La Responsabilità Professionale Del Chirurgo
La Responsabilità Professionale Del Chirurgo
La Responsabilità Professionale Del Chirurgo
Matteo Marchesi. Medico legale, dirigente medico dell’ASST Papa Giovanni XIII
di Bergamo e coordinatore del Secondo Raggruppamento per la Gestione dei
Sinistri della Regione Lombardia. Professore a contratto nell’Università di Mila-
no-Bicocca per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Ostetricia e Fisioterapia.
([email protected])
ISBN 978-88-9385-243-2
LA RESPONSABILITÀ
PROFESSIONALE
DEL CHIRURGO
con casi peritali simulati e commentati
ISBN 978-88-9385-243-2
© Copyright 2021
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A chi sempre mi è vicino, la mia famiglia
e alla memoria dei miei Maestri
Vittorio Staudacher, Giuseppe Bevilacqua, Giorgio Tiberio
M.G.
Maurizio Gavinelli
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano e spe-
cializzato in Chirurgia d’Urgenza e di Pronto Soccorso e in Chirurgia Vascolare.
Assistente poi Aiuto dell’Istituto di Chirurgia d’Urgenza e di Clinica Chirurgica
dell’Università di Milano, della Clinica Chirurgica dell’Università di Pavia in
Varese, Primario di Chirurgia Generale, di Chirurgia Vascolare e Responsabile
di Dipartimento d’Emergenza nell’Ospedalità Privata. Libero professionista.
Come Professore a contratto ha insegnato Chirurgia, Semeiotica Chirurgica, Tec-
nica Chirurgica, Radiologia, Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Medi-
cina Legale nelle Università di Milano, Brescia, Pavia e Varese.
Autore di 5 libri e di circa 270 lavori scientifici tra articoli, capitoli di libri, rela-
zioni e comunicazioni congressuali.
Consulente Tecnico del Tribunale di Milano per la Chirurgia Generale, Chirur-
gia d’Urgenza, Chirurgia Vascolare e Pronto Soccorso.
Matteo Marchesi
Laureato in Medicina e Chirurgia nel 2006 presso l’Università degli Studi di
Milano-Bicocca e specializzato in Medicina Legale e delle Assicurazioni nel
2011 presso l’Università degli Studi di Milano. È stato assegnista di ricerca nel-
lo stesso ateneo e redattore della rivista “Archivio di Medicina Legale e delle
Assicurazioni”. Dal 2014 è dirigente medico-legale nell’Azienda Socio Sanitaria
Territoriale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ove dal 2016 coordina il Comi-
tato Valutazione Sinistri. Dallo stesso anno è Coordinatore medico-legale del
Secondo Raggruppamento della Regione Lombardia per la Gestione dei Sinistri,
comprendente le ASST Bergamo Est, Bergamo Ovest, Crema, Cremona, Fran-
ciacorta, Garda, Mantova, Papa Giovanni XXIII e Spedali Civili. È Professore a
contratto nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca per i corsi di laurea in
Medicina e Chirurgia, in Ostetricia e in Fisioterapia. È membro della Società
Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA) e dell’Associazione
Medico-Legale Ambrosiana (AMLA). Autore di capitoli di libri e di più di 100
articoli scientifici su riviste nazionali ed internazionali.
INDICE
INTRODUZIONE 5
1 Parte generale: L'inquadramento della responsabilità professionale sanitaria
nell'epoca della legge Gelli-Bianco 11
1.1 La prima parte della legge 24/2017 “Gelli-Bianco”: la sicurezza delle cure 12
1.2 La responsabilità professionale penale nell’ambito sanitario 15
Novità introdotte dalla legge Gelli-Bianco19
La responsabilità penale correlata all’informazione e al consenso20
La responsabilità d’équipe22
La responsabilità degli apicali24
La responsabilità dei Medici in formazione specialistica26
Cenni di procedura penale e garanzie dei CCNL28
1.3 La responsabilità civile sanitaria, nozioni di gestione dei sinistri nell’ambito sanitario
e nozioni sui contenziosi civili 31
Elementi fondamentali della responsabilità civile nell’ambito sanitario
e novità introdotte dalla legge Gelli-Bianco31
Novità introdotte dalla legge Gelli-Bianco33
La responsabilità professionale civile correlata all’informazione e al consenso35
La gestione dei sinistri nelle strutture sanitarie e le comunicazioni ex art. 13
della legge Gelli-Bianco37
Mediazione civile, ATP, CTU e artt. 8 e 15 della legge Gelli-Bianco 42
Colpa grave e azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa
ex art. 9 legge Gelli-Bianco48
1.4 Sintesi e raccomandazioni sulle novità introdotte dalla legge Gelli-Bianco 50
2 Parte speciale: Casi peritali simulati e commentati 55
2.1 Errori da evitare 55
2.2 Chirurgia laparoscopica 56
Caso 1 - Colecistectomia laparoscopica: lacerazione aorta addominale, exitus 56
Caso 2 - Colecistectomia laparoscopica: decesso per emorragia e sepsi 60
Caso 3 - Colecistectomia laparoscopica: sezione completa della via biliare 63
Caso 4 - Colecistectomia laparoscopica: lesione della via biliare da elettrocoagulazione 66
Caso 5 - Colecistectomia laparoscopica: indicazione dubbia, emoperitoneo, occlusione intestinale 70
Caso 6 - Colecistectomia laparoscopica: sezione completa del peduncolo epatico, exitus 75
Caso 7 - Emicolectomia destra laparoscopica, perforazione ileale, exitus 82
Caso 8 - Asportazione laparoscopica di massa annessiale: perforazione ileale, exitus 89
Caso 9 - Emicolectomia destra laparoscopica: errore tecnico, negato risarcimento spese mediche 94
Caso 10 - Colecistectomia laparoscopica convertita in open, perforazione duodenale, exitus 97
Caso 11 - Resezione colica laparoscopica, perforazione del colon trasverso (penale, civile)103
Caso 12 - Colecistectomia laparoscopica: perforazione del colon trasverso 112
Caso 13 - Termoablazione laparoscopica di epatocarcinoma: insufficienza epatica ed exitus 116
2.3 Appendicite acuta 125
Caso 14 - Appendicite acuta, shock settico, damage control surgery 125
Caso 15 - Appendicite acuta nell’infanzia: enterorragia post-operatoria 130
2.4 Chirurgia delle ernie 134
Caso 16 - Ernia inguinale strozzata, mancato trattamento, exitus (penale) 134
Caso 17 - Ernioplastica inguinale, lesione dello SPE 135
2.5 Chirurgia gastroenterologica 137
Caso 18 - Colecistite acuta alitiasica in cardiopatico, terapia medica, exitus 137
Caso 19 - Duodenocefalopancreasectomia (DCP) per pancreatite cronica autoimmune 144
Caso 20 - Rottura del pancreas in incidente motociclistico 148
Caso 21 - Ulcera gastrica perforata non diagnosticata, exitus (penale) 154
Caso 22 - Deiscenza completa di anastomosi colo-rettale, shock settico, exitus 158
Caso 23 - Resezione subtotale ileo-colica per subocclusione ileale, NE quoad vitam 161
Caso 24 - Occlusione ileale, fistola enterica e trattamento aperto 167
Caso 25 - Deiscenza di anastomosi colo-rettale, emoperitoneo, morte sul tavolo 172
Caso 26 - Diverticolite perforata del sigma, dimissione dal P.S, exitus (Penale) 180
Caso 27 - Impotenza dopo resezione del retto (IPAA) per proctocolite ulcerosa 183
Caso 28 - Resezione anteriore del retto per cancro, incontinenza urinaria e anale 187
Caso 29 - Neoplasia del trasverso: resezione colica non comprendente la lesione,
deiscenza anastomotica 193
Caso 30 - Colectomia subtotale per stipsi cronica, deiscenza anastomotica,
ileostomia su ansa efferente, lesione tracheale 197
Caso 31 - STARR per defecazione ostruita complicata da emorragia, ascesso, colostomia temporanea 203
2.6 Chirurgia endoscopica digestiva 209
Caso 32 - Perforazione duodenale post ERCP, pancreatite acuta, exitus 209
Caso 33 - Perforazione colica in corso di polipectomia endoscopica 213
2.7 Cancro dalla mammella 218
Caso 34 - Carcinoma mammario: ritardo diagnostico e progressione di malattia 218
Caso 35 - Falso negativo in corso di screening mammografico: assenza di danno 223
2.8 Chirurgia vascolare 226
Caso 36 - Aneurisma dell’aorta addominale rotto in attesa di trasferimento, exitus 226
Caso 37 - Dissezione aorta ascendente in P.S., exitus 233
Caso 38 - Trombosi precoce dopo TEA carotidea, grave danno neurologico 238
Caso 39 - Flebite vs ischemia acuta dell’arto, amputazione 242
Caso 40 - Ischemia intestinale da embolia mesenterica, dimissione da P.S, exitus 247
Caso 41 - Lesione dello SPE in corso di safenectomia 254
2.9 Miscellanea 257
Caso 42 - Pneumonectomia per neoplasia ilare, shock emorragico ed ischemia cerebrale 257
Caso 43 - Emoftoe in Pronto Soccorso, exitus 261
Caso 44 - Melanoma perianale, ritardo diagnostico, exitus 265
Caso 45 - Fascite necrotizzante (gangrena di Fournier) da ascesso perianale, exitus 270
Caso 46 - Tiroidectomia totale per struma, lesione bilaterale dei nervi ricorrenti 276
Caso 47 - Perforazione esofagea iatrogena in corso di bendaggio gastrico per obesità 280
Caso 48 - Disfagia dopo chirurgia bariatrica reiterativa 284
Caso 49 - Diagnosi tardiva di torsione del funicolo spermatico, orchiectomia 288
Caso 50 - Perforazione del retto da clistere, infezioni nosocomiali, exitus 292
3.0 Come si scrive un intervento chirurgico, un esempio storico 298
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 5
INTRODUZIONE
Maurizio Gavinelli
“Sanità, ogni anno 35'000 cause ai medici”, titolava il quotidiano “La Re-
pubblica” il 9 giugno 2019. Ogni anno si intraprendono in Italia 35'600 nuove
azioni legali, mentre ne giacciono 300'000 nei tribunali contro medici e strutture
sanitarie pubbliche.
Sono cresciuti nel frattempo anche i costi della cosiddetta “medicina difen-
siva”, stimati in 18,87 miliardi nel 2018: 1 miliardo al mese, 1'543 euro a persona
l’anno. Tale fenomeno presenta un trend in crescita, che è soprattutto la diretta
conseguenza dell’aggressività del contenzioso medico legale in Italia.
Il Report Medmal di Marsh, Studio sull’andamento del rischio da medical mal-
practice nella sanità italiana pubblica e privata (XI Ediz.2020) fornisce i numeri pre-
cisi della situazione attuale, mediante l’analisi di sinistri da responsabilità civile
verso terzi/prestatori d’opera di aziende sanitarie pubbliche e private sparse
sull’intero episodio nazionale.
Per quanto riguarda la sanità pubblica, sono state prese in considerazione
66 strutture in 12 regioni nel periodo 2004-2018, per un totale di 24'900 sinistri,
corrispondenti ad una media di 904 sinistri/anno (per 27.876 medici). Nel perio-
do 2010-2018 la media di sinistri è stata di 35/anno per struttura. I procedimenti
sono stati stragiudiziali nel 73,3%, giudiziali (civile + penale) nel 22,1 dei casi; nel
4,6% si è applicata mediazione-conciliazione.
L’errore chirurgico rappresenta il 38,4% degli errori denunciati, e l’area di
rischio che comprende la maggior parte di sinistri è quella chirurgica (51% degli
eventi denunciati), dove l’Ortopedia e Traumatologia rappresenta il 20,3%, la
Chirurgia Generale il 13%, il Pronto Soccorso-DEA il 12,6%. Nell’ambito della
Chirurgia Generale gli errori più di frequente denunciati sono: errore chirurgico
69,4%; infezione 10,3%; errore diagnostico 7,1%; errore terapeutico 3,9%; proce-
dure invasive 3,4%. Nel Pronto Soccorso, in cui l’apporto consulenziale chirur-
gico è fondamentale, l’errore diagnostico incide per il 63,7% degli errori, quello
terapeutico per il 20%, quello prettamente chirurgico per il 3,5%.
Il costo totale dei sinistri analizzati è di oltre 1,3 miliardi di euro per il pe-
riodo 2004-2018, con un costo medio per sinistro di 96'800 euro, quest’ultimo
6 La responsabilità del chirurgo
incrementato del 4% dal 2011 al 2018. Per quanto concerne le fasce di importo, i
sinistri con valore inferiore a 500'000 euro generano più della metà dell’importo
totale della sinistrosità (57,6%); le perdite maggiori sono nella fascia 250.000-
500.000 euro, seguita dalla successiva da 500'000 euro a 1 milione.
L’importo liquidato medio della Chirurgia Generale è di circa 90'000 euro,
e l’impatto dell’errore chirurgico sul liquidato totale è del 32,3%.
I top claims, cioè i sinistri che presentano un costo oltre i 500'000 euro, che
corrispondono al 4,3% dei sinistri analizzati, la prevalenza degli errori chirurgici
è del 25,5%.
Per quanto concerne la sanità privata lo studio ha compreso 23 case di cura
dislocate nell’intero territorio nazionale, per un totale di 5'302 posti letto.
La sinistrosità si è dimostrata minore rispetto al settore pubblico (media di 6
sinistri/anno vs 35 nel pubblico) e l’area cui la maggior parte dei sinistri afferisce si
è confermata essere quella chirurgica (64%). Il 16% degli eventi avversi denunciati
sono per decesso, percentuale maggiore rispetto al settore pubblico (13%).
I procedimenti stragiudiziali sono meno rappresentati (60,2 vs 73% del pub-
blico) ed emerge una prevalenza dei procedimenti civili (27% vs 16,8% del setto-
re pubblico). I procedimenti penali sono l’8,3%. La chiusura dei sinistri richiede
un tempo maggiore che nel settore pubblico.
L’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI), che insieme alla So-
cietà Italiana di Chirurgia (SIC) raggruppa nelle sue file la maggior parte dei
chirurghi italiani, definisce la medicina difensiva come “il totale delle prestazioni
che hanno, prima ancora che curare, lo scopo di attenuare il rischio di subire una causa”.
Essa un costo molto alto, stimato in 165 euro, su un totale di spesa sanitaria pro
capite di 1'847 euro.
Gli operatori sanitari sono spinti alla medicina difensiva da una legislazio-
ne ritenuta non favorevole dal 31% dei medici, seguita dal rischio di essere citati
in giudizio (28%).
Tale casistica appare tuttavia, nelle percentuali riportate, limitativa, dal momento
che è innegabile ritenere che ormai in ogni momento, in ogni atto, l’opera del chirurgo
si adombra del timore dell’errore e delle sue conseguenze legali e risarcitorie.
L’ACOI confronta, inoltre, gli aspetti penali con quelli civili del problema.
Entro il primo anno si chiudono il 9,4% dei sinistri nel penale e il 25,9%
nel civile. L’inizio più rapido dell’iter penale, e l’esiguità o totale mancanza di
esborsi da parte del paziente per avviarlo, fa sì che il ricorso al processo penale
sia ancora il prescelto. In teoria, il paziente potrebbe limitarsi a presentare una
denuncia-querela ed attendere che le indagini siano svolte dalla Procura della
Repubblica, perché il Pubblico Ministero nominerà un consulente, sequestrerà
le cartelle cliniche, sentirà le persone informate dei fatti, etc. Inoltre, poiché la
responsabilità penale è personale, la pressione a carico del Chirurgo, che si vede
esposto in prima persona spesso favorisce l’attivazione dell’assicurazione e le
trattative stragiudiziali.
Il numero dei processi civili appare maggiore (17,7%), anche perché com-
prende le azioni contro le strutture.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 7
L'inquadramento
della responsabilità
professionale sanitaria
nell'epoca della legge
Gelli-Bianco
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 11
Va premesso che non v’è tra gli obiettivi del presente scritto quello di esporre
una trattazione sistematica del complesso ambito della responsabilità professiona-
le sanitaria. Qui si intende offrire al lettore una breve esposizione, che nell’arco di
poche pagine consenta di ripercorrere i fondamenti di questo ampio settore, onde
avere così un inquadramento generale ed affrontare meglio le parti successive.
È curioso notare che nel diritto romano il termine “responsabilità” non era
in uso. Tuttavia, ne è individuata la derivazione etimologica dal verbo latino
“spondere”, nel suo significato di prendersi un impegno, dal quale deriva, non a
caso, anche il verso “sposarsi”.
L’attività sanitaria deve svolgersi lungo gli intricati binari dei doveri e dei di-
vieti stabiliti dalle varie norme penali, civili e quelle derivanti dai codici deontologici
e dai codici di comportamento aziendali. Per i dipendenti della pubblica ammini-
strazione v’è anche la responsabilità cosiddetta “amministrativa”. La responsabilità
riguarda le aziende e/o i singoli professionisti: in équipe o nella loro individualità.
Qualora si incorra in una violazione delle regole, si è chiamati a risponderne.
La responsabilità nasce dal mancato adempimento dei doveri, salvo che sia prova-
ta l’impossibilità di tale adempimento per fattori inevitabili.
Nel corso del XX secolo, a partire dai Paesi anglosassoni e poi anche negli
altri, la responsabilità professionale sanitaria ed il contenzioso che si fonda su di
essa ha avuto un notevole sviluppo, per la concorrenza di più fattori. In un passato
ormai remoto, quel poco di assistenza sanitaria che si poteva erogare era pressoché
sempre percepita dai pazienti in modo positivo. Col progredire delle conoscenze
e delle competenze sanitarie, quasi per paradosso, è accresciuta l’insoddisfazione
verso le prestazioni sanitarie. Ciò ha più di una spiegazione. Ad esempio:
1. più attività si debbono svolgere, più aumenta la probabilità di sbagliare nel farle;
2. più alternative vi sono, più aumenta il rischio di non scegliere quella più ap-
propriata (si pensi, ad esempio, al passato nel quale non esistevano le tecniche
laparoscopiche, endoscopiche e le tecniche di diagnostica strumentale e di la-
boratorio erano molto più di limitate, etc), la facoltà di scelta porta con sé la
responsabilità delle scelte e nell’ambito professionale, ogni qual volta si ha la
facoltà di scegliere tra più opzioni, si è chiamati a rispondere della scelta presa;
3. in generale, le aspettative (talora le pretese) dell’utenza sono accresciute molto
di più di quanto la Sanità sia in grado di offrire e di garantire.
12 La responsabilità del chirurgo
1 Legge 08-03-2017 n. 24 Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita,
nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. GU Serie
Generale n. 64 del 17-03-2017; in vigore dal 01-04-2017.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 13
• v’è poi l’obbligo di pubblicare sui siti internet aziendali l’ammontare dei risar-
cimenti erogati negli ultimi 5 anni; si tratta di un obbligo utilità di assai dubbia,
per non dire nulla, poiché l’ammontare dei risarcimenti, se considerato a sé,
non fornisce delle informazioni utili non solo per i pazienti, ma neanche per gli
operatori stessi del settore risarcitorio, poiché per trarne delle informazioni oc-
corre raffrontarlo a numerose variabili, studiare il suo andamento su un lungo
periodo di tempo e confronto con quello di varie altre aziende sociosanitarie di
consimile complessità;
• è stata poi introdotta la possibilità,
prima non prevista dal Regolamento
di polizia mortuaria, per i parenti dei
pazienti che decedano di richiederne,
coll’accordo del Direttore Sanitario o
Sociosanitario, lo svolgimento del ri-
scontro diagnostico e farvi partecipare https://www.normattiva.it/uri-res/
un Medico di loro fiducia. N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:de-
creto:1990;285
L’art. 5 reca il pilastro fondamentale
della legge, che funge anche da congiunzio-
ne tra la prevenzione dei rischi e le regole per la valutazione degli eventi lesi-
vi, vale a dire dei rischi concretizzati, è rappresentato dalle linee guida e dalle
buone pratiche clinico-assistenziali. La scelta di rendere le linee guida e le buo-
ne pratiche dei parametri “forti” per i giudizi penali e civili di responsabilità
professionalità sanitaria ha ricevuto molte critiche, dato che le linee guida e le
buone pratiche sono di regola sottese non da logiche giuridiche, ma da logiche
cliniche di appropriatezza e da logiche economiche di buon uso delle limitate
risorse disponibili. Non è questa la sede per entrare nel merito delle critiche che
si possono esprimere sul tale scelta, essendo ormai la legge in vigore con tale
impostazione.
La legge ha dato un nuovo corso al Siste-
ma Nazionale Linee Guida (SNLG) dell’Istitu-
to Superiore di Sanità. Il sistema è ad accesso
libero: gratuito e senza la necessità di creden-
ziali. Si tratta di un sistema che esisteva già:
era stato istituito nel 2004 e sino al 2017, vale
a dire nell’arco di circa 13 anni, aveva anno-
Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG)
verato solo 16 linee guida. Dà da pensare che dell’Istituto Superiore di Sanità.
all’incirca alla stessa epoca il sistema ingle-
https://snlg.iss.it.
se del National Istitute for Health and Care
Excellence annoverava 279 documenti d’in-
dirizzo e numerosi altri tipi di documenti.
Il sistema è stato oggetto di una radicale ristrutturazione, che ha compor-
tato l’eliminazione di quasi tutti i documenti in esso contenuti. La legge e il
regolamento ministeriale che ne è derivato prevedono che ora possano essere
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 15
2 DM Salute 02-08-2017 Elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle
professioni sanitarie. GU Serie Generale n. 186 del 10-08-2017.
16 La responsabilità del chirurgo
quale possono essere chiamati a rispondere soggetti diversi da coloro che hanno
commesso i fatti: ad esempio, un’azienda per un proprio dipendente o una com-
pagnia assicurativa per un proprio assicurato.
Un altro aspetto fondamentale della legge penale è che essa è tassativa e
non può essere interpretata in senso estensivo.3
Altri due principi fondamenti sono il rapporto causale tra la condotta cri-
minosa e l’evento dannoso, che deve essere accertato, ed il fatto che le omissioni
hanno lo stesso valore giuridico delle azioni4:
• quando si tratta di giudicare delle azioni, il ragionamento si basa su dei
fatti reali, accaduti (già accertati o da accertare) e si valuta, con i criteri giu-
ridici, fatti propri dalla Medicina Legale, se le azioni poste in essere siano
state o no la causa dell’evento in esame: ad esempio la morte di un paziente
o una sua lesione;
• quando, invece, si devono valutare delle omissioni, vale a dire su delle
azioni che non sono state svolte e che avrebbero dovuto esserlo, si deve
fare un ragionamento cosiddetto “controfattuale”, vale a dire che contraria-
mente ai fatti verificatisi, si ricostruisce in via alternativa un altro sviluppo
della vicenda clinica in esame e con tale ricostruzione si tenta di valutare se
le azioni omesse, qualora fossero state svolte, avrebbero potuto modificare
le sorti del caso e, se sì, con quale grado di probabilità.
3 Art. 1 cp Principio di legalità: Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressa-
mente previsto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite.
4 Art. 40 cp Rapporto di causalità: Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla leg-
ge come reato, se l’evento dannoso da cui dipende l’esistenza del reato non è conseguenza
della sua azione od omissione. Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di
equivale a cagionarlo.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 17
5 Cass. pen. SU 11-09-2002 n. 30328 (sentenza Franzese): “…è richiesta la prova che il comporta-
mento alternativo dell’agente avrebbe impedito l’evento lesivo con un elevato grado di prob-
abilità «prossimo alla certezza», e cioè in una percentuale di casi «quasi prossima a cento»”.
6 Cass. pen. sez. V, sent. 9-12-2020 n. 34983.
18 La responsabilità del chirurgo
9 Art. 590 sexies c.p. Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Se i
fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si
applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento
si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le racco-
mandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero,
in mancanza di questa, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazi-
oni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
10 Cass. pen. SU, 22-02-2018 (ud. 21-12-2017) n. 8770.
20 La responsabilità del chirurgo
11 Legge 08-11-2012 n. 189 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre
2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto
livello di tutela della salute. GU Serie Generale n. 263 del 10-11-2012 - Suppl. Ordinario n. 201.
12 Cass. civ. sez. III, sent. 11-11-2019 n. 28994.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 21
La responsabilità d’équipe
Come menzionato nelle pagine precedenti, la responsabilità penale è solo
personale. Può accadere che più soggetti contribuiscano ad una concatenazione
di azioni in un caso, nel quale venga a configurarsi un reato.
L’attività in équipe consiste in una divisione e con-divisione del lavoro:
• orizzontale: posizione paritaria, con competenze simili o differenziate;
• verticale: differenziazione gerarchica per qualifica professionale e/o fun-
zionale, esperienza a, anzianità: capo équipe;
• temporale: passaggio delle consegne.
Come stabilire se, quando e quanto il singolo professionista, partecipe dell’éq-
uipe, debba rispondere dei comportamenti colposi riferibili ad altri componenti? Il
senso delle équipe è proprio quello di una ripartizione ragionata delle attività da
svolgere. L’assoluta maggior parte delle attività sanitarie non si potrebbe svol-
gere se i singoli professionisti dovessero riverificare di continuo tutto quanto è
svolto dagli altri. Invece, è riconosciuto il principio dell’affidamento, vale a dire
il potersi affidare al lavoro svolto dagli altri, che si presume essere stato attutato
in modo corretto, nel rispetto da parte loro delle regole cautelari. La possibilità
di affidamento non è, però, illimitata:
a. non vale se l’errore altrui è evidente;15
b. è molto limitata per il capo équipe, per il
quale vige il diritto-dovere di dirigere,
coordinare e controllare l’altrui attività.
In tema di responsabilità d’équipe, vi sono
varie sentenze di Cassazione. Merita di esser-
ne richiamata una esemplificativa del 200516, Cass. pen. 33619/2006
che si è conclusa con la condanna di più pro-
fessionisti. La vicenda clinica aveva riguarda-
to un paziente, operato a fine giornata e che
nella notte era deceduto per una complicanza
postoperatoria, che si sarebbe potuta trattare,
se fosse stata intercettata in tempo. La Corte
ha riconosciuto più profili di responsabilità:
• del Chirurgo operatore, per non aver dato
alcuna indicazione sul monitoraggio clini- Cass. pen. 9739/2005
co da svolgere nel periodo postoperatorio;
• degli Infermieri in turno, per non aver registrato le varie segnalazioni della
moglie del paziente, comprovate da testimonianze, circa il malessere ingra-
vescente da egli lamentato e per non aver avvisato il Medico di Guardia;
• del Medico di Guardia, per non aver verificato le condizioni dei pazienti a
lui affidati al momento della sua presa in carico.
17 Art. 41 c.p. Concorso di cause. Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravven-
ute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto
di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.
18 Art. 40 c.p. Rapporto di causalità. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla
legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato,
non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l'ob-
bligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
19 Cass. pen. sez. IV sent. 29-09-2020 n. 28316.
24 La responsabilità del chirurgo
27 D.lgs. 368/1999 e succ.mod. art. 38 c. 3 “La formazione del medico specialista implica la
partecipazione guidata alla totalità delle attività mediche dell’unità operativa presso la
quale è assegnato dal Consiglio della Scuola, nonché la graduale assunzione di compiti
assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia vincolate alle direttive ricevute dal
tutore, di intesa con la direzione sanitaria e con dirigenti responsabili delle strutture delle
aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione. In nessun caso l'attività del Medico in
formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo”.
28 Cass. civ. sez. III sentenza del 17-10-2019 n. 26311.
28 La responsabilità del chirurgo
29 Art. 333 cpp: Denuncia “Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile d’ufficio può
farne denuncia”. N.B. Procedibilità d’ufficio = conseguenza di alcuni reati, a seguito dei
quali l'azione penale deve essere avviata nel momento in cui giunge la notizia del crimine,
indipendentemente dalla eventuale richiesta della vittima / dei congiunti della vittima.
La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria: es. delitti contro la personalità
dello Stato, moneta contraffatta, furto di esplosivi, frodi sportive, … Art. 120 cp Querela
“Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d’ufficio… ha diritto di
querela”. N.B. di regola deve essere sporta entro 3 mesi; per alcuni reati, ad es. violenze
sessuali entro 6 mesi. Per i soggetti < 14 anni o interdetti, può essere presentata dal genitore
/ tutore; per i 14-18enni e gli inabilitati sia da loro stessi sia dal genitore / curatore, anche se
il minore/inabilitato è di parere contrario.
30 Art. 365 c.p. Omissione di referto “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sani-
taria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un
delitto per il quale si debba procedere d’ufficio…, omette o ritarda di riferirne all’Autorità
… è punito … Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale”.
31 Art. 361 c.p. Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale; art. 362 … incaricato di
pubblico servizio “Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare… un reato di
cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito … Le disposizioni
precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa”.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 29
32 Art. 360 c.p.p. Accertamenti tecnici non ripetibili. c. 1. Quando gli accertamenti previsti
dall'articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione,
il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona
offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento
dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.
33 Art. 369 c.p.p. Informazione di garanzia. c. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il
difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso racco-
mandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una
informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della
data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.
34 Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Contratto col-
lettivo nazionale di lavoro dell’area sanità - Triennio 2016-2018. GU 28-01-2020 Serie Generale
n. 22 Suppl. Ord. n. 6.
30 La responsabilità del chirurgo
35 Art. 1173 c.c. Fonti delle obbligazioni. Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito,
o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.
36 Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona
ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
32 La responsabilità del chirurgo
37 Art. 1218 c.c. Responsabilità del debitore. Il debitore che non esegue esattamente la prestazi-
one dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova il corretto adempimento delle
proprie prestazioni.
38 Cass. civ. sez. III, sent. -0403-2004 n. 4400.
39 Cass. civ. sez. III, ord. 06-07-2020 n. 13872.
40 Art. 2236 c.c. Responsabilità del prestatore d’opera. Se la prestazione implica la soluzione di
problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non
in caso di dolo o di colpa grave.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 33
un rapporto giuridico senza che ci sia stato un esplicito incontro dei consensi
(contratto o accordo). I giuristi tedeschi l’hanno elaborato per poter dirimere
alcune controversie legali riguardanti i rapporti di massa (ad es. relativi ai di-
stributori di bibite, parchimetri, self-service per carburanti), nei quali i rapporti
s’instaurano senza che ci sia stata una proposta e un’accettazione espressa, ma
con la sola fornitura e utilizzazione del servizio. Il principio giuridico è stato poi
esteso ai casi nei quali vi sia un cosiddetto comportamento “concludente”: ad
es. un soggetto che si reca in ospedale per farsi valutare e curare e tali attività
sono ivi svolte dal personale sanitario. Tale comportamento è equiparato ad una
“accettazione” (accordo) delle prestazioni e da ciò derivate le obbligazioni con-
trattuali, pur senza che sia stato stipulato un vero e proprio contratto.
Si tratta di un’interpretazione squisitamente giuridica, che va a riconoscere
un contratto anche laddove non c’è e va così ad applicare le regole dell’ambito
contrattuale: molto scomode per chi assume il ruolo di debitore.
L’applicazione di tale principio nell’ambito sanitario ha determinato degli
effetti distorsivi: si pensi, a tal proposito, ad un Medico o un Infermiere di Pron-
to Soccorso che accolgano un malato urgente oppure ad un Medico Anestesista
che accolga in Terapia intensiva un malato o un’Ostetrica che soccorra una don-
na arrivata d’urgenza in Sala Parto e così via. Si tratta di situazioni nelle quali è
ben difficile delineare un contratto, anche solo tacito, e che sono ben diverse da
altre situazioni, come quella, ad esempio, nella quale un paziente concordi con
un Chirurgo un determinato intervento, magari di chirurgia estetica.
L’articolo 7 della legge Gelli-Bianco ha superato la dottrina del “contatto socia-
le”, stabilendo al suo comma 3 che la responsabilità dei professionisti sanitari è di
regola extra-contrattuale (ex art. 2043 c.c.), salvo che con il paziente non si assuma
un’effettiva obbligazione contrattuale, come avviene nelle prestazioni libero-profes-
sionali. La responsabilità delle strutture sanitarie rimane, invece, di tipo contrattuale.
L’art. 7 c. 1 stabilisce anche che le strutture sanitarie debbano rispondere sotto
il profilo civile degli atti svolti dai professionisti di cui si avvalgano, anche qualora
non vi sia un rapporto di dipendenza. È una statuizione volta ad inibire talune di-
namiche processuali, per le quali non poche strutture sanitarie, in particolar modo
della spedalità privata, tendevano a riversare gli oneri risarcitori sui propri profes-
sionisti. In proposito, è da ricordare che già da tempo la giurisprudenza aveva rico-
nosciuto che spesso molte strutture sanitarie private, benché stipulassero dei con-
tratti “libero-professionali”, i rapporti di lavoro coi loro collaboratori di “libero-”
avevano poco-nulla, gestendoli di fatto come dei subordinati o para-subordinati.
