Manca Quiteria PDF
Manca Quiteria PDF
Manca Quiteria PDF
Quiteria
edizione critica
a cura di Dino Manca
scrittori sardi
scrittori sardi
coordinamento editoriale
centro di studi filologici sardi / cuec
comitato scientifico:
Nicola Tanda - Universit di Sassari, Paolo Cherchi - Universit di Chicago, Giuseppe Frasso - Universit Cattolica di Milano, Rosanna
Bettarini - Universit di Firenze, Andrea Fass - Universit di Bologna, Edoardo
Barbieri - Universit Cattolica di Brescia, Carlo Don - Universit di Messina,
Marcello Cocco - Universit di Cagliari, Giovanna Carla Marras, Universit di
Cagliari, Giuseppe Marci - Universit di Cagliari, Maurizio Virdis - Universit di
Cagliari, Dino Manca - Universit di Sassari, Mauro Pala - Universit di Cagliari,
Mara Dolores Garca Snchez - Universit di Cagliari, Patrizia Serra - Universit
di Cagliari.
I volumi pubblicati nella collana del Centro di Studi Filologici Sardi sono passati al
vaglio da studiosi competenti per la specifica disciplina e appartenenti ad universit
italiane e straniere. La valutazione fatta sia allinterno sia allesterno del Comitato
scientifico. Il meccanismo di revisione offre garanzia di terziet, assicurando il
rispetto dei criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni, ai sensi
dellart. 3-ter, comma 2, del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito
dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.
pompeo calvia
quiteria
edizione critica a cura di
Dino Manca
/ cuec
scrittori sardi
coordinamento editoriale
centro di studi filologici sardi
/ cuec
Pompeo Calvia
Quiteria
ISBN: 978-88-8467-639-9
cuec editrice 2010
prima edizione dicembre 2010
Realizzazione editoriale:
CUEC Editrice
by Sardegna Novamedia Soc. Coop.
Via Basilicata 57/59, 09127 Cagliari
Tel. e Fax 070271573
www.cuec.eu / [email protected]
Realizzazione grafica Biplano, Cagliari
Stampa Grafiche Ghiani, Monastir (Ca)
La personalit e lopera
1. Pompeo Carmine Calvia1 nacque a Sassari il diciotto
novembre del 1857 da Salvatore Calvia Unali e Antonietta
Diana Casabianca, figlia del pittore Vittorio Diana. Cen
trale fu, per un periodo non breve della sua vita e della sua
formazione culturale e umana, la figura del padre, vero
archetipo di Mentore2. Questi era nato il quindici agosto
del 1822 a Mores, piccolo centro del Meilogu, regione sto
rica del Regno di Sardegna. Compiuti gli studi elemen
tari e secondari a Sassari, aveva frequentato, per poco
tempo, la facolt di Leggi, prima di dedicarsi allo studio
dellarchitettura. Giurista mancato con vocazione dar
tista, dunque, nel 1842 si era iscritto a Roma dapprima
allAccademia nazionale di San Luca (avendo come pro
fessori Marchi e Ciconetti) e subito dopo a La Sapienza,
conseguendovi rispettivamente i diplomi di architetto e
di geometra. Fervente garibaldino, durante i moti del 48
si era arruolato nel battaglione universitario e aveva fatto
parte della legione dei volontari romani, accorsi alla squil
la delluniversal chiamata in aiuto dellEroe dei due
mondi. Aveva seguito Garibaldi come aiutante maggiore
e combattuto nei fatti darmi di Luino e di Morazzone3.
1
Pompeo Carmine Calvia il nome completo che risulta dalle liste di
leva del 1878, col numero di elenco 14.
2
La vita del padre offr a Pompeo il modello, che egli amb forse di
ripetere, ma senza riuscirvi che in parte, di una biografia romantica e
favolosa (M. Brigaglia, La poesia e la vita di Pompeo Calvia, in P.
Calvia, Sassari Mannu, Sassari, Chiarella, 1967, p. X).
3
Garibaldi si imbarca per Luino. Il 15, in marcia verso Varese, si
scontra con una colonna austriaca. il primo combattimento in Italia.
Secondo le sue abitudini, attacca per primo, carica a cavallo alla testa
dei suoi. Dopo pi di unora gli avversari si ritirano. La banda raccogli
ticcia, formata da giovani in gran parte nuovi alla guerra, ha risposto
bene. Il brillante successo d fiducia ai soldati e alle popolazioni. Per
DINO MANCA
Introduzione
XI
XII
DINO MANCA
Introduzione
XIII
XIV
DINO MANCA
la to pi bedda midaglia13.
Introduzione
XV
XVI
DINO MANCA
Introduzione
XVII
XVIII
DINO MANCA
Introduzione
XIX
XX
DINO MANCA
gio 1910); Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 161-170];
Dal taccuino di un soldato. Impressioni, Sardegna Artistica, I, 1 (23
luglio 1893) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 171-74];
La discesa dalla croce (quadro di Mattia Preti), Nella Terra dei Nu
raghes, numero unico (3 dicembre 1893); Lu fonografu, La Piccola
Rivista, I, 1 (1898); A Ranieri Ugo, La piccinedda morta, La Piccola
Rivista, I, 6 (1899); Cristo morto in grembo al Padre Eterno (critica
darte), La Piccola Rivista, I, 23-24 (1899); Il martirio di SS. Cosma
e Damiano (quadro ad olio di Annibale Carracci esistente nella Chiesa
di San Nicola di Sassari, La Piccola Rivista, I, 5 (16 febbraio 1899);
Cristo morto in grembo al Padre eterno (quadro esistente nella Chiesa di
santa Caterina di Sassari), La Piccola Rivista, I, 23-24 (11 dicembre
1899); Su sonniu, La Piccola Rivista, II, 1 (1900); Novella di Natale,
La Sardegna Letteraria, I, 18 (1902) [Quiteria e altri racconti, Nuoro,
Ilisso, 2001, pp. 181-183]; Lautomobili, Il Burchiello, VIII, 11 (14
giugno 1908) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, pp. 184188]; Per un sarcofago, LIsola, II, 3 (30 gennaio 1910); Sebastiano
Satta pittore, Il Giornale dItalia, 31 dicembre 1914.
25
Calvia prepar delle litografie che andarono ad illustrare lalbum
Ricordo della passeggiata ginnastica (in ferrovia) da Sassari a Cagliari
svoltasi in occasione della sagra di S. Efisio il primo maggio del 1883.
Collabor per la parte artistica oltre che letteraria, realizzando la testa
ta di copertina, con il settimanale Sardegna Artistica. Con Gavino
Clemente e Lorenzo Caprino cur, inoltre, lesposizione svoltasi a Sas
sari del 1896 di Ferragosto e lesposizione. Cfr. Pompeo Calvia critico
darte, cit.
Introduzione
XXI
XXII
DINO MANCA
Introduzione
XXIII
XXIV
DINO MANCA
Introduzione
XXV
XXVI
DINO MANCA
Introduzione
XXVII
XXVIII
DINO MANCA
Introduzione
XXIX
XXX
DINO MANCA
Introduzione
XXXI
Ivi, p. 11.
Ivi, p. 12.
XXXII
DINO MANCA
Introduzione
XXXIII
XXXIV
DINO MANCA
Introduzione
XXXV
XXXVI
DINO MANCA
Introduzione
XXXVII
XXXVIII
DINO MANCA
Introduzione
XXXIX
XL
DINO MANCA
Introduzione
XLI
XLII
DINO MANCA
A na nnammurata
a lamico G. E. Gaeta
Cara p no pign
e no lassatti mai,
pi no vogliu intnd
li trampi chi mi fai.
E nganne ca me faje
nisciuno llha da d:
pe nun mme ne pent
pe nun te lasci maje!
E da ghi probarai
lommu cument fattu,
bedda tu torrarai
a lu me cori jfattu.
Bella, tu pruvarraje
st munno comm brutto
e doppo turnarraje
ncopp a stu core strutto!
Ma si tu lu cunsoli
chistu cori dibenta
nidu di rusignoli
cun prufumi damenta.
Ma si tu lu maltratti
mancu rosa canina
nasci in mezzu a li ratti
tutti pieni dispina.58
Ma tu o maltratte, e maie
schiupp na rosa p!
Nsceno e spine, e s
spine pugnente assaie!
E. A. Mario59
quando divenne direttore di case editrici musicali, come La Canzonetta e Santa Lucia. Grazie alle sue collaborazioni con i musicisti pi
in voga del momento, intorno al 1915 confezion canzoni come Tu
ca nun chiagne, Reginella, Cara piccinae Carmela na bambola.
Fu altres autore di opere teatrali, come Gente nosta, O prufessore, O
Macchiettista e anche di canzoni, come Lacreme napulitane, Carcere,
E figlie e Zappatore. Nel 1934 fond La Bottega dei 4, una casa editrice
musicale, con Nicola Valente, Ernesto Tagliaferri e Gaetano Lama.
58
P. Calvia, Linganni chi mi fai, in Sassari mannu, p. 168.
59
Lettera di Giovanni Ermete Gaeta a Pompeo Calvia, Napoli 27 di
cembre 1908. La lettera si trova integralmente pubblicata in: D. Man
ca, Tenimmo, p. 201.
Introduzione
XLIII
XLIV
DINO MANCA
Introduzione
XLV
Co te che sarvognuno
in poesia
semo colleghi, posso francamente
fatte la storia e d come quarmente
tra de voi antri m venuto io sia.
Lo so, lo so che nun timporta gnente
sap la storia de sta gita mia;
che or monno ce n tanta de la gente
che gira a piedi, n mare e n ferovia.
Lo so, lo so; ma er mio n antro fatto,
e si m a riccontattelo me metto,
pe fatte vede che nun so matto
si viaggio Ma decco cher sonetto
co questo verso e n antro belle fatto,
e questo quanto. Er resto sia pe detto62.
XLVI
DINO MANCA
cun Garibaldi;
Fraddeddu nostru e gloria,
beddu com unistella,
forti comun lioni,
vibu che li canzoni
Ditti da Pascarella
dananzi a Villa Gloria.
Canzoni di vittoria,
poemi iscunsuladdi,
lagrimi rigistraddi
megliu di dugnistoria.
Li to canti, o poeta,
so un vocabolariettu:
dallA finza a la zetta,
v lu mondu paifettu,
anzi vi n pi assai,
chi v lu nobu mondu!
Poeta, tu chi sai,
parch non giri in tondu
Tutta chista Sardigna,
e in mezzu e drentu e fora?
Poeta, la Sardigna
No, no iscuberta ancora.
Ab iscobbrila tu,
chista Sardigna amadda,
terra dimintiggadda
peggiu di li zul.
Tu rimmi freschi e rari
priparazi dumani,
tutti pebaru e Sali
cumente li romani.
In tanti sunetteddi
Introduzione
XLVII
di tuttu lu ghi z,
li nostri vaggianeddi
ti basgiarani Emb!64
XLVIII
DINO MANCA
Introduzione
XLIX
DINO MANCA
Introduzione
LI
73
Lettera di Vito Mercadante a Pompeo Calvia, Palermo 16 febbra
io 1909. Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 204-205. di Messina?
[] Quello che videro i miei occhi, quello che vide e sent e sen
te lanima mia spero di rendere in un lavoro che ho incominciato:
Mercadante si riferisce al terremoto di Messina, verificatosi il ventotto
dicembre 1908. Le vittime furono pi di centomila. Il lavoro che egli
preannuncia allamico verosimilmente Lomu e la terra. Missina: dicembri 1908 dicembri 1909 (Palermo, 1910).
LII
DINO MANCA
Introduzione
LIII
LIV
DINO MANCA
Introduzione
LV
Distintissima Signora,
la notizia della scomparsa del povero signor Pompeo,
mi giunge cos inaspettata a tanta distanza di tempo,
che rende maggiore il mio rincrescimento e mi lascia
come dubbioso, come fosse non vera. Alcuni giorni fa,
scrivendo al signor Margelli di Sassari per pregarlo di
inviarmi delle fotografie fatte allAsinara, gli chiedevo
notizie del signor Pompeo, meravigliato di non averne
da tempo. E qualche mese fa insistevo presso un amico
dedito a stud letterari, perch volesse occuparsi della
poesia del povero Signor Pompeo: e pur mancandomi
notizie ero naturalmente lontano dallattribuirne la cau
sa a s triste e doloroso motivo irreparabile. Anchio
ricordato, signora, pi volte, le mie conversazioni sassa
resi col povero scomparso e mi ricordo tenacemente di
certe sue esclamazioni di gioia quando, in certi versi dia
lettali della nostra regione, che io gli recitavo, egli trova
va sentimenti o movimenti di poesia comuni al suo caro
dialetto sardo. E ci eravamo promessi di ri-incontrarci,
forse in Italia, vinta la guerra, e tornato il tempo dolce
dei poeti. Ahim! Abbiamo vinto la guerra, ma il tempo
sperato non ancora tornato e intanto, stanco forse di
aspettarlo, il povero scomparso lo cercato e sicuramen
te trovato altrove. Certo non vi pu essere per Lei con
forto di parola alcuna, perch nessuna avrebbe il potere
di riempirle nemmen per poco, il vuoto che il caro scom
parso lasciato: certo Lei sola per la continua intimit
vissuta con lui pu misurare la dolorosa gravit della sua
chiarissima la mente e ben viva la carducciana fierezza degli sguardi
neri e penetranti. Quando mi vide avevo voluto essere solo con lui
LVI
DINO MANCA
83
Lettera di Attilio Pani a Cristina Manca vedova Calvia, Parigi 28
aprile 1920. Cfr. D. Manca, Tenimmo, pp. 181-182.
Introduzione
LVII
LVIII
DINO MANCA
Introduzione
LIX
LX
DINO MANCA
Introduzione
LXI
fecit.)
il disegno di una finestra trionfale e i ritratti
dei fortunati sposi; come Nicol Montagnano, patriota
sassarese, capitano dellesercito arborense, figura nobile
e forte, il quale, sfuggito alla morte e in citt nascosto,
ricercato da sgherri e traditori; come Mauro e Gavino Pu
liga, partigiani del marchese di Oristano, che si distinguo
no per il sacrificio e il coraggio (il primo, subiti i tormenti
della tortura e gli interrogatori di Bonafides, impiccato,
il secondo uccider Marongio):
Quiteria riconobbe allora il Conte di Bonafides, quel tri
sto uomo che avea ordinato al boia di far pi rapidi i giri
di corda della tortura, e di passare i ferri roventi sui pie
di nudi di Mauro Puliga, legato sulla graticola. Il Conte
aveva indossato per loccasione il candido giustacuore di
seta. Un ampio collare ricamato gli copriva met della
nuca. Le sue maglie erano anchesse bianche e bianche le
scarpette di raso. Alla cintura teneva un pugnaletto con
manico doro tempestato di gemme. I pochi capelli della
testa eran ricciuti ed ondulati pei molti aggrovigliamenti
di ferro caldo, ed avevano quel nero lucido ed ambiguo e
quellodore dellessenze di chi sunge per attutire cattive
esalazioni e fisiche magagne. Gli occhi erano infossati pi
del solito e le ciglia pi appiccicate ai rossi bordi che con
tornavano le pupille sinistre ed il giallo della cornea. Sul
viso era stata passata molta cipria e molto unguento per
nascondere le grinze e le screpolature fatte da mali segreti.
LXII
DINO MANCA
Introduzione
LXIII
LXIV
DINO MANCA
Introduzione
LXV
LXVI
DINO MANCA
Introduzione
LXVII
LXVIII
DINO MANCA
Introduzione
LXIX
LXX
DINO MANCA
Introduzione
LXXI
LXXII
DINO MANCA
Titolo
La Tosca
Quiteria
Argomento
storico
storico
Antefatto
e contesto
storico
Introduzione
LXXIII
B
Personaggi
tipologia,
sistema
e sfera
pragmatica
Floria Tosca
Quiteria
Protagonista femminile,
eroina fiera e orgogliosa,
amante del pittore Ma
rio Cavaradossi, oggetto
dei desideri del Barone
Scarpia. Disperata, To
sca
chiede a Scarpia di con
cedere la grazia al suo uo
mo imprigionato a Castel
SantAngelo. Ma il barone
acconsente solo a patto che
Tosca gli si conceda. La
donna lo uccider con un
pugnale. In conclusione
Tosca si toglier la vita.
Protagonista femminile,
eroina fiera e orgogliosa,
amante del pittore Pierino
Unali, oggetto dei deside
ri del Conte di Bonafides.
Disperata, Quiteria chiede
a Bonafides di poter vedere
i suoi fratelli imprigionati
nel Castello di Sassari. Ma
il Conte acconsente solo
a patto che Quiteria gli si
conceda. La donna lo uc
cider con un pugnale. In
conclusione Quiteria si to
glier la vita.
Mario Cavaradossi
Pierino Unali
Il Barone Scarpia
Il Conte di Bonafides
LXXIV
Personaggi
tipologia,
sistema
e sfera
pragmatica
DINO MANCA
Cesare Angelotti
Nicol Montagnano
Angelotti, bonapartista ed
ex console della Repubbli
ca Romana, fuggito dalla
prigione di Castel SantAn
gelo cerca rifugio nella
chiesa di SantAndrea della
Valle, dove trover un tra
vestimento femminile che
gli permetter di passare
inosservato. Cavarados
si gli offre protezione e lo
indirizza nella sua villa in
periferia. Dal pittore, in
carcerato, si cercher, at
traverso i tormenti della
tortura e gli interrogatori
di Scarpia, di ottenere in
formazioni utili per la sua
cattura. Angelotti alla fine
morir.
Il sacrestano
(Eusebio nel dramma di
Sardou)
Fra Carmine
Il Carceriere
Gabinu Sura
(Carceriere e boia)
Diego Naselli
(solo nel dramma
di Sardou)
principe dAragona, gover
natore di Roma in nome del
re.
Mossen Julia
venuto appositamente in
Sassari per ordine del re
Giovanni II dAragona
Introduzione
LXXV
C
Luoghi,
ambienti,
sfondi,
scenari,
atmosfere
Citt
Citt
San Pietro
San Nicola
Camera Scarpia
Camera Bonafides
E lucean le stelle
LXXVI
DINO MANCA
Un individuo avvolto in
un bruno mantello sta
va inginocchiato ai piedi
dellaltare.
Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali
S(ardou)
LSL
Evviva Marongiu []
Trvilhac (a Caprola):
Che dicono?
Maria (al verone della finestra centrale, volgendosi
verso Scarpia, al centro
della scena): Li senti Scar
pia? Vogliono la testa di
Angelotti.
Scarpia (freddamente): S,
Maest.
La folla: Scarpia! a morte
Scarpia!
Introduzione
Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali
LXXVII
Scarpia (fermandosi) |
Odi? | il tamburo. Sav
via. Guida la scorta | ulti
ma ai condannati. Il tempo
passa! | (Tosca, dopo aver
ascoltato con ansia terribile, si allontana dalla
finestra e si appoggia, estenuata, al canap) | Sai
quale oscura opra laggi si
compia? | L si drizza un
patibolo! | (Tosca fa un
movimento di disperazione e di spavento) | Al tuo
Mario, | per tuo voler, non
resta che unora di vita.
