Aragona! grid lo scultore Albertuccio per il primo,
battendo fortemente le mani per farsi notare.
Viva Aragona! gridarono tutti i cavalieri e cortigiani, al
zandosi in piedi.
I musici ed i cantori intuonarono linno del Re Don Giovan
ni, fra acclamazioni continuate.
La folla sulla strada gridava e fischiava festante72.
- Marongio impicca babbo! si sent una voce urlare. Tutti
finsero di non aver udito, ma Fra Carmine riconobbe in quel
grido la voce del zappatore Zio Zuniari73.
Quando le ultime note dellinno cessarono, cominci la rap
presentazione, e si vide comparire una barca carica di uomini
coperti di pelli, i quali giunti alla riva, discesero ed afferrarono
la gentil fanciulla che cadde svenuta. Quei selvaggi dalle faccie
oscure trassero dei dadi e si giocarono il possesso della bella
creatura. Mentre il fortunato con gli occhi avidi di desiderio si
Mossen Julia] Mossen Iulio A LSL questo lunico luogo del testo in cui
compare la forma Iulio. Emendiamo e regolarizziamo secondo il criterio, non
indiscutibile, della maggiore frequenza (cfr. Nota 3).
72
i Btoli, i Ramarri, le Talpe e le Cicale / intuonarono un inno; i minuscoli
insetti / cantarono alleluia, e dai solchi reietti / salz un coro di festa. [...] (E.
Praga, Vecchia satira, in Poesie, vv. 26-30).
73
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 11 puntata, parte
seconda, cap. XII, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 12 (20
Giugno 1902), pp. 103-104. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo
da Quando inizia la 12 puntata, Parte Seconda, cap. XIII, XIV, XV. Cfr. La
Sardegna Letteraria, I, 13 (1 Luglio 1902), pp. 111-116. Nel sommario: G. Ca
prino, Il trittico del vecchio palazzo (versi); F. Tirelli, Su gli istituti educativi;
L. Falchi, Il divorzio. III. I figli; S. Pes, Il pentimento (dal gallurese di Gavino
Pes); C. Quaranta, ag., lf., Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto
dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. XIII, XIV, XV; In copertina
| Barore: La copertina.
71

280

POMPEO CALVIA

gettava sulla infelice giovinetta, comparve un cavaliere stretto


in una fulgidissima armatura. Gli uomini dalle ispide pelli si
avventarono sul bel cavaliere, il quale col rotear della spada pose
in fuga ed uccise i neri uomini. Tosto suon linno dAragona
e la sala risuon di fragorosi applausi. Il bel cavaliero alz la
celata, facendosi riconoscere per il capitano Don Angelo Ma
rongio. Ricopriva quel viso del commediante una maschera di
cera, lavoro di Albertuccio Casena, il quale senza troppa mo
destia sera fatto riconoscere per lautore, e correva di qua e di
l ad accattare i complimenti scusandosi col dire che quello era
lavoro improvvisato e compiuto in poche ore.
Il cavaliero sollev la fanciulla e ladagi tra le rose.
Un dolce sorriso apparve su quelle labbra e le mani si unirono
soavemente. Il cavaliero le chiese il nome e la fanciulla additan
dogli le rose gli disse che il suo nome era simile a quello dei fiori
che gli stavano attorno.
Rosa! Rosa! esclam con gioia il cavaliero, e strinse al cuore
e baci linnamorata. Il drappo di velluto cremisino fu calato
per poco. Nel rialzarsi la scena apparve cambiata e si vedevano
i due innamorati seduti sotto un baldacchino e attorno attorno
festoni di bianche rose. Danzavano fra liete musiche dei vari
amorini e gettavano fiori alle belle dame ed ai cavalieri. Tutti
facevano a gara per prenderli ed ornarsene il petto, e pareva che
in quellora la felicit sfavillasse su quei visi felici. Albertuccio
Casena si avvicin a Donna Rosa e le disse a bassa voce per non
farsi sentire dagli astanti: Quando potr avere il piacere di
ammirare il bellissimo ritratto che vha dipinto Pierino?
Donna Rosa trasalendo, quasi atterrita avvicin lindice del
la mano sinistra al labbro, imponendo silenzio. Il drappo di
velluto fu abbassato nuovamente e comparve fuori della scena
un commediante che indossava ancora gli abiti del cavaliere li
beratore. Il viso per aveva perduto tutto lincanto ed i capelli
cominciavano a incanutire intorno a quel volto dalle rughe pre
coci, costretto a ridere e a piangere in segreto e ad inchinarsi e a
fingere continuamente.
Il commediante ringrazi gli astanti del benigno compati
mento ed annunzi per lindomani la commedia di Plauto La
Pentola.

Ledizione a stampa di Quiteria

281

Capitolo XIII
Partiti i cavalieri, Donna Rosa rientr nella sua stanza, e si
pose a sedere accanto ad un tavolinetto sul quale stavano alcu
ne boccettine di essenze. La stanza era avviluppata in un soave
mistero con le tende abbassate alle finestre. Un gatto venne a
posarsi sul serico strascico dellabito della bella dama74.
Sei mia, tutta mia, pareva dire il nero gatto geloso, con gli
occhi fissi negli specchi i quali riflettendo la soave immagine
della dama rubavano parte della sua gioia. Con le unghie distese
come una tigre, drizz la testa in atto di sfida, non appena vide
muoversi la tenda della porta sollevata da fra Carmine, il quale
non ebbe coraggio di avanzarsi subitamente, quasi credendo di
turbare una preghiera misteriosa nella quale lanima chiedeva ai
fiori, pi che a Dio, la dolcezza di una promessa.
Oh Ges! chi mi tenta? esclam il frate. giorno per
fetto ed io temo come nella notte pi oscura! Dorme un angelo
vicino al mio cuore ed io pavento e dubito se sia un angelo.
Gli corse un brivido per tutta la persona, ma fattosi coraggio
sinoltr. Non doveva egli accettare da Dio tutte le tentazioni
ed affrontarle se per volere di Dio ogni cosa avveniva quaggi?
Perch tremava? Il giovine si tolse dalla fronte il nero cappuc
cio, si avvicin alla signora bello come un leggendario nume
pieno di passione. Le stellette degli speroni ripercosse dallince
dere tinnirono, ed il nero e geloso animale mand un lamento
per quellessere bello. Donna Rosa non si dest o finse di non
destarsi. Piccoli sospiri le sollevarono il seno.
Fra Carmine appena ebbe abituato locchio a quella semi
oscurit, meglio comprese la superba bellezza della dormiente,
ma non chiuse gli occhi n cerc di fuggire. Si studi di vincere
se stesso e di meglio penetrare nel vero sentimento divino, al
lontanando il suo spirito dalle meschine grettezze, dove in tutto
il bello non doveva nascondersi che unopera diabolica.
Se tu sei lo spirito del male, della menzogna, della impurit,
va retro Satana! esclam il frate e si fece il segno della croce.
Ma la vaga dormiente non scomparve, ed anzi si present pi
74
Gittava il cavaliero / Il verde manto serico / De la sua donna al pi [...] (G.
Carducci, Per il quinto anniversario della battaglia di Mentana, in Giambi ed
Epodi, vv. 26-28).

282

POMPEO CALVIA

divinamente bella agli occhi del giovine. La donna si dest e con


molta semplicit disse al fraticello:
Mero un po assopita, sicura di essere in buona compagnia.
Voi mi avete chiamato dimand fra Carmine.
Si... non per confessarmi che non mi son preparata, ma per
consiglio, per solo sollievo. Ho un groppo qui sul cuore, voi po
tete scioglierlo.
Io! esclam il frate guardandola negli occhi. Che sono io
mai misero fraticello?
Che siete voi? tutto voi siete per lanima mia, salvatela.
Il frate trem.
S voi potete salvarla questanima. Ho un affanno tuttoggi,
qui, dentro il cuore. Oh se sapeste!
Pieni sono i nostri giorni di dolore disse il frate. Cal
matevi.
Ma troppo esclam Donna Rosa. Sentite: e prese la
destra del frate e lo trasse vicino a un divano. Sedete.
Il frate si assise pieno di spavento. Egli pensava alla impurit,
ma gli occhi della nobil donna erano levati in alto assorti in una
sacra visione e nelle labbra vi era una elevatezza spirituale quasi
celeste. Il giovine abbandon quella fina e morbida mano.
Disse quindi la donna: Voglio essere sincera. Non il Re Don
Giovanni, non il Conte di Bonafides custode del Castello, non
mio marito possono questo che io chiedo, ma voi solo lo potete.
Se Iddio vede tutto, se Iddio sa tutto, Iddio che vuole un sacri
ficio da voi. La bella donna si avvicin vieppi al giovine frate
e gli strinse le mani.
Grande il sacrificio continu a dire Donna Rosa ma
grande sar il premio che dovr darvi Iddio. Il giovine sentiva
troppo vicino lodore dellalito diverso da quello delle altre pe
nitenti. Quellalito aveva estasi e profumi, avvertimenti e magie
di abbandoni deliziosi. Il viso di fra Carmine si facea pallido e
poi si ricoloriva. Se io morissi qui, ora, ai suoi piedi egli disse
dove andrei? S, voglio essere sincero con me stesso, sincero
con Dio, io pecco. Io pecco, madonna! esclam piangendo il
frate e baci quella mano che bagnava di lacrime. Alla donna in
un attimo si rivel tutta quellanima giovanile.
Calmatevi disse noi siamo troppo deboli, e tratto un
fazzolettino ricamato, lo pass sulle ciglia del frate e ne raccolse
le lacrime. Ma le lacrime non si asciugavano e scorrevano come

Ledizione a stampa di Quiteria

283

vivi gettiti di pura acqua. Qualche lacrima caduta sulla veste


della donna nel rimanere assumeva nuove trasparenze, creando
ed improvvisando una gentile ornamentazione intessuta di fili
che parevan tratti da piccole penne cadute a strani uccelli.
Per un attimo locchio della donna galante guard e si com
piacque di questo nuovo dono del ricamatore innamorato.
Donna Rosa avrebbe voluto baciare quelle lacrime, avrebbe vo
luto che per sempre la veste ne restasse imbevuta. Qual trionfo
maggiore, qual ricordo pi prezioso e quale pi gentile offerta
alla Vergine delle Grazie? Ma la vanit femminile, sempre vani
t anche nelloffrire alla Vergine, dun subito si tacque, e Donna
Rosa cos disse a fra Carmine: Fratello, il sacrificio chio da
voi domando grande. Nel Castello di Sassari vi una fanciulla
che voi conoscete, Quiteria. Io, nel domandare so di far cosa
contraria al mio sposo fedele, al Re, alla patria. Ma io sento una
voce segreta, costante che mimpone di salvarla. Io voglio che
voi salviate quella fanciulla, voi solo dovete farlo perch voi solo
lo potete. Voi dovete riporre la fanciulla fra le braccia dellinna
morato, voi dovete creare la felicit di quei due infelici, la vera
gioia su questa terra, perch tutto falso quaggi oltre lamore
ed il pianto.
Rispose il frate: Come posso far io questo?
Voi potete farlo se volete. Non mavete voi detto che quan
do gli altri dormono, voi vegliate? Non mi avete detto che vi
permesso di penetrare nelle pi oscure segrete per confessare,
per assistere? Nulla a voi impossibile. Eccovi un mio piano
forse un po troppo azzardato perch pensato in un momento di
spasimo, sentitelo. Voi dovete recarvi nel carcere dove sta Qui
teria, ed alla povera fanciulla lascerete un vostro vestito da frate,
avendo voi la precauzione di indossare due abiti. Quiteria lo
vestir, e sul tardi le sentinelle di ricambio, non riconoscendo
la, la lasceranno passare scambiandola pel fraticello confessore.
Poco lontano dalla porta dingresso del Castello vi sar un mio
fido, ed accompagner la fanciulla in luogo di salvezza. Domani
stesso con la vela del Corso Calvi, che un buon amico, Pierino
e Quiteria salperanno per la Corsica, dove i Genovesi faranno
buon viso alla figlia di Don Leonardo Alagon.
Io li provveder di tutto il necessario.
un rimorso terribile per me il sapere che due cuori, che Id
dio ha creato per la felicit, periscano cos miseramente e ma

284

POMPEO CALVIA

ledicano il mio sposo, la mia casa, il mio unico figlio, me stessa.


Oh! come terribile la bestemmia! Io sembro felice, sorridente,
perch sono invidiata, perch sono ricca. Io invidio spesso la
pi umile delle mie ancelle. vero che lambizione, la super
bia, mi acciecano spesso, mi distruggono il cuore... Povero mio
cervello!
Donna Rosa si ferm alquanto quasi per calmarsi, per ritro
vare delle idee. Ah! s, quei tre bimbi, quei lamenti nei sotter
ranei.
Ah! non hanno cuore questi uomini, questa gente non ha fi
gli? Ma che razza dannata questa mai? Soldatacci, boia! male
detti! Oh! Dio mio! mi scoppia il cervello, non so nemmeno io
quello che dico...
Poveretti! io ne ho parlato a mio marito nel silenzio della not
te... Tu non sai nulla, tu non capisci nulla delle questioni di
stato mi rispose il mio sposo... Tutto ci che noi facciamo
ci viene imposto dallalto. Io tacqui allora, ma lidea si viene
ingigantendo. O fra Carmine, voi dovete salvare quellinfelice.
Si voi, voi...
Grande il sagrificio che voi mi imponete disse il frate.
Troppo grande, Dio mio, troppo grande!
Io vi salver esclam Donna Rosa.
Fra Carmine, rest alquanto pensoso; quindi soggiunse:
Inutile la mia missione senza il sagrificio, se veramente sono
ministro di Cristo. La preghiera senza il sagrificio non se non
uninutile forma. O nobile donna, tutto io far per amore del
cielo. E vi ringrazio che per opera vostra io posso avvicinarmi a
Ges e vedere il vero cielo dei martiri.
Un gran Cristo davorio inchiodato in una croce intarsiata
di pietre preziose, pareva assentire e dirgli: Questa tua vera
fede, o frate. Ama. Questa tua vittoria deroe, imperocch offri
il petto alla lancia per proteggere il tuo fratello, per salvare una
vergine oppressa dalla tirannide. Tu combatti nel nome santo
dellamore. Ama. Amo Dio nei tuoi fratelli, non punire mai, ma
proteggi, e difendi. Che hai fatto tu insino ad ora? Quale ferita
hai sanato? Qual luce hai portato nelle tenebre, qual vangelo
eterno spiegato con lesempio tuo? Inginocchiati, io sono il vero
Iddio fatto uomo, io che ebbi sete di luce, di progresso di fratel
lanza, io che mi sono lasciato insultare senza dir sillaba legato
ad una colonna, io che mi sono lasciato coprire di spine perch

Ledizione a stampa di Quiteria

285

un giorno nascessero rose da quelle spine per colmare di letizia


il cammino dei miei fratelli. Io che ho bevuto il calice amaro per
amore degli uomini e per insegnare a tutti gli uomini la verit.
Guarda come sanguino!
Donna Rosa in estasi osservava il giovine inginocchiato.

286

POMPEO CALVIA

Capitolo XIV
Quiteria fu rinchiusa in una cella del pian terreno della torre,
forse per usarle un qualche riguardo, poich in questa nuova
cella vera una finestra pi grande, una tavolaccia con un pa
gliericcio, e la paglia era meno umida. Sur un panchetto75 era
stata deposta una brocca dacqua e vicino un piatto con delle
fave bollite ed asperse di un poco di aceto e sale. Quiteria le
aveva assaggiate appena, e sera messa a giacere sul pagliericcio.
Il pavimento esalava un tanfo insopportabile per la terra smossa
di fresco nel centro della camera. Qualche pipistrello entrava
dal balcone e si appiccicava coi piedi e con ali viscide alle pa
reti. Uno sera posto quasi vicino alla lanterna che proiettava
triangoli di luce sulle pareti umide e nere76. Locchio distratto
di Quiteria si pos sur una scarpetta rossa di cuoio, con legacci
di seta e fiochettini. La riconobbe; era quella del suo fratellino.
Le parve di sentire il grido dangoscia del piccolo Arriguccio,
quando nel momento che i soldati lo rinchiudevano invocava
la madre. La povera sorella non ebbe forza di mandare un solo
lamento e si nascose la testa tra le mani.
Entr poco dopo il boia col figliuolo pi giovine, e gli cari
c sulla testa una scala, poi prese dallangolo un gran palo e la
corda.
- Son rotto di fatica questoggi ed ho la schiena che mi si
curva esclam, guardando Quiteria. Il giovinetto sbucciava
degli aranci e quel profumo metteva un certo risveglio di vita
nellambiente.

75
Assiso sur un enorme dado di pietre nere [...] (A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno, cap. II.2); Era adagiato sur una seggiola [...] (E. De Amicis, Un
tratto generoso, in Cuore, VI.1); Arrampica sur una scranna [...] (C. Dossi,
Istinto, in Goccie dinchiostro, 4); si era gettata sur una seggiola [...] (L. Ca
puana, Profumo, XXII. 7); [...] Di sur un arbor di sambuco giallo [...] (G.
Carducci, Il Burchiello ai linguaioli, v.11).
76
il vento sbatteva le imposte della finestra chera stata lasciata aperta per or
dine suo, i gufi svolazzavano sul ballatoio, i pipistrelli sinseguivano stridendo
per landito; il lume della lampada riverberavasi [...] (G. Verga, Le storie del
castello di Trezza, in Primavera e altri racconti, V.16); Giunsero da ultimo i
pipistrelli con il loro brancolio cieco, aereo, viscido e velocissimo [...] (G. Fal
della, Gentilina (Fantasima di un vecchio celibe), in Le Figurine, 47).

Ledizione a stampa di Quiteria

287

Lascia andare degli aranci per terra disse Gabinu Sura al


figliuolo. Il giovinetto ubbid.
Vi sentite molto male? esclam il boia rivolto a Quiteria.
La giovinetta domand: Perch? mi conducete ad altra tor
tura, non avete piet? Ho sempre innanzi agli occhi quelle ruote,
ed ancora mi rintronano le orecchie delle grida e degli spasimi
del povero Mauro Puliga. Poveretto; quando finir di soffrire?
Il carceriere non rispose a quella domanda e pose la corda
sulla scala che portava il figliuolo, il quale usc canticchiando a
bassa voce la vecchia canzone:
Fiza bella adorada
como podes drommire,
Su lettu est de broccadu
de rosa est su estire...77
Il boia si avvicin a Quiteria e le disse additandole una gros
sa pietra: Figliuola, muovete quella grossa pietra del muro,
ma siate cauta nel rimetterla. Ho tre figli; mi raccomando...
e dopo aver rialzato con le mollette dottone il lucignolo della
lanterna, usc.
Quiteria guard la pietra che le era stata indicata e sulla quale
erano state graffite delle strane figure che parevano animarsi a
poco a poco. Il profumo dellarancio perduto animava con fili di
carezze la fantasia di Quiteria, la quale, rianimandole, studiava
le graffite linee simboliche. Sotto un albero dalle foglioline mi
nutissime stava scritto con lettere contorte e di varie dimensio
ni: Si mi cheres bocchimi (Se mi vuoi uccidimi). Ma qual signi
ficato avea lalbero dalle foglioline minutissime in quel motto?
Quiteria cerc di districare il filo del simbolo; ma non ci riusc.
Tent allora di trovare una spiegazione nelle figure intrecciate
con ornatini infantili. Avevano tutte una certa pendenza da si
nistra a destra quasi scosse dal soffio di un labbro misterioso.
Il viso e le mani erano appena accennati, ma sovrabbondava
no nella minuziosit dei particolari e dei ricami. I capelli erano
espressi pelo per pelo come dei fili di ferro attorcigliati. Serpeg
giavano su tutto certe firme ad uncino e cuori trafitti in pi parti
77
Figlia bella adorata / adesso puoi dormire, / Il letto di broccato / di rosa
il vestito.

288

POMPEO CALVIA

da punte aguzze. Dentro un cuore eravi scritto: (Pro te semper


solamente Mauro Puliga), e pi vicino una data piccolissi
ma ed in alto un sole che mandava i suoi raggi su dun albero
dalle foglioline minutissime. Quiteria distric tosto il simbolo.
Era il sole dArborea che doveva sorgere e risplendere. Mau
ro Puliga non aveva voluto esprimere lidea con forma decisa
alla vigilia forse di una data fatale. Ma il simbolo per quanto
intricato avrebbe avuto una soluzione in quel carcere dove non
mancavano le anime addolorate. Quel linguaggio difficilissimo
a capirsi alla luce del sole, aveva l, fra i misteri delle ombre e gli
spasimi, un assai chiaro significato. Come poteva un cuore spie
gare tutta la sua storia e dar lenimento ai mali se non con questo
linguaggio? Non fu creata la leggenda perch sotto il velame del
sogno potessero i popoli intendere altissime cose?78
Quiteria prese il lume. Un pipistrello scosse le ali e si appic
cic al soffitto con rapido volo. Quiteria si avvicin al muro:
provava come un sollievo nella lettura di quei simboli. La prima
figura era una madonna con la faccia allungata, con gli occhi
socchiusi e la bocca piccolina, segnata appena da una sola linea.
Un fascio di capelli reticolati circondati da due striscie di perli
ne ne adornava il viso, il quale portava sulla fronte una corona
contorta, n si capiva se fatta di fiori o di foglie. Dei fiori molto
pi grandi della testa parevano germogliare dietro i capelli. Il
collo era segnato da due righe parallele e sincassava sulla testa e
sulla veste. Non una stola n un sacco poteva dirsi la vestimenta,
tramezzata da grandi triangoli gli uni sugli altri, nellinterno dei
quali erano queste sei lettere: F i d e l e .
Altre lettere erano segnate in alto, ma Quiteria non pot leg
gerle e si drizz sulla punta dei piedi.
La sua figurina slanciata, ancora vestita di broccato intessuto
di fili dorati, dava lidea di una divinit scesa dallalto per bene
dire nel mistero.
Il profumo dellarancio che si spandeva intorno era come la
sottil traccia del passaggio di un angelo.
78
ove a ciascuno / Del futuro squarciar solea il velame [...] (I. Pindemonte,
Traduzione dellOdissea, Lib. XV, v. 313); durava il sogno, / che del futuro le
squarci il velame [...] (G. Prati, Edmenegarda, can. IV, v. 501); Il velame
del futuro / Alle streghe squarcier [...] (G. Verdi, Macbeth [Piave], At. II,
sc. VII).

