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INDICE
1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA 1
1.1 DIFETTI DI PRODUZIONE DEI MATERIALI 2
Introduzione 2
Produzione dell'acciaio 2
Fucinatura (e stampaggio) 6
Fusione 8
Tubi 10
Estrusi 12
Trafilati 13
Lavorazioni termomeccaniche 14
1.2 DISCONTINUITA' DELLA SALDATURA 15
Giunti saldati 15
Discontinuità nei giunti saldati 27
1.3 DISCONTINUITA’ INDOTTE IN ESERCIZIO 33
Introduzione 33
Cricche in esercizio 33
Perdite di materiale 36
Deformazioni 41
1.4 METALLOGRAFIA 42
Campione metallografico 42
Tecniche metallografiche 44
2. OTTICA E FOTOMETRIA 49
2.1 INTRODUZIONE 50
1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA
Introduzione
Produzione dell'acciaio
La produzione dell'acciaio ha origine dai minerali del ferro e dal carbone ed avviene secondo un
processo di fabbricazione che porta innanzitutto alla produzione della ghisa in altoforno e quindi
alla sua affinazione per ottenere l'acciaio vero e proprio. Acciaio e ghisa sono infatti entrambe
leghe ferro-carbonio caratterizzate dalla percentuale in peso di carbonio:
• se inferiore all' 1,7% si ha l'acciaio
• se superiore all' 1,7% si ha la ghisa.
Fase 2: affinazione
Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione metallurgica, detta conversione, per
l'eliminazione degli elementi estranei quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui
della lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Successivamente, avviene la colata
del metallo fuso in un recipiente contenitore detto siviera e durante questa operazione continua
l'affinazione.
La fusione dei minerali di ferro avviene in forni chiamati altoforni del tipo rappresentato in figura.
Il forno viene caricato dalla bocca con minerale, carbone (di norma coke) e fondenti, mentre
l'accumulo dei prodotti di fusione (ghisa e scorie) avviene nel crogiolo.
La ghisa è troppo ricca di carbonio e troppo fragile per la maggior parte degli usi, per cui viene
trasportata ancora fusa nei convertitori. Qui viene addizionata a rottame, carbonati, ferroleghe
ecc. per diminuire il tenore di carbonio, eliminare le impurità, principalmente zolfo e fosforo, ed
introdurre elementi di lega.
Fase 2 - Affinazione
Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione, detta conversione, per l'eliminazione
degli elementi estranei, quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui della
lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Il processo consiste nel bruciare una certa
percentuale di carbonio della ghisa, sino a farla così diventare acciaio.
La ghisa liquida viene versata in un grande recipiente convertitore e successivamente viene
soffiata aria da alcuni fori sul fondo. Si svolge allora una serie di reazioni chimiche che si
manifestano con l'emissione di intense fiamme dalla bocca del convertitore e con un innalzamento
della temperatura che sale fino a circa 1650°C.
Al termine di questo processo l'acciaio ottenuto non è però ancora pronto per le applicazioni
industriali e deve subire una ulteriore purificazione.
Questa viene effettuata durante la colata del metallo fuso, in un recipiente contenitore detto
siviera, mediante ossidazione provocata dall'insufflazione di ossigeno, e successiva
disossidazione del bagno metallico.
La colata è l'ultima operazione a cui vengono sottoposti gli acciai allo stato liquido. Dalla siviera il
metallo viene fatto uscire da un apposito foro situato sul fondo per riempire le lingottiere entro le
quali si solidifica. Il riempimento delle lingottiere può avvenire in diversi modi, a seconda delle
necessità:
• colaggio diretto,
• colaggio in sorgente,
• colata continua.
La macchina di colata continua trasforma in un solo passaggio l'acciaio liquido in un prodotto
semilavorato, mentre la colata tradizionale richiede lavoro addizionale come lo strippaggio
(estrazione del lingotto dalla lingottiera) ed altre ancora.
Dopo la solidificazione il lingotto viene riscaldato per subire una prima lavorazione a caldo.
L'operazione più usuale è la laminazione, dalla quale si ottengono profili finiti (tondi, lamiere,
nastri, etc.) o sbozzati (blumi, bramme) destinati a successive lavorazioni a caldo quali
stampaggio e fucinatura.
INCLUSIONI
Durante la colata può accadere che parti di refrattario si stacchino dalla siviera, dal canale di
colata o da altre attrezzature, oppure possono verificarsi fenomeni di riossidazione per il contatto
con l'aria durante i travasi. Durante la solidificazione, le inclusioni inglobate nell'acciaio tendono a
concentrarsi nella parte alta del lingotto (materozza) per cui con l'eliminazione della materozza in
quantità sufficiente vengono quasi integralmente eliminate. Le dimensioni sono variabili (da molto
piccole a molto grandi, dell'ordine di qualche centimetro cubo).
DISCONTINUITA' DI CRISTALLIZZAZIONE
L'acciaio colato nelle lingottiere inizia la sua solidificazione dalle parti più esterne e con velocità di
raffreddamento diverse tra la parte esterna e quella interna. Ai nuclei di solidificazione primari si
aggiunge sempre più materiale solido, ma non in forma ordinata, bensì ramificata in tutte le
direzioni, dando origine al fenomeno del dendritismo. Il fenomeno non pregiudica comunque la
sanità del pezzo in quanto limitato alla superficie ed è di fatto eliminabile con le successive
lavorazioni a caldo.
DISCONTINUITA' DI SEGREGAZIONE
La segregazione è un fenomeno che interessa grossi lingotti o forme geometriche che presentano
punti critici per questo fenomeno (spigoli). E' dovuta al fatto che iniziano a solidificare prima i
materiali più altofondenti e poi via via gli altri. Questo comporta una differenza di composizione
chimica del materiale che in genere si accentua nella zona assiale dei forgiati.
CAVITA' DA RITIRO
Sono dovute alla diminuzione di volume che si ha durante il raffreddamento (nell'acciaio la
variazione di volume è pari a circa il 6%). Tale riduzione può dare origine a cavità nella zona che
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si solidifica per ultima (zona della materozza). Le cavità sono eliminabili con appropriati cicli di
fucinatura o laminazione, in virtù delle proprietà che ha l'acciaio di saldarsi con la sola temperatura
al contatto di due superfici (purché non ossidate).
CRICCHE
Le cricche che si formano durante la colata dell'acciaio sono dovute a parametri di colata sbagliati
o ad errori di procedimento.
SPRUZZI
Sono causati da proiezioni di metallo sulle pareti della lingottiera durante il colaggio. Il metallo
solidifica e si ossida prima di venire raggiunto dal metallo liquido che sale, cui non può più saldarsi
perfettamente.
RIPRESE DI COLATA
Sono delle interruzioni trasversali della continuità del lingotto che affiorano alla superficie e che si
possono estendere a tutta o quasi la sezione del lingotto. Possono essere causate da
solidificazione parziale del metallo, con o senza ossidazione, che impedisce al metallo risalente di
saldarsi con quello colato.
Fucinatura (e stampaggio)
La fucinatura consiste nella lavorazione a caldo dei metalli mediante pressatura. Con la fucinatura
si ottengono forme o complessi di forme geometricamente semplici dalle quali, per successiva
lavorazione meccanica, si ricavano particolari di forma complessa. Si preferisce un fucinato ad
una fusione o ad una modellatura di macchina utensile perché la fucinatura conferisce al
particolare caratteristiche meccanico-fisiche migliori. La fucinatura infatti allunga e affina il grano,
come la laminazione, ma in più lo dispone secondo linee che seguono il contorno del pezzo,
conferendogli così maggiore resistenza nella direzione dell'orientamento del grano. In definitiva, si
ottiene un opportuno flusso fibre all'interno del materiale.
Tipi di fucinatura
I fucinati possono essere prodotti secondo tre modalità:
• Fucinatura al maglio
Nella fucinatura al maglio il pezzo di acciaio viene riscaldato e successivamente deformato
con la "mazza" e l' "incudine" fino ad ottenere la forma desiderata, senza l'ausilio di stampi
chiusi. Quando la temperatura scende sotto il limite di lavorabilità a caldo occorre procedere
con un nuovo riscaldo in forno. Nel maglio la velocità di applicazione del carico è molto
elevata.
•
• Stampaggio
Nell'operazione si usano due
calibri con la forma in "negativo"
del pezzo da fare. La billetta è
portata gradualmente alla
temperatura di forgiatura e quindi
posta fra i due calibri. La pressa di
forgiatura schiaccia il metallo caldo
fra i due calibri.
Le principali discontinuità che si possono avere nei fucinati e negli stampati sono:
• fiocchi: sono dovuti alla presenza di idrogeno disciolto nell'acciaio il quale, in seguito alla
lavorazione a caldo e al successivo raffreddamento, tende a riunirsi in "sacche" dove la
pressione raggiunge valori elevatissimi e provoca delle piccole lacerazioni a forma di lente.
Sono un difetto grave in quanto diventano inneschi per possibili rotture a causa della loro
forma.
• strappo da fucinatura: consiste in una rottura dovuta ad una non corretta (troppo bassa)
temperatura di fucinatura; in queste condizioni il materiale non raggiunge il sufficiente
grado di plasticità e si strappa.
Gli strappi da fucinatura possono verificarsi sia sulla superficie che all'interno del pezzo (s.
subsuperficiali).
Nota
Un tipo di ripiegatura si genera nella forgiatura con stampo se le superfici dei calibri non combaciano
perfettamente. Quando il pezzo da forgiare è pressato dentro i calibri, nelle zone di giunzione tende a
fuoriuscire del materiale che, con i colpi successivi di pressatura, viene ripiegato sulla superficie stessa
dando origine ad una ripiegatura.
Fusione
Con la tecnologia di fusione si realizzano i getti, componenti di forma geometrica complessa, che
non è economico realizzare con altri metodi di fabbricazione. I getti sono ottenuti per colata
dell'acciaio fuso in forme opportunamente modellate, costituite generalmente in sabbia.
- Colaggio in forma
Eliminati i supporti, la forma è pronta per la colata. Il colaggio in forma avviene ad una
temperatura superiore di 50-100°C al punto di fusione del metallo. Alla fine del colaggio le
materozze vengono ricoperte con polveri isolanti per ritardarne la solidificazione.
- Lavorazioni finali
Il ciclo di lavorazione del getto si completa con:
· trattamento termico di qualità
· finitura di macchina utensile
· collaudi
Le discontinuità che si ritrovano nei getti sono, in linea di massima, le stesse del lingotto (un
lingotto può essere infatti considerato come un getto grossolano). Esistono tuttavia delle
differenze dovute al fatto che un getto ha, di norma, una forma geometrica più complessa di quella
del lingotto. Ciò che cambia, assieme alla forma geometrica, è la dinamica di solidificazione. Il
lingotto ha una forma geometrica semplice e i fenomeni legati alla solidificazione si presentano in
maniera lineare. Un getto, a causa della sua forma complessa, presenta una dinamica di
solidificazione complessa che a volte causa discontinuità impreviste.
Cavità di ritiro: sono cavità localizzate nella parte alta del getto, di forma irregolare causate da non
perfette alimentazioni del getto da parte delle materozze. Le zone del getto che solidificano per
prime (quelle a spessore più sottile) attirano materiale liquido dalle zone più calde non ancora
solidificate. Quando anche in queste zone il metallo è quasi solidificato esso non scorre più e si
creano le cavità.
Cricche a caldo: sono cricche dovute a cedimenti a caldo, localizzate nelle zone più calde della
superficie del getto. Se la fusione ha zone con spessori sottili ed elevati, quelle con spessore
sottile solidificheranno prima. A causa di ciò anche i ritiri nel materiale non saranno uniformi e si
creeranno tensioni interne fra le varie zone a differente temperatura che daranno luogo alle
cricche a caldo.
Riprese di colaggio: consistono in una discontinuità che interessa tutta una sezione della fusione
ed avvengono quando si interrompe la fusione, anche per breve tempo. In questo caso, infatti,
quando il metallo fuso incontra il metallo già solidificato (o comunque ad una temperatura
decisamente inferiore) non si può avere l'unione in un unico bagno, ma le due correnti solidificano
separatamente, senza congiungersi.
Soffiature e porosità: sono piccole cavità con superfici lisce sferoidali, isolate o in gruppi, formatesi
per sviluppo di gas durante la solidificazione.
Nota
Piccole riprese possono formarsi anche attorno a schizzi di metallo fuso sulla superficie interna della forma
che sono stati raggiunti dal bagno fuso quando si erano già solidificati.
Tubi
I prodotti tubolari sono ottenuti mediante processi di fabbricazione differenti, ciascuno dei quali
conferisce al prodotto caratteristiche qualitative, come finitura, dimensioni e discontinuità, che
sono peculiari del processo di fabbricazione stesso. A seconda della tecnica di fabbricazione, i
tubi si classificano in:
• tubi saldati; ottenuti unendo, mediante saldatura, i lembi di una striscia di lamiera
opportunamente "deformata";
Spesso non è facile stabilire a vista se una discontinuità è dell'uno o dell'altro tipo, perché a volte
le due cause si sovrappongono oppure i difetti si presentano con uguale aspetto.
Difettologia
Le discontinuità che si osservano nel tubo sono causate da discontinuità presenti nel materiale
usato per la fabbricazione e dai processi di lavorazione del tubo stesso.
PAGLIE
Lingue metalliche attaccate parzialmente alla superficie del tubo e separate da un sottile strato di
ossido.
Le paglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel
lingotto e non completamente asportate.
Cause L'origine del difetto è dovuta ad impiego di lingotti con soffiature o di semilavorati con già
presenti paglie.
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SCAGLIE
Formazione eccessiva di strato di ossido sulla superficie dei tubi. Si presentano con l'aspetto di
croste discontinue di ossido aderenti alla superficie dei tubi. Lo strato più esterno della scaglia è
talvolta facilmente asportabile.
Origine Il difetto ha origine da riscaldo a temperatura elevata o troppo prolungato.
Le scaglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel
lingotto e non completamente asportate. Hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma sono
causate dai cilindri di laminazione.
Cause Sono prodotte principalmente quando le attrezzature non hanno le sfiancature e quindi il
materiale viene "tagliato" dai settori ad anello.
INCLUSIONI AFFIORANTI
Sono discontinuità causate dalla presenza di composti di rame, stagno, antimonio, nichel e zolfo,
notoriamente bassofondenti.
STAMPATURE
Le stampature sono discontinuità superficiali dovute a materiale estraneo che si interpone fra
cilindro di laminazione e tubo. Il corpo estraneo viene impresso sulla superficie del tubo e nella
maggior parte dei casi si distacca lasciando la corrispondente impronta.
Cause Il difetto è dovuto al conglobamento di oggetti durante la laminazione.
RIPIEGATURA O SCAGLIA
Le ripiegature sono porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappone al profilo senza che
le superfici si saldino completamente. Si presentano come lingue appiattite ed in parte saldate alla
superficie, oppure come fessure, distinguibili dalle cricche perché le ripiegature presentano un
angolo acuto con la superficie.
Le scaglie hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma causata dai cilindri di laminazione.
Cause Le ripiegature sono dovute alla chiusura in fase di laminazione di avvallamenti sul forato.
ECCENTRICITA'
L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra
diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi
nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa
sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90°
rispetto ai massimi.
Cause Il difetto deriva da un riscaldo disomogeneo prima della foratura o da una foratura fuori
centro.
OVALIZZAZIONE
L'ovalizzazione è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di circolarità del
tubo, ossia diametro fluttuante tra un massimo ed un minimo. La sezione dei tubi si presenta
ovale.
Cause Il difetto è causato da laminazione con cilindri usurati o da inefficiente calibrazione. Il difetto
si manifesta anche a seguito di schiacciamento o accatastamento di tubi ancora caldi.
BUCCIA DI ARANCIA
Difetti superficiali distribuiti su tutta la superficie del tubo
Cause Sono dovuti a carenza di lubrificazione durante il processo di estrusione o all'utilizzo di un
lubrificante non idoneo.
SDOPPIATURE
La sdoppiatura è una fessurazione alle estremità o lungo il corpo di un tubo con separazione del
materiale nello spessore. Se la temperatura della billetta al momento della estrusione è troppo
elevata, vi può essere uno scorrimento differenziato tra le superfici a contatto con le attrezzature e
le zone più interne del materiale che provoca la fessurazione
Cause Il difetto è dovuto ad un residuo di cavità di ritiro primaria non spuntata sufficientemente,
oppure ad una cavità secondaria non saldata.
ECCENTRICITA'
L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra
diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi
nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa
sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90°
rispetto ai massimi.
Cause Il difetto deriva da un riscaldamento non uniforme del materiale in fase di estrusione.
Estrusi
ESTRUSIONE DIRETTA
ESTRUSIONE INVERSA
Nell'estrusione inversa la cavità contenente il materiale riscaldato è chiusa ad una estremità,
mentre il pistone è composto da un cilindro cavo alla cui estremità è fissata la matrice. Il pistone
avanzando, obbliga il metallo plastico a passare attraverso la matrice realizzando l'estrusione. La
pressione necessaria risulta minore in quanto il metallo di base non si muove rispetto al proprio
contenitore e quindi l'attrito risulta diminuito.
Nota
Le moderne presse da estrusione consentono di effettuare sia l'estrusione diretta che quella inversa con
semplici operazioni di adattamento.
Il pezzo formato per estrusione contiene gli stessi Durante il processo di estrusione, se il
difetti eventualmente presenti nel pezzo originario: pezzo non fluisce bene dentro la matrice,
· cricche possono generarsi difetti quali:
· inclusioni · cricche
· porosità · strappi.
Trafilati
La trafilatura, si basa sulla duttilità del materiale e consiste nel tirare una barra attraverso un foro
di sezione lievemente inferiore, in questo modo il materiale si deforma assottigliandosi ed
allungandosi. Ad ogni passaggio di trafilatura il materiale incrudisce e le sue caratteristiche
meccaniche e tecnologiche variano sensibilmente: l'allungamento diminuisce progressivamente,
mentre aumentano la resistenza a trazione, il carico al limite di elasticità e la durezza.
La trafilatura viene utilizzata per ottenere barre di sezione non molto complesse, i principali
prodotti sono: barre, fili metallici, funi, molle a spirale, viti, chiodi, coppiglie, spilli, aghi, rete
metallica.
Nota
La piastra su cui è ricavato il foro di passaggio è denominata "trafila" o "filiera". In genere ad ogni passata la
sezione si riduce del 20%; se la sezione iniziale è elevata si parla di trafilatura di barre, se invece la sezione
da trafilare è piccola, si ha la trafilatura dei fili.
Nei trafilati rimangono, se presenti, i Il processo di trafilatura può generare sul prodotto finale
difetti del laminato originario, quali: altri difetti dovuti alla rottura della trafila, i principali sono:
Lavorazioni termomeccaniche
Per lavorazione termomeccaniche si intendono tutte le lavorazioni in cui il pezzo subisce dei
trattamenti meccanici attraverso utensili e/o cicli termici per conferire al prodotto determinate
proprietà e/o per ottenere una migliore lavorabilità.
Giunti saldati
Introduzione
• saldatura autogena
le parti da saldare sono scaldate con l'ausilio di una
fiamma a gas (es. saldatura ossiacetilenica)
• saldatura ad arco
le parti da saldare sono scaldate tramite il calore di
un arco elettrico (scarica di elettricità, luminosa e
persistente) fatto scoccare tra un elettrodo (metallo
d'apporto) ed il pezzo da saldare (metallo base).
La elevata temperatura dell'arco provoca la fusione
del metallo base e del metallo d'apporto.
La saldatura
Saldatura e corrosione
Posizioni di saldatura
- Preparazione a V (V groove)
Si adotta per spessori compresi tra 5 e 15 mm
- Preparazione a U (U groove)
Si adotta al posto della preparazione a V quando lo spessore dei lembi supera i 15 mm per
diminuire il volume del materiale d'apporto.
• Saldatura d'angolo
• Saldatura di testa (in cianfrino)
Rappresentazione grafica
Una saldatura viene rappresentata mediante l'utilizzo dei seguenti simboli:
- una freccia rivolta verso il giunto di saldatura
- una linea di riferimento composta da due linee parallele, una continua ed una tratteggiata.
Quella tratteggiata può essere sopra o sotto la linea continua.
- il segno grafico della saldatura
• saldature simmetriche
Nel caso di cordoni di saldatura bilaterali e
simmetrici , rappresentati con un simbolo
composto, non si usa la linea tratteggiata.
Simboli di saldatura
Per la rappresentazione della saldatura, nella norma UNI-EN, vengono utilizzati due tipologie di
segni grafici:
Nota Le saldature tra lamiere con bordi rilevati (segno grafico 1) con penetrazione incompleta sono
simboleggiate come se fossero saldature a lembi retti (segno grafico 2) con l'indicazione dello spessore s
della saldatura (vedere quotazioni).
3. Saldatura a V
4. Saldatura a mezza V
5. Saldatura a Y
7. Saldatura ad U
(a fianchi paralleli o inclinati)
8. Saldatura a J
Nota
Le saldature contrassegnate con i numeri d'ordine da 1 a 9, 14, 15 e 19 sono saldature "testa a
testa". La denominazione "testa a testa" non è stata indicata per semplicità.
b) convessa
c) concava
2. Saldatura a K
5. Saldatura a doppia U
Nota (*)
Segno grafico conforme alla ISO 1302: in luogo di questo segno grafico può essere usato il segno grafico
principale .
Metodo di quotatura
La norma UNI EN 22553 stabilisce anche un metodo di quotatura delle saldature basato sulle
seguenti regole:
La mancanza di indicazioni a destra del segno grafico sta a significare che la saldatura è continua
per tutta la lunghezza del pezzo saldato.
Definizione Indicazione
Note
1) L'assenza di indicazioni alla destra del segno grafico significa che la saldatura è continua per tutta la
lunghezza del pezzo saldato.
2) In assenza di indicazioni contrarie, le saldature testa a testa sono da intendersi a completa penetrazione
3) Per le saldature d'angolo esistono due metodi per indicare le quote (come specificato in figura). Perciò
devono essere sempre indicate le lettere "a" o "z" prima del valore della quota corrispondente.
QUOTE PRINCIPALI
Denominazione Saldatura
3. Saldatura d'angolo
continua
Altre indicazioni
Con l'utilizzo del simbolo della freccia è possibile fornire molte altre indicazioni che caratterizzano
una saldatura, quali, ad esempio:
- processo di saldatura
- gruppo di valutazione
- posizione di saldatura
- materiale d'apporto
- saldatura in cantiere.
Queste informazioni sono importanti per l'operatore che deve effettuare il controllo, in quanto, in
base alle caratteristiche della saldatura, egli potrà orientare la ricerca di eventuali difetti.
Nota
Ad esempio, in una costruzione saldata un giunto può occupare qualunque posizione.
In relazione alla localizzazione del giunto il saldatore assumerà determinate posizioni per effettuare la
saldatura, ciascuna delle quali potrà comportare caratteristici inconvenienti nel giunto saldato.
E' quindi necessario conoscere le posizioni di saldatura.
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NUM.
EN ISO PROCESSO DI SALDATURA SIGLA
4063
111 Saldatura manuale ad arco E. R.
131 Saldatura in gas inerte con elettrodo fusibile MIG
135 Saldatura in gas attivo con elettrodo fusibile MAG
141 Saldatura in gas inerte con elettrodo di tungsteno TIG
21 Saldatura a resistenza a punti RP
12 Saldatura ad arco sommerso A.S.
311 Saldatura a gas con fiamma di ossigeno-acetilene OSS.
GRUPPO DI VALUTAZIONE
Attraverso il gruppo si valutazione si forniscono indicazioni riguardanti la qualità del cordone.
Ad esempio tramite gruppi di valutazione secondo UNI EN ISO 5817 (acciaio) o EN 30042
(alluminio) per saldature di testa e saldature d'angolo si possono esprimere le seguenti
indicazioni: D - basso
C - medio
B - alto
POSIZIONE DI SALDATURA
PF = Ascendente
PG = Discendente
PA = Verticale ascendente
PB = Orizzontale - verticale
PC = Trasversale
PD = Orizzontale - sopratesta
PE = Sopratesta
SALDATURA IN CANTIERE
Per indicare che una saldatura è eseguita in cantiere, e non in officina, si usa una banderuola,
posizionata al punto di intersezione tra la freccia e la linea di riferimento:
Riempimento
F = Simbolo di finitura
= Contour symbol
A = Groove angle: included angle of countersink for
plug welds
L = Length of weld
P = Pitch (center-to-center spacing) of welds
W = Field weld symbol
t = Arrow connection reference line to arrow side
member of join or arrow side of joint
| = Weld-all-around symbol
Reference line
N=Number of spot, stud, or projection welds
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CND: CONTROLLO VISIVO
BOTH / SIDES =Basic weld symbol or detail Elements in this area remain as
reference shown when tail and arrow are
> = Tail (Tail omitted when reference is not used) reversed
T = Specification process, or other reference
S = Depth of preparation: size or strength for certain welds
E = Groove weld size
R = Root opening: depth of filling for plug and slot welds
Simboli - Localizzazione
Basic Welding Symbols and Their Location Significance
No lato
Location Lato Entrambi i freccia o
Lato freccia
significance opposto lati altro lato
significativo
Fillet
Plug or Slot
Spot or
Projection
Seam
Back or
Backing
Surfacing
Scart for
Brazed
Joint
Flange
Edge
superficiali
POSIZIONE
volumetriche
bidimensionali
FORMA
tridimensionali
di tipo metallurgico
ORIGINE
di tipo operativo
Nelle pagine che seguono descriveremo i diversi tipi di discontinuità in saldatura con riferimento al
loro aspetto (forma e posizione) ed alle cause principali della loro formazione, tenendo presente
che con l'esame visivo possiamo individuare solo i difetti superficiali o affioranti in superficie.
DISCONTINUITA' SUPERFICIALI
Discontinuità affioranti sulla superficie della saldatura: CRICCHE SUPERFICIALI, MAGLIE IRREGOLARI
VOLUMETRICHE
Discontinuità che si sviluppano internamente alla zona fusa o termicamente alterata (Z.T.A.).
DISCONTINUITA' IN ZONA FUSA (es. tarli, cricche...), DISCONTINUITA' IN Z.T.A. (es. cricche)
BIDIMENSIONALI
Sono discontinuità aventi una sezione trasversale relativamente grande in una direzione e una
sezione trasversale piccola o trascurabile nella direzione perpendicolare alla prima.
TRASVERSALI: allungate e orientate perpendicolarmente all'asse della saldatura (es: cricche, tarli...)
LONGITUDINALI: allungate e orientate parallelamente all'asse della saldatura (es: mancanze di
penetrazione e fusione, tarli, cricche ...)
TRIDIMENSIONALI
Sono discontinuità che presentano uno sviluppo evidente in tutte le direzioni es: SOFFIATURE,
MANCANZA DI FUSIONE
DI TIPO METALLURGICO
Derivano da :
- tensioni residue; queste aumentano con la resistenza del materiale ed agiscono sia in senso
longitudinale che trasversale rispetto alla saldatura;
- fusione nel materiale base;
- assorbimento di gas nella zona fusa;
- raffreddamento veloce del giunto
Es: MICROCRICCHE, CRICCHE
DI TIPO OPERATIVO
Derivano da :
- insufficiente abilità del saldatore;
- condizioni di lavoro non adeguate;
- materiali non adeguatamente conservati;
- lembi mal preparati.
Es: MAGLIE IRREGOLARI, TARLI, INCOLLATURE, MANCANZA DI FUSIONE.
I tarli sono inclusioni gassose di forma allungata determinate dal fatto che l'arco con elettrodi
basici o cellulosici è stato troppo allungato.
La mancanza di fusione può essere causata da distanza tra i lembi insufficiente o scarsa abilità
del saldatore.
Cricche
Una cricca è una discontinuità originatasi per distacco inter- o trans-cristallino in un materiale
metallico originariamente continuo e sano. A seconda che il distacco avvenga lungo i bordi dei
grani o attraverso i grani stessi, le cricche si distinguono in intergranulari o transgranulari.
Viene normalmente considerata come una discontinuità bidimensionale perché è più o meno
allungata (da qualche millesimo di mm sino a parecchi cm) e profonda con un andamento
frastagliato, mentre i suoi lembi sono piuttosto ravvicinati. Se le dimensioni sono molto ridotte,
inferiori al millimetro, si parla di microcricche.