[Scarpia] Questora io
lattendeva! | Gi mi strug
gea | lamor della diva! | Ma
pocanzi ti mirai | qual non
ti vidi mai! | (eccitatissimo,
si alza) | Quel tuo pianto
era lava | ai sensi miei e
il tuo sguardo | che odio
in me dardeggiava, | mie
brame inferociva! | Agil
qual leopardo | ti avvin
ghiasti allamante; | Ah! In
quellistante | tho giurata
mia! | Mia! | (si avvicina,
stendendo le braccia verso
Tosca: questa, che aveva
ascoltato immobile, impietrita, le lascive parole di
Scarpia, salza di scatto e si
rifugia dietro il canap)
LXXVIII
Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali
DINO MANCA
E allor sedete e fa
velliamo. | (forbisce un
bicchiere col tovagliolo,
quindi lo guarda a traverso
la luce del candelabro) | E
intanto un sorso. vin di
Spagna | (riempie il bicchiere e lo porge a Tosca)
|Un sorso | (con gentilezza)
| per rincorarvi.
Introduzione
Atti
locutori e
dinamiche
di relazio
ne, moventi
e azioni
complican
ti, eventi e
contesti si
tuazionali
LXXIX
LXXX
DINO MANCA
Introduzione
LXXXI
A
Chi vive?
Aragona!
Avanti Aragona!
Vaya iuso Aragona disse a Quiteria. (aaccentu il mito, ma quasi a fior
di labbro, Quiteria b1accentu 2il mito, 3ma quasi a fior di labbro, 4Quiteria.)
Prudenza, figliola! /esclam/ disse il carceriere.
Ora io ti lascio, si/i/ buona.
Dove vai? disse Quiteria, provando un gran dolore per il distacco di
quelluomo pel quale avea prima sentito ribrezzo.
Rimani! rimani!
Nessuno ti far male ( mala), figliola!
LXXXII
DINO MANCA
A
ed eri tu, era il tuo spirito che
mi sorvolava sempre attorno,
mi faceva coraggio, mi dava la
vita che pareva mancarmi.
E sulla nera e fredda roccia tu
spargevi rose e gigli come ora
in questa via olezzante. Anche
fra le torture, tu mi confortavi,
ed io pi di una volta, ho pec
cato, vedendo nel Cristo che mi
pendeva innanzi, il tuo volto.
E tu mi hai esclamato, men
tre io chiudeva gli occhi con la
preghiera che mi moriva fra le
labbra: Oh! lascia Quiteria, che
porti anchio la corona di spi
ne, per alleviare i tuoi dolori,
oh! Quiteria, amor mio, lascia
che parte delle tue ferite, si im
primano nel mio costato, che i
chiodi che ora hai alle mani ed
ai piedi siano sulle mie mani, sui
miei piedi, perch tu sei sangue
del mio sangue, carne della mia
carne tu sei. E tu allora eri sulle
mie braccia, ed io nel delirio ti
davo con tutta lanima, senza
niegarti cosa alcuna. Cercavo
anzi col cuore la parte pi eletta
per fartene dono, e non trovava
che il cuore. Che tuo, che ti
offro.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []
>
A1
Introduzione
LXXXIII
A1
ed eri tu, era il tuo spirito che mi
sorvolava sempre attorno, mi
faceva coraggio, mi dava la vita
che pareva mancarmi.
E sulla mia via tu spargevi rose e
gigli come ora in questo sentiero
fiorito. Anche fra le torture, tu
mi confortavi, ed io pi di una
volta, ho peccato, vedendo nel
Cristo che mi pendeva innanzi, il
tuo volto. E tu mi hai esclamato,
mentre io chiudeva gli occhi con
la preghiera che mi moriva fra le
labbra: Oh! lascia Quiteria, che
porti anchio la corona di spine,
per alleviare i tuoi dolori, oh!
Quiteria, amor mio, lascia che
parte delle tue ferite, si imprimano nel mio costato, che i chiodi
che ora hai alle mani ed ai piedi
siano sulle mie mani, sui miei
piedi, perch tu sei la mia vita,
anima della mia anima. E tu allora eri fra le mie braccia, ed io
nel delirio mi ti davo con tutta
lanima, senza niegarti cosa alcuna. Cercavo anzi col cuore la
parte pi eletta per fartene dono,
e non trovava che il cuore. Che
tuo, che ti offro.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []
>
A2
LXXXIV
DINO MANCA
Introduzione
LXXXV
A2
ed eri tu, era il tuo spirito che
mi sorvolava sempre attorno,
mi faceva coraggio, mi dava la
vita che pareva mancarmi.
Pierino se la serr tutta al petto
allora, e volle baciarla anche in
bocca. []
>
LSL
111
Per ulteriori osservazioni a riguardo, si rinvia alla sezione delledi
zione che tratta specificatamente dellautografo.
LXXXVI
DINO MANCA
A2
Fermiamoci qui, un poco
disse Quiteria innanzi ad un
cancello aperto, dietro il quale
era una piccola piazzetta circo
lare con dei sedili coperti di ar
desia e sulle spalliere intrecciate
di canna si arrampicavano fiori
vaghissimi.
Dietro vedeasi il vignetto con
le viti maritate a grossi pali, ed
il frutteto con gli alberi nani di
melo, di pesche, e con qualche
albero dulivo dai rami contorti.
Una leggiera auretta fece tremo
lare le foglie degli ulivi, ed in quel
tremolio parevano degli intrecci
di perle su una seta azzurra, per
ch tale era il colore del cielo.
Nel fondo del viale vedevasi la
palazzina ritinta di color roseo.
Sulla palazzina eravi un piccolo
terrazzo di stile gotico, al quale
si arrampicavano dei grossi tral
ci. Una bandiera con le armi di
Sassari, sventolava sul terrazzo.
Vicino alla palazzina eravi il
pozzo, che sindovinava attra
verso le larghe foglie dei fichi
dIndia fioriti.
Un grosso cane nero stava lega
to ad un anello infisso dietro il
muro del pozzo. Quel paesag
gio facea ricordare a Quiteria il
giardino di Oristano, dove Pie
rino aveala amata.
Zitto Pir disse una dolce
voce di bimbo, avvicinandosi al
cane. Lanimale lecc le manine
del fanciullo, scodinzolando al
legramente.
Un volo di farfalle bianche si in
nalz da un alberello di ciliegie
ancor bianche.
>
LSL
Introduzione
LXXXVII
LXXXVIII
DINO MANCA
112
Pensiamo ad un esemplare preparato per linoltro in tipografia, con
gli ultimi interventi dellautore o semmai in parte del curatore, nella
persona dello stesso amico e direttore. Nonostante Falchi scriva del
manoscritto e non di manoscritti, non si pu a priori escludere
una modalit di consegna periodica, in un numero limitato di fogli,
secondo le esigenze editoriali e i tempi di pubblicazione della rivista,
che andava licenziando il romanzo a puntate.
Introduzione
LXXXIX
A2
Ora io vi faccio da padre dis
se con voce solenne. Amatevi
sempre e siate benedetti.
Fra Carmine distese le braccia al
Cielo e davanti a quei cari fratel
li li un in matrimonio.
Pierino baci Quiteria sin
ghiozzando, e cos tutti un dopo
laltro, compresivi Zia Maria la
moglie di Zio Zuniali, Gavino
Puliga, e Antonio Diana, il no
taio, luomo dal tizzo che li avea
preceduti []
>
LSL
>
LSL
XC
DINO MANCA
Cfr. Lautografo.
Introduzione
XCI
>
LSL
sii
idee
deliri
dondolii
odi
luccichii
gridi
scalpitii
XCII
DINO MANCA
>
LSL
coppia
cappuccio
tappezziere
seppelliremo
sprazzo
appiccicate
appoggiata
facciamo
>
LSL
oliveto
tappeti
trafitti
>
LSL
unghie
elemosina
bere
>
LSL
aveva
sapeva
pareva
Introduzione
XCIII
>
LSL
erano
gridarono
davano
XCIV
DINO MANCA
Il manoscritto
Il manoscritto autografo del romanzo Quiteria di Pom
peo Calvia un cartaceo datato novembre 1897 che si
compone di 221 carte di formato protocollo, uso bollo,
dellepoca, successivamente fascicolate e rilegate. I due
piatti che costituiscono la copertina sono cartonati e di
color marrone. Il piatto superiore, che misura mm. 307 x
210, non riporta indicazioni di sorta, n riguardo al titolo
n relativamente allautore. Il dorso, liscio, di cuoio nero,
con nervature dorate finte (apposte per imitare lestetica
del libro antico e conferire importanza al libro) reca scrit
to in caratteri dorati il titolo e lautore del libro: Pompeo
Calvia | Quiteria. Lunghiatura minima, di mm. 4
circa. Non improbabile che la rilegatura sia stata realiz
zata da Cristina Manca, moglie del Calvia, che era solita
rilegare gli spartiti musicali. Ogni carta misura in media
mm 303 209. Il manoscritto integro. Lo stato di con
servazione accettabile; rare le gore dumido, nessuna
abrasione o corrosione. Qualche fascicolo appare legger
mente sfilato dal corpo rilegato; ci rende non uniforme il
livellamento dei tre tagli. Nella parte alta del contropiatto
anteriore si legge:
Questa lombra della verit che io vidi. | Shelley114. | |
[Il dolore ha detto Ribot la sentinella della vita; e il |
delitto pu essere la sentinella che ci avverte dellesistenza
| duna piaga sociale. | Lingiustizia degli uomini lingiuria del tempo.]
Introduzione
XCV
XCVI
DINO MANCA
(Dal Prometeo Liberato, dramma lirico in 4 atti, di | Percy Bisshe Shelley Traduzione di Ettore | Sanfelice, con
prefazione di Giosu Carducci) || [motivo ornamentale
che riproduce una immagine floreale sovrastata da una
croce] || //
Didascalia:
[Fenestra demolita nellOttobre | dellanno Millenovecento [inchiostro rosso] Casa Oggiano [inchiostro blu]
( X)115//
115
Una delle poche note esplicative e di commento storico presenti a
pi di pagina nelledizione a stampa fa riferimento a questa finestra,
che secondo lo stesso Enrico Costa avrebbe rappresentato la vittoria di
don Angelo Marongio sullAlagon. Si legge in nota: Questa bellissima
finestra storica fu tolta nel passato anno 1901, per le esigenze della co
struzione della casa Oggiano, ove attualmente il negozio dei fratelli
Depaolini (Piazzetta Azuni).
Introduzione
XCVII
pagine 16
pagine 156
Parte Seconda
Capitolo
,,
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10 da pagina
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pagine 251
Indice * * *
pagine 423
A. .
[motivo ornamentale] //
XCVIII
DINO MANCA
Didascalia:
[Schizzo della finestra esistente nella Piazza S. Catterina |
ora Piazza Azuni, nella casa di propriet del Sig. Oggiano
A.]116 //
116
Introduzione
XCIX
Quiteria
Novella
di Pompeo Calvia
DINO MANCA
Introduzione
CI
CII
DINO MANCA
118
ancora visibile a Sorso, nella via Fiorentina, lo stemma nobiliare
della famiglia Gambella, murato nella facciata della cosiddetta casa di
Rosa Gambella.
Tav. 4. A 93r.: disegno ad alta condensazione figurativa con i ritratti dei diversi
personaggi del racconto.
Nota al testo
Il romanzo Quiteria di Pompeo Calvia ci stato trasmes
so attraverso un manoscritto autografo, conservato dal
prof. Antonio Siotto Calvia, pronipote dellautore, e una
edizione su rivista: Quiteria (racconto tolto dagli avvenimenti sardi del XV secolo), La Sardegna Letteraria, I,
1-16 (marzo-agosto 1902). Pi precisamente possediamo
una redazione autografa (A) e una stampa autorizzata
(LSL).
Per una pi chiara e completa restituzione della tradizio
ne testuale e una migliore leggibilit del percorso emen
datorio significativo superstite vista la consistente e so
stenuta campagna correttoria messa in essere dallautore
in alcune fasi dellelaborazione (corrispondenti a quelle
testimoniate da A), e considerata la presenza cospicua,
ricorrente e non marginale, nel passaggio dalla redazio
ne A alla stampa LSL, di difformit redazionali che, come
si scritto, attestano finanche lo stravolgimento di intere
originarie unit sintagmatiche e narrative leditore ha
ritenuto pi opportuno mettere a testo sia A che LSL.
Nellordine, si pubblica prima A, in quanto primitivo
e autonomo sistema testo con una propria identit e un
proprio processo elaborativo, poi LSL, in quanto punto
darrivo del processo compositivo e fase a cui consegna
ta lultima e definitiva volont dellautore.
CVIII
DINO MANCA
Lautografo
Per quanto riguarda la restitutio textus, dato un auto
grafo costellato di cancellature, sostituzioni, spostamenti,
si pubblicato integralmente il testo di A risultante da tale
processo correttorio e si sono segnalate a parte le varianti,
ricostruendo il percorso che dalla lezione originaria arriva
a quella finale.
Il testo di A stato restituito rispettando il pi possibile
le peculiarit del manoscritto, la volont e le scelte lingui
stiche del suo autore.
Si sono, dunque, conservate:
Le oscillazioni e le alternanze grafiche:
tra le diverse formazioni di plurali: analitici (luccichii,
scampanii, scricchiolii, scalpitii, gridii, spii), condensati
(vizi), circonflessi (s, id, sudic, delir, dondol, od, luccich, grid, miagol, scalpitt, ciliz, lucid)
tra le forme maiuscole e minuscole:
Conte / conteSardi / sardiMartiri / martiriEroina /
eroinaAstuto / astutoSoldati / soldatiRe / reMarchese / marcheseCroce / croceCastello / castelloPeccato / peccatoTorre / torreSignora / signoraFrate /
frateAmore / amoreMorbide / morbidePatria / patriaMadonna / madonnaVernaccia / vernacciaEvviva / evvivaArrivo / arrivoChiesa / chiesaCarcere /
carcereSeconda / seconda
Introduzione
CIX
Le forme scempie:
copia (per coppia), pati, ammic, approffitarne, appicato,
appicicarsi, appicica, appicicava, appicicasse, vantagiosamente, prosciuti, Bocaccio, accocolato, Regia (per Reggia),
faciamo, fiochettini, aggrupamento, tapezziere, traffiture,
appogiata, capuccio, affretiamoci, impossesasse, affaci,
formagetti, sprazi, abbotonato, piaciono, strapassero, sepellire, sepelliremo.
CX
DINO MANCA
Le forme raddoppiate:
tappetto, innoltr, biricchino, biricchini, biricchini, approffitarne, scalpitt, Santa Catterina, traffiture, bottola,
olivetti, vignetto.
le forme monottongate:
figliola, cor, core, licore, ufficiolo, fisonomia, leggero, leggera, scioglierglele
Introduzione
CXI
le grafie disgiunte:
da pertutto, in dietro, e poi
e univerbate:
capilavori, alloraquando, buonumore, pel, pei
le forme epitetiche:
offer, offerire, umilemente, fantasima
le forme sincopate:
adoprano, adoprati
CXII
DINO MANCA
Introduzione
CXIII
CXIV
DINO MANCA
Introduzione
CXV
CXVI
DINO MANCA
LSL
Testo critico A
/esclam/ disse il
carceriere
esclam il
carceriere
esclam il
carceriere
/cuore/ seno
cuore
cuore
/usc/ entr un
frate
entr un fraticello
entr un frate
/avvolto/
circonfuso di
vapori azzurrini.
circonfuso ancora
di vapori azzurrini.
circonfuso di vapori
azzurrini.
Introduzione
CXVII
(1)
CXVIII
DINO MANCA
Ledizione a stampa
Nella trascrizione del testo LSL si adottato un criterio
conservativo, rispettoso delle scelte linguistiche e tipogra
fiche fatte dallautore.
Si sono conservate le caratteristiche e le peculiarit della
lingua letteraria dellepoca:
le forme apocopate:
cuor, parevan, paion, vin, veder
le forme monottongate:
figliola, cor, core, licore, leggero
le grafie disgiunte:
da pertutto buon umore
e univerbate:
capilavori eppoi
Introduzione
CXIX
le forme epitetiche:
offer
le forme sincopate:
adoprano
CXX
DINO MANCA
Introduzione
CXXI
CXXII
DINO MANCA
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Introduzione
CXXIII
Corittu: corpetto.
Questo quadro esiste ancora nella sacrestia di S. Maria
di Betlem. Pasquale Tola fece copiare di questo dipinto il
ritratto di Leonardo Alagon, riprodotto in litografia nel
le biografie degli uomini illustri di Sardegna. | N. d. Dir.
(2)
***
Le diversificazioni redazionali e gli interventi corretto
ri, discussi nellapparato genetico in modo congetturale,
sono segnati nel modo seguente:
a
CXXIV
DINO MANCA
LSL
Introduzione
CXXV
[a]
CXXVI
DINO MANCA
/b/
//
Introduzione
CXXVII
CXXVIII
DINO MANCA
Conspectus siglorum:
A
manoscritto autografo
Desidero qui manifestare la mia gratitudine al prof. Antonio Siotto Calvia, pronipote dellautore, per le preziose
informazioni datemi e per il materiale fornitomi. Ma soprattutto un grazie di cuore per la gentilezza, il garbo e la
sua non comune umanit.
A Matteo Spezzigu, studioso del Calvia, la mia riconoscenza per la disponibilit e i consigli.
Tav. 6. A 15r.
Tav. 7. A 141v.
Lautografo
Parte Prima
Lautografo di Quiteria
Lautografo di Quiteria
Quiteria
Novella
di
Pompeo Calvia
(Livio Campodena)
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Lautografo di Quiteria
Lautografo di Quiteria
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Quiteria
Novella
di Pompeo Calvia
su avvenimenti di Sassari del
Decimo quinto Secolo.
Un pochino di Storia
La povera Sardegna non appena fu libera dal dominio
deglimperatori dOriente, venne divisa in quattro giudica
ti.
Era tempo ormai che questIsola dovesse godere un po
di pace, ma non fecero che vieppi dissanguarla, le conti
nue invasioni di Museto partitosi dallAfrica nel 998 con
numerose masnade di saraceni, i quali devastarono Torres,
Longone, Fausania, Osea, Tharros, Cornus, Cagliari, ed al
tre citt marittime.
Anche Genova e Pisa si disputarono a lungo, questa gem
ma del Mediterraneo, ed ogni citt si port via il suo bran
dello di carne, compresovi quel Donno Michel Zanche, va
sel // dogni frode, come dice Dante.
Da Gialeto, fondatore nel 687 dei giudicati di CagliariGallura-Torres-Arborea vari furono i giudici che si succes
sero, e nel 1323, quando il re di Aragona accett da Boni
facio VIII la investitura della Sardegna, il solo giudicato il
quale vediamo ancora reggersi quello di Arborea.
Celebre nella storia rimane sempre Eleonora dArborea,
figlia di Mariano Quarto. Donna di alto ingegno e coraggio
cacci dal suo dominio glinvasori Aragonesi, dett leggi
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Quiteria
avvenimenti Sassaresi del
decimo quinto Secolo
Lautografo di Quiteria
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Capitolo I
Maria Santissima, apritemi disse Quiteria, non appe
na si vide sola nello stretto carcere.