Peraltro, sul punto si è espressa nel 2019
anche la Corte di Cassazione,43 ribanden-
do che le strutture debbano rispondere de-
gli inadempimenti dei propri professionisti
anche qualora non siano loro dipendenti,
richiamando quanto stabilito dagli art. 1228 e 2049 cod. civ.44. In tema di ripar-
tizione degli oneri risarcitori tra la struttura ed il professionista e di azioni di ri-
valsa/regresso della struttura nei confronti del professionista, la Corte ha anche
affermato che, anche per i fatti antecedenti alla legge Gelli-Bianco, “nell’ipotesi di
colpa esclusiva del medico la responsabilità dev’essere paritariamente ripartita tra strut-
tura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi
d’inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza
dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata”.
Al c. 2 è previsto che le strutture debbano rispondere anche per le prestazioni
in regime di libera professione intramuraria, per quelle correlate alle attività di
ricerca, per quelle svolte nell’ambito di convenzioni e per quelle di telemedicina.
Focalizzando l’attenzione sulla libera professione intramuraria, è da evi-
denziare che da un lato essa rende contrattuale la responsabilità anche per il Me-
dico che la svolge, dall’altro lato essa rientra nella tutela che la struttura sanitaria
deve fornire. Ciò fa si che il professionista sanitario nei confronti del paziente ha
un rapporto di responsabilità contratturale e nel contempo beneficia della tutela
legale ed assicurativa dell’azienda per la quale opera, nei limiti che saranno poi
discussi. Va da sé che il professionista sia tenuto a svolgere le proprie attività in
conformità non solo con lo stato dell’arte, ma anche con le disposizioni azien-
dali e ponendo l’azienda nelle condizioni di potersi tutelare al meglio sotto il
profilo medico-legale, a cominciare da una diligente refertazione di tutte le atti-
vità, comprese anche quelle svolte in regime libero-professionale. Una copia dei
referti delle attività libero-professionali intramurarie dovrebbe rimanere nella
disponibilità della struttura sanitaria.
44 Art. 1228 cod.civ. Responsabilità per fatto degli ausiliari. Salva diversa volontà delle parti, il
debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche
dei fatti dolosi o colposi di costoro. Art. 2049 cod.civ. Responsabilità dei padroni e dei commit-
tenti. I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei
loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
45 Cass. civ. sez. III, sent. 12-06-2015 n. 12205.
36 La responsabilità del chirurgo
49 Ministero della Salute – Dipartimento della qualità – Direzione generale della program-
mazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema – Ufficio III. Linee
guida per gestire e comunicare gli Eventi Avversi in sanità. Roma, giugno 2011.
50 Art. 1965 c.c. Transazione. La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi recip-
roche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può
sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere
anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione
delle parti. D.lgs. 28/2010. Attuazione dell'art. 60 l. 69/2009, n. 69, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
51 Regione Lombardia DG Sanità circolare 46/SAN 27.12.2004.
52 Regio Lazio Determinazione G09535 02.07.2014.
53 Regione Sicilia DA 28.12.2011 GURS 66 13.01.2012.
38 La responsabilità del chirurgo
Fase preliminare È volta all’acquisizione di tutta la documentazione utile sanitaria e non e all’in-
staurazione di un proficuo rapporto con la parte istante, in particolare attraverso:
• la gestione e la presa in carico della richiesta di risarcimento;
• l’inoltro formale di tale richiesta alla [eventuale] Compagnia di assicurazione
secondo le modalità previste dai diversi contratti;
• l’informativa alla controparte rispetto alla presa in carico anche da parte della
[eventuale] Compagnia di assicurazione e la richiesta di eventuali valutazioni
medico-legali e/o dell’ulteriore documentazione sanitaria in possesso del
richiedente.
Fase istruttoria Durante tale fase si procede alla raccolta della documentazione necessaria
all’istruttoria (copia della cartella clinica, dei referti e della documentazione
medica, compresa quella iconografica, nonché eventuali relazioni di accer-
tamento dei fatti a firma del personale sanitario coinvolto). Può essere utile
convocare e ascoltare le parti in causa (operatori dell’Azienda, danneggiato ed
eventuali suoi consulenti).
Fase peritale Entro 30 giorni dal ricevimento della documentazione raccolta, il medico
accertativa legale, in qualità di componente dell’organo di negoziazione e/o conciliazione,
procede a redigere una propria relazione. Il parere medico-legale può essere
emesso anche a seguito di visita del richiedente, appositamente invitato pres-
so i locali dell’Azienda. Al fine di limitare i passaggi operativi, soprattutto nei
confronti del richiedente non patrocinato, è auspicabile un preventivo accordo
tra il medico legale dell’Azienda e della Compagnia di assicurazione, previa
visita congiunta.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 39
Fase valutativa L’organo di negoziazione e/o conciliazione, dopo aver acquisito la relazione
medico-legale o, in caso di discordanza, delle relazioni del medico legale e del
medico della Compagnia di Assicurazione, procede alla discussione (anche
in presenza degli operatori sanitari coinvolti) e alla formulazione del giudizio
conclusivo di definizione del sinistro.
Fase conclusiva Consiste nell’attivazione di strumenti e metodi per definire la trattativa con
la controparte, seguendo il modello della conciliazione paritetica e ponendo
particolare attenzione alla regolarità degli atti amministrativi conseguenti.
L'attività di gestione dei sinistri è divenuta nel corso degli anni molto più
delicata per le strutture sanitarie. Sino ad alcuni anni fa, la gestione dei sinistri
era del tutto demandata alle compagnie assicurative, le quali, in caso di esborso,
chiedevano alle aziende sanitarie di rifondere delle limitate somme di denaro,
che ricadevano in franchigie, spesso molto basse: ad esempio, franchigie di soli
10'000 € per ciascun sinistro.
Nel corso dei passati anni le compagnie assicurative avevano riscontrato
un’inconvenienza nell’offrire coperture alle strutture sanitarie e queste ultime
hanno incontrato delle difficoltà crescenti nel reperire le coperture. In parallelo,
i gestori dell’SSN hanno trovato un’inconvenienza dell’ammontare dei premi
assicurativi pagati rispetto alle somme esborsate dalle compagnie assicurative
per i risarcimenti da responsabilità sanitaria. Ciò ha portato a delle modifiche
dei contratti assicurativi delle strutture sanitarie. Semplificando il più possibile
la questione, si evidenzia che ora molti contratti assicurativi prevedono che il
limite delle somme a carico delle strutture sanitarie, in termini comuni "lo sco-
perto", è stato elevato di molto: ad esempio a 250'000 € o 500'000 €, talora persino
a di 1'000'000 €, per ciascun sinistro. Oltre a ciò, è da evidenziare che non si tratta
più solo di mere franchigie, vale a dire di mere soglie di denaro, ma di cosiddette
Self Insured Retention (SIR), vale a dire di una fascia economica di sinistri nella
quale sono a carico delle strutture sanitarie non solo le somme di denaro, ma an-
che l’intera gestione medico-legale, legale e amministrativa. Ciò ha comportato
un netto aggravamento delle attività a carico delle strutture sanitarie, con la ne-
cessità di reperire e di sviluppare delle professionalità in tale complesso campo.
In correlazione a quanto previsto dalla raccomandazione ministeriale, la
valutazione di un sinistro sanitario prevede in media:
1. una valutazione preliminare della richiesta risarcitoria, onde verificare:
a. che la stessa sia posta nei termini corretti;
b. che il potenziale valore economico del caso sia entro o oltre la SIR;
c. quali siano le Unità sanitarie / i servizi interessati;
2. è poi richiesto alle Unità / Servizi interessati di relazionare sugli accadimen-
ti, onde poterli conoscere e comprendere al meglio;
3. una volta ricostruiti gli accadimenti sul piano clinico, se ne valutano i risvolti
medico-legali;
40 La responsabilità del chirurgo
Non si dovrebbe aver timore nell'esprimere per iscritto delle eventuali con-
siderazioni sfavorevoli, poiché queste essendo finalizzate a ponderare la strategia
difensiva aziendale, sono mantenute in forma riservata per la struttura sanitaria.
Riprendendo quanto prima già menzionato, una volta raccolte le informa-
zioni e le valutazioni utili per le decisioni medico-legali, legali, nonché assicura-
tive per i casi oltre la SIR, se ne svolge una discussione collegiale nell’ambito del
CVS. I sinistri più complessi richiedono non di rado più discussioni con varie
riunioni del CVS. Alla conclusione, il CVS decide:
a) di accogliere la richiesta risarcitoria, formulare una proposta liquidatoria e
avviare le trattative con i soggetti richiedenti;
b) oppure di rigettare la richiesta e dare una risposta negativa.
In tale secondo caso, taluni richiedenti desistono dalla loro richiesta risarci-
toria, ma la maggior parte prosegue nel contenzioso legale.
L’art. 13 della legge Gelli-Bianco impone alle strutture l’obbligo di comuni-
cazione ai professionisti sanitari interessati:
• l'instaurazione del giudizio;
• l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a pren-
dervi parte.
La comunicazione deve essere data entro 45 giorni54 dalla data nella
quale la struttura sanitaria riceve la notifica dell’atto introduttivo o da quel-
la nella quale avvia le trattative stragiudiziali con il danneggiato. La co-
municazione può avvenire con vari mezzi: ad esempio raccomandata, fax o
posta elettronica certificata (PEC).
Si rimarca in proposito che di recente è stato confermato l’obbligo per tutti
i professionisti iscritti a ordini o collegi professionali di dotarsi di un domicilio
digitale55, vale a dire di una casella PEC o di un analogo sistema informatico
internazionale. La recente norma impone agli ordini e ai collegi di diffidare gli
iscritti che non si siano ancora dotati di un domicilio digitale a provvedere a
dotarsene. I professionisti debbono ottemperare alla diffida entro 30 giorni dalla
sua ricezione e, se entro tale termine non comunicano all’ordine/collegio il pro-
prio domicilio digitale, debbono essere sanzionati con la sospensione dall’albo/
elenco, finché non si doteranno del domicilio digitale.
Tornano all’art. 13 della legge Gelli-Bianco, si evidenzia che l’obiettivo del-
la norma è quello di rendere noti ai professionisti i contenziosi legali promossi
contro la struttura sanitaria di afferenza e che potrebbero coinvolgere loro stessi
54 Il termine previsto in origine dalla l. 24/2017 era di 10 giorni ed è stato poi prolungato a 45
giorni dalla l. 3/2018 art. 11 c. 1 punto d.
55 Legge 11-09-2020 n. 120 Conversione in legge, con modificazioni, del DL 16-062020, n. 76, re-
cante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale. GU Serie Generale n. 228 del
14-09-2020 - Suppl. Ordinario n. 33, in vigore dal: 15-09-2020.
42 La responsabilità del chirurgo
56 D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in
materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
57 Art. 696-bis c.p.c. Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. L'espleta-
mento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori
delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696, ai fini dell'accertamento e della
relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbli-
gazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del me-
desimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta,
ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate, si forma processo
verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo
al processo verbale… Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la
relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 43
mulata dal mediatore, si procede alla redazione di verbale di accordo, che può
essere poi omologato. Qualora non sia accettata è prodotto un verbale negativo,
che riporta la proposta conciliativa.
Si evidenzia, in proposito, che se il successivo iter giudiziale si conclude
con un giudizio che corrisponde al contenuto della proposta conciliativa, il Giu-
dice condanna la parte soccombente al rimborso delle spese sostenute dalla par-
te vincitrice dopo la mediazione, al rimborso delle spese di mediazione, nonché
ad un’ulteriore somma di denaro.
Ad oggi, la mediazione civile non hanno avuto l’effetto deflattivo degli iter
giudiziali nella misura auspicata dai loro sostenitori e ciò si correla in buona misura
al fatto che essa, nonostante sia uno strumento a scarso contenuto tecnico, si pro-
pone per gestire contenziosi che –all’opposto– vertono su questioni tecniche nella
maggior parte dei casi complesse e delicate, anche in quelli “semplici”, che solo in
apparenza lo sono. In alternativa alla mediazione civile, è possibile promuovere un
ricorso al Tribunale, ai sensi dell’art. 696 bis del codice di procedura civile.
Questo tipo di ricorso consente di disporre, prima dell’ulteriore prosecuzio-
ne dell’iter giudiziale, un cosiddetto Accertamento Tecnico Preventivo (ATP).
Con questo il Giudice nomina (o, quantomeno, dovrebbe nominare) un collegio di
consulenti tecnici: uno specialista in Medicina Legale affiancato da uno più specia-
listi clinici delle branche coinvolte nel caso oppure da altri profesti sanitari.
Invero, le prassi di nomina dei consulenti tecnici da parte dei Tribunali non
sono uniformi tra le varie sedi e non di rado gli incarichi non sono affidati a dei
collegi, ma a dei singoli professionisti, Medici legali oppure Clinici. È, tuttora,
poco frequente la nomina di consulenti delle altre professioni sanitarie, anche in
relazione al minor volume del contenzioso che li vede coinvolti. Si rimanda in pro-
posito a quanto scritto nelle prossime pagine sull’art. 15 della legge Gelli-Bianco.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 45
Le parti coinvolte nel ricorso possono a loro volta nominare dei propri consu-
lenti, i quali si riuniscono con quelli nominati dal Giudice, per la discussione e la
valutazione del caso. I consulenti nominati dal Giudice hanno il mandato non solo
di svolgere la valutazione tecnica del caso, ma anche di tentare una conciliazione.
Se questa avviene, se ne produce il verbale, che poi il Giudice rende effetti-
vo con un decreto.
Se la conciliazione non avviene i consulenti consegnano le proprie conclu-
sioni al Giudice. Se le parti accettano tali conclusioni, l’iter giudiziale viene a poi
di solito concludersi.
Se le parti non accettano le conclusioni e il ricorrente persiste nelle sue ri-
chieste, l’iter giudiziale prosegue con l’avvio della causa. In taluni casi, la parte
ricorrente desiste dalla sua richiesta e abbandona il giudizio.
La causa vera e propria può essere avviata dopo una mediazione civile o
un ricorso ex articolo 696 bis. La causa inizia con un atto di citazione, con il quale
una persona fisica o giuridica (impresa, società, struttura pubblica) chiama in
causa, davanti al Giudice competente, un’altra persona fisica o giuridica. Colui
che cita è il cosiddetto attore; colui che è citato è detto convenuto.
Il convenuto è informato mediante notifica. Il Tribunale competente è in
genere quello del luogo in cui risiede il convenuto. Il convenuto è tenuto alla c.d.
comparsa di costituzione e risposta. Se questa non è redatta, il processo si svolge
in contumacia.
Si procede con una prima udienza di comparizione / trattazione: è necessa-
ria la presenza delle parti per consentire al Giudice di chiedere chiarimenti e per
tentare la conciliazione.
46 La responsabilità del chirurgo
Seguono delle udienze, nelle quali sono assunte le prove fornite dalle parti:
documentali, tra cui le consulenze di parte; orali: interrogatori, testimonianze.
Nel suo corso il Giudice può disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio
(CTU), che è simile all’ATP, ma a differenza di essa non ha anche un mandato
conciliativo. In alcuni casi la CTU non è disposta ed il Giudice fa riferimento a
quanto già acclarato dall’ATP.
Una volta acquisite tutte le prove, si svolge la comparsa conclusionale, nella
quale viene riassunto l’iter processuale. Il processo si conclude con la sentenza,
che stabilisce:
a. se vi è stata o meno responsabilità del/i convenuto/i;
b. l’entità dell’eventuale risarcimento e la sua eventuale ripartizione tra più parti.
Avverso la sentenza le parti possono promuovere un ricorso in appello.
58 CSM Delib. 25.10.2017 - odg 2932 Criteri per la selezione dei consulenti tecnici: “…l’affi-
ancamento nelle perizie del medico legale allo specialista sostanzia la garanzia del collegamento tra
sapere giuridico e sapere scientifico…”
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 47
59 Protocollo d’intesa tra Consiglio Superiore della Magistratura, Consiglio Nazionale
Forense, Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per l’armoniz-
zazione dei criteri e delle procedure di formazione degli albi dei periti e dei consulenti
tecnici ex art. 15, l. 08-03-2017, n. 24, firmato il 24-05-2018.
60 Decreto Interministeriale 04-02-2015. Riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria.
GU Serie Generale n. 126 del 03-06-2015, Suppl. Ordinario n. 25.
61 Accordo tra Consiglio Superiore della Magistratura, Consiglio Nazionale Forense e Feder-
azione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche per l’armonizzazione dei
criteri e delle procedure di formazione degli albi dei periti e dei consulenti tecnici ex art.
15, 1. 8 marzo 2017, n. 24, in attuazione dell’art. 14 del Protocollo d’intesa tra CSM, CNF e
FNOMCeO, firmato il 20-09-2018.
L’inquadramento della responsabilità professionale sanitaria 49
62 Corte dei Conti sez. giurisdizionale Lombardia, sentenza 18-03-2015 n. 40.
63 Cass. pen. sez. IV sent. 29-01-2013 n. 16237.
64 Cass. pen. sez. IV sent. 11-05-2016 n. 23283.
50 La responsabilità del chirurgo
Si devono raccomandare:
a. lo studio e l’applicazione delle misure di gestione del rischio clinico (risk
management);
b. lo studio e l’applicazione delle linee guida e delle buone pratiche, comprese
le procedure aziendali, che sono le declinazioni locali delle prime;
c. le eventuali deroghe alle linee guida o alle buone pratiche devono avere mo-
tivazioni ben comprensibili anche a posteriori e devono essere documentate;
d. si deve aver particolare cura della documentazione relativa all’informazio-
ne-e-consenso agli atti sanitari, tenendo a mente che gli oneri risarcitori deri-
vanti dalle eventuali carenze di tale aspetto sono spesso esclusi dalle polizze
assicurative: in misura parziale e talora anche in misura totale;
e. per soddisfare gli oneri probatori necessari per la difesa delle strutture e dei
professionisti sanitari occorre sempre una accurata produzione e tenuta della
documentazione, che è quella che fa fede negli iter legali; per una corretta
produzione delle registrazioni documentali, si devono evitare le formule di
stile (ad es. “attenta valutazione”, “accurata disinfezione”, “accurata emosta-
si” … E come dovrebbero essere le valutazioni, le disinfezioni e le emostasi,
se non attente e accurate?) e si deve essere il più possibile sostanziali e detta-
gliati (ad. specificando su quali elementi si basa una valutazione, con quale
tipo di disinfettante si prepara il campo operatorio, con quale metodica e
strumentario si pratica l’emostasi, etc);
f. le comunicazioni che si ricevono dalle proprie aziende ex art. 13 sono finaliz-
zate a favorire la partecipazione dei Sanitari alla gestione dei sinistri;
g. qualora si riceva una richiesta risarcitoria o una comunicazione ex art. 13 o
un’azione di rivalsa o una comunicazione attinente alla Corte dei Conti, si
deve contattare il referente della propria polizza assicurativa, per verificare
le azioni da svolgere in base alle clausole del proprio contratto.
PARTE SPECIALE
Caso 1
Colecistectomia laparoscopica:
lacerazione aorta addominale, exitus
Vicenda clinica:
Donna di 80 anni, ricoverata per ittero da calcolosi colecisto-coledocica. Colan-
giopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP), con estrazione dei calcoli
coledocici e risoluzione dell’ittero.
Casi peritali simulati e commentati 57
In II giornata postoperatoria:
albumina 2,7, AST ~2000, ALT >300, LDH > 2000, mioglobina >900, azotemia ~120,
creatinina >3,5, Hb ~8; Ht ~25%. Importante dolore addominale spontaneo e alla
palpazione. PA 80/40. TAC addome suggestivo per ischemia intestinale, falda ae-
rea sottodiaframmatica destra e al di sotto della parete addominale anteriore e
plurime bolle aeree libere diffuse a tutto l’ambito intestinale, per verosimili pluri-
mi foci perforativi. Milza scarsamente opacizzata.
Eseguita l’incisione periombelicale, si inseriva ago di Veress per induzione del PNP
e di 4 trocar e si assisteva immediatamente al formarsi di un emoperitoneo massivo.
Solo a seguito di una conversione laparotomica mediana è stata riconosciuta una
lacerazione dell’aorta addominale responsabile della gravissima emorragia, senza
dubbio alcuno determinata all’inizio della procedura chirurgica dall’ago di Verres o
da punta di trocar: non conoscendo le caratteristiche della lacerazione aortica, non
descritta nel verbale operatorio, non è possibile avere certezza di quale tipo di stru-
mento sia stato responsabile della lesione. Nella descrizione dell’intervento:
• non è riportato quanto tempo sia trascorso tra il determinarsi della lesione
e la sua avvenuta riparazione;
• non sono riportate le modalità di emostasi temporanea (manovra di com-
pressione sull’aorta addominale, quali clampaggi?) e la loro durata;
• non sono descritte le caratteristiche della lacerazione iatrogena dell’aorta
sottorenale (estensione, decorso);
L’intervento non è firmato dal chirurgo vascolare.
58 La responsabilità del chirurgo
Inoltre, dopo la riparazione vascolare, dopo aver comunque procurato una im-
portante ischemia di tutto il distretto splancnico, che andava ad associarsi agli
aspetti sistemici della ipovolemia e dell’anemia acuta, configurando uno shock
emorragico, si riteneva di eseguire comunque la colecistectomia, con una durata
complessiva dell’intervento di 6 ore. Questo, avventatamente ed irresponsabil-
mente, in una paziente ottantenne cardiopatica ipertesa e portatrice di protesi
valvolare aortica, reduce da un recente importante episodio di sepsi biliare (co-
munque risolta nell’immediato con ERCP operativa).
In ogni caso, qualunque siano state le modalità per ottenere l’emostasi (compressio-
ne aortica, clampaggio troppo prolungato o posto al di sopra dell’origine dell’arteria
mesenterica superiore), esse hanno condizionato, insieme agli effetti sistemici della
gravissima emorragia arteriosa, una ischemia irreversibile del distretto splancnico
(con infarto splenico), che induce a ritenere che il clampaggio sia stato al di sopra
dell’origine del tripode celiaco in sede sottodiaframmatica) e comunque del territo-
rio dell’arteria mesenterica superiore in particolare, che ha determinato la gangrena
massiva dell’intestino mesenteriale e l’inevitabile decesso, dopo 3 giorni, che ha reso
del tutto inutile il successivo intervento eseguito in limine vitae.
Dopo il primo intervento e fino all’approssimarsi del decesso la paziente ha
mantenuto, come riscontrabile in diario clinico, psiche lucida, con chiara cer-
tezza dell’inevitabile approssimarsi della fine. L’esistenza della piena coscienza,
nonché della conservazione dell’orientamento spazio-temporale trova confer-
ma, per tutti i giorni seguenti al primo intervento, fino all’exitus, sia nel diario
clinico medico che infermieristico. Ella, in una condizione di lucida agonia ebbe
piena consapevolezza della imminenza della morte, configurandosi quindi la
presenza di danno catastrofale della durata di tre giorni.
è già presente, con coaguli sparsi in tutto il cavo peritoneale, a testimoniare che
dal momento del verificarsi della lesione sono trascorsi già alcuni minuti.
Il chirurgo vascolare chiamato a riparare la lesione non descrive in quale sede
è stato effettuato il clampaggio, la sua durata, se sia stata effettuata infusione di
eparina, in quali dosi e in quale momento, così come non descrive le condizioni
dell’intestino al termine dell’intervento.
Tali elementi sono fondamentali per comprendere il motivo del successivo in-
staurarsi dell’ischemia intestinale massiva poi verificatasi, le cui cause possono
essere: prolungato periodo ipotensivo legato al sanguinamento, clampaggio sul-
la mesenterica superiore, trombosi da prolungato clampaggio e mancata profi-
lassi con eparina.1,2,3
Impossibilità dichiarata dei CTU di identificare il medico responsabile della ma-
novra imperita dell’introduzione dell’ago di Veress, infatti il chirurgo operatore
affermava che vi furono due tentativi di introduzione dell’ago di Verres da parte
del medico specializzando (secondo operatore), seguito da un tentativo riuscito
da parte del primo operatore, che provvedeva poi ad inserire i trocar senza dif-
ficoltà; invece, secondo la testimonianza del medico specializzando egli avrebbe
effettuato un primo tentativo infruttuoso di induzione dello pneumoperitoneo, al
quale sarebbe seguito un secondo tentativo ancora fallito da parte del primo ope-
ratore, che avrebbe poi cambiato la sede dell’inserzione dell’ago, con successo.
Il medico anestesista affermò che il medico specializzando inserì l’ago di Verres,
ma di non ricordare se sia stato subito indotto il PNP e che vi sia stato un im-
mediato intervento dell’operatore, affermando inoltre di non sapere quale ruolo
quest’ultimo abbia avuto nell’induzione del PNP.
Il chirurgo vascolare riportava che la lesione della parete aortica avesse dimen-
sioni inferiori al centimetro. Le lesioni dei grossi vasi in corso di colecistectomia
laparoscopica hanno un’incidenza dello 0,04-0,18%. Le fasi più critiche per il
determinismo di lesioni vascolari sono legate alle manovre eseguite alla cieca,
soprattutto introduzione dell’ago di Veress e del primo trocar. Pur trattandosi di
evento connesso con la metodica e quindi non del tutto eliminabile, si riporta che
l’esperienza dell’operatore riduce gli eventi avversi in chirurgia laparoscopica4.
La paziente subì un periodo di bassa portata sistemica della durata di ~2 ore, al
quale seguì una ischemia intestinale massiva che la condusse a morte.
La causa della lesione vascolare si riconosce in un difetto di manualità dell’ope-
ratore, stessa problematica che ricorre nell’ipotesi di un non corretto clampaggio
aortico da parte del chirurgo vascolare.
1 Hurd WW: The relationship of the umbilicus to the aortic bifurcation: implications for
laparoscopic technique. Obstet Gynecol 80:48,1982.
2 Hasson HM: Open laparoscopy: a 29 years experience. Obstet Gynecol 96:763, 2000.
3 Corson SL: Major vessel injury during laparoscopy. Am J Obstet Gynecol 138:589, 1980.
4 Kaushik R: Bleeding complications in laparoscopic cholecystectomy: incidence, mecha-
nisms, prevention and management. J Min Access Surg 6:59, 2010.
60 La responsabilità del chirurgo
Conclusioni:
Il Giudice assegna ai ricorrenti una somma di circa 250.000 euro.
Sintesi:
Il caso si connota per una deleteria conflittualità tra i professionisti. I chirurghi
cercano reciprocamente di attribuirsi la responsabilità della esecuzione della
manovra letifera di lacerazione dell’aorta con ago di Verres. Il primo operato-
re non se ne assume la responsabilità, riversandola sul medico specializzando,
che avrebbe fatto il primo tentativo di introduzione dell’ago di Veress, il quale
nega tale ricostruzione dei fatti. L’anestesista non ricorda chiaramente l’accadu-
to. Tentativo ulteriore di coinvolgimento nelle responsabilità di un chirurgo, di
guardia in Reparto, non presente al tavolo operatorio. È sottolineata l’importan-
za del difetto di tenuta del verbale operatorio.
Caso 2
Colecistectomia laparoscopica: decesso per emorragia e sepsi
Controversia extragiudiziale
Vicenda clinica:
Maschio di ~70 anni, ricovero programmato con diagnosi di colelitiasi. Tipo di
intervento: colecistectomia laparoscopica, in presenza di tenaci aderenze coleci-
sto-omentali, colecistectomia retrograda.
Dopo ~2 ore,
Hb ~9. PA max ~100 mmHg.
Ecografia addome: apprezzabile falda liquida periepatica e perisplenica. Nelle
ore successive progressiva anemizzazione, ipotensione, eseguite emotrasfusioni.
In IV giornata postoperatoria
Disorientamento, abbondante secrezione corpuscolata dalla ferita chirurgica,
tampone positivo per enterococchi fecali.
Condizioni generali scadute per stato anasarcatico, addome diffusamente dolo-
rabile e dolente alla palpazione superficiale. Presenza di soffusione emorragica
in sede parieto-addominale destra.
In X giornata postoperatoria
Richiesta valutazione neurologica per il persistere di rallentamento ed episodi
confusionali. Paziente febbrile con TC ~38°C, soporoso, ma facilmente risvegliabi-
le, comprende ed esegue solo ordini molto semplici; riconosce la moglie, ma non
sa riferire il nome dei figli né l’indirizzo di casa.
Conclusioni: rallentamento e confusione su base multifattoriale e ipostenia bra-
chio-crurale dx non databile in paziente febbrile con infezione della ferita chirur-
gica e indici di flogosi elevati.
Consulenza infettivologica: infezione di ferita chirurgica da enterococchi fecali,
di cui uno multiresistente; t~39°C; Anche le emocolture + per enterococco fecale.
Conclusioni:
Controversia risolta in mediazione, con risarcimento di oltre 350’000 euro.
Casi peritali simulati e commentati 63
Sintesi:
Emoperitoneo iatrogeno da verosimile strappamento dell’omento in corso di
adesiolisi. Mancato riconoscimento intraoperatorio dell’emorragia, laparotomia
tardiva per emostasi e mancato trattamento di ascesso subfrenico. Exitus per
shock emorragico e stato settico successivamente instauratosi. Caso risolto per
via extragiudiziale, cosa che avviene, nella nostra esperienza, poco di frequente.
È pur vero che la ragione di parte istante è qui assai evidente, ma questo non
rappresenta affatto garanzia di un rapido risultato, soprattutto quando l’entità
del prevedibile risarcimento è elevata e l’ente convenuto può avere l’interesse
a rimandare quanto possibile la corresponsione del medesimo in là nel tempo.
Caso 3
Colecistectomia laparoscopica: sezione completa della via biliare
Controversia extragiudiziale
Vicenda clinica:
Maschio di ~60 anni, ricoverato d’urgenza presso il reparto di Chirurgia dell’O-
spedale Alfa, con diagnosi di colecistite acuta.
Dopo due giorni sottoposto ad intervento chirurgico di videolaparocolecistecto-
mia, apparentemente privo di qualunque criticità.
Dopo due ore si constata la fuoriuscita dal drenaggio di ~200 cc di liquido di
lavaggio frammisto a bile e rialzo delle transaminasi.
Immediato trasferimento presso l’Ospedale Beta per eseguire una RNM dell’ad-
dome superiore, che dimostra la presenza di raccolta liquida di ~4 cm che si esten-
de dall’ilo, a ridosso della confluenza dei dotti epatici, lungo il coledoco sino al III
medio; a tale livello la via biliare principale presenta una brusca interruzione, non
risultando visualizzabile per un tratto di ~2 cm.
A valle il coledoco riprende calibro regolare sino in sede distale, con piccolo difet-
to di riempimento endoluminale.
Sottoposto ad intervento chirurgico laparotomico a distanza di 10 ore dal prece-
dente. Presenza di bile in regione sottoepatica. Al di sotto del lobo quadrato fuga
di bile da dotto biliare sezionato. Si richiede consulenza del Dott. X.
Si incannula il dotto beante con Fogarty biliare a 2 vie per un tratto di ~1,5 cm e
si esegue colangiografia. Firma illeggibile.
Giunto al tavolo operatorio il dottor X descrive la situazione che si trovava di fron-
te: la VBP risulta sezionata e chiusa con clips 1 cm sopra il duodeno. Si apre e si
asporta con Fogarty il calcolo prepapillare segnalato alla RNM. A monte si reperta
sezione del dotto epatico destro beante a livello del parenchima epatico mentre
verso sinistra la VBP risulta chiusa da clip appena a valle della biforcazione.
64 La responsabilità del chirurgo
In II giornata postoperatoria
Posizionamento transparietoepatico di drenaggi biliari esterni: con guida fluoro-
scopica si incannulano le VBI dell’emisistema destro dopo iniezione di mdc iodato
dal tutore in corrispondenza dell’anastomosi più mediale. Si realizza opacizzazione
delle vie biliari di destra e di sinistra. In tale sede si posizionava drenaggio biliare
esterno. Lo studio colangiografico dall’altro tutore (il più laterale) documenta opa-
cizzazione segmentaria delle vie biliari (verosimilmente VII e/o VIII segmento).
5 Elsey JK: Laparoscopic Cholecistectomy . In:Cameron JL: Current Surgical Theraphy, 390,
Elsevier 2014.
6 Soper NJ: Diagnosis and management of biliary duct complications of laparoscopic chole-
cystectomy. Am J Surg 165:655, 1993.
Casi peritali simulati e commentati 65
corso del tempo una stenosi anastomotica, condizionante una stasi biliare cronica,
con persistente dilatazione delle vie biliari intraepatiche complicatasi con plurimi
importanti episodi colangitici. Tale condizione è stata trattata a più riprese con
procedure operative di dilatazione endoscopica (bilioplastiche e drenaggi) della
anastomosi bilio-digestiva che hanno richiesto tre ricoveri ospedalieri.
Alla stasi biliare cronica è conseguita una cirrosi colestatica splenomegalica con-
fermata da esami ecografici, di laboratorio e da Fibroscan, che richiede attual-
mente trattamento farmacologico e dietetico, che oltre a configurare, per le sue
possibili evoluzioni, un rischio quoad vitam per il paziente, e impone norme di
comportamento e stile di vita che limitano la libertà del paziente (difficoltà a
muoversi, a viaggiare, necessità di evitare gli sforzi fisici).