Le cricche sono il difetto più grave e temibile di un giunto saldato in quanto, anche se di piccole
dimensioni, sono sempre una rottura in atto, con alto fattore di concentrazione delle tensioni
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CND: CONTROLLO VISIVO
(effetto d'intaglio) alle sue estremità; una cricca può essere suscettibile di ingrandirsi col tempo a
seconda delle sollecitazioni di esercizio e delle sue dimensioni iniziali, portando il giunto a
cedimento.
Le cricche in zona fusa possono essere longitudinali, trasversali o interdendritiche (queste ultime
sono quelle che seguono l'andamento né longitudinale né trasversale dei grani dendritici nella
zona fusa).
CRICCHE A CALDO
Le cricche a caldo si manifestano durante la solidificazione del giunto; hanno di regola andamento
longitudinale e sono disposte al centro della passata in cui si formano.
Possono o no affiorare alla superficie.
Le cause principali della loro formazione, nella saldatura degli acciai al carbonio, sono:
- medio alto tenore di carbonio del materiale base;
- alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel materiale base;
- alto grado di tensioni di ritiro di saldatura.
CRICCHE A FREDDO
Le cricche a freddo si formano durante il raffreddamento del giunto. Sono più frequentemente
trasversali che longitudinali, perché le tensioni longitudinali sono le più elevate.
Le cause principali della loro formazione sono:
- un elevato tenore di idrogeno in zona fusa;
- alta velocità di raffreddamento;
- alto grado di tensioni di ritiro.
Le cricche in zona termicamente alterata si trovano nella zona ZTA o comunque vicino alla zona
che non ha raggiunto la temperatura di fusione. La loro direzione è generalmente longitudinale ma
può anche essere trasversale, inoltre possono essere interne al cordone o affioranti.
CRICCHE A CALDO
Sono cricche generalmente molto piccole dovute: alla fusione di composti basso-fondenti che si
trovano al contorno dei grani cristallini (nella zona termicamente alterata del giunto) ed all'azione
delle tensioni di ritiro che provocano il distacco dei grani.
STRAPPI LAMELLARI
Sono cricche che si verificano nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato
perpendicolarmente al piano di laminazione. Sono tipici dei giunti a T o ad L vincolati ed hanno un
caratteristico andamento a gradino.
Le cause principali della loro formazione sono:
- tensioni di ritiro;
- geometria del giunto;
- materiale base laminato di spessore medio alto suscettibile agli strappi.
INCOLLATURA
E' simile alla fusione incompleta ma con la presenza di uno strato di ossido interposto tra lembo e
zona fusa.Un giunto con questo difetto ha cattive caratteri-stiche meccaniche.
Sono tipiche degli acciai ferritici, per procedimenti ad apporto termico poco concentrato (MAG) o
di materiali facilmente ossidabili (leghe di alluminio).
Inclusioni
Le inclusioni sono discontinuità costituite da sostanze estranee (metalliche o non metalliche, gas)
intrappolate nel metallo d'apporto o fra il metallo d'apporto e quello di base.
INCLUSIONI DI SCORIA
Sono solidi o ossidi non metallici intrappolati nella saldatura, ovvero nel metallo d'apporto o fra il
metallo d'apporto e il metallo base. Poiché è più leggera del materiale d'apporto la scoria tende a
galleggiare sulla sua superficie, a meno che non vi rimanga intrappolata.
L'inclusione può essere superficiale o sub-superficiale e presentarsi come una linea continua o
come bande intermittenti o come particelle isolate. E' detta allungata quando è lunga più di tre
volte la sua larghezza. Le scorie sono tipiche dei procedimenti ad elettrodo rivestito e ad arco
sommerso. Si formano dal rivestimento ricoprente l'elettrodo o dai flussi che proteggono il metallo
fuso.
INCLUSIONI DI TUNGSTENO
Sono discontinuità a forma sferica o poligonale costituite da particelle di tungsteno (pezzi isolati o
minute schegge raggruppate) intrappolate nel materiale di saldatura quando, nella tecnica TIG,
l'elettrodo di tungsteno tocca il bagno di fusione. Sono discontinuità tipiche del procedimento TIG.
POROSITA'
Sono cavità, interne o superficiali, formatesi da gas rimasti intrappolati nel metallo d'apporto in
fase di solidificazione. La porosità si può manifestare in queste diverse forme:
- Diffusa uniformemente
- A grappolo
- Lineare
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CND: CONTROLLO VISIVO
- A tarli
DIFFUSA UNIFORMEMENTE
E' distribuita più o meno uniformemente nel metallo di apporto. Nella porosità uniforme non ci
sono regioni di concentrazione di porosità, può essere superficiale o interna.
A GRAPPOLO
Una concentrazione di porosità in una regione separata dal resto della saldatura da regioni che
non contengono porosità o contengono porosità con concentrazioni minime.
LINEARE
Allineata internamente al deposito e solitamente non è osservata mediante esami visivi. Si trova
lungo i contorni del giunto, al confine fra le passate o alla radice della saldatura.
A TARLI
Sono porosità di forma allungata (con lunghezza superiore a tre volte il loro diametro) sulla
superficie della saldatura o intrappolate nel metallo d'apporto. I tarli con una coda particolarmente
lunga possono terminare con piccole chicche o incollature e sono da considerarsi molto pericolosi
per la sicurezza del giunto.
Profili impropri
Le discontinuità di profilo sono date da deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al profilo
ideale prescritto, di norma costituito da una linea che penetra parzialmente nei lembi e si raccorda
dolcemente con il materiale base. Una saldatura che non sia in accordo con i requisiti di codice o
di specifica riguardanti i profili è una discontinuità inaccettabile.
RINFORZO ECCESSIVO
Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della
saldatura (giunti di testa).
Causa: è dovuto in genere al saldatore che non è stato in grado di distribuire opportunamente il
numero delle passate (in saldatura normale), oppure al saldatore che non si è attenuto alle
indicazioni dei parametri (nella saldatura automatica).
CONVESSITA' ECCESSIVA
Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della
saldatura (giunti d'angolo).
SOVRAPPOSIZIONE
Un eccessivo flusso di metallo d'apporto che non si fonde col metallo base.
Visivamente si presenta come metallo non fuso, che appare come "sovrapposto".
Si trova normalmente sul bordo del metallo di saldatura che è a contatto con il metallo base.
INCISIONE MARGINALE
Consiste nella asportazione di metallo base alla giunzione col metallo di saldatura.
L'aspetto di un'incisione marginale è quello di una regione in cui il materiale fuso è scivolato via.
Causa: E' essenzialmente causata dall'impiego di corrente eccessiva, associata ad un maneggio
non corretto.
PENETRAZIONE ECCESSIVA
Il metallo d'apporto oltrepassa più del previsto la radice della saldatura. Questa discontinuità si
forma durante la passata di fondo.
Causa: La penetrazione eccessiva è localizzata alla radice del giunto saldato quando non viene
usato un materiale di sostegno.
INNESCHI D'ARCO
Fusioni non intenzionali del metallo base fuori dalla regione in cui si deposita il metallo d'apporto.
Gli inneschi d'arco possono assomigliare a singoli piccoli crateri circolari o cilindrici o a una serie
di piccoli crateri che formano una traccia verso il deposito di materiale d'apporto.
Possono essere prodotti dal saldatore che strofina l'elettrodo su una zona al di fuori dalla regione
di saldatura, da un morsetto di terra non collegato correttamente, oppure dall'uso improprio dei
puntali durante gli esami non distruttivi con particelle magnetiche.
CRATERI
Depressioni, con o senza porosità o cricche, sulla superficie alla estremità del cordone di
saldatura o nel bagno di saldatura che possono formarsi quando l'arco si è interrotto ed il gas di
protezione è stato rimosso prima che il cratere si sia solidificato. I crateri spesso riducono la
dimensione della saldatura sotto il valore richiesto e possono contenere altre discontinuità.
Possono trovarsi ovunque nella regione di saldatura dove l'arco è stato arrestato oppure fermato e
fatto ripartire. Quando si ha una cricca, essa può essere orientata trasversalmente oppure
longitudinalmente; a volte può essere formata da una serie di cricche intersecatisi che assumono
la figura di una stella.
SPRUZZI DI SALDATURA
Particelle di metallo espulse durante la saldatura dal bagno di fusione, che schizzano via e
cadono nelle regioni adiacenti. Preoccupano sia perché questi spruzzi possono mascherare altri
difetti, sia perché possono indicare che una variabile del processo di saldatura è fuori procedura.
DISTORSIONI E RITIRI
Il calore inerente al processo di saldatura può generare discontinuità quali distorsioni e ritiri sulle
parti saldate. La distorsione è la deviazione, sia temporanea che permanente, dalla forma
desiderata. Il ritiro è la diminuzione delle dimensioni, generata dal raffreddamento e dalla
contrazione del metallo d'apporto e di quello di base adiacente.
Introduzione
Cricche in esercizio
La formazione di cricche durante l'esercizio può avere numerose cause. Tra queste si
esamineranno le seguenti:
• fatica meccanica
• fatica termica
• infragilimento
• tensocorrosione
• corrosione per fatica
Fatica meccanica
Per fatica si intende un fenomeno che si manifesta nei materiali sottoposti a sollecitazioni cicliche
ripetute e che ne abbassa notevolmente il carico di rottura. Nelle costruzioni meccaniche si
verificano spesso rotture improvvise di organi in servizio senza che il carico abbia superato il
valore a base del calcolo di dimensionamento e senza che sia stato raggiunto in nessun punto
della sezione il carico di rottura del materiale. Queste particolari rotture si manifestano in organi
soggetti a sollecitazioni variabili ripetute e sono denominate rotture per fatica.
Tutti i metalli sono soggetti a fatica e spesso l'ambiente influenza fortemente le caratteristiche di
questo fenomeno, come nel caso di ambiente corrosivo o ad elevata temperatura.
Nel caso di alberi e perni, soggetti a torsione, le cricche da fatica sono disposte alla superficie del
pezzo, con orientazione di circa 45° rispetto all'asse.
Nel caso di strutture saldate, la cricca è generalmente localizzata al margine di saldature d'angolo.
Normalmente, le rotture per fatica hanno origine dalla superficie dei pezzi in corrispondenza di
punti singolari come brusche variazioni di sezione, intagli o difetti superficiali. Sono note anche
rotture di fatica originatesi nell'interno di pezzi, per la presenza di discontinuità o di difetti.
Una importante conseguenza di questo fatto è che è possibile migliorare la resistenza a fatica di
un pezzo curandone particolarmente l'aspetto superficiale.
Fatica termica
La fatica termica è un fenomeno causato dal ripetersi di cicli termici. Quando lo strato di un
componente viene riscaldato e raffreddato ripetutamente mentre il resto del pezzo rimane a
temperatura costante, la regione che subisce queste variazioni termiche si espande quando
riscaldata e si contrae durante il raffreddamento. La stessa regione subirà quindi forze di
compressione (che possono raggiungere lo snervamento) quando è calda e sollecitazioni a
trazione quando è fredda. Il ripetersi ciclico di queste condizioni può determinare lo sviluppo di
una cricca di fatica termica che tenderà a crescere durante il raffreddamento. Le cricche da fatica
termica si innescano generalmente sulla superficie e si propagano perpendicolarmente alla
superficie stessa.
Infragilimento
L' infragilimento consiste nella perdita critica di duttilità o di tenacità (o di entrambe) di un metallo.
Le ragioni per le quali un metallo risulta infragilito e quindi dà luogo a rotture fragili, sono varie.
Sotto certe condizioni ad esempio alcuni metalli sono soggetti a diffusione o migrazione di
elementi o gas al bordo grano.
Una delle principali forme di infragilimento è rappresentata dall'infragilimento da idrogeno, che
consiste nell'infragilimento introdotto nell’acciaio per assorbimento di idrogeno durante l’esercizio
del manufatto (ma anche durante il ciclo produttivo). L'idrogeno nei metalli ne altera le
caratteristiche meccaniche. Negli acciai, l'idrogeno provoca aumento della fragilità, diminuzione
del modulo di elasticità e della resilienza e aumento della durezza. Questo fenomeno, sotto
sollecitazioni anche estremamente modeste, può portare nei casi peggiori alla formazione di
cricche o alla rottura vera e propria.
Tensocorrosione
Con il termine tensocorrosione, o corrosione sotto sforzo (in inglese SCC: Stress Corrosion
Cracking), si definiscono i fenomeni di innesco e propagazione di cricche in un metallo sotto
l'azione combinata di sollecitazioni meccaniche di tensione e di un ambiente corrosivo.
Alcune caratteristiche della tensocorrosione sono:
Se gli sforzi ciclici, a causa della particolare geometria del materiale, si concentrano in una sola zona
limitata si potrà verificare una sola cricca la cui velocità di propagazione sarà molto più elevata rispetto a
quella di un gruppo di cricche.
Perdite di materiale
Particolari condizioni e ambienti di esercizio possono causare perdite di materiale che, a causa
della riduzione della sezione normale di un componente, possono comportare fratture o cedimenti
del componente stesso.
Le perdite di materiale possono essere di due tipi:
• perdite generalizzate
• perdite localizzate
Perdite generalizzate
- Corrosione generalizzata
Nota
In pratica, è più opportuno esprimere l'entità del danno come velocità di penetrazione, in quanto questa
fornisce una misura diretta dell'assottigliamento del metallo.
La velocità di penetrazione dell'attacco è legata a quella di perdita di peso attraverso la densità del metallo:
- Usura
L'usura è un tipico fenomeno di danneggiamento superficiale tra parti in contatto che può
realizzarsi in un gran numero di modi e in condizioni molto diverse. L'analisi del fenomeno è molto
complessa perché esso risulta funzione di un gran numero di variabili.
In generale tutti gli organi di macchina che trasmettono azioni meccaniche per attrito radente o
volvente subiscono usura. Questa provoca un'asportazione di materiale dalle superfici, il quale
può allontanarsi o rimanere in loco aggravando l'usura per effetto abrasivo. Per semplicità
possiamo considerare due tipi di usura:
· usura abrasiva
· usura adesiva
- Usura abrasiva
- Usura adesiva
L' usura adesiva si ha nello strisciamento fra le superfici di due corpi in movimento relativo in cui il
contatto diretto avviene soltanto attraverso un certo numero di punti o meglio di areole, in
dipendenza del grado di rugosità delle superfici. L'effettiva area di contatto è quindi assai limitata,
per cui su di essa si possono manifestare delle pressioni elevate, tali da superare il limite di
snervamento del materiale e produrre delle deformazioni plastiche locali, cui seguono
surriscaldamenti con possibilità di saldature. Sotto l'effetto dello scorrimento relativo fra le due
superfici le singole areole saldate sono sollecitate al taglio e si deformano fino a quando, superata
la resistenza del materiale, si produce uno strappo con conseguente formazione di detriti.
- Corrosione erosione
La corrosione erosione è una forma di corrosione tipica di pezzi immersi in un fluido (o che
trasportano un fluido), in cui si ha la concomitanza di un attacco corrosivo con l'azione meccanica
di rimozione dei prodotti di corrosione provocata dalla elevata velocità del fluido.
Zone di turbolenza e cambiamenti bruschi della direzione del flusso sono i siti preferenziali di
questa forma di corrosione.
Perdite localizzate
- Corrosione localizzata
La corrosione localizzata interessa parti limitate dell'area del metallo in contatto con l'ambiente
aggressivo. La localizzazione si presenta con diverse morfologie e viene indicata con termini
diversi a seconda del rapporto estensione/penetrazione dell'attacco o a seconda della causa del
processo.
Ulcera
Penetrante
Vaiolatura
Cavernizzante
Intergranulare
Cricca
Transgranulare
- Vaiolatura (pitting)
La vaiolatura corrosione per pitting si realizza con la formazione di piccole cavità dette crateri a
carattere più o meno penetrante che in brevissimo tempo possono anche determinare la
perforazione del materiale metallico.
La formazione di pitting si verifica principalmente su ferro, nichel, alluminio e acciai inossidabili, se
posti in contatto con soluzioni a debole carattere ossidante, contenenti ioni specifici (ad esempio:
cloruri).
Nella corrosione per pitting i siti di innesco sono rappresentati da disomogeneità della superficie
metallica (difetti, inclusioni, bande di scorrimento affioranti ecc.). Una volta che il processo è
innescato i prodotti di corrosione chiudono l'apertura del "cratere" e si crea così una "cella
occlusa", che accelera il processo corrosivo.
Deformazioni
Nota
Un esempio di deformazioni termiche è costituito dai tubi dei generatori di vapore nelle centrali elettriche.
I tubi che sono stati surriscaldati possono mostrare distorsioni significative: il tubo si indebolisce e la
pressione interna genera un rigonfiamento, spesso accompagnato da cricche nella zona distorta, che può
portare al cedimento del pezzo.
Il Blistering o bugne da idrogeno è un fenomeno dovuto alla diffusione, all'interno della struttura
metallica di un componente, dell’idrogeno atomico liberatosi da reazioni chimiche all’interfaccia
metallo-fluido. L'idrogeno che diffonde nel materiale in forma atomica tende ad accumularsi nei
difetti della struttura metallica quali vuoti, inclusioni, segregazioni, ecc. Quando l'idrogeno atomico
entra in un vuoto si ricombina formando idrogeno molecolare. Una molecola di idrogeno ha
dimensioni molto maggiori di un atomo. Per questa ragione si crea una pressione molto alta
all'interno di questi vuoti che determina la rottura dei legami metallici con conseguente aumento
delle dimensioni del difetto e deformazione del materiale.
1.4 METALLOGRAFIA
Campione metallografico
Sezionatura o taglio
Durante il taglio si genera calore che può provocare bruciature e microdeformazioni del campione.
Per minimizzare tali fenomeni si utilizzano lubrificanti o liquidi di raffreddamento. Nonostante le
precauzioni adottate un seppur minimo strato superficiale risulta danneggiato; conviene pertanto
prolungare la successiva fase di levigatura per eliminare tutti i danneggiamenti procurati.
Inglobamento in resina
Levigatura
Lucidatura
• lucidatura preliminare
Normalmente si utilizza un disco di panno in velluto aderente su disco metallico ed
impregnato con pasta diamantata a grana fine (fino a 1 µm); il campione è mantenuto
pressato al disco in rotazione.
• lucidatura fine
Si opera analogamente alla lucidatura preliminare ma con abrasivi più fini (fino a 0,05 µm)
e su disco di tela sintetica.
Queste operazioni sono condotte in laboratorio utilizzando macchine automatiche con le quali si
possono lucidare gruppi omogenei di provini.
Attacco chimico
L'attacco chimico comprende tutti i processi utilizzati per mettere in evidenza la microstruttura di
un metallo o lega. Poiché molti dettagli microstrutturali non sono visibili con la sola lucidatura, la
superficie del campione deve essere trattata per rivelare gli aspetti strutturali quali: grani, bordo di
grani, geminazioni, deformazioni e fasi secondarie.
L'attacco chimico agisce in modo differenziato rispetto alle diverse aree, all'orientamento dei grani,
alle imperfezioni cristalline, alle variazioni di composizione.
Il risultato è rappresentato da una irregolarità superficiale che riflette la luce incidente del
microscopio con angolazioni diverse, generando contrasto, colorazioni, polarizzazione e quindi
una immagine della superficie del campione.
Le tecniche di attacco sono numerose; oltre al chimico si possono utilizzare attacchi di tipo:
· elettrochimico
· termico
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CND: CONTROLLO VISIVO
L'attacco chimico e l'attacco elettrolitico sono i più diffusi nell'ambito dei materiali ferrosi. Le
tecniche di applicazione prevedono l'impiego di reattivi a base di acidi forti o di sali a reazione
acida. Quelli normalmente utilizzati in laboratorio sono indicati nella tabella.
Repliche metallografiche
Tecniche metallografiche
La metallografia è l'insieme delle tecniche adottate per l'osservazione della struttura dei materiali
metallici. Le tecniche metallografiche normalmente utilizzate per l'esame dei materiali metallici
sono:
• microscopia ottica
permette l'osservazione dei materiali utilizzando luce in campo visibile e fornisce una
immagine ingrandita della macro e microstruttura;
Macrografia
Micrografia
La micrografia ha una applicazione più generale della macrografia mediante essa è possibile
avere informazioni riguardanti:
Molte volte è sufficiente una osservazione micrografica per decidere senza incertezze sulle cause
di insuccessi o di gravi inconvenienti in servizio.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Microscopia ottica
La microscopia ottica è la tecnica utilizzata per la riproduzione della topografia e degli aspetti
microstrutturali di una superficie lucidata ed attaccata, ad un ingrandimento variabile da 2 a 1500
volte. Applicazioni e limiti di questa tecnica possono essere così indicati:
Applicazioni
• identificazione/verifica di efficacia dei metodi di fabbricazione e dei trattamenti termici;
• esame delle saldature;
• analisi delle rotture;
• valutazione dell'effetto delle lavorazioni sulla microstruttura e proprietà
Limitazioni
• potere risolvente: circa 1 micron;
• profondità di campo limitata non è possibile mettere a fuoco le superfici grezze o irregolari;
• non fornisce informazioni dirette circa la composizione chimica o cristallografica.
LEGENDA
1 - Piano del film
2 - Oculare cercatore
3 - Lente di proiezione
4 - Prismi del tubo oculare
5 - Oculare
6 - Obiettivi
7 - Diaframma di apertura
8 - Condensatore
9 - Lente di campo
10 - Diaframma di campo
11 - Diffusore
12 - Filtri
13 - Meccanismo movimento tavolino
14 - Lente collettrice
15 - Lampada alogena
16 - Fotomultimetro
17 - Adattatore
18 - Meccanismo di messa a fuoco
Queste proprietà consentono non solo l'esame di fasi strutturali molto piccole, ma anche la
determinazione della loro composizione chimica e natura cristallina.
Le stesse proprietà sono alla base degli esami frattografici delle superfici di rottura
Il SEM analizza le emissioni Rx, gli elettroni secondari e retrodiffusi, li elabora e li trasforma negli
output caratteristici: immagini virtuali, analisi elementari qualitative e quantitative, mappe di
distribuzione, ecc. I segnali emessi dall’interazione fascio elettronico/campione, opportunamente
elaborati, consentono:
La reazione provoca l’emissione di tutti i segnali indicati (raggi X, catodoluminescenza, elettroni retrodiffusi,
ecc.) ognuno dei quali se analizzato fornisce una o più caratteristiche fisico - chimiche della superficie del
materiale.
Tecniche correlate
Microanalisi RX
Microanalisi EDS
Microanalisi WDS
2. OTTICA E FOTOMETRIA
2.1 INTRODUZIONE
L'esame visivo (VT, Visual Testing) è un metodo di controllo non distruttivo che si avvale della
vista quale strumento principale. Sono richieste una grande esperienza, conoscenze e capacità
per effettuare correttamente esami visivi di componenti, manufatti, strutture industriali,
infrastrutture o opere saldate.
La visione
Il bulbo oculare è simile ad un piccolo apparecchio fotografico sferoidale che si orienta nella
direzione di visione (puntamento) e in base alla distanza del punto di interesse, automaticamente
mette a fuoco l'immagine. Il perfetto sincronismo tra i due occhi consente di unificare le due
immagini in una sola immagine di visione.
Struttura dell'occhio
IRIDE: Schermo circolare posto davanti al cristallino e con al centro la pupilla. Da la tipica
colorazione dell'occhio e funge da diaframma per regolare la quantità di luce;
CORNEA: pellicola trasparente posta a protezione del bulbo oculare converge la luce sulla parte
centrale della retina (fovea);
RETINA: schermo sensibile alla luce situato nella parete posteriore del bulbo oculare;
I coni hanno la massima concentrazione (fino a 160.000 per millimetro quadrato) in una piccola
zona della retina, completamente priva di bastoncelli, detta fovea. Sono preposti alla visione
diurna, detta fotopica, e presiedono alla percezione del colore e alla nitidezza dei contrasti.
La stimolazione dei coni della fovea permette una maggiore discriminazione dei dettagli. Infatti
ogni singolo cono della fovea è collegato ad una cellula nervosa e questa comunicazione diretta
con il cervello favorisce una maggiore capacità discriminante.
I bastoncelli, molto più sensibili dei coni alla luce, ma sono collegati alle cellule nervose solo a
gruppi e questo fa sì che l'immagine che essi veicolano sia meno nitida. Tuttavia la loro maggiore
sensibilità permette all'occhio di vedere anche in condizioni di scarsa luminosità, quando i coni
non riescono più a fornire informazioni utili al cervello (visione scotopica). La visione resa possibile
dai bastoncelli è una visione non cromatica.
Nel nostro sistema di visione oggetti di dimensioni uguali, ma distanti dall'occhio il doppio l'uno
dall'altro, producono sulla retina immagini di grandezze una il doppio dell'altra.
Oggetti di dimensioni doppie l'uno dell'altro, se il più grande è ad una distanza doppia rispetto al
più piccolo, producono sulla retina un'immagine di uguale dimensione. La proiezione sulla retina di
un oggetto dipende quindi dal rapporto tra la sua grandezza reale e la sua distanza dall'occhio.
Se consideriamo la grandezza dell'oggetto (L) come arco di un cerchio immaginario, avente come
centro l'occhio e come raggio la distanza d dell'oggetto dall'occhio, possiamo definire l'angolo
visivo (AV) come: AV = (360° x L) / 2π d
ovvero come l'angolo sotteso da un oggetto di misura L posto alla distanza d dall'occhio.
L'angolo visivo è espresso in gradi, primi e secondi.
Il test di acuità visiva consiste nel verificare la capacità di vedere o identificare correttamente
alcuni optotipi di una specifica dimensione ad una determinata distanza.
Esistono vari metodi per la misura dell'acuità visiva, tra cui:
• JAEGER J1 E J2
Serve per controllare la visione da vicino (305 mm) ed è costituto da una pagina (125 x
200 mm) con un testo suddiviso in gruppi di dimensione crescente.
• Si dirà che si ha una visione normale (o acuità del 100%) quando si è in grado di leggere
lettere aventi un angolo di un minuto rispetto all'occhio. La lettura di lettere con un angolo
di due minuti corrisponderà ad una acuità del 50% e così via.
Note
- La visita di controllo dell'acuità visiva non richiede necessariamente del personale medico; è sufficiente
che l'esaminatore sia preparato e qualificato nel metodo scelto.
- Quando un candidato non supera il test l'esaminatore dovrà avvertirlo che dovrà sottoporsi a visita
medica specialistica di controllo dell'acuità visiva.
- Se il medico specialista prescrive al candidato degli occhiali ed una valutazione scritta attestante che il
candidato è idoneo, con l'uso degli occhiali, a soddisfare le richieste dello standard adottato, il candidato
potrà essere utilizzato nell'esecuzione del controllo.
Oltre all'angolo di visuale esistono altri tre fattori fondamentali associati alla visione e sono:
• Luminosità
• Contrasto
• Tempo di esposizione
Luminosità
La luminosità è la caratteristica che fa riferimento alla quantità di bianco o di nero presente nel
colore percepito. Può essere definita in senso ASSOLUTO oppure in senso RELATIVO.
La luminosità assoluta (brillantezza o intensità) è la "quantità" di luce, emessa da una sorgente o
riflessa da una superficie, percepita dall'occhio. La luminosità relativa (apparente) è la "quantità"
La percezione risulta quindi condizionata dalla situazione contestuale. Quando un grigio viene
posto prima su uno sfondo grigio-bianco e successivamente su uno sfondo nero, sembrerà più
chiaro nel secondo caso, pur non essendo variata la sua intensità in questo caso si parla di
contrasto luminoso.
Contrasto
Il contrasto può essere definito come la capacità dell'occhio di percepire oggetti colorati su uno
sfondo anch'esso colorato. In condizioni normali l'uomo non "vede" un colore isolato, ma ogni
colore agisce in modo diverso a seconda dello sfondo.
Il contrasto può essere:
• di tonalità: un colore appare in modo differente a seconda dei colori cui è accostato;
• di colori complementari: sono colori che producono un colore neutro (bianco, grigio, nero)
quando combinati in determinate proporzioni.
Un grigio su uno sfondo colorato tende al colore complementare dello sfondo stesso.
Il massimo contrasto è quindi ottenibile con coppie di colori complementari, poiché ognuno non
contiene traccia dell'altro.