Apritemi ripet; ed istintivamente si diede a graffiare
sulla porta nera, foderata di una lamina di ferro.
Ma Mossen Iulia, venuto appositamente in Sassari per
ordine di Don Giovanni II, per la Gracia de Deu Rey Darag, de Navarra, de Sicilia, de Valencia, de Mallorca, de Sardenia, de Corcega, Comte de Barcellona, Duch de Athenas
y Neopatria y Comte de Rossell y Cerdanya, Mossen Iulia
ripeto, aveva dato ordini severissimi a Gabinu Sura, perch
vigilasse sulle torri tutte, su tutte le segrete del Castello di
Sassari. //
E Gabinu Sura infatti, da buon carceriere, chiuse a dop
pio giro la serratura dellultima torre del Castello di Sassari,
la mattina del 25 Maggio del 1478.(1)
Ma perch mi avete allontanato dai miei fratellini? Vi
gliacchi! esclam Quiteria.
Re vigliacco, re vigliacco! Ho gi capito tutto. Sei capace
di lasciarmi morir di fame qui, re Giovanni, vecchia iena.
Oh! lo so, me lha pur detto mio padre che le tue ugne sono
cosparse di fiele, che i tuoi occhi iniettati di sangue non ve
dono che lo sterminio della nostra casa dArborea. Male
detto! e sollev le pugna disperatamente; fece alcuni passi
e cadde nellangolo della cella su dun mucchio di paglia.
Chiuse gli occhi.
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Capitolo II
Il carceriere Gabinu Sura apr la porta: Seguitemi dis
se.
Quiteria obbed, scese alcuni gradini e si ferm innanzi
ad una porticina.
Mia sorellina Giovanna ancora qui? domand con
citata.
Seguitemi rispose il carceriere, sbatacchiando con im
pazienza le chiavi.
Quiteria buss alla porticina e chiam pi volte la sorel
lina:
Giovanna!
Nessuno rispose.
Dov Giovanna?
Io non so nulla.
Tu sai tutto. Chi ha aperto questa porta se non tu? par
la, per carit. Dimmi dov la mia sorellina Giovanna chera
rinchiusa qui?
Consolatevi rispose Gabinu Sura, intenerito dalla se
greta forza di quella voce.
Consolatevi, che presto si e non disse altro, e ri
prese tosto il // duro cipiglio abituale, quasi terrorizza
to dallimprovviso ricordo delle severissime istruzioni di
Mossen Iulia e di Don Angelo Marongio.
Consolarmi! ma come?
Scendiamo.
Quiteria si ferm innanzi alla seconda porticina dove fu
rinchiuso Francescuccio. Era aperta.
Gett nellinterno un rapidissimo sguardo col cuore pie
no dangoscia. Non ebbe coraggio di fare nuove interroga
zioni; scese alcuni gradini e barcoll.
Il carceriere la sorresse, tenendola pel braccio, poi le pre
se istintivamente la mano.
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In faccia al sole?
S, andiamo.
Quiteria pens al sole vivissimo, al suo mare di smeraldo,
e segu // per un tratto rapidamente a camminare.
Il carceriere apr unaltra porticina, ed una voce debolis
sima sintese dimandare:
Chi vive?
Aragona!
Avanti Aragona!
Vaya iuso Aragona disse a Quiteria.
Prudenza, figliola esclam il carceriere.
Ora io ti lascio, s buona.
Dove vai? disse Quiteria, provando un gran dolore
per il distacco di quelluomo pel quale avea prima sentito
ribrezzo.
Rimani! rimani!
Nessuno ti far male, figliola!
Quiteria prese le mani del carceriere e vi lasci andare
parecchie monete.
Gabinu Sura le disse: Tenetele, figliola, nessuno vi far
del male. Abbiate solo la bont di cedermi quel pugnalet
to col quale vi siete ferita, per scrivere col sangue il motto
ribelle che vi consiglio di non // pronunziare pi in questi
luoghi per il bene vostro.
Nel ritirare la mano una moneta cadde per terra e tinn
come un lamento.
Gabinu non si chin per raccoglierla e nascose in fretta il
pugnaletto dalla guaina rossa e dal manico doro.
Dalla porta semi aperta entr un frate e diede il buon sa
luto:
Ave Maria.
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POMPEO CALVIA
Lautografo di Quiteria
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Capitolo III
Pierino Unali, sebbene valentissimo dipintore, non riu
sciva a disegnare un sol tratto che gli ricordasse il viso della
sua amata Quiteria.
Eppure in Oristano egli avea sapientemente gi dipinto
quel viso, nel volto del bel martire turritano S. Gavino, cir
condato dagli altri due martiri Proto e Gianuario.
Non riesco disse Pierino quella mattina, e diede la
tavolozza in mano al suo caro modello Tito Puliga.
Il bambino la depose in un angolo, su duna cassetta di
colori.
Puro il segno tracciato, vigoroso il colore, ma non vi
lanima tua, o Quiteria, nel mio pennello agitato da terribili
battaglie del cuore esclam Pierino.
Poi volto al bambino, gli carezz con materno atto i ca
pelli biondi inanellati: Vattene, oggi gli disse. //
Quando debbo tornare, Maestro dimand il piccolo
modello, contento di aver terminato di posare.
Ritorna domani, Tito mio, oggi non posso. Va tu pure
a godere un po di sole ed a cogliere dei fiori.
Oggi non mi piaciono i fiori disse con malizia il bam
bino, stiracchiando le braccia alquanto indolenzite per la
lunga posa.
Che ti piace?
Io non te lo voglio dire perch tu mi sgridi rispose il
bambino e gli si tinse dun bel rosso il pallidetto viso.
Tutto puoi dirmi, come ad un padre e lo carezz, e
fisso gli tenne lo sguardo scrutandolo nei lucidissimi occhi
neri.
Ebbene, senti, riprese il bambino, chinando la testina
bionda ci che a me piace son certi dolci duna nuova
4. gli] gli ( le)6. in Oristano] /In Oristano/19. di aver...posare] ||di
aver terminato di posare|| (per quella cessazione di posa)20-21. Va
tu...fiori.] ||Va tu pure a godere un po di sole ed a cogliere /dei/ fiori.||
(aVa|,| tu pure come i garofani a respirare sotto /di/ questo cielo puris
simo di Maggio. b||a respirare laria e inebriarti di sole come questi garo
fani, che ti regalo.||)22. Oggi non] /Oggi/Nonfiori] fiori (garofa
ni)con malizia] /con malizia/
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1. nel] nella15. spuntarono] spuntarono (/spuntino/)15-16. cerchi...Sassarese?] un vil3 Capitano Sassarese4 cerchi1 di calpestare2?26-27.
vuoi...ebbi] /vuoi una monetina dArgento?/ questa monetina dargento,
||una di quelle che io ebbi|| 2/eccone una di quelle/ 1io lebbi28. regalate] regalate ( regalatami)in...adorare] /in atto/ di adorare ( ado
razione)
Il quadro esiste in Santa Maria e rappresenta Leonardo Alagon che pre
ga innanzi ai 3 Martiri S. Gavino Proto e Gianuario.
(2)
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22. Cielo.] Cielo Pierino.26. e ricoprivalo] e ( che) ricopriva|lo|2930. gli apparvero] /gli/ apparvero30-31. acquistarono] acquistarono (
ri)
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Capitolo IV7
Ritornando indietro Pierino rivide nel Castello dOrista
no Don Leonardo Alagon, severo e dignitoso, gli occhi pen
sierosi con repentini scatti di fierezza, le mani incrociate sul
petto, ed il collo quasi di bronzo serrato nellampio colletto
accartociato sul giustacuore nero.
Sempre al fianco la spada, ed accanto una borsetta ed un
pugnaletto, col manico doro, e la fodera di rosso velluto.
La mano correva nellimpugnatura con fremiti che si ri
percotevano sulla fronte, come le piccole onde che annun
ziano gi vicine le furenti tempeste.
Era un mattino sui primi dottobre del 14778. //
Pierino intento a dipingere.
Gli pareva di avere innanzi nella sala dArmi del Castello
il cavalletto col quadro dei tre Martiri Turritani, che da pi
giorni dipingeva per ordine di Don Leonardo Alagon.
Si ricordava che il suo cervello dartista andava in cerca
dinspirazione per ridare al viso del Martire quella divina
espressione palpitante di giovinezza eroica.
Ma un arcano fato pareva aver posto nel suo cuore il bel
viso, che non riusciva trovare col pennello, in lotta con li
deale.
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5. si] si (di)8. egli.] ||egli|| (Pierino). Le parler io?9-10. ricordava daver detto.] |ricordava daver detto| (disse).16. risveglio!] ri
sveglio! ripensava linnamorato17. ] || (sarebbe)22. raggiungere
il suo fine] raggiungere il suo fine (diventare completo)27. pianura]
pianura, senza tentare le pi alte vette (cime)?.28. egli] ||egli|| (Pie
rino)
Lautografo di Quiteria
15-16. Un sole...quercia] |Un sole doro scintillante sui verdi rami duna
quercia|25. sul...tavolo] sul /marmo/ bianco |del| tavolo28. allimpugnatura...pugnaletto] allimpugnatura dorata del pugnaletto33. Egli]
||Egli|| (Pierino)posa] posa (mossa di posa)
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1. chin gli occhi] chin alquanto gli occhi3. Le dita dellartista] ||Le
dita dellartista|| Le dita di Pierino6-7. innamorato] innamorato
(Artista)12. Pedro...Pedro] /Pedro de Calvia, nipote di D. Pedro/16.
aveva...risposto] aveva egli allora risposto (rispose Pierino)19. di virt] /di virt/24. gli si avvicin] /gli/ si /avvicin/ (avvicin a Pieri
no)27-28. avea...risposto] |avea ( aveagli) risposto| (rispose il giovi
ne)30-31. si congratularono] si congratularono col giovine.
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1-2. avea egli esclamato] /avea egli/ esclama/to/ linnamorato3. prezioso] prezioso (valoroso)16. salvare un regno] salvare anche un
regno19. avea allora pensato] ||avea allora pensato||
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Capitolo VI
Fra Carmine e Pierino rientrarono nella cella convertita
momentaneamente dallartista in istudio di pittura, per le
molte commissioni che i frati aveano dato a Pierino.
Io esco per breve tempo disse fra Carmine. Ricor
do che non ho fatto ci chera dover mio. Tu mi aspetterai
qui; potrai intanto far colazione. Fra Mauro ha gi deposto
il panierino con le uova ed il pane, e la bottiglia del vin di
Taniga.
Rinforza lo stomaco esternato, o fratello, perch possa
con pi forza e coraggio attendere alla creazione delle im
magini belle, che molto fanno dimenticare. Addio.
Addio fratello.
Fra Carmine scese in fretta i gradini, e rapidamente attra
vers il cortile, la Sagrestia, ed entr in Chiesa. //
Il mendicante batt con le gruccie sul pavimento per farsi
sentire.
Fra Carmine gli corse incontro, si guard attorno, e come
vide che la Chiesa era completamente vuota dimand:
Che nuove mi porti, Gabinu Sura?
Tristissime nuove. Stanotte mi han fatto sgozzare
nellultima prigione della torre in Castello, i tre figlioletti di
Don Leonardo Alagon. In molte acque io mi ho insaponato
le mani, ma tutto quel sangue innocente sento che mi bru
cia sempre pi le mani incallite.
Da chi lordine, Gabinu?!
Dal Comandante della Torre, Conte di Bonafides, per
espresso iscritto firmato e bollato con tre suggelli da Don
Angelo Marongio.
Tristo uomo! //
Ma Iddio non paga il Sabato disse il boia.
Taci, Dio vede tutto.
Lo so, ma duopo per che non si perda tempo e che
si rafforzino le fila per questa purificazione, giacch Iddio
vuole che luomo sadoperi se vuol essere aiutato. Siamo
pochi. Appena trentacinque gli affiliati al moto: Su sole in
5. a Pierino] |a Pierino| (allartista)8. Mauro] ||Mauro|| (Sulas)29.
suggelli] suggelli (bolli)
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Capitolo VII
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Dove mi conducete?
Figliola e il povero Gabinu non trov nessuna rispo
sta da dare allinfelice Quiteria.
La prese quasi tremante per la mano // e fece come chi sa
di commettere una cattiva azione, e non guarda in viso, con
la testa china in silenzio.
Quiteria pi non dimand, e rassegnata segu il carcerie
re, il quale la condusse alla Secunda camera segreta, dove
Nicol Carroz, vicer di Don Giovanni II dAragona, co
minciava il prologo della terribile arte inquisitoriale, che fra
non molto dovea sorgere a maggior gloria di Dio.
Lampia stanza sotterranea era divisa da una sbarra di le
gno, dietro la quale stavano i giudici, seduti innanzi a dei
tavoli ricoperti di panno nero.
Quelle tre autorit parevano dormire, solo il segretario
muoveva con rapidit la destra, e sollevava la testa con moto
misurato per secondare quasi lo scorrere della penna. //
Il conte di Bonafides presiedeva ludienza.
Quando entr Quiteria le dimand con voce che voleva
essere amabilissima:
Sei Cristiana tu?
Io s rispose Quiteria, fissando in viso fieramente i
suoi giudici.
Il Conte di Bonafides, senza scomporsi, fece osservare a
Quiteria che non era quello il momento di mostrar la inna
ta e spavaldo fierezza dei Sardi.
Sei Cristiana, figlia del peccato seguit a dire.
Quiteria avrebbe voluto rispondere fieramente, ma tac
que, col pensiero rivolto ad una immagine di Cristo gron
dante sangue, ed illuminata debolmente da una lampada.
E ricord anche molte immondezze che vide bruciare un
giorno, e le spirali azzurrine di // fumo che si mescevano
alla luce del sole. Quelle spirali di fumo eran le immagini
pure della vita, e salivano verso il cielo, perch bruciate eran
tutte le indegne cose e le turpitudini che le circondavano.
1. conducete] conducete ( condurrete)4. fece ] /fece/5-6. con...silenzio.] cos fece, con la testa china in un silenzio tra il (pieno di)
vergognoso ( vergogna) e |lumiliato| (di umiliazione)8. Secunda]
||Secunda|| (Segunda)22. Io s] Io s, non voi28. fieramente] pi
fieramente
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Capitolo VIII
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Parte Seconda
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Capitolo IX
Pierino pareva non dar pi ascolto a quelle lunghe e no
iose chiacchere, e saliva lentamente le scale grandiose di
marmo ricoperte di tappetti. //
I fasci delle colonne a spire erano ancora avvolti di fiori e
di stemmi dAragona e di Sardegna. Gli stemmi cesellati e
le dorature delle lampade scintillavano al sole.
Pierino provava quasi un senso di umiliazione e di vergo
gna per lintreccio degli stemmi Sardi ed Aragonesi.
Gli pareva che stesse per commettere una cattiva azione.
Il solo pensiero che quanto prima avrebbe potuto salvare la
sua Quiteria lo rattenne dal retrocedere.
Albertuccio al contrario incedeva con passo sprezzante
e con la testa alta, con locchio che voleva sembrare consu
mato nello scrutare le malizie.
Avea un inchino pei Signori, un sorrisetto per le fante
sche, // un complimento per cortigiani, e tutto facea con fi
nezza dArte superiore a quella posta nel rotolo del disegno
che teneva in mano.
Sulle scale incontrarono una fantesca assieme ad un fan
ciullo dai capelli biondi e ricciuti fluenti sulle spalle.
La fantesca apr con calma una vetrata e consegn una
cetra al bambino, che si ferm sorridente sul pianerottolo
della scala, e fiss i grandi occhi neri in viso ai due artisti.
Donnicello Salvatorico, va in giardino a studiare, che
tua madre Donna Rosa te lo permette disse la fantesca.
Bada per di non esporti troppo al sole, n scostarti dal
sedile posto sotto il pergolato dei gelsomini. //
Questo bel fanciullo il figlio di Donna Rosa e di D.
Angelo Marongio disse Albertuccio, e fece la presenta
zione a Pierino.
1. Capitolo IX] Capitolo X7-8. cesellati...lampade] cesellati e
(fra) le dorature e i rabeschi delle lampade10. lintreccio...Aragonesi.] l (questo) intreccio ||degli stemmi Sardi ed Aragonesi|| (delle
torri con le sbarre).19. rotolo del disegno] /disegno avvolto/ rotolo
del disegno20. in mano.] in mano e scroccato da Pierino.21-22.
assieme ad un fanciullo] assieme ad (la quale teneva per mano) un fan
ciullo24. che] che (il quale)26. va] ||va|| (andate)27. tua] tua
(vostra)te] te (ve)31. e fece] e ne fece
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2. con...la fame.] con ( in) un sorriso |si calma e| dimentica |la fame|.4.
Artistico,] |Artistico,|5-6. spesso...donne] spesso sono preferiti (pia
ciono) dalle ( alle) belle donne7. a] a (per)apparve] apparve
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Capitolo X
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1. a ritrarre] a ( ad) ritrarre (afferrare)19. pupille:] pupille.2122. lenti...lamenti] ||lenti suoni|| (ondate sonore) di cetra, con lamenti
simili ||a lamenti|| (al dolore di molte genti).25. sorrida] sorrida.30.
pensavo] pensava33. sorrise...al] sorrise|,| al e disse al
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5. come tanti fiori dai lunghi gambi] come1 tanti2 fiori calpestati6 dai3
lunghi4 gambi5 sui quali fosse []14. in cuore] |in cuore|17. posava] posava (eravi)25. segreta] /segreta/
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1. Rugg] Ruggi14. tadiri] tadiri tarrabbi tarrabbi15-17. illustrissimo!...in mano.] |illustrissimo|! /.E si chin sino a terra sorridente col
cappello piumato in mano./
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Capitolo XI
Cos ti disse? esclam Donna Rosa.
S mia nobile padrona!
Dov il bimbo?
Non so!
Come non sai? Non sai dov mio figlio. Presto, cercalo,
lo voglio qui subito.
Donna Rosa si affacci al balcone e chiam Salvatori
co ma il fanciullo non rispose. Allora impaziente apr la
porta, e pronunzi pi volte ad alta voce il nome del figlio.
In un rapido succedersi dimmagini le pareva di esser stata
crudele, anche vile. Rivedeva quei poveri bambini distesi
in prigione nella nuda paglia, sentiva punture come dacuti
spilli per tutta la persona, e quelle punture erano le paro
le dolorose, i lamenti di una infelice giovinetta. Qual male
aveano fatto alla sua casa quei poveri innocenti? // Ricorda
va che uno di quei bambini disteso sul carro a buoi, e legato
come un assassino, le avea fissato negli occhi le nere pupille,
simili a quelle del suo figlio. Un fantasima nero le turbin
vorticosamente. Vide il suo figliuolo disteso per terra, ago
nizzante, fissarlo con le pupille nere simili a quelle del bam
bino incatenato. Pass la mano sugli occhi per discacciarne
il terribile mostro.
Salvatorico, Salvatorico dove sei.
Il bambino comparve con un libro in mano.