Ledizione a stampa di Quiteria

289

I pipistrelli guardavano con gli occhi acuti ed infantili pieni di


grande meraviglia. Quiteria ne vide uno che la fissava. Non pro
v ribrezzo alcuno per quellessere fratello, dopo tutti i travagli
ed i dolori avuti dagli uomini in quel lungo martirio79. La pove
retta era come langiolo dei sotterranei, e gli strani uccelli erano
suoi consolatori. Quelle cose per le quali prima aveva provato
ribrezzo ora la confortavano. Le pareva che non tutto congiu
rasse contro di lei, e che nelle cose create da Dio, anche nelle pi
umili, ci fossero esseri che lamassero e la seguissero per farle
compagnia e consolarla. Nessuna forma dovea ripugnare per
ch tutto opera di Dio. Linfelice nel guardare con dolcezza gli
occhi del pipistrello pensava a quante anime restano nascoste
alle umane percezioni. Il pipistrello mand un piccol grido che
si ripercosse nei due archetti della volta dove stavano appicci
cati gli altri compagni i quali si destarono con dei piccoli gridi
simili ad inni primitivi.
Quiteria guardava incantata e le bianche mani parevano aver
segnato tutta quella sinfonia di linee e di simboli sulle pareti. I
pipistrelli le girarono attorno, e le nere ali nei rapidi voli pare
vano ansare. Quiteria nella sua esaltazione giunse a credere per
un momento alle fole ed alle rievocazioni delle anime dentro
luoghi incantati e pieni di solitudine.
Le cose pi strane, pi fantastiche, le passavano nel cervello.
Sognava che il cavaliero graffito che atterrava il drago, al fianco
di quelle lettere che non riusciva a leggere picchiettate di rica
mi e di stelle e di lune radianti, le dovesse, come per incanto,
far aprire le porte del castello, e dovesse portarla in groppa sul
cavallo fatato.
Le stelle si moltiplicavano. Bello! bello! esclamava Quite
ria in quella dolce estasi, dimentica delle tetre ombre dellam
biente.
Ma dimprovviso tacque ogni cosa, e linfelice cadde sul ta
volaccio. Anche la lanterna le scivol di mano e si spense con
rumore sordo. Un freddo sudore le ricoperse il viso ed ebbe ti
more di quelloscurit. Chiam Iddio. Ma Iddio voleva che sof
79
e quanti sopport travagli e pene / per amor de mortali [...] (V. Monti,
Prometeo, in Poesie e poemi, XIII, can. I, vv. 3-4); a disastri, a miserie, a pene, a
travagli dogni sorta, per procurare agli altri uomini [...] (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 16 Giugno 1821).

290

POMPEO CALVIA

frisse ancora. Dopo poco per quella eccessiva prostrazione si


calm alquanto, solo le rest un acre sapore nel palato. Si mosse
per cercare la brocca e fatti alcuni passi, sent in un piede il con
tatto degli aranci. Si chin e li raccolse portandoli rapidamente
alle narici per sentirne il profumo. Non cessava di deliziarsi in
quella soavit piena di ricordi.
Quanto tempo era passato?... Sotto gli alberelli darancio una
notte Cischedda, la vecchia governante, le aveva detto che Pie
rino voleva dirle almeno una sola parola prima di partire per
Sassari.
I frutti sotto la luna somigliavano a testine di bambini curiosi.
Son teste dangioli aveva risposto Quiteria. Non riferi
scono che ci che odono, amor mio!
E Pierino la baci sulla bocca.
Quiteria afferr larancio con le estremit della dita, ma le
scivol sul piano inclinato del pavimento. Si chin per racco
gliere il delizioso frutto brancolando nel buio. Siccome larsura
le cresceva nella bocca, ficc i bianchi dentini sulla buccia, fece
un piccolo foro, succhi il delizioso nettare e si sent ravviva
ta. Pose la buccia sul pagliericcio vicino al capezzale. E, stanca
comera, si distese sulla paglia e si assop. Dimprovviso per si
riscosse e si sollev sul pagliericcio come colta da unidea subi
tanea. Quelle parole del boia pronunziate lentamente allorec
chio le erano apparse quasi scolpite, nel sonno. Tratto tratto le
pareva che una voce segreta le ripetesse: Togli la pietra, toglila!
Quiteria per una certa quale indolenza cagionata dallecces
siva stanchezza, si chin di nuovo sul pagliericcio, ma la voce
sempre pi incalzante le penetrava nel cervello. Sentiva di non
potersi pi ribellare a quel comando insistente. Si diede allora a
palpare con le mani sul muro. Dopo lunghi sforzi sent spostarsi
una pietra. Ristette un poco turbata. Mille idee le si affollavano
alla mente e fra le altre questa. Le pietre cadranno una dietro
laltra e mi trover in un vasto sotterraneo dove una mano igno
ta mi condurr fra le braccia del mio adorato Pierino in faccia
al mare di smeraldo, al cielo azzurro. Ma questa idea era troppo
bella e troppo doloroso sarebbe il risveglio perch essa volesse
cullarsi a lungo in essa. Una mosca pass ronzando e quel ron
zio le diede limmagine di tanti o, o, di color verde e che simpic
ciolissero a mano a mano che si allontanavano, quasi cantati in
un tono minore da una piccola anima ammalata. Un insetto le

Ledizione a stampa di Quiteria

291

punse la guancia. Pass tosto istintivamente la mano sul punto


toccato, ed il profumo dellarancio che si era appiccicato alle
dita le ricord la voce del boia che disse di nascosto al figliuolo,
ma non cos piano da non essere udito da lei che era abituata ai
rumori impercettibili:
Lasciali cader per terra gli aranci, va.
Quel giovinetto, bellino, paffutello, coi capelli neri neri e gli
occhi biricchini, lasci cadere gli aranci. Anche il babbo sorrise.
Dunque, quella era gente buona?
Perch non smuovo la pietra? Ogni minuto pu essere fa
tale! Ebbe un tremito singolare e sorrise. La mosca seguiva i
suoi oo... lamentosi. Ma quelli o, o, o, non erano pi verdi ma
azzurri e pallidissimi. E tutto azzurro le pareva intorno, un az
zurro senza fine. Rientr ogni cosa nel silenzio. Quiteria spinse
la mano e la pietra oscill, spingendosi in una cavit a destra.
Spinse con forza le altre pietre ma nessuna si smosse. Eran tutte
unite e solide. Che voleva dir questo? Che poteva essere conte
nuto in questo buco del muro? Introdusse la mano e le dita
si posarono su di un pugnale, che riconobbe al tatto pel pugna
letto di suo padre Don Leonardo Alagon, e che il boia le aveva
tolto per prudenza nei sotterranei. Quiteria non rabbrivid, non
trem, pens solo serenamente: Il boia ha trasportato la scala
e la corda insanguinata. Il boia prima di stringere sul mio collo
la corda, mi ha voluto rallegrare col soave profumo, e col dolce
sugo dellarancio. Il boia mi vuol bene, dunque? Il poveretto
non vorr macchiarsi del mio sangue innocente. Ha tre figli an
che lui. E mi ha posto nelle mani questo pugnale perchio dia
fine ai miei giorni, qui sola, senza una parola di sollievo, senza
rivedere la volta del cielo... Dio mio, Ges mio, troppo tetra
qui la morte! No! no! qui non voglio morire. No! Meglio fuori,
allaperto, se viene con lalba, la morte: in faccia al sole nascente
che tillumina lultima preghiera e ti manda i profumi che offro
no al maggio le rose. Sento che innanzi al mio cadavere oscil
lante unanima innamorata raccoglier la vendetta che purifica
i destini della patria... Cos solo sublime la morte. ... Ma che
vado dicendo io mai? Perch le mie immagini si offuscano come
un turbine di mostri alati che cuoprano il sole? -80 Una chiave
Dopo queste prodezze, il cuoprire il cielo di nubi [...] (G. Leopardi, Saggio
sopra gli errori popolari degli antichi, cap. IV.4).

80

292

POMPEO CALVIA

con leggeri scricchiolii penetr nella serratura e riscosse dalle


disordinate sue riflessioni la povera creatura.
Sent togliere il catenaccio, ma non rabbrivid. Avvicin solo
la mano al viso per riparare gli occhi dalla luce troppo viva della
fiaccola.
Seguitemi senza timore, figliuola disse il carceriere. Quite
ria con atto istintivo nascose il pugnaletto.
Gabinu Sura finse di non essersi accorto e diede la mano alla
giovinetta avvertendola che verano dei gradini alquanto smossi
e pericolosi.
Non mimporta di morire! esclam Quiteria.
Siete ancora troppo giovine disse il boia.
E non mi conducete forse al patibolo?
Il boia tacque.
Son rassegnata. Iddio mi ha esaudito nelle mie preghiere, ed
ha posto un eccessivo coraggio nel mio cuore disse Quiteria.
Dio sia lodato esclam il boia, e condusse Quiteria attra
verso un piccolo corridoio, dove nel fondo eravi una porticina
tinta di rosso. Gabinu Sura lapr e condusse linfelice Quiteria
a rivedere le stelle.
Quellaria fresca la rianim. Il cortile del castello era immerso
nel silenzio.
Nel mezzo si ergeva il pozzo dove ad un cilindro di legno era
no arrotolate molte funi per tirar le secchie dellacqua81.
Le finestre gotiche attorno al cortile parevano vecchie finestre
di un convento abbandonato.
Una sola finestra era illuminata e dietro i vetri a colori si ve
deva una testa che si avvicinava e sallontanava tratto tratto82.
A destra! disse Gabinu Sura, e fece salire Quiteria per una
scala esterna coperta da un loggiato.
Ora a sinistra esclam il carceriere.
Quiteria stava per domandare: Sono forse sui tetti le forche?
Ma tacque e continu a salire. Non cercava che la morte, solo
la morte. Da tutto ci che esisteva non poteva venirle che dolo
re, ed era troppo stanca, troppo scoraggiata.
81
Allora la fanciulla senza far motto usc colle secchie e le riport colme dac
qua [...] (I. Nievo, Varmo, in Novelliere campagnolo, VIII.2).
82
Ma con passi di tema, e tratto tratto / Volgesi addietro [...] (M. Cesarotti,
Temora, in Poesie di Ossian, V, Cant. I, vv. 29-30).

Ledizione a stampa di Quiteria

293

E stava gi immaginandosi di immergersi rapidamente nel


cuore il pugnale che teneva in mano e di morire l, in alto, in
faccia alle stelle che la guardavano. Se eran luci di angeli erranti
avrebbero avuto piet della sua povera anima sconsolata.

294

POMPEO CALVIA

Capitolo XV
Non passi di scolta sudivano sulle mura, non gridi di uccelli
sinistri per lalta torre83.
Gabinu Sura avvicin la nocca dellindice alle labbra e mand
un acuto fischio.
Quiteria sollev gli occhi senza impressionarsi, e penetrata
dalla pace che sulle cose mandavano le stelle, pens: Come
soave vivere! Ma come devessere pi soave la morte!
Abbasso, nelle scuderie si sentivano leggeri scalpitii di zampe
ferrate.
Arrivati in cima alla scala dovera un ballatoio di legno, si apr
una porta e comparve un cavaliero. Gabinu Sura senza esser
visto strinse la mano di Quiteria con affetto. La giovinetta ri
cambi con pari affetto quella stretta. Linfelice cominciava ad
affezionarsi a quel povero uomo dal viso duro, e dai lineamenti
arcigni, ma forse dal cuore doro. Gabinu Sura salut con un
profondissimo inchino, e spense la fiaccola. Scese alcuni gradi
ni, pose la mano alla cintola dovera lo stocco, lo palp, assent
col muover del capo, risal leggermente i pochi gradini e stette
in attesa con lorecchio presso la serratura84.
Il cavaliere chiuse la porta e con voce che voleva parere dol
cissima disse a Quiteria: Indovinai che venivate e la prese
per mano delicatamente conducendola nellaltra stanza. Chiu
se anche questa porta. Entrate; entrate continu a dire con
83
Lintertestualit ampia: suoni di vita pi non salgono da la citt, / non derba
iola il grido o corrente rumore di carro, / non damor la canzon ilare e di gioven
t. / Da la torre di piazza [...] (G. Carducci, Nevicata, in Odi barbare, vv. 2-5):
cfr. G. Pirodda, Prefazione a..., p. 16. Si veda altres: Tutto silenzio... della
vigil scolta / Batte soltanto il pie. [...] (G. Verdi, Attila [Solera], Att. I, sc. III).
Lattacco del capitolo, liricamente connotato, conferma una tendenza stilistica
diffusa nel romanzo. Lautore, infatti, attiva la funzione poetica del linguaggio
per meglio corrispondere ad una esigenza insieme formale e contenutistica. Per
altro, come si legger, lacme drammatico del romanzo rappresentato dalluc
cisione del Conte di Bonafides da parte della giovane Quiteria ha molti punti di
contatto (per modalit, atmosfere, tipologia e pragmatica dei personaggi, conte
sti situazionali e informazioni accessorie, temi e motivi) con la quinta scena del
secondo atto del dramma di Victorien Sardou, che vede come protagonisti il sa
dico barone Scarpia e la bella Tosca. Cfr. Quiteria quasi Tosca, pp. LXXII-LXXIX.
84
con un puntale in cima a foggia di stocco, e volto quello alla vita di Renzo
[...] (A. Manzoni, Promessi sposi [1827], cap. XXXIV. 6).

Ledizione a stampa di Quiteria

295

affettata tenerezza. Ho bisogno solo di domandarvi di certe


cose: non abbiate paura, siete in casa mia ora, non nei sotter
ranei, dove impera solamente la crudelissima legge. Povera fi
gliuola, venite.
Quiteria lo segu. Si sent un piccolo rumore alla porta.
Non c da temere; disse il cavaliero il vento.
Quiteria non rispose e si trov quasi dimprovviso in unam
pia sala splendidamente illuminata. A Quiteria pareva daver
sentito unaltra volta questa voce e pensava: Dove ho cono
sciuto io questuomo? e si sentiva irritata dal timbro di quella
voce cos poco benigna. Rest un po abbagliata da tutta quella
luce che dai lumi si rifletteva sulle tende, sulle colonne dorate
del letto, sui cortinaggi, e sui bicchieri.
Sedete, ch dovete essere molto stanca disse il cavaliero,
additando una sedia, con la mano stretta in un candido guan
to. Quiteria si sedette sullo sgabello posto innanzi ad una stoffa
azzurra dovera ricamato uno scudo cinto di rabeschi nei quali
sintrecciava il motto: Semper Bonafides.
Quiteria chiuse gli occhi.
Sorridete disse il cavaliero posandosi sulla sedia che stava
accanto alla fanciulla, e la fiss con gli occhi scintillanti non mai
sazi di contemplare quelle linee seducenti. Com dolce vivere
cos esclam con delicatezza Oh! cos dolce il contemplar
ti, lontano dai pensieri delle armi e degli affari.
Quiteria sollev la testa con regale atto superbo.
Avvicinatevi, avvicinatevi le disse il cavaliero.
Quiteria riconobbe allora il Conte di Bonafides, quel tristo
uomo che avea ordinato al boia di far pi rapidi i giri di corda
della tortura, e di passare i ferri roventi sui piedi nudi di Mauro
Puliga, legato sulla graticola85. Il Conte aveva indossato per loc
casione il candido giustacuore di seta. Un ampio collare rica
mato gli copriva met della nuca. Le sue maglie erano anchesse
bianche e bianche le scarpette di raso. Alla cintura teneva un
pugnaletto con manico doro tempestato di gemme. I pochi
capelli della testa eran ricciuti ed ondulati pei molti aggrovi
gliamenti di ferro caldo, ed avevano quel nero lucido ed ambi
guo e quellodore dellessenze di chi sunge per attutire cattive
esalazioni e fisiche magagne. Gli occhi erano infossati pi del
85

Cfr. Quiteria quasi Tosca, p. LXXVI.

296

POMPEO CALVIA

solito e le ciglia pi appiccicate ai rossi bordi che contornavano


le pupille sinistre ed il giallo della cornea. Sul viso era stata pas
sata molta cipria e molto unguento per nascondere le grinze e le
screpolature fatte da mali segreti86.
La luce che emanavano i candelieri e le lampade appese al
soffitto dettagliavano tutti i vizi di quella fibra sciupata.
Quiteria sollev alquanto gli occhi per non vedere quel viso
che continuava a fissarla, ma su tutti i prismi di cristallo appesi
alle lampade, si muoveva in mille modi quel demonio. Distolse
allora rapidamente gli occhi e li port al capezzale del letto in
cerca di unimmagine sacra.
Gli ampi cortinaggi del letto nascondevano, un po dangolo,
il capezzale, al quale era appesa una ninfa. Sotto il quadro invece
della lampada era un piccolo armadietto nero con dentro delle
fiale di vetro colorato. In una fiala era scritto Acqua tofan.
In unaltra I. In due altre piccole anfore OR
PIMENTUS.
Quiteria lesse senza capire.
Volete sempre restare cos taciturna? disse il Conte. Oh
se sapeste che pena mi avete fatto mentre pensava a voi. Ero
solo qui, nella stanza, solo solo come un cane. Ho fatto apparec
chiare, ho provato a prender cibo, ma non sentiva voglia alcuna
di mangiare. Voi mi stavate sempre innanzi agli occhi. Io non
ho pi nessuno, pi nessuno al mondo... n moglie n figli. La
mia sposa, la duchessa Donna Maria di Monserrato, fece la cor
belleria di andarsene in cielo dopo due anni di matrimonio; e ci
volevamo tanto bene. Il Conte finse di asciugarsi col fazzoletto
ricamato due lagrimelle, e mand anche due sospiri. Quiteria
taceva sempre.
Dopo le due lagrimette ed i due sospiri il tristo uomo avvicin
alquanto la sedia a quella su cui sedeva Quiteria.
Vedete quanti cibi son qui! disse. Ci sono anche le mo
rene ed i porcellini di latte fatti venire appositamente dalla Nur
ra. Eppure, guardate, non par vero, da quel tavolo non ho preso
86
Sua Eccellenza lentissimamente discende a mostrare una testa veneranda,
che non ha potuto tener dietro alla moda, e che nasconde la santa calvizie sotto
una crosta fatta di cipria a ricordare i tempi del top: Sua Eccellenza coperta da
una assisa ampia, larga, lunga, tesa, non suscettibile di piegatura, come se fosse
foderata di legno; tutta quanta aspra di ricami doro a rilievo, a somiglianza di
un piviale del Corpus domini. [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. XIV, 1).

Ledizione a stampa di Quiteria

297

un solo boccone. Mi sento cos solo, solo, solo. Mi viene spesso


quasi voglia di piangere. Ho pensato a voi in questa solitudine.
Facciamo del bene a chi soffre, dissio. Solo il far bene solleva
lanimo. La vecchia volpe modul la frase con delicata infles
sione cercando di commuovere il cuore di Quiteria. Le si avvi
cin alquanto con indifferenza. Rimaneva affascinato dalla folta
capigliatura nera dentro la quale come in una borsa di velluto
pareva dormire un gran fiore.
I grandi mazzi di rose eran preparati con arte sul tavolo, tra
i calici e le anfore piene di vini di Xeres e di Alghero. Lascive
Veneri erano appese alle pareti. Il letto con due guanciali di seta,
coi lenzuoli alquanto rimboccati parevano aspettare. Per terra
erano distesi dei tappeti e delle pelli morbidissime col pelo pro
fumato. Sui tavolini, specchi, cassette di profumerie, ventagli,
scatoline cesellate colme di collane e di ninnoli.
Via! parlate. disse il Conte. Vi piace questa mia stanza?
Ma perch non mi date alcuna soddisfazione? Volete andarve
ne? Volete ritornare in prigione tra il terrore e le immondezze?
Preferite, se pu dirsi riposo, il riposare su quel duro tavolaccio
dove prima avr dormito un ladro od un assassino figlio di un
impiccato?
Ah! esclam Quiteria, coprendosi gli occhi, quasi le fosse
apparsa limmagine di una forca.
Vedete! voi stessa al solo pensarvi, tremate. Io non voglio
farvi del male87. Ed avvicin ancora la sedia, ma impercettibil
mente, per non dar sospetto, da uomo esperto che conosce mol
to bene larte sua. Oh! se voi vedete il mio alloggio in Barcello
na. Questa una camera improvvisata. Il tappezziere di Donna
Rosa mi ha contentato poco, sebbene sia venuto da Fiorenza.
Quiteria tolse il rosario dalla borsetta e cominci a pregare88.
Il Conte si sent vieppi eccitato da questa sentimentalit re
ligiosa, e con limmaginazione denud quel corpo di fanciulla
che dovea essere divinamente bello.
Questo un nuovo godimento per le mie carni infrollite
pensava quel satiro. Io la tengo nelle mie mani, io posso tutto
su lei, ed invece io voglio soffrire e lottare ancora. Io voglio sen
tire a colpettini, come punzecchiature, tutti i brividi dellamore.
87
88

Cfr. Quiteria quasi Tosca, p. LXXVII.


Ibid.