Tempo di esposizione
Il Tempo di esposizione rappresenta il tempo necessario all'occhio umano per percepire
visivamente un oggetto. Tale tempo dipende dai tempi di risposta dei recettori (bastoncelli e coni)
e, pertanto, dipende principalmente dalle condizioni di illuminamento.
Tenendo presente che la reazione dei coni è di circa 3/40 di secondo mentre la reazione dei
bastoncelli è di circa 3/10 di secondo, ne deriva che i coni sono circa quattro volte più "veloci" dei
bastoncelli. Dato che i coni (a differenza dei bastoncelli) intervengono in condizioni di elevato
illuminamento si ha che il tempo di esposizione si riduce all'aumentare dell'illuminazione
ambientale.
Legge di Weber
Il nostro sistema visivo non ha una risposta lineare alla energia radiante, ma logaritmica. Tale
peculiarità è formalizzata nella legge di Weber. La legge di Weber afferma che la risposta
eccitativa del sistema percettivo umano cresce con il logaritmo della energia emessa dalle
superfici luminose che osserviamo.
Tale legge può essere illustrata con un esempio molto semplice. Supponiamo di trovarci in un
ambiente illuminato da una lampada da 25 watt. Dopo esserci abituati a tale livello di luminosità,
raddoppiamo l'illuminazione accendendo una seconda lampada da 25 watt. Percepiremo un
aumento di luminosità ben distinto. Dopo esserci abituati al nuovo livello di luminosità accendiamo
una ulteriore lampada da 25 watt. L'incremento di luminosità non sarà percepito tanto evidente
come il precedente. Per ottenere una sensazione di incremento di luminosità di intensità pari a
quella che si ha passando da 25 a 50 watt in realtà dovremmo raggiungere i 100 watt.
Sensibilità cromatica
Un'onda monocromatica viene percepita come colore; così ad esempio una radiazione di
lunghezza d'onda 577 nm viene percepita come giallo ed una di 673 nm come rosso.
Difetti visivi
La capacità visiva (acuità visiva, percezione dei colori) di un operatore deve rispondere a
determinati requisiti stabiliti dalle norme, in quanto, eventuali difetti visivi possono influire
negativamente sul risultato del controllo. In questa sezione andremo quindi a presentare i
principali e più comuni difetti della vista, quali: ipermetropia, miopia, presbiopia, astigmatismo,
percezione cromatica anomala. Va comunque precisato che tali difetti possono essere corretti e
quindi non necessariamente costituiscono impedimento per il regolare svolgimento delle attività
ispettive.
- Ipermetropia
L'ipermetropia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il
bulbo oculare "corto". In queste condizioni si ha che il cristallino focalizza i raggi provenienti da
vicino (Muscoli Ciliari rilasciati) in un piano posteriore alla retina.
I muscoli ciliari devono contrarsi anche per consentire la visione da lontano, gli oggetti distanti
sono visti distintamente; la necessità di "accomodare la visione da lontano" limita il potere di
accomodazione per oggetti vicini e, quindi, limita la visione distinta da vicino.
- Miopia
La miopia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il bulbo
oculare "lungo".
In queste condizioni il cristallino focalizza i raggi provenienti da lontano (muscoli ciliari rilasciati) in
un piano anteriore alla retina e quindi gli oggetti sono visti sfocati.
Gli oggetti vicini all'occhio sono invece messi correttamente a fuoco e sono così visti
distintamente. Per avere una visione distinta anche da lontano è necessario l'uso di occhiali con
lenti concave che permettano una preventiva divergenza dei raggi.
- Presbiopia
La presbiopia è un difetto non legato alla conformazione dell'occhio, ma alla sua usura che causa
una perdita di elasticità del cristallino. Ciò comporta che l'indurimento causa una riduzione del
Potere Accomodante (messa a fuoco al diminuire della distanza) ovvero limita la visione distinta
da vicino. Solo gli oggetti lontani dall'occhio possono essere messi correttamente a fuoco ed
essere così visti distintamente. Questo difetto peggiora con l'età (in media un sessantenne non
riesce a vedere nitidamente oggetti più vicini di 2 m), ma si può correggere con l'uso di occhiali
con lenti convesse per permettere una preventiva convergenza dei raggi.
- Astigmatismo
L'astigmatismo è un difetto strutturale, dovuto ad una anomala curvatura della cornea che nel
soggetto normale ha forma simmetrica, sferica, mentre nell'astigmatico ha forma asimmetrica.
Ciò comporta che i raggi luminosi che arrivano all'occhio non vanno a fuoco in un punto preciso
ma lungo un intervallo di visione sfuocata; le immagini percepite sono deformate e distorte, la
zona centrale dell'intervallo permette di avere una visione relativamente buona o meglio con
minore deformazione.
E' un'anomalia congenita che rimane pressoché invariata nel corso degli anni. L'astigmatismo può
però comparire anche secondariamente ad interventi chirurgici come cataratta, trapianto di
cornea, distacco di retina, o successivamente a traumi oculari. Fino a poco tempo fa la correzione
era l'impiego di occhiali o lenti a contatto; attualmente si può anche correggere con la chirurgia
refrattiva modificando la curvatura della cornea e rendendola più simmetrica.
La luce
Introduzione
I nostri occhi funzionano come due macchine fotografiche: la luce proveniente dall'ambiente
penetra attraverso l'apertura variabile della pupilla (otturatore) e forma sulla retina (pellicola)
un'immagine capovolta di ciò che stiamo osservando. Successivamente la struttura nervosa che
dal nervo ottico arriva al cervello provvede, in modo del tutto indipendente dall'attività cosciente,
ad effettuare il raddrizzamento di quell'immagine capovolta, e darci così la possibilità di interagire
in modo naturale con gli oggetti del nostro ambiente.
La visione dipende quindi dalla luce: è la luce che fornisce informazioni sulla forma e sul colore
degli oggetti del nostro ambiente.
Dal punto di vista fisico la luce è una radiazione elettromagnetica cioè un'onda che si propaga
nello spazio alla massima velocità possibile, pari a circa 300.000 chilometri al secondo.
Come tutte le altre onde ha dei punti di massimo e di minimo e si possono definirne le tre misure
principali:
Fenomeni fisici apparentemente diversissimi, come le onde radio che trasportano suoni e voci ed i
raggi X che impressionano le lastre radiografiche, appartengono in realtà alla medesima
dimensione, quella delle onde elettromagnetiche. L'intera gamma delle lunghezze d'onda esistenti
in natura, dalle onde lunghissime, poco energetiche, alle onde cortissime dotate di straordinaria
energia, costituisce lo spettro elettromagnetico.
Nota
Quando una radiazione è composta da una singola lunghezza d'onda è detta monocromatica (di un solo
colore). Quando invece, come succede normalmente, è composta da un insieme di lunghezze d'onda, allora
è denominata policromatica (di vari colori). Tali definizioni non si usano solo per le radiazioni ottiche, quanto
anche per altri tipi di onda come nel caso dei raggi X emessi da tubi radiogeni, e gamma emessi da
radioisotopi.
Luce visibile
La luce visibile è costituita dall'insieme delle
lunghezze d'onda a cui l'occhio umano è
sensibile e che sono alla base della
percezione dei colori. In linea di massima, al
di là di differenze individuali, lo spettro visibile
si situa tra i 380 e i 780 nanometri.
Nota
Le curve x(λ), y(λ), z(λ) rappresentano rispettivamente le quantità dei colori primari (Rosso, Verde, Blu)
necessarie per riprodurre, in un osservatore normale, lo stimolo cromatico prodotto da un determinato
colore (energia radiante di lunghezza d'onda λ). In pratica le curve rappresentano la sensibilità
dell'osservatore medio al rosso, al verde ed al blu, rispettivamente. La curva y(λ) coincide con quella del
fattore di visibilità in visione fotopica.
Note
- Le radiazioni infrarosse hanno una lunghezza d'onda compresa tra 700 nm e 1 mm ed una frequenza
compresa tra 3·1011 Hz e 4.28·1014 Hz. Rappresentano la regione dello spettro compresa tra le
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microonde e la luce visibile. Il nome deriva dal fatto che tali radiazioni sono il prolungamento dello
spettro visibile dalla parte del rosso. Le radiazioni infrarosse sono invisibili all'occhio umano.
- Gli utilizzi della radiazione infrarossa sono principalmente legati alla caratteristica del calore. Gli oggetti
già alle normali temperature emettono spontaneamente radiazioni infrarosse, a causa dell'agitazione
termica delle loro molecole. Tali radiazioni sono rilevate da specifici sensori infrarossi (termolettori). Gli
apparecchi per la visione notturna usano sensori infrarossi per convertire in immagini le radiazioni
captate. Una evoluzione della tecnologia per visione notturna è la termografia usata sia nelle
applicazioni sanitarie che nelle applicazioni industriali (controlli non distruttivi). L'infrarosso è usato
anche per trasmettere dati: nei telecomandi o tra apparecchi elettronici. Questo sistema permette di
evitare interferenze ad esempio con le onde radio emesse dai vari apparecchi.
• Raggi gamma: prodotti nel nucleo atomico, da interazioni fra particelle sub-nucleari (isotopi
radioattivi a seguito del decadimento emettono fotoni).
• Raggi X: generati da urti di elettroni su atomi dotati di elevato numero atomico (Tungsteno..),
in grado, a loro volta, di emettere agevolmente altri elettroni accompagnati da radiazioni X.
• Luce e Raggi UV: prodotti da traslazioni elettroniche che si verificano negli orbitali atomici.
Ne consegue che l'energia associata ad un'onda elettromagnetica dipende dalla sua lunghezza
d'onda.
Nota
La costante di Planck (h ) è un valore fondamentale della fisica quantistica e rappresenta la quantizzazione
a livello microscopio dell'energia. In pratica rappresenta il fatto che l'energia trasportata da un'onda
elettromagnetica non può assumere valori continui, ma solo quantità multiple di un valore fisso. Il valore di
sperimentale è di: h = 6,626068 x 10 -34 (Joule s)
E1 - E2 = h * f
Il colore
Il colore della luce è determinato dalla sua lunghezza d'onda. La luce bianca è data dalla
presenza di tutte le lunghezze d'onda monocromatiche dello spettro del visibile.
I colori possono essere classificati in:
• colori primari: altrimenti detti fondamentali, sono rosso, blu, verde; sono i colori che non
possono essere ottenuti miscelando altri colori. In teoria, dalla loro combinazione è possibile
ottenere tutti gli altri;
• colori complementari: un colore ottenuto dalla combinazione di due colori primari è detto
secondario o complementare del primario che non è entrato nella sua composizione;
• colori neutri: sono bianco, nero e grigio (in tutte le sue gradazioni); sono i colori che si
ottengono dalla combinazione di due colori complementari o dei tre primari.
Nota
Esiste una seconda definizione per i colori complementari un colore è detto complementare ad un altro
colore quando, miscelati producono un colore neutro.
Il colore è una sensazione fisiologica provocata dalla luce che colpisce la retina dell'occhio.
• tonalità: è l'attributo che permette ai colori di essere classificati come giallo, rosso…..oppure
come valore intermedio tra qualsiasi coppia di colori miscelati. La differenza di tonalità dipende
dalla differente lunghezza d'onda;
• luminosità: è l'attributo che si riferisce alla quantità di bianco o di nero presente nella tonalità
percepita. Fondamentale è il contesto, ovvero la brillantezza dello sfondo. Tanto più brillante è
lo sfondo, tanto più scuro (meno luminoso) appare il colore;
• saturazione: è l'attributo che si riferisce alla purezza del colore. Viene misurata come
differenza di un colore rispetto a un grigio (colore neutro), a parità di luminosità: è la "quantità
di grigio" presente in un colore. Assenza di grigio e piena riconoscibilità della tonalità
corrispondono a max saturazione.
I colori dell'iride sono a massima saturazione mentre i colori neutri sono privi di tonalità e
saturazione
omogeneo e che i raggi luminosi possano toccarsi senza modificarsi reciprocamente. L'ottica
geometrica permette di definire le leggi di rifrazione e riflessione.
L'ottica ondulatoria assume che la luce si
propaga con onde trasversali e definisce i
raggi luminosi come traiettorie ortogonali
alla superficie d'onda. Essa studia i
fenomeni di diffrazione, interferenza,
polarizzazione.
Di seguito esamineremo:
• Trasmissione e assorbimento
• Riflessione e diffusione
• Rifrazione
• Diffrazione
Trasmissione e Assorbimento
Nei confronti della trasmissione e dell'assorbimento, i corpi si dividono in:
• trasparenti: si lasciano attraversare totalmente dalla luce incidente;
• traslucidi: si lasciano attraversare dalla luce incidente, ma la trasmettono in modo diffuso
(attraverso un corpo traslucido, gli oggetti non vengono visti nitidamente ma con i contorni
"sfumati");
• opachi: non si lasciano attraversare dalla luce incidente, la cui energia viene dissipata in
calore.
I corpi possono trasmettere/assorbire solo alcune frequenze ed essere pertanto dei filtri nei
confronti delle frequenze assorbite. La trasmissione e l'assorbimento dipendono da: materiale,
spessore, lunghezza d'onda incidente.
I metalli, entro certi spessori, risultano trasparenti a radiazioni ad alta frequenza quali i raggi X e i
raggi gamma. Il vetro è, invece, trasparente già a frequenze minori come quelle associate alle
radiazioni luminose. L’assorbimento è dovuto al moto di molecole, atomi ed elettroni che
costituiscono il materiale. Essi sfruttano la radiazione incidente per entrare in vibrazione alla
stessa frequenza e dissipare l’energia in calore.
Riflessione e Diffusione
La riflessione è il fenomeno tipico delle superfici finemente levigate. Le superfici altamente
riflettenti sono dette lucide o speculari. Il fattore di riflessione di una superficie è il rapporto tra la
quantità di luce riflessa e la quantità di luce incidente. La riflessione può essere speculare, diffusa
o mista.
Nella riflessione speculare l'angolo formato rispetto alla normale dal fascio riflesso è eguale a
quello del fascio incidente. La riflessione diffusa (o diffusione) si ha in presenza di superfici
opache; quando la luce riflessa si distribuisce uniformemente in tutte le direzioni. La riflessione
mista è una situazione intermedia tra riflessione speculare e diffusione e si ha quando la
diffusione si concentra in una direzione prevalente.
Nota
La diffusione è un fenomeno proprio delle onde elettromagnetiche. E' dovuto alla riemissione di radiazioni,
con frequenza uguale a quella incidente, da parte di atomi e molecole circostanti che vengono "eccitati" e
diventano essi stessi sorgenti che irradiano in tutte le direzioni.
Rifrazione
- n2/1 indica il rapporto tra la velocità del fascio nel mezzo 1 e la velocità del fascio nel mezzo 2
Nel tipico caso di interfaccia aria-vetro (n1 =1, n2 = 1.5) un fascio incidente con un angolo di 30°
procede all'interno del vetro con un angolo di 19.5° ed esce ancora in aria con un angolo di 30°.
Angoli critici
Nel caso di fasci perpendicolari all'interfaccia (θ1 = 0°), il fascio rifratto risulta pure perpendicolare.
Se l'indice di rifrazione del mezzo da cui proviene la luce è maggiore di quello dell'altro mezzo,
allora esiste una condizione limite per l'angolo di incidenza (angolo critico θc), in corrispondenza
della quale la luce incidente viene totalmente riflessa sulla superficie che separa i due mezzi.
Nel caso vetro - aria, questo angolo critico nel vetro vale:
θc = arcsen(1/1,5) = 41.8°
L'angolo di rifrazione dipende anche dalla lunghezza d'onda del raggio incidente (il blu è più
rifratto del rosso, ad esempio). Ne risulta il tipico effetto ad arcobaleno, quando prismi vengono
attraversati da fasci di luce.
Diffrazione
La diffrazione è un fenomeno ottico, per il
quale il fascio subisce una deviazione nel
passaggio attraverso un'apertura D molto
stretta, i cui bordi si comportano come nuove
sorgenti.
Focalizzazione e diffusione
In ottica focalizzare significa concentrare la luce, mediante lenti o specchi, in uno stesso punto
detto fuoco. Data una sorgente P, l’ottica studia il problema di come far convergere i raggi per
formare l'immagine Q. Le soluzioni proposte si basano sulle considerazioni trigonometriche che
regolano riflessione e rifrazione, pertanto si parla di ottica geometrica.
La focalizzazione si può ottenere in trasmissione tramite lenti focalizzatrici; in riflessione tramite
specchi concavi.
Lenti focalizzatrici
Le lenti focalizzatrici, sfruttando la curvatura di due lenti, sono usate per concentrare l'energia
luminosa di un fascio ed ottenere il passaggio di tutti i raggi paralleli attraverso il punto focale.
Varie leggi ne descrivono il funzionamento, mentre i parametri caratteristici sono:
· la distanza focale, f
· l'ingrandimento, m
· l'indice di rifrazione, n ( Aria n = 1.0, Vetro n = 1.5)
Il Fuoco di una lente è il punto dove vengono focalizzati i raggi che provengono da una sorgente
posta a distanza "infinita" dalla lente ovvero che incidono tutti paralleli fra loro.
La Distanza Focale ( f ) rappresenta il segmento giacente sull'asse ottico, i cui estremi sono il
centro della lente e il fuoco.
D=1/f
Specchi
Gli specchi sono distinti in due tipologie (concavi e convessi), in funzione della superficie
effettivamente riflettente. Quando si sfrutta la riflessione della superficie posteriore, si verificano
riflessioni secondarie e variazioni della distanza apparente. Per evitare questo, si possono
metallizzare le superfici anteriori, proteggendole con uno strato di SiO2 dall'ossidazione e dai
graffi.
Gli specchi concavi sono spesso usati al posto delle lenti, anche essi sono caratterizzati da un
punto focale. Varie geometrie (parabolici, sferici, ellissoidali, piani) consentono prestazioni
diverse.
Gli specchi parabolici si usano quando la sorgente luminosa è posta a grande distanza e pertanto
i suoi raggi arrivano circa paralleli (concentratori di energia solare, telescopi a specchio..).
Tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (indipendentemente dalla loro distanza dall'asse)
convergono nel fuoco F dello specchio, coincidente con il fuoco della parabola.
Gli sferici e gli ellissoidali si usano quando i raggi della sorgente giungono inclinati tra loro.
Calotta sferica con la parte interna riflettente tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (ad esso
vicini) sono riflessi nel fuoco F dello specchio, coincidente con il centro del cerchio.
Gli specchi piani sono più semplici da realizzare costruttivamente; essi non sfruttano la
focalizzazione, ma la formazione di immagini virtuali.
Uno specchio piano può essere considerato come il caso limite di uno specchio sferico (specchio
sferico di raggio di curvatura infinito). L'immagine è virtuale e simmetrica rispetto alla superficie
dello specchio, a grandezza naturale.
Superfici diffondenti
Fasci paralleli
In trasmissione, si posiziona la sorgente luminosa nel punto focale di una lente ottica.
In riflessione, si posiziona la sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio parabolico.
Uno dei principali obiettivi nella costruzione di strumenti ottici è di ottenere una immagine perfetta,
che riproduca con la massima fedeltà l'oggetto osservato. Nella pratica raggiungere pienamente
tale obiettivo è impossibile, in quanto gli strumenti ottici sfruttano lenti e specchi per ottenere
immagini focalizzate ed ingrandite degli oggetti. Tutto questo comporta delle imprecisioni (in
genere mai del tutto eliminabili) sull'immagine osservata con conseguente distorsione ed
alterazione nella visione dell'oggetto osservato.
Aberrazioni ottiche
Le aberrazioni ottiche sono alterazioni nella forma e o nel colore di una immagine dovute alla
visione attraverso le lenti di uno strumento ottico. Si deve considerare infatti che le relazioni, alla
base del problema della focalizzazione, sono ottenute con due ipotesi semplificative:
1. I raggi della sorgente sono "poco" divergenti (ipotesi dei raggi parassiali).
2. Le componenti della luce a diversa frequenza non subiscono rifrazioni differenti nel
passaggio aria-vetro (ipotesi delle lenti sottili).
Aberrazione sferica
Aberrazione cromatica
Potere Risolutivo
Il potere risolutivo di uno strumento ottico rappresenta la minima distanza tra due punti le cui
immagini risultano distinte (microscopio…); il minimo "angolo visuale" sotto cui risultano distinte le
immagini di due punti (telescopio…).
Il potere risolutivo risulta sempre limitato, a causa della diffrazione:
· un obiettivo ha sempre una dimensione "finita" e pertanto costituisce sempre un "ostacolo" per
i fronti d'onda luminosi;
· i confini fisici di un obiettivo si comportano come dei riemettitori;
· l'immagine di un oggetto-sorgente, per quanto piccolo esso sia, viene comunque dilatata.
2.4 FOTOMETRIA
Sorgenti luminose
Tutti i corpi emettono radiazioni con intensità e frequenza differenti in funzione del materiale e
della temperatura cui si trovano.
- Se la temperatura è minore della temperatura di soglia, (T < T0) l'energia radiante emessa non
è visibile.
- Se la temperatura T aumenta, le radiazioni emesse entrano nel visibile: prima viene emessa
luce rossa e, al crescere della temperatura, seguono tutte le altre componenti fondamentali
che si sovrappongono, producendo la sensazione di luce bianca (corpo portato
all'incandescenza).
In illuminotecnica, le sorgenti luminose sono comparate con una sorgente teorica denominata
corpo nero.
Corpo nero
Con corpo nero si intende un corpo ideale, in grado di assorbire radiazioni di tutte le lunghezze
d'onda senza rifletterne alcuna. Un corpo nero presenta le seguenti proprietà:
• assorbe interamente l'energia radiante da cui è investito;
• essendo un assorbitore ideale, ha un coefficiente di riflessione pari a zero (da cui il nome di
corpo nero);
• il suo spettro di emissione dipende solo dalla temperatura cui è portato.
• ad una data temperatura, emette più potenza radiante di qualsiasi frequenza irradiata da un
oggetto alla stessa temperatura (un buon assorbitore è anche un buon emettitore poiché il
ritmo di emissione energetica è una costante fisica).
La legge di Stefan descrive come la potenza P irradiata da un corpo dipende dalla sua superficie
(A) e temperatura (T):
P = K * A * T4
dove K è una costante che dipende dal coefficiente di emissione e (0<e<1), che a sua volta
dipende dal tipo di materiale:
- corpo nero e = 1 (K massima)
- pece e = 0.99 (ottima approssimazione reale di corpo nero)
- superficie speculare e = 0 (K minima)
Temperatura di colore
La temperatura di colore di una sorgente è la temperatura cui deve essere portato un corpo nero
per avere una emissività analoga a quella della sorgente stessa.
Questa definizione deriva dal fatto che lo spettro luminoso di un corpo nero presenta un picco di
emissione che dipende soltanto dalla sua temperatura.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Inoltre vale la considerazione che anche se un corpo nero ideale differisce da una sorgente reale,
l'analogia tra corpo nero e sorgente rimane valida. La quantità che esprime la temperatura di
colore è usata in Illuminotecnica per valutare le prestazioni delle sorgenti luminose e viene
espressa in kelvin (K).
Note
Per basse temperature, sempre però nell'incandescenza, si passa dall'infrarosso non visibile al rosso.
Salendo di temperatura introno ai 2000 k si passa ai colori giallo-arancio.
Per temperature maggiori la luce diventa prima bianca, poi azzurra, quindi violetta ed ultravioletta.
Comunemente quando si dice che una luce è calda in realtà essa corrisponde ad una bassa temperatura di
colore, viceversa quando si parla di luce fredda a questa corrisponde una temperatura di colore maggiore.
Lampade fluorescenti
La propagazione della luce è descritta dalla legge denominata "dell'inverso del quadrato delle
distanze":
2 2
E1 x d1 = E2 x d2
secondo la quale l'intensità luminosa per unità di area varia in modo inversamente proporzionale
2
al quadrato della distanza considerata. Ad esempio, se si misurano 16 W/cm ad 1 m di distanza,
2 2
allora a 2 m si misureranno 4 W/cm ; mentre a 4 metri si misurerà 1 W/cm .
- L'energia (J) è proporzionale alla frequenza della radiazione luminosa (dipende quindi dal
colore della luce).
- Come noto, la potenza è l'energia trasmessa nell'unità di tempo (s) ed è misurata in watt (W),
con 1 W = 1 J/s
In ottica, la potenza dipende dal numero di fotoni, ovvero dal numero di "unità" che trasportano
energia e lunghezza d'onda
- L'intensità è la grandezza che tiene principalmente conto del numero di fotoni che investono
una superficie. L'intensità di un'onda (anche meccanica) è definita come "potenza (W)
trasferita attraverso l'unità di area di una superficie normale alla direzione di propagazione
dell'onda".
Nota: Per comprendere perché si consideri la proiezione ortogonale al fascio incidente; basta pensare che
una stanza si scalda di più nel caso in cui una finestra esposta al sole, sia meglio orientata piuttosto che nel
caso in cui sia più ampia.
RADIOMETRICHE
Quantità Unità
Energia radiante Q Joule J
Flusso radiante Φe watt W
2 2
Emittanza radiante Me watt / m W/m
2 2
Irradianza Ee watt / m W/m
Intensità radiante Ie watt / steradiante W / sr
2 2
Radianza Le watt / ster / m W / (m sr)
FOTOMETRICHE
Quantità Unità
Energia luminosa Qv Talbot lm s
Flusso luminoso Φv lumen lm
2 2
Emittanza luminosa Mv lumen / m lm / m
2 2
Irradianza Ev lumen / m (lux) lm / m
Intensità luminosa Iv Candela lm / sr (=cd)
2 2
Luminanza Lv Candela/m (nit) cd / m
Steradiante
Un concetto di base per la fotometria è quello di angolo solido. L' angolo solido è una grandezza
geometrica tridimensionale che rappresenta l'estensione del concetto di angolo piano.
Per comprenderlo consideriamo una sfera trasparente di raggio r = 1 m, con al centro C una
2
sorgente luminosa puntiforme che illumina la zona S = 1 m . Si definisce angolo solido Ω lo spazio
racchiuso nel cono di luce di base S e di vertice C.
L'unità di misura dell'angolo solido è lo steradiante che può essere definito come l'angolo sotto il
quale si vede una calotta sferica di area uguale al quadrato del raggio della sfera, cioè:
2
Ω=A/r
Il Flusso radiante è la misura della potenza trasmessa dal fascio luminoso ed indica la potenza del
fascio luminoso nello spettro visibile. Il flusso luminoso è dunque un flusso energetico ”pesato”
secondo la sensibilità spettrale dell’occhio umano (visione fotopica). La sua unità di misura è il
lumen (lm) che può essere definito come l'equivalente ottico del watt.
Dato che la risposta spettrale della retina ha un massimo a λ=555 nm, si è convenuto che il flusso
luminoso (Φ) di una radiazione monocromatica di questa lunghezza d’onda, emessa da una
sorgente della potenza di 1 watt, sia Φ = 683 lumen.
Per sorgenti monocromatiche con stessa potenza, ma lunghezza d’onda inferiore o superiore a
540 nm il flusso luminoso viene definito in proporzione alla risposta spettrale della retina (ad
esempio 410 lumen a 600 nm, o 0 lumen a 200 nm).
Flusso Radiante
Flusso Luminoso
Intensità luminosa
L'intensità luminosa (I) esprime la concentrazione di luce in una direzione specifica, radiata per
secondo. Essa può essere definita come flusso luminoso radiato in una certa direzione per unità
di angolo solido.
I = Φ/4π [cd]
Irraggiamento e illuminamento
L’Irraggiamento è la misura del flusso radiante per unità di area, ed è espresso in Watt/cm² (o
Watt/m²). Analogamente l' illuminamento (E) è il flusso luminoso per unità di superficie. L'unità di
misura dell'illuminamento è il lux (lm/m²), che corrisponde all’illuminamento prodotto da un flusso
di 1 lumen distribuito in modo uniforme su una superficie di 1 m².
Nota Con riferimento a misure anglosassoni, si trova spesso indicato il foot-candle (ftc), equivalente ad un
lumen per piede quadrato.
- Luminosità
Se il flusso luminoso per unità di superficie è riferito ad una superficie emittente invece che ad una
superficie illuminata esso viene misurato nelle stesse unità ma viene detto luminosità (luminosità
del cielo).