Figlio mio, figlio mio grid piangendo la madre, get
tandosi nelle braccia del bambino, e non cessando di ba
ciarlo e carezzarlo.
8. lo voglio qui subito] ||lo voglio qui subito|| (chiamalo).11. e pronunzi...figlio.] ||e pronunzi pi volte ad alta voce il nome del figlio.||
(e si diede a chiamare ad alta voce.)14-15. sentiva...persona] sentiva1
||punture come dacuti spilli|| (come da spille arroventate) punture /
per/ su tutta2 la persona316. infelice giovinetta.] ||infelice (povera)
giovinetta|| (vergine).19. fissato negli occhi le nere pupille] fissato
||negli (sui suoi) occhi|| (nelle pupille) le sue nere pupille20-21. Un
fantasima nero le turbin vorticosamente.] Un fantasima nero con un
mantello di sangue e un pugnale, come ( simile ad) una (una) spirale,
le turbin vorticosamente.24. mostro] mostro (fantasima)
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dendo, e col bimbo per mano corse nella stanza del ritratto
per rallegrarsi coi colori.
La stanza pareva risentire ancora di tutta la nervosit di
quellora artistica, in quel pallore che avvolgeva le cose. In
un canto, alcune borchie scintillanti le davano la sensazione
di occhi penetranti che la // scrutassero.
Non mai come in quellora avea sentito la presenza ter
rorizzante dellignoto, di esseri misteriosi che come il soffio
pareano trascorrere.
Si adagi un poco.
Non avea n meno la forza n la curiosit di guardare il
suo ritratto.
Solo il bimbo sera avvicinato al cavalletto ed osservava.
Donna Rosa si lev da sedere, ed a grandi passi, sempre pi
scostandosi dal dipinto, percorse tutta la stanza.
Ma perch in ogni luccicho di mobile, in ogni vetro, nel
le terrecotte verniciate, nei candelieri, dovea rivedere quegli
occhi neri che la perseguitavano con insistenza, come la vi
sione duno spettro?
Nascose per un poco la testa tra // le ampie pieghe duna
cortina, ma la visione in quelloscurit le si present pi in
tensa, e mille e mille pareano gli occhi neri scrutatori come
le celle di un alveare.
Ma io sono proprio pazza esclam al fine, e scoppi
in un riso convulso, ed apr tutte le finestre, cercando di far
cessare quella mite luce causa di tanti terrori.
Sentiva che avea bisogno di luce sfacciata e daria, per
allontanare quella visione, opera forse del diavolo. Senza
farsi scorgere dal bimbo, quasi fingendo di toccarsi, pos la
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mano destra sulla fronte, sul petto, sulla spalla sinistra, sulla
spalla destra, facendosi il segno della Santa .
Il bimbo pareva sempre intento a guardare il ritratto e
non diceva parola.
Hai visto disse la madre. //
S, mamma! ma mi fai paura ora che ti guardo. Il ritrat
to e tu in questo momento somigliate perfettamente. Mam
ma, perch ti sei fatta ritrarre cos, perch ora sei come il
ritratto? Che hai, mamma21, mi fai male a guardarti! Tu non
hai pi quel viso bello e calmo. Tu non mi vuoi sorridere.
Che hai? di dimmi che hai? Tu mi fai piangere mamma!
Mi sentivo un po male oggi, figlio mio, un po di mal
di testa, passer.
Osserva, che fisonomia tha fatto quel pittore! disse il
bimbo cercando di farla avvicinare, ma Donna Rosa pro
vava una vera ripulsione a guardare quel dipinto. Volse gli
occhi innanzi al sole, tutto luce ed abbagliante, ricercan
dovi una nota gaia che la innondasse e togliesse da quelle
maligne tenebre. Ed il sole infatti cos vivo, cos caldo, tra
sformava tutto, con allegri luccich sulle coppe di cristal
lo, sui marmi, sulle argenterie, // sui grandiosi drappi che
adornavano il teatrino, sorretti da cordoni e gallone di oro
e dargento. Sulle molte sedie intagliate, sui ninnoli, su tutto
scherzava ed animava gli angoletti pi oscuri quasi come
un fanciullo biricchino che voglia veder tutto, che voglia
frugare per istinto su le cose pi gelose, e saziare la curiosit
col timore che presto venga sorpreso.
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Capitolo XII
Un gatto grigio, con gli occhi pregni di sfosforescenze
nel fondo delle pupille, sera accocolato in un angolo della
scala.
Donna Rosa guard quella bestia, e le parve che in
quellocchio ci fosse unanima che la perseguitasse tetra
mente.
Muss disse Donna Rosa imitando nella voce e nel
gesto le vecchie nonne.
Il gatto nero si avvicin, e donna Rosa prese a carezzar
lo, inquantoch la tradizione vuole che i gatti neri bisogna
lisciarli, quando si avvicinano, perch portano fortuna, e
dentro il cuore vive lanima di un Cristiano che cerca sol
lievo e pace.
Il gatto con leggieri miagol, come domande aristocrati
che di bambini freddolosi, che cercano sempre un lembo
di pelliccia, si pose a // giacere sotto le gonnelle di quella
dama.
Il Donnicello Salvatorico disse alla madre:
Mamma! vedi tu quel lembo di polvere nel fondo di
Plata? il babbo che giunge.
S, figliuolo, andiamo incontro al babbo, col nostro se
guito di ancelle, di servi, di armigeri. Il popolo ci ammire
r E tu, dimmi, non regali niente al babbo?
Un bel bacio disse il bambino. Donna Rosa sorrise
e baci il bambino.
Le campane per larrivo del corteo cominciavano a suo
nare. La prima a darne lavviso fu quella di S. Maria di
Betlemme, stornelleggiando allegramente. San Nicola che
ra sullattenti come una sentinella fedele, segu gli allegri
stornelli, e tosto ripresero // a suonare le campane di Sant
Apollinare, di S. Donato, di Santa Catterina, del Carmelo
Vecchio, di SantAgostino, di SantAnna, ed infine la cam
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ora pareva (seguitava) sempre |pi| gemere (a gemere).10-11. coprire] ||coprire|| (otturare)19. vergine] /vergine/21. amore] |amore|
(innamorato)22-23. se il vento...bambino?] se il vento crudele della
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I cavalieri ammirarono.
Il Conte con gli occhi sfavillanti di gioia, per la grande ed
inaspettata avventura, ringrazi, e nellafferrare il bicchiere
si sent quasi mancare, e per non cadere si appoggi ad un
seggiolone con la spalliera coperta con ornamenti dun co
lor giallo smorto su fondo nero.
Il sole caldissimo illuminava passando attraverso le tende
le vesti ricche e le armature dei cavalieri, alquanto eccita
ti dal buon vino profumato. Sul viso del conte, quel sole
sfacciato facea meglio spiccare le croste del viso, i baffi tinti
ed appuntiti, gi scoloriti pel sudore che scendeva in riga
gnoletti neri su la bocca con le sottili labbra sempre immer
se nel sogghigno. Gli occhi eran piccoli come granelli neri
senza // movimento. Il bianco sera fatto giallo con venatu
re rosse, e stavan racchiusi quegli occhi come una lumaca
chiusa dentro una buccia sporca errante su una carogna.
Grande era il sagrifizio della donna.
Ho da parlarvi da solo, o Conte disse Donna Rosa.
Qual buona ventura per me, o Madonna?
Entriamo nellaltra stanza, o Conte.
Entrarono, ed i cavalieri fecero ala perch passassero.
Donna Rosa condusse il conte nel suo appartamentino
riservato pel riposo. Il letto a baldacchino con coperte di
drappo doro azzurro, suscit nel conte linfernale idea di
adagiarvisi e riposare accanto al viso di quellangiolo. Ma
linfernale idea che gi cercava di avvilupparsi nei ghirigori
duna frase galante, gli mor strozzata nella gola, non appe
na vide la severit della donna, // la quale scostatasi, sera
posta innanzi ad un panno di broccato teso nel muro, dove
nel mezzo eravi dipinto un San Nicola che salvava i bam
bini.
O Conte disse la donna voi dovete assicurarmi che
di ci che vi domando non direte niente ad anima viva.
1. ammirarono.] ammirarono in silenzio.9-10. quel sole sfacciato] |quel sole sfacciato|13. granelli neri] .granelli neri (pallottole
nere)14. movimento.] movimento perch stanchi.16. chiusa]
/chiusa/errante] errante (che erri)27. nella gola] nella gola (nel
cervello)29. teso nel muro] ||teso nel muro||30-31. salvava i bambini.] salvava i bambini dal Salumiere.
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1. simile a quello di] ||simile a quello di|| di5. apr] ||apr|| (aper
se)14-15. tosto rialzato.] tosto |rialzato.| (fu tirato.)21. la gioia sfavillasse] La gioia sfavillasse ( sfavillava)25. che vha dipinto Pierino]
||che vha dipinto Pierino||34. parlarle] parlarle ( parlare)
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Capitolo XIII
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3. Agosto...Chiesa] Agosto a dormire nel mezzo della Chiesa4-5. Angeli dOro...fiori.] Angeli dOro, con le coltri di seta, il medaglione al collo
regalatole da Don Leonardo Alagon, dieci anelli doro e di pietre preziose
in ciascuna mano, e di piedi coi sandali dArgento profumati di gelsomi
ni? coi piedi coperti di sandali doro e di fiori.26. mi son] mi ci son
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alla lancia per proteggere il petto del tuo fratello, per sal
vare una vergine oppressa dalla tirannide. Tu combatti nel
nome Santo dellAmore.
Ama.
Ama Dio nei tuoi fratelli. Non punire ma proteggi. Ricor
da che la tua missione era quella di perfezionare la umanit,
di soccorrerla Che hai tu fatto insino ad ora? Quale ferita
hai sanato? Qual luce hai portato nelle tenebre, qual vange
lo eterno spiegato con lesempio tuo? Prostrati, figliuolo, io
sono // il vero Dio fatto uomo, io che ebbi sete di luce, di
progresso, di fratellanza, che mi son lasciato insultare senza
proferir sillaba legato ad una colonna, che mi son lasciato
coprire di spine perch un giorno nascessero rose da quelle
spine per colmare di letizia il cammino dei miei fratelli
che ho bevuto il calice amaro per amore degli uomini, e per
insegnare a voi la verit, che male avete insegnato.
Guarda come sanguino.
Donna Rosa estasiata osservava il giovine pregare, quasi
assorbendo dal Cristo le parole pi pure, le parole pi dolci.
Frate con un ultimo slancio parve dirgli il Cristo, qua
si abbassando la testa sulla mano per benedirlo. Ti bene
dico, perch tu oggi sei degno di salire con me in Paradiso.
Donna Rosa si avvicin e lo baci sulla fronte.
Altro non posso darti, fratello, // disse.
E quel bacio parve il bacio simbolico della Maddalena ai
piedi di Ges.
Saliamo sorridenti il calvario, esclam il frate, goccio
lante sudor freddo dalla fronte immacolata.
Donna Rosa lo asciug con una candida pezzuola di lino,
e tutta limpronta del viso rimase impressa su quella pez
zuoletta, profumata dalla viva carne, perch tratta da un
seno divino e dal calice di una Rosa24
30-31. impressa...dalla] impressa su quella ( quel) pezzuoletta (lino),
profumato dal|la|31. tratta da un] tratto da un ( dal)
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In calce della pagina numerata nel recto 262 si trova la raffigurazione,
eseguita con inchiostro nero da mano verosimilmente autorale, di un ca
lice da messa con unostia crociata in sospensione (alla sinistra della com
posizione), il telo della Veronica, sovrastato da una rosa, con limmagine
del Cristo (al centro) e lacronimo I N|R I, coronato di spine (a destra).
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Capitolo XIV
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1. che...indicata] ||che le era stata|| (statale) indicata2-4. figure...quasi] figure, ( figure.) |che parevano| (I segni) animarsi ( animandosi) a
poco a poco pareano ||e|| distaccarsi dalla lastra (pietra e), cercando (
cercavano) quasi7. studiava rianimandoli] cercava di studiava ( stu
diare) rianimandoli19-20. Tent...figure] Tent allora di trovare una
spiegazione nelle (Cerc allora di vagare sulle) altre figure21-22. di
un labbro misterioso.] di un labbro (una boca) misterioso ( misterio
sa).28. scritto:] scritto.
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Pro te semper
solamente.
(Per te sempre solo)26 //
Mauro Puliga
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Quelle cose per le quali (Tutto quello pel quale) prima |aveva| provato
( provava) ribrezzo (ripulsione), ora, la confortavano ( confortava,)
ed il gridio stesso tetro e cavernoso, le dava una serena compagnia.9.
il movimento] il movimento (il moto)10. posta] /posta/dallIddio,] |dall|Iddio|,|le] /le/15. i compagni,] i compagni (agli altri
uccelli bgli altri ||compagni|| (uccelli)),20-21. nella...credere] nella
sua esaltazione (lesaltazione di) Quiteria per un momento2 giunse a cre
dere122. dei castelli incantati.] dei terribili castelli |incantati|.28.
incanto] incanto ( incantamento)castello, farle] castello, e farle
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10. i] |i| (le)delicate.] delicate come tante spine.13. I suoi...inutili.] |I suoi sforzi erano inutili.| (Ma niente, niente.)15. spostarsi]
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10. bellino] bellino ( bello)13. buona?] buona? ( buona.)14. Perch] perch ( e f)19-20. e sfumature] /e sfumature/29. e] e ( ch)
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Capitolo XV
E sal. Non passi di scolta sudivano sulle mura, non grid
di uccelli sinistri per lalta torre.
Gabinu Sura fischi nel silenzio.
Quiteria sollev gli occhi, e penetrata quasi dalla pace che
mandavano sulle cose le stelle, pens: Come soave vive
re! Ma come devesser pi soave la morte?! Abbasso.
Nelle scuderie si sentivano leggieri scalpitt di zampe fer
rate.
Arrivati in cima alla scala, dovera un ballatoio di legno,
si apr una porta e comparve un cavaliero.
Gabinu Sura senza esser visto strinse la mano di Quiteria
con affetto. La giovinetta parve capire quellatto e ricambi
con pari affetto la stretta di mano.
Cominciava ad affezionarsi a quel povero uomo dal viso
duro e dai lineamenti // arcigni, ma forse dal cuor doro.
Gabinu Sura salut con un profondissimo inchino e
spense la fiaccola.
Scese alcuni gradini, pose la mano alla cintola dovera lo
stocco, lo palp, assent con la testa, risal leggermente, in
modo da non poter esser udito, i pochi gradini, e stette in
attesa con lorecchio presso la serratura.
Il cavaliere chiuse la porta e con voce che voleva parere
dolcissima disse a Quiteria: Vindovinai che venivate e
la prese per mano delicatamente, conducendola nellaltra
stanza.
Chiuse anche questa porta.
Entrate, entrate segu a dire, con affettata tenerezza.
Ho bisogno solo di dimandarvi certe cose: non abbiate pau
ra, siete in casa mia ora, non nei sotterranei, dove impera
crudelissima la legge. Povera figliuola, venite.
Quiteria lo segu. Si sent un // piccolo rumore alla porta.
Non ci da temere disse il cavaliere il vento.
Quiteria non rispose. Si trov quasi dimprovviso in un
ampia sala splendidamente illuminata.
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1. per...articolando] per la stanza, sconvolta, articolando5. del cadavere] /del cadavere/7. Quiteria fece] ||Quiteri|| Fece9-10. Le...gente.] ||che|| Il rumore2 dei suoi passi le parve1 che dovesse chiamar gente.
21-22. sebbene...debole.] sebbene si sentisse debole (ma saccorse della
estrema debolezza che la prendeva improvvisamente).29. Credette...
passi.] Credette (Le parve) sentire |dei passi.| (un movimento.)
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Parte Terza
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Capitolo XVI
Quiteria scese rapidamente le scale. La visione di quel
viso diabolico riapparve ai suoi occhi dimprovviso, ma to
sto spar.
Si sedette sui primi gradini del pozzo, ed appoggi la testa
// al parapetto: si sent unestrema debolezza.
Le stelle scintillavano sempre. Attorno spirava una solen
ne pace silenziosa, come in un sogno
Si udirono dei passi. Lombra si avvicin.
Quiteria! dove sei? dimand lombra.
Son qui disse Quiteria.
Ho dovuto abbandonarti, non ho potuto pi spiare, mi
chiamarono in fretta e sono accorso. Che stato, povera
giovine? disse Gabinu Sura, incalzandosi rapidamente
con le parole nel dimandare.
Rispose Quiteria: Col pugnale di Leonardo Alagon, che
tu mi hai dato, ho ucciso quelluomo.
Perch ti difendessi da quel mostro, io te lho dato. Il
mio cuore prevedeva gi tutto. Hai fatto bene, figliuola.
Perdonami se cos ti ho chiamato. // Presto, presto, qui tu
non puoi pi restare. Se no sei perduta.
Che mimporta! esclam Quiteria.
Che timporta! no, tu devi vivere ancora, sei troppo gio
vine. Non capisci che io Gabinu Sura, il pi terribile degli
uomini, il boia, ho giurato di salvarti. Devo salvarti a costo
di qualunque sagrificio.
3-6. Quiteria...sedette] Quiteria scese rapidamente le scale esterne sen
za che se naccorgesse. Cammin sui ciottoli del cortile come una sonnam
bula. Non avea pi timore di nulla, passata ||attraverso|| (sul crogiuolo
di) tante disgrazie ed (e di tante) umiliazioni. |e si trov nel cortile| La
visione di quel ( quella) ||viso diabolico riapparve ai suoi occhi dimprov
viso, ma tosto spar.|| (faccia sconvolta riapparve unultima volta ai suoi
occhi, ma tosto scomparve col solito sogghigno diabolico...) | Quiteria
si sent dimprovviso un gran dolore alla testa ed unestrema debolezza alle
gambe. Si sedette7. parapetto...debolezza.] parapetto: ( parapetto.)
|si sent| unestrema debolezza (dire)10. Si...passi.] Si udirono (sen
tirono dei passi) |Dei passi|.14-15. accorso...giovine?] accorso, che
stato, povera giovine19-20. Il mio...bene] Prevedeva gi tutto il mio1
cuore2. Bene3 hai1 fatto223. mimporta!] mimporta
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Luomo dal tizzo acceso batt tre colpi alla porta della
casetta.
Dopo non molto un viso si affaci ad un finestrino:
Chi ? dimand.
Arborea disse luomo dal tizzo.
La porta fu aperta immantinenti. // Zio Zuniari Pinna,
il vecchio contadino, comparve col lume a tre becchi in
mano. Un gatto lo seguiva.
Gatto nero porta fortuna disse luomo dal tizzo.
Fortuna sia, Ges e Maria disse Zio Zuniari, facen
dosi il segno della croce, e precedendo col lume fumigante
i quattro venuti, i quali camminavano in silenzio sulle vec
chie lastre di pietra del pavimento.
Una nudit austera era in quella prima stanza. In un an
golo si ergeva il forno affumicato, ricoperto di canestri e
di alcuni rami dulivo. Vicino al forno eravi la mangiatoia,
ed a questa eran legati agli anelli due cavalli, uno bianco
e laltro rossiccio. Al muro stavano inchiodate delle palme
benedette e delle piccole crocette // indorate e tempestate
di talco tagliuzzato.