298

POMPEO CALVIA

Questo il segreto. E guard le pitture appese ai muri ed il


letto dai lenzuoli morbidissimi e profumati. Il cervello pareva
volesse scoppiargli, ed il cuore gli batteva forte, e per lo sfor
zo delleccitamento credette allillusione che gli fosse ritornata
nel sangue la sana forza dei ventanni. Soffriva troppo. Si lev
il cappello e lo depose sul letto, si avvicin alla finestra e lasci
socchiuse le imposte per far penetrare un po daria. Ma quel
fresco gli apport una calma momentanea. I suoi sensi eccitati
sentivano strisciare attorno attorno come serpentelli delle nude
veneri, ed i profumi e le luci guizzavano come bocche piccoline
pronte a baciare. Tu sei immune nel pericolo e preghi rasse
gnata, ed io invece mi struggo come un pazzo che nel pieno
possesso di ci che ha ed ha desiderato da tempo, e non vuol
toccare e non vuol ottenere senza prima picchiare alla porta di
quellanima che adora89
Il Conte delirante mand un grido dangoscia, e la vergine si
scosse: Maria Santissima! esclam, e le cadde il rosario di
mano.
Il Conte si chin e lo raccolse e lo pose attorno attorno al collo
di unanfora, come segno di vittoria infernale. Ma quel piccolo
Cristo che oscillava lo conturb alquanto, e per non vedere la
piccola croce la ricoperse con delle rose che distacc nervosa
mente da un gran mazzo.
La campana della torre suon quattro colpi lenti e lugubri,
quindi tacque; poi, seguirono altri rintocchi, ma pi lentamen
te. Campana maledetta! taci, chi tha dato lordine ah
s- Chiuse il balcone e abbass anche le tendine per attutire il
suono. Infatti le oscillazioni di quel lento rintocco, che annun
ziava nella notte le impiccagioni, erano appena percettibili.
Allegra, allegra! bella fanciulla esclam il Conte toglien
do dal tavolo un calice e ricolmandolo di vino. Il vino trabocc
sulla tovaglia ricamata. Segno dallegria! disse il Conte cer
cando di ridere. Avvicin al labbro il liquido, e chinandosi con
raffinata cavalleria disse a Quiteria: Bevete, guarisce ogni do
lore! 90 La giovinetta rifiut con un cenno della mano. Il Conte
pieno di stizza ma fingendo sorridere col suo sogghigno infer
nale, esclam: Ah! ah! volete imporvi allora Ho capito! Io
89
90

Ibid.
Ivi, p. LXXVIII.

Ledizione a stampa di Quiteria

299

avevo deciso di usarvi tutte le cortesie e aver con voi i pi gentili


modi. Badate che io non sono uso a ricevere mai dinieghi da
nessuno. Io son perfetto cavaliere sempre, ma alloccorrenza
Non aggiungo altro. Per impaurirla prese un lume con la si
nistra tremante. Le fiammelle oscillavano. Con la destra strinse
una mano di Quiteria, e sollevando il viso con alterigia, lattir
innanzi al piccolo armadio nero dove erano le fiale dei veleni.
Guardate disse con voce misteriosa, avvicinando il lume.
Quel primo vasetto a destra contiene il licore terribile di Ge
ber, larabo che aveva confidenze con linferno. Bastano pochis
sime goccie sulla pupilla perch anche il toro pi forte muoia
dopo poco, e il cristiano mal capitato che ne faccia uso perisca
fra gli strazi e le maledizioni al Creatore. Cristiana! Vuoi tu mo
rire rinnegando il tuo Dio? Ah! ah!
No! no! dov il rosario? grid Quiteria.
Ma il Conte non le diede il tempo dafferrare la corona e le
strinse pi forte la mano morbidissima.
Guarda, questa lacqua tofana. Presa a piccole dosi ti avve
lena lentamente, ma bevuta con lacqua, col vino, e tanta quanta
ne pu contenere il guscio duna noce, ti d il benessere, per
quattro, cinque, sei, sette ore, secondo la resistenza e let, ep
poi qui il Conte si ferm scrutando lanima di Quiteria
eppoi, ti d la morte e ti copre tutta la persona di pustole puz
zolenti e nauseanti. Io ne ho gi fatto esperimento con buon
esito. Quiteria guard in viso quel mostro. Il velo che le anneb
biava gli occhi le si squarci. Tutto ci che le era impossibile
comprendere fino a quellistante si affacci terribilmente al suo
pensiero. Vedeva la brutalit in tutta la sua bassezza schizzante
da quegli occhi lordi di lussuria.
Dunque, che cosa credi di fare, stolta creatura? esclam il
Conte. Dunque? perch non mi vuoi tu capire? Non sai tu
che questo che mi palpita nelle vene amor vero, delirio che
da pi giorni mi ha tolto il sonno, i pensieri, tutta la calma mi
ha tolto, a tal punto che io sento vicinissima la morte Non
capisci che io ti amo, ti amo. Vuoi che ti ripeta questa parola
qui, inginocchiato, adorandoti come una santa. Vuoi questo?
E le ricopr di baci le mani. Quiteria lo respinse. Il Conte
ansava con la fronte e le guancie impiastricciate di rigagnoletti
neri per le tinture che si scioglievano. Che cosa vuoi perch tu
sii mia? esclam.

300

POMPEO CALVIA

Quiteria pallidissima fece uno sforzo per rispondere e gli do


mand: Dove sono i miei fratelli? parla!
Che idea! io non so!
Come, tu non sai? Oh! questo solo io voglio, rivedere quelle
povere creature. Conducimi presto dentro le loro prigioni, tu
lo puoi.
S posso tutto disse il Conte. Ma prima giurami che sarai
mia. Vedi quanti godimenti ci attendono attorno e si slanci
per stringerla al petto.
Quiteria si studi di nascondere linterno turbamento. Si la
sci prendere la mano per poterlo condurre vicino al divano. Il
Conte si sedette ammirando. Quiteria tolse la mano dal taschi
no temendo che il Conte potesse indovinare, e le si sedette vi
cino91. Gli sentiva i battiti del cuore. Quel lume mi d fastidio
agli occhi, ho vergogna esclam Quiteria.
Oh! biricchina! Spegnilo se ti fa comodo disse il Conte.
Quiteria lo spense. Dio aiutami esclam congiungendo le
mani. Si avvicin alluscio per persuadersi che non era spiata, e
spense altri lumi. Nessun rumore si sentiva nella stanza attigua.
Si avvicin al Conte.
Ho sempre vergogna disse sommessamente. Chiudi gli
occhi, mio salvatore, amor mio!
Il Conte chiuse gli occhi in attesa di quei baci, e Quiteria gli
ficc il pugnale di suo padre nel cuore. Il Conte mand un rug
gito e ruzzol nella pelle di tigre che gli stava ai piedi. Quite
ria inorridita ritolse lo sguardo dal quel mostro. Le pareva che
tutto quanto la circondava le domandasse stretto conto del suo
operato. Il sangue del cadavere cominciava a scorrere sul pavi
mento92. Quiteria fece alcuni passi per scansare quelle macchie
rosse, e si ferm con le mani sul cuore temendo che i battiti
dovessero coi suoi moti chiamar gente. Tese lorecchio: tutto
era silenzio, non si udiva il pi impercettibile rumore. Vergine
santa, ti ringrazio! disse giungendo le mani. Tu non hai per
messo questoltraggio. Forse fu quella la preghiera pi sincera
pronunziata in quel momento sulla terra...93
Ibid.
Ivi, p. LXXIX.
93
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 12 puntata, parte
seconda, cap. XIII, XIV, XV, del romanzo pubblicato su La Sardegna Lettera
91
92

Ledizione a stampa di Quiteria

301

Quiteria credette sentire dei passi; gir lo sguardo ma il mor


to era sempre fermo al suo posto, ed il sangue gli aveva inzup
pato il colletto ed i guanti. Il viso era orribile a vedersi, con gli
occhi sbarrati e la bocca satanica dai baffi appuntiti. Tutta la
stanza pareva invasa da quel sogghigno. Linfelice giovine allora
si avvicin al letto, strapp il lenzuolo e ne ricopr il cadavere.
Il bianco lino prese subito la forma umana e si ritinse di larghe
chiazze rosse. Quiteria gir attorno lo sguardo interrogando
tutti gli oggetti, indecisa se dovesse fuggire: nessuno le rispon
deva, e le orecchie le ronzavano con acuti sibili. Non poteva pi
resistere, era troppo crudele il martirio. Spalanc gli occhi con
le pupille irrigidite e fiss i vasetti dei veleni posti nellarmadio
nero. Quelle fiale mandavano dei riflessi seducenti, e mentre
prima il suo cuore aveva rabbrividito nellascoltare la infernale
spiegazione che quel mostro le aveva fatto, ora invece quelle tar
ghette scritte, quel nome arabo di Geber, erano per la sua anima
come unancora di salvezza. Le fiale coi loro colori scintillanti
parevano sorriderle ed emanare i pi soavi profumi attirandola
soavemente come una fata benigna. Quiteria afferr una fialet
ta azzurra e la vuot dolcemente. La fialetta le cadde di mano
rimbalzando sul pavimento con un sordo rumore. Linfelice si
scosse, ebbe paura. Si fece il segno della croce, chiuse gli occhi
per non vedere il cadavere e tenendosi quasi tentoni alle pareti,
arriv alluscio e laperse, attravers il camerino e tremante apr
la porta. La campana della torre continuava e lenti rintocchi
nella calma della notte.

ria, I, 13 (1 Luglio 1902), pp. 111-116. In calce: (Continua) Livio di Campo.


Subito dopo a partire da Quiteria inizia la 13 puntata, Parte Seconda, fine
cap. XV e cap. XVI. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 14 (10 Luglio 1902), 123124. Nel sommario: A. A. Mura, Reverie (versi); La Sardegna Letteraria,
Un dovere dei sardi; C. Quaranta, Episodio inedito della storia di Malta (Sollevazione delle lingue e cacciata dei Gesuiti nel 1639); F. Farci, Caccia grossa (ver
si); A. Mocci, Origine del nome Sardegna; lf., Notizie; L. de Campo, Quiteria
(racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. XVI; In copertina
|Barore: La copertina.; V. Ruscazio, Aenigmata.

302

POMPEO CALVIA

Capitolo XVI
Quiteria scese rapidamente le scale. La visione di quella faccia
dallo sguardo infernale pareva ancora perseguitarla. Sent dim
provviso unestrema debolezza e si sedette sui primi gradini del
pozzo, appoggiando la testa al parapetto.
In alto scintillavano le stelle ed attorno spirava una solenne
pace silenziosa come in un sogno94. Quiteria sent dei passi che
savvicinavano. Quiteria esclam Gabinu Sura. Ho dovuto
abbandonarti, non ho potuto pi spiare, mi chiamarono in fret
ta. Che stato? ditemi, perch siete qui?
Rispose Quiteria: Con quel pugnale di mio padre, che voi
mi avete restituito, ho ucciso quel mostro.
Per difendervi da quello scellerato, io ve lo ho dato. Il mio
cuore prevedeva gi tutto. Avete fatto bene, figliuola! Perdona
temi se vi chiamo con questo nome. Presto, venite con me, qui
non potete pi restare, se no siete perduta.
Che mimporta!
Che vimporta! no, dovete vivere, siete troppo giovane. Non
capite che io, Gabinu Sura, il pi crudele degli uomini, perch
boia, ho giurato di salvarvi a costo di qualunque sagrificio.
La mia vita non val pi nulla rispose Quiteria.
Varr per gli altri.
Per chi?
Per Pierino che vi ama al delirio ed ora vi aspetta.
Pierino! dov Pierino? Mi aspetta! Oh! fatemelo vedere,
conducetemi subito. M dolce morire fra quelle braccia.
Seguitemi, non abbiamo tempo da perdere: presto viene
lalba. Gabinu Sura condusse Quiteria sotto un archetto del
Castello dovera il suo alloggio. Una lampada innanzi ad una
Madonna illuminava debolmente la stanza. Quiteria corse ad
inginocchiarsi ai piedi della Madonna. Gabinu Sura apr in fret
ta un vecchio cassapanco e ne trasse delle vesti di suo figlio e le
present a Quiteria.
Vestitevi con questi abiti senza perdere tempo. Le guardie
nelluscire vi scambieranno per mio figlio. Pierino vi attende. Io
esco, ma ritorno subito subito. Qui siete al sicuro. Ecco il giu
stacuore, il berretto brava, cos mi piacete, va bene ed usc.
94

Cfr. Quiteria quasi Tosca, p. LXXV.

Ledizione a stampa di Quiteria

303

Quiteria prese le vesti e cominci a spogliarsi.


Gabinu Sura attravers il cortile e sal nella stanza del Conte
di Bonafides ed estrasse il pugnale dal cuore di quel miserabile
gi freddo ed avvolto in una pozza di sangue nerastro. A quel
pugnale ne sostitu un altro, ed il cervello di quelluomo gi stu
diava tutto un piano di difesa per non essere scoperto e deviare le
traccie della giustizia. Il cadavere in quella penombra assumeva
sempre pi un aspetto mostruoso. Sebbene Gabinu Sura fosse
abituato agli spasimi della morte, pure prov un senso di disgu
sto e di ribrezzo e retrocedette quasi impaurito. Era tutto sinistro
in quella stanza cos piena di contrasti. Le veneri e le ninfe denu
date degli arazzi come tende mosse alquanto dal vento, pareva
no visioni convenute per vendetta ad un banchetto infernale. Lo
stesso riso infernale chera impresso sulle labbra del cadavere si
ripeteva sulle bocche delle procaci fanciulle. Le vivande ed il pro
fumo dei fiori mandavano un odore strano. Gabinu Sura prov a
dire un Deprofundis ma la preghiera gli mor sulle labbra. Vag
con gli occhi in cerca di un angolo dove fosse una qualche im
magine sacra, e le pupille videro il rosario aggrovigliato sul collo
dellanfora. La crocetta proiettava una grande ombra sul bianco
della tovaglia. La mano corse ad impadronirsi di quella corona.
Si avvicin al cadavere e gli tolse dal borsellino la chiavetta
della porta segreta, per la quale il Conte poteva entrare non vi
sto dalle sentinelle, e condurre nella sua stanza da letto le pove
re vittime e le donne di facili costumi. Gabinu Sura immagin
rapidamente il suo sistema di difesa; il perno della quale doveva
essere quella porticina. Dio! Dio! ti ringrazio, esclam, e
spense i lumi. Rinchiuse la porta, e and incontro a Quiteria
che sera gi vestita e cercava dimprigionare la folta massa dei
capelli sotto il berretto.
Stai benissimo: esclam Gabinu Sura le sentinelle non
guardano troppo pel sottile e la notte maschera le cose perfet
tamente. Prese una scaletta e la pose sulla testa di Quiteria
aggiustandovi sopra una fune; poi raccolse le vesti e provviso
riamente le nascose dentro la bara dei condannati. Quiteria rab
brivid. Usciamo! esclam Gabinu Sura, lora propizia,
e le povere sentinelle saranno mezzo assonnate. Gabinu Sura
si mosse e Quiteria gli tenne dietro. La sentinella domand la
parola dordine ed il boia gliela diede. Venne tosto aperto il por
tone e i due passarono.

304

POMPEO CALVIA

La Piazza Castello era ancora immersa nel sonno. In lonta


nanza dava segno di vita la sola lampada appesa innanzi al Cri
sto nellantico convento. Qualche cane passava annusando, in
cerca di cibo. Quasi nel mezzo della piazza era eretta una forca
in economia e penzolava il cadavere dun uomo.
Chi questinfelice? domand Quiteria.
Rispose il boia: il cadavere di Mauro Puliga. Sia pace alla
sua grande anima di martire!
Quiteria si fece il segno della croce e distolse inorridita lo
sguardo da quellimpiccato, pensando ai bei giorni nei quali,
nella Reggia di Oristano, il povero Mauro Puliga le narrava fan
tastiche leggende e le cantava vaghe canzoni di trovadori. Un
volo di colombi, staccatosi dal tetto delle case vicine, pass con
lento giro sulla testa dellappiccato95. Nella semi oscurit della
notte, sotto le pallide stelle, parevano anime erranti forse ve
nute per trasportare lanima delleroe morto per la libert della
patria.
Il boia si ferma innanzi alla forca. Tolse la vanga che aveva
lasciato appoggiata al palo e si diede a scavare una fossa.
Per chi questa forca? domand Quiteria.
Figliuola mia! questa una fossa ed una forca che io drizze
r solamente per apparenza. Era destinata a voi Il destino ci
ha aiutato, ed ora non perdiamo tempo e pensiamo alla vostra
salvezza State ferma un momento, riponetevi questa scala
sulla testa; vedo un ombra che si avvicina verso di noi. Cantic
chiando, principi a scavare il fosso per piantarvi il palone della
forca in economia. Quiteria osservava in silenzio con la scaletta
sul capo. Lombra si avvicin sempre di pi. Dio! Salvane tu!
disse tra s il boia.
Ave, Maria! esclam lombra.
Piena di grazia rispose il boia che aveva di gi riconosciuto
lindividuo. Dovete entrare, fratello?
S rispose fra Carmine. Ho da confessare per ordine di
Don Angelo Marongio quella povera giovinetta Quiteria. Ma
necessario che noi la salviamo ad ogni costo. Il frate tacque,
temendo di essere troppo imprudente parlando cos in presenza
del giovinetto.
Qualche giorno appresso Angelo fu appiccato in Brescia [...] (C. Boito, Il
demonio muto, in Nuove storielle vane, III. 25).

95

Ledizione a stampa di Quiteria

305

Fate allontanare un momentino questo vostro figlio, con


qualche pretesto.
Quiteria mand un gemito. Il frate le disse: Ti senti forse
male? e le tolse la scala dalla testa che depose in terra, e le pas
s con atto carezzevole la mano sulla fronte. Ma tosto ritrasse
la mano, accorgendosi da tutta quella enorme massa di capelli
che si trovava innanzi ad una donna. Che mistero questo,
fratello Gabinu?
Quiteria rispose Gabinu. Presto, salvatela, il tempo
trascorre velocemente.
Io non era degno pens fra Carmine, e si tolse il mantello
col cappuccio e ricopr la giovinetta. Ti porr subito in salvo,
sorella.
Il boia strinse con affetto Quiteria e la baci sulla fronte. La
giovinetta piangeva.
Conservate questo ricordo come mia memoria, potr ser
virvi disse il boia consegnando a Quiteria il pugnale di Don
Leonardo Alagon. Io conserver sempre questo vostro rosa
rio. Ora partite, Dio vi protegga e sollev gli occhi al Cielo e
preg.
Anima veramente grande! esclam fra Carmine, e strinse
con affetto al cuore luomo che dagli uomini era odiato. Quite
ria baci la mani del boia, quelle mani che il destino non per
mise sinsozzassero del suo sangue innocente. I due si allonta
narono commossi.
Il boia li segu con lo sguardo; poi, sollev gli occhi e vide il
cadavere di Mauro Puliga che penzolava. Sarai vendicato!
esclam. Quel pugnaletto di Don Leonardo Alagon il dito
di Dio.
Anime vili, anime di traditori, cada su di voi tutto il sangue
che spargete per stolta vendetta, per vana libidine di potere, im
miserendo la vostra patria
Quiteria volse indietro lo sguardo per salutare unaltra volta
quella grande anima, sebbene loscurit rendesse indecisi i con
torni delle cose. Quei cuori si comprendevano e sentivano tutta
la sublime dolcezza delle opere buone.
Nel fondo della piazza, accanto ai loggiati del Convento, dove
comincia la Via Arborea, si agitava un tizzo acceso, simile ad
un occhio di fuoco. Il tizzo si avvicina a noi disse Quiteria.
Non abbiate paura, sorella rispose il frate.

306

POMPEO CALVIA

Luomo dal tizzo allorch fu vicino ai due disse: Viva Ar


borea!
S, viva Arborea! esclam Quiteria.
Il tizzo li segu ad una certa distanza.
Una serenata cominciava, dietro lo svolto della via, i primi
accordi. Un uomo incappucciato teneva un fanaletto acceso in
mano. Viva Arborea esclam luomo potete andar sicuri.
Quiteria e fra Carmine accelerarono il passo e sinternarono nei
vicoletti. Allo sbocco della via eravi un altarino con la Madonna
delle Grazie.
Molte candele di cera erano accese intorno e posavano sulla
mensa ricoperte di fiori.
Un individuo avvolto in un bruno mantello stava inginoc
chiato ai piedi dellaltare. Non appena sent avvicinarsi fra Car
mine Quiteria si fece il segno della croce drizzandosi come di
scatto e corse incontro ai due.
Viva Arborea! esclam.
Viva Arborea! grid Quiteria, riconoscendo alla voce, agli
atti ed al viso illuminato dalle molte fiammelle il suo amato Pie
rino. Anima mia, cuor mio! ripet Quiteria singhiozzando
e slanciandosi fra le braccia dellamato. Pierino strinse Quiteria
senza poter pronunciare una sola parola. Cos stettero per un
pezzo abbracciati; e sarebbero rimasti pi a lungo, se fra Car
mine, dopo averli benedetti, ed uniti in un santo nodo, innanzi
alla Madonna, non li avesse dolcemente eccitati a continuare
la via insino alla casa di Zio Zuniari, dove con pi agio si sa
rebbero potuti baciare senza timore e pericolo di sgherri e di
spie. I due giovani innamorati si lasciarono persuadere, e dopo
essersi inchinati innanzi alla sacra immagine, la quale amore
volmente parve sorridere ad essi, continuarono la via tenendosi
per mano, preceduti da fra Carmine. Le note della serenata si
perdevano lontano con lunga e luttuosa onda di pianto come
il lamento di tutto un popolo dolente. Il tizzo acceso ripass
vicino alla piccola comitiva. Avanti, nessuno vi segue disse
luomo che lo sosteneva, e li precedette per un altro vicoletto
fiancheggiato da poche case, si ferm innanzi ad una casetta
circondata da un cortiletto: dal muricciolo spuntavano dei fi
chi dindia e degli alberelli. Luomo dal tizzo batt tre colpi alla
porta della casetta. Dopo non molto, un viso si affacci ad un
finestrino. Chi ? domand.