Efficienza luminosa
L’efficienza luminosa η (lumen/watt) è definita dal rapporto tra il flusso luminoso (lumen) e il flusso
radiante (watt).
η = Flusso luminoso/potenza
L'efficienza luminosa dipende dalla lunghezza d'onda e rappresenta la frazione della potenza
raggiante che cade nel visibile.
Nota
In altre parole essendo η = Flusso luminoso/potenza
si ha che il Flusso luminoso = Energia raggiante (watt) x 683 (lm/watt) x η
Il fattore 683 (lm/watt) dipende, come abbiamo visto, dalla sensibilità della retina a λ= 540 nm, il picco della
curva della sensibilità scotopica. L’efficienza luminosa vale 1 a tale lunghezza d’onda.
Radianza e Luminanza
La radianza è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) espressa in W/cm2/sr.
Nota
La radianza, riferita all’angolo solido, è indipendente dalla distanza dalla sorgente e non segue l’inverso dei
quadrati delle distanze.
La luminanza (L) è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) nel visibile e si
misura in cd/m2.
E' definita come il limite del rapporto fra l'intensità luminosa prodotta in una data direzione da un
elemento di superficie e la proiezione dell'elemento di superficie su un piano normale alla
direzione stessa. E' quindi una grandezza che dipende dalla posizione dell'osservatore.
Nota
E' importante aver ben chiaro la differenza
esistente tra illuminamento e luminanza:
Spesso sono compiute inesattezze ed imprecisioni nella conversione tra grandezze ottiche.
La soluzione migliore, in ogni caso, è la misura diretta della grandezza cui si è interessati.
Esempio: nell'esempio seguente è svolta la conversione tra lux (lumen per m2 ) e lumen.
Fotodiodi al silicio
I fotodiodi al silicio sono composti da un circuito P-N che genera un'intensità di corrente
proporzionale alla luce incidente. La loro risposta è lineare, la taratura è mantenuta a lungo.
La fotocorrente di un circuito PN può essere sfruttata per convertire energia luminosa in energia
elettrica. I fotodiodi ottimizzati per questa funzione vengono chiamati celle fotovoltaiche (o celle
solari).
Fotodiodi a vuoto
I fotodiodi a vuoto sono costituiti da un piccolo tubo catodico, in cui la superficie del catodo emette
elettroni in proporzione alla luce incidente, e da un anodo, che li riceve. Tra anodo e catodo è
imposta una tensione tra 50 e 90 V.
Per il funzionamento sfruttano l’emissione di elettroni dalla superficie metallica colpita da fotoni di
energia superiore ad un dato valore di soglia. Il materiale del catodo determina la sensibilità
spettrale (Cs - Te per UV).
Possono essere resi molto sensibili aggiungendo una serie di dinodi (elettrodi intermedi), tra
anodo e catodo, per aumentare il campo elettrico.
Il campo elettrico tra ogni coppia successiva di dinodi fornisce agli elettroni estratti dai fotoni
incidenti (fotoelettroni) una energia sufficiente ad estrarre altri elettroni. In questo modo si genera
un processo a valanga che produce un impulso di corrente (anche di milioni di elettroni per fotone)
e che spiega il nome di “foto-moltiplicatori” dato a questi dispositivi.
Termosensori
I termosensori (detti anche bolometri) sono dispositivi sensibili al calore radiante per irraggiamento
(sensore sotto vuoto) ed offrono una adeguata sensibilità nell'infrarosso (IR). Hanno una finestra
d'ingresso in quarzo (banda passante tra 200 e 4200 nm) e sfruttano il riscaldamento prodotto
dall’assorbimento di fotoni per generare un segnale utile.
Illuminazione artificiale
Le sorgenti luminose utilizzate per fornire un'adeguata illuminazione variano dalle torce portatili
alle sorgenti ad alta intensità utilizzate con i videoscopi.
Per illuminare la zona da controllare vengono utilizzati due tipi di sorgente di luce artificiale:
· ad incandescenza:
la luce viene emessa da un filamento di tungsteno attraversato da una corrente elettrica; di
questo tipo sono la lampada tradizionale e la lampada alogena;
Illuminazione ad incandescenza
Lampada tradizionale
La lampada ad incandescenza tradizionale è costituita da un bulbo di vetro trasparente
contenente un sottile filamento in tungsteno sorretto da opportuni sostegni conduttori. Nel bulbo è
praticato il vuoto ed immessa una miscela di gas inerti (azoto, argon) per evitare che il filamento
"bruci" durante il riscaldamento. Il bulbo è sigillato mediante un attacco che serve per il
collegamento con la linea elettrica di alimentazione.
All'incandescenza si ha emissione
di radiazioni luminose, insieme ad
una quota cospicua di radiazioni
infrarosse (invisibili all’occhio, ma
percepite come calore) e ad una
piccolissima quantità di radiazioni
ultraviolette.
La quantità di luce emessa è direttamente proporzionale alla temperatura di funzionamento della
lampada.
Lampada alogena
Il tungsteno di cui è costituito il filamento di una lampada a incandescenza, portato ad alta
temperatura inizia a sublimare, andandosi a depositare sulla superficie interna del bulbo in vetro.
Questo fenomeno porta alla riduzione del flusso luminoso e all’invecchiamento della lampada, in
quanto il bulbo annerito lascerà passare una minore quantità di flusso e il filamento, assottigliato a
causa della sublimazione, si infragilisce e si spezza.
Nota
All'interno del bulbo gli alogenuri di tungsteno possono formarsi come composti stabili soltanto nelle zone
dove la temperatura è inferiore a 1700 K, quindi ad una certa distanza dal filamento (che raggiunge i 3000
K). Quando gli alogenuri si portano in prossimità del filamento, a temperature superiori a 1700 K, avviene la
loro dissociazione in tungsteno, che si deposita casualmente sul filamento, e gas alogeno, che si rende
disponibile per un nuovo ciclo.
Il fatto che il tungsteno si rideposita casualmente sul filamento, e mai esattamente nel punto dal quale si è
volatilizzato, impedisce che il filamento si rigeneri integralmente: il filamento è sempre soggetto a
logoramenti localizzati là dove il tungsteno non torna mai a depositarsi.
La lampada a scarica sfrutta la proprietà di alcuni gas di emettere luce quando sono attraversati
da una scarica elettrica (elettroluminescenza). La lampada è costituita da un'ampolla di vetro o
quarzo (tubo di scarica) nella quale è stato prodotto il vuoto e immessa una piccola quantità di gas
o vapori metallici. Alle due estremità sono saldati gli elettrodi tra cui avviene la scarica.
Nota
L'eccitazione dell'atomo provoca il salto d'orbita di uno dei suoi elettroni periferici su un
livello energetico superiore, instabile, dal quale l'elettrone ricade su un livello più stabile.
Lampada a fluorescenza
Le lampade a fluorescenza sono un tipo particolare di lampada a scarica in cui l'emissione
luminosa non è prodotta direttamente dal gas ionizzato, ma da un sottile strato di polveri
fluorescenti (fosfori) che riveste internamente la superficie del tubo contenitore. Il tubo in vetro (di
forma lineare, circolare o variamente sagomato) contiene al suo interno piccole quantità di
mercurio gassoso unitamente ad altri gas (solitamente Argon o Neon). Alle due estremità sono
saldati i due elettrodi a cui fanno capo i conduttori elettrici di alimentazione.
Gli atomi di mercurio urtati dagli elettroni in movimento tra i due elettrodi emettono
prevalentemente radiazione ultravioletta (vedi: generazione della luce).
Le polveri fluorescenti presenti sulla superficie interna del tubo, investite dalla radiazione UV
prodotta dal gas, emettono luce.
Nota
Questo tipo di lampade sono comunemente chiamate lampade al neon o tubi al neon, ma in realtà il loro
funzionamento è dovuto alla presenza dei vapori di mercurio e non al neon.
Ricordiamo anche che l'emissione luminosa da parte di sostanze fluorescenti cessa non appena viene
meno l'azione eccitatrice svolta dalla radiazione UV, diversamente da quanto accade per le sostanze
fosforescenti, che continuano ad emettere luce anche dopo che l'azione eccitatrice è venuta meno.
3.1 INTRODUZIONE
I numerosi strumenti utilizzabili nelle ispezioni visive sono stati suddivisi nelle seguenti categorie,
illustrate in dettaglio nelle pagine seguenti:
• Strumenti di ausilio alla visione: per esaminare particolari nascosti o minuti, può essere
necessario utilizzare sistemi ottici di ausilio alla visione.
• Strumenti per la visione indiretta: nei casi in cui la visione diretta non è possibile, è
necessario ricorrere a sistemi endoscopici per la visione indiretta.
ENDOSCOPI Boroscopi
Fibroscopi
Videoendoscopi
Introduzione
Nelle ispezioni visive è spesso richiesto determinare lunghezze, diametri, altezze, tolleranze,
aspetto superficiale, filettature e diverse altre caratteristiche che non possono essere
adeguatamente quantificate soltanto dall'occhio umano. I principali strumenti comunemente
utilizzati per le misurazioni nelle ispezioni visive dirette sono:
• Goniometri
• Calibri
• Micrometri
• Comparatori
La riga graduata è il più semplice strumento per le misure lineari, esistono in diverse lunghezze e
possono essere di materiale rigido o flessibile. Le righe graduate hanno normalmente una
lunghezza di 6 pollici e dispongono di diverse scale con differenti gradazioni. La precisione è
limitata dalla larghezza dell'incisione della scala graduata. Per una corretto impiego deve essere
scelta con attenzione la scala più adatta.
Se la misurazione effettuata cade tra due gradazioni, dovrebbe essere utilizzata la scala
successiva più fine, per aumentare il grado di precisione. Con un corretto utilizzo si possono
ottenere precisioni dell'ordine di 0,5 mm (0,016 pollici), anche se possono verificarsi errori di
interpretazione. Sono impiegate anche per controlli della planarità delle superfici, parallelismo e
rettilineità.
Questo poiché è più difficile allineare il riferimento dello zero terminale con lo spigolo del pezzo da
misurare rispetto ad allineare una gradazione intermedia della riga. Inoltre, possibili danni alla
parte terminale della riga con l'indicazione zero, possono influenzare negativamente la
misurazione.
Goniometri
Il controllo degli angoli più comuni (30, 45, 60, 90, 120°) viene eseguito per mezzo delle squadre
fisse. Il controllo di angoli diversi dai suddetti si esegue per mezzo delle squadre zoppe, costituite
da due righelli girevoli attorno ad un perno.
La misurazione degli angoli si effettua per mezzo di goniometri meccanici semplici che danno una
approssimazione di un grado o di mezzo grado. Quando si vogliono approssimazioni maggiori,
s'impiegano i goniometri universali provvisti di nonio.
Calibri
I calibri sono usati per ottenere accurate misurazioni lineari. I calibri esistono in una vasta varietà
di dimensioni e configurazioni per misurare lunghezze, larghezze, altezze, diametri e profondità.
Possono essere sia a misurazione diretta che a misurazione indiretta. I calibri a misurazione
diretta possono essere classificati in base al:
• tipo di lettura (calibro a nonio, calibro a quadrante, calibro digitale)
• tipo di misurazioni (calibri per esterni, per interni, di profondità, universali)
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CND: CONTROLLO VISIVO
Tipi di calibri
I calibri a misurazione diretta permettono la lettura diretta della misura effettuata e sono disponibili
in vari tipi. Questo tipo di calibro può essere semplicemente un riga graduata con bracci per
misurazioni grossolane, oppure può essere del tipo a verniero, ad indice, o di tipo elettronico
digitale utilizzato per misurazioni molto precise.
Consentono misurazioni con precisioni da 0,1 mm fino a 0,01 mm per i tipi digitali o a quadrante.
CALIBRO A NONIO
Sulla parte fissa del calibro c'è una scala in centimetri, con divisioni di un millimetro, mentre sulla
parte mobile detta nonio c'è un'altra piccola scala che serve ad aumentare di molto la sensibilità di
lettura. La scala del nonio è di solito numerata da 1 a 10 e vi è una tacca non numerata a metà
dell'intervallo fra due tacche numerate successive.
CALIBRO A QUADRANTE
Questo tipo di calibro dispone di un quadrante ad orologio mosso dal movimento del corsoio con
un meccanismo simile a quello dei comparatori. Sul corpo viene normalmente incisa una scala
fissa millimetrata, sulla quale vengono letti i millimetri, mentre sul quadrante le relative frazioni di
millimetro.
NOTA
I quadranti normalmente hanno una risoluzione 0,05 - 0,02 mm. e possono visualizzare 1 o 2 mm a giro. In
genere i quadranti possono essere ruotati per far coincidere lo zero della scala con una qualsiasi posizione
dell'indicatore per impostare una quota di riferimento. In questo modo è possibile eseguire confronti tra
quote diverse, ma quando si ritorna ad eseguire misure assolute è necessaria una verifica preventiva della
posizione dello zero.
CALIBRO DIGITALE
Il calibro digitale dispone di un display elettronico montato sul corsoio attraverso il quale viene
visualizzata la misura effettuata. La scala millimetrata presente sul corpo viene utilizzata solo per
la verifica grossolana della misura elettronica. I display sono normalmente realizzati con una
risoluzione 0,01 mm. I calibri digitali dispongono di funzioni quali:
- visualizzazione della misura in differenti scale (metriche, inglesi);
- azzeramento della lettura in un qualsiasi punto;
- impostazione di una qualsiasi quota di riferimento
- collegamento con un PC, per trasferire i dati delle misure.
Calibro a corsoio
Il calibro a corsoio, molto usato per le normali misurazioni di officina, è costituito da un'asta di
acciaio ed un corsoio. Ad una estremità dell'asta è presente un braccio ed un beccuccio mentre
lungo il corpo sono incise due scale, una in millimetri e l'altra in pollici e sedicesimi di pollice.
Nota
Il nonio fu ideato, come apparecchio misuratore di piccoli angoli, dal matematico e cosmografo portoghese
Pietro Nunes (Petrus Nonius) verso l'anno 1550; ma il primo nonio a corsoio scorrevole per la misurazione
di frazioni di millimetro fu costruito nel 1631 dal matematico francese Pierre Vernier che prese l'idea dal
primitivo apparecchio di Nunes; per questo motivo il nonio viene anche denominato Verniero.
Vi sono noni rettilinei e noni circolari: i primi sono applicati su strumenti misuratori di lunghezze, i secondi
vengono invece applicati sui goniometri misuratori di angoli. L'ampiezza delle graduazioni del nonio è
sempre diversa dall'ampiezza delle graduazioni incise sulla scala fissa.
Il nonio è una scala ausiliaria costruita suddividendo in n parti uguali la lunghezza corrispondente
a (n-1) divisioni di una scala fissa.
Nota
Il nonio si dice diminuito quando le sue graduazioni sono più piccole di quelle della scala fissa, si dice
eccedente quando le sue graduazioni sono più grandi di quelle della scala fissa.
Il nonio decimale si costruisce suddividendo in dieci parti uguali 9 mm della scala fissa; una
graduazione del nonio vale perciò 9/10 mm.
La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa che si trovano alla sinistra dello zero
del nonio più una frazione di mm indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio che coincide
col trattino della scala fissa. Nel caso di un nonio decimale si otterranno quindi misure con una
precisione di un decimo di millimetro.
1° CASO: lo zero del nonio coincide esattamente con una divisione della scala fissa.
La misura della lunghezza è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero
del nonio: lettura = 6,00 mm
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2° CASO: lo zero del nonio cade tra due divisioni della scala fissa ed un trattino del nonio coincide
con una divisione della scala fissa.
La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero del nonio, più la
frazione indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio coincidente con una divisione della
scala fissa: lettura = 7,50 mm
3° CASO: due trattini del nonio rimangono compresi tra due divisioni della scala fissa. Non
essendo possibile stabilire quale dei due trattini coincida, avremo due letture:
lettura per difetto = 6,20 mm
lettura per eccesso = 6,30 mm
I calibri a corsoio come tutti gli strumenti di precisione devono essere periodicamente controllati e
verificati al fine di assicurare la correttezza delle misure realizzate. Il controllo dei calibri a corsoio,
particolarmente necessario quando si tratti di calibri di precisione, ha lo scopo di accertare:
Micrometri
Il micrometro a vite, detto anche Palmer dal nome del suo ideatore, permette di eseguire
misurazioni di lunghezze con una precisione superiore a quella del calibro.
In base al tipo di misura che sono in grado di realizzare i micrometri possono essere classificati in:
• micrometri per esterni per misure di spessore e diametri esterni di barre, fili o sfere;
• micrometri per interni, per misure di diametri interni
• micrometri di profondità per la misura di profondità di fori scanalature etc.
• micrometri analogici
• micrometri digitali.
La bussola termina con un lembo tronco-conico graduato e con un tamburo zigrinato; il lembo
tronco-conico è suddiviso in 50 oppure in 100 parti uguali.
Sulla superficie esterna del gambo è incisa la linea di fede della scala fissa, suddivisa in mezzi
millimetri. Per facilitare la lettura, i trattini sono alternativamente rivolti da parti opposte rispetto alla
linea di fede.
Le parti costituenti il micrometro sono di acciaio convenientemente trattato. In certi casi, per
aumentare la resistenza all'usura, sulle parti terminai dell'asta mobile e dell'incudine vengono
applicate placchette di carburi metallici.
Effettuazione misurazione
La misurazione si ottiene agendo sul tamburo zigrinato, per l'avanzamento della vite e quindi
dell'asta mobile, durante tutta la manovra di avvicinamento.
Il micrometro per interni ha il dispositivo di lettura uguale a quello del micrometro per esterni, ma
differisce per il sistema di rilevamento delle quote.
Nota
La superficie dei contatti può avere varie forme (a semisfera, piana,
zigrinata, ecc.); la scelta tra le forme disponibili deve essere fatta in
relazione alle particolarità della superficie interna da esaminare.
La superficie dei contatti può avere varie forme (cilindrica, piana, zigrinata, ecc.); la scelta tra le
forme disponibili deve essere fatta in relazione alle particolarità della superficie interna da
esaminare.
Nota
Apposite molle assicurano il contatto tra le aste combinabili senza danneggiare le superfici di contatto.
Micrometro di profondità
Micrometri digitali
Attraverso il dispositivo elettronico gli indicatori forniscono diverse funzionalità, tra le quali:
I modelli più evoluti sono predisposti per la connessione al PC e consentono il trasferimento dei
dati di lettura e l'automatizzazione delle misure.
Per un corretto impiego del micrometro è necessario avere una serie di avvertenze ed attenzioni
le principali delle quali sono qui riassunte:
Comparatori
Comparatori a quadrante
Un'apposita vite di bloccaggio impedisce rotazioni accidentali rispetto alla regolazione iniziale.
Nel bordo del quadrante di molti comparatori sono presenti due cursori mobili utilizzabili come
riferimenti dei valori di tolleranza di minimo e massimo della regolazione iniziale.
Comparatori digitali
Molla di spinta. L'asta viene mantenuta in estensione a contatto con il materiale da una molla. La
forza esercitata sull'oggetto da misurare aumenta con l'aumentare della compressione della molla
e può alterare la superficie di contatto e quindi produrre errori di misura.
Nota
Il problema risulta trascurabile nei materiali metallici mentre diviene evidente nei materiali soffici (plastica,
gomma...). Una soluzione è utilizzare molle che producono una forza debole, anche quando sono molto
compresse. Tale forza viene utilizzata come parametro per la valutazione della qualità dei comparatori.
Sfera di scorrimento. Per ridurne l'usura e diminuire l'attrito durante lo scorrimento dell'asta sulle
superfici, sull'estremità del tastatore è presente una piccola sfera che ruota all'interno della sua
sede. Nei normali comparatori, la sfera è in acciaio temperato, mentre nei comparatori di
precisione la sfera è può essere realizzata in rubino sintetico, la cui elevata durezza ne riduce
fortemente l'usura.
Calibro Palmgren
Calibro Cambridge
Calibro HI-LO
Il calibro HI-LO per piccoli diametri ha funzionalità simili a quelle del calibro HI-LO standard e
viene utilizzato nel caso di tubazioni di piccolo diametro.
Diversi altri strumenti sono impiegati nel controllo visivo per verificare profili, spessori,
posizionamenti ed altro. I principali sono:
• Profilometri
• Contafiletti
• Spessimetri a lamelle
• Spessimetri per film umido
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Profilometri
Contafiletti
Spessimetri a lamelle
2. Esaminare i dentelli e individuare il più lungo dentello bagnato e l'adiacente dentello non
bagnato.
3. Lo spessore applicato è determinato come intermedio tra i due valori corrispondenti ai due
dentelli individuati.
4. Ripetere la misura in tre diversi punti, per ottenere una buona stima dello spessore; dopo ogni
lettura pulire lo spessimetro con uno strofinaccio asciutto o impregnato di solvente.
Livelle
Le livelle consentono di verificare se un piano risulta essere orizzontale o verticale. Alcuni modelli
permettono anche la misura dell'angolo di inclinazione della superficie.
La livella tradizionale (a bolla) è costituita da un contenitore di vetro (tubo) riempito parzialmente
di liquido (alcool o cloroformio) in modo da lasciare all'interno una bolla d'aria in grado di risalire
verso la parte superiore del contenitore. Le livelle sono equipaggiate con uno o più tubi.
Il livellamento si ha quando la bolla d'aria è in
posizione centrale rispetto alle due linee di
riferimento.
Nota
Su scala microscopica, il calore di un corpo è l'energia che il corpo possiede per effetto dei movimenti
casuali degli atomi e delle molecole che lo costituiscono. L'aumento della temperatura del corpo corrisponde
all'aumento della velocità di movimento delle sue particelle.
Quando due sistemi sono alla stessa temperatura, si dice che si trovano in equilibrio termico e
non avviene nessun trasferimento di calore. La temperatura comune ai due sistemi è detta
temperatura di equilibrio. Quando invece tra due sistemi esiste una differenza di temperatura, il
calore tenderà a muoversi dal sistema a temperatura più alta verso il sistema a temperatura più
bassa, fino al raggiungimento dell'equilibrio termico.
In campo industriale vi sono frequentemente apparecchiature e sistemi per i quali la temperatura è
un parametro da monitorare periodicamente, in particolare nelle attività di ispezione e controllo.
Per misurare la temperatura è necessario utilizzare una sostanza che cambi una delle sue
proprietà fisiche con il variare della temperatura. Ad esempio, una sostanza a tutti nota è il
mercurio, utilizzato nei comuni termometri sanitari. In questo caso, la grandezza fisica che cambia
è il volume: all'aumentare della temperatura il volume del mercurio aumenta e risale all'interno del
tubicino del termometro fornendoci un valore della temperatura.
Altre grandezze fisiche utilizzate per termometri in campo industriale, sono la resistenza elettrica
di filamenti, la lunghezza di lamine metalliche, l'emissione di radiazione infrarossa, la forza
elettromotrice generata da due metalli a contatto.
Dividendo in cento parti uguali (gradi Celsius o centigradi) l'intervallo compreso tra questi due
livelli e prolungando la suddivisione al di sopra e al di sotto delle temperature di riferimento si
costruisce una scala che consente di attribuire un determinato valore della temperatura a
ogni stato termico in equilibrio con il mercurio liquido.
Tipi di termometri
- termometri a contatto
necessitano del contatto fisico con
l'oggetto di cui si vuole misurare la
temperatura.
Alcuni tipi sono:
· termometro ad espansione
· termometro bimetallico
· termometro a resistenza
· termometro a termocoppia
Termometro ad espansione
Termometro bimetallico
Il termometro bimetallico basa il suo funzionamento sul diverso coefficiente di dilatazione termica
di due materiali differenti saldamente vincolati l'uno accanto all'altro, chiamati lamine bimetalliche.
A parità di temperatura, una lamina si dilaterà più dell'altra determinando l'incurvatura della lamina
stessa. Questo movimento impresso dalla differente dilatazione viene sfruttato per misurare la
temperatura. I termometri bimetallici sono costituiti da un tubo in acciaio con all'interno una spirale
elicoidale bimetallica che ha un'estremità fissata alla parte inferiore del tubo e l'altra ad un alberino
di trasmissione alla cui estremità libera viene montata la lancetta. Le variazioni di temperatura
causano nel bimetallo una deformazione che, attraverso un opportuno sistema, viene trasmessa
alla lancetta ruotante sul quadrante. Il campo di misura tipico va da -50°C a +500°C e vengono
usati negli impianti termici ed in tutte le applicazioni industriali in cui il mercurio è vietato (es.:
impianti petroliferi, alimentari e farmaceutici).
Termometro a resistenza
dove R0 è la resistenza del materiale a 0°C e α0 è un coefficiente, di cui riportiamo i valori più comuni nella
tabella. La resistività (o resistenza specifica) di un materiale è la resistenza di un filo di quel materiale di
lunghezza 1 metro e sezione 1mm2 :
R = ρ * l/A
Termometro a termocoppia
Fissata la natura dei metalli della termocoppia, il valore della forza elettromotrice (dV) è
strettamente collegato alla differenza di temperatura esistente fra i due giunti.
Mantenendo un giunto ad una temperatura di riferimento (per esempio: bagno termostatico a 0°C
in ghiaccio) e l'altro giunto a contatto con il corpo di cui si vuole conoscere la temperatura, la
misura della forza elettromotrice sarà proporzionale alla temperatura del giunto "caldo".
Termometro ad infrarossi
I modelli a raggi infrarossi sono indicati per tutte le applicazioni nelle quali non è possibile il
contatto diretto con la superficie da analizzare. Sono quindi indicati per misurazioni a distanza in
ampio campo nelle installazioni elettriche, motori ad alta tensione, processi industriali.
Nota
L'intensità I della radiazione infrarossa rilevata è legata alla temperatura T del corpo dalla legge di Stefan:
I = σ0 * ε * T4
dove:
σ0 = 5,67 * 10-8 [ w / m2 K4 ] è la costante di Stefan-Boltzman;
0 < ε < 1 è l'emissività del corpo, dipendente dal materiale di cui è costituito e dalla sua finitura superficiale.
Le misure di temperatura a distanza mediante raggi infrarossi non hanno lo stesso grado di
precisione di quelle eseguite con un termometro a contatto (la misura può presentare uno scarto
di un 1°C dalla temperatura che rileverebbe uno strumento più adatto); tuttavia, per le applicazioni
che non richiedono misure di estrema precisione, un tale livello di accuratezza può risultare
adeguato.
• la risoluzione ottica
• l'emissività
RISOLUZIONE OTTICA
Il termometro all'infrarosso, attraverso il sistema ottico di rilevazione presente al suo interno,
cattura l'energia emessa da una zona circolare sulla superficie in misura.
La risoluzione ottica si riferisce alla dimensione del cerchio di misura ad una determinata distanza
dallo strumento. Più precisamente la risoluzione è definita come il rapporto D/S tra la distanza D
dello strumento dalla superficie in misura e il diametro S del cerchio di misura a quella distanza.
Le prestazioni di uno strumento sono tanto più alte quanto più alta è la sua risoluzione; al crescere
della risoluzione infatti diminuisce il rischio che la misura includa gli effetti delle aree circostanti al
punto di cui interessa conoscere la temperatura.
EMISSIVITA'
Alla stessa temperatura corpi diversi emettono quantità diverse di energia a raggi infrarossi.
La emissività ε di un corpo è la frazione di energia emessa dal corpo rispetto all'energia emessa
da un corpo con la massima capacità di emissione (corpo 'nero') che sia alla stessa temperatura.
L'emissività varia pertanto da 1 (emissione del corpo 'nero') a 0 (nessuna emissione) ed è
determinata principalmente dal materiale di cui è costituito il corpo e dalla sua finitura superficiale.
Carbonio
• Non ossidato 0.80 - 0.90
• Grafite 0.70 - 0.80
Ferro
• Ossidato 0.50 - 0.90
• Arrugginito 0.50 - 0.90
Ottone
• Brunito 0.30
• Ossidato 0.50
Piombo
• Ruvido 0.40
Sistemi di ingrandimento
• lenti di ingrandimento
• comparatori di superficie
• microscopi.
Queste caratteristiche sono in relazione tra loro: sistemi con elevato potere d'ingrandimento hanno
una corta distanza di lavoro e stretto campo visivo, mentre i sistemi a basso potere
d'ingrandimento presentano una lunga distanza di lavoro ed un ampio campo visivo.