Gli eventi in questione hanno cagionato al paziente un prolungato periodo di
invalidità temporanea (4 ricoveri ospedalieri), da quantificarsi, sotto il profilo
biologico, in ~125 giorni in misura assoluta, coincidenti con i periodi di ospeda-
lizzazione, seguiti da successivi ~150 giorni equamente suddivisibili al 75%, e al
50% corrispondenti ai periodi di convalescenza post-chirurgica e post esecuzio-
ne delle procedure di dilatazione della anastomosi in regime di ricovero.
Circa i postumi permanenti, va tenuto conto che oltre agli esiti cicatriziali re-
siduano delle modificazioni anatomiche post-chirurgiche, quali la presenza di
una anastomosi epatico-digiunale su ansa digiunale esclusa e di una anastomosi
digiuno-digiunale al piede della stessa.
Tale situazione può certamente essere considerata foriera di aderenze tra la fac-
cia inferiore del fegato ed i visceri circostanti, costituendo pregiudizio anche
importante nel caso di dover effettuare, in futuro, interventi sul fegato, sul pan-
creas, sul colon e a livello gastro-duodenale.
Tale complicanza iatrogenica va inoltre considerata il primum movens eziopato-
genetico, intervenendo comunque anche un difetto nella sua correzione (stenosi
anastomotica), della cirrosi colestatica splenomegalica residua, la cui evoluzione
appare del tutto incerta, ma certamente in grado di causare gravi complicanze.
Alla luce di questo, dell’obiettività attuale e con riferimento ai consueti barèmes
medico-legali, si valutano i postumi permanenti nel 35% con riferimento all’ in-
tegrità psico-fisica del soggetto.
Conclusione:
Accordo stragiudiziale con corresponsione da parte dell’Ospedale Alfa di circa
150’000 euro.
Sintesi:
Errore chirurgico in corso di VLC con sezione completa della via biliare principale.
Correzione con ricostruzione bilio-digiunale con esito in stenosi, quindi sviluppo
negli anni di cirrosi biliare colostatica. Accertato difetto di consenso informato. Ri-
sarcimento da ritenersi sostanzialmente congruo per il danno riportato.
66 La responsabilità del chirurgo
Caso 4
Colecistectomia laparoscopica: lesione della via biliare
da elettrocoagulazione
Vicenda clinica:
Donna di ~40 anni, ricovero con diagnosi di colelitiasi. In anamnesi addominoplasti-
ca (calo ponderale di ~30 Kg). All’ingresso: peso ~90 Kg, altezza 175 cm.
Intervento: colecistectomia videolaparoscopica. Quadro di colecistite acuta, presen-
za di aderenze peritoneali, non difficoltà tecniche riportate nel verbale operatorio.
Dimissione in II giornata postoperatoria.
Intervento (2°):
Laparotomia sottocostale destra, riscontro di coleperitoneo diffuso. Fuoriuscita di
bile dall’angolo di inserzione del moncone cistico sulla via biliare principale, che è
dilatata e contiene due piccoli calcoli. Coledocolitotomia con passaggio di Fogarty
in duodeno e drenaggio biliare esterno con tubo di Kehr. I punti di sutura sulla
coledocotomia sono difficoltosi per fragilità della parete coledocica.
Diagnosi:
Fistola biliare condizionante quadro di peritonite biliare diffusa in esiti di pre-
gresso intervento di colecistectomia. Aderenze peritoneali.
Decorso post-operatorio: regolare.
Operazioni peritali:
La ricorrente dichiara che dopo la dimissione è andata a vivere a casa della madre
per la necessità di essere assistita. È stata quattro mesi senza poter lavorare. Ha
sofferto di vomito e diarrea ancora per due settimane, riferisce perdita dei capelli.
Ora ha problemi digestivi, non riesce a bere latte, mangiare formaggi e melone.
Non tollera il pesce. Lamenta inoltre gonfiore addominale.
Obiettivamente, altezza 175 cm, peso ~90 Kg. Addome trattabile, non dolente.
Presenza di cicatrici chirurgiche in sede addominale: sottocostale destra estesa
a sinistra della lunghezza di ~25 cm; cicatrice in epigastrio a sinistra della linea
mediana di ~2 cm, da accesso laparoscopico; cicatrice periombelicale inferiore di
~5 cm, da accesso laparoscopico; cicatrice in fossa iliaca destra di ~5 cm.
ne, possono essere trattate con posizionamento di tubo “a T” di Kehr, mentre quelle
dovute a elettrocauterizzazione e che interessano più del 50% della circonferenza
del dotto biliare richiedono una più complessa ricostruzione con epatico-digiuno-
stomia. L’incidenza di lesioni della via biliare principale in corso di colecistectomia,
tali da richiedere una epaticodigiunostomia, è riportata essere di 1:500 casi.
La procedura elettiva per l’asportazione della colecisti è la colecistectomia la-
paroscopica, che ormai da diversi anni rappresenta il gold standard nel tratta-
mento chirurgico della colelitiasi sintomatica ed eventuali pregressi interventi
addominali non controindicano di base l’opzione laparoscopica, che può essere
abbandonata se, dopo aver introdotto in cavità peritoneale l’ottica, si ritiene che
l’intervento non sia eseguibile per particolari situazioni aderenziali o flogistiche.
Nel caso in oggetto l’intervento di addominoplastica eseguito nel passato, di cui
non esiste peraltro descrizione, non comporta l’apertura del peritoneo e dunque
non deve essere considerato una controindicazione all’esecuzione di una laparo-
scopia; inoltre è noto come la presenza di aderenze periviscerali, anche flogisti-
che, possa essere efficacemente trattata anche per via laparoscopica.
In questo caso l’induzione del peritoneo è stata effettuata con tecnica open e intro-
duzione del trocar di Hasson, non alla cieca, riducendo la possibilità di determi-
nare lesioni viscerali nel corso della parte iniziale della procedura laparoscopica.
Tuttavia, nonostante il prudente atteggiamento adottato dall’operatore, si è
venuta a creare una discontinuazione della via biliare principale in prossimità
dell’origine del moncone cistico, che è certamente da mettersi in relazione cau-
sale con l’intervento laparoscopico di colecistectomia ed è in prima ipotesi da
ritenersi conseguente a lesione da elettrocoagulazione.
Essa infatti, a causa di un prolungato, o reiterato, o troppo profondo contatto con
la parete della via biliare principale può aver determinato una necrosi circoscritta
della stessa, cui è conseguita una soluzione di continuo responsabile dell’instau-
rarsi della fistola biliare, e che pertanto riconosce una natura iatrogena da manipo-
lazione incongrua e quindi colpevole, da attribuirsi a malpractice chirurgica.
Tale lesione ha determinato l’instaurarsi di una peritonite biliare diffusa, non
riconoscibile nell’immediato, forse per il suo lento ma continuo formarsi, e che,
malgrado i controlli ambulatoriali effettuati, è stata identificata solo dopo 10
giorni dal primo intervento.
Il tardivo riconoscimento di tale complicanza ha costretto gli operatori ad interve-
nire su un tessuto, la via biliare principale, reso ulteriormente fragile e malacico
da tale prolungato “bagno” di bile: infatti, la procedura chirurgica messa in atto
in quella circostanza, vale a dire il posizionamento di tubo “a T” di Kehr, era de-
stinato a non correggere la fistola, cui comunque anche sottostava una calcolosi
coledocica non riconosciuta, a testimoniare comunque l’esistenza di uno studio
diagnostico sia pre- che intra-operatorio incompleto. Tali calcoli possono essere
ritenuti inoltre in parte responsabili di una ipertensione biliare atta a mantenere
la pervietà della fistola. La condotta operatoria nel corso del primo intervento la-
parotomico, viste le riferite piccole dimensioni della soluzione di continuo della
via biliare, è stata corretta con l’esecuzione di coledocotomia, sondaggio della via
Casi peritali simulati e commentati 69
biliare, inserimento di tubo di Kehr allo scopo di detendere la via biliare e ridurne
l’output, fino all’auspicata guarigione definitiva. La parete del coledoco è risultata
tuttavia fragile e malacica, in esiti di necrosi sia pur parcellare, condizionanando
una mancata guarigione e un mantenimento della fistola stessa.
Persistendo poi la perdita biliare di cui l’output dal drenaggio sottoepatico costi-
tuiva la spia principale, nei giorni successivi, la paziente è stata trasferita presso
un Centro di Alta Specializzazione per il trattamento delle malattie epato-pan-
creatiche, ove è stata immediatamente sottoposta ad intervento di epatico -di-
giunostomia su ansa esclusa “ad Y” sec. Roux. Il decorso è stato regolare e tale
intervento può essere considerato come risolutivo in termini clinici.
Gli eventi in questione hanno cagionato alla paziente un prolungato periodo di
invalidità temporanea, da quantificarsi, sotto il profilo biologico, in ~30 giorni
in misura assoluta, per il periodo di maggiore ospedalizzazione, seguiti da suc-
cessivi ~60 giorni equamente suddivisibili al 75%, 50% e 25%, corrispondenti al
periodo di convalescenza post-chirurgica.
Circa i postumi permanenti va tenuto conto che oltre agli esiti cicatriziali sopra
riportati e condizionanti un indubbio danno estetico, residuano delle modifi-
cazioni anatomiche postchirurgiche, quali la presenza di una anastomosi epa-
tico-digiunale su ansa digiunale esclusa e la presenza di una anastomosi digiu-
no-digiunale al piede della stessa. Tale situazione è da considerare foriera di
aderenze tra la superficie inferiore del fegato ed i visceri circostanti, costituendo
pregiudizio anche importante nel caso di dover effettuare, in futuro, interventi
sul fegato, sul pancreas, sul colon e a livello gastro-duodenale; inoltre la pos-
sibilità del verificarsi di infezioni colangitiche (da reflusso enterico nell’albero
biliare) non può essere esclusa.
Alla luce di ciò, dell’obiettività attuale e con riferimento ai consueti barème medi-
co-legali, si valutano i postumi permanenti attorno al 20%.
Sintesi:
Due sono gli elementi importanti evidenziati dai CTU: il primo è che il danno da
elettrocuzione si possa manifestare anche con una fistola “tardiva”, vale a dire che
si può instaurare anche a distanza di giorni dall’intervento, dopo caduta dell’e-
scara; il secondo è il riconoscimento della natura di lesione colposa da manovra
imperita. I pazienti con lesioni delle vie biliari che hanno richiesto una correzione
chirurgica hanno una mortalità, nella lunga distanza, del 20,8%, e lo 0,8% richiede
un trapianto epatico7. La sopravvivenza complessiva di tale pazienti si riduce ri-
spetto ai gruppi di controllo (mortalità a 1 anno del 7,2 vs 1,3%).8,9
7 Halbert C: Long-term outcomes of patients with common duct injury following laparo-
scopic cholecystectomy. Surg Endosc 30:4294, 2016.
8 Fong ZV: Diminished survival in patients with bile leak and ductal injury: management
strategy and outcomes. J Am Coll Surg 226:568, 2018.
9 Lillemoe KD: Repair of common bile duct injuries. Up to Date 2020.
70 La responsabilità del chirurgo
Caso 5
Colecistectomia laparoscopica: indicazione dubbia,
emoperitoneo, occlusione intestinale
Vicenda clinica:
Donna di ~40 anni. Ricovero presso Chirurgia dell’Ospedale Alfa per adenomioma-
tosi della colecisti.
Diagnosi: polipo della colecisti.
Intervento: colecistectomia laparoscopica. Colecisti distesa con adenomatosi del fon-
do, ispessita, di consistenza aumentata.
In II giornata postoperatoria
Dolore addominale in regione periombelicale: addome trattabile, dolente alla
palpazione superficiale e profonda in regione periombelicale ~8,5.
TAC addome urgente: raccolta con valori densitometrici pari a quelli ematici,
delle dimensioni di ~10 x 5 cm sul piano assiale e ~10 cm sul piano cranio-cau-
dale, versamento nel Douglas, versamento pleurico bilaterale con alcune bande
polmonari con broncogramma aereo di tipo disventilatorio.
Intervento (2): pneumoperitoneo in mini-open paraombelicale dx, emoperitoneo
con grossolani coaguli sottoepatici ed in loggia parietocolica destra, ematoma a
carico del legamento rotondo: lavaggio e aspirazione dei coaguli. Non si visua-
lizza una fonte certa di sanguinamento e si decide per conversione laparotomica
sottocostale destra. Ulteriore lavaggio di tutto il cavo peritoneale e dello scavo
pelvico, resezione ed exeresi del legamento rotondo lipomatoso ed infarcito di
sangue e sede di ematoma. Emotrasfusioni.
Esame istologico: colecistite cronica iperplastica, con fibrosi e colesterolosi parietali
e seni di Rokitanski.
Il giorno seguente
Rx addome: Modica distensione di alcune anse del tenue, in centro addome ed
ipocondrio sinistro, contenenti livelli idrogassosi.
Casi peritali simulati e commentati 71
Studio seriato intestino tenue: distensione delle anse del piccolo intestino che
si opacizzano fino all’ileo medio-distale; a 6h dalla somministrazione del mdc
maggior opacizzazione delle anse in emiaddome inferiore ma senza evidente
progressione dello stesso. Non opacizzato il colon destro a 6 ore dalla sommini-
strazione del mdc. Leucociti ~15.
per quanto riguarda il comportamento dei sanitari che ebbero in cura la pazien-
te, non rammentando che in presenza delle plurime gravi complicanze occorse
è necessario verificare che esse fossero prevedibili e prevenibili con la normale
prudenza e rispetto delle regole.
Sintesi:
Il CTU medico legale ritiene che l’indicazione alla colecistectomia per adenio-
miomatosi fosse corretta: giudica imprevenibile il verificarsi dell’emoperitoneo
postoperatorio anche nelle mani di un chirurgo esperto, così come adeguato
l’approccio laparotomico sottocostale in urgenza in assenza di diagnosi in una
paziente anemizzata, ma senza evidenza di un sanguinamento attuale; giustifica
l’asportazione, a scopo emostatico, del legamento rotondo del fegato.
La successiva richiesta inoltrata dalla parte attrice di rinnovazione della CTU
non è stata concessa dal Giudice.
Caso 6
Colecistectomia laparoscopica: sezione completa
del peduncolo epatico, exitus
Vicenda clinica:
Maschio, all’epoca dei fatti di ~65 anni, ricoverato presso il Reparto di Chirurgia
dell’Ospedale Alfa con diagnosi di colecisti scleroatrofica per intervento di cole-
cistectomia videolaparoscopica.
Circa tre mesi prima, diagnosi di calcolosi coledocica, sottoposto a due ERCP ope-
rative (papillotomia + estrazione di calcoli) ottenendo bonifica della via biliare.
Rifiuta emotrasfusioni e derivati in quanto Testimone di Geova.
Diagnosi: colecistite scleroatrofica su litiasi con intensa pericolecistite.
Intervento: colecistectomia videolaparoscopica. Riscontro di intenso blocco pe-
ricolecistico che ingloba, oltre al viscere, anche la flessura colica e l’omento. Dif-
ficoltosa liberazione di tale blocco flogistico con progressiva esposizione della
colecisti, la quale è a pareti ispessite, con lume totalmente occupato da un grosso
calcolo unico. Notevole ispessimento flogistico ingloba anche gli elementi dell’i-
lo colecistico, i quali vengono progressivamente isolati e sezionati tra clips.
Asportazione della colecisti tramite endobag …
I giornata post-operatoria:
Drenaggio quasi 1’000 cc biliari.
76 La responsabilità del chirurgo
II giornata postoperatoria:
bil. tot. ~2,5; AST ~1000; ALT ~2000.
TAC Addome: ridotta la vascolarizzazione ed impregnazione contrastografica
del lobo sinistro del fegato con amputazione del ramo sin intraepatico della vena
porta a ~1,5 cm dalla biforcazione ilare portale, con piccole bolle gassose adia-
centi e con ridotta rappresentazione delle diramazioni arteriose più periferiche,
mentre appare conservata impregnazione venosa sovraepatica; ampia raccolta li-
quido-gassosa in epigastrio lungo il margine anteriore del lobo sinistro epatico,
ed ulteriore raccolta prevalentemente liquida con minor componente gassosa tra
margine laterale del lobo sinistro del fegato e stomaco decorrente lungo il margine
postero inferiore del lobo sinistro epatico fino all’ilo: disomogeneo ispessimento
ipodenso delle pareti della flessura colica destra con bolle gassose in parte a distri-
buzione endoluminale ed in parte intramurale; ulteriori raccolte liquido gassose
in sede subfrenica, tra milza e cupola diaframmatica e stomaco, e falde di versa-
mento endoperitoneale in doccia parietocolica destra in sede sottoepatica destra,
più consistente in fossa iliaca destra e multiple piccole bolle gassose endoluminali;
clips all’ilo epatico in esiti di colecistectomia. Non evidente alterazione dell’albero
biliare; si riscontra aerobilia peraltro non specifica in papillotomizzato.
Trasferimento presso l’Unità di Chirurgia Epatobiliare/Trapianti dell’ospedale Beta.
Referto istologico: frammenti di colecisti; Diagnosi istopatologica: colecistite cronica.
In giorno seguente
Dal drenaggio addominale ~700 cc di materiale biliare, comparsa di febbre: si po-
neva indicazione a laparotomia d’urgenza per la evoluzione del quadro di necrosi
colliquativa epatica e la presenza fistola biliare ad alta portata.
Il paziente reso edotto sulle indicazioni chirurgiche, sul rischio operatorio e sul-
le possibilità di emotrasfusione, rifiutava l’intervento chirurgico e organizzava
trasferimento all’Ospedale Gamma, a ~600 Km di distanza, dove gli era stato
assicurato via telefono che non sarebbe stato trasfuso.
All’ingresso
ERCP: All’inizio della procedura comparsa di abbondante gonfiore addominale,
edema scrotale, aria a livello del drenaggio addominale destro ed importante
enfisema sottocutaneo. Dispnoico, intubazione orotracheale.
Paziente in shock settico. Si trasferisce in S.O. in regime d’urgenza: laparotomia
Casi peritali simulati e commentati 77
II giornata postoperatoria:
Febbrile, emodinamicamente sostenuto da noradrenalina, diuresi in contrazione;
dalla laparostomia liquido biliare. In S.O: in loggia subfrenica sinistra voluminoso
ematoma dell’omento che viene drenato. Abbondante materiale biliare in loggia
sottoepatica che fuoriesce da due piccole soluzioni di continuo delle vie biliari.
Colangiografia intraoperatoria: spandimento di mdc in regione ilare, non opa-
cizzata la via biliare principale.
Radiologia interventistica: si punge ramo biliare periferico di destra, si posiziona
drenaggio biliare int/est da 8,5 F pigtail con estremo distale in cavità peritoneale.
Il giorno seguente
Intervento: Toilette peritoneale, rimozione a scopo esplorativo delle clips (ilo
epatico) posizionate durante intervento VLS eseguito altrove. Si incannula il
presunto moncone del cistico e si esegue colangiografia che evidenzia diretta-
mente la via biliare principale nel suo tratto medio e distale. Risulta pertanto
evidente l’asportazione del coledoco prossimale ed epatico comune durante l’in-
tervento precedente VLS. Si decide pertanto di incannulare con tubo di Kehr
sia il dotto epatico comune prossimale che il moncone distale (la soluzione di
continuo della via biliare è di circa 6 cm). La colangiografia trans Kehr dimostra
regolare passaggio del mdc nel duodeno ed illegg di tutto l’albero biliare. Ricon-
fezionamento di laparostomia.
Il giorno successivo:
Presenza di materiale biliare dal drenaggio destro; ancora febbrile fino a >38°.
Ore 23: ancora temperatura elevata >38°.
Il giorno successivo:
Medicazione intrisa da materiale siero-biliare. Si applica VAC-therapy.
Il giorno successivo:
Si rimuove la laparostomia, parenchima epatico del lobo sinistro sostituito da tessuto
spugnoso avascolare. VAC-therapy.
Ore ~18:00: drenaggi di destra attivi per materiale biliare.
Ore ~22:00: Drenaggi di destra attivi per bile. VAC attiva par materiale bilio-emati-
co. T >38°.
Il giorno successivo:
Addome trattabile. VAC attiva. Kehr attivo per bile di aspetto corpuscolato. Febbrile con
brivido scuotente.
Il giorno successivo,
TAC torace-addome: abbondante versamento pleurico bilaterale, lobo epatico
sin ridotto di dimensioni e colliquato con ectasia delle vie biliari e di aspetto
flogistico, plurimi ascessi nel lobo destro. Funzione epatica in peggioramento,
ammoniemia >200, paziente soporoso, ~9,5 bil tot, dir ~5. Scambi respiratori in
peggioramento, si collega al respiratore. WBC ~4000; Bil ~10.
Dopo 1 settimana: creatinina ~1,4: Bil tot ~20, Bil dir ~15, prot tot ~5.
Condizioni generali peggiorate. PA ~90/60. Desatura, oligoanurico.
Il giorno successivo:
Ittero ingravescente con insufficienza epato-renale.
Drenaggio destro: bilioenterico. Decesso.
Diagnosi: Arresto cardiocircolatorio in paziente con insufficienza multiorgano in esiti
di lesione via biliare principale in corso di colecistectomia VLS eseguita altrove.
intero la via biliare principale, dai dotti epatici sino allo sbocco in duodeno, dove
è stato fissato con borsa di tabacco.
La branca superiore del tubo di Kehr è inserita nella pregressa sede del dotto
epatico di destra, nel suo forame, mentre il forame di origine del dotto epatico di
sinistra aggetta direttamente nella cavità peritoneale.
La branca inferiore del tubo di Kehr aggetta quindi in duodeno attraverso la
papilla di Vater.
Gli elementi vascolari ilari, arteria epatica e vena porta, appaiono integri, sche-
letrizzati chirurgicamente.
Conclusioni:
Il procedimento penale di cui sopra è stato instaurato nella città sede dell’ospe-
dale Gamma dove il paziente è deceduto, quando una prima denuncia, effettua-
ta dai parenti alla Procura della Repubblica della città dove aveva subìto il primo
intervento (Ospedale Alfa), era stata seguita da una rapida richiesta di archivia-
zione. Il procedimento sopra riportato si è concluso con “patteggiamento”.
Sintesi:
Il desiderio di non essere trasfuso per motivi religiosi, peraltro comprensibile,
ha gravemente nuociuto al paziente, inizialmente vittima di un incidente chi-
rurgico iatrogeno di straordinaria gravità, inducendolo a lasciare un centro di
chirurgia epatica e dei trapianti, dove era stato inizialmente trasferito, a fronte
del palesato rischio a sottoporlo ad emotrasfusioni, per farsi ricoverare in un
reparto di chirurgia molto distante, dove gli era stato promesso di non essere
trasfuso. Qui non solo non hanno potuto mantenere tale fallace promessa a fron-
te della gravissima anemizzazione verificatasi, ma gli è stato anche precluso, per
mancanza di adeguate competenze, il trattamento, comunque assai complesso,
necessario a salvargli la vita.
82 La responsabilità del chirurgo
Caso 7
Emicolectomia destra laparoscopica, perforazione ileale,
exitus
Vicenda clinica:
Maschio di~65 anni. A seguito di positività della ricerca di sangue occulto nelle
feci si sottopone a ileo-colonscopia, con riscontro di polipo sessile diam. ~15 mm
alla valvola ileo-ciecale, che sembra un poco introflettersi nell’ileo. All’esame
istologico microfocolai di displasia di alto grado in adenoma tubulare.
Colonscopia operativa per asportazione del polipo: alla valvola ileo-cecale presen-
za di polipo sessile del diametro di ~15 mm non asportabile per via endoscopica.
Intervento di emicolectomia destra videolaparoscopica. Diagnosi di piccola ne-
oformazione polipoide sessile della valvola ileocecale.
Esame sul pezzo operatorio: neoformazione polipoide piatta del diam. di ~12 mm.
Istologia: moderata displasia di alto grado in adenoma tubulare piatto.
In I giornata postoperatoria:
Dal drenaggio ~400 cc di materiale enterico; per sospetto addome acuto intervento di
laparotomia esplorativa d’urgenza e raffia di perforazione ileale a ~30 cm dal Treitz.
Dopo ~8 ore:
Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS/sepsi) con alterazione fun-
zione renale e alterazione PT, iperteso, tachicardico, dolore mal controllato.
TAC addome: abbondante falda di versamento libero in addome e retroperito-
neale, bolle di aria libera in sede periepatica, in sede sottodiaframmatica sinistra,
a ridosso della parete addominale anteriore, in corrispondenza dell’anastomosi
ileo-colica ed anche tra i fasci muscolari della parete addominale.
In IV giornata postoperatoria:
Sempre febbrile, anemizzato. Fibrobroncoscopia e lavaggi bronchiali con rimozio-
ne di numerose secrezioni biancastre: colture positive per Pseudomonas e Klebsiella.
Il paziente è portato in sala operatoria, dove presenta un rigurgito di materiale
gastrico-biliare, con parziale inalazione dello stesso.
III intervento in urgenza di laparotomia mediana, detersione della cavità addomi-
nale (presenza di liquido torbido) e confezionamento di ileostomia per ileo paretico.
In VII giornata
Per peggioramento della funzione renale è posizionato un catetere da dialisi in
vena femorale e poi iniziata dialisi.
Casi peritali simulati e commentati 83
In X giornata
Esame colturale su liquido di drenaggio addominale destro, positivo per lieviti
(Candida più specie) e cocchi gram + (più enterococchi).
IV intervento di laparotomia mediana, lavaggio cavità addominale, posiziona-
mento di medicazione complessa a pressione negativa con lavaggio intraperito-
neale per peritonite saccata.
Esame colturale tampone di ferita: positivo per Acinebacter e Pseudomonas.
22 Si ritiene utile precisare che la EMR si differenzia dalla polipectomia standard sostanzial-
mente perché viene effettuata una resezione completa dello strato mucoso previa iniezione
di una soluzione nella sottomucosa così da sollevarne il piano e facilitare la procedura.
23 Si definiscono Laterally Spreading Tumors (LST) o Laterally Spreading Lesions (LSL) le
lesioni neoplastiche sessili o piatte con diametro superiore a 10 mm, che presentano una
crescita prevalentemente laterale sulla superficie della mucosa intestinale.
86 La responsabilità del chirurgo
di contro, la sede della lesione non era considerata un parametro decisionale per
la strategia terapeutica da adottare.
Anche le linee guida dell’Associazione di Coloproctologia di Gran Bretagna
ed Irlanda pubblicate nel 2013, ritenendo la tecnica endoscopica il cardine
della gestione dei polipi, consideravano come routinaria la rimozione dei
polipi sessili mediante EMR, risultata efficace anche per lesioni di dimensio-
ni superiori ai 20 mm. Le medesime linee guida segnalavano che la dimen-
sione e la posizione del polipo possono renderne più difficoltà l’asportazio-
ne endoscopica, senza tuttavia individuarne particolari caratteristiche come
controindicazioni alla procedura endoscopica.
Sottolineavano poi che la decisione di rimuovere in endoscopia una lesione dovreb-
be derivare da un processo decisionale che comprenda anche la valutazione delle
capacità e dell’esperienza dell’endoscopista; poiché deve essere garantita l’applica-
zione del trattamento ottimale, nel dovere di diligenza venivano considerati anche
il differimento del trattamento per una discussione collegiale del caso, così come
l’invio del paziente ad un endoscopista ritenuto più adatto ad occuparsi del caso.
Con riguardo alla localizzazione sulla valvola ileocecale, trattasi di una sede poco
frequente, in grado di rendere la EMR più complessa. Non esiste un’unica strategia
terapeutica: in passato il trattamento standard era l’approccio chirurgico, mentre
da alcuni anni si è visto che la EMR garantisce una elevata percentuale di successo
anche in questi casi, così che il ruolo della chirurgia non è più preminente.
Nel caso in oggetto, tutte insieme considerate le caratteristiche della lesione co-
lica, deve concludersi che vi era indicazione alla sua asportazione per via en-
doscopica, in ragione degli ottimi risultati conseguibili anche in questi casi con
EMR eseguita in centri di riferimento da endoscopisti esperti e tenuto conto che
un eventuale trattamento chirurgico sarebbe stato inutilmente demolitivo.
Si ritiene poi di doversi soffermare sul giudizio formulato dell’endoscopista chirur-
go di polipo non asportabile endoscopicamente. Tale affermazione non viene in
alcun modo motivata: vi è da chiedersi quindi se sia stata formulata sulla base
della sola sede anatomica di impianto della lesione (valvola ileocecale), o per
indisponibilità delle tecniche endoscopiche avanzate, o ancora per ridotta espe-
rienza nell’eseguire EMR, o per altre eventuali ragioni. Anche se gli elementi
tecnici a disposizione non consentono di fornire una riposta a tale interrogativo,
certo è che la decisione di procedere con una emicolectomia destra laparoscopi-
ca d’emblée per una lesione di soli 15 mm che poteva giovarsi di un trattamento
meno invasivo, altamente efficace e sicuro, senza neppure valutazione collegiale
né l’invio del paziente ad un altro centro per ottenere un secondo parere, non è
condivisibile né in relazione alle linee guida né alla buona pratica clinica.
Il trattamento di scelta nella fattispecie in esame, lo si ribadisce, era l’asportazio-
ne endoscopica del polipo mediante EMR, eventualmente con ripetizione della
procedura qualora la resezione non si fosse rivelata radicale, considerando l’op-
zione chirurgica solo come ultima ratio.
Nella condotta del personale medico della struttura convenuta, oltre a ciò, si
ravvisano ulteriori elementi meritevoli di censura.
Casi peritali simulati e commentati 87
Sintesi:
È contestato il tipo di intervento praticato. La perforazione digiunale iatrogena
in corso di intervento laparoscopico è in genere identificata come di natura col-
posa per le modalità del suo determinismo, così come colposi sono considerati
il suo ritardato riconoscimento ed il trattamento, responsabili della incontrollata
evoluzione della peritonite e del decesso del paziente.
Caso 8
Asportazione laparoscopica di massa annessiale:
perforazione ileale, exitus
Vicenda clinica:
Donna di~55 anni con algie pelviche, febbrile, ricoverata presso l’Ospedale Alfa
dopo RM per sospetta PID che dimostrava tumescenza parauterina destra di
~7x6 cm a margini irregolari, spiculati, solida con componenti liquide disomo-
genee, non dissociabile dai vasi iliaci omolaterali estesa fino in sede otturatoria.
Dilatata la tuba dx così come l’uretere lombare distale, che risulta inglobato; mal
dissociabili alcune anse del piccolo intestino.
Ecografia addominale: Formazione annessiale destra disomogenea di ~40x55 mm,
adesa all’ovaio. Tuba del diam. di ~50 mm, di aspetto convoluto ed edematoso, a
contenuto corpuscolato, come da sactosalpinge con aderenze al sigma.
Open laparoscopy: Ascesso organizzato pluriconcamerato di ~6 cm inglobante
ovaio e tuba destra contraente tenaci aderenze con la parete pelvica, l’appendi-
ce e con un’ansa dell’intestino tenue. Durante la procedura si provoca rottura
della formazione con fuoriuscita di materiale denso purulento misto a materiale
ematico-necrotico, come da reazione flogistica di vecchia data. Annessiectomia
con invio di pezzo per esame istologico estemporaneo: ascesso necrotizzato tu-
bo-ovarico. Si contatta quindi il chirurgo generale che procede, tramite lisi delle
aderenze parieto-coliche, a mobilizzazione dell’ansa ileale e dell’appendice con
appendicectomia.
Diagnosi chirurgica post-operatoria: ascesso pelvico appendo-tubo-ovarico.
90 La responsabilità del chirurgo
In I giornata
Dolori addominali e difficoltà nell’eliminare aria, somministrata terapia antido-
lorifica con scarso beneficio.
II giornata postoperatoria:
Paziente sofferente, addome disteso, meteorico, poco trattabile, dolente alla palpazione.
TAC addome: pneumoperitoneo associato a versamento intraperitoneale, con
bolle gassose e distensione delle anse del tenue con livelli idroaerei.
Intervento laparotomico d’urgenza: abbondante liquido bilio-enterico in cavità, da
perforazione dell’ultima ansa ileale. Resezione con entero-enteroanastomosi T-T.
24 Gad MS: Differences in perioperative outcomes after laparoscopic management of benign
and malignant adnexal masses. J Gynecol Oncol 22.18, 2011.
25 Liu JH: Management of adnexal masses. Obstet Gynecol 117:1413,2011.
26 Ingraham AM: Comparison of outcomes after laparoscopic versus open appendectomy
for acute appendicitis at 222 ACS NSQIP hospitals. Surgery: 148:625,2010.
27 Korndorrfer Jr: SAGES guideline for laparoscopic appendectomy. Surg Endosc
24(4):757,2010.
28 Smith BR: Laparoscopic appendectomy. In: Cameron JL: Current Surgical Theraphy,
1322, Elsevier 2014.
29 Van der Voort M:. Bowel injury as a complication of laparoscopy. Br J Surg. 91,2004.
30 Trondsen E: Complications during the introduction ol laparoscopic cholecystectomy in
Norway. A prospective multicenter study in seven hospitals. Eur J Surg 160:145,1994.
92 La responsabilità del chirurgo
Conclusioni:
Sotto il profilo della condotta tecnica chirurgica e sotto il profilo cardiologico
emergono elementi di condotta censurabili sotto il profilo della negligenza e
dell’imprudenza.