Ledizione a stampa di Quiteria

307

Arborea! disse luomo dal tizzo. La porta fu aperta im


mantinenti. Zio Zuniari Pinna, il vecchio contadino, comparve
con un lume a tre becchi in mano. Un gatto lo seguiva96.
Gatto nero porta fortuna disse luomo dal tizzo.
Fortuna sia; Ges e Maria! disse zio Zuniari, facendosi il
segno della croce, e precedendo col lume fumigante i quattro
venuti, i quali camminavano in silenzio sulle vecchie lastre di
pietra del pavimento. Una nudit austera era in quella prima
stanza. In un angolo si ergeva il forno affumicato ricoperto di
canestri e di alcuni rami dulivo. Vicino al forno eravi la mangiatoia ed al muro di questa eran legati per mezzo di anelli due
cavalli, uno bianco e laltro dorato. Al muro stavano inchiodate
delle palme benedette e delle piccole crocette tempestate di tal
co. Nella seconda stanza eravi un letto a cortinaggio. Dei grandi
cassoni neri di legno intagliato stavano attorno alle pareti, ri
coperte di canestri di varie dimensioni, dagli sfondi ricamati e
infiorati di nastrini rossi e azzurri. Delle stuoie turrite di grano
completavano la mobiglia unitamente ad alcune piccole sedie.
Un odore acre di fumo e di salsiccie e formagetti bianchi affu
micati veniva dal cannucciato a reticola appeso con delle funi di
paglia nel mezzo della stanza. Il soffitto era parimenti di canna,
sorretto da grandi travi di legno piallate e contorte.
La fiamma del lume fumigante gett sprazzi di luce su alcune
vanghe ed altri arnesi rurali posti per terra in un canto. Una
gabbia di canna stava appesa accanto al finestrino. Il merlo, ap
pena sent avvicinarsi Zio Zuniari e vide la luce della candela,
cominci a saltellare canticchiando allegramente.
Se il merlo canta, la giornata buona disse luomo che
portava il tizzo acceso.
96
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 13 puntata, parte
seconda, cap. XIII, XIV, XV, del romanzo pubblicato su La Sardegna Lette
raria, I, 13 (1 Luglio 1902), pp. 111-116. In calce: (Continua) Livio di Cam
po. Subito dopo a partire da Gatto nero inizia la 14 puntata, Parte Seconda,
fine cap. XVI e inizio cap. XVII. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 15 (20 Luglio
1902), pp. 131-132. Nel sommario: C. Quaranta, Episodio inedito della storia
di Malta (Sollevazione delle lingue e cacciata dei Gesuiti nel 1639) cont. e fine; R.
Caddeo, I mandriani (versi); A. Marras, Un matrimonio nel Sasso di Perfugas;
N. Polovich, I becchini (sonetto); P. Calvia, lf., ag., Notizie; L. de Campo,
Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. XVII; In
copertina |Barore: La copertina.; V. Ruscazio, Aenigma.

308

POMPEO CALVIA

Cos sia; Ges e Maria! ripet Zio Zuniari, facendosi il se


gno della croce ed appendendo il lume pel gancetto ad un chio
do infisso accanto alla porta. Figliuoli, ora tenetevi ben stretti
per le mani, ch qui conviene non portar lume per non dar so
spetto. Ci siete? Va bene. Ecco la bottola aperta. Tu, Pierino,
tieniti alla mia mano, ch sai bene il luogo. Son quattro gradini
che dobbiamo scendere. Qui non riesce a penetrare nemmeno
Mossen Julia... Piano, piano... Siamo gi quasi arrivati. vero
che non ci tantaria, ma che importa? Si sicuri. Ci siete?...
Benissimo. Zio Zuniari introdusse i visitatori in una grotta
scavata nel tufo. Le pareti erano rivestite di stuoie. Per terra era
no parimenti deposte stuoie di vimini. Nel mezzo della volta
pendeva un lume. In principio pareva che in quellambiente do
vesse mancare anche laria, ma a poco a poco i due innamorati
si abituarono al tanfo di quella cantina. In questa cantina su di
un materasso, appena sollevato dal suolo, giaceva, coperto di
ferite, Nicol Montagnano, il pi gran capitano Sardo, ed il pi
gran cuore che in quel momento di decadenza palpitasse in Sas
sari, nellisola intera.
Avvicinatevi, amici disse Montagnano, stendendo la
mano sinistra, perch aveva la destra avvolta nella fasciatura,
per le ferite riportate nellultimo combattimento contro Don
Angelo Marongio. Anche la fronte dellinfermo era fasciata,
quella fronte nulla quale eran passati, come alate epopee, i tur
bini di guerra ed i vasti piani strategici non secondati dallav
versa fortuna. Quiteria si gett singhiozzando ai piedi dellEroe.
Disse Montagnano: Perch piangi, o fratello? Per questo
mio tronco caduto? Forza e coraggio voglio io da te. Lascia le
lacrime alle femminuccie quando la patria si dibatte
tra le catene.
Montagnano! Montagnano! il padre mio dov? dimand
Quiteria, baciando le mani e la fronte dellEroe. Il mantello le
cadde per terra e fra lo stupore di coloro che non lavevano an
cora riconosciuta, apparve Quiteria.
Quiteria! la mia cara piccina esclam Nicol Montagnano
con parole interrotte dallemozione. Pierino e gli astanti tratte
nevano a stento le lacrime.
Quanto devi aver sofferto, la mia piccina, dentro quelle se
grete. Non ricordiamolo. Mi pare di rinascere, guardandoti. Dio
mio, ti ringrazio. Sento che morr pi felice. inutile illudersi:

Ledizione a stampa di Quiteria

309

le mie ore sono contate. Posso appena parlare. Lascia che ti baci
di nuovo, figliuola. Poi volse attorno lo sguardo sorridente.
Bravi, fratelli, avete fatto veramente unopera buona e difficile.
Questo mi fa bene... Avvicinati anche tu, Pierino, figlio mio e
Montagnano un le mani di Pierino e di Quiteria. Ora io vi
faccio da padre disse con voce solenne. Amatevi sempre e
siate felici.
Fra Carmine li benedisse.
Pierino baci Quiteria singhiozzando.
Quiteria sent dimprovviso un forte dolore e mand un grido
angoscioso. Pierino sorresse nello spasimo la sua amata Quite
ria. Non spaventatevi esclam la giovinetta vorrei dellac
qua. Ma fresca molto.
Acqua, ma pi vino, e un po di dolci agli sposi disse la
buona moglie di Zio Zuniari, avvicinando una sedia perch
Quiteria vi si adagiasse.
Alla poveretta, cessato il dolore, pareva quasi di rinascere.
Davvero quello era stato un brutto momento.
Io questi mali li conosco esclam Zia Maria, con gli oc
chietti neri e furbi fissando gli astanti. Quando si ha un bel bam
bino, questi dolori scompaiono subito. Son piccoli scherzi del
sangue. E dimmi, gioia mia, dimandava interessandosi con la
sua ingenuit di buona madre dimmi, ti senti come un nodo
alla gola ed un leggiero battito al cuore?
S rispose Quiteria.
Eh! ci siamo, figliuola mia esclam Zia Maria soffregan
dosi le mani e battendo allegramente i piedi per terra. Io non
sono medico, ma di certe cose me ne intendo. Questo male
il nodo isterico, come diciamo noi povere donne. Ci vuole un
bambino, ci vuole un bel figliuoletto per guarire tutto. Le pa
role della buona donna posero un po dallegria nella oscura
grotta. Anche il viso di Nicol Montagnano parve rasserenarsi,
e un po di quellantico buon umore gli sfior lanima addolo
rata.
Aspettate! Aspettate! che ritorno subito disse Zia Maria.
Zio Zuniari le tenne dietro e dopo non molto comparvero con
lorciuolo del vin fresco ed un vassoio di rame colmo di man
dorle tostate e birighitos inzuccherati. Deposero tutto accanto al
letto di Montagnano su duna piccola tavola.
Zia Maria disse delle parole allorecchio di Quiteria, eppoi le

310

POMPEO CALVIA

consegn un mazzolino derba ed uno scapolare della Vergine


del Carmelo. Lerba mettila in infusione le disse eppoi la
notte lasciala fuori del balcone, al fresco, e bevi il sugo la mat
tina. E recita un pater ed un credo. Vedrai che ti sentirai bene
come dincanto in pochi giorni. Quiteria fingeva di sorridere
e diceva di s, quasi sentendo piet di quella povera donna tan
to buona, costretta ad ingannare per non fare conoscere daver
bevuto il veleno della fialetta.
Prima agli sposi disse Zio Zuniari, passando attorno i
dolci ed il vino nei calici ben colmi. Fra Carmine present un
bicchiere a Nicol Montagnano il quale si sollev alquanto sul
capezzale aiutato da Gavino Puliga.
Prima di morire voglio brindare agli sposi disse con debo
le voce Montagnano.
Non parliamo di morire adesso, innanzi a questo vino
esclam il notaio Mossen Vittorio Diana.
La morte nelle mani di Dio disse fra Carmine.
Tutti si raccolsero in religioso silenzio attorno allEroe il qua
le disse soavi parole agli sposi. Ma il tuo viso si fa sempre pi
pallido, figliuola disse Montagnano Tu hai bisogno daria e
di moto e ben vedo che qui soffri.
Avete davvero ragione, Capitano esclam zia Maria.
Non ci tempo da perdere e parl sottovoce col marito. Zio
Zuniari si avvicin a Pierino ed a Quiteria, i quali domandaro
no il permesso di allontanarsi.
Dopo non molto comparvero travestiti da contadini Sassa
resi.
I cavalli son gi pronti, figliuoli esclam Zio Zuniari.
Andremo nella campagna che io ho in affitto. Sette fontane
una bella regione, e vi aria buona e profumata. Appena sar
rimesso dalla ferita della gamba spero di condurci il nostro va
loroso Capitano.
Non sar per ora, fratello! esclam Montagnano. Sento
che le mie ferite si vanno sempre pi incrudelendo. Voglia il
Cielo per che laugurio diventi verit, e possa di nuovo in cam
po aperto sfidare le armi dAragona. No mi dispiace il morire,
mi addolora solo il chiudere gli occhi con la vergogna di veder
la mia patria caduta in mani straniere... Ma basta, io vi rattristo,
e voi avete bisogno di fiori e di sole. Baciatemi, figliuoli, prima
di partire... Siate felici... felici...

Ledizione a stampa di Quiteria

311

Gli sposi si separarono singhiozzando e augurando liete cose


al ferito.
Gavino Puliga, il notaio Mossen Diana, Pedro de Carvia e Zia
Maria rimasero a far compagnia a Montagnano.
Fra Carmine benedisse tutti ed usc precedendo gli sposi e
Zio Zuniari.
Mi farete un favore disse zia Maria rivolto a Gavino Puli
ga. Se andate in Sette fontane da quella cara sposina, portatele
questo involto derbe secche, per il decotto che le ho insegnato.
Come vedete lha dimenticato. Ditele da parte mia che ne ho
guarito moltissime, e grazie, e scusate.
Il notaio Diana che credeva poco a queste medicine sorrise
nel suo viso allegro e malizioso.
Voi non ci credete? domand Zia Maria.
Ma ci credo io rispose Montagnano. La vostra mano
apporta pi bene che non tutti i mille empiastri dei medici. E lo
so per prova. Le mie ferite sanguinavano e voi le avete cicatriz
zate, la mia testa spasimava e voi lavete calmata, il mio cuore
dubitava e voi mi avete insegnato che in mezzo allumile popolo
vivono sempre gli alti ideali ed il sagrificio. Con cento di queste
buone madri mi sentirei di vincere anche un esercito di belve.
Anche tutta Aragona esclam lEroe drizzandosi fieramente
sul letto e sollevando in alto la mano destra ferita avvolta nella
fasciatura97.

97
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 14 puntata, parte
seconda, fine cap. XVI e inizio cap. XVII. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 15 (20
Luglio 1902), pp. 131-132. In calce: (Continua) Livio di Campo.

312

POMPEO CALVIA

Capitolo XVII98
Le campane cominciavano ad annunziare le prime messe, ed
i contadini si avviavano al lavoro. Entriamo nella via di Riz
zeddu disse Zio Zuniari a Pierino seduto sul bianco cavallo. In
groppa teneva Quiteria. La sella era ricoperta di broccato rosso.
Ora siamo al sicuro segu a dire il vecchietto.
Bedda candu tacciari lu manzanu
Li to labbri di rosa e la to manu...
Tutta una nota allegra si sprigion da quel canto che saccor
dava con la freschezza della campagna ed il ciaramello delle
rondini che intessevano nellaria lucidi triangoli. Anche i grilli
canterini mescevano le loro note a quei lieti accordi.
Che bellezza la campagna! esclam Quiteria, respirando a
pieni polmoni quellaria fresca, la quale pareva desse lenimento
al suo male.
Le vigne e gli oliveti che fiancheggiavano la strada erano cinti
di muri ricoperti di margherite gialle e di rosolacci imbevuti di
rugiada e scintillanti al sole. Zio Zuniari seguitava a cantare alle
gramente per distrarre Quiteria che vedeva cos pallida e mesta.
Fermiamoci qui, un poco disse la giovinetta innanzi ad un
cancello aperto. Una leggera auretta faceva tremolare le foglie
degli ulivi. Un volo di farfalle bianche si innalz da un alberello
di ciliegie ancor bianche. Curiosa; io credeva che fossero le
bianche ciliegie a volare disse Pierino.
Nel viale che divideva loliveto comparvero quattro bimbi con
le teste infiorate. Tenevano in mano delle spade di canna e mar
ciavano allineati imitando con la bocca il suono della tromba.
Il maschiotto, il pi grandicello, con un pennacchietto in testa,
dava dei comandi con molto sussiego. I bimbi uscirono dal can
98
In corrispondenza di questo luogo del testo ha inizio la 15 e ultima punta
ta del romanzo di Pompeo Calvia Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti
sardi del sec. XV). Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 16 (1 Agosto 1902), pp. 139140. Nel sommario: L. falchi, La critica in Sardegna.; G. Serra Maninched
da, Sa vida umana (versi dialettali); LAmministratore, Ai lettori; C. Curti,
Iaco, laco, Bacco; G. Sechi, Nuraghe maiori (versi). Notizie; P. Calvia, Quiteria
(racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). fine); In copertina |Baro
re: La copertina (con pupazzetto); C. Toraldo di Tocco, Aenigma.

Ledizione a stampa di Quiteria

313

cello. Al pi piccino cadde la sciabola. Gli altri allora seguiron la


marcia quasi di corsa. Il poveretto, visti i fratellini che sallonta
navano, cominci a piangere cercando di raggiungere i soldati
crudeli ed era cos bello in quelle lacrime.
Fatemelo baciare esclam Quiteria sospirando.
Zio Zuniari chera smontato da cavallo per alleggerire la be
stia, prese il bimbo in braccio.
Quiteria lo colm di carezze e pass la bianca mano sui bion
di e ricciuti capelli. Grosse lacrime le scorrevano dagli occhi.
Pierino e Zio Zuniari tacevano commossi.
Come ti chiami? gli domand Quiteria.
Lel disse il bimbo, mostrando i bianchi dentini.
Dio ti protegga esclam Quiteria, e se lo strinse forte al
seno. I bimbi si erano fermati a guardare.
Disse Zio Zuniari: Allontaniamoci, questa la villa di Don
Diego Casena. Non prudente che noi rimaniamo qui pi a
lungo.
Avete ragione, Zio Zuniari disse Pierino. Pu darsi che
lo scultore Albertuccio Casena sia qui, e mi riconosca; sebbene
io non lo creda troppo mattiniero.
Zio Zuniari, fatemi abbracciare di nuovo quel bimbo
esclam Quiteria. In questi occhi innocenti che brillano come
stelle, parmi vedere riflessa limmagine del mio fratellino.
Viene un uomo e si avvicina a noi, allontaniamoci subito
esclam Zio Zuniari, abbracciando il bambino e deponendolo
al suolo. Gli altri bimbi erano accorsi cantando.
Allontaniamoci ripet Pierino.
Quiteria socchiuse gli occhi, voleva sognare unultima volta.
Cinse con le mani la vita del cavaliere.
La tua mano ora calda come il sole. Ti senti bene? do
mand Pierino.
I bimbi tenevano dietro cantando, poi si fermarono nella
scorciatoia chera quasi una galleria coperta di dense frasche di
rovi spinosi dalle foglioline sanguigne, gialle, verdi, intreccianti
si con altri rami fioriti e profumati. Ai fianchi come tappezzerie
si ergevano sulla roccia fili di capelvenere, di muschio, striscie
di assenzio pallido come argento, e su tutto gli steli sottilissimi
dei papaveri rossi e bianchi, dalle foglie di seta che si piegavano
sulle screpolature dei massi come fiori ammalati. Pierino trat
to tratto sollevava con la mano dei rami pendenti e delle rose

314

POMPEO CALVIA

che pareva si inchinassero a sfiorare i capelli della giovine don


na. Sfogliava i fiori e li gettava sulla testa di Quiteria. Un lungo
ramo di rovo ribelle sera attaccato al vestito di Quiteria e le
punse un pochino le dita. Quiteria mand un piccolo gemito.
Pierino nel vedere del sangue su quella mano gliela afferr ab
bandonando le redini del cavallo. Poi cerc di avvicinare alle
labbra le dita per succhiarne il sangue. Quiteria temendo che il
veleno bevuto nellora tremenda del pericolo, non sinfiltrasse
nel sangue delluomo amato, con atto rapido strapp la mano
che avvolse nel velo bianco.
Perch non hai voluto? domand Pierino. Era tanto bel
lo!... Dammi la mano; perch no? Non mi ami abbastanza, tu?
Oh! se ti amo! rispose Quiteria con gli occhi pieni di
lacrime. Io non ho desiderato che di morire fra le tue brac
cia. Io ti ho sognato sempre fra i dolori e gli spasimi, ed eri
tu che davi allanimo mio tutta la forza per vincere nella lotta
crudele.
Pierino se la serr tutta al petto allora e volle baciarle le lab
bra.
Cado di sella esclam Quiteria mentendo.
Attenzione! esclam Zio Zuniari. vero che cadete sui
fiori, ma ci sono anche le spine.
Alcuni spiragli di luce cominciavano a farsi vedere nellalto,
ed il sole spruzzava attorno dei pulviscoli doro.
Parlami, parlami! disse Pierino. Le tue parole hanno
pi profumi e carezze dei fiori che ne circondano. Quanto ho
sofferto senza di te!... e non mi par vero che abbia potuto vivere.
Ma ora tu sei mia... siamo luna dellaltro. Senti, voglio dirti una
parola allorecchio... Pi vicino... Ah! finalmente tho baciato in
bocca. e rise, rise allegramente.
Quiteria sent il desiderio di baciarlo, ma solo gli strinse for
temente la mano. Perch ci siamo conosciuti? esclam in
segreto quel povero cuore. Oh! perch non posso io esser tua
prima di morire? Infelice Pierino, tu non stringerai fra le tue
braccia che un cadavere. Le lacrime rigavano sempre pi quel
viso. Quiteria cercava di asciugarle e di nasconderle per non im
pressionare Pierino.
Il male riprendeva di nuovo il suo fatale cammino. Uno stra
no veleno era questo. In lunghe pause la vittima dimenticava il
suo tremendo stato. Doveva essere stato certamente un artista

Ledizione a stampa di Quiteria

315

ed un poeta il manipolatore di questo terribile succo estratto


forse dai fiori pi belli e dalla lingua di un serpe.
Che nebbia, stamani! esclam Quiteria.
Dove? domand Pierino.
Dipende dallessere ancora in un punto non molto elevato
disse Zio Zuniari. Per a mano a mano che camminiamo, la
nebbia si dissipa perch ci eleviamo sul colle dove sta la nostra
campagna, che ha aria sanissima ed un vero luogo di delizie.
Vedrete: di Sette Fontane non v luogo pi ameno nelle cam
pagne di Sassari99.
Pierino cercava di consolare Quiteria con la descrizione di
quella villa bellissima che egli aveva gi visto. Quiteria ascoltava
sospirando, e fissava gli occhi nelle immense seminazioni.
Come tetro questo rumore esclam.
Qual rumore?
Il rumore della zappa del contadino che saffonda nella ter
ra. Mi d lidea dun becchino che scavi una fossa. Anche quel
canto cos tetro! e profer questa frase con una voce cos
triste e sconsolata che Pierino ne trem e la guard negli occhi.
Le pupille stanche pareva le si assopissero, incavate in neri cer
chioni spaventevoli. Laffanno le faceva sobbalzare il velo bian
co a sommo del petto e le dita sirrigidivano tingendosi di tinte
azzurrine.
Pierino non cap veramente la profondit del male, ma intu
che un terribile disfacelo avveniva in quel corpo. Col cuore pie
no di angoscia cerc di rallegrare lamor suo, ma quelle parole
forzate uscivangli dal cuore come lacrime represse. Una fontana
gettava lacqua con pause lente nella nera conca scavata nel gra
99
Localit ad ovest di Sassari. Nel quindicesimo numero di LSL, a un certo
punto si legge: Nel prossimo numero finir Quiteria, il romanzo sassarese che
presto uscir in elegantissimo volume edito dal nostro Ubaldo Satta. Le ultime
scene si svolgono in Setti funtani: e Pompeo Calvia, ha scritto, pensando al luo
go dove i suoi personaggi hanno chiuso la azione storica, un sonetto dialettale:
Setti Funtani / Vi so fruttari di zentu saori / E setti grutti pieni deba pura. /
Lu rissignolu accudi a fa lamori / E lu bandiddu accudi a la frischura. / Setti
funtani loggu distrhaura! / Setti funtani loggu di dulori! / No ha giardhinu pi
beddu la natura, / Ma so manci di sangu li fiori. // Setti funtani, loggu galiottu,
/ Sei impicca babbu che Saivadoreddu: / Ca ti cunnosci Pianu di Castheddu /
Candu sunaba da lu campanoni, / E marchesi passabani e baroni / In giru in
giru cu lu pabirottu. / Pompeo Calvia. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 15 (20
Luglio 1902), p. 130.