Ingranditore misuratore
Ingranditori illuminatori
Gli ingranditori illuminatori comprendono una vasta gamma di strumenti che vanno dalle normali
lenti circolari equipaggiate con sostegni regolabili e lampade fluorescenti ad ingranditori con luce
propria alimentati da batterie o corrente continua.
Generalmente hanno un campo visivo maggiore rispetto agli ingranditori misuratori, ma un minore
potere di risoluzione.
Comparatori di superficie
Comparatori di superficie
- sistema di tre lenti 10x
- potere di risoluzione di circa 7.5 mm (3 x 10-4 in.)
- diametro campo visivo circa 1 mm (0.04 in.)
Microscopi
Qualora fossero necessari ingrandimenti superiori a quelli normalmente ottenibili con gli
ingranditori si ricorre all'utilizzo di microscopi. In relazione al loro potere di ingrandimento i
microscopi possono essere classificati a bassa, media o alta potenza.
MACROSCOPIO
MICROSCOPIO STEREOSCOPICO
Lo stereomicroscopio consente la visione in tre dimensioni del campione. L'osservazione avviene
principalmente per mezzo di luce riflessa, da due angoli leggermente diversi in modo da ottenere
le due immagini necessarie per la visione stereoscopica.
La ridotta capacità di ingrandimento (tipicamente
compreso fra 8-50 volte) ne limita l’utilizzo ad oggetti
di dimensioni non troppo piccole, ma in compenso
elimina le complesse operazioni di preparazione dei
campioni necessarie con microscopi di maggiore
potenza. E' largamente impiegato in numerosi campi
di ricerca (entomologia, mineralogia, botanica,
medicina) e in numerosi settori della produzione
industriale. Modello dotato di lente binoculare (20 X)
montata su un insieme a colonna che consente di
orientarla in qualsiasi direzione.
MICROSCOPIO METALLOGRAFICO
Il microscopio metallografico permette di vedere i costituenti di una lega quando questi, dopo
semplice pulitura o attacco, si differenziano per il colore, oppure quando ci sia un altorilievo con
conseguente effetto di luce ed ombra, oppure quando la superficie del campione sia costituita da
tanti piccoli piani (le facce dei cristalli o grani della lega) diversamente orientati e che quindi
riflettono in misura diversa la luce nell'obiettivo del microscopio. Nel microscopio metallografico la
luce investe la superficie da visualizzare, che viene pertanto osservata per riflessione. I campioni
metallici infatti non possono essere osservati per trasparenza, per la loro opacità anche in sezione
sottile.
I piani ottici ed i comparatori ottici sono strumenti utilizzati normalmente negli esami visivi per
migliorare il rilievo di certe caratteristiche da controllare quali planarità di superfici, profili e
sagome.
Piano ottico
I piani ottici sono usati per controllare la planarità di superfici che
richiedono un alto grado di precisione. Sono composti da cilindri o
parallelepipedi di vetro o quarzo e sono costruiti con una o più superfici
estremamente piane.
Comparatore ottico
I comparatori ottici sono usati per confrontare le caratteristiche di
superficie di un pezzo (dimensioni, forma) con quelle di un campione
di riferimento noto.
Specchi
L'utilizzo di uno specchio è spesso necessario quando non è possibile
accedere facilmente alla zona da ispezionare entro i limiti
raccomandati dalle normative (610 mm a 30°).
Sono disponibili diversi tipi di specchi per ispezione, alcuni con snodi
articolati, altri con supporti estensibili e certi provvisti con una
sorgente luminosa autonoma. Con questi ultimi è possibile
posizionare lo specchio ed illuminare la zona da controllare
contemporaneamente.
Normalmente si utilizzano specchi a basso potere di ingrandimento.
Le principali caratteristiche da prendere in esame per una adeguata
scelta sono:
- livello di riflettività
- grado di planarità o di curvatura
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CND: CONTROLLO VISIVO
Stroboscopio
3.5 ENDOSCOPI
Endoscopia
Endoscopio
Generatore di luce
Nota
Il valore espresso in Watt (W) si riferisce alla potenza elettrica assorbita dalla lampada e non indica la
quantità di energia emessa in termini di luce (rendimento). Per esempio, è interessante notare che
l'illuminamento prodotto da una lampada ad arco al mercurio da 35W è quasi doppio rispetto a ciò che
emette una lampada dicroica alogena da 150W !
Nota
Parlando di ispezioni endoscopiche all'interno di cavità come camere di combustione ecc., è utile sapere
che i residui carboniosi hanno la spiacevole caratteristica di assorbire maggiormente la radiazione luminosa
che tende al giallo/rosso (2500° - 3200° -3700° k).
Per questa ragione, in queste situazioni, a parità di illuminamento, l'utilizzo di luce tendente
all'azzurro (6000° k) offre molti vantaggi all'operatore.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Cavo portaluce
La luce, generata dalla fonte luminosa, viene condotta tramite un cavo portaluce dalla sorgente
fino all'impugnatura dell'endoscopio. All'interno della sonda, parallelamente al sistema di visione,
sono distese centinaia di fibre ottiche che portano la luce fino alla zona distale dell'endoscopio.
I cavi portaluce possono essere di diverso tipo:
Nota La luce varia la sua velocità di propagazione a seconda della densità dell'elemento che attraversa. Nel
punto in cui un fascio luminoso incontra la superficie di un conduttore avente diversa densità esso viene
rallentato o accelerato se colpisce perpendicolarmente la superficie del nuovo elemento o, altrimenti,
deviato con un certo angolo detto angolo di rifrazione.
L'opportuna inclinazione del fascio luminoso ed una adeguata diversa densità degli elementi costituenti la
fibra ottica causano una deviazione esasperata della luce: fenomeno conosciuto come riflessione.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Caratteristiche principali:
2. Ideale quando si utilizzano endoscopi a fibre ottiche che hanno una luminosità un po’ più
“giallastra” degli endoscopi rigidi.
3. Con endoscopi a fibre ottiche o endoscopi rigidi di grande lunghezza, può essere associato
vantaggiosamente a sorgenti a scarica, con temperatura di colore più elevata.
I boroscopi sono endoscopi caratterizzati da una sonda rigida e rettilinea. Il sistema di visione è
composto da gruppi di lenti che permettono all'immagine focalizzata dalla lente distale di
raggiungere l'oculare di visione. L'osservazione viene quindi effettuata dall'occhio che vede
attraverso l'oculare.
Note
1. Nei boroscopi di piccolissimo diametro la tecnologia impiegata è diversa: una singola lente cilindrica
a densità concentrica variabile oppure fibre ottiche porta immagine
2. Nei boroscopi l'obiettivo (lens) viene (impropriamente) localizzato nella parte distale; in realtà tutte le
lenti di un boroscopio concorrono ed assolvono alle funzioni di un unico obiettivo.
Funzionamento
La sorgente luminosa porta la luce all’impugnatura della sonda. Dall’impugnatura la luce entra in
un fascio di fibre ottiche (sostanzialmente sottilissimi cilindretti di vetro) che, lungo il tubo in inox,
arrivano all’estremità distale per illuminare la zona di ispezione. L’immagine entra attraverso una
lente (sonde diritte) o un prisma (sonde laterali). Da qui l’immagine, attraverso un sistema di lenti
coassiali, viene condotta lungo l’asse ottico della sonda al prisma raddrizzatore che è situato
nell’impugnatura. La qualità dell’immagine è eccezionalmente buona, sia dal punto di vista
risolutivo che cromatico.
Caratteristiche
Le principali caratteristiche dei boroscopi sono:
- Direzione di visione; definita dall’angolo fra la deviazione di visione e l’asse del sistema ottico
dell’endoscopio. Si possono avere tipologie di sonde che consentono differenti direzioni di
visione (diritta, laterale, retro, obliqua avanti).
Note
1. Alcuni strumenti detti “swing prism” possiedono un prisma oscillante che consente un passaggio
continuo da retro ad obliqua avanti. Nella gamma degli strumenti rigidi gli "swing prism" sono
sicuramente da considerarsi i più versatili ed innovativi.
2. Esistono anche soluzioni che montano specchi (invece che prismi) per deviare l'immagine sulle
sonde laterali.
3. Le fibre ottiche che portano la luce all’estremità sono lubrificate con grafite per consentire un miglior
scorrimento relativo.
I fibroscopi sono endoscopi caratterizzati da una sonda flessibile e morbida che permette
l'accesso a cavità di geometria complessa con andamento non necessariamente rettilineo.
A differenza degli endoscopi rigidi, i fibroscopi utilizzano le
fibre ottiche non solo per portare la luce ma anche per
condurre l'immagine. In una sonda flessibile, infatti, non
esistono le condizioni permanenti di rettilineità
indispensabili per poter impiegare lenti ottiche.
esternamente da:
- calza di protezione in maglia di acciaio;
- guaina flessibile di tenuta ai liquidi;
- maglia in acciaio, con trama antitorsione;
internamente da:
- sistemi di tiranteria per il movimento della sonda;
- cavi portaluce a fibre ottica;
- cavo coerente portaimmagine (o cavo coerente).
Funzionamento
Ogni fibra, del diametro di 4-5 micron, si comporta come una specie di “pixel” e trasporta una
piccolissima porzione di immagine. Minore è il diametro di ogni singola fibra, maggiore è il numero
di fibre che si possono compattare nella sezione di un cavo porta immagini (e quindi maggiore è la
definizione del sistema visivo).
L'uniformità di diametro/lunghezza/luminosità e
la coerenza di posizionamento di ogni singola
fibra contenuta nel cavo porta immagine
permette all'immagine focalizzata dall'obiettivo
distale di arrivare fino all'oculare di visione.
Più fibre ottiche ci sono più alta è la definizione che si ottiene (anche se l’immagine non sarà mai
definita come quella di un boroscopio). In un fibroscopio sono presenti da 20000 a 45000 fibre
ottiche. L'obiettivo nei fibroscopi è posto nella parte estrema distale e focalizza l'immagine sulla
sezione del cavo coerente.
Nota
Nelle versioni moderne non vi è più la possibilità di regolare la messa a fuoco ma si usano sonde per
distanze diverse. Esistono sonde near focus (NF) o far focus (FF) a seconda della profondità di campo.
Caratteristiche
Componenti e funzionamento
L'obiettivo focalizza l'immagine sul piano del sensore (target); il sensore (trasduttore) converte il
segnale di natura ottica in uno equivalente di natura elettrica.
Il segnale elettrico viene portato da fili conduttori (distesi
all'interno della sonda) fino ai circuiti dell'unità controllo
camera (CCU = Camera-Control-Unit) remotata, per ragioni di
ingombro, al di fuori della zona che assolve alla funzione
endoscopica. L'unità controllo camera (solitamente collocata in
una piccola valigia/contenitore o addirittura nell'impugnatura
stessa dell'endoscopio) elabora questo segnale
trasformandolo in segnale video (PAL) che viene visualizzato
direttamente a monitor.
Caratteristiche
Anche per i videoendoscopi esiste la possibilità di montare sulla parte distale obiettivi
intercambiabili ottenendo, secondo le necessità, direzioni di visione diritte o laterali nonché
diverse caratteristiche di profondità di campo. I videoendoscopi sono disponibili con sonde in
diverse lunghezze (anche fino a 30 m). La tecnologia oggi permette la realizzazione di sonde
video con diametri molto ridotti (da 4 a 10 mm).
Endoscopi speciali
Esiste una serie di endoscopi speciali utilizzati in specifiche applicazioni i principali sono:
• Endoscopi angolati
Endoscopi con adattatori angolati per facilitare l'accesso anche in posizioni difficilmente
ispezionabili. La direzione di visione viene orientata mediante un comando posto
sull'impugnatura dello strumento.
• Endoscopi panoramici
Il prisma ottico situato sulla testa dell'endoscopio viene regolato mediante un comando
situato sull'impugnatura. In questo modo è possibile variare la sua angolazione e quindi la
direzione di visione durante l'esame. Prisma orientabile.
Metodi di misurazione
Quando si utilizzano sistemi di visione remota diviene problematica la determinazione della reale
dimensione di un’indicazione. Risulta infatti difficoltoso stabilire l’esatta distanza della sonda dalla
superficie osservata. Oggi con le nuove tecnologie applicate ai Videoendoscopi, è possibile
dimensionare aree, segmenti, profondità sia su superfici piane che su piani inclinati.
Esistono diversi metodi per effettuare misurazioni nel campo dell'endoscopia industriale, tra i
principali:
Misurazione Shadow (ombra) è stato il primo metodo, abbinato alla tecnologia Videoendoscopica,
a non richiedere il riferimento noto per il dimensionamento dei difetti. La tecnica Shadow si basa
su un'ottica particolare in grado di proiettare un'ombra sull'immagine visualizzata nello schermo
del Videoendoscopio. Tale ombra viene generata dall'ottica mediante una stretta banda nera
serigrafata sulla finestra di proiezione della luce.
L'ombra così ottenuta sulla superficie in esame, serve al microprocessore per definire
l'ingrandimento. Ad un'ombra che si posizionerà più a sinistra sullo schermo corrisponderà un
maggiore ingrandimento; questo riferimento servirà al processore per determinare il giusto valore
della misura.
Misurazione stereoscopica
La misurazione stereoscopica implica l'utilizzo di ottiche speciali che focalizzano sul CCD due
immagini riprese da due angolazioni diverse. Ogni immagine utilizzerà mezzo CCD. Il display del
Videoendoscopio visualizzerà due immagini apparentemente uguali ma diversamente angolate.
Campi di applicazione
• Aerospaziale
• Power generation e impianti
• Difesa
• Sicurezza
• Edilizia e costruzioni
• Settore automotive
AEROSPAZIALE
Il controllo visivo a distanza è stato da tempo accettato, e standardizzato, come normale
metodo di controllo della qualità per la manutenzione e localizzazione guasti.
Molti controlli di turbine a gas ora vengono eseguiti usando kit specifici per motori, al fine di
ridurre al minimo i tempi di inattività ed i costi, massimizzando nel contempo la sicurezza,
l'efficienza ed i tempi di elaborazione.
L'endoscopia aiuta i tecnici a raggiungere il centro del problema in tempi brevi e con
facilità, riducendo al minimo i tempi di inattività ed ottimizzando la manutenzione
pianificata.
DIFESA
Le applicazioni nel settore della difesa sono molteplici e comprendono strutture, impianti
termo idraulici, propulsione, trasmissione potenza e moto nella difesa marittima; canne,
trasmissioni, elicotteri e problemi di artiglieria e motorizzazione nelle operazioni
dell'esercito, oltre alle applicazioni elencate nella sezione "Aerospaziale".
SICUREZZA
Criminali e terroristi diventano sempre più ingegnosi e di ordinaria amministrazione,
pertanto gli endoscopi offrono maggiori vantaggi alle agenzie di sicurezza, per la ricerca di
narcotici, contrabbando, merce rubata, armi e ordigni, sorveglianza di persone sospette,
agitazioni civili, sommosse e scene di reati potenziali.
EDILIZIA E COSTRUZIONI
La diffusione della tecnologia, i problemi atmosferici e la maggiore richiesta di servizi e
sicurezza contribuiscono alla necessità di disporre di controlli e manutenzione sempre
migliori.
Gli endoscopi sono largamente utilizzati per controllare monumenti, edifici, ovvero
intercapedini, problemi del cemento armato, controsoffitti, pareti e pavimenti, impianti per
l'aria condizionata, caldaie, condotti dei fumi di scarico, tubazioni dell'acqua, strade e ponti.
SETTORE AUTOMOTIVE
Per automotive intendiamo tutto ciò che è direttamente o indirettamente legato al trasporto
su gomma e rotaia.
Sistemi computerizzati
Alcuni sistemi per esami visivi utilizzano computers per migliorare e manipolare le immagini degli
oggetti da esaminare. Questi strumenti digitalizzano l'immagine e convertono ogni singola cella
della figura (pixel) in un numero binario il quale può essere interpretato dai programmi software.
L'utilizzo di queste immagini digitalizzate permette di compensare elettronicamente l'immagine in
caso di scarsa illuminazione superficiale e di eseguire precise misurazioni di determinate aree.
I dati digitalizzati possono inoltre essere salvati su supporti magnetici o dischi ottici, e possono
essere recuperati facilmente per successive elaborazioni.
Nota
I primi sistemi video utilizzavano una telecamera montata sull'oculare di un boroscopio o di un fibroscopio e
con la visualizzazione dell'immagine su di un monitor.
Sistemi automatici
I sistemi di esami visivi automatici fanno uso dei videoanalizzatori i quali vedono ed interpretano le
informazioni dell'oggetto sotto esame. L'apparecchio è in grado di esaminare l'oggetto attraverso
diversi sensori:
- una telecamera VIDICON,
- un sensore CCD (charged-coupled-device),
- un laser, con un termometro.
L'immagine ottenuta viene elaborata da un computer che la compara con una immagine campione
accettabile, mantenuta in memoria, e determina automaticamente l'accettabilità dell'oggetto in
esame. I costruttori che utilizzano sistemi automatici di controllo possono ottenere efficaci e
affidabili ispezioni che non sono influenzate dalle variabili condizioni fisiologiche umane.
Applicazioni
· L'industria siderurgica, per esempio, utilizza telecamere CCD per rilevare discontinuità sui prodotti
laminati durante i vari cicli di fabbricazione.
· L'industria automobilistica utilizza sistemi automatici per controllare la verniciatura finale delle vetture. Si
possono rilevare diversi difetti come: macchie, colature e distribuzione disuniforme del pigmento
metallico delle verniciature metallizzate.
Sistemi robotizzati
Per particolari applicazioni esistono anche sistemi robotizzati che consentono l'ispezione visiva
quando le condizioni ambientali non sono adatte all'ingresso da parte dell'operatore.
Introduzione
In base alla modalità di ispezione l'esame visivo può essere distinto in:
• Esame visivo generale
• Esame visivo locale
Osservazioni
· Nell’ esame visivo remoto, la natura dell'immagine viene modificata: esempio l'immagine è convertita in
una immagine elettronica da una telecamera.
· Nell’ esame visivo diretto - non assistito, non c'è interruzione fra l'occhio e l'oggetto osservato.
· Nell’ esame visivo diretto - assistito, la natura dell'immagine non è modificata, le modifiche riguardano
soltanto l'ingrandimento o lo spettro di visione con l'impiego di specchi, lenti e filtri.
Tipologie d'ispezione
L'ispezione visiva può essere utilizzata per diversi scopi e finalità le principali sono:
• Verifica delle condizioni superficiali; ricerca difetti e discontinuità, verifica grado di finitura delle
superfici e stato dei rivestimenti
• Verifica delle misure dimensionali; rilievo di dimensioni, verifica di tolleranze, allineamenti,
stato di usura.
• Ispezioni; verifica dello stato generale del componente e ricerca di danneggiamenti.
Tipi di ispezioni
Esistono diverse tipologie di ispezione caratterizzate da diverse finalità e differenti tempistiche di
attuazione:
- Prima ispezione (Initial Inspection): ispezione eseguita prima della messa in opera o l'avvio di
un impianto.
- Ispezione periodica (Routine Inspection): ispezione prevista con cadenza periodica utilizzata
per valutare lo stato generale di un impianto.
Valutazione e documentazione
Documentazione dell'esame
Se richiesto i risultati dell'ispezione visiva devono essere forniti mediante un rapporto scritto
contenente informazioni quali:
- dati identificativi della prova (data, luogo, ecc.)
- dati identificativi dell'operatore e supervisore della prova
- identificazione dell'oggetto di prova
- metodo utilizzato (diretto, remoto)
- criteri di accettabilità di riferimento della prova
- dettagli delle misure e delle indagini eseguite
- risultati finali
Rischi
Critico: interventi di riparazione immediati
Elevato: nuova ispezione in tempi rapidi prima di definire gli interventi di riparazione
Medio: necessità di nuova ispezione a medio termine
Moderato: nuova ispezione su tempi lunghi
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CND: CONTROLLO VISIVO
Normativa
L'ispezione con metodo visivo è regolata da una serie di normative da applicare quando l'esame
viene utilizzato per determinare la conformità di un prodotto a specifici requisiti.
Tipi di norme
• Norme generali
• Nome di metodo
• Norme di prodotto
Certificazione personale
• UNI EN ISO 9712:2012 (sostituisce la UNI EN 473)
Qualificazione e Certificazione del personale
• SNT-TC-1A
Guideline to personnel qualification and certification in NDT
ELENCO NORME
Norme GENERALI
EN 473:2008 Qualificazione e certificazione del personale NDT - Principi generali
(sotituita da EN ISO 9712)
UNI EN ISO 9712 2012 - Prove non distruttive - Qualificazione e certificazione del personale
addetto alle prove non distruttive
Norme di METODO
UNI EN 1330-10 Prove non distruttive - Terminologia - Termini utilizzati negli esami visivi
UNI EN 13018 Prove non distruttive - Esame visivo - Principi generali
UNI EN 13927 Prove non distruttive - Esame visivo - Apparecchiatura
Norme di PRODOTTO
UNI EN 1370 Fonderia - Verifica delle condizioni della superficie
UNI EN 12272-2 Trattamenti superficiali - Metodi di prova - Valutazione visiva dei difetti
UNI EN 13100-1 Prove non distruttive di giunti saldati di prodotti semifiniti di materiale
termoplastico - Parte 1: Esame visivo
UNI EN 15469 Gas di petrolio liquefatto - Metodo di prova per l'acqua libera in gas di
petrolio liquefatto mediante esame visivo
UNI EN ISO 17637 Controllo non distruttivo di saldature - Esame visivo di giunti saldati per
fusione
UNI EN ISO 28199-3 Pitture e vernici - Valutazione delle priorità dei rivestimenti in funzione del
processo d'applicazione - Parte 3: Valutazione visiva di colature,
formazione di bolle, crateri e della coprenza
ISO 3057 Prove non distruttive - Tecniche di replica metallografiche dell'esame di
superficie
Fra i controlli non distruttivi il metodo visivo è sicuramente quello in cui l'ispettore ed il personale
addetto svolgono un ruolo fondamentale.
E' pertanto di primaria importanza porre le dovute attenzioni a tutti gli aspetti che interessano e
coinvolgono il personale, dalla sua capacità visiva e cromatica alla preparazione e competenza
tecnica, alla formazione e certificazione necessaria fino a considerare i diversi aspetti fisiologici e
ambientali che possono condizionare la sua attività e prestazione.
Il requisito di base per il personale addetto al controllo con metodo visivo è quello di possedere
una adeguata capacità visiva e cromatica che deve essere verificata periodicamente secondo
quanto stabilito dalla normativa utilizzata.
La normativa prevede che ogni 12 mesi il personale deve essere sottoposto ad accurata visita
oculistica nel corso della quale deve essere verificata sia la capacità visiva (diretta o corretta)
quanto la capacità di distinguere i colori.
Nel controllo con metodo visivo l'interpretazione e la valutazione dei risultati viene effettuata
dall'operatore in base a specifici parametri di accettabilità della difettologia del componente in
esame. La preparazione e la competenza tecnica oltre all'esperienza del personale addetto è
pertanto fondamentale per assicurare una adeguata sensibilità dell'esame e affidabilità del
risultato.
In particolare il personale deve avere una buona conoscenza in relazione a:
• apparecchiature e loro modalità d'impiego
• processi di fabbricazione e condizioni operative del componente sottoposto a prova
• difettologia e criteri di accettabilità.
c. Formazione e certificazione
Per prodotti critici l'esame deve essere condotto da personale qualificato e certificato secondo le
indicazioni della normativa applicata.
La norma EN 9712, adottata nei paesi europei, regolamenta la qualifica e la certificazione del personale
preposto ai Controlli Non Distruttivi.
La normativa Americana ASME (American Society of Mechanical Engeeners) prevede che gli operatori
siano qualificati in base alle specifiche SNT-TC-1A emessa dell'ASNT (American Society for Non
Destructive Testing). La normativa ASNT viene adottata anche da molti paesi privi di una propria
regolamentazione per la qualificazione del personale.
In Italia, adottando la normative Europea, la qualifica del personale avviene in accordo alla UNI EN ISO
9712. Enti autorizzati sono preposti alla relativa certificazione CICPnD (Comitato Italiano di Coordinamento
per le Prove non Distruttive) e Istituto Italiano della Saldatura (IIS)
Tra gli elementi che possono condizionare una buona conduzione dell'esame visivo vanno anche
considerati alcuni fattori fisiologici ed ambientali.
• FATTORI FISIOLOGICI
- comodità
- salute
- attitudine mentale
- fatica
• FATTORI AMBIENTALI
- atmosfera
- pulizia
- umidità e temperatura
- sicurezza
FATTORI FISIOLOGICI
- Comodità
Una sistemazione confortevole risulterà in una maggiore attenzione ai dettagli e minore
distrazione verso i disturbi causati da agenti esterni. Un esame condotto da una posizione
scomoda, o dalla stessa posizione per un lungo periodo di tempo, può influenzare in modo
negativo la condotta dell'esame.
- Salute
Diverse condizioni fisiche di tipo emozionale o fisiologico (malattie, età, ...) possono influenzare la
vista. Altri fattori che compromettono l'integrità dell'ispezione includono l'offuscamento, la
sensibilità alla luce, bruciore e dolore agli occhi. Se sopravvengono questi sintomi è necessario
effettuare un completo esame della vista prima di proseguire nelle ispezioni visive.
- Attitudine mentale
L'attitudine mentale può influenzare l'esame perché si possono formare, prima di eseguire
l'ispezione, immagini mentali preconcette. La visione infatti è una sensazione selettiva che è
fortemente guidata da quello che l'osservatore vuole o si aspetta di vedere. Ad esempio, se si è
preparati per cercare difetti di porosità su una superficie di una saldatura si possono
inavvertitamente ignorare problemi di fusione alla base del cordone.
- Fatica
Il benessere generale ha una notevole influenza sulla condotta ed interpretazione dell'esame
visivo. La fatica non influenza soltanto la sensazione fisica generale, ma riduce l'efficienza e
l'accuratezza dell'interpretazione dei dati raccolti attraverso la visione. L'affaticamento dei muscoli
dell'occhio, causato da una scarsa illuminazione e da una scomoda posizione del corpo, provoca
tremore dell'occhio e delle palpebre e può rendere inefficace l'esame.
FATTORI AMBIENTALI
- Atmosfera
L'atmosfera in questo contesto è intesa come la porzione d'ambiente che ha un'influenza di tipo
fisico o psicologico sull'esaminatore. Un'atmosfera priva di rumore, polvere o fumo, ed altre
distrazioni è più propizia per l'efficacia dell'esame.
- Pulizia
Mentre si esegue un esame può essere necessario movimentare l'oggetto da controllare. Se
l'area circostante non è sufficientemente pulita, possono essere trasferiti sulla superficie
dell'oggetto sporcizia ed altri contaminanti che possono alterare i risultati dell'esame.
- Umidità e temperatura
L'umidità e la temperatura condizionano la buona riuscita dell'esame visivo. Le persone hanno
una diversa capacità di sopportare il calore e l'umidità e comunque l'innalzamento della
temperatura corporea diminuisce le capacità mentali di un ispettore.
Diversi istituti sulla sicurezza e salute negli ambienti di lavoro indicano i valori massimi di
temperatura ammissibili durante i turni di lavoro.
L'istituto americano NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Healt) ad esempio,
raccomanda un massimo di 32°C WGB (Wet Globe Bulb) per un normale periodo di lavoro tra le
pause (circa 2 ore).
Se il tipico valore di temperatura (WGB) non è disponibile e le combinazioni di temperatura ed
umidità sembrano eccessive, deve essere effettuata un'appropriata valutazione a prescindere
dalla quantità di tempo nel quale l'individuo è esposto a tale condizione ambientale.
- Sicurezza
Vanno prese opportune precauzioni per minimizzare i rischi connessi con le attività di ispezione e
collaudo. La conoscenza circa il reale oggetto da controllare, il luogo di ispezione, il tempo di
ispezione e la accessibilità all'area può aiutare l'ispettore a procurarsi l'attrezzatura di sicurezza
adatta allo scopo.
Il personale ispettivo dovrebbe essere a conoscenza delle norme che regolano la sicurezza sul
lavoro ed avere accesso a tutti quegli equipaggiamenti protettivi necessari per ridurre al minimo il
rischio di incidenti.