Dal punto di vista chirurgico si rileva il mancato posizionamento di un drenag-
gio al termine dell’intervento laparoscopico il che ha indubbiamente impedito
un più tempestivo rilievo e un precoce trattamento della perforazione ileale.
Dal punto di vista cardiologico è venuta meno la corretta interpretazione del qua-
dro sintomatologico ed obiettivo, così che sono mancate una tempestiva diagnosi
ed un corretto trattamento della insufficienza cardiaca congestizia con conseguen-
te grave riduzione delle chances di sopravvivenza della paziente. Una più attenta
e diligente valutazione del corredo sintomatologico e obbiettivo avrebbe certa-
mente permesso un possibile trattamento con ben maggiori chances quoad vitam.
La miocardite rilevata in sede autoptica è inquadrabile quale miocardite lin-
focitica diffusa severa ad impronta necrotizzante, la cui etiologia non è ac-
certabile anche sotto il criterio del più-probabile-che-non e comunque appare
ininfluente sul piano valutativo.
Il mancato diligente ed opportuno inquadramento diagnostico e terapeutico del
quadro clinico di insufficienza cardiaca congestizia, ancorché non possa porsi
in nesso causale di assoluta certezza col decesso della paziente, ha senz’altro di
molto compromesso le sue probabilità di sopravvivenza. Alla luce di questo i
CTU ritengono utile, anche ai fini di una composizione bonaria della controver-
sia, poter quantizzare la grave compromissione delle probabilità di sopravvi-
venza nella misura percentuale non inferiore all’80%.
Sintesi:
L’errore ed il ritardo chirurgico riconosciuti non sono qui ritenuti esercitare un
ruolo nella perdita di probabilità di sopravvivenza laddove la morte è stata la
conseguenza di una aritmia maligna in corso di miocardite linfocitaria diffusa
severa misconosciuta. Desta perplessità la valutazione, per quanto riguarda la
perdita di probabilità di sopravvivenza, del valore dell’80%, quando per i “casi
chiusi” il segmento della scala discendente coperto dalla perdita di chances si
estende da >0% a <50%31.
31 SIMLA: Linee guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito
civilistico, pag 67, Giuffrè Editore 2016.
94 La responsabilità del chirurgo
Caso 9
Emicolectomia destra laparoscopica: errore tecnico,
negato risarcimento spese mediche
Vicenda clinica:
Donna di 70 anni. Positività allo screening regionale per sangue occulto nelle feci,
esegue colonscopia con riscontro di neoplasia del cieco con struttura mammello-
nata delle dimensioni di cm 5, biopsia: displasia di alto grado. Ricoverata presso
l’Ospedale Alfa e sottoposta ad emicolectomia destra con tecnica robotica.
Ripete TAC addome dopo altri circa 4 mesi: raccolta corpuscolata interposta tra
le anse dell’ileo terminale, di morfologia oblunga per una estensione longitudi-
nale di ~5 cm, indissociabile dalle anse ileali attigue, riferibile a raccolta asces-
suale a contenuto misto, parzialmente aereo.
dell’intervento (il terzo) era stata lasciata un’ansa cieca costituita dal moncone
ileale della lunghezza di ~15 cm, alla cui estremità si era verificata una deiscenza
(da ischemia, sepsi da stasi fecale, iperpressione da colonscopia precoce nel po-
stoperatorio) responsabile della ascessualizzazione intraperitoneale.
L’intervento è stato, inoltre, complicato da un laparocele mediano sotto-ombeli-
cale, in seguito corretto nel corso dell’intervento eseguito presso l’Ospedale Beta.
In II giornata postoperatoria, in seguito a comparsa di proctorragia, la paziente
venne sottoposta ad esame colonscopico, che descriveva la presenza di materiale
ematico scuro misto a feci che verniciava tutto il colon fino all’anastomosi ileoco-
lica. Inoltre, sul versante ileale della anastomosi, si identificava un coagulo di ~5
mm, in assenza di sanguinamento attivo.
Esame da ritenersi qui inutile e pericoloso: infatti non vi era più sanguinamento in
atto, originato assai verosimilmente in corrispondenza di una anastomosi ileo- co-
lica meccanica non in grado di realizzare una corretta emostasi, ma nel frattempo
esso era spontaneamente cessato e la sua modesta entità avrebbe consigliato uno
stretto monitoraggio clinico prima di ricorrere ad una colonscopia in II giornata
post operatoria, con presunte finalità emostatiche: l’insufflazione di gas a pres-
sione nel corso dell’esame in presenza di una anastomosi così recente costituisce
un rischio per deiscenza anastomotica e l’esame è giustificato solo in presenza di
emorragia di entità tale da riconoscere, come alternativa, un nuovo intervento
chirurgico per il controllo della emorragia.
Tale evento è da ritenersi almeno corresponsabile nel determinismo della dei-
scenza dell’ansa cieca ileale.
Nel secondo intervento eseguito presso l’Ospedale Alfa condotto per via laparo-
scopica per occlusione ileale da briglia aderenziale non si descrivono anomalie
a livello della anastomosi ileocolica, che evidentemente, e colpevolmente, non
viene isolata e preparata per essere esplorata, né la presenza della lunga ansa
cieca ileale successivamente identificata nel corso dell’intervento laparotomico
eseguito presso l’Ospedale Beta la cui deiscenza a livello del moncone dava ori-
gine ad un ascesso inglobante anse del piccolo intestino che avrebbe reso neces-
saria la resezione di 3 anse di digiuno e di ileo per un totale di ~40 cm32.
32 Paletto AE: Trattato di Tecnica Chirurgica, , Vol 6, 208, UTET 1982.
96 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
Accolte pressoché integralmente le tesi di parte attrice circa i motivi di respon-
sabilità, poco comprensibilmente si riconosce un danno biologico permanente
di solo ~5%, quando le complicanze colpose del primo intervento ne hanno ri-
chiesti altri due, laparotomici, e comportato una resezione ileale di ~40 cm, che
sarebbe stata evitata in assenza dell’errore tecnico verificatosi al momento del
primo intervento, così come la sindrome aderenziale residua e la cicatrice in
sede mediana della lunghezza di ~15 cm. Nessuna risposta alle critiche in tal
senso espresse da parte ricorrente alla bozza di CTU, ma si osserva che questo
suole verificarsi con grande frequenza, in presenza di una tendenza del Giudice
ad avallare comunque il giudizio dei CTU, piuttosto che disporre un’udienza
per richiesta di chiarimenti. È stato, inoltre, negato il rimborso delle spese medi-
che sostenute per il terzo intervento in regime privatistico.
Caso 10
Colecistectomia laparoscopica convertita in open,
perforazione duodenale, exitus.
Vicenda clinica:
Maschio di ~60 anni, ricoverato per calcolosi della colecisti presso l’Ospedale
Alfa. Intervento di colecistectomia iniziato con tecnica laparoscopica, presto con-
vertito in laparotomia sottocostale destra, in ragione di un difficile approccio alla
colecisti per la durezza dei tessuti, la flogosi e le intime aderenze fra legamento
epato-duodenale e duodeno. Nel corso dell’intervento si produce una perfora-
zione della I-II porzione duodenale, che determina una peritonite bilio-enterica
diffusa, per la quale si provvede a relaparotomia dopo ~30 ore, per la quale si
procede a sutura a punti staccati con omento-plastica. Nel postoperatorio insor-
genza di sepsi polmonare e quindi di MOF, con conseguente exitus.
33 Mahvi DM: Stomach, 1196, In : Sabiston Textbook of Surgery, Elsevier 2012.
34 Watkins RM: What has happened to perforated peptic ulcer? Br. J.Surg. 71: 774,1984.
35 Goherty GM: Stomach and duodenum, 498, in: Doherty GM, Surgery, Current Diagnosis
and Treatment, Lange 2010.
36 Goris RJA: Multiple Organ Failure, generalized autodestruction inflammation? Arch.
Surg. 120:1109,1985.
37 Andreoni B: La sindrome peritonitica. In: Di Carlo V, Andreoni B, Staudacher C, Manuale
di Chirurgia d’Urgenza e Terapia Intensiva Chirurgica, 677, Masson, 1993.
38 Svanes C: Trends in perforated peptic ulcer: incidence, etiology, treatment, and prognosis.
World J.Surg 24:277, 2000.
39 Heuman R: Perforated duodenal ulcer-long term results following simple suture. Acta
Chir. Scan. 149:77, 1983.
40 Gavinelli M: La resezione gastrica in urgenza con suturatrici meccaniche. Presentazione
di una tecnica originale. Urg.Chir.Comment. 4:1, 89, 1981.
Casi peritali simulati e commentati 101
tica, ma solo le annotazioni generiche tipo “terapia effettuata”, che si evincono dal
diario infermieristico. Essendo il paziente stato sottoposto ad una prima terapia
antibiotica alla data del primo intervento chirurgico, avendo continuato la terapia
antibiotica in qualità di ricoverato in Rianimazione dopo il secondo intervento
chirurgico, è lecito supporre che abbia continuato tale terapia anche dopo il trasfe-
rimento dalla Rianimazione in Chirurgia, tanto più che la TC era elevata.
La causa della morte è comunque da porre in nesso causale con l’infezione bron-
co-polmonare causata dall’Acinetobacter isolato dal broncoaspirato. Questo bat-
terio è ritenuto in tutto il mondo responsabile delle infezioni ospedaliere più
difficili da trattare nell’uomo.
L’Acinetobacter, in particolare la specie baumannii, è responsabile di oltre l’80%
delle infezioni nosocomiali ed è molto spesso resistente alla terapia antibiotica:
è un battere aerobico, Gram-negativo, in grado di sopravvivere per lunghi pe-
riodi nell’ambiente, sui capi di abbigliamento, sulle lenzuola (colonizzazione del
personale sanitario). La localizzazione è spesso bronco-polmonare, urinaria o su
ferite; sono colpiti maggiormente i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica
o portatori di cateteri intravascolari. Il tasso di mortalità per tali infezioni è com-
preso tra il 20 ed il 50%.
La morte del de cuius è da ricondurre certamente ad una infezione nosocomiale
sostenuta da Acinetobacter responsabile di broncopolmonite con pleurite ed ate-
lettasia che ha portato ad insufficienza respiratoria acuta.
È possibile supporre che al momento del ricovero, stesso giorno dell’interven-
to chirurgico di colecistectomia, fosse presente già un quadro di infezione pol-
monare, evidenziato in seguito dall’esame TAC e restato misconosciuto, questo
perché l’esame radiografico del torace, effettuato in regime di prericovero non è
da ritenere attendibile per il notevole tempo trascorso di ben oltre 60 giorni, tra
l’esecuzione dell’esame e l’atto chirurgico. Certamente l’iniziale terapia antibio-
tica avrebbe agito anche contro l’iniziale infezione polmonare. Con la successiva
sovrapposizione dell’Acinetobacter il quadro clinico si è drammaticamente ag-
gravato fino all’exitus.
Appare pertanto chiaro il nesso causale tra l’infezione nosocomiale da Acineto-
bacter isolato dal broncoaspirato e la morte del paziente per insufficienza respi-
ratoria sostenuta da broncopolmonite sia sotto l’aspetto cronologico, sia topo-
grafico, sia dell’idoneità quali-quantitativa e sia per continuità fenomenica.
In conclusione, la morte del paziente è da ricondurre ad una infezione noso-
comiale, così come dimostrato dal verificarsi e dal convergere di tutti i criteri
necessari per l’esistenza del nesso causale.
staltica e con l’alvo aperto a feci e gas. Lo stesso esame autoptico evidenziava il
letto della colecisti esente da raccolte flogistiche.
L’evento morte non è da ricondurre etiologicamente alla perforazione della pa-
rete intestinale ma riconducibile ad infezione nosocomiale contratta all’inter-
no della struttura ospedaliera, sia pure in presenza del solo sospetto che già al
momento del ricovero potesse essere in atto una infezione respiratoria passata
misconosciuta in quanto l’esame radiografico del torace era stato effettuato, in
regime di pre-ricovero, due mesi prima e, a causa del notevole tempo trascorso,
non più attendibile. Tale possibilità non modifica il peso delle responsabilità che
restano in capo alla struttura ospedaliera.
Sintesi:
Il CTU assolveva da ogni responsabilità i medici dopo aver constatato ritardo
nel trattamento chirurgico della peritonite da perforazione iatrogena del duo-
deno, mancata compilazione della cartella clinica, impossibilità di stabilire se la
terapia antibiotica sia stata somministrata o meno, addossando infine la respon-
sabilità della morte del paziente unicamente alla struttura ospedaliera per una
sopraggiunta infezione nosocomiale. Addirittura, ipotizza in maniera del tutto
apodittica che vi potesse essere una infezione polmonare sottostante già al mo-
mento del ricovero e prima dell’intervento, non evidenziata per il fatto che l’Rx
torace, eseguito in prericovero, era stato effettuato due mesi prima, ma è eviden-
te che, se così fosse, la responsabilità non sarebbe della struttura ma dei medici
che non hanno opportunamente ripetuto tale esame al momento dell’ingresso
in ospedale. Tale caso esemplifica appieno la grave carenza cui va incontro una
CTU nel momento in cui è affidata a consulenti lungi dall’essere adeguati alle
necessità del caso: uno specialista in Ortopedia e Traumatologia, unico consu-
lente del giudice per un complesso caso mortale di Chirurgia Generale, in epoca
di legge Gelli-Bianco in vigore (cfr. art. 15 di tale legge…).
Caso 11
Resezione colica laparoscopica, perforazione del colon
trasverso (penale, civile)
Intervento (1):
Emicolectomia destra VLS-SILS per voluminoso polipo del colon ascendente.
Esame istopatologico: neoformazione polipoide sessile del colon ascendente di
~5 cm di asse maggiore, adenoma tubulo-villoso con displasia a basso grado e
focalmente ad alto grado.
Dopo ~1 settimana
Isolato Enterococco nelle urine e Candida nel broncoaspirato.
Casi peritali simulati e commentati 105
Intervento (7):
Diagnosi: peritonite biliare da fistola ileale. Fuoriuscita di materiale biliare da
piccola breccia su raffia ileale esito di precedenti interventi. Lisi di tenaci aderen-
ze determinando alcune speritoneizzazioni di anse digiuno-ileali che si presen-
tano estremamente edematose e fragili.
Si accede a raccolta di materiale corpuscolato posta al Treitz verosimile esito di
pancreatite della coda. Progressiva lisi delle aderenze viscero-viscerali residue,
resezione ileale.
Dopo ~2 giorni:
Dal Reparto di Terapia intensiva in cui è degente la paziente viene trasferita su richie-
sta dei parenti presso Reparto di Rianimazione dell’Ospedale Beta:
Diagnosi di dimissione: carcinoma in situ del colon. Perforazione dell’intestino.
Fistole. Sepsi severe. Insufficienza respiratoria. Polineuropatia in paziente critico.
Trattamento: emicolectomia destra. Ventilazione meccanica. Altre anastomosi in-
testinali. Ileostomia temporanea. Tracheostomia temporanea. Trattamento sepsi.
Ricovero presso Unità di Terapia Intensiva con diagnosi di shock settico, multi-
ple deiscenze intestinali, versamento pleurico.
Dopo ~7 giorni:
Comparsa di nuovo episodio di shock settico, si esegue toilette della stomia,
VAC-therapy e posizionamento di port-a-cath per nutrizione parenterale totale, in
seguito sostituito per comparsa di sepsi da cocchi Gram+.
Dopo ~2 mesi
Comparsa di fistola ileale a monte della precedente. Vista l’impossibilità di ap-
plicazione della VAC-therapy, si propende per trattamento della fistola mediante
posizionamento di drenaggi aspirativi.
Dopo 5 mesi:
Intervento chirurgico di copertura con rotazione di lembo e fissazione di mucosa
ileale alla cute.
Dopo 15 giorni:
Iperpiressia, leucopenia, ipotensione, oligoanuria: trasferimento all’Unità di
Medicina Interna dell’Ospedale Beta. Fistola entero-cutanea paramediana ad
alta portata ed ileostomia; importante eritema peristomale ed intertrigine delle
pieghe inguinali e sottomammarie. Terapia antibiotica ed antifgungina, conta-
minazione cutanea da parte di materiale enterico.
108 La responsabilità del chirurgo
Alla fistola sono state apposte placche apposite, anche se con molte difficoltà
riguardo alla loro adesione alla cute a causa di grave dermatite irritativa.
Emocolture positive per Candida spp, cui segue rimozione del port-a-cath e posi-
zionamento di CVC in giugulare per consentire la prosecuzione della NPT.
Dopo ~1 mese:
Posizionamento di catetere PICC in vena brachiale per prosecuzione domiciliare
della NPT. Aggravamento dell’ipotiroidismo, marcata ipovitaminosi D e deficit di
acido folico. Aumento degli enzimi epatici verosimilmente legato alla NPT ed alla
terapia farmacologica. Plurime emotrasfusioni per persistente grave anemia. Ini-
ziata fisioterapia motoria, con graduale recupero della deambulazione. Al domi-
cilio è indicata deambulazione con deambulatore. Indicazione assoluta a ridurre
al minimo l’assunzione di cibo per os in quanto, a causa dell’intestino corto, l’ali-
mentazione determina un aumento del volume di efflusso dallo stoma che è di 2-3
litri al giorno. Infatti, in tali condizioni, l’alimentazione per bocca riveste esclusivo
significato psicologico e può limitarsi solo a pochi bocconi.
Tornata a domicilio dopo ~1 mese, la gestione della paziente si rivela subito impos-
sibile a causa della indomabilità della fistola enterica ad alta portata e della necessità
di NPT permanente: le persone inviate dalle istituzioni a supporto della famiglia si
dichiarano incapaci di provvedere alle necessità della paziente e si ritirano dall’im-
pegno loro assegnato.
Nuovo ricovero presso l’Ospedale Beta, Reparto di Geriatria.
Diagnosi: sepsi da Candida spp e infezione di fistola entero-cutanea ad alta por-
tata in paziente portatrice di port-a-cath e affetta da malassorbimento per sindro-
me dell’intestino corto. Colestasi in corso di NPT.
Dopo ~1 settimana
Ricovero presso Reparto di Ematologia Ospedale Beta per squilibrio idroelettro-
litico e peggioramento della funzionalità renale.
Diagnosi: polmonite, sepsi da Escherichia e Candida
Dimessa, dopo ~1 mese nuovo ricovero presso Reparto di Ematologia Ospedale
Beta per iperpiressia e importante calo ponderale.
Diagnosi di polmonite sinistra.
Coltura dell’espettorato: Acinetobacter; emocoltura positiva per enterobatteri.
In dimissione la paziente è defedata, in condizioni generali scadute, necessita di
aiuto costante nella gestione dei bisogni primari, mobilizzata in carrozzina con
aiuto.
Dopo ~1 settimana
Ricovero presso Medicina Generale dell’Ospedale Beta per posizionamento di
port-a cath per NPT domiciliare.
Casi peritali simulati e commentati 109
Dopo ~3 mesi:
Ricovero presso Ospedale Alfa, Reparto di Terapia Intensiva, per dispnea acuta
e iperpiressia. Successivo exitus.
Diagnosi: polmonite basale destra in paziente cachettica-fortemente anemi-
ca-insufficienza respiratoria.
Trattamento: Antibioticoterapia, ventilazione meccanica, tracheostomia, emo-
trasfusioni, sostegno del circolo. Disposto riscontro diagnostico.
Appare altamente probabile che vi sia stata un’imperizia chirurgica: non si trat-
ta, però, di una probabilità prossima alla certezza, che possa dimostrata con il
grado di certezza richiesto in sede penale.
V’è qualche perplessità anche con riguardo alle modalità con cui la complicanza
di cui sopra è stata affrontata. Censurabili appaiono anche alcune scelte chirur-
giche successive, tuttavia tali condotte, anche qualora se ne volesse riconoscere
l’imperizia, avrebbero comunque una rilevanza causale scarsa o nulla rispetto
all’evoluzione successiva degli eventi, considerando che intervengono in una
situazione già di grave e complessa compromissione del quadro addominale.
Il PM chiede che il Giudice per le indagini preliminari voglia disporre l’archivia-
zione del procedimento.
Sintesi:
A fronte di acclarate importanti criticità nel trattamento chirurgico nel proce-
dimento penale si giunge all’archiviazione per l’impossibilità di affermare che
condotte terapeutiche alternative avrebbero potuto, in via di certezza o di proba-
bilità prossima alla certezza, evitare l’infausta evoluzione del caso.
Nella causa civile i CTU identificavano le medesime criticità circoscrivendo la re-
sponsabilità al chirurgo operatore che aveva operato la paziente più volte nel primo
mese di degenza, con riconoscimento di danno biologico di ~90% e nesso di causa
con il decesso. In questo caso sono ben esemplificate le differenze di giudizio adot-
tate nel contesto penale piuttosto che in quello civile: alto grado di probabilità razio-
nale (“quasi certezza”, “al di là di ogni ragionevole dubbio”) nel primo, più-probab-
ile-che-non (“preponderanza dell’evidenza”) nel secondo.
Caso 12
Colecistectomia laparoscopica: perforazione del colon trasverso
Vicenda clinica:
Donna di ~50 anni, ricoverata presso l’Ospedale Alfa per litiasi multipla della colecisti.
Colecistectomia laparoscopica descritta senza criticità in cui la colecisti appare
di aspetto normale con pareti sottili.
II giornata postoperatoria:
Nelle prime ore del mattino chiamato il medico di guardia a causa di insorgenza
di dolore addominale. Segno di Blumberg positivo in FIS in paziente molto agita-
ta, urla per dolore per componente emotiva, si pratica morfina cloridrato 5 mg s.c.
Rx addome: falda aerea libera da confermare, confermata poi da TAC adddome.
rico a sede periepatica e maggiore distensione gassosa delle anse leali. Aumento
del versamento pleurico bilateralmente con estensione dei processi di disventi-
lazione parenchimale.
In VIII giornata
Posizionati due drenaggi, subfrenico e pleurico, su guida ecografica con fuoriuscita
di materiale corpuscolato.
Ad un nuovo controllo TAC del torace e dell’addome: versamento pleurico di no-
tevole entità a destra, esteso dalla base alla regione apicale, con alterazioni disventi-
latorie da compressione nel territorio lobare inferiore; pneumoperitoneo con falda
liquida periepatica e pelvica. La raccolta periepatica in sede subfrenica appare tinta
da Gastrographin fuoriuscito dal colon destro.
In IX giornata
Abbondante materiale corpuscolato dal drenaggio sub-frenico.
Rx torace: falda pneumotoracica e idro-pneumoperitoneo.
In XII giornata
I parenti della paziente predisposero, con il suo consenso, il trasferimento della
stessa all’Ospedale Beta. Nella lettera di dimissioni contro parere medico la dia-
gnosi riportata era di: peritonite grave, shock settico, insufficienza respiratoria,
versamento pleurico, pneumotorace.
In sede drenaggio addominale ad ingresso ipocondrio destro dal quale fuoriesce
materiale enterico. Esami ematochimici: GB ~20, PLT ~800, PCR ~60.
All’Ospedale Beta:
TAC addome con mdc: falda di PNX a destra. Falce d’aria libera anteriormente al
fegato, diffuso ispessimento delle limitanti peritoneali in scavo pelvico, con compo-
nenti liquide saccate; è presente anche opacizzazione contrastografica della loggia
colecistica, da pregresso spandimento extraluminale di mdc.
Intervento laparotomico d’urgenza (3) per peritonite stercoracea da perforazio-
ne colica iatrogena post-colecistectomia, pneumotorace iatrogeno.
Abbondante falda di materiale enterico prevalentemente in sede sotto-epatica;
in scavo pelvico si reperta altra componente liquida corpuscolata.
Ampia soluzione di continuo della parete colica in corrispondenza della flessura
epatica in esiti di pregressa rafia. Si drena ascesso in sede subfrenica destra. La-
vaggio del cavo addominale, emicolectomia destra.
Diagnosi: peritonite in paziente sottoposta a colecistectomia laparoscopica e suc-
cessivamente a rafia di lesione colica in laparoscopia. Dimissione in XI giornata.
Sintesi:
Riconoscimento della piena responsabilità solo per il primo operatore in entrambi
gli interventi laparoscopici. Nessuna responsabilità dei Chirurghi che svolsero il
ruolo di aiuto ed assistente negli interventi, qui giustificati nel non avvedersi del
determinarsi o della presenza della perforazione colica sfuggite all’attenzione del
primo operatore. Nessuna responsabilità a carico dell’Ospedale privato Alfa.
Qui ben identifica il ruolo del chirurgo libero professionista che presta la sua ope-
ra come consulente della Casa di Cura, e vene messo ben in evidenza come le
responsabilità dei due soggetti giuridici siano qui nettamente disgiunte.
Caso 13
Termoablazione laparoscopica di epatocarcinoma:
insufficienza epatica ed exitus
Vicenda clinica:
Maschio di ~65 anni, affetto da cirrosi criptogenetica (sospetta evoluzione di
NASH), pregressa HBV.
TAC addome: Lesione di ~2 cm in S8 da epatocarcinoma (HCC) e cospicuo versamen-
to ascitico, con vena porta pervia. L’anno precedente ricovero per scompenso ascitico.
Ecografia addome con mdc: Lesione in S8 di ~2 cm in rapporto con diramazione
portale principale e per tale motivo risulta non praticabile approccio percutaneo.
TAC addome con mdc: Lesione focale compatibile con HCC in S8 in lieve in-
cremento dimensionale e in stretta contiguità con i rami portali intraepatici ma
la cui pervietà è conservata. Comorbilità: sindrome frontale con parkinsonismo
bradicinetico, diabete mellito, ipertensione arteriosa, insufficienza renale croni-
ca III stadio, ipotiroidismo autoimmune, anemia macrocitica.
Eseguite EGDS (1 varice esofagea F1) e colonscopia (diverticolosi del sigma).
Esami ematochimici: Hb ~7,5; PLT ~90’000; PT ~1,5; PTT ~1; albumina ~2,5; bil
tot ~3 (in aumento, dir. ~0,5), creatinina 1,6 ~1,5; urea ~20; AST ~60; ALT ~45.
Paziente sveglio, rallentamento psicomotorio, non flapping tremor. Obiettività
addominale silente, non evidenza di grossolana ascite. Emotrasfusione di 2 uni-
tà di EC per Hb <8.
Consenso informato:
Convocati i parenti e in presenza del paziente si espongono in modo dettagliato
rischi e benefici dell’intervento proposto di RFA laparoscopica.
In particolare, il rischio più importante è determinato da un peggioramento della
funzione epatica con grave scompenso epatico con rischio di morte aumentato sia
per la ridotta funzione epatica preoperatoria che per la sede della lesione (trombo-
si portale e stenosi VB). Purtroppo, non esistono alternative terapeutiche valide. Il
paziente e i parenti accettano le proposte terapeutiche presentate. Bilirubina tota-
le~4,5. Intervento di radiofrequenza laparoscopica VIII segmento epatico.
41 Melstrom LG: The management of malignant liver tumors. In: Cameron JL: Current Sur-
gical Therapy, 328, Elsevier 2014.
42 Cauchy F: HCC: Current surgical treatment concepts. Langenbecks Arch Surg 397:681,
Elsevier 2012.
43 Sicklick JK: The liver. In Sabiston Textbook of Surgery, 1456, Elsevier 2012.
Casi peritali simulati e commentati 119
epatica post-operatoria. L’ICG viene iniettato endovena, e i suoi livelli nel sangue
vengono misurati dopo 15’: in pazienti con funzione epatica normale, la ritenzione
del colorante deve essere <10%. Pazienti con valori compresi tra 15 e 20% possono
tollerare la resezione di due segmenti; per valori tra 21 e 30% è eseguibile la re-
sezione di un singolo segmento o una wedge resection. Per una ritenzione di ICG
maggiore del 40% la chirurgia è controindicata, per l’altissimo rischio dell’insor-
genza di una insufficienza epatica post-operatoria ad evoluzione fatale44.
Anche la TAC, con la misurazione della volumetria epatica, è un mezzo utile
di valutazione preoperatoria. Essa può essere utilizzata per valutare il fegato
residuo (future liver remnant - FLR) e predire la probabilità di andare incontro
ad insufficienza epatica postoperatoria. Un FLR inferiore al 40% è considerato
predittivo di una insufficienza epatica post-operatoria45.
Complessivamente, i tassi di sopravvivenza nelle diverse casistiche dopo rese-
zione epatica per HCC sono del 58-100% a 1 anno, del 28-88% a 3 anni, dell’11-
75% a 5 anni e del 19-26% a 10 anni. Tale varietà di risultati dipende ovviamente
dallo stadio del tumore e della cirrosi, ma rende anche conto dei risultati po-
tenzialmente ottenibili dalla chirurgia46. La trombosi portale (PVT) è una com-
plicanza frequente dell’HCC e si associa solitamente ad una cattiva prognosi.
Il 10-40% dei pazienti con HCC hanno una trombosi portale al momento della
diagnosi.47,48 laddove la trombosi di un ramo portale principale peggiora la pro-
gnosi rispetto alle trombosi dei rami periferici.49
Nel caso in oggetto la presenza di trombosi portale è riportata solo nel consenso
informato, senza che né la sede né l’estensione siano segnalate.
Secondo il Liver Cancer Study Group of Japan, su un campione di 17.455 pazien-
ti con HCC, il 3,9% aveva una trombosi di un una branca portale di primo ordine
44 Hemming AW: Indocyanine green clearance as a predictor of successful hepatic resection in
cirrhotic patients. Am J Surg 163:515, 1992; Noguchi T: Preoperative estimation of surgical risk
of hepatectomy in cirrhotic patients. Hepato-Gastroenterology 37:165, 1990; Gavinelli M: Cor-
relazione tra lo score di Child-Pugh e il test del verde indocianina (TVIC) in pazienti candidati
a resezione epatica per neoplasia. Atti XXVIII Congr.Naz SIRC, 225, 1994; Fan ST: Hepatectomy
for hepatocellular carcinoma: toward zero hospital deaths. Ann Surg 229:322, 1999.
45 Melstrom LG, Op Cit, 329; Sicklick JK, Op cit, 1456; Okamoto E: Prediction of the safe
limits of hepatectomy by combined volumetric measurements in patients with impaired
hepatic function. Surgery 95:586, 1994; Gavinelli M: Validità di un protocollo di valutazi-
one preoperatoria del paziente cirrotico candidato a resezione epatica per epatocarcinoma.
Atti XXVIII Congr Naz SIRC, 251, 1994.
46 Sicklick K, Op cit, 1458.
47 Minagawa M: Treatment of hepatocellular carcinoma accompanied by portal vein tumor
thrombus. World J Gastroenterol 12:7561, 2006.
48 Llovet JM: Natural history of untreated nonsurgical hepatocellular carcinoma: rationale
for the design and evaluation of therapeutic trials. Hepatology 29:62, 1999.
49 Lau WJ: Treatment for hepatocellular carcinoma with portal vein tumor thrombosis: the
emerging role for radioembolization using yttrium-90. Oncology 84:311, 2013.
120 La responsabilità del chirurgo
(Vp3); in una casistica di 25.066 pazienti, nei malati con Vp3 la sopravvivenza è
riportata essere del 23,3% a 5 anni50. Il sistema di classificazione maggiormente
utilizzato in Europa e negli Stati Uniti è il Barcelona Clinic Liver Cancer (BCLC),
in cui si raccomanda di evitare la chirurgia in caso di PVT51.
La resezione chirurgica in caso di HCC+PVT è invece maggiormente praticata
nei paesi asiatici (Giappone, Cina, Corea del Sud), dove l’epatite B, causa predi-
sponente, è più diffusa ed i pazienti presentano di solito una funzione epatica
maggiormente permittente52.
Attualmente l’unica terapia raccomandata per l’HCC con PTV non resecabile
dalla American Association for the Study of Liver Diseases (AASLD) e dalla Eu-
ropean Association for Study of the Liver (EASL) è farmacologica con il sorafe-
nib, una multi-tirosin chinasi orale che inibisce l’angiogenesi e la proliferazione
delle cellule tumorali.53,54
Il suo utilizzo in associazione alle terapie locoregionali (chemioembolizzazione
transarteriosa, ablazione chimica, ablazione con radiofrequenza, ablazione con
micro onde, radioterapia esterna, radioterapia interna o radioembolizzazione
trans-arteriosa con yttrio-90) è ancora in fase di valutazione.55,56,57,58,59,60
In conclusione, il de cuius era portatore epatocarcinoma con trombosi portale in
cirrosi epatica criptogenetica condizionante insufficienza epatica, episodi di scom-
penso ascitico, ipertensione portale in paziente con sindrome frontale con parkin-
sonismo bradicinetico, diabete mellito, ipertensione arteriosa, insufficienza renale
cronica al III stadio, anemia macrocitica. Pur essendo nel complesso, per lo stadio
50 Ikai I: Report of 18th follow-up survey of primary liver cancer in Japan. Hepatol Res 28:21, 2004.
51 Forner A: Current strategy for staging and treatment the BCLC update and future pros-
pects. Semin Liver Dis 30:61, 2010.
52 Omata M: Asian Pacific Association for the Study of the liver consensus recommendations
on hepatocellular carcinoma. Hepatol Int 4:439, 2010.