Nella Seconda stanza eravi un letto a cortinaggio. Dei
grandi cassoni neri di legno intagliato stavano attorno alle
pareti, ricoperte di canestri di tutte le dimensioni, dagli
sfondi ricamati e infiorati di nastrini rossi ed azzurri. Delle
stuoie turrite di grano completavano la mobiglia. Un odore
acre di fumo e di salsiccie e formagetti bianchi affumica
ti veniva dal cannucciato a reticola appeso con delle funi
di paglia nel mezzo della stanza. Il soffitto era parimenti di
canna, sorretto da grandi travi di legno contorte appena ap
pena piallate. La fiamma del lume fumigante gett sprazi
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Capitolo XVII32
Le campane cominciavano ad annunziare le prime mes
se, ed i contadini si avviavano al lavoro.
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Entriamo nella Via di Rizzeddu disse Zio Zuniari agli
sposi.
Su! su! che ora siamo al sicuro e si soffreg le mani ed
incominci ad intonare una canzone.
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cos (cos)13. lacrime!] lacrime! ( lacrime.)15-16. la bestia, prese] la bestia, e conducevala per la briglia, prese19. sane, e gli] sane, e
gli ( sane. Gli)24. dentini bianchi.] dentini bianchi e lucidi.30-31.
le tenere pianticelle.] le tenere pianticelle ed i fiori.
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screpolature dei massi (spaccature)23. di tinte] |di tinte|25-27. Sfogliava...foglioline.] Con le dita sfogliava i fiori che volevano avvicinarsi
troppo (troppo azzardati), e li gettava come trofei sulla testa di Quiteria, la
quale sandava ricoprendo di foglioline appicicate ai rami.
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1-2. i...terra.] i morti /al ( nel) silenzio/, come le foglie che (i fiori)
appassiti alla terra.3-4. ieri...palo] ieri /[]/ appeso /per volont/ad
un palo9. questo pugnale] questo piccolo pugnale10-12. dopo...
maggiore.] spegneva4 dopo1 non2 molto3 nellinterno8 della Chiesa9 di S.
Nicola10, la vita5 di Don Angelo6 Marongio7 ||proprio innanzi allaltare
maggiore.|| | ||Queste pagine vennero scritte nella Casa di Rosa Gam
bella abitata da me.|| (Io vidi un giorno questo pugnale fra gli oggetti rari
dun mio amico. Come la molta ruggine che ne ricopriva la lama sento che
pieno ( piena) di scorie questo mio racconto. I ( racconto; le) lettori
benevoli /che/ non disdegnarono totalmente le imperfette pagine, diano
qualche colpo di lima a questo mio ( primo) lavoro.) | Pompeo Calvia
LEdizione a stampa
Quiteria
racconto
tolto dagli avvenimenti sardi del XV secolo
Parte Prima
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Capitolo I(1)
O Maria Santissima, fatemi aprire! esclam Quiteria, non
appena fu rinchiusa nello stretto carcere. Ella era stata barbara
mente allontanata dai suoi tre fratellini, il pi piccolo dei quali,
Francescuccio, aveva appena cinque anni1.
Apritemi! ripet, e nel delirio della disperazione si sforza
va di atterrare la porta che era foderata di ferro.
Ma Mossen Julia, venuto appositamente in Sassari per ordine
di Don Giovanni II2, per la Gracia de Deu Rey Darag, de NaIl racconto del quale cominciamo oggi la pubblicazione tratto dalla
storia, cupa e dolorosa, della Sardegna del sec. XV. La nazionale casa dArborea,
la casa di Leonardo Alagon, la casa che avea prodotto Eleonora e i rigogliosi ri
fiorimenti dellarte sarda, era stata schiacciata, non vinta, dalle armi dAragona.
Sotto il peso delle armi straniere, lanima dei sardi, dei sassaresi specialmente,
ebbe contrazioni spasmodiche: essa aveva lenergia di rigettare, in un impeto di
sollievo improvviso tutto quel ferro e le forche molteplici dalle quali corpi di
patrioti nostri penzolavano, nelle grigie mattinate. In questo romanzo la figura
di Quiteria, la condannata e oltraggiata e bella figlia di Leonardo Alagon la
quale era stata arrestata assieme coi fratellini Michele e Francescuccio e con la
sorellina Giovanna, dopo la disfatta che la casa dArborea tocc a Macomer, il
19 Maggio del 1479 spicca nella purezza duno sfondo lieto, fatto damore e
di sogni. L accanto a lei e innanzi a lei, dormono con un respiro affannoso
e roco figure di congiurati, che attendono lora della insurrezione: e su tutto
il quadro; infine, lampeggia dun baleno liberatore il pugnale di Gavino Puli
ga, leroico trafittore di Don Angelo Marongio. Tempo glorioso era quello e di
sventura! Sassari era patria di spiriti forti che non si piegavano sotto il bastone
del villano dominatore.| N. d. Dir.
(1)
Nello stesso numero della rivista La Sardegna Letteraria, I, 1-16 (marzoagosto 1902) si trovano contributi di S. Satta (Notte di S. Silvestro, versi), D.
Scano (La chiesa di S. Maria del Regno in Ardara, con incisione), G. Caprino
(Note romane), A. Giannini (Breve fiorita, versi), L. Falchi (Felice Uda) e in
ultimo la prima puntata di Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del
sec. XV) di L. de Campo (pseudonimo-anagramma di Pompeo Calvia). La ri
vista, che usciva il primo, il decimo e il ventesimo giorno dogni mese, veniva
stampata nella tipografia di Ubaldo Satta, in via Caserma, n 4, a Sassari.
2
Don Giovanni II: Giovanni II di Catalogna, II dAragona, il Senza Fede.
Giovanni di Trastmara, detto anche Giovanni il Grande, in catalano Joan el
Gran, in castigliano Juan II de Trastmara, llamado el Grande (1398-1479), fu
Duca di Peafiel, poi re di Navarra dal 1441 al 1479 e poi re di Aragona, Valen
cia, Sardegna, Maiorca e di Sicilia, re titolare di Corsica, Conte di Barcellona
e delle contee catalane dal 1458 al 1479. Fu figlio del principe di Castiglia e
Len, e futuro re della corona dAragona e di Sicilia, Ferdinando e di Eleonora
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Capitolo II
Il carceriere Gabinu Sura apr la pesante porta del carcere.
E, rivolto a Quiteria, disse: Seguitemi.- La giovinetta obbed,
scese alcuni gradini e si ferm innanzi ad una porticina.
Mia sorellina Giovanna ancora qui? domand concitata.
Seguitemi rispose il carceriere, sbatacchiando con impa
zienza le chiavi.
Quiteria buss alla porticina e chiam pi volte:
Giovanna!
Nessuno rispose.
Dov Giovanna? insistette.
Io non so nulla aggiunse il carceriere, freddamente.
Tu sai tutto. Chi ha aperto questa porta se non tu? Parla, per
carit! Dimmelo. Dov Giovanna?
Consolatevi rispose Gabinu Sura, intenerito dalla segreta
forza di quella voce. Consolatevi, che presto si... e non disse
altro, e riprese tosto il duro cipiglio abituale, quasi terrorizzato
dallimprovviso ricordo delle severissime istruzioni di Mossen
Julia e di Don Angelo Marongio.
Consolarmi!
Scendiamo.
Quiteria si ferm innanzi alla seconda porticina dove era sta
to rinchiuso Francescuccio. Era aperta.
La poveretta gett nellinterno un rapidissimo sguardo col
cuore pieno dangoscia. Non ebbe coraggio di fare nuove in
terrogazioni, scese alcuni gradini e barcoll. Il carceriere la sor
resse tenendola pel braccio, e le prese istintivamente la mano.
Quiteria con ribrezzo strapp rapidamente la pallida mano,
e guard in viso con atto superbo il vecchio carceriere, il quale
chin la testa e lasci passare, pieno di ammirazione, la bella
fanciulla, che segu rispettosamente sino allaltra porta dove
Michele piangendo avea detto:
Non posso salire mamma mia!
Anche questa porta era aperta. Dalla segreta usciva un tanfo,
come di terra umida e smossa di fresco.
Nel fondo della parete eravi unapertura con inferriata, la
quale illuminava una scala alla quale erano attorti vecchi cor
dami, e le catenelle ed i ceppi che avevano stretto nel viaggio i
tre fratellini.
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Capitolo III
Pierino Unali, sebbene fosse valentissimo pittore, non riusci
va a disegnare una linea che gli ricordasse il viso della sua amata
Quiteria. Eppure, nel Castello dOristano, egli aveva sapiente
mente dipinto quel viso nel volto di S. Gavino, il bel martire
turritano.
Non riesco esclam Pierino, e diede la tavolozza al piccolo
modello Tito Puliga.
Il bambino la depose in un angolo della cella, in una cassetta
di colori.
Puro il segno tracciato, vigoroso il colore, ma non trovo
lanima tua, o Quiteria, nel mio pennello agitato da terribili bat
taglie disse Pierino.
Poi, volto al bambino, gli carezz amorevolmente i capelli
biondi inanellati12 .
Per oggi puoi andartene, Tito.
Quando debbo tornare, Maestro? domand il bambino
contento di aver terminato di posare.
Vieni domani, Tito mio, oggi non posso continuare. Va tu
pure a godere un po di sole ed a cogliere dei fiori.
Oggi non amo i fiori, disse con malizia il bambino, stirac
chiando le braccia alquanto indolenzite per la lunga posa.
Che ti piace?
Io non te lo voglio dire perch tu mi sgrideresti, rispose il
bambino e gli si tinse dun bel rosso il pallidetto viso.
Tutto puoi dirmi, come ad un padre e lo carezz e lo fiss,
scrutandolo nei lucidissimi occhi neri.
Ebbene, senti, riprese il bambino, chinando la testina
bionda a me piacciono certi dolci duna nuova forma che oggi
ho adocchiato sotto le tende dei venditori di torroni.
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inanellati A] inannellati LSL. Reintegriamo la lezione di A, perch quella di
LSL non attestata. Trattasi verosimilmente di refuso. La variante grafica atte
stata , semmai, innanellare: Salsi colui, che nnanellata pria / disposando
mavea colla sua gemma (Dante, Purgatorio, V, vv. 135-136); [...] Dal laccio
dor non sia mai chi mi scioglia, / Negletto ad arte, e nnanellato et hirto (F.
Petrarca, RVF, CCLXX, IV); Bionde, come fila doro, e co capelli tutti in
nanellati. (G. Boccaccio, Decameron, XCVI.6). Per altro, lintertestualit
ampia: biondi i capelli, inanellati e lieve [...] (G. Prati, Edmenegarda, Canto
II, 265); capelli fulvi e inanellati [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. XV, 4.15).
217
E si chiamano?
Tiricas dAragona. Si vendono l, vedi sulla Piazza della
Chiesa.
Il bambino segn col dito le tende dei rivenduglioli13, sorrette
da pali rivestiti di alloro e di fiori, con intreccio di stemmi del
Re Don Giovanni, del suo fedelissimo capitano sassarese Don
Angelo Marongio e della bella moglie Donna Rosa Gambella.
Pierino si avvicin al balcone, e si accorse che tutta la piazza
(il patio) di Santa Maria di Betlem era gremita di popolo.
Musiche nuove ed inni nuovi si andavano mescolando agli
inni ed ai canti Nazionali Sardi. Tutto pareva tendere ad av
vilupparsi con quel sole di Maggio che, con le sue calde tinte,
coloriva le penne dei sombreros e le tiazolas14 ricamate.
Pierino dimentic per un istante tutto quellavvilimento di
popolo. I colori nelle gamme pi svariate aveano preso il so
pravvento su i suoi pensieri, e gli colorivano gaiamente le im
magini.
Egli sentiva la chiara divinazione dei toni e delle linee, sde
gnoso dellarte falsa e manierata.
Se uno sfacelo avveniva nelle coscienze e nei caratteri, larte,
per ristabilire lequilibrio, dovea assurgere ad altezza somma
dideali.
Presto al duru-duru, giovanotti! grid un vecchietto batten
do con una bacchetta sul tamburello.
Quel grido si diffuse subito, e tosto cominci il ballo con rit
mo eguale e con cadenze accennate dai movimenti delle mani
intrecciate. Le collane per molti giri avviluppanti il collo delle
femmine, e le gonne, i coritos15, gli orecchini filogranati dava
In A negozianti. Intertestualit ampia: Allingiro, tende militari, barac
che di rivenduglioli [] (G. Verdi, La forza del destino, [Piave] At.3, Sc.6);
suonatori ambulanti, di cantambanchi, di saltimbanchi, di rivenduglioli dogni
sorta di roba, di birrerie sopra tutto frutta (C. Boito, Il maestro di setticlavio,
in Storielle vane, I.19); Bazzicava lass per que paesi / un di que rivenduglioli
ambulanti, / che fan commercio a denari ripresi [...] (G. Giusti, Il sortilegio, in
Poesie, 34); I rivenduglioli di carte e stampe e bullettini gridavano intanto sulla
piazza (G. Rovani, G. Cento anni, Lib. X, 1.8).
14
In A si legge tiarzole. Nelle variet della lingua sarda: tiazla, tiagila, tiajola, tiallora, tiaxola, tibagiola, tibazola, tivazola: fazzolettone per coprire od
ornare il capo.
15
Corittu: corpetto.
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Capitolo IV
La mente di Pierino andava rievocando, come in un sogno,
le dolci visioni del suo amore dentro il Castello di Oristano
Don Leonardo Alagon passeggia nella sala darmi del Castel
lo. Severo e dignitoso lincedere, e negli occhi brillano fulgidi
lampi pel guizzar serpentino dei pensieri20, dove non accolta
mai una idea vile.
I turbinosi nembi delle lancie non sono per lui che il sorriso
della gloria21.
Nemico dintrighi, di tossici, di spie e di cortigiani, di rapine
e di violenze.
La spada che gli pende al fianco ed il pugnaletto dal manico
doro e dalla fodera di rosso velluto, non scintillarono che in
battaglia, in faccia allinvasore22.
Segue concitato a passeggiare coi pugni incrociati sotto lam
pio e candido colletto accartocciato che incornicia il viso ma
schio e diventato quasi di bronzo pel sole che dona i suoi raggi
agli eroi, chiedendo in compenso solo il sangue e la vita.
Spesso laffilata ed energica mano corre sullimpugnatura, con
fremiti accompagnati da improvviso corrugarsi della fronte.
una mattina sui primi del mese di ottobre.
Pierino sta intento innanzi al cavalletto collocato in un ango
lo di questa sala darmi.
20
e locchio, naturalmente bieco e serpentino, vibr sugli sbirri uno sguardo
cos infuocato di furore [...] (G. Rovani, Cento anni, Lib. V, 11).
21
Quando il cinto di nembi Olimpio Giove / Dest un gagliardo, turbinoso
vento [...] (Odissea, canto XII, 401, trad. Pindemonte); [...] E gi lali sonanti
e turbinose / Batt pel cielo il nembo: e al furibondo / Cozzar di masse umane,
e di compatte / Falangi fulminanti, anco rispose / Il ruggito dei venti [...] (A.
Buzzolla, Album di Solferino e San Martino, Tip. della Gazzetta, 1871, p. 65).
22
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 2 puntata del roman
zo pubblicato su: La Sardegna Letteraria, I, 2 (10 Marzo 1902), 15. In calce:
(Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire dalla parola Segue, inizia
la 3 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 3 (20 Marzo 1902), 24. Nel som
mario: G. Caprino, Note Romane; A. Mocci, Frate Comita, Nino Visconti e la
Gallura; G. Lumbroso, Alla citt di Ferrara (saggio di commento storico); Il
castello di Sassari (incisione); Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto
dagli avvenimenti sardi del sec. XV). Cap. IV; In copertina | Barore: La copertina (con caricatura).
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Vedrassi quanto in van cura si pone, / e quanto indarno saffatica e suda, [...]
(F. Petrarca, Triumphus eternitatis, vv. 106-107); Il filosofo esatto, paziente,
geometrico, si affatica / indarno [...] (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 5-6
ott. 1821); Onde ciascuno indarno saffatica: [...] (Id., Canti. Frammenti. XL
Dal greco di Simonide).
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Capitolo V
Tutto questo nella mente di Pierino sconvolta dal vivo dolore
passava fugacemente.
Pierino insieme a fra Carmine, dallo studio discese nella chie
sa di Santa Maria. Sebbene la chiesa fosse vuota da qualche ora,
vi si sentiva ancora lodore caldo di aliti e di carne, misto ai pro
fumi delle rose e dei fiori posti in grandi mazzi tra le candele di
cera.
Un fumo leggermente azzurrino pareva avvolgesse tutte le
cappelle. Le colonne gotiche degli altari davano a Pierino lidea
di grandi mazzi di ceri che si elevassero per accendersi meravi
gliosamente fulgidi nellalto, come le stelle.
Fra Carmine sera inginocchiato innanzi alla cappella di S.
Gavino.
Il quadro dei tre martiri dipinto da Pierino in Oristano, era
ricoperto da un velo nero che nascondeva il viso di Don Leonar
do Alagon, e gli sfregi fatti allo stemma dArborea nella parte
inferiore del dipinto.
Una lampada illuminava sinistramente i rozzi quadretti ap
pesi alle pareti della cappella, a significare il compimento di
promesse votive. Mani di cera e di legno orrendamente scolpite
e colorite erano sostenute da nastrini multicolori, ed erano col
locate alla rinfusa tra treccie lunghe e polverose, tra barchette,
mozziconi di lancie, archibugi, freccie, e qualche spada dallelsa
irruginita.
Un elmo con la celata sconquassata da un colpo ben assestato
di picca, era collocato su di una targhetta su la quale si leggeva
un ringraziamento a Dio che aveva conservato in vita un solda
to combattente, sotto gli ordini di Don Angelo Marongio, con
tro Leonardo Alagon.
Pierino nel leggere questo scritto rimase dolorosamente sor
preso.
Signor mio Ges esclam fra Carmine ultimando la pre
ghiera.
Ges mio! tu hai posto nelle mie mani, che sono indegne,
la tua croce, perch anche io portandola con pazienza in tutte le
avversit, tragga dai dolori raccolti entro di me, le parole giuste
ed adatte a lenire gli altrui dolori. E fra Carmine cominci il
segno della croce sulla fronte, dov lalto intelletto che Dio d
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Capitolo VI
Fra Carmine e Pierino rientrarono nella cella, convertita mo
mentaneamente dallartista in istudio di pittura, per i molti la
vori che i frati, gli avevano commesso in quei giorni.
La colazione pronta in quel panierino disse fra Carmi
ne. Questa lora di ridare al corpo un po della forza che si
dispersa nella fatica artistica. Vedo che fra Jago non ha dimen
ticato di porre una bottiglia di vin vecchio di Taniga, secondo
il mio ordine. Pensa che se le piante non hanno il nutrimento
necessario dallaria e dalla terra, il vento le spezza e le intristisce.
Hai capito? Io mi allontano per poco.