Oggetto da esaminare
L'oggetto da esaminare determina sia le caratteristiche dello strumento ottico da impiegare che il
tipo di illuminazione necessaria durante l'esame. Inoltre sulla base dell'oggetto da esaminare
occorre prendere in considerazione aspetti quali:
La caratteristiche del materiale da esaminare influenzano l'esame visivo, in particolare per quanto
riguarda i seguenti aspetti:
• CONDIZIONI SUPERFICIALI
- struttura/composizione
- pulizia
- colore
• CONDIZIONI FISICHE
- stato dell'oggetto
- forma e dimensioni
- temperatura
CONDIZIONI SUPERFICIALI
- Struttura/composizione
Le caratteristiche della superficie di un materiale sono importanti in relazione alla quantità e
qualità della luce che si riflette dalla stessa verso l'occhio dell'esaminatore.
Una superficie riflettente può produrre un bagliore inaccettabile che può interferire con l'esame
della superficie e creare zone non ispezionabili. In questo caso deve essere considerata
attentamente la luce impiegata durante l'esame. Il bagliore può essere diminuito aumentando
l'angolo tra la sorgente luminosa e la linea di visuale o diminuendo l'intensità della sorgente
luminosa.
Quando si presentano superfici estremamente rugose, può essere necessario impiegare speciali
accorgimenti per illuminare sufficientemente l'area senza creare mascherature. E' utile diminuire
l'angolo tra la sorgente luminosa e la linea di visuale anche quando si controllano superfici rugose
perché si riesce a diminuire l'effetto delle ombre delle irregolarità superficiali.
- Pulizia
La pulizia delle superfici da esaminare è un requisito di base per un efficace esame visivo. La
presenza di sporcizia, olio, grasso, ecc. può mascherare le discontinuità presenti sulla superficie o
creare delle false indicazioni. Una superficie pulita permette una più facile e rapida rilevazione
delle indicazioni ed aiuta a prevenire la possibilità che indicazioni rilevanti vadano perse.
Occorre pertanto assicurare sempre una adeguata pulizia della superficie da esaminare; tale
pulizia può essere ottenuta con metodi meccanici, chimici o con entrambi.
Il metodo utilizzato non deve comunque nascondere le discontinuità, ma solo eliminare eventuali
strati opachi di sporcizia per migliorare la visione ed aumentare la possibilità di individuare difetti e
discontinuità.
- Colore
Il colore della luce incidente in relazione al colore dell'oggetto da ispezionare gioca un ruolo
importante nel rilievo delle discontinuità e può essere usato per migliorare ed aumentare il
contrasto tra l'oggetto e le indicazioni, aumentando o diminuendo certi colori. Per intensificare un
colore, la sorgente luminosa dovrebbe essere forte in quel colore. Contrariamente, per sbiadire un
colore, la sorgente luminosa dovrebbe avere una bassa intensità in quel colore.
CONDIZIONI FISICHE
- Stato dell'oggetto
Il processo di lavorazione, le condizioni di servizio e l'applicazione di protettivi superficiali,
influenzano le condizioni del campione da esaminare.
La scaglia d'acciaieria e la scoria di saldatura possono mascherare le discontinuità così come la
verniciatura e la placcatura possono nascondere altri difetti superficiali.
- Forma e dimensioni
Anche la forma di un oggetto può influenzare la riuscita di un esame. Oggetti di forma complessa
come le sedi di chiavette e le filettature possono complicare l'esecuzione di un esame, pertanto in
tali zone dovrà essere adottata particolare attenzione. Per gli oggetti di dimensioni consistenti si
dovrebbero prendere opportune precauzioni per evitare zone non controllate e garantire che
l'intero oggetto venga esaminato.
- Temperatura
Le elevate temperature limitano la vita di servizio di diverse parti metalliche. L'impiego in ambienti
con alte temperature può comportare creep, fatica termica e rotture da sovraccarico. Ripetuti cicli
termici, in atmosfera ossidante, possono creare strati di scaglie ossidate. Si possono mascherare
eventuali discontinuità superficiali e pertanto, quando si ispezionano aree di questo tipo, devono
essere poste particolari cura ed attenzione.
b) Posizionamento oggetto
La posizione dell'oggetto e la sua distanza rispetto all'esaminatore hanno un'influenza sul risultato
del controllo. Le principali indicazioni per la distanza e l'angolo di osservazione raccomandati dalla
normativa sono:
Attrezzatura ottica
Nell'esame visivo è richiesto l'impiego di attrezzature ottiche quando: gli oggetti non sono
direttamente accessibili, è richiesta una precisione e sensibilità elevata, è richiesta la registrazioni
di immagini.
L'apparecchiatura scelta dovrà essere
successivamente verificata e validata per
assicurare la corretta messa a punto ed infine
eseguire un corretto posizionamento ed
impiego.
• Scelta attrezzatura
• Verifica attrezzatura
• Posizionamento attrezzatura
Scelta attrezzatura
Per la scelta dell'attrezzatura da utilizzare nell'esame visivo occorre valutare diversi elementi
quali:
• tipo di esame (diretto o remoto)
• finalità dell'esame da eseguire
• ambiente di impiego (alta temperatura, ambiente corrosivo, subacqueo, ..)
• geometria, conformazione e dimensioni del pezzo da esaminare.
Verifica attrezzatura
La verifica dell'attrezzatura viene eseguita per
accertare che l'apparecchiatura utilizzata svolga
effettivamente e correttamente la relativa funzione
della prova. I parametri ed i risultati della prova di
verifica verranno riportati nella documentazione di
prova.
La sensibilità o la risoluzione del sistema sarà
valutata usando un elemento con risoluzione nota
quale:
• pezzo di prova: eseguendo una verifica su un
pezzo di prova con le indicazioni il più
possibile vicine a quelle del pezzo da
esaminare;
• line chart: linee con distanza e spessore
graduate con un appropriato sfondo di
contrasto;
• reticolo: costituito da una scala o una rete di
sottili linee disposte nel percorso ottico di uno
strumento in modo da permettere la misura o
confronto.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Nota
Per i sistemi elettronici particolare attenzione deve essere posta per evitare che le indicazioni non siano
nascoste erroneamente nel trasferimento delle immagini da ottico nella forma elettronica.
Posizionamento attrezzatura
Nota
Ad esempio occorre considerare l'azione reciproca degli effetti prodotti dell'apertura del campo visivo
sull'ingrandimento e sulla profondità di campo:
- aumentando il campo visivo aumenta la profondità di campo, ma si riduce l'ingrandimento;
- diminuendo il campo visivo diminuisce la profondità di campo, ma si aumenta l'ingrandimento.
- Distanza dall'obiettivo
La distanza dell'obiettivo dalla superficie da esaminare è importante sia per la scelta
dell'illuminazione da adottare che come riferimento della distanza focale dell'obiettivo da utilizzare
per ottenere il massimo potere risolutore e di ingrandimento.
- Dimensione obiettivo
La dimensione dell'obiettivo, assieme alla distanza, determina l'angolo di visione o il campo visivo
che è richiesto per osservare l'intera superficie in esame.
- Dimensione discontinuità
La dimensione della discontinuità da esaminare influisce sulla risoluzione e sull'ingrandimento
richiesto per l'esame visivo. Per esempio, quando si ricercano sottili cricche filiformi è richiesta
una risoluzione superiore a quando si vuole rilevare marginature.
- Profondità oggetto
La profondità dell'oggetto condiziona la messa a fuoco. Se l'oggetto in esame ha parti situate su
piani diversi occorre utilizzare un endoscopio con una profondità di campo tale da permettere di
visualizzare nitidamente i diversi piani alle diverse distanze.
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CND: CONTROLLO VISIVO
- Direzione di visione
La direzione di visione determina il posizionamento dell'endoscopio, specialmente per gli
endoscopi del tipo rigido. Inoltre determina la lunghezza richiesta all'endoscopio.
La capacità visiva a percepire immagini dipende dell'intensità della luce, riflessa dall'oggetto in
esame, che arriva all'occhio.
Nell'esame visivo è quindi necessario utilizzare una
sorgente di luce naturale o artificiale con una adeguata
intensità e distribuzione spettrale.
La qualità dell'illuminazione è di fondamentale
importanza per il corretto svolgimento dell'esame e
viene a dipendere da molti fattori i principali dei quali
sono:
• Distribuzione spettrale e luce visibile
• Livello di illuminamento
• Luminosità della superficie
• Riflettività e rugosità della superficie
• Riflettività e ombre dell'ambiente
• Modalità di illuminamento
• Abbagliamento
Livello di illuminamento
Il livello d'illuminamento da usare nel controllo visivo può variare in relazione alla tipologia di
esame e al suo livello di criticità:
• per un controllo visivo generico l'illuminamento non deve essere inferiore di 160 lx (15 ftc);
• per controlli visivi critici o di fini dettagli l'illuminamento deve essere maggiore di 500 lx (50 ftc).
Nota
Nell'esame visivo delle superfici di getti senza ausilio di strumenti ottici, le condizioni di illuminazione minime
devono essere di 350 lx. Nell'esame visivo di giunti saldati l'illuminamento deve essere almeno 350 lx,
consigliato 500 lx. Secondo la "Illuminating Engineering Society" l'esame visivo di lavori critici richiede
un'intensità di luce da 1.100 a 3.200 lx (da 100 a 300 ftc).
Per verificare se l'ambiente di lavoro rispetta i requisiti di illuminamento può essere usato un
misuratore di luce (esposimetro), in alternativa, può essere usato un misuratore di luce del tipo a
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CND: CONTROLLO VISIVO
fotocellula o fototubo. Se per rispettare i requisiti d'intensità minimi richiesti si utilizza una sorgente
di luce nota, questa deve essere posta ad una distanza inferiore alla sua massima distanza
d'utilizzo.
Una eccessiva o insufficiente luminosità interferisce con la capacità di visione e può impedire
rilevazioni critiche e falsare i giudizi di accettabilità. La luminosità di una superficie dipende
dall'intensità della luce incidente e dalla riflettività della superficie stessa. E' quindi necessario
avere la possibilità di controllare l'intensità della luce ed adeguarla alla riflettività della superficie.
Nota
La rugosità della superficie in esame influenza anche il livello
minimo di severità della discontinuità che può essere valutato.
In pratica maggiore è il grado di rugosità e maggiore è il livello di
severità delle discontinuità superficiali rilevabili.
- Un forte contrasto nel disegno o nel colore ambientale possono causare irrequietezza e produrre
affaticamento.
- Nelle aree di lavoro con alti livelli di disturbo e pesanti sforzi fisici sono raccomandati colori freddi (blu).
Modalità di illuminamento
Abbagliamento
L'abbagliamento prodotto direttamente dalla fonte di luce o riflesso dalla superficie esaminata,
costituisce un problema di non facile soluzione per l'osservazione.
L'abbagliamento può essere ridotto diminuendo l'intensità della luce che arriva all'occhio. Per
ottenere questo si può:
• aumentare l'angolo tra sorgente e linea di visione;
• incrementare la luce di fondo dell'area circostante la sorgente abbagliante;
• diminuire l'intensità della luce della sorgente.
Gli abbagliamenti diretti da una sorgente di luce supplementare possono essere ridotti abbastanza
facilmente. Più difficile è invece eliminare gli abbagliamenti dovuti ad impianti d'illuminazione fissi
e permanenti. Gli impianti fissi sul soffitto devono essere installati, il più distante possibile, sopra la
linea di visione. Le luci con angoli di incidenza obliqui o laterali devono essere adeguatamente
controllate e schermate.
Nota
- Le luci con angoli superiori a 45° rispetto al campo visivo devono essere eliminate con adeguate
schermature.
- L'illuminazione, fino a 25° dal piano orizzontale, deve essere schermata in modo da permettere che una
sufficiente intensità di luce raggiunga l'area da controllare.
La registrazione dei risultati dell'esame visivo è un aspetto molto importante in quanto oltre a
fornire la necessaria documentazione dell'esame, permette di avere uno strumento per rivisitare e
rivalutare l'oggetto della prova.
La immagini fotografiche sono lo strumento principale per la registrazione sia dell'esame visivo
che degli altri metodi dei controlli non distruttivi. Per ottenere una adeguato livello di qualità delle
immagini è pertanto necessaria la conoscenza delle nozioni di base delle tecniche fotografiche.
La velocità (sensibilità) della pellicola dipende dalla sua granularità. I fattori che influenzano
questa scelta sono molteplici i principali sono; il luogo, le modalità di ripresa, l'intensità
dell'illuminazione disponibile ed il formato finale di stampa. Il grado di velocità delle pellicole è
classificato da uno standard ISO.
Le pellicole veloci (alto numero ISO) richiedono una minore quantità di luce, ma tendono a
produrre granulazione nella stampa finale. L'effetto aumenta con l'incremento dell'ingrandimento.
Le pellicole lente sono usate quando sono richiesti fini dettagli. Il loro svantaggio è di richiedere
una maggiore intensità di luce per una corretta esposizione.
Velocità delle pellicole
La tabella riportata la classificazione ISO per le (Classificazione ISO)
pellicole a colori e in bianco-nero. La classificazione Color Bianco e Nero
è fatta con due scale diverse: una scala lineare DIN (ASA) DIN (ASA)
(ASA) e una scala logaritmica (DIN) Generalmente i Lente 25 (15°) 32 (16°)
due valori vengono indicati assieme. 32 (16°) 64 (19°)
80 (20°)
Volendo raddoppiare la velocità e quindi dimezzare il Medie 64 (19°)
tempo di esposizione occorre utilizzare pellicole con 80 (20°) 100 (21°)
un valore doppio della scala DIN oppure un valore 100 (21°) 125 (22°)
superiore di 3° per la ASA. 125 (22°) 160 (23°)
Per esempio, una pellicola ISO 200 /24° risulta due Veloci 160 (23°) 200 (24°)
volte più veloce di una ISO 100/21°. 200 (24°) 400 (27°)
400 (27°) 1.000 (31°)
1.000 (31°)
Il livello di illuminamento e l'orientamento della sorgente di luce è fondamentale oltre che per
l'esame stesso anche per qualità dell'immagine fotografica di registrazione. In generale per le
riprese fotografiche l'illuminamento deve provenire da sopra il soggetto e valgono le stesse regole
per l'illuminazione del pezzo in esame.
L'impiego di una singola sorgente di luce può creare zone abbaglianti, e nel caso di oggetti tri-
dimensionali, può causare ombre ed equivocità nei rilievi. Inoltre una forte intensità di luce, può
ridurre il contrasto e creare delle difficoltà nella visione delle indicazioni. Occorre quindi verificare
che tutte le aree di interesse siano adeguatamente illuminate e se necessario aggiungere altre
sorgenti di luce. Se si utilizzano più fonti di luce, la sorgente principale deve essere leggermente
velata e diffusa.
Quando si utilizza il flash, nel fotografare certi oggetti possono originarsi delle riflessioni di luce
(esempio saldature di tubi). Per eliminare queste riflessioni si può:
- spostare la luce del flash lontano dall'obiettivo
- far riflettere la luce del flash da una superficie bianca.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Profondità di campo
Poiché molte discontinuità sono tridimensionali, occorre tener presente che l'ingrandimento è
esatto solo sul "piano focale principale". Quando le misure delle dimensioni complessive di una
discontinuità sono ricavate da una fotografia, il "Piano focale principale" deve coprire larga parte
del soggetto.
Evidenziazione dell'immagine
Ingrandimento dell'immagine
Processamento digitale
Tecniche migliorative possono essere applicate sulle immagini digitali con programmi di
elaborazione fotografica per correggere vari problemi dell'immagine originaria.
Nota
La visione umana può distinguere piccole differenze dei livelli di grigio a media intensità, mentre è molto
difficile distinguere le differenze nei livelli di grigio se l'intensità dell'immagine è molto alta o molto bassa.
Sicurezza - Introduzione
La sicurezza negli esami visivi è principalmente legata all'ambiente di lavoro dove l'ispettore deve
operare e agli strumenti utilizzati. In particolare l'utilizzo nelle aree di lavoro degli esami visivi di
sorgenti di luce artificiale anche di elevate intensità possono determinare pericoli per tutto il
personale esposto.
Nota
Le seguenti informazioni sono fornite unicamente per fini didattici e non devono essere considerate
sostitutive della normativa di sicurezza vigente. Prima d'iniziare una attività, dove si utilizzano luci artificiali o
sorgenti di radiazioni, è necessario consultare sempre i più recenti documenti sulla sicurezza e la
manualistica del costruttore per il corretto utilizzo di tali apparecchiature.
Nota
Le principali sorgenti luminose sono:
· lampade ad incandescenza;
· lampade fluorescenti,
· lampade alogene al quarzo;
· sorgenti ad arco (simulatrici della luce solare);
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CND: CONTROLLO VISIVO
Una persona esposta ad una luce laser, può subire un danno alla retina molto grave a causa
dell'energia degli impulsi di molti tipi di laser. La probabilità di subire un danno alla vista è
relativamente bassa perché, l'area della retina danneggiata è piccola.
In generale per prevenire eventuali pericoli da sorgenti laser si deve:
- non permettere al personale l'attraversamento del percorso dell'onda laser;
- impedire che la luce laser, diretta o riflessa, raggiunga zone in cui vi sia personale;
- limitare l'uso della strumentazione laser alle sole persone autorizzate con adeguata
conoscenze dei potenziali pericoli e dotati di idonei strumenti di protezione (occhiali e
indumenti protettivi).
Inoltre, nell'uso di tali strumenti è necessario attenersi alla documentazione tecnica del costruttore
ed alle specifiche normative in materia di sicurezza.
Nota
- Terminato l'iniziale stato di cecità ed il relativo dolore, il risultato dello scotoma (danneggiamento di
un'area non ricettiva) può essere dopo un certo periodo ignorato dalla vittima dell'accidente.
- La soglia di danneggiamento retinale (vedere figura) per esposizioni da 0.1 a 10 secondi mostra una
grande dipendenza dalla dimensione dell'immagine (da 1 a 10 W/cm2 per un'immagine di 1.000 µm e
superiore a circa 1 kW/cm2 per un'immagine da 20 µm).
- Per valutare la scala dimensionale, ricordiamo che il sole produce sulla retina un'immagine di 160 µm.
Nota
L'American National Standard Institute (ANSI) ha pubblicato la norma (ANSI Z136.1-1993 "Safe Use of
Lasers", per l'uso in sicurezza di sorgenti laser.
I Laser sono sorgenti di luce coerente e collimata dovuta all'emissione di radiazioni da un sistema
di atomi eccitati. Sono fissati limiti per l'osservazione sia della luce laser diffusa da una sorgente
estesa, che per un fascio collimato in grado di essere focalizzato sulla retina.
Nota
- La luce emessa da una lampada, una fiamma, o un corpo incandescente è detta incoerente in quanto
costituita da atomi che indipendentemente gli uni dagli altri, emettono fotoni in direzioni casuali ad istanti
di tempo casuali.
- In un laser è invece, l’emissione stimolata assicura che il fotone emesso da un atomo abbia la stessa
frequenza e la stessa fase del fotone usato per diseccitarlo.
- Il risultato è un fascio di luce costituito da un’onda elettromagnetica monocromatica, molto collimata e
coerente, in quanto tutti gli atomi che l’hanno prodotta hanno emesso i loro fotoni in fase.
Classe 2 laser a bassa potenza; l'osservazione diretta del fascio non è pericolosa purché sia
conservato il riflesso palpebrale.
Classe 3-A L'osservazione diretta del fascio non è pericolosa purché sia conservato il riflesso
palpebrale e l'osservazione non avvenga attraverso sistemi ottici.
Classe 3-B L'esposizione ad occhio nudo al raggio diretto è pericolosa; non è invece pericolosa
la luce diffusa.
Classe 4 Possono provocare danni agli occhi ed alla pelle per esposizione sia al fascio diretto
che diffuso. Costituiscono anche un pericolo d'incendio.
CLASSE
Evitare l'esposizione di X
qualsiasi tipo di tessuto
Nel campo delle prove non distruttive, sono ampiamente usate sorgenti d'illuminazione normali e
speciali. Purtroppo, ci sono poche direttive sulla sicurezza nell'uso di numerose sorgenti di luce,
nel campo del visibile, rispetto ad altre sorgenti di luce.
Di seguito sono riportati I potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della
radiazione visibile.
Visibile (da 400 a 780 nm) Lesione fotochimica e Colore più intenso della
termica della retina pigmentazione, reazione di
fotosensibilità
Retina
Edema, ustioni, depigmentazione
Prima dello sviluppo delle sorgenti laser, i principali potenziali rischi, nell'utilizzo d'intense sorgenti
luce, erano lesioni agli occhi ed alterazioni della pelle dovute a radiazioni ultraviolette. Molte
sorgenti ad arco elettrico, di forte intensità e alcune sorgenti laser possono emettere, assieme alle
loro radiazioni tipiche, anche radiazioni ultraviolette, con livelli potenzialmente pericolosi.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Nota
Le principali reazioni biologiche comprendono:
- la "cheratocongiuntivite" (conosciuta come lampi da saldatura), con possibile generazione di cataratte,
eritemi o arrossamenti della pelle.
- fluorescenza temporanea del cristallino, con affaticamento degli occhi e mal di testa provocati da
radiazioni ultraviolette con lunghezza d'onda lunga;
- invecchiamento precoce della pelle e potenziale aumento del rischio di tumori della pelle possono
essere causate da esposizioni persistenti alle radiazioni ultraviolette;
- reazioni allergiche si possono sviluppare (anche se molto raramente) in soggetti con notevole foto
sensibilità per limitate esposizioni alle radiazioni ultraviolette utilizzate nell'industria.
Molte sorgenti di luce visibile d'alta intensità emettono radiazioni ultraviolette, e pertanto non deve essere
trascurato il potenziale pericolo d'ustioni al coroide-retinale.
Nota
La radiazione ultravioletta (luce non coerente) è una radiazione nel campo dell'invisibile, situata oltre la fine
dello spettro del visibile dopo il violetto. La radiazione ultravioletta con una lunghezza d'onda fino a circa
185 nm è facilmente assimilata dalla cornea e dai cristallini degli occhi. La radiazione ultravioletta con
lunghezza d'onda inferiore a 185 nm è assorbita dall'aria (fenomeno denominato "Vuoto Ultravioletto") e
raramente interessa l'ispezione visiva.
La valutazione del rischio non deve essere intesa come una linea di confine tra condizioni
d'esposizione sicure e pericolose, ma deve essere basata, sulla conoscenza delle caratteristiche
delle sorgenti, delle condizioni operative e del livello di esposizione e dell'utilizzatore (se ispettore
professionale o un comune utente).
L'accuratezza della valutazione è limitata da incertezze biologiche come il regime alimentare, foto
sensibilità genetica e opportuni fattori di sicurezza devono essere inseriti nell'elaborazione delle
raccomandazioni.
Nota
Distinte regioni della retina hanno differenti ruoli nella visione, pertanto la perdita funzionale di tutte o di una
parte di queste regioni hanno importanza diversa.
La maggiore acuità visiva è concentrata nella parte centrale (foveale) della visione e di conseguenza la
perdita di quest'area della retina, riduce drammaticamente le capacità visive; mentre la perdita di un'area,
con le stesse dimensioni, localizzata sulla periferia della retina può risultare di fatto indifferente rispetto alle
capacità visive.
Fattore termico
Per brevi esposizioni (da 0.1 a 100 secondi) accidentali al sole o a sorgenti artificiali di radiazioni,
il meccanismo che provoca generalmente il danno (lesione), è l'ipertermia (surriscaldamento), con
possibilità di ustioni retinali.
Il rischio di danno, da sorgente laser o altra sorgente di luce, non differisce se la dimensione
dell'immagine, il tempo d'esposizione e la lunghezza d'onda sono gli stessi.
Lo spettro sia della luce solare che della luce di numerose altre fonti di illuminazione artificiale, è
dominato dalla grande energia della componente blu (400 - 520 nm). La luce blu oltre ad essere la
maggiore responsabile del fenomeno dell’abbagliamento, costituisce anche un rilevante fattore in
alcuni tipi di danni retinici.
La luce blu può provocare fino a 100 volte più danni retinali (diminuzione permanente della
sensibilità spettrale) delle altre lunghezze d'onda superiori nello spettro del visibile. Il
danneggiamento della retina può avvenire anche quando l'intensità non è sufficiente a provocare
un danno termico. In molte situazioni sono presenti sia il rischio blu che il pericolo termico,
pertanto per calcolare la durata delle esposizioni che non danneggiano la retina vanno valutati
congiuntamente.
Le varie strutture oculari hanno un diverso grado di assorbimento nei confronti delle radiazioni
luminose:
Pertanto le radiazioni ultraviolette possono essere messe in relazione con alcuni danni alla cornea
e al cristallino; si ritiene che rappresentino la causa principale della degenerazione giallo-bruna e
opacizzazione del cristallino.
La luce blu viene messa in relazione ad alcuni danni retinici quali degenerazione maculare, retinite
pigmentosa, ipovisione notturna, annebbiamento ed abbagliamento.
Nota
La curva di trasmissione delle informazioni oculari cresce rapidamente a partire da sotto i 400 nm e non
mostra cadute fino a 900 nm, nelle vicinanze dell'infrarosso, in seguito ha un picco a 1.100 nm.
Il valore scende poi fino allo zero da circa 1.400 nm, che delimita il campo di lunghezze d'onda
potenzialmente pericoloso.
Nota
Foto-sensibilizzatori
In numerosi additivi utilizzati in passato, in saponi e in cosmetici sono stati identificati degli agenti foto-
tossici o foto-allergici che agiscono sotto stimolazione di radiazioni, con lunghezza d'onda lunga, nello
spettro del visibile.
Coloranti per farmaci e additivi alimentari sono possibili foto-sensibilizzatori per organi sotto pelle, poiché le
radiazioni visibili, con lunghezza d'onda lunga, penetrano in profondità dentro il corpo umano.
Tali soglie sono intese solo per prevenire eccessive esposizioni di durata inferiore alle 8 ore, in
individui professionalmente esposti inclusi casi di ipersensibilità individuali. Una corretta
protezione da radiazioni ultraviolette si basa nell'adozione di adeguati sistemi di protezione
ambientale (schermature sorgenti) e di mezzi di protezione personale (occhiali, guanti, indumenti).
In presenza di situazioni di rischio e prima della comparsa dei sintomi di pericolo è necessario
predisporre un'idonea protezione per gli occhi.
La componente ultravioletta dalle sorgenti di luce può essere attenuata per mezzo di filtri in vetro
o plastica che sfruttano la proprietà di assorbire le radiazioni ultraviolette offerta da diversi
materiali trasparenti.
Sono disponibili molte protezioni in grado di offrire una ottima protezione dalle
radiazioni ultraviolette quali:
• filtri di protezione per gli occhi con gradazioni standardizzate per specifiche
applicazioni.
• filtri speciali per attenuare fasce spettrali con alta intensità in ambienti con
alti livelli di luce.
Le protezioni per gli occhi dalle radiazioni laser, sono progettate per avere
un'adeguata densità ottica alla lunghezza d'onda del laser e con la maggiore
trasmissione visuale ottenibile di tutte le altre lunghezze d'onda.
Nota: In alcune situazioni, possono essere utilizzate lenti colorate per accrescere la visibilità dell'oggetto in
esame.
NORMATIVA
Le principali norme in materia di Protezione personale degli occhi sono:
EN 166 - Requisiti di base
EN 167 - Metodi di prova ottici
EN 168 - Metodi di prova non ottici
EN 169 - Filtri per saldatura
EN 170 - Filtri per raggi ultravioletti
EN 171 - Filtri per raggi infrarossi
EN 172 - Filtri di protezione solare per uso industriale
EN 207 - Filtri e mezzi di protezione dell’occhio contro radiazioni laser (occhiali per protezione laser)
EN 208 - Protettori dell’occhio per i lavori di regolazione sul laser e sistemi laser (occhiali per regolazione
laser).
5. ESAMI VISIVI
Gli esami visivi sono impiegati per localizzare le discontinuità superficiali che si formano nelle:
- Fusioni (getti)
e nei manufatti prodotti con processi di deformazione plastica:
- Forgiati (fucinati)
- Laminati
- Trafilati
- Estrusi
- Tubi senza saldatura (prodotti con laminazione su mandrino).
In questi prodotti alle discontinuità inerenti (presenti nel materiale grezzo e deformate durante la
lavorazione) si aggiungono quelle dovute allo stesso processo di lavorazione (discontinuità
primarie). Altre discontinuità (secondarie) possono formarsi sui componenti lavorati che sono
sottoposti a:
- Lavorazioni meccaniche quali tornitura, fresatura, rettifica e taglio.