53 Fong Y, Op cit; A new prognostic system for hepatocellular carcinoma: a retrospective
study of 435 patients: the Cancer of the Liver Italian Program investigators. Hepatology
28:751, 1998.
54 Bruix J: Management of hepatocellular carcinoma: un update. Hepatology 53:1020, 2011.
55 Quirk M: Management of hepatocellular carcinoma with portal vein thrombosis. World J
Gastroenterol 21: 3462, 2015.
56 Ando E: Hepatic arterial infusion chemotherapy for advanced hepatocellular carcinoma
with portal vein tumor thrombosis. Cancer 95:588, 2002.
57 Hoffe SE: Nonsurgical options for hepatocellular carcinoma: evolving role of external
beam radiotherapy. Cancer Control 17:100, 2010.
58 Hilgard P: Radioembolization with yttrium- 90 glass microspheres in hepatocellular car-
cinoma: European experience on safety and long-term survival. Hepatology 52:1741, 2010.
59 Chen MS: A prospective randomized trial comparing percutaneous local ablative therapy
and partial hepatectomy for small hepatocellular carcinoma. Ann Surg 342:321, 2006.
60 Liang HH: Percutaneous radiofrequency ablation versus repeat hepatectomy for recur-
rent hepatocellular carcinoma: a retrospective study. Ann Surg Oncol 15:3484, 2008.
Casi peritali simulati e commentati 121
della malattia epatica di base, la presenza di trombosi portale e delle plurime gravi
comorbilità in nessun modo trattabile l’HCC senza incorrere in altissimo rischio
di morte (come peraltro segnalato nel consenso informato all’intervento), si faceva
ricorso ad una procedura di tipo interstiziale, peraltro con modalità invasiva la-
paroscopica invece che percutanea in anestesia locale che veniva immediatamente
seguita da uno scompenso epatico irreversibile, sindrome epato-renale e multior-
gano con decesso del paziente. È opportuno ricordare anche come il diabete possa
favorire l’instaurarsi della insufficienza epatica acuta e della sindrome epato-rena-
le61. L’ablazione mediante radiofrequenza (RFA) utilizza corrente alternata ad alta
frequenza per creare calore attorno ad una sonda inserita nella lesione neoplastica
solitamente su guida ecografica, per via percutanea, generando temperatore supe-
riori a 60° che determinano la necrosi cellulare.
La sua azione è limitata dalla presenza dei vasi sanguigni ed il processo di ne-
crosi tissutale non è quindi ideale in loro prossimità, a maggior ragione in pre-
senza di trombosi portale, che inoltre rende la prognosi peggiore vanificando il
trattamento locale dell’HCC. Nel caso in oggetto la necrosi tumorale, gli effetti
dei farmaci anestetici, il trauma chirurgico della laparoscopia hanno innescato
una alterazione acuta gravissima ed irreversibile del precario meccanismo ome-
ostatico del paziente che l’ha rapidamente condotto a morte.
Se è pur vero che l’insieme di condizioni patologiche che affiggevano il paziente
configuravano una prognosi non favorevole nel tempo, è certamente qui dimo-
strato l’inescusabile nesso causale tra radiofrequenza laparoscopica ed il deces-
so del paziente. Già poche ore dalla fine dell’intervento chirurgico la sindrome
epato-renale diventava conclamata; essa è tipica delle fasi avanzate della malat-
tia cirrotica, e si manifesta, insieme a un progressivo deterioramento della fun-
zione epatica, con una insufficienza renale caratterizzata da oliguria, aumento
dell’azotemia e della creatininemia.
Inoltre, sono presenti ascite ed encefalopatia con mancata risposta della fun-
zione renale alla correzione della volemia. L’encefalopatia epatica complica
infine lo scompenso epatico, con confusione mentale, eloquio incoordinato,
tremori delle estremità. Vi è complessivamente da ritenere, anche se trattasi di
una previsione di assai difficile formulazione, a maggior ragione per i numerosi
fattori clinici implicati (cardiologici, metabolici e neurologici) che la sopravvi-
venza del paziente qualora si fosse soprasseduto al trattamento chirurgico, vista
la sostanziale stabilità della lesione neoplastica nel tempo, avrebbe potuto essere
discretamente lunga, potendo raggiungere, e probabilmente superare, l’anno.
Negligenza nel porre errata indicazione alla procedura di radiofrequenza lapa-
roscopica, imperizia nelle sue modalità attuative foriere di complicanze gravis-
sime sono da ritenersi responsabili della morte del de cuius.
61 Friedman LS, in McPhee SJ, Current Medical Diagnosis and Treatment, 607, Lange 2010.
122 La responsabilità del chirurgo
Ciò nonostante, rileva osservare come nell’aggiornamento 2017 delle linee guida
AIOM, a pagina 24, le raccomandazioni già espresse nella versione edita nell’an-
no 2015 siano state integralmente confermate.
Dunque il trattamento di radiofrequenza laparoscopica cui il paziente fu sotto-
posto potrebbe essere qualificato, anche alla luce della delicata sede anatomi-
ca della lesione, come prestazione resa, travalicando le linee guida consolidate,
secondo la miglior scienza medica ovvero la miglior pratica medico-chirurgica
comprendendo in essa l’impiego di procedure ancora in fase di sperimentazione
o comunque di indicazione non univoca.
D’altra parte, gli elementi documentali disponibili portano a ritenere che il pa-
ziente fu candidato al predetto intervento giacché erroneamente ricondotto ad
una classe di rischio (Child-Pugh B8) per la quale le linee guida contemplavano
tale opzione e non secondo una logica travalicante le raccomandazioni consoli-
date, fattispecie che avrebbe richiesto, in prima istanza, il corretto inquadramen-
to delle condizioni epatiche del paziente.
Si precisa come nessun profilo di censurabilità sia ravvisabile nella esecuzione tec-
nica della procedura di radiofrequenza laparoscopica e nella gestione delle esigenze
diagnostico-terapeutiche emerse nel corso del ricovero che ne seguì, sino al decesso,
la cui causa è da identificare negli effetti tossici connaturati al predetto trattamento.
Procedendo oltre, ammessa come realizzata la condotta raccomandata dalle li-
nee guida citate, ovvero optato per una scelta clinica astensionista, la condizione
patologica naturale di cui il soggetto era affetto sarebbe evoluta condizionan-
do una sopravvivenza stimabile secondo le metodiche di seguito illustrate. Alla
luce dei valori di laboratorio disponibili, si configurava, secondo i nomogrammi
della Mayo Clinic63 di 5.11.
63 https://www.mayoclinic.org/medical-professionals/model-end-stage-liver-disease/
meld-model), un MELD score di 23 e un MESIAH score (Modello per la stima della so-
pravvivenza dei pazienti con HCC, Mayo Clinic https://www.mayoclinic.org/medi-
cal-professionals/model-end-stage-liver-disease/model-estimate-survival-ambulatory-he-
patocellular-carcinoma-patients-mesiah.
124 La responsabilità del chirurgo
Pur avuta considerazione dei limiti connessi alla trasposizione di dati casistici
alla valutazione di una singola vicenda, emerge come il trattamento di radiofre-
quenza laparoscopica, incidendo su di un organo già gravemente compromesso,
abbia determinato, accelerando l’esaurimento della funzione epatica, una antici-
pazione della morte, evento che si sarebbe verificato secondo le stime di soprav-
vivenza sopra dettagliate.
Occorre tuttavia precisare che, alla luce della sede anatomica della lesione neo-
plastica, per prossimità potenzialmente idonea a cagionare eventi ostruttivi sul-
le vie biliari e sulle strutture vascolari, le fasce di probabilità più sopra riportate
sono da ridimensionare in misura attendibilmente non trascurabile, ancorché
quantitativamente non precisabile sul piano percentuale.
Nell’ambito di un giudizio complesso ed inevitabilmente interlocutorio, è da
ritenere che alle sequele del trattamento di radiofrequenza laparoscopica sia da
addebitare un’anticipazione dell’evento morte in misura, in via di probabilità,
inferiore all’anno senza poter esprimere in merito valutazione più circostanziata.
Conclusioni:
Accordo stragiudiziale per la corresponsione di un risarcimento di euro 50.000.
Sintesi:
L’indicazione all’intervento di termoablazione laparoscopica dell’HCC è conside-
rata errata a causa di una sottostima della gravità della funzione epatica (erroneo
calcolo dello score di Child-Pugh), che avrebbe consigliato solo la miglior terapia
di supporto, senza trattamenti invasivi. Tale errore di calcolo risulta francamente
difficilmente comprensibile e su questo parte convenuta non si è pronunciata.
La procedura è stata condotta in modo corretto, ma ha innescato una insufficien-
za epatica acuta che, anche se adeguatamente trattata, ha condotto il paziente
anzitempo alla morte. L’utilizzo del MESIAH score, per la stima della soprav-
vivenza, dimostrava nel caso in oggetto la possibilità di sopravvivenza, con la
terapia di supporto, a 1 anno, era comunque di poco superiore al 50%.
Casi peritali simulati e commentati 125
Caso 14
Appendicite acuta, shock settico, damage control surgery
Vicenda clinica:
Maschio di ~15 anni. A metà mattina accesso al Pronto Soccorso dell’Ospedale
Alfa, codice bianco. Nell’anamnesi dolore addominale in sede paraombelicale
da ~2 giorni, e da questa notte nausea e dolore epigastrico.
Plurimi episodi di vomito autoindotto per cercare di ridurre la sintomatologia.
Addome piano, trattabile, non reazioni di difesa, non dolente alla palpazione
superficiale e profonda, Blumberg negativo.
Dimissione dopo circa 1 ora, con prescrizione di controllo dal curante e riposo
domiciliare per ~3 giorni. Dieta leggera con apporto idrico adeguato.
Prereid liquido per due giorni. Fermenti lattici per 10 giorni.
Diagnosi conclusiva: probabile iniziale gastroenterite.
Dopo 6 giorni:
Al mattino accesso in Pronto Soccorso dell’Ospedale Beta, in codice bianco, per
algia ipocondrio-fossa iliaca destra, alvo diarroico, vomito da una settimana.
Addome trattabile, non dolente alla palpazione superficiale e profonda. Apire-
tico. Leucociti >30, N ~80%. Dimissioni dopo circa 3 ore, con diagnosi di gastro-
enterite acuta. Prognosi di 2 giorni, prescritti: Dicodral, Dicoflor, dieta leggera,
controllo dal curante tra 48h.
Dopo ~ 6 ore:
Ancora in attesa del ricovero mentre stazionava in Pronto Soccorso, comparsa
improvvisa di dispnea, saturazione inizialmente ~90%, dopo mezz’ora FR ~40,
FC ~140/min, PA ~105/70, SpO2 ~70% in O2 12 L/min. Si procede con sedoanalge-
sia e IOT, si aspira vomica di pus.
TAC torace e addome in urgenza: sopraelevazione dell’emidiaframma destro e
presenza di estese aree di consolidamento parenchimale polmonare bilaterale
interessanti pressoché totalmente entrambi i lobi inferiori; concomitano diso-
mogenee aree di addensamento del parenchima polmonare con aspetti pseudo
nodulari confluenti al segmento dorsale di entrambi i lobi.
In sede sovradiaframmatica destra componente idro-aerea a morfologia anfrat-
tuosa che risulta apparentemente in comunicazione con ampia raccolta a densità
idrica e con livello idro-aereo localizzata alla cupola epatica e il profilo laterale
del lobo epatico destro (estensione longitudinale di almeno 20 cm e diametri
massimi di ~15 x 7,5 cm), delimitata da sottili pareti. Nello spazio epato-renale
ulteriore raccolta idroaerea con dominanza della componente aerea (diametri
massimi di 2x6cm).
In scavo pelvico, in sede mediana sovravescicale altra ampia raccolta idro-aerea
con la costituzione di livello, con diametri massimi di ~ 10 x 15 cm ed estensio-
ne longitudinale di almeno 13 cm. In condizioni di base, in fossa iliaca dx nella
sede presunta del verme appendicolare, si apprezza formazione rotondeggiante
a densità calcifica di ~8 mm che determina difetto di riempimento endoluminale
dopo opacizzazione con mdc a livello di struttura tubuliforme in comunicazio-
ne con il cieco e con altra struttura di morfologia pseudoserpiginosa tubulare,
opacizzata dal mdc refluo e sita caudalmente al margine inferiore della raccolta
in fianco destro, senza rapporto di continuità con quest’ultima, reperto di non
univoca interpretazione (ansa del piccolo intestino? Raccolta extraluminale?).
Si segnala disomogeneità del tessuto adiposo periviscerale della fossa iliaca destra
e componente fluida libera adesa al margine anteriore del terzo distale del m.pso-
as e tra le anse intestinali limitrofe.
Diagnosi in PS: shock settico, empiema.
Dopo ~2 ore:
Intervento laparotomico per ascessi addominali multipli, peritonite diffusa, ap-
pendicite perforata e ileite infiammatoria periascessuale.
Quadro di peritonite diffusa con ascessi tra le anse. In sede pelvica ascesso di ~10
cm di diametro drenaggio di 1 litro di pus. Ascesso subfrenico destro contenente
almeno 1 litro di pus. Durante le manovre di dissezione si procurano estese spe-
ritoneizzazioni per cui si decide la resezione di ~10 cm di ileo.
La sezione distale cade a ~8 cm dalla valvola ileocecale. L’appendice è perforata
al terzo medio. Appendicectomia, lavaggio del cavo addominale e della loggia
sottofrenica destra.
Si decide di eseguire una anastomosi in 2 tempi e quindi un trattamento aperto
dell’addome con sistema Abthera. Si posizionano 2 compresse laparotomiche:
Casi peritali simulati e commentati 127
Dopo 3 ore:
Acidosi metabolica, anurico. Si aspirano abbondanti secrezioni purulente del tubo
OT (tipo vomica), simili al materiale purulento dell’addome.
A fine mattina dopo riempimento con cristalloidi - PFC 4 U, albumina: circolo mi-
gliorato, ripresa della diuresi. Meglio anche da un punto di vista metabolico, con
progressiva riduzione dell’acidosi metabolica.
Sintesi:
Appendicite acuta con sintomatologia e presentazione clinica subdola per molti
giorni, non riconosciuta in Pronto Soccorso in due diversi ospedali. Peggioramen-
to clinico repentino con complicanze settiche e respiratorie tali da mettere in peri-
colo la vita in adolescente sano e sportivo. A questo punto tempestivo intervento
rianimatorio e chirurgico con utilizzo dei metodi della damage control surgery,
con risoluzione di un quadro clinico, sino a quel momento riconosciuto, di ec-
cezionale gravità per le complicanze verificatesi. Danno biologico permanente
130 La responsabilità del chirurgo
Caso 15
Appendicite acuta nell’infanzia: enterorragia post-operatoria
Vicenda clinica:
Bambino di ~4 anni e mezzo giunge in Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa una
sera ed è sottoposto a visita pediatrica. Dalla cartella clinica di Pronto Soccorso:
Priorità: 3, poco critico – verde.
Sospetto: dolore addominale: valutazione sofferenza: 3.
Anamnesi: addominalgia da questa notte.
Esame obiettivo: sospetta appendicopatia. Si ricovera.
Diagnosi: addominalgia.
Nelle prime ore del mattino: presenta enterorragia (sangue color vinaccia+coaguli,
~30 cc). Parametri vitali nella norma. Addome piano, dolente diffusamente alla
palpazione con modica reazione di difesa, peristalsi presente a sinistra. Hb ~10.
Dopo ~45 min: colorito pallido. Emodinamica stabile, tachicardico. Alvo: abbon-
dante quantità di sangue colore rosso vinoso. Oliguria. E.R: notevole quantità
di sangue, anche coagulato, rosso bruno. Anemizzazione. Si pone indicazione a
intervento chirurgico urgente.
Dopo ~4 mesi:
Ricovero presso reparto di Chirurgia Pediatrica Ospedale Beta. Intervento di pla-
stica della parete addominale per laparocele con liberazione dell’omento dai bordi
del laparocele e della parete addominale con parziale resezione e liberazione di
aderenze del cieco alla parete addominale. Decorso regolare.
Sintesi:
Il CTU medico legale, senza un co-CTU chirurgo, fa del tutto sua l’ipotesi circa il de-
terminismo del danno in termini di errore chirurgico, sia pure con una ricostruzione
poco verosimile; nega l’importanza del ritardo nell’eseguire l’intervento per appen-
dicite gangrenosa, dimostrando una non adeguata padronanza dell’argomento.
Per un bambino di 4 anni trattato anche in rianimazione e sottoposto a 3 inter-
venti chirurgici è riconosciuto un danno permanente in pratica corrispondente
quasi solo agli esiti cicatriziali.
134 La responsabilità del chirurgo
Caso 16
Ernia inguinale strozzata, mancato trattamento,
exitus (penale)
un chirurgo, un anatomopatologo.
Vicenda clinica:
Maschio quasi 50 anni; Nel pomeriggio del giorno dell’esordio dei sintomi la
moglie si recò presso lo studio del dott. X, medico di Assistenza Primaria, ri-
ferendo, con parole sue, la situazione clinica del marito. Egli, senza visitare il
paziente, prescrisse un antiemetico (metoclopramide) e rilasciò un certificato di
malattia con diagnosi di astenia e la prescrizione di una settimana di riposo.
Da questo momento trascorse più di un giorno senza ulteriori provvedimenti.
La sera del giorno successivo il medico della Guardia Medica, dott. Y, sommi-
nistrò ancora metoclopramide e.v. senza fare diagnosi: questo verosimilmente
perché nel corso della visita non esplorava la regione inguino-scrotale (ovvero
non abbassava i pantaloni del paziente quel tanto da poterla esporre), e comun-
que poco dopo il paziente fu trasferito in ambulanza in Pronto Soccorso. Qui
giungeva agonico, in arresto respiratorio e bradisistolia, né valevano le mano-
vre rianimatorie ad evitarne il decesso, per le conseguenze di un’ernia inguinale
strozzata non riconosciuta con necrosi e gangrena di un’ansa ileale, cui seguiva
uno shock irreversibile.
Sintesi:
È quindi possibile che in anni molto recenti si verifichi, in una città italiana ca-
poluogo di provincia, un decesso per le complicanze di un’ernia inguinale non
trattata. Qui concause sono l’irresponsabilità del paziente (che la sera prima del
decesso aveva insistito nel voler vedere in TV evento sportivo, con un’ansa ileale
in necrosi nello scroto) senza andare dal medico; la moglie, che aveva preteso
dal medico una certificazione di malattia “al buio” di malattia; il medico stesso
che l’aveva rilasciata senza visitare il paziente per una patologia che, il giorno
seguente, ne avrebbe causato la morte.
Caso 17
Ernioplastica inguinale, lesione dello SPE
Vicenda clinica:
Donna di circa 30 anni. Intervento in anestesia spinale di alloplastica sec. Kugel per
ernia inguinale indiretta. Rientra in Reparto dalla Sala operatoria la sera dello stesso
giorno. Nella notte, dal diario Infermieristico (senza menzione dell’ora) si annota che
la paziente dopo anestesia spinale non riesce ad appoggiare il piede omolaterale.
Dopo ~3 ore:
Permane deficit della dorsiflessione piede Visita neurologica: da ieri lamenta dif-
ficoltà alla flesso-estensione del piede Riferita in passato lombosciatalgia in tale
lato. EO: Mingazzini ben tenuto arti superiori ed inferiori. Deficit alla flesso-esten-
sione e alla rotazione esterna del piede Deficit di sensibilità sul dorso del piede.
Possibile deficit nel territorio radicolare di L5 con sofferenza del peroneo comune.
Visita fisiatrica: Riferisce difficoltà alla deambulazione e nella flesso-estensione
del piede EO: difficoltà di deambulazione per deficit dorsi-flessione del piede
Impossibile la deambulazione in talo, inoltre deficit della lateralizzazione piede
Inizia trattamento riabilitativo. Si consiglia anche molla di Codevilla e program-
mare EMG arti inferiori e RNM L5.
Dopo ~2 mesi,
RNM colonna lombosacrale: a livello di L4-L5 minima protrusione discale pa-
ramediana intraforaminale destra che entra in contatto con la radice di L5.
EMG: Segni di denervazione in fase attiva in tutti i muscoli esaminati specie nel
tibiale ant., tibiale post., gemello lat., peroneo lungo L’esame è indicativo di una
sofferenza radicolare L5 e meno marcata S1 post-gangliare.
Visita chirurgica: Dolore alla pressione del tubercolo pubico in relazione alla
difficoltà di deambulazione.
Visita fisiatrica, conclusioni: si consiglia ciclo di rieducazione motoria e di rie-
ducazione del cammino + ciclo di terapia stimolante TA-EPA-CCD.
Dopo ~1 anno, Visita chirurgica: dolore in sede inguinale da 1 mese. Obiettività negativa.
Dopo ~2 anni:
Per parestesie arto inf EMG sofferenza neurogena di vecchia data tibiale ant e la pa-
ziente è guarita da tale patologia. Nell’immediato postoperatorio si è evidenziato un
grave deficit del nervo sciatico popliteo esterno (SPE). La paziente non solleva il pie-
de, con deficit completo della flessione dorsale. Trattasi di lesione di tipo neuropras-
sico, tipica dei malposizionamenti (d.d. con lesione legata alla anestesia spinale).
Ipotesi: compressione del nervo a livello del capitello peroneale o lesione da
stiramento del nervo per eccessiva e prolungata flessione plantare del piede. La
patogenesi può essere correlata ad incongrue manovre perioperatorie che hanno
determinato postumi permanenti. Sono dovute a stiramento o/a compressione
di nervi periferici vulnerabili, si verificano spesso in Trendelemburg spinto.
L’anestesista Dr. X consegna al suo avvocato una nota in cui descrive nel dettaglio le
modalità di esecuzione di anestesia spinale da lui praticate alla paziente in oggetto.
Caso 18
Colecistite acuta alitiasica in cardiopatico, terapia medica, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di ~75 anni, con ambulanza giunge al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa.
PA 95/70. Da 6 giorni comparsa di dolore epigastrico e alvo chiuso alle feci. Saltuari
dolori addominali. Assume Dilatren, Cordarone, Monoket, Enapren, Lasix, Ticlopi-
dina, Statina, Nexium, Sintrom, Spiriva. Insulina. Diabetico, iperteso, BPCO, AAA,
138 La responsabilità del chirurgo
Il giorno successivo
Il paziente è ancora in Pronto Soccorso, nel corso della notte persiste lo stato ipotensi-
vo. Azotemia>250; creatinina ~7; PCR ~180; WBC >10; N 90%.
TAC addome: colecisti sovradistesa, materiale iperdenso declive a livello del corpo
e della porzione infundibolare, con pareti ispessite in presenza di falda fluida: il
quadro risulta compatibile con colecistite acuta. Nel diario clinico manca l’obietti-
vità clinica. Dieta leggera completa. Fisiologica 500 ml e.v + elettrolitica 500 ml e.v.
Il giorno dopo
Peggioramento acuto della funzione renale in IRC secondaria a nefroangioscle-
rosi diabetica. Il peggioramento risulta verosimilmente legato a quadro infettivo
e disidratazione (pz con addominalgia e inappetenza, non veniva riportata l’o-
biettività addominale). Creatinina >7; GGT ~100.
Il giorno successivo
Nel diario clinico non veniva riportata l’obiettività addominale. PCR ~280; WBC
18,0; N 90%.
Dopo 3 giorni:
Murphy +. Creatinina > 5; albumina > 2; GGT >160; PCR >190; WBC > 20; Neu-
trofili ~90%.
Anche il giorno successivo: Nel diario clinico non fu riportata l’obiettività addominale.
Il giorno successivo: nel diario clinico non veniva riportata l’obiettività addominale.
Il giorno successivo
ACC ed exitus dopo più di 20 giorni di ricovero per arresto cardio circolatorio.
Dalla relazione clinica di dimissione: diagnosi di colecistite acuta litiasica; disidra-
tazione con grave IRA, scompenso cardiaco cronico, dissociazione elettromeccanica.
64 Kalliafas S: Acute acalcolous cholecystitis: incidence, risk factors, diagnosis and outcome.
Am Surg 64:671, 1998.
65 Barie PS: Acute acalcolous cholecystitis, Gastroenterol Clin North Am 39:343, 2010.
66 Huffman JL: Acute acalcolous cholecystitis: a review. Clin Gastroenterol Hepatol 8:15,2010.
67 Mirvis SE: The diagnosis of acute acalcolous cholecystitis: a comparison of sonography,
scintigraphy, and CT. AJR 147:1171, 1986.
68 Kalliafas S, Op cit; Barie PS, Op cit.
69 Cornwell EE: Acute acalcolous cholecystitis in critically injuried patients. Preoperative
diagnostic imaging. Ann Surg 210:52, 1989.
70 Jackson PG: Acute acalcolous colecystitis.In Sabiston Textbook of Surgery, 1501.
71 Elsey JK: Acute cholecystitis. In: Cameron JL: Current Surgical Therapy, 386, Elsevier 2014.
72 Staudacher C: Colecistite acuta. In: Di Carlo V, Andreoni B, Staudacher C: Manuale di
Chirurgia d’Urgenza e Terapia Intensiva Chirurgica, 715, Masson 1993.
73 Jurkovich GJ: Cholecystostomy. Expected outcome in primary e secondary biliary disor-
ders. Am Surg 54:40, 1988.
74 Chung YH: Can percutaneous cholecystostomy be a definitive management for acute
acalcolous cholecystitis? J Clin Gastroenterol 46:216, 2012.
75 Simorov A: Emergency cholecystostomy is superior to open cholecystectomy in extremely
ill patients with acalcolous cholecystitis: a large multicenter outcome study. Am J Surg
206:935, 2013.
142 La responsabilità del chirurgo
76 Browning PD: Percutaneous cholecystostomy for suspected acute cholecystitis in the hos-
pitalized patients. J Vasc Interven Radiol 4:531, 1993.
77 Boland GW: Percutaneous cholecystostomy in critically ill patients: early response and
final outcome in 82 patients. AJR 163:339, 1994.
78 McGahan JP: Percutaneous cholecystostomy: an alternative to surgical cholecystectomy
for acute cholecystitis? Radiology 173:481, 1989.
79 McGahan JP: Invasive ultrasound principles (biopsy, aspiration and drainage). In: Diag-
nostic Ultrasound, 100, Informa, 2008.
80 Jakson PG, Op cit.
Casi peritali simulati e commentati 143
Conclusioni:
Accordo stragiudiziale con risarcimento ai ricorrenti di più di 120’000 euro.
144 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
A seguito delle osservazioni di parte ricorrente il Giudice ha chiamato i consulenti
a chiarimenti. In tale circostanza gli sono state spiegate le contraddizioni della con-
sulenza, e soprattutto l’incongruenza delle percentuali di guarigione/sopravvivenza
dalla colecistite acuta alitiasica, e l’apoditticità della valutazione percentuale della
perdita di chances, senza peraltro ottenere risposte. Nelle more dell’attesa di illimi-
tati rinvii le parti hanno raggiunto l’accordo economico di cui sopra, probabilmente
discostantesi nella sua entità rispetto a quanto scientificamente prevedibile.
Caso 19
Duodenocefalopancreasectomia (DCP)
per pancreatite cronica autoimmune
Vicenda clinica:
differenti stadi o manifestazioni della medesima patologia 81. Nei soggetti porta-
tori di AIP si riscontra un valore delle IgG4 sieriche più che raddoppiato rispetto
ai controlli, e si ritiene che le lesioni dell’albero biliare evolute in stenosi siano
dovute a colangite IgG4 associata82.
La AIP può presentarsi con una massa pancreatica, presente nell’85% ei casi 83.
La diagnosi differenziale deve dunque essere posta con il carcinoma del pancre-
as esocrino e con il linfoma. La manifestazione più comune della AIP è l’ittero
ostruttivo, così come verificatosi nel caso del de cuius.
Il termine di colangite IgG4 correlata è stato proposto per le stenosi biliari in corso
di AIP. I pazienti con AIP sono solitamente maschi anziani che presentano ittero
ostruttivo nel 77% dei casi ed aumentati livelli di IgG4 nel siero nel 74% dei casi84.
La sua corretta diagnosi è volta a trattare le conseguenze della malattia e ad evi-
tare il ricorso ad una chirurgia resettiva inutile. Per fare questo tale malattia deve
essere distinta dal carcinoma del pancreas.85,86
L’esecuzione di una biopsia pancreatica con ago sottile è dunque fondamentale
per la programmazione del trattamento. L’agoaspirato ecoguidato (FNA) sotto
guida ecoendoscopica (EUS) è tecnicamente fattibile nel 90-95% dei casi, con alta
sensibilità e specificità per la diagnosi di carcinoma del pancreas87.
Una meta-analisi condotta su 1860 pazienti ha dimostrato una sensibilità del 92%
ed una specificità del 96% per la diagnosi di carcinoma del pancreas, comunque
fondamentale per la diagnosi differenziale con le altre patologie pancreatiche.88,89
Il suo ruolo è fondamentale sia per la tipizzazione istologica della neoplasia pan-
creatica (adenocarcinoma, linfoma, tumori neuroendocrini, tumori metastatici)
che per la diagnosi differenziale con patologie pancreatiche benigne (pancreatite
autoimmune, pancreatite cronica).
La ecografia endoscopica (EUS) si è dimostrata negli ultimi anni la tecnica più
81 DiMagno EP: Autoimmune chronic pancreatitis: a plea for simplification and consistency.
Clin Gastroenterol Hepatol 1:421, 2003.
82 Kamisawa T:A new clinicopathological entity of IgG4-related autoimmune disease. J Gas-
troenterol 38:982, 2003.
83 Raina A: Evaluation and management of autoimmune pancreatitis:experience at a large
US center. Am J Gastroenterol 104:2295, 2009.
84 Ghazale A: Immunoglobulin G-4 associated cholangitis: clinical profile and response to
therapy.Gastroenterology 134:706, 2008.
85 Chari ST: A diagnostic strategy to distinguish autoimmune pancreatitis from pancreatic
cancer. Clin Gastroenterol Hepatol 7:1097, 2009.
86 Kamisawa T: Clinical difficulties in the differentiation of autoimmune pancreatitis and
pancreatic carcinoma. Am J Gastroenterol 98:2694, 2003.
87 Saftoiu A: Role of endoscopic ultrasound in the diagnosis and staging of pancreatic can-
cer. J Clin Ultrasound 37:1, 2009.
88 Chen J: Diagnostic accuracy of endoscopic ultrasound-guided fine-needle aspiration in
for solid pancreatic lesion: a systematic review. J Cancer Res Clin Oncol 138:1433, 2012.
89 Gavinelli M: Ultrasuoni in Oncologia Chirurgica,159, Masson, 1993.
Casi peritali simulati e commentati 147
90 Catalano MF: EUS-based criteria for the diagnosis of chronic pancreatitis: The Rosemont
Classification. Gastrointest Endosc 69:1251, 2009.
91 Linee guida carcinoma del pancreas esocrino. In: Linee guida Associazione Italiana On-
cologia Medica-AIOM 2016.
92 Yang DH: Autoimmune pancreatitis: radiologic findings in 220 patients. Abdom Imaging
31:94,2006; Irie H: Autoimmune pancreatitis: CT and NR characteristics. AJR 170:1323,1998);
Jensen EH:Exocrine pancreas. In: Sabiston Textbook of Surgery, 1529, Elsevier 2012.
93 Chari ST, Op cit.
94 Ghazale A, Op cit; Raina A, Op Cit).
148 La responsabilità del chirurgo
Conclusioni:
Accordo stragiudiziale con la corresponsione di euro ~50’000.
Sintesi:
Importante intervento demolitivo eseguito per una infrequente patologia in-
fiammatoria cronica del pancreas, diversa dalla classica pancreatite cronica alco-
lica, manifestatasi soltanto con la comparsa dell’ittero.
TAC ed EUS hanno fornito risultati dubbi, gli agoaspirati preoperatori non sono
stati dirimenti per la diagnosi di carcinoma, e avrebbero dovuto essere ripetuti,
eventualmente anche in sede intraoperatoria con una biopsia estemporanea.
Caso di over treatment da errata diagnosi, concluso con accordo stragiudiziale.
Caso 20
Rottura del pancreas in incidente motociclistico
Vicenda clinica:
Maschio di quasi 20 anni, in seguito ad incidente stradale (moto contro palo)
veniva trasportato con autolettiga presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa.
Si è alzato da solo dopo la caduta. Riferisce addominalgia.
Eseguita ecografia addome negativa per la presenza di lesioni agli organi pa-
renchimali addominali, non liquido libero in addome. Addome poco trattabile
su tutti i quadranti con peritonite. Esami di laboratorio all’ingresso nella norma.
Dopo 10 ore
WBC >12 addome dolente diffusamente con aspetto a tavola.
TAC addome: non evidenti lesioni parenchimali focali degli organi addominali,
non sicure falde di versamento libero in addome. Ricovero in Chirurgia il giorno
seguente, WBC ~19.
Ripete TAC addome: presenza di edema peri pancreatico con versamento este-
so in pelvi. Testa e processo uncinato ingrandita con diametro complessivo di
circa 45 mm e con struttura disomogenea da riferire ad aspetto contusivo. L’al-
terazione pancreatica determina compressione sulla C duodenale e sostiene una
gastrectasia. Non liquido libero apprezzabile.