Fra Carmine scese in fretta i gradini, e rapidamente attravers
il cortile, la sacrestia, ed entr in chiesa.
Il mendicante batt con le grucce sul pavimento per farsi sen
tire.
Fra Carmine si guard attorno, e come vide che la chiesa era
deserta, corse incontro al mendicante e gli domand: Che
nuove mi porti, Gabinu Sura?
Tristissime nuove. Stanotte mi hanno fatto sgozzare nellul
tima prigione della torre, in Castello, i tre figlioletti di Don Leo
nardo Alagon. In molte acque io ho lavato le mie mani, ma quel
sangue innocente sento che mi brucia.
Chi ti ordin queste ultime esecuzioni?
Il Comandante della Torre, Conte di Bonafides, per espres
so scritto firmato e bollato con tre suggelli da Don Angelo Ma
rongiu.
Tristo uomo!
Ma Iddio non paga il sabato disse Gabinu Sura, il boia.
Taci, Dio vede tutto!
Lo so, ma duopo che non si perda tempo e che si rafforzi
no le fila. Siamo pochi. Appena trentacinque! Ma il nostro mot
to grande: Su sole in sarvure. Gavino Puliga va raccogliendo
proseliti, travestito da pescatore Catalano. Non perde tempo, e
noi abbiamo gi avuto da lui i segni e le parole speciali con cui
possiamo riconoscerci anche nelle tenebre.
Gabinu, siate prudente. Esistono dappertutto traditori...
E Mossen Julia esclam Gabinu Sura dopo aver fatto
drizzare da me stesso la forca in economia, mi farebbe penzola
re come un dannato da quella forca, innanzi alla porta del Ca
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Capitolo VII
La luce della luna penetrava dallinferriata del carcere, e
nellaria si sentiva un acuto profumo di zagare. Dalle terrazze
giungevano suoni delicati di cetre e canti soavi di fanciulle.
Quiteria si avvicin allinferriata e guard il disco sfolgorante
della luna, ma ne ritrasse tosto lo sguardo, parendole di vede
re dentro quelle macchie lunari limmagine di due teste che si
baciassero.
Come tremo esclam Quiteria, e socchiuse gli occhi.
La povera anima sua si sentiva inebbriata da una nuova dol
cezza damore29.
Sempre mio! sempre mio! esclam. Scaldami col tuo alito,
non vedi come intirizziscono le mie povere membra! Non senti
come io vengo meno! Mi par di morire... Pierino!
Altro non disse la povera vergine, e come lo stelo dun giglio
si pieg e cadde sullumida paglia. Gabinu Sura apr la porta.
Una luce rossa proiettata da una lanterna rischiar la cella quasi
con una crudele durezza di contrasti.
morta! esclam il carceriere, e si chin alquanto e la
scosse.
Quiteria sospir.
viva disse Gabinu Sura e tosto ritrasse la mano dal viso
della fanciulla temendo di profanare quel sogno.
La bella fanciulla gli appariva simile ad una vergine martire
delle leggende cristiane30.
I fili della paglia sulla quale giaceva, illuminati dalla lanterna,
sirradiavano come unaureola dietro quelle chiome nerissime.
29
godi il piacer del pianto, inebbriata / nella dolcezza del materno amplesso
[...] (T. Grossi, Ildegonda, Parte I, 16).
30
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 5 puntata del romanzo
pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 5 (Aprile 1902), pp. 31-32, contenente
la parte finale del capitolo V, tutto il capitolo VI e la parte iniziale del capi
tolo VII. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire da I
fili, inizia la 6 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 7 (Maggio 1902), pp.
55-56. Nel sommario: M. Marin, Sonetto primaverile; L. Falchi, La cultura
italiana; A. Scano, Dal libro della gioia (versi); A. Giannini, Poeti Nuovi (Luigi
Pirandello); A. A. Mura, La prosa dellAmministratore; l.f. G. Deledda, Notizie;
L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV).
Cap. VII, VIII; In copertina | Barore: La copertina (con caricatura).
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Gabinu Sura, per accertarsi che quella non era una visone,
tolse il moccolo di cera dalla lanterna e lo depose vicino a Qui
teria.
A quella vivida luce una farfalletta si stacc dal muro e si pose
a volare intorno alla fiamma. Il ronzio di quel volo era simile a
un pianto lontano di bimbo. Unaltra farfalletta a quel richiamo
venne vicino al lume; e poi, unaltra, pi piccina ancora. Tutte
e tre, con lo stesso lamento, girarono attorno al lume. La pi
piccina si avvicin troppo alla fiamma, e cadde, come una foglia
di rosa sul viso di Quiteria.
Il carceriere che era alquanto superstizioso credette tornas
sero, in quelle farfalline, le piccole anime dei bambini da lui
strozzati.
La luna era scomparsa, ed una pura calma scendeva dalle stel
le e si rifletteva sul pallido viso di Quiteria: Che cosa sognava
ora quella santa? Quiteria si dest atterrita.
Mamma disse dove sono? e si sollev alquanto, fa
cendosi schermo della destra contro la luce troppo viva della
fiamma.
Non temete! disse Gabinu Sura. E rimase lungamente si
lenzioso, perch gli mancarono le parole in quel momento pie
toso. Finalmente, con voce tremante: Non c nulla di male,
disse voi verrete con me. Ma state calma.
Dove dovr andare! dimand Quiteria.
Figliuola, venite rispose Gabinu Sura. Raccolse il moc
colo dal suolo e lo introdusse nella lanterna, cercando di tem
poreggiare, come colui che sa di commettere una cattiva azione.
Il vergognoso e lumiliato prese la destra di Quiteria, la quale
rassegnata segu il carceriere nelle segrete dei sotterranei, dove
Nicol Carroz, vicer di Don Giovanni II dAragona, comincia
va il prologo della terribile arte inquisitoriale, che fra non molto
doveva sorgere anche in Sassari a maggior gloria di Dio.
Lampia segreta a molti metri sotto il suolo era divisa in due
parti da una sbarra di legno, dietro la quale stavano i giudici,
seduti innanzi a dei tavoli ricoperti di panno nero.
Quelle tre autorit pareva che dormissero; solo il segretario
muoveva con rapidit la destra, per grattarsi lorecchio con la
penna. Presiedeva ludienza il Conte di Bonafides.
Con voce che voleva parere amabilissima dimand a Quite
ria: Sei Cristiana tu?
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Capitolo VIII
Lo scultore Albertuccio Casena aveva chiesto a Pierino il fa
vore di disegnargli una finestra trionfale da collocare nella piaz
zetta della Chiesa di Santa Catterina, dove Donna Rosa Gam
bella aveva una sua palazzina. La nobil donna immaginava fare
una sorpresa al marito facendo sculpire nel fregio del balcone
lingresso trionfale di Don Angelo Marongio, dopo la vittoria
riportata contro lesercito di Leonardo Alagon.
Anche i ritratti dei fortunati sposi doveano campeggiare nella
facciata della casa, ai due fianchi di quel trionfo, dove il superbo
capitano poserebbe su dun cocchio, preceduto da musici e se
guito da portatori di doni33.(2)
Pierino esegu con prontezza il disegno chiestogli dallamico,
il quale gli aveva promesso di presentarlo a Donna Rosa non
appena gli avesse consegnato il lavoro che dovea portare non
la sua firma ma questa: Albertuccius Casena sculp.fecit. Non era
questa la prima volta che Pierino cedeva lopera sua allamico,
ed anche lo stemma dei Gambella posto in una palazzina a Sor
so, portava la stessa firma.(3)
Pierino non dava importanza a queste velleit, tutto assor
to nel pensiero di quella presentazione, dalla quale saspettava
Questa bellissima finestra storica fu tolta nel passato anno 1901, per le esigen
ze della costruzione della casa Oggiano, ove attualmente il negozio dei fratelli
Depaolini (Piazzetta Azuni).
(3)
Lo stemma dei Gambella esiste ancora a Sorso nel suo primitivo posto.
(2)
33
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 6 puntata del romanzo
pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 7 (1 Maggio 1902), pp. 55-56, conte
nente la parte finale del capitolo VII e la parte iniziale del capitolo VIII. In
calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo, a partire da Pierino, inizia
la 7 puntata. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 8 (10 Maggio 1902), pp. 63-64. Nel
sommario: C. Quaranta, Saturnalia (versi); L. Falchi, Un romanzo contro il
divorzio; R. Kipling, La canzone dei tre balenieri (prima versione dallinglese
di Pasquale Gastaldi Millelire); T. Rasa, Tribunali umoristici (Il codice civile);
lf. ag.: Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti sardi
del sec. XV). Fine della 1 parte; In copertina | Barore: La divina ... copertina
| Prossimamente: Sul canto VIII del Purgatorio di A. Giannini, Donna Priora
di Toga Rasa, Questioni moderne di Paolo Orano, e versi e prose di argomento
sardo di Antonio Scano, di Dionigi Scano, di Angelo Pinetti, di Luigi Castello, di
Antonio Marras, ecc.
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Guaj se si desse retta a queste chiacchere [...] (A. Manzoni, Fermo e Lucia,
Tomo 2, cap. II).
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Dunque tu sei un nobile degno del tosone [...] (G. Rovani, Cento anni,
Libro IV, 10).
41
In corrispondenza di questo luogo del testo finisce la 7 puntata e la Prima
parte del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 8 (10 Maggio
1902), pp. 63-64. In calce: (Continua) Livio di Campo.
Parte Seconda
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Capitolo IX42
Osserva ora, il paggio non ci saluta che con un semplice in
chino, disse Albertuccio. Spero che nel discendere saran
fatti anche a ma i tre inchini, per le lodi e gli onori che mi avr
da questo bellissimo balcone da te disegnato. Bada che nessuno
venga a saperlo, che lhai tu disegnato. Ma gi, tu sei un buon
giovine. Hai tu distrutto gli schizzi perch non rimanga alcuna
traccia dellopera tua? Come son felice questoggi! ...
Su per lampio scalone della casa di Donna Rosa Gambella,
i fasci delle colonne a spire erano ancora avvolti di fiori e di
stemmi dAragona e di Sardegna.
Anche tra i rabeschi delle lampade di bronzo eran colloca
te delle rose legate con nastrini del colore dello stemma di D.
Giovanni II.
Pierino nel salire quelle scale provava un senso di umiliazione
e di vergogna, ma il pensiero che quanto prima avrebbe potuto
intercedere per la liberazione della sua Quiteria e dei fratellini
lo spinse innanzi.
Albertuccio, al contrario, incedeva con passo sprezzante e
con la testa alta, volgendo attorno gli occhietti maliziosi. Su per
le scale incontrarono una fantesca la quale teneva per mano un
fanciullo. La fantesca apr con calma una vetrata, prese, dalla
sedia sulla quale posava, una cetra e la consegn al fanciullo.
Donnicello Salvatorico va in giardino a studiare gli disse, tua
madre te lo permette. Bada per di non esporti troppo al sole e
di non scostarti dal sedile posto sotto il pergolato dei gelsomini.
Albertuccio disse a Pierino: Questo bel fanciullo che somi
glia ad un cherubino il caro Donnicello Salvatorico, figlio di
42
In corrispondenza di questo luogo del testo inizia la 8 puntata e la Secon
da parte del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 9 (20 Maggio
1902), pp. 75-76. Nel sommario: L. Pirandello, Tenui luci improvvise (versi);
A. da Pons, La Dante Alighieri (conferenza tenuta nel civico teatro di Sassari
la sera del 15 maggio); G. Natali, Trittico (versi); T. Rasa, Tribunali umoristici: La donna Piovra; R. Botti Binda, Fiori di novembre (versi); A. Pinetti, Nuraghe di Burghidu (versi); A. Marras, Cerimonia funebre nel Sasso di Perfugas; P. Calvia, Non ti fid di lagnili (versi in dialetto sassarese); lf. ag.: Notizie;
L. Taras, Nota agraria; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto dagli avveni
menti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. IV.; In copertina | Barore: La copertina.
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Capitolo X
La sala dove Donna Rosa doveva farsi il ritratto era ancora
ingombra di scenari e di attrezzi per il teatrino erettovi per so
lennizzare la vittoria di Don Angelo Marongio.
Pierino in attesa che la nobil dama comparisse, sintrattenne
a guardare alcuni libri miniati dal celebre Pietro da Carcano,
per illustrare le commedie di Terenzio. Finissimi erano anche i
disegni eseguiti da Venturino da Vimercate, su alcune egloghe
scelte per la rappresentazione.
In questa vasta sala, ad imitazione dei grandi centri dIspagna
e dItalia, venivano ad incontrarsi tratto tratto le persone pi
serie e severe al pari che le pi allegre, le dame di maggior av
venenza al pari che i cavalieri pi compiti, i caratteri pi integri
accanto ai cortigiani pi abbietti ed alle donne un po troppo
appassionate per le saporite novelle di Messer Bocaccio. Con
veniva insomma quel che di pi spirituale e intellettuale fioriva
nel secolo, e per il quale passava il guizzo elettrico di tutti i pet
tegolezzi e gli scandali della societ.
Oltre le commedie, le egloghe, le tragedie, i sacri misteri, le
canzoni dei trobadori, vi leggevano i notai le rime di Petrarca
ed il poema di Dante, imperocch a Sassari, sebbene avesse do
minio la corte dAragona, molto era stimato il gentile idioma
italico, ed il dialetto Sassarese altro non era che una fusione del
Pisano con la lingua sarda.
Pierino pieno di ammirazione segu a guardare molti altri co
dici e libri e gingilli. In un angolo della stanza gli ferm latten
zione un tavolinetto di palissandro in istile romanico. Faceva da
base un capitello; tra i meandri si arrampicavano alcune figure
dalle forme strane. Giravano attorno alla colonna dei nastri ac
cartocciati a delle rose. I nastri erano bianchi contornati doro,
e portavano questa leggenda in lettere rosse: Laurea rosa, caduta dal prato del paradiso nel grembo della Vergine, vi si pos:
nel decoro virginale e nel chiostro del pudore la stanza accoglie
langelica rosa55.
55
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 8 puntata cap.
IX e X del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 9 (20 Maggio
1902), pp. 75-76. In calce: (Continua) Livio di Campo. Subito dopo a partire
da Sul tavolinetto inizia la 9 puntata, Parte Seconda, cap. X. Cfr: La Sarde
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Capitolo XI
Cos ti disse? esclam Donna Rosa.
S, mia nobil padrona!
Dov il bimbo?
Non so!
Come non sai? Non sai dov mio figlio! presto! cercalo,
chiamalo, lo voglio qui subito. Donna Rosa si affacci al bal
cone e chiam: Salvatorico! ma il fanciullo non rispose.
Allora impaziente apr la porta e pronunzi pi volte ad alta
voce il nome del figlio. Per un rapido succedersi dimmagini
vide i figli di Leonardo Alagon distesi sulla nuda paglia e ricinti
di catene61. Qual male avevano fatto alla sua casa quei poveri
innocenti? Ricordava che uno di quei bambini disteso sul carro
a buoi la aveva fissata, mentre il popolo acclamava festante. Un
nero fantasma le turbin dimprovviso vorticosamente. Donna
Rosa mand un grido doloroso. Vide il suo figliuolo per terra
agonizzante che la fissava con le pupille nere simili a quelle del
bambino incatenato. Pass la mano sugli occhi per discacciare
il terribile fantasma62. Salvatorico Savatorico! dove sei? chia
m Donna Rosa. Il bambino comparve con un libro in mano.
Figlio mio, figlio mio grid piangendo la madre gettandosi
nelle braccia del bambino e non cessando di baciarlo e carezzar
lo. Come ti voglio bene!
Mamma! disse il Donnicello Salvatorico, un po sorpreso
da tutte quelle carezze improvvise, e quasi cercando di approfit
tarne: Mamma! disse oggi io io non ho voglia di studiare il
latino. Fammi uscire un po per Sassari.
Usciremo assieme pi tardi, ora rimani con me, con me
sola. E lo accarezzava non cessando di contemplarlo.
La maternit riprendeva i suoi diritti su tutte le vanit mon
dane. Lunica sua consolazione era il figlio. Parve alquanto cal
marsi, ma quella frase che il cameriere lugubremente aveale ri
ferito ora tornava con insistenza a far capolino nel suo cervello,
e la povera madre ne tremava come dun fatto che realmente
61
Tutti ricinti diridi dorate [...] (A. Aleardi, Raffaello e la Fornarina, in Canti, v. 85).
62
con armi da fuoco verso il cielo per discacciare il maligno spirito [...] (G.
Leopardi, Introduzione a Storia dellastronomia, 6).
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In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 10 puntata, Parte
Seconda, cap. X e XI, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 11
(10 Giugno 1902), pp. 95-96. In calce: (Continua) Livio di Campo.
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Capitolo XII64
Il Donnicello Salvatorico fattosi alla finestra disse alla madre:
Mamma! vedi tu quel nuvolo di polvere nel fondo della Pla
ta? il babbo che arriva.
S, figliuolo, andiamo in contro al babbo col nostro seguito
di ancelle e di armigeri; il popolo ci ammirer... e tu dimmi, non
regali niente al babbo?
Un bel bacio disse il bambino.
Donna Rosa baci il figliuolo.
Le campane per larrivo del corteo cominciavano a suonare.
La prima a darne lavviso fu quella di S. Maria. San Nicola che
era sullattenti come una sentinella fedele, segu gli allegri scam
panii, e tosto risposero le campane di SantApollinare, di San
Donato, di Santa Catterina, di SantAnna, ed infine la campana
del Castello, la quale poneva in mezzo a tutta quellallegria una
nota dolorosa. Donna Rosa cercava di distrarsi e di non badare
a quel tetro suono, ma quella nota sempre pi insistente non
lasciava pace alla sua anima. Carezz il bambino, se lo strinse
forte forte al cuore cercando un conforto. La campana gemeva
sempre pi. Donna Rosa istintivamente appoggi le mani alle
orecchie per attutire i suoni, ma questi crudamente ripeteva
no alla sua accesa fantasia: Il tuo bimbo ha baci e carezze, ma
quelle povere creature spasimano dorrore nelle segrete della
torre. Tu puoi tutto, salvali! Tu hai laria e la luce e tutte le gioie
della vita, ma quella vergine infelice non ha aria n luce, nulla...
nulla! Salvala!
Che sarebbe di te se il vento gelido della morte spegnesse il
tuo bambino?
Tu piangi mamma, perch? Non vedi che tutto festa oggi?
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In corrispondenza di questo luogo del testo inizia la 11 puntata, Parte Se
conda, cap. XII, del romanzo pubblicato su La Sardegna Letteraria, I, 12 (20
Giugno 1902), pp. 103-104. Nel sommario: L. Falchi, La mia campagna (versi);
A. Giannini, Il canto VIII del Purgatorio (continuazione e fine); A. A. Mura,
Il progresso; La Sardegna Letteraria, Produzione letteraria isolana; B. Loy, La
confessione di Giorgio; lf.ag. Notizie; L. de Campo, Quiteria (racconto tratto da
gli avvenimenti sardi del sec. XV). Parte 2. Cap. XII; In copertina | Barore: La
copertina (con puppazzetto).