Fusioni (getti)
- Scopo dell'esame
- Normativa
- Strumenti
- Modalità di esame
- INCLUSIONI
- POROSITA'
- RIPRESE FREDDE
- STRAPPI A CALDO E CRICCHE DA RITIRO
Scopo dell'esame
Esame visivo di getti di acciaio prodotti in forme di sabbia.
Scopo dell'esame visivo è la valutazione della qualità superficiale del getto.
La valutazione della superficie del getto avviene in relazione a: rugosità superficiale, discontinuità
superficiali
Normativa:
EN 1370 - Fonderia - Controllo della rugosità superficiale per mezzo di comparatori visotattili
EN 1559-1 Fonderia - Condizioni tecniche di fornitura - Generalità
prEN 1559-2 Fonderia - Condizioni tecniche di fornitura - Prescrizioni aggiuntive per i getti di
acciaio
Strumenti
Comparatori visivi costituiti da repliche di discontinuità: 9 categorie con livelli di severità crescente
da 1 a 4
- Inclusioni superficiali
- Porosità ai gas
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CND: CONTROLLO VISIVO
Modalità di esame
L'esame viene condotto attraverso il confronto visivo diretto fra la superficie da esaminare ed i
comparatori.
L'esame della superficie avviene senza l'ausilio di strumenti ottici e con adeguate condizioni di
illuminazione (minimo 350 lx).
NOTA:
Il livello di severità delle discontinuità rilevabili visivamente, dipende dallo stato di rugosità della
superficie.
In pratica tanto maggiore è il grado di rugosità superficiale tanto minore è la possibilità di rilevare
discontinuità con basso grado di severità.
INCLUSIONI
Le inclusioni possono risultare dalla sabbia usata per creare la forma, dalle scorie del metallo
colato, dai materiali refrattari della forma e da altri materiali che non si fondono e non si legano
con il metallo fuso.
Le inclusioni appaiono ovunque sulla superficie e conferiscono un aspetto poroso e grossolano.
Possono essere metalliche o non metalliche (presenza di materiali estranei).
POROSITÀ
Le porosità sono il risultato dei gas sprigionati dal metallo fuso che rimangono intrappolati durante
la solidificazione. Sono piccole cavità con superfici lisce sferoidali, isolate o in gruppi.
Possono essere interne e quindi non individuabili con esame visivo oppure affioranti in superficie.
RIPRESE FREDDE
Le riprese fredde sono una incompleta fusione del metallo colato che risultano da una interruzione
della colata del metallo o da zone dove la solidificazione avviene prima che la colata sia terminata.
Le riprese fredde possono apparire ovunque nella fusione, ma si presentano più facilmente
nell'area centrale del nucleo ove avviene una interruzione della colata.
Forgiati (fucinati)
I forgiati si realizzano mettendo un pezzo di metallo riscaldato tra due stampi e formandolo
attraverso operazioni di martellamento o di compressione e stiramento.
Diversi tipi di discontinuità possono essere evidenziate durante l'esame visivo dei forgiati:
- RIPIEGATURE
- FESSURE DA SCOPPIO E LACERAZIONI (strappo da fucinatura)
RIPIEGATURE
Le ripiegature sono difetti superficiali simili a fessure, causati da ripiegamenti di spigoli acuti che
non si saldano durante il processo di forgiatura. Possono presentarsi ovunque sulla superficie del
forgiato ma esse sono più frequenti nel senso della lavorazione e quando le parti dello stampo
non si accoppiano bene.
Laminati
INCLUSIONI ALLINEATE
Le inclusioni allineate si presentano come delle venature lunghe e sottili. Quando sono visibili in
superficie si denominano sfogliature.
Cause: sono discontinuità inerenti che derivano dalle inclusioni non metalliche che subiscono una
trasformazione durante la laminazione.
CRICCHE A SPIGOLO
Le cricche a spigolo sono fessurazioni orientate nella direzione trasversale rispetto alla direzione
di laminazione.
Cause: si formano quando si riduce eccessivamente lo spessore senza effettuare un trattamento
di ricottura intermedio.
FESSURE DI LAMINAZIONE
Le fessure dei laminati sono simili a quelle dei forgiati. Si ritrovano negli sbozzati e nei manufatti
ottenuti da essi come la bulloneria.
STRAPPI
Gli strappi hanno un aspetto molto simile alle cricche e si ritrovano prevalentemente nei laminati
sottili.
Cause: gli strappi si formano quando le tensioni di laminazione superano la resistenza del metallo
caldo. Una lubrificazione impropria delle superfici dei cilindri di laminazione può aggravare questo
fenomeno.
Trafilati
- INCLUSIONI ALLINEATE
- CRICCHE A SPIGOLO
- FESSURE DI LAMINAZIONE
- STRAPPI
Estrusi
Lavorazioni meccaniche
Tornitura, fresatura, rettifica e taglio sono tutte lavorazioni meccaniche che possono causare
discontinuità sui componenti lavorati.
LACERAZIONI
Sono prodotte da eccessive sollecitazioni meccaniche durante la lavorazione.
Normativa di riferimento
Ci sono diversi tipi di documenti coinvolti nell'esecuzione degli esami visivi come codici,
standards, specifiche, ed altri previsti per registrare i risultati dell'ispezione. L'ispettore dovrebbe
essere a conoscenza dei documenti pertinenti prima di eseguire l'esame in modo da poter
applicare l'appropriato criterio per determinare l'accettabilità della saldatura.
UNI EN ISO 5817:2004 - Giunti saldati ad arco in acciaio - Guida sui livelli di qualità delle imperfezioni
UNI EN ISO 10042:2007 - Giunti in alluminio e sue leghe saldabili, saldati ad arco - Guida dei livelli di
qualità delle imperfezioni
UNI EN ISO 13919-1 1997 - Saldatura - Giunti saldati a fascio elettronico e laser - Guida dei livelli di qualità
delle imperfezioni. - Acciaio
UNI EN ISO 13920 2000 - Saldatura -Tolleranze generali per le costruzioni saldate - Dimensioni lineari e
angolari - Forma e posizione
EN ISO 17637:2011 - Controllo non distruttivo di saldature - Esame visivo di giunti saldati per fusione
UNI EN 22553 1997 - Giunti saldati e brasati - Rappresentazione simbolica delle saldature sui disegni
Strumenti
L'impiego di una lente (fino a 10 ingrandimenti) permette un esame più dettagliato, soprattutto per
rilevare la presenza di cricche superficiali. Per la verifica delle dimensioni e dei profili sono
impiegati calibri per saldatura e profilometri. Un elenco di attrezzature tipiche per misurare
dimensioni, incisioni marginali, concavità ed altre caratteristiche delle saldature è riportato nelle
tavole di seguito.
1 2
1. Calibro
Usato per misurazioni su saldature di raccordo o anche per la misura del sovrametallo in saldature
testa a testa. I piedini del calibro formano quattro angoli fissi di 60°-70°-80°-90°. Misura 7 spessori
di gola di saldature di raccordo con un angolo incluso di °90.
2. Calibro a lame
Sistema combinato di calibri per i formati concavi o convessi delle saldature di raccordo. Consente
di controllare la lunghezza del lato del cordone e determinare se vi è sufficiente altezza di gola.
Consente di controllare il sovrametallo (rinforzo) delle saldature testa a testa, l'altezza di gola e la
dimensione delle saldature di raccordo. Adatto per le saldature di raccordo asimmetriche.
3. Calibro Palmgren
Consente di controllare il sovrametallo (rinforzo) delle saldature testa a testa, l'altezza di gola e la
dimensione (lato) delle saldature di raccordo.
Dimensionamento
Nell'eseguire l'esame l'operatore dovrà prima accertarsi che la configurazione e il profilo del giunto
saldato corrispondono al disegno secondo i simboli convenzionali usati (vedi Simbologia della
saldatura).
Per entrambi i giunti (d'angolo e in cianfrino), i limiti di accettabilità per ciascuna delle dimensioni
da verificare possono essere rintracciati nei documenti di fabbricazione.
Non tutte le discontinuità presenti in una saldatura possono essere rilevate visivamente; alcune
richiedono l'uso di altre tecniche PnD quali radiografia o ultrasuoni. I seguenti tipi di discontinuità
poiché possono tutte apparire sulla superficie costituiscono l'oggetto dell'esame visivo di una
saldatura:
- FUSIONE INCOMPLETA
- PENETRAZIONE INCOMPLETA
- SOVRAPPOSIZIONE
- PENETRAZIONE ECCESSIVA
- INCISIONE MARGINALE
- CRATERE
- PROFILO IMPROPRIO
- CRICCA
- INCLUSIONE
- POROSITÀ
- INNESCO D'ARCO
- SPRUZZO
- DISTORSIONE/RITIRO
Visivamente si osserva che il metallo d'apporto non si è amalgamato con il metallo base o con
l'altro metallo d'apporto. Si può trovare fusione incompleta dovunque o nel metallo di saldatura o
all'interfaccia fra metallo d'apporto e metallo base
INCISIONE MARGINALE
Le incisioni marginali si trovano normalmente sia alla giunzione fra metallo base e metallo
d'apporto, sia alla giunzione tra metallo d'apporto e altro metallo d'apporto. L'aspetto è quello di
una regione in cui il materiale fuso è scivolato via. Non sono consentite incisioni marginali
profonde alla linea d'attacco, poiché possono ridurre seriamente la resistenza del giunto, in
particolare quella a fatica.
CRATERE
Visivamente si presentano come depressioni sulla superficie, alla estremità del cordone di
saldatura. Le depressioni possono essere accompagnate da porosità o cricche. Quando si ha una
cricca, essa può essere orientata trasversalmente oppure longitudinalmente; a volte può essere
formata da una serie di cricche intersecatisi che assumono la figura di una stella.
PROFILO IMPROPRIO
Tutte le deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al profilo ideale prescritto da codici e
specifiche (ad esempio: rinforzo, convessità eccessivi).
CRICCA
Cricche di cratere: sono molte piccole cricche che si propagano da un punto nel cratere (stella)
Cricca alla gola: longitudinale, si propaga nella direzione dell'asse, sulla faccia della saldatura
Cricca alla radice: non può osservarsi visivamente se non si può esaminare la radice del giunto
Cricca lungo la linea di attacco: ha inizio alla linea di attacco della saldatura e si propaga nel
materiale di base.
Cricca sotto il cordone e in ZTA: non sempre sono visibili durante gli esami visivi
INCLUSIONE
Le inclusioni normalmente osservate nelle saldature sono inclusioni di scoria e di tungsteno e se
non sono sulla superficie non si possono rilevare con gli esami visivi. La scoria è generalmente di
colore scuro, diverso da quello del metallo. Le inclusioni di tungsteno, rilevabili anche con esami
visivi, sono più facilmente rilevate mediante radiografia.
POROSITA'
Gli esami visivi rilevano la porosità sulla superficie: uniforme, a grappolo, lineare, a tarli.
INNESCO D'ARCO
Sono fusioni non intenzionali del metallo base fuori dalla regione in cui si deposita il metallo
d'apporto. Gli inneschi d'arco possono assomigliare a singoli piccoli crateri circolari o cilindrici o a
una serie di piccoli crateri che formano una traccia verso il deposito di materiale d'apporto.
La loro struttura dura e fragile potrebbe essere una sorgente di cricche, quindi quando si rilevano
bisogna ricercare anche le eventuali cricche che potrebbero propagarsi da questi crateri.
SPRUZZO
Rilevabili agli esami visivi e da controllare, sia perché possono mascherare altri difetti, sia perché
possono indicare che una variabile del processo di saldatura è fuori procedura.
DISTORSIONE/RITIRO
Variazione dimensioni e modifica della forma, deviazione dalla forma desiderata.
Modalità di esame
L'esame della saldatura deve comunque avvenire appena terminato il processo di saldatura ed
eventualmente dopo ogni trattamento superficiale.
Normativa di riferimento
I principali riferimenti normativi (generali e di prodotto) per l'esame visivo degli elementi di
collegamento sono indicati di seguito. Ricordiamo che l'operatore deve sapere se viene richiesta
l'applicazione di determinate norme (ad esempio norme UNI) o codici (quali l'ASME) o
eventualmente di procedure interne appositamente realizzate.
In questo caso egli deve attenersi scrupolosamente a quanto prescritto nella normativa, o nella
procedura, durante la conduzione dell'esame e la valutazione dei risultati.
NORME GENERALI
EN ISO 9712:2012 - Qualificazione e certificazione del personale addetto alle Prove non
Distruttive (sostituisce la EN 473)
ASME, Sez. XI, Div. 1 Rules for Inservice Inspection of Nuclear Power Plant
Components
NORME DI PRODOTTO
UNI EN ISO 10495-2:2004 Prova del carico di prova con appoggio conico sui dadi
Strumenti
L'osservazione di una discontinuità si può migliorare utilizzando specchi e lenti di ingrandimento.
Lo specchio è da utilizzare quando non è possibile accedere facilmente alla zona da ispezionare
entro i limiti raccomandati dalle normative (60cm a 30°). Inoltre si possono usare strumenti di
misura quali regoli, nastri metrici, micrometri, calibri a nonio.
- CRICCHE DI TEMPRA
- CRICCHE DI STAMPAGGIO E DA INCLUSIONI
- SCREPOLATURE
- FILATURE
- RIPIEGATURE
CRICCHE DI TEMPRA
CAUSE - le cricche di tempra si possono formare durante il trattamento termico.
ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie del dado. Possono
presentarsi anche sulla filettatura.
CRICCHE DI STAMPAGGIO
CAUSE - Le cricche di stampaggio (cricche di ricalcatura) possono formarsi durante le operazioni
di troncatura o ricalcatura e si localizzano solo sulle facce di appoggio dei dadi o sulla loro
intersezione con le superfici di manovra. Le cricche da inclusioni sono causate da inclusioni non
metalliche presenti nel materiale di partenza.
ASPETTO - cricca da inclusioni sui piani di appoggio o nelle filettature, cricche di stampaggio sui
piani di appoggio.
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CND: CONTROLLO VISIVO
SCREPOLATURE
CAUSE - le screpolature derivano da difetti superficiali del materiale originario e possono formarsi,
durante le operazioni di stampaggio, sulle superfici esterne dei dadi e sul bordo dei dadi con
flangia.
ASPETTO - Screpolatura
FILATURE
CAUSE - dipendono dal materiale di partenza con cui sono fabbricati gli elementi di collegamento.
ASPETTO - Filatura
RIPIEGATURE
CAUSE - si formano a causa di spostamenti del materiale durante lo stampaggio dei dadi in
corrispondenza o in prossimità delle variazioni di sezione o sulle facce d'appoggio del dado.
ASPETTO - Sui piani di appoggio, sul lato, ripiegatura, ripiegatura sul bordo del piano di appoggio
dei dadi con flangia.
- CRICCHE DI TEMPRA
- CRICCHE DI STAMPAGGIO
- SCREPOLATURE DI STAMPAGGIO
- RIGATURE, FILATURE, PAGLIE E PIEGHE
- RIPIEGATURE
- BUTTERATURE
- SEGNI DI UTENSILE
CRICCHE DI TEMPRA
CAUSE - sono causate da eccessive tensioni prodotte durante il trattamento termico
ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di
collegamento.
Sulla testa generalmente con prolungamento sul gambo o su una faccia della testa
Circonferenziale adiacente al raccordo sottotesta
Sulla faccia di appoggio
Sulla cresta del filetto con stacco di porzione di filetto
Sullo spigolo della testa
Sul fondo del filetto
Longitudinale / Trasversale
Radiale nel raccordo sottotesta
Sul fondo della scanalatura
CRICCHE DI STAMPAGGIO
CAUSE - si possono formare durante le operazioni di troncatura o di formatura generalmente
sono localizzate sulla della testa delle viti.
ASPETTO - Cricca di stampaggio sulla testa
SCREPOLATURE DI STAMPAGGIO
CAUSE - possono formarsi, durante lo stampaggio, sulle facce di manovra o sugli spigoli della
testa di viti a testa esagonale, sulle superfici periferiche di viti a testa cilindrica o flangiata e sul
bordo della testa di viti a testa esagonale improntate.
RIPIEGATURE
CAUSE - si formano durante le operazioni di stampaggio per lo spostamento di materiale dovuto a
un'incompatibilità di forme e volumi.
ASPETTO - Tipica ripiegatura a quadrifoglio ammessa in una vite con spallamento non circolare
Ripiegatura ammessa nell'intersezione tra flangia e faccia di manovra
Ripiegatura ammessa sulla superficie dell'estremità della vite / su uno spigolo esterno del profilo
Ripiegatura non ammessa su un raccordo interno
BUTTERATURE
CAUSE - sono generate da compressioni ed impronte di trucioli (bave di taglio), o da ruggine
presente sul materiale di partenza. Le butterature non vengono eliminate durante le operazioni di
stampaggio o di ricalcatura.
SEGNI DI UTENSILE
CAUSE - sono causate dal movimento degli utensili di produzione della superficie della vite.
ASPETTO - Segno di utensile, Segno di utensile causato da operazione di finitura.
LIMITI - nella lavorazione con asportazione del truciolo sul gambo, i segni prodotti dagli utensili sui
raccordi o sulla faccia di appoggio non devono presentare una rugosità Ra maggiore di 3,2 µm in
conformità alla norma ISO 468.
Modalità di esame
Questa sezione fornisce alcune regole per il controllo dei tubi senza saldatura o saldati.
• Normativa di riferimento
• Controllo dimensionale:
- Misura delle dimensioni fondamentali
- Misura di altre grandezze dimensionali
- Tolleranze dimensionali
- Tolleranze tipiche dei tubi
- Strumenti di misura delle dimensioni fondamentali
- Strumenti di verifica delle tolleranze
• Discontinuità rilevabili con l'esame visivo
• Modalità di esame
Normativa di riferimento
Sono riportati i principali riferimenti normativi (generali e di prodotto) per l'esame visivo di tubi.
Ricordiamo che l'operatore deve sapere se viene richiesta l'applicazione di determinate norme (ad
esempio norme UNI) o codici (quali l'ASME) o eventualmente di procedure interne appositamente
realizzate. In tal caso l'operatore deve attenersi scrupolosamente a quanto le dette norme (o
procedure) prescrivono in merito alla conduzione dell'esame ed alla valutazione dei risultati.
UNI EN 10256 2002 - Prove non distruttive dei tubi di acciaio - Qualificazione e competenze del
personale per le prove non distruttive di livello 1 e 2
UNI EN 10216-1 2005 - Tubi senza saldatura di acciaio per impieghi a pressione - Condizioni tecniche di
fornitura.
- Parte 1: Tubi di acciaio non legato per impieghi a temperatura ambiente
UNI EN 10217 2005 - Tubi saldati di acciaio per impieghi a pressione - Condizioni tecniche di fornitura
- Parte 1: Tubi di acciaio non legato per impiego a temperatura ambiente
- Parte 2: Tubi saldati elettricamente di acciaio non legato e legato per impieghi a
temperatura elevata;
- Parte 3: Tubi di acciaio legato a grano fine;
- Parte 4: Tubi saldati elettricamente di acciaio non legato per impieghi a bassa
temperatura;
- Parte 5: Tubi saldati ad arco sommerso di acciaio non legato e legato per impieghi a
temperatura elevata;
- Parte 6: Tubi saldati ad arco sommerso di acciaio non legato per impieghi a bassa
temperatura;
- Parte 7: Tubi di acciaio inossidabile
UNI EN 10246 2001 - Prove non distruttive dei tubi di acciaio
- Parte 1: Controllo automatico elettromagnetico per la verifica della tenuta idraulica dei
tubi di acciaio ferromagnetico senza saldatura e saldati
- Parte 3: Controllo automatico mediante correnti indotte dei tubi di acciaio senza
saldatura e saldati per la rilevazione dei difetti.
- Parte 4: Controllo automatico dell'intera superficie mediante trasduttori
magnetici/flusso disperso di tubi in acciaio ferromagnetico senza saldatura
per la rilevazione dei difetti trasversali.
- Parte 5: Controllo automatico dell'intera superficie mediante trasduttori
magnetici/flusso disperso di tubi in acciaio ferromagnetico senza saldatura e
saldati per la rilevazione dei difetti longitudinali.
- Parte 6: Controllo automatico dell'intera superficie mediante ultrasuoni di tubi in
acciaio senza saldatura per la rilevazione dei difetti trasversali.
- Parte 7: Controllo automatico con ultrasuoni per la ricerca di imperfezioni longitudinali
su tutta la circonferenza di tubi in acciaio senza saldatura e saldati.
- Parte 8: Controllo automatico mediante ultrasuoni della saldatura di tubi in acciaio
saldati elettricamente per la rilevazione dei difetti longitudinali.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Controllo dimensionale
Dalle misure di diametro e di spessore, eseguite su una medesima sezione trasversale del tubo,
se ne ricavano indirettamente altre due:
• ovalizzazione, definita come la differenza tra il diametro massimo e il diametro minimo rilevati
sulla sezione;
• eccentricità, definita come la differenza tra lo spessore massimo e lo spessore minimo rilevati
sulla sezione.
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CND: CONTROLLO VISIVO
La rettilineità misura lo scostamento della retta che congiunge i centri delle facce opposte (asse
reale) dall'asse di una delle due facce del tubo (asse teorico). Generalmente è ammesso che il
tubo sia giudicato diritto a vista. Nel caso sia prescritta una misura, questa viene espressa in per-
mille della lunghezza del tubo.
Tolleranze dimensionali
Nella lavorazione di manufatti non è mai possibile ottenere un prodotto con dimensioni
esattamente corrispondenti ai valori stabiliti di fabbricazione (valori nominali). Ciò implica una
differenza (scostamento) tra il valore medio misurato e quello teorico.
Per tener conto delle esigenze di lavorazione, ma allo stesso tempo fissare un limite alle possibili
deviazioni dai valori nominali, viene introdotto il concetto di tolleranza. La tolleranza è intesa come
lo scostamento massimo consentito dalle dimensioni nominali del manufatto. Le tolleranze
possono essere espresse in percento % o in valore fisso in più (+) o in meno (-) sulla rispettiva
dimensione teorica.
MASSIMA OVALIZZAZIONE
Valore massimo della differenza tra il massimo e il minimo diametro esterno misurati in una
medesima sezione trasversale del tubo. Normalmente è espressa in mm, o in % del diametro
medio calcolato come semisomma dei diametri massimo e minimo.
Diametro Medio = (Diametro Max + Diametro min) / 2
ECCENTRICITA' MASSIMA
Valore massimo della differenza tra lo spessore massimo (Smax) e minimo (Smin) misurati in una
stessa sezione trasversale del tubo. Normalmente è espressa in mm e in % dello spessore medio
calcolato come semisomma degli spessori massimo e minimo.
Spessore Medio = (Smax + Smin) / 2
- Micrometri ad arco: in base al range di misura e al tipo dei puntali possono essere utilizzati
per il rilievo dello spessore o del diametro esterno.
- Spessimetri a quadrante: utilizzati per il rilievo dello spessore.
- Comparatori a bracci tastatori per interni: utilizzati per rilevare il diametro interno del tubo.
Nota
Nella verifica del diametro interno del tubo con tampone possono verificarsi i seguenti casi:
• l'estremità P entra nella cavità e l'estremità NP non entra; in tal caso il diametro interno rientra nei limiti
di tolleranza.
• le due estremità entrano entrambe nella cavità e quindi il diametro interno del tubo è superiore al valore
massimo consentito. Oppure nessuna delle due estremità entra nella cavità e quindi il diametro interno
del tubo è inferiore al valore minimo consentito. In entrambi i casi il diametro interno è fuori tolleranza.
Sono elencate le tipologie di discontinuità che costituiscono l'oggetto dell'esame visivo dei tubi.
• DANNEGGIAMENTI E RIVESTIMENTI
• DIFETTI DI FORMA E DIMENSIONE
• DIFETTI DI SALDATURA
• DISCONTINUITA'
• ALTRI DIFETTI
DANNEGGIAMENTI E RIVESTIMENTI
1. AMMACCATURE
2. AMMACCATURE sul CIANFRINO
3. RIGATURA
4. FILATURA
5. GRAFFI
6. IMPRONTA di CILINDRO
7. ANELLATURA
8. DIFETTI di TAGLIO
9. RIVESTIMENTO DISUNIFORME
10. RIVESTIMENTO SFOGLIATO
11. GRUMI DI ZINCO
12. DECAPAGGIO INSUFFICIENTE
1. AMMACCATURE
Danneggiamento accidentale sulla superficie del tubo
ASPETTO - Si presentano come depressioni della superficie con una forma variabile in base alla
sagoma dell'oggetto che ha provocato il danneggiamento.
CAUSE - Sono prodotte da urti localizzati contro ostacoli accidentali.
3. RIGATURA
Presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di collegamento.
ASPETTO - Solchi longitudinali generalmente poco profondi che interessano in genere l'intera
lunghezza del tubo.
CAUSE - Possono essere originati da:
- urti contro guide o parti di impianto
- impiego di cilindri usurati o calibrati erroneamente
4. FILATURA
Rigature superficiali, nel senso della laminazione.
ASPETTO - Si presentano in forma di solchi sottilissimi, rettilinei e paralleli di lunghezza variabile.
CAUSE - Si possono formare per la rottura di soffiature sotto pelle.
5. GRAFFI
ASPETTO - Solchi (singoli o multipli) di origine meccanica sulla superficie del tubo.
CAUSE - Il difetto è causato da strisciamento accidentale contro corpi taglienti.
6. IMPRONTA di CILINDRO
Difetto superficiale dei tubi consistente in impronte derivate da cilindri di laminazione. Le impronte
spesso risultano ripetute con periodicità.
ASPETTO - Presenza di cavità o cricche sulla superficie di lavoro dei cilindri di laminazione
(riduttori o trasportatori).
7. ANELLATURA
ASPETTO - Traccia a spirale sulle superfici esterne ed interne dei tubi.
Il difetto è più evidente nei tubi trattati in bianco (tubi zincati) in quanto il rivestimento appare
alternativamente lucido ed opaco.
CAUSE - Il difetto può essere causato da:
- eccessiva pressione esercita dalla raddrizzatrice
- avanzamento troppo elevato alla laminazione
- attrezzature difettose in fase di finitura.
8. DIFETTI di TAGLIO
Difetto causato da una errata operazione di taglio con deformazione e presenza di bave
all'estremità del tubo.
CAUSE - L'origine del difetto può essere:
- tagliente delle seghe consumato
- velocità di avanzamento troppo elevata
- eccessivo riscaldamento del materiale
- errato posizionamento del tubo nell'operazione di taglio.
9. RIVESTIMENTO DISUNIFORME
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CND: CONTROLLO VISIVO
Nota
Il decapaggio è l'operazione di pulizia per eliminare la patina di ruggine dai prodotti siderurgici laminati a
caldo. Può essere eseguita con acido e/o altra sostanza chimica oppure con processi meccanici.
1. ECCENTRICITA'
2. OVALIZZAZIONE
3. CAMPANATURA
4. CENTINATURA
5. SVERGOLATURA
6. FORMATURA a TETTO
7. FUORI SQUADRO
8. RIENTRANZE e ONDULAZIONI
9. SALTO di MANDRINO
1. ECCENTRICITA'
L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra
diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi
nella sezione trasversale di un tubo.
ASPETTO - Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa sezione con massimo e
minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90° rispetto ai massimi.
2. OVALIZZAZIONE
L'ovalizzazione è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di circolarità del
tubo, ossia diametro fluttuante tra un massimo ed un minimo.
ASPETTO - La sezione dei tubi si presenta ovale.
CAUSE - Il difetto è causato da laminazione con cilindri usurati o da inefficiente calibrazione. Il
difetto si manifesta anche a seguito di schiacciamento o accatastamento di tubi ancora caldi.
3. CAMPANATURA
Differenza di diametro localizzata in corrispondenza dell'estremità del tubo.
ASPETTO - Si presenta con un allargamento od un restringimento della parte terminale del tubo.
CAUSE - Il difetto è generalmente dovuto a:
- pressione non adeguata nell'espansione del tubo
- anello scampanatore non perfettamente calibrato
- disuniformità di spessore del tubo.
4. CENTINATURA
Mancanza di rettilineità generalmente dipendente dalla saldatura.