All’EO: addome respirante, segni di difesa alla palpazione superficiale e profon-
da nei quadranti inferiori. Peristalsi rallentata. Blumberg positivo.
Il giorno seguente:
Addome poco trattabile, diffusamente dolente, dolorabile alla palpazione pro-
fonda a livello di quadranti addominali superiori dove si apprezza massa ipo-
mobile, di consistenza duro-elastica. Segni di peritonite.
Amilasi pancreatica >2500; WBC >15.
riconoscono alcune bolle di densità gassosa extra viscerale. All’istmo-testa del pan-
creas sono riconoscibili alcune immagini lineari ipodense possibile espressione di
lacerazione del parenchima pancreatico. Versamento pleurico a carico di entrambi
gli sfondati costo-frenici.
Il giorno successivo
Una fistolografia dal drenaggio percutaneo documentava l’opacizzazione di una
Casi peritali simulati e commentati 151
Conclusioni:
I sanitari dell’Ospedale Alfa hanno osservato le linee guida e le buone pratiche
accreditate dalla comunità scientifica risultando le loro condotte conformi alla
necessaria prudenza, perizia e diligenza.
Attualmente, oltre a riferita insonnia e attendibili, seppur estremamente gene-
rici disturbi addominali-alimentari (dolore addominale e necessità di dieta con-
trollata), è presente pregiudizio anatomico-estetico legato in parte alle lesioni
traumatiche ed in parte ai descritti esiti cicatriziali, ovviamente necessari per af-
frontare ed effettuare in maniera tecnicamente adeguata l’intervento chirurgico.
Tali alterazioni, dominando il quadro menomativo la pur modesta componente
estetica (esiti cicatriziali chirurgici in sede abitualmente non esposta alla visione
di terzi), portano a considerare una riduzione della integrità psico-fisica del sog-
getto in misura pari al 5%.
In assenza di censurabili condotte professionali nell’operato dei sanitari, il qua-
dro menomativo presente sull’attore è, come già detto, legato alle lesioni trau-
154 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
Caso di patologia infrequente, il cui trattamento non fa parte dell’esperienza di
molti chirurghi, tra i quali possono essere annoverati coloro che hanno intrapreso
un’azione risarcitoria con argomentazioni pretestuose, prive di una base scientifica
convincente. È evidente che, a seguito di in trauma chiuso, il pancreas possa mo-
dificare la propria struttura e la propria morfologia con trascorrere delle ore e dei
giorni, con conseguente variare sia del quadro clinico che dei riscontri radiologici.
Asserire, come in questo caso, che il necessario intervento chirurgico esplorativo sia
stato responsabile, con l’esecuzione di incongrue manovre, di una rottura (sottocap-
sulare) della ghiandola, rimasta peraltro integra, non trova un fondamento razionale.
Al trauma del pancreas sono seguite delle complicanze, del tutto prevedibili,
trattate con successo, prima all’Ospedale Alfa, poi in un altro Ospedale, al quale
il paziente aveva deciso di rivolgersi. Dunque, del tutto correttamente, nessuna
responsabilità.
Caso 21
Ulcera gastrica perforata non diagnosticata, exitus (penale)
un medico legale.
Vicenda clinica:
Donna di anni 54, giungeva al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa al mattino
presto per dolore addominale e alle fosse iliache bilateralmente.
FC >120/min; TC 36; PA 80/50. Addome trattabile, modestamente diffusamente
dolente alla palpazione.
Rx addome: falda di aria in sede sottodiaframmatica destra (aria libera? interpo-
sitio coli?); necessaria valutazione TC senza mdc.
Esami di laboratorio: nessuno.
Consulenze seacialistiche: nessuna.
Prestazioni terapeutiche: nessuna.
Terapia praticata: nessuna.
Terapia consigliata alla dimissione, che avviene a metà mattina: alimentazione
con fibre vegetali ed idratazione adeguata, X-Prep sciroppo due cucchiai even-
tualmente ripetibile il giorno successivo. Invio al medico di medicina generale
per proseguimento cure.
Casi peritali simulati e commentati 155
Dalla Relazione del Consulente Tecnico alla Procura della Repubblica presso il Tri-
bunale Ordinario di ...risulta dal verbale della Polizia di Stato intervenuta in loco, che
la sig.ra ... venne rinvenuta cadavere da una amica la sera successiva alla dimissione
dall’Ospedale distesa sul pavimento della camera da letto della propria abitazione.
Era stata sentita al telefono, per l’ultima volta, la mattina del giorno precedente.
Sul posto intervenne personale delle Forze dell’Ordine e del 118, il cui medico ne
constatò il decesso. Risulta dagli atti che la sig.ra… si fosse recata presso il Pronto
Soccorso dell’Ospedale Alfa per stipsi e dolore addominale, e che fosse stata di-
messa con diagnosi di stipsi ostinata ed invio al proprio medico curante. I familia-
ri, sentiti immediatamente dopo il rinvenimento, riferirono che la sig.ra…. soffris-
se da qualche tempo di depressione, per la quale assumeva terapia farmacologica.
Esame necroscopico: cavo peritoneale contenente oltre 3000 cc di fluido gial-
lo-brunastro. In corrispondenza della parete anteriore dello stomaco, in sede
prepilorica, soluzione di continuo a tutto spessore della parete gastrica, di aspet-
to crateriforme di 1 cm. L’indagine autoptica non ha evidenziato l’intervento di
alcuna lesività esogena di tipo cinetico-meccanico nel determinismo del decesso:
lesività contusiva, da arma bianca, da arma da fuoco. La causa del decesso di è
da identificarsi in una peritonite da ulcera gastrica perforata.
Per quanto concerne l’epoca di morte essa è valutata, in via di elevata proba-
bilità, a circa mezza giornata prima del rinvenimento; tale epoca di morte non
contrasta con i dati circostanziali.
96 Mahvi DM: Stomach, 1196, In Sabiston Textbook of Surgery, Elsevier 2012; Watkins RM:
What has happened to perforated peptic ulcer? Br. J.Surg. 71: 774, 1984.
97 Goherty GM: Stomach and duodenum, 498, in: Doherty GM, Surgery, Current Diagnosis
and Treatment, Lange 2010.
98 Goris RJA: Multiple Organ Failure, generalized autodestruction inflammation? Arch.
Surg. 120:1109, 1985.
99 Andreoni B: La sindrome peritonitica. In: Di Carlo V, Andreoni B, Staudacher C, Manuale
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156 La responsabilità del chirurgo
100 Svanes C: Trends in perforated peptic ulcer: incidence, etiology, treatment, and progno-
sis. World J.Surg 24:277, 2000.
101 Heuman R: Perforated duodenal ulcer-long term results following simple suture. Acta
Chir. Scan. 149:77, 1983.
102 Gavinelli M: La resezione gastrica in urgenza con suturatrici meccaniche. Presentazione
di una tecnica originale. Urg.Chir.Comment. 4:1, 89, 1981.
103 Haubric WS: Complications of peptic ulcer disease. In: Bockus HL, Gastroenterology,
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104 Soreide K: Strategies to improve the outcome of emergency surgery for perforated peptic
ulcer. Br.J Surg 101:51, 2014.
105 Buck DL: Surgical delay is a critical determinant of survival in perforated peptic ulcer.
Br J Surg 100:1045, 2013.
Casi peritali simulati e commentati 157
nella quasi totalità dei casi in 7-10 giorni, quando la dimissione dall’ospedale, in
caso di semplice sutura dell’ulcera, può avvenire dopo 4-5 giorni.
Nel caso in oggetto si è verificato un evento assai difficilmente comprensibile
ed, ancor meno giustificabile: a fronte di tachicardia ed ipotensione, dolore ad-
dominale, e diagnosi radiologica già fatta, certa ed inconfutabile, refertata, di
perforazione viscerale la paziente veniva i dimessa e rimandata al proprio domi-
cilio dove sola, ed ormai impossibilitata nella gravissima e repentina evoluzione
della malattia in atto, a chiedere aiuto e soccorso, decedeva per lo shock setti-
co determinato dalla peritonite. Risulta evidente la inescusabile superficialità,
ignoranza, negligenza ed imperizia del medico di guardia in Pronto Soccorso,
che nulla ha fatto per soccorrere la malata e, rimandandola a domicilio, è da
ritenersi appieno responsabile del suo decesso.
In tale contesto non è possibile non considerare una responsabilità, in ordine
gerarchico, dei medici che dovrebbero controllare, e supportare, l’operato del
medico turnista in pronto soccorso (Primario, colleghi eventualmente più alti in
grado, Direzione Sanitaria) quando questi, malgrado una così grave e manifesta
impreparazione, sia comunque lasciato ad operare da solo, avendo come primi-
genio ed esclusivo interesse la salute dei cittadini.
Per le medesime ragioni, dunque, anche Ospedale Alfa deve essere ritenuto correo
in quanto non preventivamente resosi conto della impreparazione dei professionisti
che esso retribuisce per svolgere un lavoro, quale quello del medico di Pronto Soc-
corso, di così grande responsabilità nei confronti della collettività e quindi richieden-
te una adeguata preparazione dottrinale e clinica, nonché esperienza e prudenza.
Conclusioni:
Condanna del medico di guardia del Pronto Soccorso per omicidio colposo in
Cassazione a 6 mesi di reclusione e concesse le attenuanti generiche. Assegnata
provvisionale agli eredi eredi ricorrenti + spese in solido con il responsabile ci-
vile della struttura ospedaliera.
Sintesi:
Nessuno, il caso si commenta da solo, qui per il medico non è possibile trovare
giustificazioni.
158 La responsabilità del chirurgo
Caso 22
Deiscenza completa di anastomosi colo-rettale,
shock settico, exitus.
Vicenda clinica:
Maschio di ~ 60 anni, diagnosi endoscopica di neoplasia del giunto retto- sigma.
Istologia: frammenti di tessuto come da ulcera e da strutture ghiandolari con
marcate atipie sospette per la presenza di adenocarcinoma.
Sottoposto presso l’Ospedale Alfa ad intervento di emicolectomia sinistra lapa-
rotomica: neoplasia substenosante, palpabile, del retto prossimale. Isolamento
del colon, con mobilizzazione della flessura splenica, isolamento del retto per
oltre 10 cm dalla lesione, sezione ed anastomosi colo-rettale sec. Knight-Griffen,
anelli di stapler integri.
La notte successiva:
WBC < 1. Eseguita fibrobroncoscopia, recupero di materiale fecale da entrambi
gli emisistemi in quantità abbondante.
Leucopenia in ulteriore peggioramento, si somministra stimolatore della serie
granulocitaria. Ipotensione ingravescente: prosegue riempimento con colloidi e
inizia infusione di adrenalina. Nonostante dosaggio di noradrenalina e adrena-
lina massimali e riempimento volemico massivo si assiste a progressivo peggio-
ramento dell’ipotensione, che diviene refrattaria. All’EGA, acidosi lattica ingra-
vescente ed ipoglicemia marcata.
Casi peritali simulati e commentati 159
106 Kulayat MN: Surgical Complications. In Sabiston Textbook of Surgey, 315, Elsevier 2012.
160 La responsabilità del chirurgo
paziente, evidentemente senza sondino naso- gastrico, materiale che verrà repe-
rito subito dopo l’intervento anche all’interno della trachea e dei due emisistemi
bronchiali, di per sé certamente potenzialmente responsabile, nel caso di soprav-
vivenza del paziente, dello sviluppo di una grave sepsi polmonare.
Tenuto conto del breve lasso di tempo trascorso tra il trattamento chirurgico ed il
decesso (6 giorni), non può essersi concretizzato un danno biologico percentual-
mente quantificabile, se non con la morte stessa del paziente, essendo il decesso
causalmente correlabile all’errato trattamento chirurgico da parte del chirurgo
operatore e della gestione della complicanza tardivamente riconosciuta.
Sintesi:
Chiaro riconoscimento di errore tecnico determinante la complicanza mortale,
così come del ritardo nella sua diagnosi e trattamento.
Caso 23
Resezione subtotale ileo-colica per subocclusione ileale,
NE quoad vitam
Vicenda clinica:
Maschio di ~40 anni. Nell’infanzia appendicectomia per appendicite acuta per-
forata complicata da peritonite, cui seguivano tre interventi per complicanze che
richiedevano una resezione ileale di cm 30.
A 20 anni peritonite diffusa da perforazione intestinale che richiese una nuova
resezione intestinale, riferita di 10 cm.
A 30 anni intervento per occlusione intestinale con lisi di aderenze, plastica con
rete di laparocele.
Di prima mattina accesso al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa per addominal-
gia. Addome con molteplici cicatrici chirurgiche. Diffusamente dolente per lo
più nei quadranti di destra.
Rx addome: alcuni livelli idroaerei del digiuno e ileo prossimale. Non segni di aria
libera in peritoneo. Meteorismo in ampolla rettale. Esami ematochimici nella norma.
Ricovero presso il Reparto di Chirurgia con diagnosi di subocclusione intestinale.
Lo stesso giorno sottoposto a Rx tubo digerente con gastrografin, che dimostrava ral-
lentamento del transito del mdc che dopo circa 6 ore dall’assunzione ristagnava in
parte a livello dello stomaco e delle prime anse digiunali, sovradistese e con limitati
livelli idroaerei; conservata peraltro la canalizzazione seguita sino al colon prossimale.
Inizio intervento chirurgico (1) in tarda serata, della durata di circa 8 ore.
162 La responsabilità del chirurgo
Ricovero della durata di 9 giorni in Reparto di Medicina Interna: infezione del CVC
da Stafilococco, concomitante infezione delle vie urinarie e faringite da Candida
in paziente con sindrome aderenziale e sindrome dell’intestino corto funzionale.
Casi peritali simulati e commentati 163
Si ritiene che entrambi i trattamenti, nel caso in oggetto, potevano essere pari-
menti percorribili in quanto gravati dagli stessi elevati rischi.
Si vuole sottolineare che le 8 e più ore di intervento a cui il paziente è stato
sottoposto sono segno della complessa situazione che i colleghi hanno dovuto
affrontare e che difficilmente si sarebbe potuta risolvere spontaneamente.
Chiaramente il quadro di sindrome da malassorbimento per intestino corto, pre-
esistente al ricovero, ha causato un peggioramento del quadro nutrizionale del
paziente del quale era stato informato al momento di sottoscrivere il consenso
all’intervento stesso. In risposta ai quesiti è da precisare che:
• fu a effettuata una scelta terapeutica conforme ai protocolli o, comunque,
corretta e conseguente alla situazione clinica;
• i trattamenti medici e chirurgici furono praticati secondo la buona scienza
medica e le buone pratiche cliniche, in relazione al loro grado di difficoltà;
• vi fu rispondenza alle regole dell’arte medica della condotta dei sanitari.
Avendo escluso sul piano specialistico, elementi riconducibili a colpa profes-
sionale medica nella condotta dei sanitari non si deducono lesioni dell’integrità
psicofisica dello stesso passivi di valutazione medico legale, sia in termini di
Inabilità temporanea sia di danno permanente.
Sintesi:
Questo è il tipico caso in cui i CTU non rispondono ai quesiti del Giudice e pro-
pongono una conclusione contraria alle regole dottrinali, segnatamente circa il
trattamento della occlusione ileale.
Considerano indicata la resezione di un esteso tratto intestinale che all’esame
istologico presentava alterazioni del tutto irrilevanti, in un paziente in cui la
prudenza doveva obbligatoriamente indirizzare, in un a prima fase e non solo,
verso un trattamento conservativo, proprio per evitare lesioni iatrogene ed ulte-
riori inutili resezioni.
Si parla di mancato passaggio del mdc (Gastrografin) nel colon nell’Rx, quando
gli stessi CTU riportano il referto in cui si segnala che questo, al contrario, avvie-
ne. Si afferma che il paziente era già portatore di una sindrome da intestino corto
prima dell’intervento per occlusione, quando il sacrificio complessivo di ileo nel
passato era stato < 40 cm, ed il paziente si nutriva normalmente.Tali osservazioni
non sono valse a nulla. Fatte presente al Giudice, ha confermato la validità di
quanto scritto dai CTU senza concedere la rinnovazione della stessa.
Casi peritali simulati e commentati 167
Caso 24
Occlusione ileale, fistola enterica e trattamento aperto
Vicenda clinica:
Maschio di circa 60 anni, primo ingresso al Pronto Soccorso della ASL Alfa per
dolore addominale. Pregressa resezione del sigma per malattia diverticolare.
All’ingresso addome dolente sui quadranti di dx, non peritonismo. Dopo tera-
pia infusionale regressione completa della sintomatologia.
Rx addome: ipermeteorismo e marcato ingombro fecale del grosso intestino, con
presenza di alcuni livelli idro-aerei in regione centro-addominale. Non si rileva
aria libera in addome. Leucocitosi con neutrofilia. Dimesso con diagnosi di sin-
drome dolorosa addominale iliaca destra in malattia diverticolare.
Il giorno seguente
Secondo ingresso al Pronto Soccorso della ASL Alfa per dolore addominale.
Torna per recrudescenza della sintomatologia algica e comparsa di vomito ali-
mentare. Alvo chiuso a feci e gas da alcuni giorni. Addome trattabile, dolente
nei quadranti di destra, peristalsi torbida. Ampolla vuota. Si posiziona SNG.
Addome dolente e difeso soprattutto in fianco destro.
Rx addome: ancora presenti abbondanti livelli idro-aerei fondamentalmente co-
lici, centro addominali. Non falde di aria libera. Leucocitosi con neutrofilia, in-
spissatio sanguinis. Ricovero in Chirurgia con diagnosi di occlusione intestinale.
Primo Ricovero presso l’Ospedale Beta, dove veniva sottoposto il giorno seguen-
te a intervento chirurgico che veniva così descritto: perforazione ileale al di sotto
della rete protesica, posizionamento di drenaggi e di sistema di lavaggio.
Diagnosi: fistola enterocutanea dopo precedente laparotomia. Nutrizione parente-
rale totale per circa 4 mesi quindi nuovo intervento: diagnosi di fistola dell’intestino
tenue, conseguente a trattamento ad addome aperto, ascesso parete addominale.
Terapia: adesiolisi, resezione segmentaria di intestino tenue, plastica addomina-
le, rimozione estesa della rete infetta e drenaggio di ascesso parete addominale.
Dimissione dopo circa 6 mesi complessivi di ricovero.
Conclusioni:
A causa dei suddetti profilati aspetti di responsabilità professionale sostenuta
da imperizia, imprudenza e negligenza, totalmente ascrivibili ai sanitari dell’O-
spedale Alfa ebbe a concretizzarsi un periodo di invalidità temporanea (maggior
danno biologico temporaneo) rispetto al periodo di convalescenza che sarebbe
comunque conseguito al corretto trattamento della lesione iniziale, quantificabi-
le in cinque mesi di danno biologico temporaneo assoluto (100%), sostenuti dai
documentati ricoveri ospedalieri successivi alla dimissione dall’Ospedale Alfa,
in ulteriori giorni 20 di invalidità biologica parziale mediamente al 75%, in ulte-
riori giorni 20 di invalidità biologica parziale mediamente al 50% ed in ulteriori
giorni 15 di invalidità biologica parziale mediamente al 25%, sostenuti da atten-
dibile convalescenza post-dimissione ospedaliera.
I postumi permanenti invalidanti imputabili all’accertata malpractice, con riferi-
mento all’integrità psico-fisica del soggetto (danno biologico permanente), sono
globalmente quantificabili nella misura del 12%.
Trattasi di postumi permanenti ampiamente cristallizzati a distanza di oltre cin-
que anni, non suscettibili di ulteriore miglioramento mediante protesi, terapie
o interventi particolari. Alle suddette lesioni iatrogene ebbe a conseguire una
inabilità lavorativa temporanea assoluta di complessivi mesi 8 (otto), del tutto
congrui e concordanti con il riferimento anamnestico.
Si rimanda al Giudice Istruttore il giudizio in ordine alla possibilità di ristoro
dell’onorario per perizia medico-legale, trattandosi di prestazioni ad uso assicu-
rativo, priva di finalità diagnostica e terapeutica.
Sintesi:
I CTU riconoscono appieno le criticità richiamate da parte ricorrente ed una percen-
tuale di danno permanente congrua con quanto riportato nelle tabelle di riferimento.
Caso 25
Deiscenza di anastomosi colo-rettale, emoperitoneo,
morte sul tavolo
Vicenda clinica:
Maschio di circa 70 anni.
Colonscopia: a 9 cm dal margine anale formazione polipoide facilmente san-
Casi peritali simulati e commentati 173
guinante che avvolge quasi tutta la circonferenza del viscere, la sua estensione
verosimilmente si porta a circa 15 cm.
Esame istologico: adenocarcinoma moderatamente differenziato.
TAC addome: ispessimento concentrico della parete del cieco-ascendente per
una estensione di circa 10 cm con obliterazione del lume per sospetta lesione
infiltrativa. Altra lesione infiltrativa a manicotto occupa la parete del retto con
andamento circonferenziale per un’estensione cranio-caudale di circa 6 cm.
Dopo 25 giorni
Diagnosi ecografica di raccolta diam. cm 20 circa in pelvi ad ecostruttura mista in
174 La responsabilità del chirurgo
continuità con altra raccolta in regione fianco destro ed ipogastrica. Versamento li-
quido in addome, in sede perisplenica ed in regione fianco sinistro.
Trattamento emodialitico. Alla TAC addome aumento dimensionale della raccolta
addominale, fuoriuscita di bolle d’aria nello scavo pelvico a livello della anastomo-
si colo-anale con interposizione di gas fra intestino e parete vescicale posteriore e
nell’ambito della raccolta iperdensa emorragica descritta nello scavo del Douglas.
Nel frattempo
Episodio di enterorragia massiva: >500 cc di sangue nella borsa dell’ileostomia e
abbondante quantità di sangue rosso vivo dall’ano. PA 80/30.
Angio TC e angiografia addome: non spandimenti di mdc da sanguinamento attivo.
La mattina successiva
Torna e in sala operatoria per shock emorragico, PA 50/30, FC >130/min.
Intervento: relaparotomia mediana, presenza di circa 2 litri di sangue in addome.
Riscontro di fonte emorragica in sede sottoepatica ed in fossa iliaca sinistra, emo-
stasi. Discreto sanguinamento proviene inoltre dallo scavo pelvico.
Allo scopo di controllare l’origine dell’emorragia nella piccola pelvi si decide di in-
terrompere l’anastomosi uretero-vescicale (da reimpianto) chiedendo consulenza
urologica. Dopo divaricazione della vescica si procede a tentativo di emostasi
nel territorio della arteria ipogastrica sinistra. Ulteriore sanguinamento della
vena ipogastrica sinistra. Si procede ad isolamento di arteria e vena iliaca sini-
stra per tentativo di legatura; a seguito dell’intercorso exitus si interrompono
le procedure di emostasi.
Dal certificato di morte: shock emorragico in paziente in shock settico in sala
operatoria.
Risultato esami colturali in corso: Emocoltura positiva per Candida, liquido
peritoneale positivo per enterococchi fecali e Candida.
rametri di funzionalità renale, netta riduzione della sintesi proteica (grave ipoal-
buminemia che non viene corretta). Manca del tutto l’obiettività addominale.
IV giornata post-operatoria: manca il diario clinico.
V giornata post-operatoria: manca del tutto l’obiettività addominale.
VI giornata post-operatoria: dal drenaggio pelvico compaiono feci, l’addome è
timpanico, la TAC addome documenta la presenza di raccolta saccata in cor-
rispondenza dell’ileostomia, versamento pleurico bilaterale. Nessun provvedi-
mento è preso per il trattamento della raccolta.
VII giornata post-operatoria: vomito, leucocitosi con neutrofilia, ipoalbumine-
mia. Lo stato settico è conclamato: manca l’obiettività addominale, non si intra-
prende alcun provvedimento.
VIII giornata post-operatoria: aumento della leucocitosi, manca del tutto l’obiet-
tività clinica.
IX giornata post-operatoria manca l’obiettività clinica; peggioramento della funzione renale.
X giornata post-operatoria: manca il diario clinico; compare anemizzazione.
XI giornata post-operatoria: anemizzato, manca del tutto obiettività clinica.
XII giornata post-operatoria paziente anemizzato, compare proctorragia, nel
drenaggio pelvico 1000 ml di sangue. Emotrasfusione, di fronte ad importante
emorragia sia dal retto che intraperitoneale (dal drenaggio in sede pelvica) non
si intraprende nessun provvedimento né diagnostico (TAC addome, endosco-
pia, esplorazione rettale), né terapeutico.
XIII giornata post-operatoria: persiste rettorragia, ancora emotrasfusioni, nes-
sun provvedimento attivo né diagnostico né terapeutico.
XIV–XX giornata post-operatoria: manca obiettività addominale; continua l’anemiz-
zazione, comparsa di edemi agli arti. Nel paziente con proctorragia, raccolta pelvica
e raccolta peri-anastomotica non si prende nessun provvedimento terapeutico.
XXI giornata post-operatoria: ancora proctorragia, oligoanurico, stato anasarca-
tico, edemi diffusi, insufficienza renale, emotrasfuso.
XXII giornata post-operatoria: l’ecografia addominale dimostra plurime raccolte
di grandi dimensioni (fino a cm 20), ascessuali, endoaddominali e ancora nessun
provvedimento chirurgico. Versamento addominale e pleurico.
XXIII giornata post-operatoria: quadro di insufficienza renale acuta, innescato
dal prolungato stato settico e dalla ipovolemia conseguente all’importante ane-
mizzazione mai corretta dalle emotrasfusioni.
XXVI giornata post-operatoria: manca il diario clinico.
XXVIII giornata post-operatoria: manca il diario clinico.
XXIX giornata post-operatoria: una nuova TAC addome conferma, invariato, il
quadro di ascessualizzazione multipla endoaddominale. Ma si poteva pensare
ad un miglioramento senza aver attuato alcun provvedimento terapeutico di
tipo chirurgico o di drenaggio percutaneo?
XXX giornata post-operatoria: ancora proctorragia, politrasfusioni, una ulteriore
TAC segnala aria intraperitoneale, nel contesto di ascesso pelvico, da deiscenza
anastomotica rettale inveterata, e ancora nessun provvedimento chirurgico.
Nella relazione di dimissione dell’Ospedale di Alfa si giustifica l’atteggiamento
Casi peritali simulati e commentati 177
conservativo con l’attesa della stabilizzazione clinica per la toilette dei focolai
perianastomotici. Un paziente settico, sanguinante in modo conclamato e insuf-
ficiente renale, per una deiscenza dell’anastomosi colo-rettale e assai probabil-
mente della ileo-colica, con peritonite ad ascessi multipli, con la presenza di gas
e di feci nella pelvi, in quale stabilizzazione clinica poteva sperare?
Nessun provvedimento chirurgico era stato mai intrapreso, quando i segni del-
le deiscenze anastomotiche erano stati assai precoci, già nei primi giorni del
post-operatorio, e quello era il momento di agire chirurgicamente, escludendo la
fistola rettale con una colostomia a monte, meglio resecandola, anche allo scopo
di ottenere una emostasi sicura; verificare la tenuta dell’anastomosi ileo-colica;
effettuare un’efficace toilette intraperitoneale, eventualmente, se necessario an-
che con l’ausilio di una laparostomia.
Nulla di tutto questo è stato fatto, ed il paziente è progressivamente ed irrime-
diabilmente decaduto, fino alla definitiva resa e al trasferimento, in limine vitae,
all’Ospedale Beta. Qui, coraggiosamente, il paziente è stato sottoposto ad un
intervento esplorativo in emergenza con intento salvavita in un contesto di peri-
tonite plurisaccata e fecale inveterata, ormai inevitabilmente foriera di ulteriori
cataclismatiche complicanze chirurgiche e che ha richiesto, dopo poche ore, un
reintervento per emorragia massiva incontrollabile in presenza di una sindrome
emorragica da trasfusione massiva (DIC) con morte sul tavolo operatorio.
Risulta pacifica la sussistenza di nesso causale fra le conseguenze dell’intervento
eseguito all’Ospedale Alfa ed il decesso sopraggiunto: infatti l’atto chirurgico in-
nescò una serie di complicanze incontrollate che portarono poi a morte il malato
nonostante gli atti chirurgici estremi realizzati in limine vitae dai sanitari dell’o-
spedale Beta. Ed il personale medico del primo Ospedale non appare in grado
di provare documentatamente che il comportamento dallo stesso tenuto nell’as-
sistenza post-operatoria sia stato improntato, come dovuto, a perizia, prudenza
e diligenza, anche e soprattutto per assai carente, lacunosa, negligente redazione
della cartella clinica. Infatti, in più giornate di ricovero non appare riportato il dia-
rio clinico e/o non risultano descritti i rilievi obiettivi addominali, assai importanti
nella fattispecie, dato il susseguirsi proprio di complicanze post-operatorie addo-
minali, come se il paziente non venisse controllato/visitato: e ciò, secondo regola
di giudizio della S.C., autorizza a ritenere come scontata la negligenza dei sanitari
curanti che, “i più vicini alla prova”, risultano invece inadempienti nel merito.
A prescindere dagli oneri probatori, dall’esame della cartella clinica si evince co-
munque che sussistevano le condizioni per un reintervento chirurgico (con alta
probabilità risolutivo della complicanza insorta–deiscenza anastomotica con pe-
ritonite stercoracea-) fin dalla III e più ancora dalla VI e VII giornata post-operato-
ria caratterizzate da comparsa di feci dal drenaggio pelvico, addome timpanico,
raccolta saccata in corrispondenza dell’ileostomia e versamento pleurico bilatera-
le alla TAC, insieme a vomito e leucocitosi con neutrofilia. Ma il paziente ancora
poteva essere salvato con reintervento chirurgico eseguito anche in giorni suc-
cessivi. In particolare tale revisione operatoria si imponeva come assolutamente
obbligatoria nei giorni in cui si manifestarono pure fenomeni emorragici (sangue
178 La responsabilità del chirurgo
dal retto e dal drenaggio pelvico) cui si cercò di far fronte con emotrasfusioni da
ritenere non più che palliative, in corso di progressione dello stato settico.
Da ultimo, sembra lecito avanzare dubbi anche in ordine alla correttezza delle
anastomosi eseguite nel corso del primo intervento chirurgico, atteso che per
quanto risulta entrambe andarono incontro a quella deiscenza che innescò poi
tutti gli eventi avversi che portarono al decesso.
La morte del paziente è stata in esclusivo nesso causale con queste violazioni. Il
comportamento dei sanitari che hanno avuto in cura il paziente ha pregiudicato
e/o sottratto chances di sopravvivenza e/o guarigione, posto che un carcinoma
del retto, pur se di natura maligna, ha discrete probabilità di guarigione.
117 Schmidt CE: Ten year historic cohort of quality of life and sexuality in patients with rectal
cancer. Dis Colon Rectum 48:483,2005; Libutti SK: Cancer of the colon. In: De Vita V: Can-
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118 Andre T: Improved overall survival with oxaliplatin, fluorouracil, and leucovorin in adju-
vant treatment in stage II or III colon cancer in the MOSAIC trial. J Clin Oncol 27:3109,2009.
119 Efficacy of adjuvant fluorouracil and folinic acid in colon cancer. International multi-
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120 Roses RE: The management of rectal cancer. In: Cameron JL: Current Surgical Therapy,
218, Elsevier 2014.
121 Mahmoud NN: Colon and Rectum. In: Sabiston Textbook of Surgery, 1379, Elsevier 2017.
180 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
La difesa di parte convenuta contraddice apertamente elementi che inequivo-
cabilmente appaiono nella documentazione clinica. Addossa la responsabilità
del decesso ad errori di tecnica chirurgica commessi nell’ospedale nel quale la
famiglia del paziente ha chiesto il trasferimento.
Il CTU riconosce la responsabilità del decesso ai sanitari del primo ospedale in ter-
mini di “pregiudizio con perdita di chances di sopravvivenza e/o guarigione, ma
anche, che la morte è in nesso di causalità con il trattamento chirurgico. Non rispon-
de ai chiarimenti, fondamentali, richiesti in proposito dai CTP di parte ricorrente.
Caso 26
Diverticolite perforata del sigma, dimissione dal P.S,
exitus (Penale)
Vicenda clinica:
Donna di circa 65 anni, accesso serale al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa con
Ambulanza 118. Priorità 3, poco critico-verde.
Annotazioni: addominalgie e vomito (cena con trippa). Presa in carico nel corso
della notte. Giunge per vomito alimentare, addome trattabile diffusamente do-
lente. ECG 150 bpm (tachicardia sinusale), infarto inferiore, epoca indetermina-
ta. ECG anormale (manca firma del medico).
Rx addome: in tangenziale si apprezzano alcune microfalde gassose lungo il
margine addominale anteriore, ernie addominali (ombelicale)? Aria libera?
Ht 50%, WBC 6,9.