316

POMPEO CALVIA

nito. Anche nella discesa il bosco di quercie dai rami cascanti gli
uni sugli altri, dava lidea di vecchie donne che si strappassero
i capelli ululando per lungo dolore. Quiteria atterrita ritolse lo
sguardo. Sassari appariva in lontananza circonfuso ancora di
vapori azzurrini. Da dietro gli alberi sintravedeva il Castello.
Un senso di timore, come una minaccia, come un castigo, in
vase la poveretta. Credette in quellistante di non essere pi fra
le braccia del suo sposo, e disper di pi rivederlo. Ma repen
tino fu come il baleno questo pensiero. Un altro pi vero, pi
angoscioso, pi duramente crudele e disperato le strazi lani
mo. Quello di dover morire fra poco senza nessuna speranza di
salvamento, in questo momento. Oh Dio! era troppo crudele
abbandonare cos giovine la vita.
Coraggio! coraggio! esclam Zio Zuniari. Che razza di
giovent questa! E... se la portassi io in groppa la sposina, ve
dreste. Avanti, su, un piccolo trotterello che riscalda e fa bollire
il sangue. Presto siamo arrivati, e quando siamo l siamo davve
ro in casa nostra e nessuno ci verr pi a disturbare. Non fo per
vantarmi, ma quella campagna un vero paradiso. Si vede tutto
Sassari ed i villaggi vicini. Ci sono ciriegie. E che aranci! tutti
doro, e che sapore. Le vigne si stendono tuttintorno e quando
vien lautunno non si sa dove trovar tante botti per raccogliervi
tutto il sugo bianco, e rosso, e nero, che si stilla da quei grappoli
che paion quelli della terra promessa. Lanno passato mentre
infieriva la peste tutti quelli di casa ci siamo salvati qui, e siamo
ritornati in Sassari, in mezzo al dolore, cos grossi e tondi e belli
chera quasi una vera vergogna e pareva che non savesse del
cuore e ci fossimo infischiati del male degli altri. Ma Iddio ha
voluto cos e la colpa non proprio nostra se questaria e questa
buona acqua che scaturisce dalle Sette fontane fa vivere la gente
sana ed allegra...
State allegri figliuoli, non vi mancher proprio nulla. Vi una
camera grande con un letto proprio da sposi. Se ci sar bisogno
porteremo anche la culla. Su, su, allegri, eccoci gi arrivati. E
Zio Zuniari si tolse il berretto e lo lanci in aria e lafferr con la
destra quando riccadde al suolo. Nellingresso della villa erano
piantati dei cipressi da ambo le parti del viale, e sebbene Zio Zu
niari cercasse di tener allegri i due sposi, pure quella tetra nota
impression il cuore di Pierino.
Aiutatemi, voglio scendere da cavallo disse Quiteria con

Ledizione a stampa di Quiteria

317

un sottilissimo filo di voce. Pierino discese dal cavallo e Zio Zu


niari rattenne le briglie. Il povero giovine abbracci la giovinet
ta e nel sollevarla gli pareva di tenere una bambina, tanto era
diventata leggera.
Pierino trasport Quiteria attraverso un boschetto di ulivi,
per poter raggiungere pi presto il viale centrale. I capelli di
Quiteria si erano in parte aggrovigliati al collo dellinnamorato.
Due grandi alberi secolari di ulivo serano anchessi intrecciati
coi rami simili a due corpi che un giorno avessero vissuto e che
ora seguitassero ad amarsi. Pierino depose Quiteria sotto questi
alberi.
Non qui disse Quiteria.
Zio Zuniari tenendo i cavalli per le briglie cercava di guada
gnare in fretta la salita per dare gli ordini opportuni e ricevere
degnamente i due sposi. Pierino sollev di nuovo tra le braccia
il suo angelo. Quel viso era pi pallido di certe bianche rose che
le sfioravano il viso. Linfelice giovine ora camminava quasi in
consciamente attraverso gli alberi. Tratto tratto dovea fermarsi
arrestato dalle alte foglie, dalle erbe cresciute grasse nel silenzio
del bosco.
Un ciliegio, dietro un grosso albero, nel passare, pos come
fila di coralli i rossi frutti sul volto di Quiteria. Quel contra
sto di colori spavent Pierino, inquantoch per la morte egli
non avrebbe saputo trovare tinta pi pallida. Uscito dal bosco
si trov innanzi ad un piccolo piano fiancheggiato da roccie
altissime. Si ferm in un angolo accanto ad una porta. Vicino
era scavato nella roccia un sedile circolare. Qui Pierino adagi
Quiteria.
Acqua disse Quiteria.
Pierino corse in fretta ad una delle vasche che gli stavano
innanzi lungo il viale cinto di cipressi e di fragole. Affond le
mani dentro quelle acque fresche che si mossero come drappi
di seta verde. Una scodella di terra rossa, coperta di foglie, stava
per terra. Pierino la ripul e la port colma dacqua a Quiteria
che pareva dormire come una statua nellingresso di una tomba.
Leggermente cadevano fiori sulla sua veste, sul suo viso. Pierino
le bagn la bianca fronte, le carezz i capelli ed avvicin la sco
della a quelle labbra.
Grazie disse Quiteria.
Pierino volle baciarla in bocca.

318

POMPEO CALVIA

No...
Perch?...
No...
Ma io ti amo!
Un rivo di lacrime bagn gli occhi di Quiteria, sempre pi af
fondantisi nei neri cerchioni. Delle colombe selvatiche volarono
dallalto della roccia. Molti fiori caddero per quello sbattere delle
bianche ali. Pierino vedeva sfogliarsi cos come i fiori tutta quella
esistenza, senza sapersi suggerire un rimedio anche il pi sem
plice per arrestare il male ignoto che gli uccideva la sua cara. Nel
suo cuore di credente faceva voti, chiamava in aiuto il Cielo, ma
nessun spiraglio si apriva e Quiteria gli moriva fra gli spasimi pi
atroci. Avrebbe voluto chiamare, cercare unanima sola che lo
confortasse, lo consigliasse. Zio Zuniari era sparito tra le piante.
Pierino spruzz altra acqua su quella fronte, su quelle mani quasi
fredde, le quali parevano non accorgersi pi della vita.
Pierino ebbe paura...
Quel viso che aveva tanto amato, nel vederlo ora cos disfatto,
quasi lo terrorizzava. Gli occhi fissi, immoti, vitrei, parevano gli
occhi di uno spettro. Delle parole indecifrabili uscivano ad in
tervalli da quelle labbra. Strane contrazioni le agitavano le mani
e le braccia aperte.
Stringimi, stringimi, sono tuo, per sempre tuo! grid Pie
rino. Quiteria apr le labbra e Pierino vimpresse un lungo ba
cio, un forte bacio. Poi se la strinse tutta al cuore, ed inconscia
mente la trasport in alto, cercando di avvicinarsi alla luce del
sole. Arriv sul colle dovera la casa. Accanto le si appoggiava la
chiesetta ed il giardinetto.
Zio Zuniari mosse correndo incontro a questi infelici. Il let
to pronto disse.
morta, morta esclam Pierino. Morta. E ladagi
sopra un letto di rose e di foglie e la ricopr di fiori.
Stette accanto a vegliarla insino allalba dellindomani e non
valsero le preghiere di Zio Zuniari e del fratello ad allontanarlo
da quel corpo adorato.
Linfelice giovine voleva morirle accanto. La morte solo era il
sollievo di tutti i mali e la vera purificatrice.
Andiamo, gi il secondo giorno che tu vegli, ed il cadavere
deve aver sepoltura.

Ledizione a stampa di Quiteria

319

Chi sei tu? dimand Pierino con gli occhi quasi vitrei im
mersi nel vuoto.
Gavino Puliga, io sono, il tuo amico, il tuo fratello.
Che vuoi?
Io voglio che tu ritorni alla vita, allarte, alla gloria.
Tutto spento.
Ma vi una madre infelice che ti chiama.
Mia madre morta!
No, tua madre vive. Ha le mani ricinte di catene e tu devi
aiutarla a strapparsi quei ceppi. Ha la testa ricinta di spine, e tu
devi toglierle questa corona di dolore. Non pu sollevarsi e tu
devi darle il tuo braccio. Non ha un ferro per difendersi e tu devi
porle nella destra una lama.
Io sono inerme; qual ferro posso dare alla mia patria? di
mand Pierino.
Rispose Gavino Puliga: Eccoti il pugnale che Quiteria ha
dimenticato sul letto di Nicol Montagnano. S, il pugnale di
Leonardo Alagon, io lo conosco. Sai tu vibrarlo? Sai tu vendi
care questa vergine che non chiede fiori ma sangue nel nome
della giustizia? Ritorna in te stesso, o uomo, e lascia i morti al
silenzio, come i fiori appassiti alla terra. Su, destati, io ho da
vendicare mio fratello reo di aver troppo amato la patria. Tu
dovrai vendicare questa fanciulla assassinata. Vieni, noi la sep
pelliremo tra le rose. Non mi rispondi? Che hai tu? Amici, sor
reggetelo. Pierino! rispondi!...
Gavino Puliga col pugnale di Leonardo Alagon, che era riap
parso nelle tenebre del carcere agli occhi di Quiteria, innanzi
allaltare Maggiore di San Nicola pugnalava, dopo poco tempo,
Don Angelo Marongio.

Appendice

[Ampie parti di testo del manoscritto


cassate dallautore]

Appendice

323

I Dalla carta numerata 15 alla carta numerata 16:

[Un pochino di Storia]


[] un immane mostro dagli orrori delle mille leggende
spaventose narrate al popolo.
Rinchiusa questa nera porta comincia la mia novella;
qui hanno principio gli amori e gli spasimi della giovine
Quiteria.
Ho scritto tutte queste pagine nella casa di Rosa Gambel
la e di Don Angelo Marongio, abitata dalla mia famiglia per
molti anni.
Frammenti di cornici, di Archetti, di porticales, di fi
nestre bifore esistono ancora vicino a questa casa, sita nel
Corso V. Emanuele ed unita a quella degli eredi Defraia.
Sono questi frammenti, dopo la vandalica demolizione
del Castello Sassarese, i soli segni atti ad attestare un dolo
roso ma pur grande passato vissuto dalla Citt di Sassari,
e che io in questo modestissimo racconto debolmente ho
cercato di rievocare.
In questo libro in certi punti io mi sono un po dilunga
to nel descrivere questi frammenti decorativi, per vi fui
tratto dallaver dovuto far vivere come protagonista del rac
conto un giovane pittore Sassarese, lautore del quadro dei
tre martiri Turritani, dove in un lato sta effigiato linfelice
Don Leonardo Alagon, il quale oltre questo quadro don
alla Vergine di S. Maria di Betlemme un ricco medaglione
con catena, che la Vergine de lAssunta ancora conserva sul
petto.
Il quadro sito attualmente nella Sagrestia della Chiesa
di S. Maria.
Lo stemma posto nella parte inferiore e centrale del qua
dro quasi totalmente raschiato.
8-9. gli...Quiteria] gli spasimi della giovine Quiteria11-12. abitata
anni] ||abitata dalla mia famiglia per molti anni||15. ed unitaDefraia] ||ed unita a quella degli eredi Defraia||19-20. e che iorievocare]
||e che io in questo modestissimo racconto debolmente ho cercato di rie
vocare||22. questi] questi ( queste)decorativi] |decorativi| (dAr
chitettura)

10

15

20

25

30

324

QUITERIA

Sar questa raschiatura opera del caso, oppur oltraggio


compiuto da odio di parte?
Ma che importa investigare? Il tuo stemma vivr, O Leo
nardo Alagon, eternamente fulgido nella Storia come il sole
5 che vi posto raggiante.
Grande il tuo nome, o Eroe, martire dun Santo ideale:
La patria libert e grandezza.
Pompeo Calvia

Sassari Novembre 1897

2. compiuto] compiuto ( di)3. Ma che importa investigare?] Ma che


importa ! /investigare?/5. vi posto raggiante] vi e posto raggiante
(lo divide superiormente)

Appendice

325

[CAPITOLO I]
I Dalla carta numerata 7 alla carta numerata 8:

[] fece improvvisamente sussultare il cuore della giovinetta, la quale voluttuosamente assorb i sottilissimi profumi.
Parve in un attimo ridestarsi alla vita quasi dimentica di
tanta sventura.
I capelli parevano germogliare in quello spasimo esube
rante di vitalit, e si muovevano come un vasto campo di
messi.
Nero stormo di rondini passavano a volo, e parevano dir
le col canto: //
Perch sei qui, bellissima? Quale sar il tuo destino?
Tu somigli ad una regina! vestita di broccatello intessuto
di fili doro e dargento.
Perle bianche ornano il tuo collo, ma le perle non offu
scano lo splendore dei tuoi occhi. Tu sei tutta bella, tutta
bella tu seiperch il tuo labbro pi vivo delle fragole,
forte e severa hai la fronte come canto di guerra, e scintilla
pi delle stelle locchio nero, sotto larco delle ciglia.
Sei bella, sei bella, e devi essere figlia di re.
La baciamo?
Ed una rondine azzard di entrare: poi tutte scomparve
ro, ed il silenzio si fece intorno tristissimo e lugubre.
Ma ben presto si scosse, al suono dei lenti rintocchi della
campana del bargello. []

8-9. alla vita...sventura] ||alla vita quasi dimentica della di tanta sventu
ra|| (tutta quella anima e il (e quel) profumo dellaria parve respirasse
anche la enorme massa corvina dei capelli. Quiteria tutta la sciolse e vaf
fond le mani.)16. regina] regina |!|19. lo splendore dei tuoi occhi.]
il tuo collo b/lo splendore dei/ ||ci tuoi occhi.||25. Ed una] |Ed| Una

10

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20

25

326

QUITERIA

[CAPITOLO III]
I Dalla carta numerata 20 alla carta numerata 23:
5

10

15

20

25

30

35

[] orecchini filogranati davano a Pierino lidea di molti


fiori imperlati dalla rugiada. mossi leggermente dai palpiti
tra il fluttuar delle danze.
Pierino dimentic per un momento tutto quellavvili
mento di popolo. I colori nelle gamme pi svariate aveano
preso il sopravvento su i suoi pensieri, e come le danze del
duru duru gli colorivano improvvisamente di liete imma
gini il cervello.
Egli sentiva nel cuore la chiara divinazione dei toni e del
le linee, sdegnoso di tutta quella falsa maniera la quale ora
veniva rigettata dagli artefici sommi che rinascevan nelle
botteghe di Fiorenza e di Pisa, e dai quali Pierino avea ap
preso // la bella Arte, quasi chiamato per far rivivere di im
magini belle e vitali le chiese ed i palazzi dei grandi.
Se un disfacelo avveniva nelle coscienze e nel fiero carat
tere, per equilibrio larte dovea raggiungere altezza somma
dideali.
Oggi di questo artefice non resta che un quadro abban
donato nella Sagrestia di Santa Maria di Bettelemme, e rap
presentante i tre Santi Martiri Gavino Proto e Gianua
rio.
In prima linea, alla destra del quadro, spicca la maschia
figura di Don Leonardo Alagon. Veste il giustacuore di vel
luto nero, ed il collo tiene avvolto nel bianco e grandioso
colletto accartocciato.
Il fiero Marchese solleva gli occhi a quei tre martiri, e pre
ga per la libert delle Sarde genti // tenendo in una mano
un libriccino di preghiere dalla coperta rossa, vivo colore di
martirio. Lungo taglio sfregia ora il volto del Marchese, ed
anche lo stemma dArborea, dipinto nel centro, ai piedi del
quadro, raschiato.
14. tutta] /tutta/14-15. la quale...rigettata] la quale ora (che ora pare
va) volersi ||veniva|| rigettata ( rigettare)22. questo artefice] |questo
artefice| (tanto sommo)31. genti...mano] genti, ( genti.) // ||tenen
do|| In una mano tiene

Appendice

327

La destra del Marchese posa sul cuore, quasi divinando


nellanima i dolori grandissimi ai quali andrebbe incontro,
e la lunga prigionia e la morte nel duro carcere di Sciativa.
Ma rimarr eterna nei cuori delle genti oneste la tua vir
t, ed il tuo martirio, pari a quello dei tre Santi che per un 5
alto ideale sagrificarono la vita.

Il duru-duru seguiva pi vorticosamente i suoi giri, e la 10


segreta forza di quei ritmi avea // di pi stretto le mani dei
danzatori aumentando i cerchi dei ballerini. Pierino paragonava quella danza ad un gran mazzo di fiori svariatissimi,
agitata dal vento. []
II Dalla carta numerata 52 alla carta numerata 62:

15

[] Glinnamorati aveano sospirato guardandosi, ed i sospiri passando attraverso quelle armature pareano carezze e
fiori portati dal vento fra i colonnati degli antichi templi. // 20
CAPITOLO 4
Lungamente assorto in queste visioni e rimembranze
damore, Pierino non si era accorto della presenza di 25
Fra Carmine, il quale fermo nella porta lo guardava.
Linnamorato ricopriva ripetutamente di baci il me
daglione con la cara immagine di Quiteria.
Ave Maria disse fra Carmine.
Pierino si riscosse e pronunzi a fior di labbra Gratia 30
plena.
Il frate fece alcuni passi e guard il quadro.
Badate, disse, che limmagine deve essere ultimata per
il giorno di S. Giovanni Battista e ci avviciniamo. Rinchiuso

12. aumentando] aumentandone24. Lungamente assorto] 2Assorto


1
Lungamente34. S. Giovanni] S. Giovanni ( A)

328

10

15

20

25

30

QUITERIA

in questa cella nessuno potr disturbarvi: \\ lontano da ogni


cura. Serenamente voi potete lavorare.
Serenamente, avete detto, o fratello. Potessi farlo. V
una spina dentro il mio cuore che tutte mi toglie le energie.
Pensate a Dio, egli sommo e pu tutto.
Molto ci ho pensato, ma sanguina sempre lanimo mio.
E ci perch stanchi il tuo animo in cure soperchie.
Tacqueta. Egli vede tutto, Egli tutto permise. Chi pi sa
soffrire pi avr dritto al godimento nel Cielo, dove non ci
sar nessuno che ti contrasti la luce.
Fratello, aiutatemi, esclam Pierino, fissando i grandi
occhi neri ancor pieni di visioni negli occhi calmi del frate,
il quale lo prese per mano, quasi per destarlo da quellim
maginare, che avea lasciato su tutto il viso i segni manifesti
dellinterna sofferenza. \\
Il cuore esclam Pierino stringendo forte la mano
di fra Carmine e seguendolo fuori della cella il cuore par
che mi debba uscire di posto, e prevedo gi atroci ed ignoti
dolori i quali non potr evitare.
Parmi di sentire molte mani afferrarmi, ed io le fuggo
spaventato.
Ma come sono arrivato qui nel cortile di S. Maria? Mi
parea di essere ancora nella mia cella.
Lascia questo vano fantasticare che ti stanca e ti disqui
libra il cervello soggiunse fra Carmine. Troppo lontano
ti trasferisci nel regno dei sogni, mentre i deboli piedi sono
costretti a rimanere fermi sulla povera debole crosta della
terra.
Quel regno non fantastico fratello. Io ci vivo. Quel
regno lamore!
Tu devi vincere ogni umana tentazione. \\
Ma io sento che quel puro amore tutto per me.
Tutto no disse il frate. Ci lamor di Dio che vive
oltre la vanit ed i marmi sui sepolcri. Guarda.

7. E ci perch] |E ci| Perch22. Ma] Ma (Ah)25. soggiunse...


Troppo] soggiunse fra Carmine (e). Troppo ( troppo)26. trasferisci] /trasferisci/ porta30. lamore!] lamore! fra Carmine.34. la
vanit ed i marmi] ||la vanit ed i marmi|| (le vane ricordanze)

Appendice

Fra Carmine segn col dito le nere sepolture e le lapidi


rigonfie di laudi, allineate lungo le pareti dei loggiati del
convento.
Anche le tombe delle diverse arti, si allineavano innanzi a
quelle dei gentiluomini e dei cavalieri.
Io capisco dove tu vai esclam Pierino ma lamore
anchesso il Paradiso, fine al quale tendiamo purificati dalla
morte.
Il frate si percosse la fronte quasi per trarne unidea santa
ma originale, e non trovandola credette meglio tacere mo
destamente.
Soldati Aragonesi e donne con le brocche sulle bianche
tiarzole venivano alla fonte chera posta \\ nel mezzo del
cortile.
Lacqua che dalla colonnina di bronzo si riversava nella
conca pareva cantare nelluscire, e metteva una nota dallal
legria nel core e nella voce di tutta quella ragazzaglia esube
rante dappetiti.
Dal di fuori giungevano i gridi dei venditori di torrone e
di vini, e di acque dolci ed odorose come la mistella.
Entriamo disse Fra Carmine, ed aperse la porticina
che comunicava con la sagrestia, nel fondo della quale un
vecchio frate rimetteva nei cassettoni gli abiti sacri.
Il buon frate li ripiegava e li baciava su tutti i lembi.
Fra Carmine sinchin innanzi ad un Crocifisso, ed entr
in chiesa.
Pierino lo segu.
Entro la chiesa, perch le \\ finestre sulle capellette eran
chiuse, si sentiva ancora quellodore caldo di alito e di car
ne, misto ai profumi delle rose e dei fiori posti in grandi
mazzi tra le candele di cera.
Un fumo leggermente azzurrino pareva avvolgere tutte
le capelle.
Le colonnine gotiche degli altari davano a Pierino lidea
di grandi mazzi di ceri che si elevassero per accendersi me
ravigliosamente fulgidi nellalto, come simbolo delle stelle.