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La folla: Evviva la regina!... (Poi): Angelotti!... Angelotti!... A morte! |
Trvilhac (a Caprola): Che dicono? | Maria (al verone della finestra centrale,
volgendosi verso Scarpia, al centro della scena): Li senti Scarpia? Vogliono la
testa di Angelotti. | Scarpia (freddamente): S, Maest. | La folla: Scarpia! a morte
Scarpia! [...] (V. Sardou, La Tosca, Att. II, sc. IV).
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fiori, confetti, coriandoli, melaranci, pomi, ova [...] (G. Rovani, Cento anni,
Lib. II, 2).
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Capitolo XIII
Partiti i cavalieri, Donna Rosa rientr nella sua stanza, e si
pose a sedere accanto ad un tavolinetto sul quale stavano alcu
ne boccettine di essenze. La stanza era avviluppata in un soave
mistero con le tende abbassate alle finestre. Un gatto venne a
posarsi sul serico strascico dellabito della bella dama74.
Sei mia, tutta mia, pareva dire il nero gatto geloso, con gli
occhi fissi negli specchi i quali riflettendo la soave immagine
della dama rubavano parte della sua gioia. Con le unghie distese
come una tigre, drizz la testa in atto di sfida, non appena vide
muoversi la tenda della porta sollevata da fra Carmine, il quale
non ebbe coraggio di avanzarsi subitamente, quasi credendo di
turbare una preghiera misteriosa nella quale lanima chiedeva ai
fiori, pi che a Dio, la dolcezza di una promessa.
Oh Ges! chi mi tenta? esclam il frate. giorno per
fetto ed io temo come nella notte pi oscura! Dorme un angelo
vicino al mio cuore ed io pavento e dubito se sia un angelo.
Gli corse un brivido per tutta la persona, ma fattosi coraggio
sinoltr. Non doveva egli accettare da Dio tutte le tentazioni
ed affrontarle se per volere di Dio ogni cosa avveniva quaggi?
Perch tremava? Il giovine si tolse dalla fronte il nero cappuc
cio, si avvicin alla signora bello come un leggendario nume
pieno di passione. Le stellette degli speroni ripercosse dallince
dere tinnirono, ed il nero e geloso animale mand un lamento
per quellessere bello. Donna Rosa non si dest o finse di non
destarsi. Piccoli sospiri le sollevarono il seno.
Fra Carmine appena ebbe abituato locchio a quella semi
oscurit, meglio comprese la superba bellezza della dormiente,
ma non chiuse gli occhi n cerc di fuggire. Si studi di vincere
se stesso e di meglio penetrare nel vero sentimento divino, al
lontanando il suo spirito dalle meschine grettezze, dove in tutto
il bello non doveva nascondersi che unopera diabolica.
Se tu sei lo spirito del male, della menzogna, della impurit,
va retro Satana! esclam il frate e si fece il segno della croce.
Ma la vaga dormiente non scomparve, ed anzi si present pi
74
Gittava il cavaliero / Il verde manto serico / De la sua donna al pi [...] (G.
Carducci, Per il quinto anniversario della battaglia di Mentana, in Giambi ed
Epodi, vv. 26-28).
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Capitolo XIV
Quiteria fu rinchiusa in una cella del pian terreno della torre,
forse per usarle un qualche riguardo, poich in questa nuova
cella vera una finestra pi grande, una tavolaccia con un pa
gliericcio, e la paglia era meno umida. Sur un panchetto75 era
stata deposta una brocca dacqua e vicino un piatto con delle
fave bollite ed asperse di un poco di aceto e sale. Quiteria le
aveva assaggiate appena, e sera messa a giacere sul pagliericcio.
Il pavimento esalava un tanfo insopportabile per la terra smossa
di fresco nel centro della camera. Qualche pipistrello entrava
dal balcone e si appiccicava coi piedi e con ali viscide alle pa
reti. Uno sera posto quasi vicino alla lanterna che proiettava
triangoli di luce sulle pareti umide e nere76. Locchio distratto
di Quiteria si pos sur una scarpetta rossa di cuoio, con legacci
di seta e fiochettini. La riconobbe; era quella del suo fratellino.
Le parve di sentire il grido dangoscia del piccolo Arriguccio,
quando nel momento che i soldati lo rinchiudevano invocava
la madre. La povera sorella non ebbe forza di mandare un solo
lamento e si nascose la testa tra le mani.
Entr poco dopo il boia col figliuolo pi giovine, e gli cari
c sulla testa una scala, poi prese dallangolo un gran palo e la
corda.
- Son rotto di fatica questoggi ed ho la schiena che mi si
curva esclam, guardando Quiteria. Il giovinetto sbucciava
degli aranci e quel profumo metteva un certo risveglio di vita
nellambiente.
75
Assiso sur un enorme dado di pietre nere [...] (A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno, cap. II.2); Era adagiato sur una seggiola [...] (E. De Amicis, Un
tratto generoso, in Cuore, VI.1); Arrampica sur una scranna [...] (C. Dossi,
Istinto, in Goccie dinchiostro, 4); si era gettata sur una seggiola [...] (L. Ca
puana, Profumo, XXII. 7); [...] Di sur un arbor di sambuco giallo [...] (G.
Carducci, Il Burchiello ai linguaioli, v.11).
76
il vento sbatteva le imposte della finestra chera stata lasciata aperta per or
dine suo, i gufi svolazzavano sul ballatoio, i pipistrelli sinseguivano stridendo
per landito; il lume della lampada riverberavasi [...] (G. Verga, Le storie del
castello di Trezza, in Primavera e altri racconti, V.16); Giunsero da ultimo i
pipistrelli con il loro brancolio cieco, aereo, viscido e velocissimo [...] (G. Fal
della, Gentilina (Fantasima di un vecchio celibe), in Le Figurine, 47).
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Capitolo XV
Non passi di scolta sudivano sulle mura, non gridi di uccelli
sinistri per lalta torre83.
Gabinu Sura avvicin la nocca dellindice alle labbra e mand
un acuto fischio.
Quiteria sollev gli occhi senza impressionarsi, e penetrata
dalla pace che sulle cose mandavano le stelle, pens: Come
soave vivere! Ma come devessere pi soave la morte!
Abbasso, nelle scuderie si sentivano leggeri scalpitii di zampe
ferrate.
Arrivati in cima alla scala dovera un ballatoio di legno, si apr
una porta e comparve un cavaliero. Gabinu Sura senza esser
visto strinse la mano di Quiteria con affetto. La giovinetta ri
cambi con pari affetto quella stretta. Linfelice cominciava ad
affezionarsi a quel povero uomo dal viso duro, e dai lineamenti
arcigni, ma forse dal cuore doro. Gabinu Sura salut con un
profondissimo inchino, e spense la fiaccola. Scese alcuni gradi
ni, pose la mano alla cintola dovera lo stocco, lo palp, assent
col muover del capo, risal leggermente i pochi gradini e stette
in attesa con lorecchio presso la serratura84.
Il cavaliere chiuse la porta e con voce che voleva parere dol
cissima disse a Quiteria: Indovinai che venivate e la prese
per mano delicatamente conducendola nellaltra stanza. Chiu
se anche questa porta. Entrate; entrate continu a dire con
83
Lintertestualit ampia: suoni di vita pi non salgono da la citt, / non derba
iola il grido o corrente rumore di carro, / non damor la canzon ilare e di gioven
t. / Da la torre di piazza [...] (G. Carducci, Nevicata, in Odi barbare, vv. 2-5):
cfr. G. Pirodda, Prefazione a..., p. 16. Si veda altres: Tutto silenzio... della
vigil scolta / Batte soltanto il pie. [...] (G. Verdi, Attila [Solera], Att. I, sc. III).
Lattacco del capitolo, liricamente connotato, conferma una tendenza stilistica
diffusa nel romanzo. Lautore, infatti, attiva la funzione poetica del linguaggio
per meglio corrispondere ad una esigenza insieme formale e contenutistica. Per
altro, come si legger, lacme drammatico del romanzo rappresentato dalluc
cisione del Conte di Bonafides da parte della giovane Quiteria ha molti punti di
contatto (per modalit, atmosfere, tipologia e pragmatica dei personaggi, conte
sti situazionali e informazioni accessorie, temi e motivi) con la quinta scena del
secondo atto del dramma di Victorien Sardou, che vede come protagonisti il sa
dico barone Scarpia e la bella Tosca. Cfr. Quiteria quasi Tosca, pp. LXXII-LXXIX.
84
con un puntale in cima a foggia di stocco, e volto quello alla vita di Renzo
[...] (A. Manzoni, Promessi sposi [1827], cap. XXXIV. 6).
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Ibid.
Ivi, p. LXXVIII.
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Capitolo XVI
Quiteria scese rapidamente le scale. La visione di quella faccia
dallo sguardo infernale pareva ancora perseguitarla. Sent dim
provviso unestrema debolezza e si sedette sui primi gradini del
pozzo, appoggiando la testa al parapetto.
In alto scintillavano le stelle ed attorno spirava una solenne
pace silenziosa come in un sogno94. Quiteria sent dei passi che
savvicinavano. Quiteria esclam Gabinu Sura. Ho dovuto
abbandonarti, non ho potuto pi spiare, mi chiamarono in fret
ta. Che stato? ditemi, perch siete qui?
Rispose Quiteria: Con quel pugnale di mio padre, che voi
mi avete restituito, ho ucciso quel mostro.
Per difendervi da quello scellerato, io ve lo ho dato. Il mio
cuore prevedeva gi tutto. Avete fatto bene, figliuola! Perdona
temi se vi chiamo con questo nome. Presto, venite con me, qui
non potete pi restare, se no siete perduta.
Che mimporta!
Che vimporta! no, dovete vivere, siete troppo giovane. Non
capite che io, Gabinu Sura, il pi crudele degli uomini, perch
boia, ho giurato di salvarvi a costo di qualunque sagrificio.
La mia vita non val pi nulla rispose Quiteria.
Varr per gli altri.
Per chi?
Per Pierino che vi ama al delirio ed ora vi aspetta.
Pierino! dov Pierino? Mi aspetta! Oh! fatemelo vedere,
conducetemi subito. M dolce morire fra quelle braccia.
Seguitemi, non abbiamo tempo da perdere: presto viene
lalba. Gabinu Sura condusse Quiteria sotto un archetto del
Castello dovera il suo alloggio. Una lampada innanzi ad una
Madonna illuminava debolmente la stanza. Quiteria corse ad
inginocchiarsi ai piedi della Madonna. Gabinu Sura apr in fret
ta un vecchio cassapanco e ne trasse delle vesti di suo figlio e le
present a Quiteria.
Vestitevi con questi abiti senza perdere tempo. Le guardie
nelluscire vi scambieranno per mio figlio. Pierino vi attende. Io
esco, ma ritorno subito subito. Qui siete al sicuro. Ecco il giu
stacuore, il berretto brava, cos mi piacete, va bene ed usc.
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le mie ore sono contate. Posso appena parlare. Lascia che ti baci
di nuovo, figliuola. Poi volse attorno lo sguardo sorridente.
Bravi, fratelli, avete fatto veramente unopera buona e difficile.
Questo mi fa bene... Avvicinati anche tu, Pierino, figlio mio e
Montagnano un le mani di Pierino e di Quiteria. Ora io vi
faccio da padre disse con voce solenne. Amatevi sempre e
siate felici.
Fra Carmine li benedisse.
Pierino baci Quiteria singhiozzando.
Quiteria sent dimprovviso un forte dolore e mand un grido
angoscioso. Pierino sorresse nello spasimo la sua amata Quite
ria. Non spaventatevi esclam la giovinetta vorrei dellac
qua. Ma fresca molto.
Acqua, ma pi vino, e un po di dolci agli sposi disse la
buona moglie di Zio Zuniari, avvicinando una sedia perch
Quiteria vi si adagiasse.
Alla poveretta, cessato il dolore, pareva quasi di rinascere.
Davvero quello era stato un brutto momento.
Io questi mali li conosco esclam Zia Maria, con gli oc
chietti neri e furbi fissando gli astanti. Quando si ha un bel bam
bino, questi dolori scompaiono subito. Son piccoli scherzi del
sangue. E dimmi, gioia mia, dimandava interessandosi con la
sua ingenuit di buona madre dimmi, ti senti come un nodo
alla gola ed un leggiero battito al cuore?
S rispose Quiteria.
Eh! ci siamo, figliuola mia esclam Zia Maria soffregan
dosi le mani e battendo allegramente i piedi per terra. Io non
sono medico, ma di certe cose me ne intendo. Questo male
il nodo isterico, come diciamo noi povere donne. Ci vuole un
bambino, ci vuole un bel figliuoletto per guarire tutto. Le pa
role della buona donna posero un po dallegria nella oscura
grotta. Anche il viso di Nicol Montagnano parve rasserenarsi,
e un po di quellantico buon umore gli sfior lanima addolo
rata.
Aspettate! Aspettate! che ritorno subito disse Zia Maria.
Zio Zuniari le tenne dietro e dopo non molto comparvero con
lorciuolo del vin fresco ed un vassoio di rame colmo di man
dorle tostate e birighitos inzuccherati. Deposero tutto accanto al
letto di Montagnano su duna piccola tavola.
Zia Maria disse delle parole allorecchio di Quiteria, eppoi le
310
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311
97
In corrispondenza di questo luogo del testo si conclude la 14 puntata, parte
seconda, fine cap. XVI e inizio cap. XVII. Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 15 (20
Luglio 1902), pp. 131-132. In calce: (Continua) Livio di Campo.
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POMPEO CALVIA
Capitolo XVII98
Le campane cominciavano ad annunziare le prime messe, ed
i contadini si avviavano al lavoro. Entriamo nella via di Riz
zeddu disse Zio Zuniari a Pierino seduto sul bianco cavallo. In
groppa teneva Quiteria. La sella era ricoperta di broccato rosso.
Ora siamo al sicuro segu a dire il vecchietto.
Bedda candu tacciari lu manzanu
Li to labbri di rosa e la to manu...
Tutta una nota allegra si sprigion da quel canto che saccor
dava con la freschezza della campagna ed il ciaramello delle
rondini che intessevano nellaria lucidi triangoli. Anche i grilli
canterini mescevano le loro note a quei lieti accordi.
Che bellezza la campagna! esclam Quiteria, respirando a
pieni polmoni quellaria fresca, la quale pareva desse lenimento
al suo male.
Le vigne e gli oliveti che fiancheggiavano la strada erano cinti
di muri ricoperti di margherite gialle e di rosolacci imbevuti di
rugiada e scintillanti al sole. Zio Zuniari seguitava a cantare alle
gramente per distrarre Quiteria che vedeva cos pallida e mesta.
Fermiamoci qui, un poco disse la giovinetta innanzi ad un
cancello aperto. Una leggera auretta faceva tremolare le foglie
degli ulivi. Un volo di farfalle bianche si innalz da un alberello
di ciliegie ancor bianche. Curiosa; io credeva che fossero le
bianche ciliegie a volare disse Pierino.
Nel viale che divideva loliveto comparvero quattro bimbi con
le teste infiorate. Tenevano in mano delle spade di canna e mar
ciavano allineati imitando con la bocca il suono della tromba.
Il maschiotto, il pi grandicello, con un pennacchietto in testa,
dava dei comandi con molto sussiego. I bimbi uscirono dal can
98
In corrispondenza di questo luogo del testo ha inizio la 15 e ultima punta
ta del romanzo di Pompeo Calvia Quiteria (racconto tratto dagli avvenimenti
sardi del sec. XV). Cfr. La Sardegna Letteraria, I, 16 (1 Agosto 1902), pp. 139140. Nel sommario: L. falchi, La critica in Sardegna.; G. Serra Maninched
da, Sa vida umana (versi dialettali); LAmministratore, Ai lettori; C. Curti,
Iaco, laco, Bacco; G. Sechi, Nuraghe maiori (versi). Notizie; P. Calvia, Quiteria
(racconto tratto dagli avvenimenti sardi del sec. XV). fine); In copertina |Baro
re: La copertina (con pupazzetto); C. Toraldo di Tocco, Aenigma.
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nito. Anche nella discesa il bosco di quercie dai rami cascanti gli
uni sugli altri, dava lidea di vecchie donne che si strappassero
i capelli ululando per lungo dolore. Quiteria atterrita ritolse lo
sguardo. Sassari appariva in lontananza circonfuso ancora di
vapori azzurrini. Da dietro gli alberi sintravedeva il Castello.
Un senso di timore, come una minaccia, come un castigo, in
vase la poveretta. Credette in quellistante di non essere pi fra
le braccia del suo sposo, e disper di pi rivederlo. Ma repen
tino fu come il baleno questo pensiero. Un altro pi vero, pi
angoscioso, pi duramente crudele e disperato le strazi lani
mo. Quello di dover morire fra poco senza nessuna speranza di
salvamento, in questo momento. Oh Dio! era troppo crudele
abbandonare cos giovine la vita.
Coraggio! coraggio! esclam Zio Zuniari. Che razza di
giovent questa! E... se la portassi io in groppa la sposina, ve
dreste. Avanti, su, un piccolo trotterello che riscalda e fa bollire
il sangue. Presto siamo arrivati, e quando siamo l siamo davve
ro in casa nostra e nessuno ci verr pi a disturbare. Non fo per
vantarmi, ma quella campagna un vero paradiso. Si vede tutto
Sassari ed i villaggi vicini. Ci sono ciriegie. E che aranci! tutti
doro, e che sapore. Le vigne si stendono tuttintorno e quando
vien lautunno non si sa dove trovar tante botti per raccogliervi
tutto il sugo bianco, e rosso, e nero, che si stilla da quei grappoli
che paion quelli della terra promessa. Lanno passato mentre
infieriva la peste tutti quelli di casa ci siamo salvati qui, e siamo
ritornati in Sassari, in mezzo al dolore, cos grossi e tondi e belli
chera quasi una vera vergogna e pareva che non savesse del
cuore e ci fossimo infischiati del male degli altri. Ma Iddio ha
voluto cos e la colpa non proprio nostra se questaria e questa
buona acqua che scaturisce dalle Sette fontane fa vivere la gente
sana ed allegra...
State allegri figliuoli, non vi mancher proprio nulla. Vi una
camera grande con un letto proprio da sposi. Se ci sar bisogno
porteremo anche la culla. Su, su, allegri, eccoci gi arrivati. E
Zio Zuniari si tolse il berretto e lo lanci in aria e lafferr con la
destra quando riccadde al suolo. Nellingresso della villa erano
piantati dei cipressi da ambo le parti del viale, e sebbene Zio Zu
niari cercasse di tener allegri i due sposi, pure quella tetra nota
impression il cuore di Pierino.
Aiutatemi, voglio scendere da cavallo disse Quiteria con
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POMPEO CALVIA
No...
Perch?...
No...
Ma io ti amo!
Un rivo di lacrime bagn gli occhi di Quiteria, sempre pi af
fondantisi nei neri cerchioni. Delle colombe selvatiche volarono
dallalto della roccia. Molti fiori caddero per quello sbattere delle
bianche ali. Pierino vedeva sfogliarsi cos come i fiori tutta quella
esistenza, senza sapersi suggerire un rimedio anche il pi sem
plice per arrestare il male ignoto che gli uccideva la sua cara. Nel
suo cuore di credente faceva voti, chiamava in aiuto il Cielo, ma
nessun spiraglio si apriva e Quiteria gli moriva fra gli spasimi pi
atroci. Avrebbe voluto chiamare, cercare unanima sola che lo
confortasse, lo consigliasse. Zio Zuniari era sparito tra le piante.