Terapia: Ringer 1 fl 500 ml; Plasil 5 F; Plasil 5 F; Contramal 5F.
idrosalino oltre che antibiotico, avrebbe dovuto eseguire una TAC addominale
per confermare la perforazione già sospettata dall’Rx addome o un clisma opaco
con mezzo di contrasto idrosolubile, per essere immediatamente avviata all’in-
tervento d’urgenza.122,123
Infatti, pur se fortemente tachicardica, la pressione arteriosa si manteneva an-
cora valida, e il posizionamento di un catetere vescicale avrebbe consentito l’in-
dispensabile monitoraggio della diuresi e le manovre rianimatorie necessarie
avrebbero dovuto essere tempestivamente intraprese. Anche l’esecuzione di una
emogasanalisi avrebbe consentito di avviare una terapia idonea alla correzione
delle alterazioni dell’equilibrio acido-base e della ossigenazione.
La visita riguardante l’obiettività addominale è stata superficiale, ed elementi
di cruciale importanza non sono stati né valutati né riportati in cartella clinica.
Gli esami ematochimici non sono stati per nulla valutati, i riscontri dell’Rx ad-
dome diretto non sono stati compresi, perché se così fosse stato si sarebbe obbli-
gatoriamente innescata una sequenza di atti diagnostici e quindi terapeutici in
urgenza che invece non sono stati mai avviati, con le note infauste conseguenze.
La terapia infusionale praticata in Pronto Soccorso (soluzione di Ringer 500 ml)
nulla ha potuto per il rimpiazzo volemico, e non è stata intrapresa una adeguata
terapia antibiotica. La paziente è stata irresponsabilmente rinviata a domicilio
senza diagnosi e senza terapia.
In conclusione: la diverticolite perforata del colon, complicanza di una patologia
assai frequente, la malattia diverticolare del colon, è malattia potenzialmente
mortale che tuttavia, correttamente diagnosticata e trattata, assicura alte percen-
tuali di sopravvivenza.
Un suo trattamento chirurgico adeguato limita la mortalità al 5-15%,124,125,126,127
quando invece un mancato trattamento è certamente responsabile di una morta-
lità elevatissima, che diventa inevitabile in caso di peritonite fecale diffusa.
Le condotte omissive, imprudenti e negligenti del personale sanitario che ebbe
in cura la paziente presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa sono da ritenersi
in nesso causale con il decesso della paziente.
122 Baker ME: Imaging and interventional techniques in acute left-sided diverticulitis. J Gas-
trointest Surg 12:1314, 2008.
123 Chang GJ: Large intestine. In: Doherty GM: Surgery Current Diagnosis and Treatment
676, Lange 2010.
124 Constantinides VA: Operative strategies for diverticular peritonitis: a decision analysis between
primary resection and anastomosis versus Hartmann’s procedures. Ann Surg 245(1):94, 2007.
125 Ferrada P: The management of diverticular disease of the colon. In: Cameron JL: Current
Surgical Therapy, 150, Elsevier 2014.
126 Bauer VP: Emergency management of diverticulitis. Clin Colon Rectal Surg 22(3):161, 2009.
127 Breitstein S: Emergency left colon resection for acute perforation: primary anastomosis
or Hartmann procedure? A case-matched control study. World J Surg 31:2117, 2007.
Casi peritali simulati e commentati 183
Conclusioni:
Condanna per omicidio colposo del medico di guardia del Pronto Soccorso.
Sintesi:
Caso esemplare di colpa medica per comportamento omissivo, riassume tutto
quello che in casi consimili non deve essere fatto, ed il medico qui appare del
tutto indifendibile.
Caso 27
Impotenza dopo resezione del retto (IPAA)
per proctocolite ulcerosa
Vicenda clinica:
Maschio di anni 35, portatore di rettocolite ulcerosa (RCU) farmacoresistente e
steroidodipendente.
Intervento (1) presso l’Ospedale Alfa: colectomia subtotale, ancoraggio del mon-
cone rettale alla fascia sovrapubica e confezionamento di ileostomia terminale in
fossa iliaca destra.
Successivamente
Intervento (2): distacco della pregressa ileostomia in fossa iliaca destra, proctec-
tomia residua “nerve sparing” fino al piano degli elevatori, confezionamento di
J-pouch ileale con tecnica double-stapled ed anastomosi pouch anale meccanica.
Successivo confezionamento di loop ileostomy di protezione nella sede della pre-
cedente ileostomia.
In seguito a tale intervento comparsa di deficit erettivo, eiaculazione retrograda,
disturbi minzionali.
Eco Color Doppler penieno basale e dinamico: risposta normale, erezione valida
con 5 di alprostadil.
Attualmente in terapia con tadalafil 5 mg “daily” e tadalafil 20 mg cpr “on de-
mand”, con risposta parziale e insoddisfacente. Terapia con vacuum device. Eser-
cizi di stretching (attivazione/disattivazione) per 10 min per 2 volte al giorno.
128 Roses RE: The management of rectal cancer. (In: JL Cameron, Current Surgical Therapy,
222, Elsevier 2014.
129 Tagliacozzo S: Chirurgia del retto, 72, Masson, 1985.
130 Donati GS :Chirurgia del colon sinistro e del retto, in: Paletto AE: Trattato di Tecnica
Chirurgica, Vol VI, 319, UTET 1982.
Casi peritali simulati e commentati 185
131 Kremer K: Intestino II Vol, Grande Atlante di Tecnica Chirurgica, USES, 1996.
132 Roses RE, op cit, 223.
133 Bleday R: Rectal cancer:surgical principles. UpToDate, Wolters Kluwer, 2017.
134 Nagtegaal ID: Low rectal cancer: a call for a change of approach in abdominoperineal
resection. J Clin Oncol 23:9257, 2005.
135 Maurer CA: The impact of the introduction of total mesorectal excision on local recur-
rence rate and survival in rectal cancer: long term results. Ann Surg Oncol 18:1899, 2011.
136 Wexner SD: Anatomy and embryology of the anus, rectum and colon. In: Colon & Rectal
Surgery, 5th, Corman ML (Ed) Lippincott Williams& Wilkins, Philadelphia 2005.
137 Heald RJ: Resuls of radical surgery for rectal cancer. World J Surg 16:848, 1982.
138 Heald RJ: The mesorectun in rectal cancer surgery-the clue to pelvic recurrence? Br J
Surg 69:613, 1982.
139 Di Matteo G: The role of linphectomy in rectal cancer. J EXp Clin Cancer Res 8(3):26,1989.
186 La responsabilità del chirurgo
dalla incompletezza della cartella clinica redatta dal medico, questi è responsabile
del danno, allorchè la sua condotta sia astrattamente idonea a causarlo”.
Inoltre, il Consenso Informato è redatto in forma ciclostilata, da cui deriva una
palese inadeguatezza del processo d’informazione sugli eventuali possibili ri-
schi e complicanze associate alla procedura operatoria, con relative ripercussio-
ni sulla piena validità del consenso rilasciato dal paziente.
È ultroneo riproporre come la facoltà di curare non possa prescindere dal con-
senso valido del paziente, a tal punto che non si può ritenere valido un consenso
che non abbia per presupposto la conoscenza della natura dell’atto medico e dei
rischi che questo implica, da cui discende una pregiudiziale per il medico nella
responsabilità (civile e penale) del dovere di informazione.
Ne deriva come, l’inadempienza contrattuale manifestata dai chirurghi che propose-
ro e praticarono l’intervento di “proctocolectomia residua+IPAA+confezionamento
di ileostomia”, in ordine alla violazione del diritto di informazione, costringerebbe
sotto il profilo giurisprudenziale l’autore della omissione al ristoro delle conseguen-
ze dell’errore professionale, non solo per come sancito dal Codice Civile ma anche
per come inquadrato dal codice deontologico, proprio in funzione di una variazione
in peius dello status quo ante del paziente, in indubbia correlazione causale materiale
intercorrente tra l’evento chirurgico e le manifestazioni patologiche che successiva-
mente hanno comportato la sostanziale abolizione della funzione sessuale.
Sintesi:
Per i CTU la verosimile lesione nervosa verificatasi malgrado la procedura nerve
sparing è evento prevedibile e non del tutto prevenibile.
Tuttavia, il difetto di consenso informato, non redigibile comunque, di regola, su
modulo prestampato, ha fatto sì che il medico diventasse in ogni caso responsa-
bile del danno determinatosi, dal momento che la sua condotta era astrattamen-
te idonea a causarlo.
Il danno esiste: non è possibile verificare se la procedura nerve sparing sia stata
correttamente eseguita, ma il deficit di consenso addossa comunque al chirurgo
la responsabilità dello stesso. Estremamente utile è prendere atto e ricordare
questo assunto, che evidenzia la grande importanza di ottenere sempre un con-
senso informato adeguato, nella forma e nella sostanza.
Caso 28
Resezione anteriore del retto per cancro,
incontinenza urinaria e anale
Vicenda clinica:
Donna di circa 40 anni. A seguito di proctorragie esegue rettoscopia con riscon-
tro di polipo a 5-10 cm dal margine anale positivo per adenoma tubulo villoso
con displasia di alto grado.
RMN addome inferiore: gran parte dell’ampolla rettale appare occupata da
voluminosa formazione espansiva ad aspetto cerebroide, vegetante nel lume,
caratterizzata da disomogenea impregnazione dopo somministrazione di mdc.
La lesione, del massimo diametro trasversale di circa 6 cm mm, presenta larga
base di impianto. Non alterazioni di intensità del segnale del tessuto adiposo
perirettale, integra la fascia mesorettale.
Pancolonscopia: l’esplorazione digitale è negativa. Nel retto da 8 a 13 cm dal mar-
gine anale presenza di neoformazione plurilobata già tipizzata istologicamente.
TC addome completo con mdc: in corrispondenza del terzo medio-distale del
retto voluminosa formazione espansiva solida disomogenea, prevalentemente
vegetante, estesa per circa 7 cm, compatibile con neoplasia.
Ecografia transanale: neoformazione che raggiunge la tonaca muscolare propria
superandola in più punti. Non evidenti adenopatie mesorettali.
Dopo 1 mese
Giunge in Pronto Soccorso per addominalgia e rimozione accidentale del catete-
re vescicale. Incapacità alla minzione e comparsa di algie pelviche.
Cateterismo vescicale: ristagno 700 ml di urine.
Esame urodinamico: deafferentazione vescicale completa. Si intraprende catete-
rismo intermittente plurimo quotidiano.
Dopo 2 mesi:
Studio neurofisiologico del piano pelvico: dissinergia muscolare addomino-
sfinterica.
Dopo 2 mesi:
Iniezioni intradetrusoriali di 200 UI di Botox previo controllo cistoscopico che
ha evidenzato su tutto l’ambito vescicale una mucosa edematosa, intensamente
iperemica, diffusamente trabecolata a celle e colonne con plurimi orifizi pseudo-
diverticolari e ricoperta da fibrina.
141 Nelson H: Guidelines 2000 for colon and rectal cancer surgery. J National Cancer Insti-
tute 93(8):583, 2001.
142 Chou JF: Clinical and pathologic factors that predict lymph node yeld from surgical
specimens in colorectal cancer: a population-based study. Cancer 116:2560, 2010; Kornprat:
Value of tumor size as a prognostic variable in colorectal cancer: a critical reappraisal. Am
J Clin Oncol 34:43, 2011.
192 La responsabilità del chirurgo
143 Siegel R et Al: Laparoscopic extraperitoneal rectal cancer surgery: the clinical practice
guidelines of the European Association for Endoscopic Surgery (EAES). Surg Endosc. 2011
Aug;25(8):2423-40: “The main goal is a tumour-free margin”.
144 Quah HM: Bladder and sexual dysfunction following laparoscopically assisted and con-
ventional open mesorectal resection for cancer. Br J Surg. 2002 Dec;89(12):1551-6.
145 Havenga K: Anatomical basis of autonomic nerve-preserving total mesorectal excision
for rectal cancer. Br J Surg. 1996 Mar;83(3):384-8.
146 Lim RS: Review Postoperative bladder and sexual function in patients undergoing sur-
gery for rectal cancer: a systematic review and meta-analysis of laparoscopic versus open
resection of rectal cancer. Tech Coloproctol. 2014 Nov;18(11):993-1002.
147 Asoglu O: Impact of laparoscopic surgery on bladder and sexual function after total me-
sorectal excision for rectal cancer. Surg Endosc. 2009 Feb;23(2):296-303.
148 Havenga K: Male and female sexual and urinary function after total mesorectal exci-
sion with autonomic nerve preservation for carcinoma of the rectum. J Am Coll Surg.
1996,182(6):495-502.
Casi peritali simulati e commentati 193
Conclusioni:
Le parti concordano un risarcimento di circa euro 100.000.
Sintesi:
Comprovato l’errore chirurgico i CTU propendono per una evidente, e poco
comprensibile, sottovalutazione, rispetto alle tabelle, del danno biologico per-
manente. Inoltre, la struttura convenuta persisteva nel suo atteggiamento di op-
posizione alle determinazioni dei CTU in ATP, proponendo, eventualmente, un
importo ulteriormente sottostimante la valutazione dei CTU, che la ricorrente,
per ragioni di necessità contingente, (come spesso avviene), decide di accettare.
Caso 29
Neoplasia del trasverso: resezione colica non comprendente
la lesione, deiscenza anastomotica
Vicenda clinica:
Maschio di anni 50. Test del sangue occulto nelle feci cui segue colonscopia pres-
so Ospedale Alfa: singolo polipo sessile di circa 3 cm di diametro della flessura
epatica. Singolo polipo peduncolato di circa 3 cm di diametro del sigma. Singolo
polipo sessile di circa 1 cm di diametro del sigma. Prescrizioni: Ripetizione esa-
me in narcosi e con preparazione rinforzata per mucosectomia.
Ripetizione colonscopia: a circa 60 cm dal margine anale plica polipoide di aspetto
irregolare. Biopsie e tatuaggio. Polipo sessile di circa 1 cm a livello del sigma, polipec-
tomia. Grosso polipo semipeduncolato a livello del sigma di circa 4 cm di diametro.
Mucosectomia e tatuaggio. Procedure effettuate: si eseguono biopsie con pinza
del colon trasverso. Polipectomia con ansa con rimozione completa di polipo del
sigma. Mucosectomia en-bloc mediante tecnica “Saline Injection Polypectomy”
(SIP) del sigma.
Esame istologico: (1) Polipo sessile di 1 cm del sigma. (2) Polipo semipendun-
colato del sigma di 4 cm. Diagnosi: 1) Adenoma tubulo-villoso, con displasia di
basso grado; (2) Frammenti di adenoma tubulare con displasia di basso grado.
Dopo 1 mese:
Colonscopia: massa di sospetta natura neoplastica del diametro di circa 2 cm del
trasverso medio già sede di tatuaggio.
194 La responsabilità del chirurgo
Dopo 3 mesi:
Colonscopia con biopsia presso Ospedale Alfa: nel colon trasverso lesione ve-
getante ulcerata e sanguinante come da recidiva di pregressa polipectomia.
Biopsia: displasia di alto grado in frammenti superficiali di adenoma tubulare.
Il giorno successivo
Ritorno in Pronto Soccorso per addome acuto.
TAC addome completo: raccolta a verosimile contenuto enterico disposta po-
Casi peritali simulati e commentati 195
durata di circa 6 ore, in cui la lesione neoplastica rilevata alla TAC non veniva
reperita, e malgrado questo si eseguiva inspiegabilmente una resezione “alla
cieca” del sigma, senza il tassativo ausilio di una colonscopia intraoperatoria,
ovvero di un segmento intestinale diverso da quello segnalato alla TAC, colon
trasverso, come interessato dalla lesione.
Le procedure chirurgiche riportate in cartella clinica inoltre non corrispondono
con ciò che viene riportato nella descrizione dell’intervento, che è consistito da
una resezione del sigma. Sul frontespizio si riporta: resezione del trasverso, però
non eseguita, quando il tumore era proprio in quella sede.
Il segmento intestinale asportato non comprendeva la lesione neoplastica, rima-
sta in sede a livello del trasverso, ed il paziente veniva dimesso, dopo un inter-
vento inutile e senza che la sua patologia tumorale venisse curata, con diagnosi
di neoformazione del sigma, che non c’era.
Dopo oltre un anno di totale abbandono da parte dei curanti dell’Ospedale Alfa,
che non avvertivano il paziente della persistenza in sede del tumore del colon
non trattato, egli decideva di recarsi all’Ospedale Beta per una colonscopia di
controllo nel corso della quale si identificava finalmente, con 2 anni di ritardo, a
livello del colon trasverso, una lesione neoplastica vegetante e sanguinante del
diam di circa 3 cm, erroneamente attribuita a recidiva di pregressa polipectomia,
dal momento che in quella sede anatomica mai erano stati descritti polipi né
tantomeno effettuate polipectomie.
Trattavasi dunque di una lesione neoplastica che aveva raggiunto i 3 cm di dia-
metro, certamente presente da lungo tempo, mai identificata nel corso delle 3
colonscopie effettuate presso l’Ospedale Alfa.
Solo dopo altri 8 mesi il paziente veniva sottoposto, presso l’Ospedale Alfa, ad
intervento chirurgico laparotomico di resezione del colon trasverso.
Qui il chirurgo incorreva in un grave errore tecnico: per l’esecuzione di una re-
sezione segmentaria del trasverso distale-flessura splenica (intervento peraltro
oncologicamente insufficiente ed inadeguato), effettuava la legatura all’origine
dell’arteria colica media.
Infatti vi è da ritenere che la sezione effettuata a livello del trasverso distale dopo
interruzione della colica media, evidentemente dopo non sufficiente valutazione
della anatomia vascolare del colon, e a seguito della pregressa legatura dei vasi
colici di sinistra (nel corso dell’inutile intervento di resezione del sigma) abbia
comportato un deficit di vascolarizzazione con ischemia e necrosi a livello della
anastomosi colica assicurata solo dall’ arcata marginale di Drummond e di Rio-
lano, evidentemente insufficienti dopo il venir meno dell’apporto della colica si-
nistra, che ha condotto alla deiscenza anastomotica, come poi dimostrato anche
dall’esame istologico successivamente eseguito. L’intervento corretto, anche dal
punto di vista oncologico, sarebbe qui stata una colectomia sinistra allargata al
trasverso, naturalmente con risparmio dell’arteria colica media.
Tale errore ha inevitabilmente condizionato la deiscenza della anastomosi: il
giorno dopo le dimissioni il paziente è tornato in Ospedale con una gravissima
peritonite fecale e purulenta diffusa per essere sottoposto ad un nuovo inter-
Casi peritali simulati e commentati 197
Conclusioni:
Accordo stragiudiziale con corresponsione al danneggiato di circa euro 100.000.
Sintesi:
Trattasi di una vicenda clinica caratterizzata dall’insistente ripetersi di impre-
cisioni ed errori, anche gravissimi, sia nell’attività endoscopica che in quella
chirurgica. Dopo il primo intervento il paziente è stato dimesso con diagnosi
di neoplasia del colon che non è stata rinvenuta nel pezzo operatorio, e senza
prospettare la necessità di un approfondimento diagnostico per una terapia ade-
guata. La diagnostica endoscopica è stata reiteratamente depistante. Dimissioni
intempestive hanno fatto seguito ad interventi seguiti da gravi complicanze e
condotti con criteri chirurgici errati. Il ricorrente, tuttavia, disoccupato, si è ac-
contentato della offerta fatta dalla struttura convenuta in via stragiudiziale, che
certamente sottostima il danno riportato, preferendo evitare la causa risarcitoria,
anche per l’impossibilità di sostenerne i costi.
Caso 30
Colectomia subtotale per stipsi cronica, deiscenza
anastomotica, ileostomia su ansa efferente, lesione tracheale
149 Kulayat MN: Surgical Complications. In Sabiston Textbook of Surgery, 315, Elsevier 2012.
198 La responsabilità del chirurgo
Vicenda clinica:
Donna di circa 40 anni. Visita chirurgica per stipsi colica severa: anche 1 mese di
alvo chiuso alle feci. Si richiede ansogramma colico prima di dare indicazione ad
intervento di colectomia totale.
Ansogramma colico: tempo di transito colico totale= 75 ore (v.n. 35 ± 17). Tempo
di transito retto-sigma= 0 ore (v.n. 12.4 ± 1.1). Riconoscibile catenella di punti
metallici in scavo pelvico, in esiti di STARR. Si ricovera per colectomia subtotale
laparoscopica presso Reparto di Chirurgia dell’Ospedale Alfa.
Intervento (1): colectomia subtotale con cieco-retto anastomosi T-T.
Diagnosi: stipsi da transito intestinale rallentato.
Esame istologico: colite focalmente attiva di grado lieve-moderato, congestio-
ne vascolare e focali stravasi ematici. Tonaca muscolare normorappresentata,
numero di plessi gangliari nella norma con riduzione delle cellule gangliari del
plesso mioenterico di Auerbach (30-35 per cm), cellule di Cajal conservate sia nel
contesto della tonaca muscolare che attorno alle strutture gangliari, mastociti
nella norma. Il quadro istologico orienta per neuropatia come da pseudo-ostru-
zione cronica intestinale idiopatica.
In II giornata postoperatoria
La paziente veniva sottoposta ad intervento chirurgico laparoscopico (2) di ileo-
stomia temporanea per peritonite fecale da deiscenza anastomotica: reperimen-
to di ansa ileale distale che si seziona mediante Endo-GIA ed esteriorizzazione
del moncone prossimale in fossa iliaca destra, detersione del cavo peritoneale e
apertura di ileostomia alla cute. Dopo l’intervento comparsa di edema del collo.
TAC collo e torace: interruzione della parete postero-laterale della trachea a
livello della I costa, ampio pneumomediastino che giunge sino al diaframma
mentre cranialmente di osserva esteso enfisema di parete toracica anteriore, di
tutto il collo che si estende posteriormente in sede occipitale mentre anterior-
mente sino alla muscolatura masseterina sinistra ed alla parete laterale dell’orbi-
ta. Dimissione volontaria, si recava al Pronto Soccorso dell’Ospedale Beta, quin-
di ricoverata in Chirurgia.
Broncoscopia: lacerazione della pars membranacea della trachea. Ileostomia chiusa
a gas e feci, con minima fuoriuscita di materiale muco-ematico. Progressiva disten-
sione addominale, per cui nel sospetto di un quadro occlusivo si eseguiva TAC ad-
dome: in fianco destro ansa dell’ileo distale che sembra terminare in corrispondenza
delle clip chirurgiche, con retrodilatazione del piccolo intestino, con immagini di
livello idroaereo. Infruttuoso il tentativo di incannulare con catetere di Foley l’ansa
abboccata alla cute, con localizzato spandimento peritoneale di mdc; tale ansa appa-
re comunque detesa e diretta caudalmente verso lo scavo pelvico.
Intervento chirurgico (3) di laparotomia esplorativa e riconfezionamento di ileo-
stomia. Il digiuno e l’ileo appaiono enormemente dilatati per occlusione intestina-
le. Svuotamento retrogrado attraverso il sondino naso-gastrico di circa 1000 ml di
liquido enterico e abbondante quantità di aria. Si rileva che è stata abboccata alla
Casi peritali simulati e commentati 199
cute l’ansa efferente, mentre quella afferente è chiusa con suturatrice meccanica. Si
reseca il moncone dell’ansa efferente, che viene poi affondato. Ileostomia sull’ansa
afferente, che viene portata all’esterno attraverso la precedente incisione.
TAC collo e torace di controllo: riduzione dell’enfisema sottocutaneo e dello
pneumomediastino. Dimissione.
Dopo 4 mesi
Nuovo ricovero presso Ospedale Beta per intervento (4) di chiusura della ileostomia.
Broncoscopia: Minimo esito cicatriziale della pregressa lacerazione.
A seguito dei plurimi interventi effettuati la paziente ha sviluppato una sorta
di dumping syndrome, per cui subito dopo i pasti ha un impellente bisogno
di evacuare con feci tendenzialmente diarroiche (circa 7 scariche die di media).
Peso stabile a circa 50 Kg.
Operazioni peritali:
La paziente non riferisce turbe soggettive riferibili alla nota lesione tracheale ia-
trogena. Lamenta, invece, frequenti scariche diarroiche nel corso della giornata
(da sette e dieci), impellenti ed in alcune occasioni incontrollate.
La perizianda, inoltre, tiene a precisare quanto segue: nella fase di programma-
zione all’intervento, il dott. X le disse che avrebbe potuto presentare frequenti
scariche diarroiche nei primi mesi che sarebbero poi scomparse (si dà atto che
nel modulo di consenso alla chirurgia, composto di tre pagine, in cartella clinica,
sono riportate le possibili complicanze dell’intervento proposto alla paziente,
ma fra le stesse non figura quella di cui trattasi); nell’attualità, le scariche persi-
stono malgrado il ricorso a diete specifiche.
Secondo i CT della parte ricorrente: 1) non è possibile provare che siano ricorsi col-
pevoli errori nella causazione della fistola; 2) vi fu un palese, colpevole errore nell’al-
lestimento della prima ileostomia con ansa efferente anziché afferente; 3) anche la
lesione tracheale, certo sicuramente iatrogena, esprime condotta tecnica colposa.
Il CT della parte resistente riconosce la condotta tecnica colposa nell’esecuzione
della prima ileostomia, ma nega che l’attuale danno permanente lamentato dalla
paziente, la diarrea cronica, sia in nesso causale con lo stesso, costituendo piut-
tosto specifica complicanza dell’intervento, prevedibile ma non evitabile.
La lesione tracheale si è riparata spontaneamente ed attualmente non comporta
alcun pregiudizio funzionale, tanto da non configurare un correlato danno bio-
logico permanente.
Un danno estrinseco del plesso mioenterico, talvolta presente, può essere an-
che attribuito all’abuso di lassativi.
Il transito intestinale è rallentato, i movimenti peristaltici sono rari, con atti defeca-
tori che variano da 1-2 volte/settimana a uno ogni 2-3 settimane. Spesso il paziente
fa abuso di lassativi ed è affetto da turbe psichiche, soprattutto depressione150.
Esistono criteri diagnostici diffusamente accettati per la classificazione delle
stipsi funzionali (criteri di Roma III).
Devono essere presenti due o più dei seguenti sintomi:
• ponzamenti prolungati in almeno il 25% delle defecazioni;
• feci dure o bernoccolute in almeno il 25% delle defecazioni;
• sensazione di evacuazione incompleta in almeno il 25% delle defecazioni;
• manovre manuali in almeno il 25% delle evacuazioni (evacuazione digitale,
con ausilio del pavimento pelvico);
• meno di tre defecazioni/settimana.
Inoltre:
• rara presenza di feci liquide in assenza di uso di lassativi;
• criteri insufficienti per diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile (IBD);
• disturbi defecatori devono essere esclusi con tests appropriati.151,152,153,154,155
Lo studio strumentale dell’atonia colica si basa su metodiche radiologiche (clisma
opaco) utili per studiare la morfologia del colon e ad escludere la presenza di
lesioni produttive e su metodiche endoscopiche (pancolonscopia) ed infine dei
tempi di transito colico. Lo studio dei tempi di transito colico, indispensabile alla
definizione della diagnosi, si basa sulla somministrazione per via orale di mar-
catori radiopachi con successiva esecuzione di radiogrammi diretti dell’addome
per la conta dei marcatori residui. In caso di persistenza dei marcatori nel lume
intestinale, l’accumulo nei diversi quadranti dell’addome consente di distinguere
fra transito rallentato di tipo distrettuale, globale e di ostruzione distale.156,157,158
159 Wald A: Slow transit constipation. Curr Treat Options Gastroenterol 5:279, 2002.
160 Lembo AJ: Two randomized trials of linaclotide for chronic constipation. N Engl J Med
365:527, 2011.
161 Johanson JF: Lubiprostone, a locally acting chloride channel activator, in adult patients
with chronic constipation: a double blind, placebo-controlled, dose-ranging study to eval-
uate efficacy and safety. Aliment Pharmacol Ther 25:1351, 2007.
162 Thagavi SA: Colchicine is effective for short-term treatment of slow transit constipation:
a double-blind placebo-controlled clinical trial. Int J Colorectal Dis 25:389, 2010.
163 Patel SS: Surgical management of constipation. In: Cameron JL: Current Surgical Thera-
py, 196, Elsevier 2014.
164 Mahmoud NN: Colon and rectum: In: Sabiston Textbook of Surgery, 1390, Elsevier 2017.
202 La responsabilità del chirurgo
La letteratura riporta risultati assai dissimili nel trattamento chirurgico dei pa-
zienti con atonia colica con colectomia subtotale ed ileo-rettoanastomosi: 33-94%
di successo, ovvero defecazione regolare senza uso di lassativi, ma spesso persi-
stono disturbi quali nausea, gonfiore, dolore addominale, incontinenza ed anche
una inabilitante diarrea166.
È fuor di dubbio che le prestazioni chirurgiche eseguite sulla de cuius presso l’ospe-
dale resistente non comportavano la soluzione di problemi tecnici di speciale dif-
ficoltà nel senso stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione. La lesione della pars
membranacea della trachea, verificatasi in corso di intubazione per anestesia gene-
rale, è da ascrivere a manovra non correttamente prudente, perita e/o diligente.
La condotta tecnica colposa, per imperizia e negligenza, nell’allestimento dell’i-
leostomia nel corso dell’intervento laparoscopico, dopo sezione dell’ileo, a li-
vello del moncone distale (con scambio dell’ansa afferente con quella efferente),
risulta pacificamente ammessa anche dal consulente della parte resistente.
Si concorda con i CT di parte resistente circa l’assenza di nesso causale fra l’at-
tuale sindrome diarroica, severa, cronica, invalidante e l’errore nel confeziona-
mento dell’ileostomia.
L’attuale danno biologico permanente è interamente da porre in nesso causa-
le con la demolizione sub-totale dell’intestino colon, programmata dal dott. X
dell’ospedale resistente. Viene da domandarsi a questo punto se, nel proporre
tale grave demolizione anatomo-chirurgica alla paziente, il medico abbia rispet-
tato le buone pratiche cliniche.
Queste prevedono che prima di qualsiasi trattamento chirurgico della costipa-
zione sia indicato un trattamento medico, dietetico e riabilitativo, come più so-
pra esposto in dettaglio, posto che l’asportazione del grosso intestino non deve
rappresentare che l’ultima possibilità.
Nella documentazione clinica prodotta non risulta che prima di arrivare alla chi-
rurgia la paziente sia doverosamente passata attraverso i menzionati trattamenti
conservativi, come confermato dalla ricorrente.
Per tutto quanto sopra, dunque, è da ritenersi che la proposta del dott. X, per demo-
lizione sub-totale dell’intestino colon, sia da ritenere espressione di colpevole errore
per imprudenza. Posto, pertanto, che per quanto emerso nel corso delle presenti in-
165 Nylund G: Long-term outcome after colectomy in severe idiopathic constipation. Col-
orectal Dis 3:253,2001; Knowles CH: Outcome of colectomy for slow transit constipation.
Ann Surg 230: 627,1999; El Tawil AM: Persistence of abdominal symptoms after success-
ful surgery for idiopatic slow transit constipation. South Med J 95:1042,2002; Ternent CA:
Practice parameters for the evaluation and management of constipation. Dis Colon Rectum
50(12):2013,2007; Gladman MA: Surgical treatment of patients with constipation and fecal
incontinence. Gastroenterol Clin North Am 37(3):605, 2008.
166 Mahmoud NN, Op cit, 1390.
Casi peritali simulati e commentati 203
dagini peritali l’intervento chirurgico demolitivo in discorso non doveva essere ese-
guito, si dirà ora del danno biologico, temporaneo e permanente, in nesso causale.
La paziente ebbe due ricoveri, ininterrottamente protrattisi, della durata totale di
giorni 25 che vanno a configurare danno biologico temporaneo in forma assoluta.
La relazione extra giudiziale, ante causam, del CT di parte ricorrente indica anche
un ulteriore danno biologico temporaneo in forma parziale di giorni trenta al 75%
e ulteriori giorni trenta al 50%: e ciò è da condividere, avuto riguardo al tempo ne-
cessario alla persona per riabilitarsi progressivamente in corso di convalescenza.
Diversamente, non è condivisibile la stima di danno biologico permanente (al
12-13%) indicato dallo stesso CT di parte ricorrente: la stessa, infatti, non tiene
conto dell’indicazione valutativa secondo la quale deve tenersi conto anche delle
preesistenti condizioni della paziente.
Secondo le indicazioni desumibili da SIMLA, Linee Guida per la valutazione me-
dico-legale del danno alla persona in ambito civilistico, Giuffrè editore 2016 (pag. 484)
l’attuale situazione invalidante della de cuius deve essere stimato in misura non
inferiore al 25% (è collocabile al limite fra stadio II e stadio III).
Ma nello stato anteriore la persona era afflitta da stipsi cronica, severa, pure
invalidante sia pure in una misura inferiore e dell’ordine del 10%: nella fattispe-
cie si delinea un danno biologico differenziale del 15%, incrementativo dal 10%
proprio dello stato anteriore all’attuale 25%.
Sintesi:
Da questo caso si rilevano due elementi fondamentali. Il primo è rappresentato
da come un errore tecnico anche grossolano, quale quello di confezionare una
ileostomia su un’ansa efferente, non venga penalizzato in termini risarcitori in
quanto emendato da un intervento correttivo successivo. Il secondo è che (sia
pur assai di rado) la valutazione percentuale del danno fatta da parte ricorrente
venga incrementata dai CTU, in questo caso sia elevando il punteggio che tra-
sformando il danno biologico permanente in danno incrementativo, con sensibi-
le aumento dell’entità del risarcimento per il ricorrente.