4. arti] arti (maestranze)16. una nota] una nota (un entusia


smo)17. nella voce] nella ( nelle) /voce/ mani

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QUITERIA

Se le stelle sono tante anime erranti egli pensava


che ci seguono, e ciascuno nel mondo ha la sua luce che
lo segue, anche io trover in alto la vivida fiamma che mi
toglier da questo intricato labirinto.
E segu ad elevarsi, in quel mistico ambiente, e cerc di
dimenticare tutte le menzogne \\ umane, le perfidie, i tradi
menti, le ambizioni. E queste sovra tutto, alle quali come a
pece liquefata si appicicavano tutte le piaghe umane Fra
Benedetto sera inginocchiato innanzi alla cappella di San
Gavino.
Il quadro dei tre martiri, dipinto da Pierino in Oristano,
era ora ricoperto da un velo nero per mascherarne gli sfregi.
Una lampada illuminava sinistramente i quadretti mal
dipinti, appesi, per compiere un voto, alle pareti della cap
pella.
Mani di cera e di legno orrendamente scolpite e colorite
pendevano dai legaccioli alla rinfusa tra le treccie lunghe e
polverose, le barchette, le mammelle ferite, i piedi, le dita
cancrenose, i mozziconi \\ di lancie, gli archibugi, le freccie,
e qualche spada dallelsa irruginita.
Un elmo con la celata sconquassata da un colpo di picca,
avea questa targhetta con la scritta: Giuanni Piras per gratia
de Deus scampatu da la battalia fatta da Don Angilo Ma
rongio incontru a Don Lionardus Alagon traditore Vuctus facto Sia benedictu Gsus
Pierino prov un senso di ribrezzo per tutto questo, per
questarte stuonata e sudicia che come una palata dim
mondezza gli si scaraventava violentemente in faccia.
Lingenuit della fede veniva raccolta l senza pudore al
cuno, senza dignit, quasi come tante vergini nude e soffe
renti lasciate sanguinare al sole sulla pubblica via, \\ senza
che un pietoso passante le ricoprisse.
Allinfelice Pierino tutto pareva falso, viscido, calcolato,
in quelle frodi fatte a tante povere anime che aveano porta
to quasi ad una bottega di cerusico i brani del sentimento, le

2. ciascuno...luce] ciascuno ha nel mondo /ha/ la sua luce (stel


la)3-4. vivida...labirinto] /vivida fiamma/ mia stella che mi segue,
e mi toglier da questo intricato labirinto dellanima.

Appendice

pi nascoste e gelose parti del cuore, perch servissero non


a Dio ma a Mammone.
Il poveretto scosse la testa per discacciare queste sacri
leghe id, ma tutte quelle sventure appese cominciarono a
turbinargli nel cervello con violenza, in strane spirali, e le
mani imploravano come cadaveri abbandonati, la pace del
sepolcro.
E gli pareva di sentir nellaria sollevarsi i vapori della de
composizione, e pruriti provava e pizzichi per le membra
tutte. \\ Si guard le dita in sulle sommit per accertarsi del
la realt del fenomeno.
Ma quel viscidume seguiva seguiva, sempre pi incalzan
te con una ridda frenetica e dolorosa nel mezzo del cervello.
Pierino pi volte pass la destra sulle tempia, e compres
se forte la fronte
A poco a poco con lenti lamenti passionali quelle ferite
tacquero la mostruosa ascensione, discacciati con tragica
energia da quella giovine volont.
Unultima ferita rimaneva ancora nel fondo del cuore:
egli intu che a lungo sarebbe rimasta, e forse per tutta la
dolorosa vita.
Ma n verdi n corrotti erano i bordi di quel taglio che
spesso pareva cicatrizzarsi e dopo poco si apriva pi \\ cru
damente e versava fiori e sangue.
Era per questo che continuamente nei momenti di ango
scia rievocava un nome bellissimo, Quiteria, per far s che
la ferita sanguinasse beatificandone lanima in quel dolore
che discoprivagli orizzonti azzurrissimi, dove spuntavan
le perle, dove i fiori parevano sollevarsi leggermente come
penne cadute da cherubini, e laria, i venti freschissimi, le
fontane solcate di fini gigli, cantavano dolcemente in quel
dolore il nome di Quiteria, ed un altro nome che non pote
va da lei disgiungersi mai, la Patria
Nomi sacri come Dio, perch satelliti di Dio come le mil
le luci attorno al sole

2. ma a] ma di reclame a20. per] /per/23. pareva cicatrizzarsi] pa


reva di cicatrizzarsi28. spuntavan] spuntavan (fiorivan)

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QUITERIA

Capitolo V
Signor mio Ges esclam ultimando la preghiera fra
Carmine inginocchiato ai piedi della madonna nellinter5 no della Chiesa di S. Maria. Signor mio Ges, tu hai posto
ora nelle mie mani la tua croce, perch anche io portandola
con pazienza in tutte le avversit, tragga dai dolori raccolti
entro di me, tutte le parole giuste ed atte a lenire gli altrui
dolori []

Appendice

333

[CAPITOLO V]
I Dalla carta numerata 75 alla carta numerata 78:

[] In queste nuove sensazioni di colore e di affetti, Pierino trov la dimenticanza momentanea dei suoi dolori. ed il
sangue giovine gli si purific, come laria nei mesi afosi di
Estate ritorna a farsi azzurrissima e trasparente dopo una
folata di vento fresco.
Gli accordi di luce e dombra erano per lui come una se
conda vita, alla quale confidava tutto se stesso per ritem
prarsi ad altre lotte che non erano quelle dellArte. E que
ste due vite si equilibravano, sebbene gli occhi profani le
distrazioni piene dincantesimo dincantamento nelle quali
ricadeva, sembrassero sintomi duna pazzia incipiente.
Ma cos non era, perch il pensiero con originalit e gra
zia rispondeva, dopo queste prostrazioni, alle dimande pi
perfette dellArte, alle battaglie pi accanite degli uomini.
Ed uomini e cose sapea vincere, sebbene oscuro e poco lo
dato fosse nella sua patria. \\
Pierino, scuotiti gli disse fra Carmine, e gli ripose nel
la guaina di velluto il pugnaletto.
Io credo disse Pierino, scuotendosi
Tu credi! Rispose fra Carmine.
S, io credo che mescolando del bitume giudaico con
dellocria gialla e della terra rossa, forse si otterranno quei
toni, davvero cose divine.
Fratello!
Si voglio provare, e ad olio sulla tela come il ritratto di
Quiteria. Non a tempera, perch questa rimane sempre pi
fredda e prosciuga facilmente, senza dar tempo al colore
dimpastarsi.
Con lolio solo si ottiene la grande espressione del co
lore, e le nature nervose dopo la lotta a scatti per la ricerca
delle tonalit, hanno ancora tempo lindomani di rifare e
ripulire lo stentato, lincerto, dandogli freschezza \\ molta
e scintillio. Oh! la freschezza delle tinte! sono la prima
vittoria per la conquista del vero poeticamente espresso.

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QUITERIA

Non vero, fratello!


Io non so.
Oh! la linea ed il colore di quel mendico mi hanno in
cantato. Io ritorno in chiesa, per rivedere quel poema cupo
di colore.
Forse locria di Franza mi pare pi adatta ad intonare quel
lo sfondo che non locria nostra isolana.
E Pierino si avvi in fretta verso la porta della sacrestia.
troppo artista, ed il cuor gli trabocca Esclam fra
Carmine, fermo nel cortile, dove la fontanella emetteva
lacqua sempre con egual ritmo, simile allalto concetto di
Dio espresso dal padre Diana, il quale disse che lacqua vie
ne emessa dalla fonte sempre // egualmente senza n scatti
n sovrabbondanze n irrequitezze, e questo perch gli uo
mini la paragonino alla calma divina, la quale tutto guida
con equilibrio costante.
Molte altre cose pens fra Carmine aspettando lamico, il
quale rassomigliava in questo momento di lotta ad una vela
in mezzo allimperversare della tempesta.
Egli solo, con laiuto del Cielo dovea trarre in porto quella
vela, dovesse anche lasciare la sua vita tra i flutti.
Vivere per gli altri, percorrere il proprio cammino spar
gendo consolazioni e dissettando come lacqua di questa
fonte, pareva seguisse a ripetergli lacqua cristallina emessa
con egual ritmo dalle tre bocche di leone sovrastanti allagi
le colonnina di bronzo. Ed allegria, continua allegria, pare
vano invece ripetere le grida dei torronai e dei venditori di
vino. Era cos breve la vita e meschina? Perch arrabatarsi
inutilmente, e non pensare a divertirsi solo! Solo? Nel godi
mento della vita. //
Capitolo VI
Fra Carmine e Pierino rientrarono nella cella convertita

35 momentaneamente dallartista in istudio di pittura, per le

molte commissioni che i frati aveano dato a Pierino. []

Appendice

335

[CAPITOLO VI]
I Dalla carta numerata 85 alla carta numerata 89:

[] Io sono il Macellaio dei miei fratelli, io sono il boia


Sassarese impicca babbo.
Non vedete come le mie mani tremano, come gli occhi
par che mi escano fuori dellorbita, ed i denti si dibattono.
Padre, padre, voi solo potete ora calmarmi. Cantatemi un
inno, accompagnato dalle celesti note dellorgano.
Io so che la musica farmaco pel mio martirio. //
Cos vestito da straccione, le cento volte, mescolato alla
folla, son venuto a sentirvi dai piedi della forca.
Voi mi ridonate la pace con la vostra voce dAngiolo. O
padre! cantate. Nessuno pi ci ascolta. Io chiuder la porta,
e vi star a sentire vicino. Io far un regalo alla Madonna
delle Grazie che varr pi di qualunque collana di perle o di
un altare di marmo.
Se il momento lo vuole far sagrificio della mia vita per la
libert della patria, io lultimo dei Sassaresi, Gabinu Sura il
boia, figlio di boia.
Altro non chiedi, fratello, disse fra Carmine, e si al
lontan per chiudere la pesante porta della Chiesa, la quale
cigol sui cardini, ed emise delle note che parevano soffi
uscenti da un organo primitivo, e conservate l da secoli per
una grande occasione.
Le navate ripeterono quelle note // e gli archetti ed i fasci
delle colonne nella semioscurit delle lampade, parevano
delle grandi ali dangioli.
Il buon fratello cant:
Io ti dir le laudi di Maria Regina delle Grazie. Tu con
Lei salirai nei Cieli, dove, qual sposo novello, avrai divine
accoglienze, e in tanta festa tu sarai celebrato come purissi
ma forma di piet.
Non accorarti, o uomo, se le umane debolezze ti segnano
a vita e caldaie di pece bollente i riversano dove tu passi,
9. calmarmi] ||portar consolazione alla ( al) mia ( mio) anima (cuo
re)|| calmarmi25. primitivo] primitivo di profeti29. dangioli]
dangioli sognanti

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QUITERIA

perch vi perisca Tu uscirai incolume, imperocch il tuo


gran dolore ti salva.
Tu vieni accusato di malvagit, tu sei da tutti fuggito fra
le grida di terrore e gli spasimi.
Ma tu come un innocente fanciullo sei irresponsabile del
la spada arrotata che la nequizia degli uomini pone nelle tue
mani. Tu non sei lanima ma la materia. //
O Maria, piena di Grazie, madre di purit, accogli nel tuo
divino regno, accanto al tuo trono ricinto di stelle, il mise
ro, linfelice, che ti dimanda perdono e grazia eterna.
Cos cant il buon fratello, intenerendo col suo canto ar
monioso. Il boia congiunse le mani:
Signore! disse, lora del raccoglimento suonata, io
gi vedo ci che tu mi chiedi, e vuoi che io faccia, perch
possa sperare grazia da te.
Vedo delle tremule mani alzarsi supplichevoli, perch
schiuda come un angiolo le porte serrate a doppio catenac
cio.
O Maria! io non ho fatto questo perch dubitando, ho
temuto che i miei poveri figli senza di me morissero di fame
e di miseria.
Io ho temuto che la mia vecchia madre distendesse la
mano, e fosse derisa, che la mia donna distendesse la mano
e fosse derisa, che la mia // sposa disperata rubasse per i
miei figli affamati.
Oh Ges Santo, o Madre Divina di Grazie, perdonatemi.
Lorgano ruppe quasi in un ultimo schianto di dolore, ed
il fraticello chiuse le imposte dorate, dove Pierino avea di
pinto tra i simboli Maria Santissima di Bettelem
Disse il boia: Grazie, o fratello, tu mi hai condotto nel
regno divino fra nimbi di stelle e di fiori.
Sento ora una calma celeste, dopo tante ore di spasimo.
Parmi di essere uscito da una profonda e terribile oscuri
t, e riveda come in un sogno la luce pi bella e pi fulgida.
Dio che vuole cos rispose il fraticello.
Serbate questa gentilezza dideali nel vostro animo, an
che fra le pi brutali operazioni. Educate cos i vostri figli.

10. dimandano] dimandano

Appendice

Disse fra Carmine:


Pu darsi che Iddio operi per le vostre mani, e vi affidi le
pi difficili prove. []

337

338

QUITERIA

[CAPITOLO VII]
I Carta numerata 100:
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[] Ed altre simili scempiaggini che il cervello di Albertuccio Cesena credeva di far credere ai passanti. //
Forse qualche volta riusciva nellintento e specialmen
te quando rifletteva n si lasciava andare nel chiaccherio,
eccitato da qualche bicchierino dorato di rosolio alquanto
alcolico.
Albertuccio Casena perdeva molte ore allo specchio per
studiare lespressione dei Santi per le sculture. Siccome per
i Santi che egli ritraeva o meglio, per essere pi propri, fa
cea ritrarre dai suoi allievi pagati miseramente a giornata
i Santi ripeto non erano Santi moderni, cos non da cre
dere che laggiustarsi il pizzo, arriciarsi i capelli, collocare
con garbo il cappello piumato e la mantellina, far penzolare
al fianco con spavalderia la spada ed il pugnaletto, tener la
borsetta ed il guanto stretti in una mano, infilzare il gam
bo dun fiore nellochiello, fossero studi preparatori per le
mistiche rappresentazioni degli anacoreti // avvolti di pelli
caprine e di stracci sudic.
Albertuccio ora savea ficcato in testa la mala idea di far la
corte a Donna Rosa Gambella, la bellissima moglie del severo capitano Don Angelo Marongio. []

7. nellintento] /nellintento/8. rifletteva n] rifletteva alquanto


n16. arriciarsi] |arriciarsi| (aggiustarsi)

Appendice

339

[CAPITOLO XIII]
I Dalla carta numerata 242 alla carta numerata 246:

[] Con le unghie distese come una tigre, drizz la testa


in posizione di sfida,
I visi animati pareano staccarsi dalle cornici e parlare nel
sogno.
Bello e fiero fra tutti era un antenato. Laurentius Gambella. Occupava il centro della parete prospiciente, ed era
incorniciato con finezza dintaglio e scintillio di dorature
contornate da sfondi rossi di carminio. Quel viso di guer
riero somigliava moltissimo alla bella dama, sebbene bruno
ne fosse il colore e severo lo sguardo, con le labbra che an
cor pareano comandare e chiedere.
Anche gli altri ritratti tentavano quasi il movimento per
animarsi e mentre prima non udivasi che il respirare af
fannoso di Donna Rosa e lo sfregolo del gatto, ora tutti i
palpiti pi nascosti si sentivano penetrare, ed i moti imper
cettibili, // e sin le fibre del legno parevano fremere.
Ed i rumori non somigliavano a movimenti ma a figure,
ed aveano occhi e narici. Fiutavano. Parea ci fosse del sopra
naturale in quello sdoppiamento delle vibrazioni.
Chi capisce? Che importa! Il gatto in quellistante avea
cos le immagini nel cuore, e se tu non credi, interrogalo.
Vedrai che nessunanima sa sentire meglio le pi lonta
ne variazioni delle stelle ed i moti del cielo e dei fulmini,
e mentre tu credi ancora di godere per pi ore una bella
e serena notte lunare quel corpo ha gi provato tutti gli
sconforti e le malie che san dare i veli sottilissimi delle nubi
quando si baciano e fremono e cozzano deliranti, creando
nel bacio la lucida scintilla vita dellavvenire. //
Cos quellanima avviluppata nella morbidezza della sua
veste vellutata e nelle mosse la pi elegante delle dame, ne

16-17. per animarsi] /per animarsi/26. meglio] meglio (pi elettrizan


te i)33-34. Cos...dame,] Cos quellanima/le/ avviluppato ( avvilup
pata) /nella morbidezza/ della ( di) sua veste vellutata e (nero velluto,)
nelle mosse la pi elegante delle dame,

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QUITERIA

gli scatti e nelle gelosie, nelle perfidie e nei baci la pi vi


cina alla donna. Quando tha dato una carezza e tu credi
daverlo amico, e tu pensi di ricambiarlo con altre carezze,
allora tincide una lunga ferita con le unghie sottilissime
come punte di pugnali avvelenati. Quelle unghie sottilissi
me come pugnali avvelenati, si ritireranno, n lascieranno
traccia di sangue sulle tue nude carni, qualora il tuo cuore
senta come la tigre.
Quando si baciano due rose non rimangono mai goccie
di sangue sulle tenere foglie, e le spine si piegano sul gambo.
Cos sintendono senza dolore due anime. Se tu paventi fra
le rose le spine, o anima, non coglierle; le rose non sono
nate per te. // Cogli i gigli candidissimi, che non hanno mai
spine, fra i lunghi gambi avviluppati di boccioli e foglie. Oh!
i gigli candidi come lanima!
Hai tu provato fra mezzo a tutta quella candidezza a cer
care un riposo allanimo tuo fatto nero?
Hai tu sentito da quella candidezza svilupparsi un alito
pregno di un profumo che ha il colore della morte? No! no!
i profumi dei fiori! O anima addolorata! se cerchi un riposo
al tuo cuore fatto cupo come londa furente nella notte, o
anima! cogli solo una camelia. Non ha spine n profumi,
ma colore solo, senza anima, senza nervi, senza fremiti.
Nata pare fra i ghiacci, e se non ti commuove non ti uc
cide. //
Le rose uccidono e se piangono, perch superbe, piango
no in segreto.
Questi i pensieri degli impercettibili moti dentro quella
stanza, vaganti come spirale di sogni.
Domanda un poeta:
Quando una rosa assopita o dorme, non si volatilizza
qualche parte da questa rosa e si agita nellaria profumata?
Perch non cos da una creatura bellissima che ha il nome,
le sembianze, lalito d una rosa? Non somigliano le labbra
socchiuse ad un bocciolo di rosa? Non son le guancie simili

5. pugnali] pugnali ( fr)9. mai] /mai/10. di sangue] di sangue (in


sanguinate)11. due] due ( le)26. perch superbe,] /perch super
be,/

Appendice

a foglie di rosa gettate sullazzurro e sul verde dun lago?


(tale era il colore del velluto rabescato sopra il quale posava
la donna il bel capo.)

2-3. (tale...capo.)] perch (tale era il colore del velluto rabescato sopra il
quale |posava| (e sedeva) la donna il bel capo.)

341

342

QUITERIA

[CAPITOLO XIV]
I Carta numerata 265:
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A1

Como podes drommire.


Su lettu est de broccadu.
E lhana cambiadu.
Sos Anghelos




A2
Fiza bella adorada
Como podes drommire,
Su lettu est de broccadu
De rosa est su estire
E lata cambiadu
Sangheluddu e Maria
Drommidi fiza mia,
Fiza bella istimada
a ninnia, a ninnia.

Appendice

343

[CAPITOLO XVI]
I Dalla carta numerata 321 alla carta numerata 326:

[] Precedimi figliola, e non parlare disse il boia.


Quiteria ubbid.
Mentre Gabinu Sura seguiva la giovinetta, per salvarsi
dalle grinfe della giustizia che era finissima, e salvare anche
la sua povera famigliuola innocente, pensava a questo siste
ma di difesa.
Io Gabinu Sura dovr salire di nuovo nella stanza del
Conte e ficcargli serenamente nel cuore gi morto ed in
cancrenito il suo pugnale che gli pende al fianco come un
giocattolo. Dio mi perdoner giacch Dio che mi illumina
e vuole questo. Io lascier sempre aperta la porticina segre
ta, della quale il solo Conte possedeva la chiave. Si creder
cos che lassassino gli ha carpito la chiave ed fuggito. // La
difesa ed il piano sin qui non fanno una grinza. Tutta la col
pa allora si riverser su Quiteria, la quale irreperibile. Ed
eccoti Gabinu Sura posto alle strette: ti si domander dov
Quiteria. Tu allora, povero Gabinu Sura, con una faccia
da ingenuo farai vedere agli illustrissimi giudici e cavalieri
la lettera del Conte di Bonafides, firmata, e chiusa con un
suggello, nella quale si dice che si lasci uscire la Carcera
ta per nome Quiteria, e la si accompagni segretamente alla
stanza del Conte. E sin qui, Gabinu Sura, tu sei ancora in
regola. Ma non in regola la tua coscienza. Cervello mio,
suggeriscimi, suggeriscimi. // Ecco unaltra trovata. Quan
do io ogni giorno pulisco la stanza, ritrovo per terra, o fra i
tappeti profumati di quel vizioso, dei guanti, dei pizzi, dei
merletti, ed altri simili oggetti, che conservo. Io lascier
su duna sedia un pizzo, per terra un guanto, sul tavolo un
ventaglio di piume, del quale non so che farmi. La giusti
zia nel perquisire terr tutti questi oggetti come corpi di
reato, n riuscir pi a capire niente. Dir Don Ferrantes
24-25. la Carcerata...Quiteria] la Carcerata n 122 per nome Quite
ria27. la tua coscienza.] la tua coscienza, che ha posto in mano della
giovinetta il pugnale e la morte di quel Miserabile.31. oggetti] oggetti
(minuterie)

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QUITERIA

con la sua voce nasale, che la povera Quiteria fu tratta in


salvamento, da questa donna che lasci il pizzo, i guanti, il
ventaglio di piume, e che quindi si ricerchi Quiteria in casa
di questa donna che // lasci il guanto, il pizzo, il ventaglio.
Ed ecco la giustizia e le spie, compreso il mio povero io
a capo, scatenarsi in casa di queste donne di mala vita, le
quali niegheranno tutte, faranno un chiasso tale, una com
plicazione di giuramenti che non ci si raccapezzer pi e
i giudici saranno costretti a chiudere li occhi e chiudere a
chiave le torture se non vorranno morire soffocati dal puz
zo della molta carne bruciata e guasta di queste donne di
mala vita. Bravo, Gabinu Sura, sin qui sei uscito illeso. Ma
se si domanda alla guardia chi usc stanotte, dal portone, la
guardia risponder. Usc Gabinu Sura col figlio. Tu dunque
Gabinu Sura per completare // lopera, dovrai, posta in sal
vo Quiteria, far uscire tuo figlio con la scala su la testa e su
il cordame insaponato. Chi pu contare i minuti al boia?
e pu una guardia stanca ed assonnata ricordarsi del vero
minuto nel quale pass Gabinu Sura col figlio? E bravo, sin
qui vai bene.
E Gabinu Sura si soffreg le mani pieno di contentezza.
Altro non mi resta A s. Ci da nascondere la veste di
Quiteria. Provvisoriamente la nasconder dentro una bara,
fra gli scheletri dei poveri impiccati, tolti dal tombone sotto
la cappelletta dei pazienti.
Gabinu Sura frug negli angoli del suo cervello ma non
riusc a trovare altre // dimenticanze, sebbene la coscienza
lo avvertisse che qualche cosa avesse lasciato ancora.
E ci pens un pezzo, ma davvero la sua mente stanca non
ritrov altro da snidare.
Scroll la testa e le spalle e saffid a Dio, al buon dio che
tutto permetteva, e guidava anche le pi impercettibili cose,
nel gran movimento della vita nostra.
Arrivati innanzi alla porta di guardia, []

7. faranno] et farannotale, una] tale et una8-9. e i] e i (li)19.


figlio?] figlio? ( figlio.)