Pierino spruzz altra acqua su quella fronte, su quelle mani quasi
fredde, le quali parevano non accorgersi pi della vita.
Pierino ebbe paura...
Quel viso che aveva tanto amato, nel vederlo ora cos disfatto,
quasi lo terrorizzava. Gli occhi fissi, immoti, vitrei, parevano gli
occhi di uno spettro. Delle parole indecifrabili uscivano ad in
tervalli da quelle labbra. Strane contrazioni le agitavano le mani
e le braccia aperte.
Stringimi, stringimi, sono tuo, per sempre tuo! grid Pie
rino. Quiteria apr le labbra e Pierino vimpresse un lungo ba
cio, un forte bacio. Poi se la strinse tutta al cuore, ed inconscia
mente la trasport in alto, cercando di avvicinarsi alla luce del
sole. Arriv sul colle dovera la casa. Accanto le si appoggiava la
chiesetta ed il giardinetto.
Zio Zuniari mosse correndo incontro a questi infelici. Il let
to pronto disse.
morta, morta esclam Pierino. Morta. E ladagi
sopra un letto di rose e di foglie e la ricopr di fiori.
Stette accanto a vegliarla insino allalba dellindomani e non
valsero le preghiere di Zio Zuniari e del fratello ad allontanarlo
da quel corpo adorato.
Linfelice giovine voleva morirle accanto. La morte solo era il
sollievo di tutti i mali e la vera purificatrice.
Andiamo, gi il secondo giorno che tu vegli, ed il cadavere
deve aver sepoltura.
319
Chi sei tu? dimand Pierino con gli occhi quasi vitrei im
mersi nel vuoto.
Gavino Puliga, io sono, il tuo amico, il tuo fratello.
Che vuoi?
Io voglio che tu ritorni alla vita, allarte, alla gloria.
Tutto spento.
Ma vi una madre infelice che ti chiama.
Mia madre morta!
No, tua madre vive. Ha le mani ricinte di catene e tu devi
aiutarla a strapparsi quei ceppi. Ha la testa ricinta di spine, e tu
devi toglierle questa corona di dolore. Non pu sollevarsi e tu
devi darle il tuo braccio. Non ha un ferro per difendersi e tu devi
porle nella destra una lama.
Io sono inerme; qual ferro posso dare alla mia patria? di
mand Pierino.
Rispose Gavino Puliga: Eccoti il pugnale che Quiteria ha
dimenticato sul letto di Nicol Montagnano. S, il pugnale di
Leonardo Alagon, io lo conosco. Sai tu vibrarlo? Sai tu vendi
care questa vergine che non chiede fiori ma sangue nel nome
della giustizia? Ritorna in te stesso, o uomo, e lascia i morti al
silenzio, come i fiori appassiti alla terra. Su, destati, io ho da
vendicare mio fratello reo di aver troppo amato la patria. Tu
dovrai vendicare questa fanciulla assassinata. Vieni, noi la sep
pelliremo tra le rose. Non mi rispondi? Che hai tu? Amici, sor
reggetelo. Pierino! rispondi!...
Gavino Puliga col pugnale di Leonardo Alagon, che era riap
parso nelle tenebre del carcere agli occhi di Quiteria, innanzi
allaltare Maggiore di San Nicola pugnalava, dopo poco tempo,
Don Angelo Marongio.
Appendice
Appendice
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QUITERIA
Appendice
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[CAPITOLO I]
I Dalla carta numerata 7 alla carta numerata 8:
[] fece improvvisamente sussultare il cuore della giovinetta, la quale voluttuosamente assorb i sottilissimi profumi.
Parve in un attimo ridestarsi alla vita quasi dimentica di
tanta sventura.
I capelli parevano germogliare in quello spasimo esube
rante di vitalit, e si muovevano come un vasto campo di
messi.
Nero stormo di rondini passavano a volo, e parevano dir
le col canto: //
Perch sei qui, bellissima? Quale sar il tuo destino?
Tu somigli ad una regina! vestita di broccatello intessuto
di fili doro e dargento.
Perle bianche ornano il tuo collo, ma le perle non offu
scano lo splendore dei tuoi occhi. Tu sei tutta bella, tutta
bella tu seiperch il tuo labbro pi vivo delle fragole,
forte e severa hai la fronte come canto di guerra, e scintilla
pi delle stelle locchio nero, sotto larco delle ciglia.
Sei bella, sei bella, e devi essere figlia di re.
La baciamo?
Ed una rondine azzard di entrare: poi tutte scomparve
ro, ed il silenzio si fece intorno tristissimo e lugubre.
Ma ben presto si scosse, al suono dei lenti rintocchi della
campana del bargello. []
8-9. alla vita...sventura] ||alla vita quasi dimentica della di tanta sventu
ra|| (tutta quella anima e il (e quel) profumo dellaria parve respirasse
anche la enorme massa corvina dei capelli. Quiteria tutta la sciolse e vaf
fond le mani.)16. regina] regina |!|19. lo splendore dei tuoi occhi.]
il tuo collo b/lo splendore dei/ ||ci tuoi occhi.||25. Ed una] |Ed| Una
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[CAPITOLO III]
I Dalla carta numerata 20 alla carta numerata 23:
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[] Glinnamorati aveano sospirato guardandosi, ed i sospiri passando attraverso quelle armature pareano carezze e
fiori portati dal vento fra i colonnati degli antichi templi. // 20
CAPITOLO 4
Lungamente assorto in queste visioni e rimembranze
damore, Pierino non si era accorto della presenza di 25
Fra Carmine, il quale fermo nella porta lo guardava.
Linnamorato ricopriva ripetutamente di baci il me
daglione con la cara immagine di Quiteria.
Ave Maria disse fra Carmine.
Pierino si riscosse e pronunzi a fior di labbra Gratia 30
plena.
Il frate fece alcuni passi e guard il quadro.
Badate, disse, che limmagine deve essere ultimata per
il giorno di S. Giovanni Battista e ci avviciniamo. Rinchiuso
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Capitolo V
Signor mio Ges esclam ultimando la preghiera fra
Carmine inginocchiato ai piedi della madonna nellinter5 no della Chiesa di S. Maria. Signor mio Ges, tu hai posto
ora nelle mie mani la tua croce, perch anche io portandola
con pazienza in tutte le avversit, tragga dai dolori raccolti
entro di me, tutte le parole giuste ed atte a lenire gli altrui
dolori []
Appendice
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[CAPITOLO V]
I Dalla carta numerata 75 alla carta numerata 78:
[] In queste nuove sensazioni di colore e di affetti, Pierino trov la dimenticanza momentanea dei suoi dolori. ed il
sangue giovine gli si purific, come laria nei mesi afosi di
Estate ritorna a farsi azzurrissima e trasparente dopo una
folata di vento fresco.
Gli accordi di luce e dombra erano per lui come una se
conda vita, alla quale confidava tutto se stesso per ritem
prarsi ad altre lotte che non erano quelle dellArte. E que
ste due vite si equilibravano, sebbene gli occhi profani le
distrazioni piene dincantesimo dincantamento nelle quali
ricadeva, sembrassero sintomi duna pazzia incipiente.
Ma cos non era, perch il pensiero con originalit e gra
zia rispondeva, dopo queste prostrazioni, alle dimande pi
perfette dellArte, alle battaglie pi accanite degli uomini.
Ed uomini e cose sapea vincere, sebbene oscuro e poco lo
dato fosse nella sua patria. \\
Pierino, scuotiti gli disse fra Carmine, e gli ripose nel
la guaina di velluto il pugnaletto.
Io credo disse Pierino, scuotendosi
Tu credi! Rispose fra Carmine.
S, io credo che mescolando del bitume giudaico con
dellocria gialla e della terra rossa, forse si otterranno quei
toni, davvero cose divine.
Fratello!
Si voglio provare, e ad olio sulla tela come il ritratto di
Quiteria. Non a tempera, perch questa rimane sempre pi
fredda e prosciuga facilmente, senza dar tempo al colore
dimpastarsi.
Con lolio solo si ottiene la grande espressione del co
lore, e le nature nervose dopo la lotta a scatti per la ricerca
delle tonalit, hanno ancora tempo lindomani di rifare e
ripulire lo stentato, lincerto, dandogli freschezza \\ molta
e scintillio. Oh! la freschezza delle tinte! sono la prima
vittoria per la conquista del vero poeticamente espresso.
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[CAPITOLO VI]
I Dalla carta numerata 85 alla carta numerata 89:
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[CAPITOLO VII]
I Carta numerata 100:
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[] Ed altre simili scempiaggini che il cervello di Albertuccio Cesena credeva di far credere ai passanti. //
Forse qualche volta riusciva nellintento e specialmen
te quando rifletteva n si lasciava andare nel chiaccherio,
eccitato da qualche bicchierino dorato di rosolio alquanto
alcolico.
Albertuccio Casena perdeva molte ore allo specchio per
studiare lespressione dei Santi per le sculture. Siccome per
i Santi che egli ritraeva o meglio, per essere pi propri, fa
cea ritrarre dai suoi allievi pagati miseramente a giornata
i Santi ripeto non erano Santi moderni, cos non da cre
dere che laggiustarsi il pizzo, arriciarsi i capelli, collocare
con garbo il cappello piumato e la mantellina, far penzolare
al fianco con spavalderia la spada ed il pugnaletto, tener la
borsetta ed il guanto stretti in una mano, infilzare il gam
bo dun fiore nellochiello, fossero studi preparatori per le
mistiche rappresentazioni degli anacoreti // avvolti di pelli
caprine e di stracci sudic.
Albertuccio ora savea ficcato in testa la mala idea di far la
corte a Donna Rosa Gambella, la bellissima moglie del severo capitano Don Angelo Marongio. []
Appendice
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[CAPITOLO XIII]
I Dalla carta numerata 242 alla carta numerata 246:
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2-3. (tale...capo.)] perch (tale era il colore del velluto rabescato sopra il
quale |posava| (e sedeva) la donna il bel capo.)
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QUITERIA
[CAPITOLO XIV]
I Carta numerata 265:
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A1
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Fiza bella adorada
Como podes drommire,
Su lettu est de broccadu
De rosa est su estire
E lata cambiadu
Sangheluddu e Maria
Drommidi fiza mia,
Fiza bella istimada
a ninnia, a ninnia.
Appendice
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[CAPITOLO XVI]
I Dalla carta numerata 321 alla carta numerata 326:
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[] Fra Carmine benedisse
tutti ed usc precedendo gli sposi
e Zio Zuniari. //
/- Calmatevi, figliuoli, il soffrire
per me non pi pena (dolo
re). Io chiudo gli occhi, sicuro
che nelle tenebre vedr pi fulgi
di gli astri che ( []) rischiara
no le nequizie ed i dolori umani./
Dov mio padre domand
Quiteria a Nicol Montagnano
prima di partire.
||- lontano e in salvo, ma
verr lora che il feroce tiranno
vedr piombarsi ( piombare),
quellanima fiera che si agita. E la
/Santa/ Verit, la libert, si far
( faranno) attorno, portando
in alto il fulgido vessillo che non
dovr mai oscurare, per quanto
luomo nei suoi perfidi e maligni
trionfi cerchi di offuscarla. Vi
(sono) nellordine natural delle
cose dei fatti degli un elemento
purissimo che n il fuoco, n il
Appendice
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QUITERIA
[CAPITOLO XVII]
I Dalla carta numerata 361 alla carta numerata 369:
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CAPITOLO 17 1
Zia Maria avea vestito Quiteria con le sue vesti di sposa.
In testa le avea acconciato, sebbene un po in fretta, il velo
bianco, orlato di pizzi, che annod al collo e dietro la vita.
Sotto la gonnella a pieghettine, di panno rosso, le avea po
sto la gonnellina bianca ricamata, ed il bel corpo le avea nel
casacchino di seta cremisina, con le maniche aperte ai fian
chi, dalle quali usciva la camicia di tela dOlanda, a grandi
rigonfiature, serrate in molti bottoni dargento filogranati.
Non posso far di pi, sposina bella avea soggiunto la
buona donna. Noi siamo povera gente. Me sebbene cos
vestita tu sei pi cara di Donna Rosa, e sembri una regina,
perch // figlia di re sei veramente.
Anche a Pierino avea dato un aiuto, ed aveagli abbotona
to i calzari neri di orbace, ed il coritto rosso.
Il cappottino ed il berretto glieli avea adattati con grazia
Zio Zuniari.
Ma Zia Maria avea lisciato la groppa del cavallo, e disteso
innanzi alla sella la bisaccia di lana bianca piena di ricami
di mille colori, e nella groppa avea lo striglione chera una
meraviglia a vedere, tutto intrecciato di fiocchettini di seta
come un canestro di Natale.
Pierino dopo aver baciato la sposa avea fatto il segno del
la croce ed era in sella, ed avea avvicinato alquanto le grop
pe del cavallo al muro perch Quiteria chera salita sulla
10-11. le avea posto] le avea posto (pose)11. avea] avea (serr)13.
tela dOlanda] tela dolanda17. una regina] davvero una regina21.
avea adattati] avea adattati (pose)23. avea lisciato] /avea/ lisciato (
lisci )e disteso] /e/ disteso ( distese)25. avea] avea (pose)27.
Natale] natale28. avea fatto] avea fatto (si fece)29. ed era in sella] ed ( e) era (sal) in sellaavea avvicinato] /avea/ avvicinato (
avvicin)
1
Sul margine sinistro, scritto a matita da mano autorale, si legge: Tagliare
o rimandare al capitolo 16 mo.
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|CAPITOLO 17|
Le campane cominciavano []
5 II Dalla carta numerata 379 alla carta numerata 380:
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[] Pierino camminava quasi inconsciamente, come sognante, attraverso quelle piante. Sotto i piedi parevale che
molte penne cadute dagli alberi che forse prima erano an
geli, si accumulassero per fare un passaggio pi morbido 30
come un tappeto. Sforzava limmaginazione per ricordare,
ad intervalli terrorizzato che una voce misteriosa non lo
costringesse a lasciare questa vergine dai neri capelli tutti
pioventi al suolo, lasciarla l per convertirsi in un candido
6-7. guardando...cadavere.] guardando ( guardandola) ||quel viso simile
a quello dun cadavere|| (in viso).10-11. una...Quiteria.] una fiaschetta
di legno /in forma di lira/ che offr (offerse) a Quiteria.14-15. un...
incisi] un corno con dei fregi incisi (inciso)18. la casa? domand.]
la casa |domand.|
358
QUITERIA
albero con le foglie che parevano penne, col bel capo arro
vesciato in uno spasimo di amore, e le mani delicate alzate
per ricercare altre mani. //
Quiteria mormor Pierino quasi cercando col richia
5 mo di quel nome di uscire dal sogno doloroso che pareva
renderlo folle.
Quiteria ripet, con voce pi alta e tremante. []
Bibliografia
Lopera
Duos de Lampadas. Versos nados in Caprera subra sa tumba de
Garibaldi (Tattari, IX de Lampadas MDCCCLXXXII), Due
Giugno, Numero unico, Sassari, Tipo-litografia di Ubaldo Sat
ta, 1892, 14; A Victor Hugo, La Stella di Sardegna, VI, 9 (5
luglio 1885), 167-8; Medusa di A. Graf, accresciuta di un terzo
libro, adorna di circa 100 disegni di C. Chessa, Nella Terra dei
Nuraghes, I, 2 (17 luglio 1892), 15; Una Madonna del Sassoferrato, Nella Terra dei Nuraghes, I, 3 (9 ottobre 1892), 9; Per
una testa dipinta da Salvator Rosa, Nella Terra dei Nuraghes,
I, 4 (23 ottobre 1892), 11; La leggenda della chiesa di Sorres,
Nella Terra dei Nuraghes, I, 5 (13 novembre 1892), 8 [La
Sardegna Letteraria, I, 17 (14 dicembre 1902); Pompeo Calvia
critico darte, a c. di G. Perantoni Satta, Sassari, Tipografia Pod
dighe, 1963; Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, 14954]; Nello Studio del Cav. Sartorio, Nella Terra dei Nuraghes,
II, 1 (25 dicembre 1892), 10; La deposizione dalla croce, Nella
Terra dei Nuraghes, II, 4 (2 aprile 1893); Momenti, Nella Ter
ra dei Nuraghes, II, 5 (16 aprile 1893) [Quiteria e altri racconti,
Nuoro, Ilisso, 2001, 155-60]; Abba a su trigu, Nella Terra dei
Nuraghes, II, 6 (30 aprile 1893) [LIsola, II, 11-12 (8 maggio
1910); Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001, 161-70]; Dal
taccuino di un soldato. Impressioni, Sardegna Artistica, I, 1
(23 luglio 1893) [Quiteria e altri racconti, Nuoro, Ilisso, 2001,
171-4]; La discesa dalla croce (quadro di Mattia Preti), Nel
la Terra dei Nuraghes, numero unico (3 dicembre 1893); S.
Satta, P. Calvia, L. Falchi, Nella Terra dei Nuraghes, Sas
sari, Premiato Stab. Tip. G. Dessi, 1893 [rist. anast., Sassari,
Gallizzi, 1990]; Lu fonografu, La Piccola Rivista, I, 1 (1898),
3; A Ranieri Ugo, La piccinedda morta, La Piccola Rivista,
I, 6 (1899), 10; Cristo morto in grembo al Padre Eterno (critica
darte), La Piccola Rivista, I, 23-4 (1899), 15; Il martirio di SS.
Cosma e Damiano (quadro ad olio di Annibale Carracci esistente nella Chiesa di San Nicola di Sassari, La Piccola Rivista, I,
5 (16 febbraio 1899), 14; Cristo morto in grembo al Padre eter-
Bibliografia
360
Bibliografia
361
Indice
dino manca
Introduzione
p. ix
Nota al testo
cvii
Pompeo Calvia
Lautografo di Quiteria
p.
199
Appendice
321
Bibliografia
359
volumi pubblicati
SCRITTORI SARDI
1) Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci
2) Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura
di Luciano Carta
3) Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu,
Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca
4) Giuseppe Cossu, La coltivazione de gelsi e propagazione de filugelli
in Sardegna, a cura di Giuseppe Marci
5) Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di
Maria Teresa Laneri
6) Salvatore Satta, Lautografo de Il giorno del giudizio, edizione critica
a cura di Giuseppe Marci
7) Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e
Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia
8) Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura
di Duilio Caocci
9) Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di
Giuseppe Marci
10) Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle
opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette
11) Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci
12) Predu Mura, Sas poesias duna bida, nuova edizione critica a cura di
Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai
13) Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardea (7
volumi), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta Galianes Galln
14) Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di Giuseppe
Marci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu
15) Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giuseppe Marci
16) Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, edizione del testo a cura di
Eleonora Frongia, prefazione di Aldo Accardo, introduzione di
Giuseppina Fois
TESTI E DOCUMENTI
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