ASPETTO - La non rettilineità, fa assumere al tubo un aspetto tipico a forma di banana. La
concavità sta sempre dalla parte del cordone di saldatura.
CAUSE - il difetto è provocato da eccessivo ritiro da parte del cordone di saldatura con
conseguente flessione del tubo.
5. SVERGOLATURA
ASPETTO - Distorsione a spirale intorno all'asse del tubo.
CAUSE - Il difetto è causato da:
- una errata regolazione del laminatoio
- disuniformità di riscaldo o di raffreddamento.
6. FORMATURA a TETTO
Formatura irregolare con angolazione piuttosto accentuata tra i bordi saldati della lamiera.
ASPETTO - La sezione del tubo non risulta perfettamente circolare, i lembi accostati lungo la
saldatura ricordano la forma del tetto.
Il difetto è difficilmente individuabile a vista.
CAUSE - Le origini del difetto sono
- pressione insufficiente della pressa a formare
- resistenze della lamiera al di sopra di quella ammessa.
7. FUORI SQUADRO
Alterazione del profilo per mancanza di ortogonalità sulla sezione trasversale dei tubi a sezione
quadra o rettangolare.
ASPETTO - Si accompagna spesso a deformazioni sulle facce del tubo.
CAUSE - In genere il difetto è dovuto a riscaldo disomogeneo od a trafilatura irregolare.
8. RIENTRANZE e ONDULAZIONI
Affossamenti sulla sezione dovuti a cedimenti dell'acciaio
ASPETTO - Si presentano come ripiegature più o meno numerose (talvolta diametralmente
opposte) e di lunghezza variabile (talvolta su tutto il tubo).
Le ondulazioni di laminazione (effetto "canna di bambu" ) sono fluttuazioni dello spessore del tubo
nella direzione longitudinale, a seguito del processo di fabbricazione.
CAUSE - Eccessivo riscaldamento durante la laminazione.
9. SALTO di MANDRINO
Forte variazione dello spessore e del diametro interno dei tubi. Il difetto è localizzato in breve
tratto.
CAUSA - E' causata da una improvvisa mancanza di presa tra tubo e mandrino.
DIFETTI DI SALDATURA
1. BOLLA
2. CIANFRINATURA FUORI CENTRO
3. CIANFRINATURA IRREGOLARE
4. RIENTRANZA di SALDATURA
5. SALDATURA INCOMPLETA
6. SCOLLATURA
7. SCORDONATURA INCOMPLETA
1. BOLLA
ASPETTO - Escrescenza sulla parte interna del tubo.Il difetto è localizzato nella zona di saldatura.
CAUSA - La bolla è causata da una eccessiva temperatura raggiunta alla al momento della
saldatura.
3. CIANFRINATURA IRREGOLARE
Difettosità o irregolarità dell'angolo e/o della spalla del cianfrino.
CAUSA - la cianfrinatura è stata eseguita con un utensile spostato o male affilato.
4. RIENTRANZA di SALDATURA
Saldatura rientrante verso l'interno del tubo.
ASPETTO - Il difetto si presenta come un affossamento sulla saldatura con una larghezza
variabile.
CAUSE - Le rientranze sono prodotte da un eccessivo riscaldamento dei bordi che sotto lo sforzo
di formatura si ripiegano all'interno.
5. SALDATURA INCOMPLETA
ASPETTO - Il cordone di saldatura si presenta con tratti incompleti. L'estensione del difetto è
molto variabile.
CAUSE - difetti o interruzioni del processo di saldatura
6. SCOLLATURA
ASPETTO - I lembi della lamiera sagomata non risultano saldati con continuità, la saldatura risulta
a tratti interrotta, con lamine di ossido interposte.
CAUSE - Il difetto è dovuto a:
- cattiva preparazione della lamiera
- insufficiente pressione ai rulli sagomatori
- condizioni di saldatura inadeguata.
7. SCORDONATURA INCOMPLETA
Vistose tracce di cordone che permangono dopo la scordonatura esterna dei tubi saldati.
NOTA: Scordonatura: Asportazione meccanica del cordone di saldatura.
ASPETTO - Si presenta come un bordo in rilievo di estensione e spessore variabili sull'esterno del
tubo.
CAUSE - Il difetto è causato da una non corretta scordonatura, dovuta ad un errato
posizionamento degli utensili.
DISCONTINUITA'
1. CRICCHE
2. INCLUSIONI
3. PAGLIE
4. SCAGLIE (interne/esterne)
5. STRAPPI
6. RIPIEGATURE di LAMINAZIONE
7. ROTTURE “A GRADI DI CAPORALE”
8. STAMPATURE (corpi estranei)
9. STRATIFICAZIONE
10. SDOPPIATURE
11. VAIOLATURA (Bucce di arancia)
1. CRICCHE
Soluzioni di continuità, di solito capillari, dovute a rottura del metallo a temperatura non elevata.
ASPETTO - Le cricche si presentano come una fessurazioni continue di varia forma, riconducibili
ai seguenti aspetti principali:
- longitudinale: parallela alla direzione di laminazione
- trasversale: perpendicolare alla direzione di laminazione
- pagliosa o a Y: biforcata o a strappo.
CAUSE - Possono essere originate da :
- cricche inizialmente presenti sul lingotto o sulla barra;
- tenori troppo elevati di impurezze fragilizzanti;
- riscaldi o raffreddamenti inadeguati;
- eccessive sollecitazioni in fase di laminazione.
2. INCLUSIONI
ASPETTO - Il difetto si presenta macroscopicamente come zone di materiale non metallico più o
meno frantumate ed allungate dalla lavorazione plastica a caldo.
CAUSE - Sono dovute alla presenza di inclusioni o soffiature già nel lingotto e nel semiprodotto.
Inclusioni non affioranti: sono discontinuità dovute a soffiature esistenti nel lingotto
Inclusioni affioranti: sono causate dalla presenza di composti di rame, stagno, antimonio, nichel e
zolfo, notoriamente bassofondenti.
3. PAGLIE
ASPETTO - Lingue metalliche attaccate parzialmente alla superficie del tubo e separate da un
sottile strato di ossido.
CAUSE - L'origine del difetto è dovuta ad impiego di lingotti con soffiature o di semilavorati con già
presenti paglie.
Le paglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e sub-superficiali preesistenti nel
lingotto e non completamente asportate.
4. SCAGLIE (interne/esterne)
Formazione eccessiva di strato di ossido sulla superficie dei tubi. Lo strato più esterno della
scaglia è talvolta facilmente asportabile. Le scaglie hanno una evoluzione analoga alle ripiegature,
ma sono causate dai cilindri di laminazione.
ASPETTO - Si presentano con l'aspetto di croste discontinue di ossido aderenti alla superficie dei
tubi.
CAUSE - Il difetto ha origine da riscaldo a temperatura elevata o troppo prolungato.
Le scaglie sulla superficie esterna del tubo possono essere dovute a difetti già preesistenti nel
lingotto, che vengono poi accentuate dalle deformazioni subite dal materiale in fase di laminazione
a freddo.
5. STRAPPI
Rottura più o meno profonda che si verifica durante la lavorazione plastica.
CAUSE - Il difetto è dovuto ad eccessive sollecitazioni o a deficienti caratteristiche del materiale.
Lingotti e semiprodotti possono presentare soffiature sottopelle affioranti ed ossidate al riscaldo
ovvero fragilità a caldo ed il difetto si trasmette al tubo.
6. RIPIEGATURE di LAMINAZIONE
Le ripiegature sono porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappone al profilo senza che
le superfici si saldino completamente.
ASPETTO - Le ripiegature si presentano come lingue appiattite ed in parte saldate alla superficie,
oppure come fessure distinguibili dalle cricche perché le ripiegature presentano un angolo acuto
con la superficie.
CAUSE - Le ripiegature sono dovute alla chiusura in fase di laminazione di avvallamenti sul forato.
9. STRATIFICAZIONE
Formazione nello spessore del tubo di due o più strati.
ASPETTO - Il difetto si presenta come una piccola sdoppiatura ed interrompe localmente la
continuità dello spessore.
CAUSE - Sono dovuti a discontinuità preesistenti nel metallo.
Tipico difetto degli acciai calmati dovuto alla sovrapposizione di prodotti di disossidazione già
preesistenti nel lingotto.
10. SDOPPIATURE
La sdoppiatura è una fessurazione alle estremità o lungo il corpo di un tubo con separazione del
materiale nello spessore.
ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di
collegamento.
CAUSE - Il difetto è dovuto ad un residuo di cavità di ritiro primaria non spuntata sufficientemente,
oppure ad una cavità secondaria non saldata.
Se la temperatura della billetta al momento della estrusione è troppo elevata, vi può essere uno
scorrimento differenziato tra le superfici a contatto con le attrezzature e le zone più interne del
materiale che provoca la fessurazione.
ALTRI DIFETTI
2. FILETTATURA RUGOSA
Filettatura con scabrosità e rugosità.
ASPETTO - La filettatura si presenta con solchi aventi piccole bave ed intaccature.
CAUSE - Il difetto è dovuto a pettini della filiera poco affilati o non adeguatamente fissati alla testa.
Modalità di esame
Nota
Per i tubi con saldatura tutta la difettologia della zona di saldatura sarà ispezionata e verificata con altre
tecniche di controllo non distruttivo.
TIPI DI CONTROLLI
Controlli tipo A
Da applicare a tutti i prodotti richiesti con specifiche o norme fornite dal cliente (Istruzione scritta).
Controlli tipo B
Da applicare ai tubi destinati a:
- Industria termica: caldaie e scambiatori;
- Industria chimica: scambiatori, trasporto fluidi e gas;
- Applicazioni petrolifere: tubing e manicotti;
- Applicazioni meccaniche di precisione: cilindri e steli.
Controlli tipo C
Da applicare a tutti i tubi per uso generico, termica generica, senza particolari richieste, o per
applicazioni meccaniche generiche.
- Illuminazione
L'illuminazione naturale o artificiale nella zona di lavoro deve essere sufficiente a garantire una
visualizzazione certa di ogni tipo di difetto o imperfezione. L 'illuminazione interna del tubo sarà
ottenuta con lampade di intensità luminosa adeguata, poste ad entrambe le estremità del tubo.
- Operazioni preliminari
I tubi sottoposti al controllo visivo e dimensionale devono essere adeguatamente preparati
(raddrizzati, decapati, passivati o trattati in bianco ) e messi in condizioni da rilevare a vista
d'occhio ogni tipo di difetto o imperfezione non compatibile con la norma e/o la specifica applicata.
Inoltre devono pervenire all'operatore accompagnati dalla relativa documentazione scritta. La
superficie esterna ed interna di ogni tubo deve presentarsi nello stato previsto dalla specifica
scritta.
- Controllo visivo
L'esame sarà mirato alla ricerca delle seguenti categorie di difetti e discontinuità:
- Discontinuità congenite nel materiale
- Danneggiamenti e difetti dei rivestimenti
- Altri difetti (filettatura, fresatura,..)
Il controllo visivo dovrà essere effettuato sia sulla superficie esterna che sulla superficie interna
del tubo. Le difettosità riscontrate saranno valutate in relazione alla quantità dei difetti presenti ed
in base alla loro dimensione e profondità secondo quanto stabilito dalle specifiche. Le difettosità
del tipo scaglie, filature, paglie, rigature, incisioni meccaniche, tagli di laminazione, corrosione e
colorazioni dovute a trattamenti o in fase di decapaggio saranno considerate difetti e quindi
dovranno essere eliminate mediante asportazione altrimenti determinano un declassamento del
materiale. Per le difettosità quali:
- vibrature e anellature di trafila
- ondulazioni di laminazione
- ammaccature dovute a movimentazione
l'idoneità dei materiali sarà valutata tenendo come riferimento le tolleranze dimensionali richieste
dalle specifiche di controllo.
- Controllo dimensionale
Le attività previste per il controllo dimensionale sono mirate alla individuazione di difetti di forma e
dimensione:
a. verifica diametro; negli impianti il diametro del tubo viene verificato in continuo lungo
tutto il profilo del tubo e valutato in base ai limiti di tolleranza riportati sulle specifiche.
Il diametro viene inoltre controllato alle estremità del tubo con un micrometro o calibro.
b. verifica spessore; la verifica dello spessore dei tubi avviene attraverso una misurazione
all'estremità del tubo utilizzando uno spessimetro appositamente tarato.
c. verificare taglio; la qualità del taglio e l'avvenuta asportazione delle bave viene
eseguita controllando la relativa superficie di taglio.
Nota: le linee di finitura sono dotate di strumentazione laser di misura dove sono impostati i limiti di
tolleranza previsti. Il sistema di misura laser è basato su una serie di misure in continuo, la selezione è fatta
confrontando i valori di tolleranza impostati e il valore medio ottenuto fra un numero di letture eseguite sul
tubo.
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CND: CONTROLLO VISIVO
- Non conformità
I materiali, le cui caratteristiche visive e dimensionali non rientrano nelle specifiche richieste,
devono essere separati. In base alla non conformità riscontrata potranno poi essere adottate
soluzioni differenti:
b) scarto del materiale con evidenza ben visibile della causa ed invio dello stesso alla
rottamazione.
Controlli Tipo A
In base alle specifiche scritte
Controlli Tipo B
Difetto isolato: superiore al 5% dello spessore e comunque con profondità superiore a 0,2 mm;
Difetto diffuso: superiore al 3% dello spessore e comunque con profondità superiore a 0,1 mm.
Controlli Tipo C
Difetto isolato: superiore al 10% dello spessore e in ogni caso pregiudizievole per lo spessore
minimo richiesto;
Difetto diffuso: superiore al 5% dello spessore e che interessi oltre il 20% della superficie del tubo.
• Normativa di riferimento
• Struttura e componenti principali
• Tipologia delle valvole
- Valvole a movimento lineare
- Valvole a movimento rotatorio
• Classificazione valvole industriali
• Ispezioni delle valvole
Normativa di riferimento
I principali riferimenti normativi per l'esame visivo delle valvole sono indicati di seguito. Ricordiamo
che l'operatore deve sapere se viene richiesta l'applicazione di determinate norme (ad esempio
norme UNI) o codici (quali l'ASME) o, eventualmente, di procedure interne appositamente
realizzate. In tal caso l'operatore deve attenersi scrupolosamente a quanto le dette norme (o
procedure) prescrivono in merito alla conduzione dell'esame ed alla valutazione dei risultati.
NORME DI PRODOTTO
Nota
Le valvole possono essere azionate esternamente o direttamente dal flusso. L'azionamento delle valvole
può avvenire in modo manuale o in modo automatico attraverso appositi attuatori. Gli attuatori installati su
una valvola, permettono la movimentazione automatica del dispositivo di apertura/chiusura o regolazione
della valvola stessa.
2. Valvole a globo
Le valvole a globo hanno una struttura (corpo-coperchio) simile alle valvole a saracinesca. Il
dispositivo di chiusura è costituito da tappo o disco, che può assumere diverse forme in relazione
alla tipologia dei fluidi da controllare.
3. Valvole a membrana
Le valvole a membrana sono in pratica delle valvole a globo nelle quali la funzione del tappo è
realizzata da una membrana elastomerica. La membrana, azionata dallo stelo attraverso un
inserto semicircolare, si appoggia su un rialzo (stramazzo) presente nella parte bassa del corpo.
La presenza della membrana rende la regolazione più uniforme e lineare rispetto a quelle a globo.
2. Valvole a sfera
Sono costituite da un corpo in pressione all'interno del quale è ricavata la sede dove è posizionata
una sfera forata che funge da dispositivo di chiusura. La sfera è azionata direttamente dallo stelo
che facendola ruotare di 90° porta la valvola in posizione di apertura o chiusura.
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CND: CONTROLLO VISIVO
Il corpo della valvola può avere configurazioni diverse con o senza il coperchio:
- corpo unico con coperchio per l'inserimento delle parti interne
- corpo unico pezzo con parti interne inserite da una estremità
- corpo in due o tre pezzi con giunti a tenuta
Le valvole possono essere ispezionate in diversi contesti e con differenti modalità in relazione al
loro impiego ed alla criticità dell'impianto su cui sono installate.
• Ispezioni al ricevimento
• Ispezioni per immagazzinamento
• Ispezioni per installazione
• Ispezione visiva
- Ispezioni al ricevimento
Le valvole industriali sono spedite sciolte o in appositi contenitori, al loro ricevimento è necessario
procedere alle seguenti ispezioni:
- Se la valvola è priva di contenitore verificare lo stato delle superfici di tenuta alle estremità
ed i meccanismi di azionamento;
In caso di immagazzinamento per lungo periodo (superiore a 3 mesi) occorre procedere alle
seguenti verifiche:
- verificare nel manuale del fabbricante le istruzioni di immagazzinamento;
- controllare il corretto immagazzinamento di tutte le componenti della valvola;
- rimuovere le guarnigioni del premistoppa (baderne) per evitare possibili corrosioni
(vaiolatura) dello stelo qualora rimanga per lungo tempo a contatto con la baderna umida;
- nel caso di valvole con molle in compressione o in tensione verificare che il rilassamento
delle molle dovuto al lungo tempo di inattività non pregiudichi il corretto funzionamento
della valvola;
- le valvole equipaggiate con dispositivi elettrici, pneumatici o idraulici dovrebbero essere
immagazzinate in luoghi interni oppure protette con un involucro impermeabile che
impedisca l'ingesso di umidità e polvere.
- In caso di immagazzinamento esterno verificare la tenuta degli involucri.
- Ispezione visiva
- Portata (Q)
Quantità di liquido (in volume o in peso) pompata, travasata o innalzata in un certo intervallo di
tempo da una pompa. Normalmente espressa in litri per secondo (l/s), litri per minuto (l/m) o in
metri cubi per ora (m³/h).
Simbolo: Q.
- Prevalenza (H)
Quantità di energia trasmessa al liquido dalla pompa, esprimibile in metri di colonna di liquido o in
termini di pressione (bar).
Simbolo: H.
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CND: CONTROLLO VISIVO
- Curva di prestazioni
Rappresentazione grafica delle prestazioni della pompa. Normalmente rappresenta la curva
formata dai valori di portata e di prevalenza, in riferimento ad uno specifico tipo di girante e ad un
modello particolare di pompa.
- Sottobattente
Installazione della pompa ad un livello inferiore a rispetto a quello della vena da cui si preleva
l'acqua. In questo caso l'acqua entra spontaneamente nella pompa facilitando l'adescamento.
- Livelli di acqua
Il livello dell'acqua nella struttura di aspirazione è molto importante per determinare la prevalenza
netta disponibile, l'immersione e l'intervallo di funzionamento. I livelli di acqua normalmente
indicati sono:
- Livello Alto (LA); è il livello più alto a cui la pompa può funzionare.
- Livello di Progetto (LP); è il livello di riferimento della potenza nominale e rappresenta il
livello per il funzionamento ottimale della pompa.
- Livello Basso (LB); è il livello più basso a cui la pompa può funzionare.
- Immersione
Distanza verticale fra il bordo inferiore della campana di aspirazione ed il livello dell'acqua
aspirata. Il controllo di tale misura permette di calcolare la prevalenza netta disponibile oltre al
fatto di dover assicurare una sufficiente immersione per evitare la formazione di vortici nella
campana di aspirazione.
- Adescamento
Riempimento della pompa o della tubazione per svuotamento dell'aria presente in esse. In alcun i
casi si possono avere anche pompe auto-adescanti, cioè dotate di un meccanismo automatico
che facilita l'adescamento e quindi l'avviamento della pompa altrimenti impossibile o comunque
molto lento.
- Cavitazione
La cavitazione è la formazione di bolle di vapore o gas all'interno della pompa causata dalla
riduzione di pressione. Le bollicine collassando e provocano vibrazioni rumorose, riduzione della
portata, diminuzione del rendimento della pompa fino a produrre gravi danni. Il fenomeno è dovuto
ad una insufficiente pressione di aspirazione.
- Perdite di carico
Perdite di energia causata dall'attrito del liquido lungo le pareti della tubazione. Sono proporzionali
alla lunghezza delle linee e al quadrato della velocità di scorrimento e sono variabili in relazione
alla natura del liquido pompato. Ogni punto di rallentamento del movimento normale del fluido
rappresenta sempre una sorgente di perdite di carico come i bruschi cambiamenti di direzione o di
sezione delle tubazioni. Ai fini di un corretto dimensionamento della pompa, la somma di tali
perdite va aggiunta all'altezza di sollevamento originariamente prevista.
- Tenuta meccanica
Tenuta meccanica per alberi rotanti. Viene utilizzata in tutti quei casi dove non è accettabile
nessun gocciolamento esterno da parte del liquido. È composta da due anelli con superficie piana,
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CND: CONTROLLO VISIVO
una stazionaria e l'altra rotante: le due facce sono pressate assieme in modo da lasciare solo un
sottilissimo film idrodinamico formato da liquido da trattenere con la funzione di lubrificante delle
parti in strisciamento.
Pompe centrifughe
Per aumentare la spinta le pompe centrifughe possono disporre di più giranti in base al numero
delle girati possono essere distinte in:
- pompe mono-stadio (ad un solo girante)
- pompe multi-stadio (a due o più giranti)
Nota
La girante radiale trasmette energia al fluido attraverso la forza centrifuga, mentre la girante assiale fornisce
energia al fluido per mezzo delle pale.
Componenti
Una pompa centrifuga ha una struttura tipica costituita da un corpo principale (cassa) con
all'interno una serie di pale rotanti (giranti). Le giranti sono azionate direttamente da un albero
collegato ad un motore esterno. La rotazione dell'albero è assistita da dei cuscinetti, mentre un
premistoppa assicura la tenuta fra la cassa e l'albero. Un coperchio ed un telaio di supporto
proteggono l'albero e tutto il sistema di tenuta.
Tipologia
Le pompe a cassa divisa e doppia aspirazione hanno la cassa divisa orizzontalmente ed una
girante interna a doppia aspirazione, da ciascuna delle quali entra una metà della portata
nominale della pompa. In questo modo viene ridotta la prevalenza netta in aspirazione richiesta
per una data portata e velocità nominali e quindi è richiesta una minore profondità del pozzo di
installazione della pompa. La manutenzione si esegue aprendo il giunto pompa-motore ed il
giunto della cassa in modo da accedere al girante e a tutte le parti interne di usura.
In questo tipo di pompe la cassa è divisa assialmente o radialmente e può essere di tipo fuso o
saldata. Le pompe con casse fuse hanno limitazioni di portata e prevalenza legate alla
dimensione massima della struttura di fusione realizzabile; le pompe con cassa saldata hanno una
capacità di portata teoricamente illimitata. Le giranti sono ad aspirazione singola e possono
essere di tipo radiale o misto in funzione della prevalenza richiesta. Normalmente le giranti
impiegate sono chiuse, le giranti aperte sono utilizzate in applicazioni dove sono richieste
prevalenze molto basse. Il motore può essere accoppiato direttamente o mediante un albero
intermedio. Il supporto guida inferiore è all'interno della pompa, mentre il supporto superiore ed il
reggi-spinta possono essere sia sulla pompa che sul lato motore. Tutte le parti di usura sono
sostituibili eccetto l'anello inferiore che è parte integrante della cassa.
Nota
L'aspirazione singola necessita di una prevalenza netta maggiore rispetto alla doppia aspirazione e quindi
un pozzo di installazione più profondo.
La struttura verticale richiede una superficie di appoggio inferiore rispetto alle pompe con cassa divisa.
Le pompe a pozzo umido denominate anche pompe ad immersione o a colonna, sono costituite
da un motore installato in testa al pozzo che attraverso una colonna trasmette il movimento alla
girante posizionata alla base del pozzo. Il fluido risale attraverso la colonna che funge anche da
supporto per l'albero di trasmissione. Generalmente sono pompe mono-stadio, ma possono
essere anche multi-stadio con più elementi rotanti lungo la colonna. Il loro principale vantaggio è
quello di poter operare in una vasta gamma di livelli di aspirazione.
Nota
La pompa ad immersione o pompa sommersa è una pompa ad asse verticale, progettata per raggiungere
grandi profondità grazie alla lunghezza del suo pescante.
Da non confondere con la pompa sommergibile che si caratterizza per la dotazione di un motore a tenuta
stagna immerso nello stesso liquido da pompare.
Caratteristiche principali
La girante può essere aperta o chiusa, di tipo assiale o misto. Sopra la girante sono presenti delle
alette di diffusione per raddrizzare il flusso e ottenere prevalenza cinematica. L'albero è
normalmente protetto da una camicia all'interno della quale scorre un flusso di acqua filtrata per la
lubrificazione dei cuscinetti. Il corpo della pompa è costituito dalla diverse sezioni della colonna
che forniscono anche il supporto per i cuscinetti dell'albero di trasmissione. La colonna termina
con un gomito di scarico ruotabile che fornisce il collegamento verso la tubazione di mandata. Lo
scarico può essere sopra o sotto il piano di installazione.
Nota
Le giranti aperte sono installate all'interno di una ogiva che permette di regolare i giochi della girante stessa,
mentre le giranti chiuse sono regolate da appositi anelli.
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CND: CONTROLLO VISIVO
I principali impieghi delle pompe in ambito industriale sono nei Sistemi di pompaggio delle centrali.
Vengono utilizzate per movimentare l'acqua attraverso i due principali sistemi di circolazione
dell'impianto:
• Sistema del condensato - alimentazione
• Sistema acqua di circolazione – Raffreddamento condensatore
· Controllare tutte le superfici per difetti di: Inclusioni, Soffiature, Ritiri, Cricche, Porosità
· Verifica dimensioni foro del mozzo (diametro, lunghezza) e verifica dimensioni del mozzo
(Diametro interno, Diametro esterno)
· Raccordo dei giunti delle pale, del mozzo e anello di chiusura
· Verifica anello di chiusura (Diametro interno e diametro esterno)
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CND: CONTROLLO VISIVO
- Controlli di fabbricazione
U U
Nel processo di fabbricazione sono previsti numerosi controlli sulle diverse parti che costituiscono
la pompa. La maggior parte di questi controlli sono di tipo dimensionale, gli elementi della parte
rotante sono controllati anche per assicurare il corretto gioco e le giuste interferenze fra le varie
parti. In particolare sono verificate:
• le dimensioni generali e l'estensione dell'albero
• i giochi degli anelli e fra albero e cuscinetti
• l'asse centrale e lo scarico a pavimento
• la posizione delle superfici di accoppiamento
• l'accoppiamento girante-ogiva nelle pompe verticali a pozzo umido
Un controllo particolarmente importante è l'equilibratura del girante, che viene eseguito ad una
velocità superiore a quella di esercizio. Per accertare l'eccentricità sono controllati i mandrini di
equilibratura delle giranti prima e dopo l'equilibratura.
Per assicurare un elevata resistenza all'abrasione, molti componenti delle pompe sono realizzate
in ghisa e in acciaio al carbonio. In ambienti umidi e corrosivi tali materiali necessitano di una
adeguata protezione anticorrosiva realizzata con i rivestimenti. Quindi in questo ambito i
rivestimenti sono utilizzati non come elemento decorativo, ma come elemento funzionale e quindi
necessitano di ispezioni periodiche. La preparazione superficiale e la verniciatura sono controllate
con ispezioni in officina. Lo spessore dello strato di verniciatura viene controllato con misuratori di
spessore a film umido.
- Ispezione finale
U U
L'ispezione finale viene eseguita dopo che le pompe sono state assemblate e collaudate prima
della preparazione per la spedizione. Nell'ispezione viene verificata tutta la documentazione e le
informazioni sui dati targa e di funzionamento. Sono controllate le riparazioni dei rivestimenti, il
serraggio degli elementi di fissaggio, il posizionamento dei fori di imbullonatura, gli accoppiamenti
che richiedono montaggio scorrevole dell'albero.
- Spedizione ed immagazzinamento
U U
Tutte le superfici lavorate a macchina vanno protette con prodotto conservante. Le aperture
aspirazione e scarico vanno coperte e tutti i collegamenti sui tubi tappati. Se è richiesto un lungo
immagazzinamento o spedizione via mare l'elemento rotante è mantenuto separato dal supporto
con adeguati spessori.
Se la pompa è stata collaudata idraulicamente occorre verificare che non sia rimasta acqua
all'interno. Versare antigelo per evitare danneggiamenti derivanti dal congelamento dell'acqua
rimasta intrappolata durante i collaudi.