Appendice

345

II Dalla carta numerata 337 alla carta numerata 340:

[] continuarono la via tenendosi per mano, preceduti


da fra Carmine.
Or devi fare un voto alla madonna delle grazie disse
Pierino nel suo cuore. Tu devi effigiare in forma pi bella
e perfetta questa immagine. Io cos far, ripetevagli il cuo
re, ed in quella celestiale immagine parevagli vedere, come
nellaltare della Chiesa di S. Maria di Betlem, il viso bello
della sua Quiteria, circonfuso di luce, col bambinello che le
posava accanto. //
Quiteria si ferm. Quel dolore che prima avea sentito vi
cino al cuore, ora avea cangiato posto e sera fatto per inten
so nel mezzo della testa.
Quiteria si ferm sentendosi venir meno. Gli occhi le
si velarono e grosse stille di sudor freddo le caddero dalla
fronte contratta. Un leggiero tremolo sent alle gambe ed
alle braccia che parevano irrigidite.
Pierino! son troppo stanca, riposiamoci un minuto qui,
dentro questa casa distrutta esclam Quiteria.
S, dolce amor mio disse Pierino la grande emo
zione. Come ti senti ora. Dove soffri, amore?
Quiteria non rispose e si adagi alquanto su alcune // pie
tre.
Fra Carmine cercava anche di consolarla, alternando le
parole con i versetti latini. Cessata questa prima lotta col
veleno, il corpo della giovinetta riprese il suo stato normale,
anzi pareva quasi che un benessere provvidenziale si im
possesasse di tutto lorganismo.
La giovinetta nei baci cercava di evitare le labbra arroven
tate del suo amato Pierino.
Temeva che il veleno non si appicicasse anche alla bocca
dellinnamorato.
Pierino not questo distacco dalle labbra, ma lo attribu
ad una certa innata timidezza nellanimo di quella fanciulla.
Quiteria si sollev, e disse con voce pi rassicurante: //
13. posto] ||posto|| (posizione)15. Quiteria...meno.] Quiteria si fer
m sentendosi venir meno (Le parve dun subito di dover cadere).2324. pietre.] pietre abbandonate.26. col] col ( dal)

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QUITERIA

Ora possiamo seguire la nostra via. Mi sento tanto tan


to bene.
Anchio! esclam Pierino Mi pareva di dover mo
rire con te.
5
Sia sempre ringraziato Iddio disse fra Carmine.
Le note della serenata si perdevano lontano []
III Dalla carta numerata 348 alla carta numerata 351:
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[] Antonio Diana, il notaio, luomo dal tizzo che li avea


preceduti. //
Quiteria per un momento parve aver dimenticato le sof
ferenze, ma le ritorn al cuore come un sogno doloroso la
visione del fatale veleno che avea bevuto.
E tutta quella gioia momentanea che le presentava un
dolce paradiso fu offuscata terribilmente. Cerc dilludersi,
facendo forza a se stessa, ma le conseguenze crudeli del ve
leno si faceano di nuovo strada, e quel paradiso si tramuta
va repentinamente in un nero campo di spine, dove ad ogni
passo parea lasciar brani di carni insanguinate.
Oh! come meglio sarebbe stato di non aver mai conosciuto
quel cuore pieno daffetto, al quale non riserbava in mezzo
a tanta felicit che un freddo cadavere!
Sentiva che il male non perdonava, sebbene le desse ad
intervalli dei momenti di sosta. //
La condanna era irrevocabile. Morire!e che morte ter
ribile! Perch Iddio permetteva questo? Avea sofferto
tanto!
Quiteria non potendo pi rattenersi per i nuovi dolori
effetto delle interne lacerazioni, mand un grido dangoscia
che agghiacci tutti gli astanti.
Parve dun tratto che una tremenda immagine, avesse av
vicinato quei cuori alle fredde porte delleternit.
12-13. le sofferenze] /le sofferenze/14. avea bevuto.] avea |bevuto|
(trangugiato).20. carni] carni ( carne)24-25. ad intervalli...sosta.]
/.ad intervalli dei momenti di sosta./29-31. rattenersi...astanti] ratte
nersi ( rattenere) /per/ i nuovi dolori effetto (che riprendevano quasi)
delle interne lacerazioni, mand (diede) un grido ||dangoscia|| (dolo
roso) che agghiacci tutti gli astanti.

Appendice

Ali nere di ferro passavan coi turbini, offuscando la rosea


aurora.
Il minuto non avea n spazio n fine innanzi a quello
schianto, innanzi a quel viso divinamente bello incoronato
da una invisibile mano di fiori e di spine le pi crudeli.
Nessuno voleva dimandare, temendo stille di disperata
agonia. //
Quiteria si sent dimprovviso un forte dolore e mand un
grido angoscioso.
Pierino sorreggeva nello spasimo angoscioso quella persona amata, e mentre lo fissava negli occhi gli parve che una
croce si drizzasse dietro quella testa, e lui solo vide la fronte
bianca lacerata e gli occhi grandi e profondi simili a quelli
dei Martiri.
Quella visione fu rapida come il baleno in una notte di
sdegni, e per questa sua infinita rapidit sentiva di non po
ter n ora n mai anima umana ritrarre quel dolore, che
Ges solo avea sentito e Iddio gli avea trasfuso negli occhi
immortali.
Dove vuoi tu condurre questa anima che io adoro?
dimand il giovine innamorato, tremando, alla morte che
sentiva sorvolargli vicino.
La morte non rispondeva. //
Ferma i tuoi neri cavalli sugli abissi.
La morte seguiva la corsa, e squarciava gli abissi, mirando
alla sua via, e perch pi terribile fosse in quel suo punto
nero avea momenti di sosta nei quali seminava di fiori e di
stelle il cuore degli uomini.
Cos il cuore di Pierino, nel sentire da quel gelido contat
to nuovo fuoco insperato ravvivare le belle membra della
sua innamorata.
Un paradiso di dolcezze e di sogni incantevoli apparve
nel suo cuore, e le querele ed i dubbi si dispersero nei lim
pidi orizzonti della giovinezza piena di forza e di amore.
1. Ali nere di ferro] Ali /nere/ di ferro13. lacerata] lacerata, di spi
ne,14. dei Martiri.] dei Martiri (adi Ges b|Maria| (Ges).)17. n
mai] ne mai18. avea trasfuso] avea |trasfuso| (espre)26-27. fosse...
avea] ||fosse in quel suo punto nero|| (la si guardasse) avea27. nei quali] nei quali ( nella quale)

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QUITERIA

Ma le guancie di Quiteria si tinsero nuovamente di rosei


colori, e gli occhi neri e vellutati si rasserenarono. //
Non spaventatevi disse Quiteria. Vorrei dellacqua.
Ma fresca molto. []
IV Carta numerata 359:

A1
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[] Fra Carmine benedisse


tutti ed usc precedendo gli sposi
e Zio Zuniari. //
Dov mio padre domand
Quiteria a Nicol Montagnano
prima di partire.
- in salvo figliuola, e presto
avrai sue nuove rispose il capi
tano sapendo di mentire.
Oggi stesso, vi porter nuove
io disse Gavino Puliga.
Ti attendiamo, ed a rivederci
tutti esclam Pierino.
Presto figliuoli disse di nuo
vo Zio Zuniari Il momento ci
propizio. Non passa alcuno in
istrada
Uscirono
Zia Maria col lume in mano
chiuse a doppio catenaccio la
porta, |ma| (poi) la riapr tosto
per richiamare Quiteria, la quale

A2
[] Fra Carmine benedisse
tutti ed usc precedendo gli sposi
e Zio Zuniari. //
/- Calmatevi, figliuoli, il soffrire
per me non pi pena (dolo
re). Io chiudo gli occhi, sicuro
che nelle tenebre vedr pi fulgi
di gli astri che ( []) rischiara
no le nequizie ed i dolori umani./
Dov mio padre domand
Quiteria a Nicol Montagnano
prima di partire.
||- lontano e in salvo, ma
verr lora che il feroce tiranno
vedr piombarsi ( piombare),
quellanima fiera che si agita. E la
/Santa/ Verit, la libert, si far
( faranno) attorno, portando
in alto il fulgido vessillo che non
dovr mai oscurare, per quanto
luomo nei suoi perfidi e maligni
trionfi cerchi di offuscarla. Vi
(sono) nellordine natural delle
cose dei fatti degli un elemento
purissimo che n il fuoco, n il

1. Ma le] /Ma le/ Lesi tinsero] si |tinsero| (tingevano)1-2. rosei


colori] rosei ( rosee) |colori| (tinte)2. vellutati si rasserenarono.]
vellutati popolati di ombre si rasserenarono,come limpide acque cristal
line fra i roseti.

Appendice

era scomparsa dalla via. Paren


dole imprudenza allontanarsi di
troppo per la sicurezza del ca
pitano, ritorn tosto in casa, /e/
chiuse la porta, |ed| entr nella
stanza del ferito.
Mi farete un favore disse
rivolto a G. Puliga. Se andate da
quella cara Signorina in Sette
Fontane, portatele questo invol
to derbe secche, per il decotto,
che lha dimenticato. Ditele da
parte mia che ne ho guarito mol
tissime. E grazie, e scusate della
libert. //
Mi ho dimenticato di dare
unaltra medicina alla sposa
disse zia Maria.
[]

349

ferro distrugge mai. E questo


loro, del quale risplendono i rag
gi del sole dArborea.|| //
Mi ho dimenticato di dare
unaltra medicina alla sposa
disse zia Maria.
[]

10

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QUITERIA

[CAPITOLO XVII]
I Dalla carta numerata 361 alla carta numerata 369:
5

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CAPITOLO 17 1
Zia Maria avea vestito Quiteria con le sue vesti di sposa.
In testa le avea acconciato, sebbene un po in fretta, il velo
bianco, orlato di pizzi, che annod al collo e dietro la vita.
Sotto la gonnella a pieghettine, di panno rosso, le avea po
sto la gonnellina bianca ricamata, ed il bel corpo le avea nel
casacchino di seta cremisina, con le maniche aperte ai fian
chi, dalle quali usciva la camicia di tela dOlanda, a grandi
rigonfiature, serrate in molti bottoni dargento filogranati.
Non posso far di pi, sposina bella avea soggiunto la
buona donna. Noi siamo povera gente. Me sebbene cos
vestita tu sei pi cara di Donna Rosa, e sembri una regina,
perch // figlia di re sei veramente.
Anche a Pierino avea dato un aiuto, ed aveagli abbotona
to i calzari neri di orbace, ed il coritto rosso.
Il cappottino ed il berretto glieli avea adattati con grazia
Zio Zuniari.
Ma Zia Maria avea lisciato la groppa del cavallo, e disteso
innanzi alla sella la bisaccia di lana bianca piena di ricami
di mille colori, e nella groppa avea lo striglione chera una
meraviglia a vedere, tutto intrecciato di fiocchettini di seta
come un canestro di Natale.
Pierino dopo aver baciato la sposa avea fatto il segno del
la croce ed era in sella, ed avea avvicinato alquanto le grop
pe del cavallo al muro perch Quiteria chera salita sulla
10-11. le avea posto] le avea posto (pose)11. avea] avea (serr)13.
tela dOlanda] tela dolanda17. una regina] davvero una regina21.
avea adattati] avea adattati (pose)23. avea lisciato] /avea/ lisciato (
lisci )e disteso] /e/ disteso ( distese)25. avea] avea (pose)27.
Natale] natale28. avea fatto] avea fatto (si fece)29. ed era in sella] ed ( e) era (sal) in sellaavea avvicinato] /avea/ avvicinato (
avvicin)
1
Sul margine sinistro, scritto a matita da mano autorale, si legge: Tagliare
o rimandare al capitolo 16 mo.

Appendice

pezza del giannile2 sul sedile innanzi alla porta, si sedesse


vicino, di fianco, allacciandosele come un fiore al tronco.
Anche zia Maria sal sul sedile, per aggiustarle le gonnelle
// e il velo bianco sulla testa, raccomandarle di tenersi ben
ferma e stretta stretta al marito, e questo non bisognava
proprio raccomandarlo, eppoi dirle di stare allegra e darle
un bacio su quel viso tanto bello.
Anche un bacio diede a Pierino, ed una raccomandazione
allorecchio.
Zio Zuniari, chera salito lui pure sul cavallo, carico delle
corbelle per la frutta, si avvicin al sedile e disse alla moglie:
E a me un bacio?
No! a te che sei vecchio, mi piaciono i giovani rispose
ridendo la vecchierella.
Zio Zuniari finse allora di allontanarsi un pochino, ma
torn subito indietro, e Zia Maria le scocc un bacione so
noro sulla guancia. E scese dal sedile, ed arrivederci pre
sto, disse, riprendendo in mano il lume acceso, il quale
non serviva pi perch laurora gi tingeva di roseo le cime
delle casette, ed il cielo, dove passavan voli di uccelli can
tando. //
Zio Zuniari precedette gli sposi fischiando. I passi dei ca
valli si ripercotevano sulle grosse pietre del ciottolato. Allo
sbocco della via furon riconosciuti dai cantori, e Zio Zunia
ri e Pierino salutarono col noto segno di riconoscimento
e passarono per la stretta Melaredda. Innanzi alla nicchia
della Madonna, ancora illuminata e coperta di fiori, stava a
pregare il piccolo Tito Puliga, il figlio del giustiziato Mauro
Puliga. La povera madre teneva anche altri due bambini per
mano. Questa scena commosse oltre modo il cuore di Pie
rino, il quale fu costretto dalla necessit degli eventi a chi
nar la testa per non farsi riconoscere. Passarono oltre. Zio
15-16. ma...indietro,] /ma torn subito indietro,/19. laurora gi tingeva] ||laurora gi tingeva|| laurora tingeva gi20. passavan] passavan
( passan)22-23. Zio Zuniari...ciottolato.] Zio Zuniari li precedette /
gli sposi/ ||fischiando|| (e si allontan canticchiando). I passi dei caval
li ||si ripercotevano|| (rimbombavano) sulle grosse pietre del ciottola
to.31. il quale fu] il quale per fu
2

Dal sardo-logudorese: in sa pezza de su giannile.

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QUITERIA

Zuniari per impietosito si ferm alquanto ed interrog


la disgraziata madre, la quale attendeva il cognato Gavino
Puliga che aveale detto di aspettarla innanzi alla madonna,
non appena fosse lalba, per darle nuove del marito. La po
vera donna piangeva disperatamente, e cos pure i figlioli.
Linfelice esclamava che se entro la mattina non avea no
tizie sicure, // sarebbe corsa per le vie di Sassari imprecando
e facendo appello a tutte le madri perch la seguissero in
sino alla casa di D. Rosa Gambella, chera madre anches
sa. D. Angelo Marongio, dovea farle giustizia e restituirle il
marito. Erano vere infamie.
Zio Zuniari confort linfelice donna, e raccont tutto ai
due sposi, i quali serano fermati a distanza.
Povera madre, povera moglie esclam Quiteria
inutile ogni supplica. Mauro Puliga fu appicato questa not
te. La forca venne drizzata ed io lho vista, accanto a quella
da cui dovea penzolare anchio.
Zio Zuniari rabbrivid e si fece il segno della croce. //
Quiteria che sentiva il veleno far gi strada, si sarebbe vo
luta isolare da ogni umana tentazione, e darsi, in quei po
chi momenti di vita che le rimanevano, totalmente a Dio,
avrebbe voluto prostrarsi ai piedi della madonna coperta di
fiori e di stelle. Ma pure parendole crudelt la sua, lev gli
occhi al cielo ancora coperto di poche stelle, e con la destra
alquanto intorpidita sfior il viso dellinnamorato.
Pierino volse indietro lo sguardo, con le labbra aperte
come per suggere da un frutto il nettare racchiusovi. Ma
Quiteria, temendo di infiltrare nel labbro dellinnamorato
il veleno, allontan la sua bocca, e costrinse quelle labbra
calde di passione a posarsi sulla sua guancia freddissima.
16-17. accanto...anchio.] accanto a /[]/ quella da cui (che) dovea far
penzolare anchio (a me pure).18. rabbrivid e si] rabbrivid ( rab
brividendo) /e/ si18-19. croce...Quiteria] croce|.| e Pierino, smorto nel
viso, terrorizzato, baci il (quel) viso /di Quiteria/ ||pallidissimo|| (pi
pallido del suo, coi denti stretti per la contrazione dolorosa). Poi le baci
e ricopr di lacrime la mano destra che le si avvinchiava Una immensa
tenerezza invadeva il cuore di Pierino. Quiteria23. di stelle.] di stelle,
che le sfuggiva, nel principio della Via.23-24. lev...cielo] lev (con)
gli occhi levati al cielo30. guancia freddissima.] guancia quasi morta
e freddissima.

Appendice

Quiteria! Tu soffri ancora? Dove soffri, dimmelo do


mand Pierino, attirandola sempre a s, alitandola sul viso
quasi per riscaldarla, temendo che il soffio dellaria fredda
// non le producesse quel malore.
Figliuoli! chinate la testa ora, che passiamo innanzi alla
guardia della torre di Porta Nuova disse Zio Zuniari. La
prudenza non mai molta.
Cos fecero.
Sulla nera torre, incassata tra due avancorpi di case,
passeggiava la sentinella con la lancia sulla spalla.
La saracinesca era gi alzata. Nellangolo della porta un
soldato riscaldavasi del latte in un fornellino di terra di Ba
nari.
Bon giorno, Zio Zunia disse in dialetto Sassarese.
Zio Zuniari rispose buon giorno, e tir oltre.
Ricordatevi di regalarmi un po di ciriegie disse il sol
dato. Veramente si stava meglio a zappare. Don Ange
lo Marongio ci avea promesso tante belle cose, ed // ora ci
fanno mancare anche il vino. Si sta male! Eppure non ho
risparmiato le sciabolate ai nemici, ed ai soldati di D. Leo
nardo Alagon. Se sapeva!
Ti porter le ciliegie rispose in fretta Zio Zuniari, ca
rezzandosi la barba bianca che non avea tagliato, sebbene i
magistrati costringessero con le buone i cittadini a radersi
la barba, ed alle donne ad annodare i capelli e nasconderli
sotto il tuch nero di seta o di lana.
Il Sassarese a malincuore sapeva assoggettarsi a radere
quellornamento, il quale conservava al volto unultima
traccia di fierezza e nobilt di carattere.
A Zio Zuniari quei visi cos sbarbati davano lidea di
strioni disperati o di servitori di stalla. Al notaio Mossen
Rodriguez y Fernando che lo preg pi volte // rispose che
ra gi vecchio e che la lana ai Sardi riparava dalle febbri e
dal mal di denti. E che iscussessi par ab
12-13. latte...Banari.] latte ( []) in un |fornellino di terra di Banari|
(piccolo braciere di rame).24-25. i cittadini...capelli] i cittadini a ra
dersi la barba ( radere le barbe) agli uomini, ed alle donne (femmine)
ad annodare i capelli34. E che iscussessi par ab...] ||E che iscussessi par
ab...|| E che scusasse2 per ora1...

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QUITERIA

|CAPITOLO 17|
Le campane cominciavano []
5 II Dalla carta numerata 379 alla carta numerata 380:

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[] ed eri tu, era il tuo spirito che mi sorvolava sempre


attorno, mi faceva coraggio, mi dava la vita che pareva mancarmi.
E sulla mia via tu spargevi rose e gigli come ora in questo
sentiero fiorito. Anche fra le torture, tu mi confortavi, ed
io pi di una volta, ho peccato, vedendo nel Cristo che mi
pendeva innanzi, il tuo volto. E tu mi hai esclamato, mentre
io chiudeva gli occhi con la preghiera che mi moriva fra
le labbra: Oh! lascia Quiteria, che porti anchio la corona
di spine, per alleviare i tuoi dolori, oh! // Quiteria, amor
mio, lascia che parte delle tue ferite, si imprimano nel mio
costato, che i chiodi che ora hai alle mani ed ai piedi siano
sulle mie mani, sui miei piedi, perch tu sei la mia vita, ani
ma della mia anima. E tu allora eri fra le mie braccia, ed io
nel delirio mi ti davo con tutta lanima, senza niegarti cosa
alcuna. Cercavo anzi col cuore la parte pi eletta per fartene
dono, e non trovava che il cuore. Che tuo, che ti offro.
Pierino se la serr tutta al petto allora, e volle baciarla anche in bocca. []
III Dalla carta numerata 383 alla carta numerata 385:

[] Dovea essere certo unartista ed un poeta il manipola-

30 tore di questo fatale veleno, forse estratto dai fiori pi belli

e crudeli come i baci infuocati di una donna senza cuore.


Forse i metalli pi lucenti, le pietre pi rare nascoste nel
le voragini e nel fondo dellinfido elemento, aveano anche
servito, in quelle storte segnate dallunghia del diavolo fra
35 invocazioni tremende. // Forse in quel veleno vi fu parte
10. mia via] mia via (nera e fredda roccia)10-11. questo sentiero fiorito] questa sentiero fiorito (via olezzante)19-20. la mia...anima.] la
mia vita, anima della mia anima. (sangue del mio sangue, carne della mia
carne tu sei.)20. fra le] fra le ( sulle)21. mi ti davo] /mi/ ti davo

Appendice

del maleficio che serpeggi nella lingua del serpente allo


raquando sedusse Eva, ed Adamo bevette da quelle labbra
lelisire che fu perdizione delluman genere, e divenne la
morte come un sonno eterno.
Quiteria alloraquando il veleno avea scaturigini selvagge
chiudeva gli occhi e le labbra, perch dalla sua bocca non
uscissero le impressioni che si riproducevano nel cervel
lo attossicato. Lanima pura avea lintuizione costante del
bene, e temeva che le parole non somigliassero alle oscure e
tetre nubi che nel passare offuscano i limpidi raggi del sole.
Bello era lamor suo, come una nave incantata che na
vigava fra liete onde circondate da giardini. Perch la sua
pura anima, che nera il pilota, se amava, dovea condurre
lamor suo fra gli scoli.
Gli scogli non poteano suscitare che oscure visioni di
tempesta nel cuore dellinnamorato sognatore. //
Ma chi avea permesso che questa anima dangelo dovesse
tanto soffrire?
A quale scopo Iddio che tutto vince dovea far vincere il
peccato nella lotta. Oppure Iddio volea condurre il pecca
to sino a farlo credere vittorioso, per precipitarlo terribil
mente nel baratro alloraquando credeva di ghermire la sua
preda?
Colma dunque, o peccato, colma pure i tuoi scrigni, ma
tu non potrai goderne, imperocch la virtu, ch bont, non
permetter mai che la maledizione dia piante e frutti buoni
come il cielo d stelle
Se guidavano il cammino
Che nebbia su tutto, stamane, esclam Quiteria.[]
IV Dalla carta numerata 386 alla carta numerata 388:

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[] Svoltarono per un altro sentieruolo. Dopo pochi pas


si comparve un fraticello di San Pietro di Sichis, il quale
trascinava per mano ed a piedi, un cavallino bianco, con le 35
groppe coperte da due bisaccie bianche ricolme.

17. dangelo] dangelo (angelicata)35. per mano ed a piedi,] per


mano |ed| a piedi,

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QUITERIA

Il buon fraticello teneva la tunica ripiegata attorno attor


no alla vita, per non impolverarla. //
Ave Maria e bonas dies esclam il fraticello, accen
tuando le parole quasi come chi deve incominciare a can
tare.
Dies bonas risposero i tre viatori.
Il fraticello allora tolse dalla bisaccia colma di spianate e
di grano un quadretto, dove su di un rame eravi dipinta una
madonna delle Grazie con la veste azzurra in forma dim
buto. Una testina di bambino dal viso roseo e ricciutello le
spuntava come una rosa dal fianco sinistro.
Quiteria prima di baciare limmagine, fiss il viso del
bambinello, e le parve anche in questo dipinto di riscon
trare una somiglianza col volto duno dei suoi infelici fra
tellini.
Questo fu di sollievo pel cuore dellinfelice, la quale so
gnava di esser questi dei segni manifesti di Dio, per avver
tirla del luogo beato nel quale si trovavano quelli innocenti
e consolarla. //
Pierino e Zio Zuniari posero alcune monete nella mano
destra del fraticello. I tre viatori seguiron il loro cammino.
Quiteria guardava coi buoni occhi pietosi []
V Dalla carta numerata 391 alla carta numerata 393:

[] Oh Dio! era troppo crudele abbandonare cos giovine


la vita, la quale sebbene da vari giorni non le avesse dato
che martiri, pure ora le imprometteva felicit ed amore in
finito.
30
Anche il sentimento cristiano di fede per un momento
le venne a mancare, ed il cielo azzurro si convertiva in un
nero pozzo pieno di densa caligine, ed i fiori che voleva toc
care si tramutarono in spine e fuggivano, ed i canti degli
uccelli in nenie. E le sue labbra, ed i suoi abbracciamenti in
35 neri drappi mortuari. Tutta questa primavera non per te,
4. a] a ( ad)20. mano] /mano/21. fraticello.] fraticello, il quale li
ricolm di benedizioni.27. la quale] |la quale| (che)avesse] avesse
( [])34. nenie] /[]/ nenie35. Tutta questa primavera] Tutta
questa ( Tutto questo) /primavera/

Appendice

tu sei condannata a morire, parevano ripeterle freddamen


te le pi fiorenti e delicate cose che lattorniavano. Vieni,
vieni, nella fredda e nera buca, coperta di terra, dove non
ci pi nessuno. Vieni, presto. Il buio solo ti attende; che
apetti? Su, vieni. //
Allegra, figliuola disse Zio Zuniari, guardando quel
viso simile a quello dun cadavere. Fermiamo un po i ca
valli per bere, ma lacqua per le bestie, per noi ci sempre
un sorso di quel vecchio.
E cos dicendo trasse dalla bisaccia una fiaschetta di legno
in forma di lira che offr a Quiteria.
No, no acqua solo rispose la giovinetta. Un gran
bruciore sento nel mio petto e nella gola. Acqua fresca.
Zio Zuniari trasse dalla tasca un corno con dei fregi inci
si, e lo riemp dacqua. Quiteria vavvicin le labbra, e prov
a bere. Ma respinse tosto quellacqua.
Niente mi fa pi bene disse con accento disperato.
Dista molta la casa? domand.
Vedi quella casetta bianca come un velo disse Pierino
additandole una palazzina che si ergeva sul colle rivestito di
pampini di fiori e dulivi. //
Ed altro non disse Pierino, provando di sorridere, ma indarno sforzandosi per atteggiare le labbra al sorriso. []

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VI Dalla carta numerata 399 alla carta numerata 400: 25

[] Pierino camminava quasi inconsciamente, come sognante, attraverso quelle piante. Sotto i piedi parevale che
molte penne cadute dagli alberi che forse prima erano an
geli, si accumulassero per fare un passaggio pi morbido 30
come un tappeto. Sforzava limmaginazione per ricordare,
ad intervalli terrorizzato che una voce misteriosa non lo
costringesse a lasciare questa vergine dai neri capelli tutti
pioventi al suolo, lasciarla l per convertirsi in un candido
6-7. guardando...cadavere.] guardando ( guardandola) ||quel viso simile
a quello dun cadavere|| (in viso).10-11. una...Quiteria.] una fiaschetta
di legno /in forma di lira/ che offr (offerse) a Quiteria.14-15. un...
incisi] un corno con dei fregi incisi (inciso)18. la casa? domand.]
la casa |domand.|

358

QUITERIA

albero con le foglie che parevano penne, col bel capo arro
vesciato in uno spasimo di amore, e le mani delicate alzate
per ricercare altre mani. //
Quiteria mormor Pierino quasi cercando col richia
5 mo di quel nome di uscire dal sogno doloroso che pareva
renderlo folle.
Quiteria ripet, con voce pi alta e tremante. []

Bibliografia

Lopera
Duos de Lampadas. Versos nados in Caprera subra sa tumba de
Garibaldi (Tattari, IX de Lampadas MDCCCLXXXII), Due
Giugno, Numero unico, Sassari, Tipo-litografia di Ubaldo Sat
ta, 1892, 14; A Victor Hugo, La Stella di Sardegna, VI, 9 (5
luglio 1885), 167-8; Medusa di A. Graf, accresciuta di un terzo
libro, adorna di circa 100 disegni di C. Chessa, Nella Terra dei
Nuraghes, I, 2 (17 luglio 1892), 15; Una Madonna del Sassoferrato, Nella Terra dei Nuraghes, I, 3 (9 ottobre 1892), 9; Per
una testa dipinta da Salvator Rosa, Nella Terra dei Nuraghes,
I, 4 (23 ottobre 1892), 11; La leggenda della chiesa di Sorres,
Nella Terra dei Nuraghes, I, 5 (13 novembre 1892), 8 [La
Sardegna Letteraria, I, 17 (14 dicembre 1902); Pompeo Calvia
critico darte, a c. di G. Perantoni Satta, Sassari, Tipografia Pod
dighe, 1963; Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, 14954]; Nello Studio del Cav. Sartorio, Nella Terra dei Nuraghes,
II, 1 (25 dicembre 1892), 10; La deposizione dalla croce, Nella
Terra dei Nuraghes, II, 4 (2 aprile 1893); Momenti, Nella Ter
ra dei Nuraghes, II, 5 (16 aprile 1893) [Quiteria e altri racconti,
Nuoro, Ilisso, 2001, 155-60]; Abba a su trigu, Nella Terra dei
Nuraghes, II, 6 (30 aprile 1893) [LIsola, II, 11-12 (8 maggio
1910); Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, 161-70]; Dal
taccuino di un soldato. Impressioni, Sardegna Artistica, I, 1
(23 luglio 1893) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001,
171-4]; La discesa dalla croce (quadro di Mattia Preti), Nel
la Terra dei Nuraghes, numero unico (3 dicembre 1893); S.
Satta, P. Calvia, L. Falchi, Nella Terra dei Nuraghes, Sas
sari, Premiato Stab. Tip. G. Dessi, 1893 [rist. anast., Sassari,
Gallizzi, 1990]; Lu fonografu, La Piccola Rivista, I, 1 (1898),
3; A Ranieri Ugo, La piccinedda morta, La Piccola Rivista,
I, 6 (1899), 10; Cristo morto in grembo al Padre Eterno (critica
darte), La Piccola Rivista, I, 23-4 (1899), 15; Il martirio di SS.
Cosma e Damiano (quadro ad olio di Annibale Carracci esistente nella Chiesa di San Nicola di Sassari, La Piccola Rivista, I,
5 (16 febbraio 1899), 14; Cristo morto in grembo al Padre eter-

Bibliografia

360

no (quadro esistente nella Chiesa di santa Caterina di Sassari),


La Piccola Rivista, I, 23-24 (11 dicembre 1899), 9; Su sonniu,
La Piccola Rivista, II, 1 (1900); Novella di Natale, La Sarde
gna Letteraria, I, 18 (1902) [Quiteria e altri racconti, Nuoro,
Ilisso, 2001, 181-3]; Quiteria (racconto tolto dagli avvenimenti
sardi del XV secolo), La Sardegna Letteraria, I, 1-16 (mar
zo-agosto 1902) [Quiteria e altri racconti, pref. di G. Pirodda,
Nuoro, Ilisso, 2001]; Lautomobili, Il Burchiello, VIII, 11 (14
giugno 1908), 18 [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001,
184-8]; Per un sarcofago, LIsola, II, 3 (30 gennaio 1910); Sassari Mannu, Sassari, Tipografia Libert, 1912 [Sassari Mannu.
Poesie edite ed inedite di Pompeo Calvia, introd. di L. Falchi,
Sassari, Tipografia Ubaldo Satta, 1922; Sassari Mannu, introd.
di M. Brigaglia, Sassari, Chiarella, 1967; Sassari Mannu, introd.
di Corrado Piana, Cargeghe, Biblioteca di Sardegna, 2007]; Sebastiano Satta pittore, Il Giornale dItalia, 31 dicembre 1914;
Per un bozzetto di monumento alla Brigata Sassari dallo scultore Antonio Usai, esposto nel Teatro Civico il 30 giugno 1918,
Sassari, Tipografia Gallizzi, 1918; Pompeo Calvia critico darte,
Sassari, Tipografia Poddighe, 1963; A. Casula, P. Calvia, P.
Mossa, Tre poesie popolari, tradotte ed illustrate da Ausonio
Tanda, Sassari, G. Dess, 1972.
La critica
L. Falchi, Un poeta dialettale sassarese, Natura ed arte, III,
(dicembre 1893-94), 8; I due ultimi romanzi sassaresi, Medi
terranea, VII, 1 (Gennaio, 1933), 22; A. Scano, L. Falchi-R.
Ugo, Per le nozze di Pompeo Calvia con la signorina Cristina
Manca, 11 febbraio 1899, La piccola rivista, Cagliari, 1899;
A. Rillosi, La rinascenza della poesia vernacola: Pompeo Calvia e la poesia sarda, Mortasa, Tipografia Pagliarini, 1903; G.
Zapparoli, In memoria di Pompeo Calvia, Sassari, Tipografia
Ubaldo Satta, 1919; A. Fadda Faggiani, Pompeo Calvia, Ri
vista Sarda, I, 5-7 (1919), 170; E. Pilia, La letteratura narrativa in Sardegna: il romanzo e la novella, Cagliari, Il Nuraghe,
1926, 121-2; R. Ciasca, Bibliografia sarda, Roma, Collezione
meridionale editrice, 1931-34, nn. 2533-2543, 262-3; F. Alzia
tor, Storia della letteratura di Sardegna, Cagliari, Edizioni della

Bibliografia

361

Zattera, 1954, 436-44; Pompeo Calvia critico darte, a cura di G.


Perantoni Satta, Sassari, Tipografia Poddighe, 1963; R. Bonu,
Scrittori sardi II, Sassari, Gallizzi, 1961, 789; M. Brigaglia,
La poesia e la vita di Pompeo Calvia, in P. Calvia, Sassari Mannu, Sassari, Chiarella, 1967, I-XXXVII; A. Deffenu, Epistolario 1907-18, a c. di M. Ciusa Romagna Cagliari, Editrice sarda
Fossataro, 1972, XXIII; G. Caltagirone, Pompeo Calvia, La
Grotta della Vipera, V, (1980), 51-4; G. Dess-N. Tanda, Narratori di Sardegna, Milano, Mursia, 1973, 323-4; Letterature e
lingue in Sardegna, Sassari, Edes, 1984, 36-8; G. Marci, Narrativa sarda predeleddiana: Enrico Costa e Pompeo Calvia, La
Grotta della Vipera, XII, 36-7 (autunno-inverno 1986), 21-30;
La delicata storia della figlia di Leonardo Alagon nei drammatici
giorni che seguirono la sconfitta di Macomer, Sardegna fieristi
ca, aprile-maggio (1988); Pompeo Calvia, in Narrativa Sarda
del Novecento. Immagini e sentimento dellidentit, Cagliari,
Cuec, 1991, 31-6; G. Pirodda, Sardegna, Brescia, Editrice la
Scuola, 1992, 303-5; Prefazione a Quiteria e altri racconti, note
di L. Fadda, Nuoro, Ilisso, 2001, 7-22; L. Fadda, Quiteria di
Pomopeo Calvia: tra poesia, pittura e prosa darte, Portales, II,
2 (agosto, 2002), Cagliari, 142-52; A. M. Morace, Introduzione
a C. Varese, Preziosa di Sanluri ossia I montanari sardi, Sassari,
Edes, 2002, 9-35; Prefazione a C. Varese, Il proscritto, Nuoro,
Ilisso, 2004, 7-47; D. Manca, Tenimmo tutte quante o stesso
core. Lettere a Pompeo Calvia, Bollettino di Studi Sardi, II, 2
(2009), Centro di Studi Filologici Sardi, Cagliari, Cuec, 167-240;
Il romanzo storico Quiteria: verso unedizione genetica, in Anna
li della Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit degli Studi
di Sassari, a c. di P. G. Spanu, Cagliari, 45-83.

Indice
dino manca

Introduzione

p. ix

Nota al testo

cvii

Pompeo Calvia
Lautografo di Quiteria

p.

Ledizione a stampa di Quiteria

199

Appendice

321

Bibliografia

359

volumi pubblicati

SCRITTORI SARDI
1) Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci
2) Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura
di Luciano Carta
3) Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu,
Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca
4) Giuseppe Cossu, La coltivazione de gelsi e propagazione de filugelli
in Sardegna, a cura di Giuseppe Marci
5) Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di
Maria Teresa Laneri
6) Salvatore Satta, Lautografo de Il giorno del giudizio, edizione critica
a cura di Giuseppe Marci
7) Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e
Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia
8) Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura
di Duilio Caocci
9) Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di
Giuseppe Marci
10) Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle
opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette
11) Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci
12) Predu Mura, Sas poesias duna bida, nuova edizione critica a cura di
Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai
13) Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardea (7
volumi), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta Galianes Galln
14) Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di Giuseppe
Marci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu
15) Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giuseppe Marci
16) Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, edizione del testo a cura di
Eleonora Frongia, prefazione di Aldo Accardo, introduzione di
Giuseppina Fois

17) Andrea Manca DellArca, Agricoltura di Sardegna, a cura di Giuseppe Marci


18) Pietro Antonio Leo, Di alcuni antichi pregiudizii sulla cos detta
sarda intemperie e sulla malattia conosciuta con questo nome lezione
fisico-medica, a cura di Giuseppe Marci, presentazione di Alessandro Riva e Giuseppe Dodero, profilo biografico di Pietro Leo
Porcu
19) Sebastiano Satta, Leggendo ed annotando, edizione critica a cura di
Simona Pilia
20) Il carteggio Farina - De Gubernatis (1870-1913), edizione critica a
cura di Dino Manca
21) Giovanni Arca, Barbaricinorum libelli, a cura di Maria Teresa Laneri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas
22) Antonio Baccaredda, Vincenzo Sulis. Bozzetto storico, a cura di Simona Pilia, introduzione di Giuseppe Marci
23) Giovanni Saragat, Guido Rey, Famiglia alpinistica. Tipi e paesaggi,
a cura di Giuseppe Marci, introduzione di Giuseppe Garimoldi
24) Efisio Marcialis, Vocabolari, a cura di Eleonora Frongia
25) Grazia Deledda, Il ritorno del figlio, edizione critica a cura di Dino
Manca
26) Francesco Cucca, Lettere ad Attilio Deffenu (1907-1917), a cura di
Simona Pilia, introduzione di Giuseppe Marci
27) Giuseppe Todde, Scritti economici, edizione delle opere a cura di
Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette
28) Antonio Canales De Vega, Discursos y apuntamientos sobre la proposicin hecha en nombre de su Magestad a los tres Braos Ecclesistico,
Militar y Real, a cura di Antonello Murtas, introduzione di Gianfranco Tore
29) Antonio Mura Ena, Memorie del tempo di Lula, edizione critica a
cura di Dino Manca, prefazione di Nicola Tanda
30) Gerolamo Araolla, Rimas diversas spirituales, a cura di Maurizio
Virdis
31) Frate Antonio Maria da Esterzili, Libro de Comedias, a cura di A.
Luca de Martini
32) Grazia Deledda, Lettere ad Angelo de Gubernatis (1892-1909), a
cura di Roberta Masini

33) Sigismondo Arquer, Sardinae brevis historia et descriptio, a cura di


Maria Teresa Laneri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas
34) Giuseppe Todde, Note sulla Economia Politica, edizione delle opere
a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette
35) Antonio Maccioni, Arte y Vocabulario de la lengua Lule y Tonocot,
a cura di Riccardo Badini, Tiziana Deonette, Stefania Pineider,
introduzione di Riccardo Badini, Raoul Zamponi
36) Antonio Maccioni, Las siete estrellas de la mano de Jess, a cura di
Tiziana Deonette, Simona Pilia, introduzione di Mara Cristina
Vera de Flachs, Luciano Gallinari, Gianna Carla Marras
37) Umberto Cardia, Il mondo che ho vissuto, a cura di Giuseppe Marci,
prefazione di Joseph Buttigieg
38) Juan Toms Porcell, Informacin y curacin de la peste de aragoa y
praeservacin contra peste en general, a cura di Mara Dolores Garca
Snchez

OPERE DI ENRICO COSTA


1)
2)
3)

La bella di Cabras, a cura di Giuliano Forresu, introduzione di


Giuseppe Marci
Racconti, a cura di Elena Casu, Melanie Sailis e Francesca Sirigu,
prefazione di Pasquale Mistretta, introduzione di Ines Loi Corvetto
Guida-racconto. Da Sassari a Cagliari e viceversa, a cura di Simona
Pilia, introduzione di Giuseppe Marci

TESTI E DOCUMENTI
1)
2)
3)

Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di


Nuoro (XVI sec.), a cura di Giovanni Lupinu
Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di Maurizio
Virdis
Il Condaghe di San Michele di Salvennor, a cura di Paolo Maninchedda e Antonello Murtas

4)

Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di Raimondo


Turtas, edizione critica a cura di Sara Silvia Piras e Gisa Dess
5) Innocenzo III e la Sardegna, a cura di Mauro G. Sanna
6) Il Vangelo di San Matteo voltato in logudorese e cagliaritano, a cura
di Brigitta Petrovszki Lajszki e Giovanni Lupinu
7) Il Condaghe di San Gavino, a cura di Giuseppe Meloni
8) I Malaspina e la Sardegna, a cura di Alessandro Soddu
9) Le chiese e i gosos di Bitti e Gorofai, a cura di Raimondo Turtas e
Giovanni Lupinu
10) Il Condaxi Cabrevadu, a cura di Patrizia Serra
11) Il Vangelo di San Matteo voltato in Sassarese, a cura di Giovanni
Lupinu

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