Caso 31
STARR per defecazione ostruita complicata da emorragia,
ascesso, colostomia temporanea
Vicenda clinica:
Donna di circa 45 anni. Per stitichezza e sospetto prolasso rettale, si rivolse al
Dott. X che prescrisse ecografia transanale: emorroidi congeste.
204 La responsabilità del chirurgo
Dopo 2 giorni
TAC addome di controllo: la nota raccolta presacrale ha diametro max attua-
le di circa 6 cm, modicamente ridotta rispetto al precedente controllo; aspetto
tenuemente iperdenso del contenuto della raccolta. Incremento dell’aria libera,
riconoscibile lungo le docce parieto-coliche bilateralmente, ed in sede pelvica,
nello spazio retro ed extraperitoneale.
Intervento (3): colostomia laterale di protezione in FIS, incisione glutea periana-
le di drenaggio della raccolta presacrale. Decorso regolare.
Dopo 1 anno
Intervento (4) di rimozione della rima anastomotica in esiti di STARR con aspor-
tazione di agraffes e riconfezionamento di sutura retto-rettale manuale.
Casi peritali simulati e commentati 205
167 Titu LV: Stapled transanal rectal resection for obstructed defecation: a cautionary tale.
Dis Colon rectum 52:1916, 2009.
168 Khaikin M: Treatment strategies in obstructed defecation and fecal incontinence. World
J Gastroenterol 12:3168, 2000.
169 Steele SR: Constipation and obstructed defecation. Clin Colon rectal Surg 20:110, 2007.
170 Rosen A: Obstructed defecation syndrome: diagnosis and therapeutic options, with spe-
cial focus on STARR procedure. Isr Med Assoc 12:104, 2010.
171 Sabiston Textbook of Surgery, Pelvic floor disorders and constipation, 1365, Elsevier 2012.
172 Jayne DG: Stapled transanal rectal resection for obstructed defecation and evidence-based
practice. Br J Surg 92:793, 2005.
173 Puigdollers A: Persistent symptoms of functional outlet obstruction after rectocele re-
pair. Colorectal Dis 9:262, 2007.
206 La responsabilità del chirurgo
osservano anche in soggetti sani asintomatici ma, fatte queste premesse, l’intervento
di STARR appare indicato nel trattamento della sindrome da defecazione ostruita.
Le complicanze post-operatorie di tale procedura sono in prevalenza l’emorra-
gia e la deiscenza delle suture che si segnalano nel 7-17% dei casi.174,175,176
L’intervento di STARR rappresenta l’evoluzione dell’intervento di Longo, ideato
per il trattamento del prolasso emorroidario e consistente dell’asportazione me-
diante suturatrice meccanica di una banda circolare di mucosa del canale anale
con realizzazione di una sutura muco-mucosa.
L’intervento di Longo è assai più frequentemente praticato, e da più lungo tem-
po, rispetto alla STARR, e rispetto ad essa risulta meno invasivo (resezione mu-
cosa e non resezione di parete rettale a tutto spessore).
Sulle complicanze di tale intervento, si possono riportare i dati di un’inchiesta
effettuata su vari centri italiani e relativa a 1107 pazienti operati con tale tecnica,
che sono del tutto sovrapponibili a quelli delle più importanti casistiche mondiali.
Non si sono verificate complicanze immediate nell’86,2% (954 pazienti); invece
il sanguinamento si è osservato nel 4,2%, la trombosi emorroidaria nel 2,3%, la
ritenzione urinaria nell’1,5%, la deiscenza anastomotica dell’anello nello 0,5%, la
ragade nello 0,2% e l’ematoma perineale nello 0,1%177.
Per quanto riguarda le complicanze tardive, la recidiva è risultata del 2,3%,
il dolore persistente dell’1,3%, la stenosi anastomotica dello 0,8%, la ragade
anale dello 0,6%.
Complicanze rare, ma gravissime, sono la perforazione del retto anche intrape-
ritoneale, la fistola rettovaginale, la sepsi retroperitoneale178.
L’analisi dei possibili momenti patogenetici della complicanza emorragica nel
caso in narrativa riconosce in un sanguinamento a nappo lungo la linea di su-
tura, presumibilmente dovuto ad un incompleto controllo dell’emostasi della
suturatrice meccanica, quindi operatore indipendente, la causa più probabile;
più raramente l’emorragia può essere dovuta a piccoli rami arteriosi sezionati
ma non compresi nei punti metallici.
Nel caso in discussione di tratta di discriminare se si trattò di errore tecnico o mera
complicanza (e quindi di fatto ipotizzabile ma non prevenibile in alcun modo).
Nel primo caso, ovvero errore tecnico, esso non può che essere consistito in un
174 Lenisa L: STARR with Contour Transtar: prospective multicentre European study. Col-
orectal Dis 11:821, 2009.
175 Goede A: Medium term results of stapler transanal rectal resection (STARR) for obstruct-
ed defecation and symptomatic rectal-anal intususception. Colorectal Dis Aug 31, 2010.
176 Jaine DG: Stapled transanal rectal resection for obstructed defecation syndrome: one
year result of the European STARR Registry. Dis Colon Rectum 52:1205, 2009.
177 Pescatori M: Postoperative complications after procedure for prolapsed hemorroids (PPH)
and stapled transanal rectal resection (STARR) procedures. Tech Coloproctol 12:7, 2008.
178 Maw A: Retroperitoneal sepsis complicating stapled hemorroidectomy. Report of a case
and review of the literature. Dis Colon Rectum 45:826, 2002.
Casi peritali simulati e commentati 207
trauma diretto, quindi perforativo della parete del retto, da parte della punta
della suturatrice. Ovviamente in questo caso ci si dovrebbe aspettare la contem-
poranea perforazione del viscere e il rilievo precoce dell’emorragia per lesione
dei vasi della parete del retto, evento qui non verificatosi.
Nel secondo caso (complicanza) si sarebbe trattato invece dell’evoluzione sfa-
vorevole di una deiscenza anastomotica di piccole dimensioni (o di incompleta
sutura anastomotica realizzata dalla suturatrice meccanica) con sanguinamento
associato extraluminale e formazione di ematoma perirettale. Si tratterebbe in
questo caso sicuramente di una complicanza estremamente rara.
La frequenza di tale complicanza perforativa in 25 trials concernenti 1918 inter-
venti con stapler risulta essere inferiore allo 0,1%.
Il principale il fattore predisponente la perforazione del retto è costituito dalla di-
scesa della parete anteriore, che viene lesa dal cono appuntito dell’incudine dello
stapler inserito nell’ano nei pazienti con prolasso o invaginazione del retto.179,180
Si ritiene che nel caso in oggetto si verificò un’emorragia a livello della catenella
chirurgica o per incompleta sutura da parte dello Stapler (da ritenersi una compli-
canza della procedura essendo questa effettuata meccanicamente dallo strumen-
tario chirurgico e non operatore dipendente) che determinò la formazione di un
importante ematoma perirettale, che richiese poi l’esecuzione di ripetuti interventi
di drenaggio, colostomia di protezione e quindi di ricanalizzazione intestinale.
Nel corso della visita di controllo a 9 giorni dalla data del primo intervento, pur
lamentando la paziente importanti dolori e distensione addominale, il Dr.X non
ritenne di dover procedere ad alcun approfondimento, rinviando la paziente a
domicilio e fissando un nuovo controllo a 30-40 giorni. Mancano dati sull’esecu-
zione o meno di una esplorazione rettale, che la paziente nega sia stata eseguita.
Quattro giorni dopo la suddetta visita e due settimane dopo l’intervento di
STARR, persistendo i dolori addominali, la paziente veniva nuovamente ricove-
rata, e la TAC addome eseguita dimostrava la presenza di raccolta pararettale a
parziale contenuto aereo.
Il giorno successivo veniva sottoposta ad intervento di drenaggio di raccolta
presacrale ematica e di revisione dell’anastomosi posteriore retto-rettale con su-
tura di piccola deiscenza superficiale sanguinante.
In seguito, la TAC addome di controllo dimostrava la persistenza della raccolta
presacrale e di infiltrazione aerea retroperitoneale, indicando la necessità di un
nuovo intervento di drenaggio e di colostomia di protezione.
In conclusione, si può ritenere che la formazione dell’ematoma pararettale e la
deiscenza anastomotica siano da considerarsi una complicanza rara (incolpevo-
le) dell’intervento di STARR.
179 Gao HX: Rectal perforation after procedure for prolapse and hemorroids: possible caus-
es. Dis Colon Rectum 53:1439, 2010.
180 Pescatori M: Prevenzione e trattamento delle complicanze in chirurgia proctologica.
Springer, 2011.
208 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
Le importanti complicanze verificatesi a seguito dell’intervento di STARR ven-
gono considerate come prevedibili e non prevenibili, l’errore tecnico non è qui
dimostrabile. Tuttavia, le carenze cliniche del post operatorio ed il ritardo dia-
gnostico delle stesse sono ritenute responsabili di un lungo periodo di invalidità
temporanea e di un danno biologico permanente da ritenersi, a distanza, com-
plessivamente contenuto.
Caso 32
Perforazione duodenale post ERCP, pancreatite acuta, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di circa anni 80 si recava al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa per
comparsa di dolore epigastrico addominale diffuso con irradiazione posteriore.
Obiettività addominale nella norma. GOT 190, GPT 150, Creatinina 2.15, Biliru-
bina totale 1.40, Lipasi 160. Restava in osservazione.
Il giorno seguente:
GOT 375, GPT 234, Bilirubina diretta 2.41, Bilirubina totale 2.99, LDH 310.
Nel pomeriggio: GOT 433, Bilirubina totale 4.36, Bilirubina diretta 3.73, Hb 9.1.
Ecografia addome: colecisti distesa a pareti ispessite e slaminate, sede di forma-
zioni litiasiche con diametro massimo di circa 10 mm, non dilatate le vie biliari.
Ricovero in Chirurgia con diagnosi di ittero ostruttivo.
Il giorno seguente
Sottoposto ad ERCP con quesito diagnostico di calcolosi colecisto-coledocica:
papilla di aspetto normale, incannulazione della via biliare non dilatata su filo
guida. Sfumate irregolarità di riempimento a livello del coledoco distale. Sfin-
terotomia e bonifica della via biliare con Fogarty, con fuoriuscita di frammenti
litiasici. Alla fine della procedura la via biliare appare libera.
Conclusioni: bonifica della via biliare in microcalcolosi del coledoco.
Lo stesso giorno, a seguito dell’insorgenza di importante dolore addominale, il
paziente veniva sottoposto a TAC addome con mdc che dimostrava che il duo-
deno al passaggio II-III terza porzione, in sede peripapillare, presentava ispessi-
210 La responsabilità del chirurgo
Il giorno successivo
Controllo TAC addome: nettamente peggiorata l’imbibizione del grasso perivisce-
rale a livello dei quadranti centro addominali. Edema peri-duodenale con piccola
raccolta fluida a livello del grasso periviscerale. Nell’acquisizione eseguita post ga-
strografin non evidenti spandimenti del mezzo di contrasto in sede peri viscerale.
Si associa un minimo versamento peri-splenico e periepatico con ispessimento del-
la fascia pararenale anteriore più evidente a sinistra di significato reattivo.
Intervento chirurgico per addome acuto da microperforazione duodenale, cole-
litiasi, pancreatite acuta.
Procedura: laparotomia esplorativa bisottocostale. Raffia duodenale. Colecistec-
tomia. Posizionamento di tubo di Kehr. All’apertura del peritoneo abbondante li-
quido similbiliare, imbibizione e macchie di cera a livello del mesocolon trasverso.
Colecistectomia, isolamento della via biliare che appare molto sottile e fragile. Mo-
bilizzazione del blocco duodeno-pancreatico, reperto di microperforazione a livel-
lo della seconda porzione duodenale. Sutura in duplice strato. Voluminosa colata
tra la parete posteriore dello stomaco ed il mesocolon trasverso. In considerazione
della sutura duodenale si esegue coledocotomia e si posiziona tubo di Kehr.
In V giornata postoperatoria
La TAC addome documentava la presenza di raccolte organizzate, in parte con-
fluenti, estese in corrispondenza della radice del mesentere, in adiacenza alla
fascia renale anteriore di destra, in loggia pancreatica, delle dimensioni massime
di circa 10 cm e di imbibizione essudatizia del tessuto adiposo mesenteriale.
Dopo 20 giorni
Nuova ERCP per sospetto leak biliare: in secondo duodeno presenza di una
soluzione di continuo di parete dove si rileva la presenza di un punto di sutura.
Si incannulano selettivamente le vie biliari che mostrano al proprio interno tubo
di Kehr. Alla iniezione del mdc si osserva spandimento in addome verosimil-
mente per fuoriuscita intorno al Kehr. Si posiziona una protesi plastica.
181 Tse F: The elective evaluation of patients with suspected coledocholithiasis undergoing
laparoscopic cholecystectomy. Gastrointest Endosc 60:437, 2004.
182 ASGE Standards of Practice Committee. Maple JT: The role of endoscopy in evaluation
of suspected choledocholithiasis. Gastrointest Endosc 71:1, 2010.
183 Arain MA: Choledocholithiasis: clinical manifestations, diagnosis and management. Up-
ToDate 2107, Wolters Kluwer.
184 Iranmanesh P: Initial cholecystectomy vs sequential common duct endoscopic assess-
ment and subsequent cholecystectomy for suspected gallstone migration: a randomized
clinical trial. JAMA 312:137, 2014.
212 La responsabilità del chirurgo
Conclusioni:
Risarcimento per via stragiudiziale di euro 120’000.
Sintesi:
Complicanze mortali di ERCP non indicata in anziano, diagnosi e trattamento
inefficace e tardivo, accordo stragiudiziale con corresponsione di un risarcimen-
to agli eredi naturalmente inferiore a quello da tabella di danno non patrimonia-
le per la morte del congiunto.
Caso 33
Perforazione colica in corso di polipectomia endoscopica
Vicenda clinica:
Maschio di circa 60 anni, test per la ricerca di sangue occulto nelle feci positivo.
IRC in dialisi.
Colonscopia: a circa 20 cm dall’ano polipo peduncolato delle dimensioni di 4 cm
con aspetto villoso.
Esame istopatologico: adenoma tubulo-villoso del grosso intestino con displa-
sia moderata dell’epitelio ghiandolare.
Dopo 1 mese:
Ricovero in Chirurgia dell’Ospedale Alfa per chiusura della colostomia sinistra
e ricanalizzazione intestinale.
Intervento: viscerolisi, resezione segmentaria del colon in sede di colostomia e
ricanalizzazione colon-rettale con anastomosi T-L.
Decorso regolare e dimissioni.
Dopo 2 anni,
Ricovero presso Ospedale Beta per laparocele mediano.
Intervento: riparazione con protesi.
Casi peritali simulati e commentati 215
192 Iqbal CW: Colonoscopic perforations: a retrospective review. J Gastrointest Surg 9:1229,
2005; Farley DR: Management of colonscopic perforations. Mayo Clinic Proc 72:729, 1997.
193 Lo AJ: Selective management of colonoscopic perforations. J Am Coll Surg 70:333, 1994.
194 Arora G: Risk of perforation from a colonoscopy in adults: a large population-based
study. Gastrointest Endosc 69, 3: 654, 2009.
195 Gatto NM: Risk of perforation after colonoscopy and sigmoidoscopy: a population-based
study. J Nat Cancer Inst 95:230, 2003.
196 Lohsiriwat V: What are the risk factors of colonoscopic perforation? BMC Gastroenterol
9:71, 2009 Arora A, op cit.
197 Yamamoto H: Endoscopic endoscopic resection of a 40 mm flat-elevated tumor in the
rectum: endoscopic mucosal resection using sodium hyaluronate. Gastrointest Endosc
50:701, 199; Submucosal Dissection for Colorectal Tumors. In: Monkemuller K: Interven-
tional ad Therapeutic Gastrointestinal Endoscopy, Karger, Vol 27, 287, 2010.
216 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
È opportuno ricordare che quando non risulta possibile stabilire con certezza
se il danno riportato sia stato causato da imperizia e l’incertezza derivi dall’in-
completezza della cartella clinica, intesa anche come mancata descrizione di una
procedura chirurgica, il medico è da ritenersi responsabile del danno quando la
sua condotta sia astrattamente idonea a causarlo.
Caso 34
Carcinoma mammario: ritardo diagnostico e progressione
di malattia
Vicenda clinica:
Donna di 45 anni, si sottoponeva periodicamente ad accertamenti senologici di
prevenzione (visita, mammografie ed ecografie) presso l’Ospedale Alfa.
Ecografia mammaria bilaterale con agoaspirato: a sinistra tra Q1-Q3 in corri-
spondenza del rilievo clinico presenza di area nodulare diam 1 cm ipoecogena
con irregolarità dei margini da riferirsi in prima ipotesi a fibrocisti.
Referto citologico: cellularità scarsa.
Diagnosi: C3 (atipia probabilmente benigna)
Dopo 7 mesi
Eseguiva mammografia ed ecografia, che confermava la presenza di nodulo so-
lido ipoecogeno diam mm 11. Consigliata exeresi.
198 Linea Guida Nazionale della F.O.N.C.A.M, Forza Operativa Nazionale sul carcinoma
Mammario, 2005.
199 Giugliano AE: Breast disorders. In: Doherty GM: Surgery. Current Diagnosis and Treat-
ment, 301, 2010 .
200 Stuart K: Life after breast cancer. Aust Fam Physician 35:219, 2006.
201 Hayes DF: Prognostic and predictive factors for breast cancer: translating technology to
oncology. J Clin Oncol 23:1596, 2005.
202 Giugliano AE, Op cit.
203 Giugliano AE, Op cit.
Casi peritali simulati e commentati 221
Al momento attuale nel caso in oggetto non sono presenti segni di ripresa di
malattia o di metastasi a distanza del carcinoma mammario. Naturalmente tali
evenienze possono occorrere nel futuro: dall’intervento chirurgico sono trascor-
si quasi 6 anni, e come detto, la sopravvivenza a distanza complessiva a 10 anni
stimabile in tale stadio è del 25-40%.
Facendo riferimento in particolare alla relazione dell’ausiliario radiologo, si può
affermare che nel primo controllo eco e mammografico una intensa radiopacità
mammografica non consentiva di evidenziare immagini mammografiche fran-
camente sospette, mentre l’ecografia evidenziava un nodulo non osservato in
precedenza ponendo corretta indicazione all’esame citologico.
Tuttavia, come affermato dall’ausiliario patologo, la diagnosi più corretta pote-
va essere quella di materiale troppo scarso e quindi inadeguato “C1”, pur senza
considerare pregiudizialmente scorretta anche una diagnosi “C3”, purché, sia
nell’uno che nell’altro caso, anche e soprattutto in relazione al reperto microsco-
pico di “atipie” non rassicuranti, si procedesse obbligatoriamente ad ulteriori
approfondimenti diagnostici, o con la ripetizione dell’agoaspirato o, ancor me-
glio, con agobiopsia (es. istologico) o biopsia escissionale, metodiche dotate di
maggiore sensibilità e specificità, anche in considerazione della possibilità di
essere di fronte ad un nodulo “nuovo” in una paziente di 44 anni con precedenti
esami negativi e quindi con alta probabilità una lesione non benigna.
Pur avendo quindi fin qui il radiologo operato scelte corrette, a questo punto la
paziente doveva essere riferita al chirurgo affinché questi procedesse ad attuare
le sopraddette procedure allo scopo di ottenere una diagnosi certa e definitiva,
o comunque, di concerto con il patologo che aveva osservato l’inadeguatezza o
l’incertezza diagnostica dell’esiguo campione esito dell’agoaspirato, si sarebbe do-
vuta comunque ripetere la procedura già effettuata (agoaspirato per citologia).
Stupisce che la gestione di tali pazienti sia gestita dal solo medico radiologo,
quando questa dovrebbe essere multidisciplinare, coinvolgendo anche chirurgo,
patologo ed oncologo.
Nella storia della de cuius queste figure professionali sono a quella data ed in
quella circostanza assenti, e non è comprensibile come il solo radiologo che ese-
gue mammografia di screening ed ecografia mammaria possa gestire autono-
mamente tutti gli aspetti multidisciplinari necessari, compresi quelli organizza-
tivi, a meno di aver preventivamente posto in essere un collaudato processo di
rapporti consequenziali ed automatici a cui avviare la paziente per l’esecuzione
delle varie fasi della diagnostica e del trattamento.
Sempre il radiologo, nel refertare un esame mammografico peraltro immodifi-
cato rispetto al controllo di 7 mesi prima, concludeva con un consiglio ad “even-
tuale” valutazione istologica mediante exeresi della lesione sospetta, destinato
a cadere nel nulla: né la paziente (peraltro non indirizzata) né soprattutto alcun
medico prendevano fattivamente decisioni da ritenersi utili al caso.
È poi necessario ricordare che la paziente, interrogata in corso di CTU, ha affermato
che dopo i primi eventi è trascorso lungo tempo (un anno e mezzo) per effettuare
nuovi controlli per la difficoltà di ottenere appuntamenti presso l’Ospedale di Alfa.
222 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
Trattasi di un caso, assai frequente, di ritardo diagnostico del carcinoma mam-
mario, qui legato non tanto a dei difetti nell’esecuzione degli esami diagnostici
quanto nella organizzazione della sequenza diagnostica integrata tra specialisti
nell’ambito della stessa struttura ospedaliera. Il CTU qui riconosce un danno
biologico permanente piuttosto che, come spesso avviene per i “casi aperti”, una
perdita di chances.
Caso 35
Falso negativo in corso di screening mammografico:
assenza di danno
Consulenza tecnica d’Ufficio (ATP):
CTU un chirurgo, un anatomopatologo.
Vicenda clinica:
Donna di anni 61.
Mammografia bilaterale presso Ospedale Alfa: mammelle a struttura adiposa.
Non si evidenziano lesioni a carattere infiltrativo o microcalcificazioni patologiche.
Dopo 1 anno:
Screening mammografico presso Ospedale Beta: negativo.
Dopo 1 anno:
Mammografia bilaterale presso Ospedale Beta: minimo aumento dimensionale
del nodulo al QSE sinistro (mm.6), consigliato agoaspirato per citologia.
Esegue agobiopsia: carcinoma infiltrante con desmodisplasia e calcificazioni.
Ricovero presso Ospedale Gamma,
Intervento di quadrantectomia SE radioguidata e sampling linfonodale I livello
ascellare.
Diagnosi istologica: carcinoma duttale infiltrante diam mm 15 NAS, con mi-
crocalcificazioni. Stadiazione istopatologica: pT1cN0. A seguire terapia con Ta-
moxifene per due anni seguita da inibitore dell’aromatasi per tre anni. Radiote-
rapia complementare sulla mammella sinistra.
Immediatamente dopo:
Regione Omissis-Accertamento dell’Handicap, Distretto Socio-Sanitario di Omissis:
Diagnosi: esiti di quadrantectomia per ca infiltrante mammella sinistra. Tono
dell’umore deflesso. Il richiedente è riconosciuto: invalidità totale e permanente
100%. Da rivedere tra 2 anni.
224 La responsabilità del chirurgo
Dopo 1 anno:
Visita psichiatrica presso Ospedale Beta: in passato quadro depressivo e tratta-
mento con sertralina; dopo la diagnosi di carcinoma mammario, da lei ritenuta
colpevolmente tardiva, ricomparsa di sintomi quali insonnia tardiva, astenia e
disturbi digestivi, per cui ha dovuto aumentare il dosaggio della sertralina.
In ogni caso non si ritiene vi fossero criteri radiologici di reale sospetto di malignità,
e non emergevano elementi sufficienti, anche per i motivi sopra riportati, per deci-
dere per il richiamo della paziente.
La progressione dimensionale del reperto è stata molto modesta e non ha modifi-
cato l’orientamento radiologico che, sulla base delle dimensioni, è rimasto quello di
un micro-cancro.
Al momento del trattamento chirurgico, la diagnosi era di carcinoma duttale infil-
trante, stadiazione pT1cN0. Il trattamento chirurgico è stato correttamente esegui-
to, così come adeguate sono state le terapie successivamente praticate (radioterapia
complementare ed ormonoterapia).
Lo stadio di malattia, al momento della diagnosi e del tempestivo trattamento, è da
considerarsi precoce, tale da far prevedere, con alta probabilità, la guarigione della
paziente. Non è quindi da ipotizzare un salto di stadio della malattia od un suo
peggioramento legato ad un possibile ritardo diagnostico poiché al momento della
diagnosi la malattia si trovava comunque in uno stadio iniziale.204,205,206,207,208
Sintesi:
Gli elementi fondamentali che si ricavano dallo studio di questo caso sono so-
stanzialmente due. Il primo riguarda le caratteristiche della mammografia di
screening, eseguita comunque con criteri di relativo “risparmio” economico, che
condiziona un tasso significativo, e accettato, di falsi negativi. Il secondo è che
anche ammettendo un possibile errore di lettura della mammografia (e qui non
lo si ammette), il ritardo nel trattamento per un tumore che resta allo stadio
iniziale non condiziona né salto di stadio, né perdita di chances e quindi, in con-
clusione, l’esistenza di un danno permanente viene negata.
204 (Sharma M: Breast Cancer. In: Abraham J: The Bethesda Handbook of Clinical Oncology.
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205 Morrow M: Malignant tumors of the breast. In: De Vita: Cancer, 1117, Wolters Kluwer
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breast-conserving therapy. J Clin Oncol 29:3885, 2011.
226 La responsabilità del chirurgo
Caso 36
Aneurisma dell’aorta addominale rotto in attesa di
trasferimento, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di anni 70, giungeva con ambulanza 118 al Pronto Soccorso dell’Ospe-
dale Alfa. Priorità Triage: verde: Urgenza differibile (forma morbosa lieve). Pa-
rametri emodinamici nella norma. Sat O2 93%. Riferito dolore addominale da
ieri sera, trattato da guardia medica con Buscopan. Riferisce alvo chiuso anche
ai gas. Addome dolente alla palpazione. Pregresso IMA.
Ore 9:
Anamnesi: dolore addominale da ieri sera ai quadranti inferiori, inviato dal
curante per coliche addominali con alvo chiuso a feci e gas. In terapia con car-
dio-ASA, e antipertensivo e anticolesterolo, IMA 15 anni orsono.
Esame obiettivo: sveglio eupnoico buon eloquio, no segni di lato, no segni me-
ningei, polsi ai 4 arti, addome trattabile e dolente in regione periombelicale,
Blumberg neg.
Esami ematochimici nella norma, tranne Ht 50%.
Praticati Zantac 1fl e.v+ Plasil 1 fl e.v.+Ketorolac 1fl e.v.
Ad orario imprecisato:
Consulenza gastroenterologica:… peso corporeo stabile. Alvo regolare fino a
ieri quando è comparsa addominalgia ai quadranti inferiori e vomito schiumo-
so. Esami ematici nella norma.
Rx addome: non LIA né aria libera, coprostasi. Attualmente ancora addominal-
gie con alvo chiuso a feci e gas, non più vomito.
EO: addome globoso trattabile dolenzia diffusa senza difesa né peritonismo, peri-
stalsi valida.
ER: scarsa quantità di feci normocromiche in ampolla. Attualmente ancora addomi-
nalgie con alvo chiuso a feci e gas. A completamento utile esecuzione TAC addome
con mdc. Se negativa dimissibile in terapia antispastica e lassativa.
Ore ~15:
Casi peritali simulati e commentati 227
Ore ~16:30
Contattato chirurgo vascolare Ospedale Beta, programmato ricovero domattina.
Ore ~22:30
Durante l’attesa in P.S. malore con perdita di coscienza, non rilevabile il polso
periferico. Si pratica MCE con ripresa del ritmo e della coscienza, pur con confu-
sione mentale e stato di agitazione persistente.
Ore ~23
Consulenza cardiologica: in corso MCE, già intubato, assenza di polso. All’ecocar-
diogramma assenza di attività meccanica spontanea, non versamento pericardico.
Ore ~23
Ripresa di polso, all’ecocardiogramma ripresa di attività meccanica. Il paziente
viene accompagnato in TAC per controllo TC encefalo, aorta toraco-addominale.
Ore ~23:30
TAC del capo, torace e addome con e senza mdc: studio aorta addominale: mas-
sivo spandimento fluido-ematico di pertinenza del margine anteriore della nota
sacca aneurismatica, che si estende caudalmente alla sede ipogastrica.
Al rientro in P.S.
Nuovo ACC alle ore 23,30:
228 La responsabilità del chirurgo
209 Pratesi C et Alii: Linee Guida SIGVE Società Italiana Chirurgia Vascolare ed Endovasco-
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Casi peritali simulati e commentati 229
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Casi peritali simulati e commentati 231
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238 McPhee JT: Open surgical treatment of ruptured infrarenal aortic aneurysms. In: Stanley
JC, Op cit, 285.
232 La responsabilità del chirurgo
Conclusione:
Corresponsione agli eredi di circa di euro 480.000.
Sintesi:
Superficiale ed imprudente gestione di AAA da parte dei medici del Pronto Soc-
corso, lezione su come non sia opportuno tenere un paziente con una bomba ine-
splosa in luogo inidoneo, dove a priori si decide che non si possa fare nulla (ma
quanti chirurghi generali sono perfettamente in grado di eseguire, se necessario,
un intervento di aneurismectomia!).
Inoltre, anche il chirurgo vascolare dell’Ospedale Beta, al telefono, avrebbe do-
vuto consigliare, dopo la prima TAC, un trasferimento immediato.
Caso 37
Dissezione aorta ascendente in PS, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di circa 50 anni. Ore 7 giunge con ambulanza 118 in Pronto Soccorso dell’O-
spedale Alfa. In trattamento con Nebivololo per tachicardia. Questa mattina dopo
alzato dolore toracico. Paziente cosciente vigile. Obiettività negativa. PA 70/40. FC
70. Ipotensione acuta su verosimile base iatrogena. Priorità: codice verde.
Ore 7,30:
ECG: Ritmo sinusale. Segni di ipertrofia ventricolare sinistra.
Anamnesi: questa mattina in bagno ha accusato dolore epigastrico riferito come
senso di peso associato a scotomi e sensazione di svenimento, si sdraiava a terra
con gli arti inferiori sollevati con conseguente remissione della sintomatologia
dolorosa. Paziente iperteso, ex fumatore, in trattamento con nebivololo 5 mg per
os, assunto anche questa mattina.
Esame obiettivo: attività cardiaca ritmica, soffio sistolico, rinforzo del II tono.
Non edemi declivi, polsi radiali isosfigmici. MVF su tutto l’ambito polmona-
re. Assenza di dolore addominale alla palpazione superficiale e profonda. PA
100/55. Prognosi 10 gg s.c. Esami ematochimici nella norma.
Ore 9:
Richiesta visita cardiologica. Priorità: media. Quesito clinico: dolore toracico.
Ore 11,30:
Visita cardiologica, E.O: persiste lieve fastidio epigastrico. Attività cardiaca rit-
234 La responsabilità del chirurgo
mica. Crepiti e riduzione del MV alle basi con ipofonesi associata. PA 105/60.
ECG: RS, segni di ipertrofia ventricolare sinistra. Esami ematochimici nei limiti.
Ecoscopia: aneurisma dissecato dell’aorta ascendente, aorta asc 70 mm, insuffi-
cienza aortica severa. Ventricolo sinistro dilatato con ipertrofia ventricolare sx
eccentrica, flap visibile in aorta scendente fino all’arco. Si ricovera in UTIC.
Diagnosi: dissezione dell’aorta toracica.
Ore 11,30:
EGA arterioso: PO2 72,9.
Ricoverato in cardiologia: PA 75/40 a dx, 115/75 a sx.
Ripete ecoscopia: marcata dilatazione della radice aortica (74 mm) con immagi-
ne mobile suggestiva per flap intimale, apprezzabile fino all’arco. Insufficienza
aortica eccentrica di grado severo. Non versamento pericardico.
Ore 11,30:
Dal diario infermieristico: richieste 3 sacche di GRC, compilata scala di Bra-
den…somministro morfina 1 fl s.c.
Ore 12,30:
Intervento: giunge in sala operatoria cosciente e stabile sul piano emodinamico.
Durante il posizionamento sul letto operatorio, si osserva una improvvisa ipo-
tensione con slargamento dei complessi QRS all’ECG. Cianosi a mantellina. Ga-
sping. Midriasi bilaterale. Intubazione in emergenza. Si esegue una sternotomia
d’emergenza compassionevole, vista la giovane età del paziente. All’apertura del
pericardio si osserva una emorragia incontrollabile con cuore completamente
vuoto. Fibrillazione ventricolare. Si cerca di effettuare un massaggio cardiaco
interno, nel tentativo di identificare la breccia aortica. Impossibile controllare
l’emorragia. Non resta che constatare il decesso in tabula del paziente. Il seguito
all’exanguinazione, si osserva la breccia aortica in corrispondenza della porzio-
ne ascendente distale sulla convessità. Si sutura per limitare l’emorragia in se-
guito alla chiusura del torace. Sintesi dello sterno, sutura della cute.
Diagnosi: dissezione aortica rotta in sala operatoria.
Tipo di intervento: pericardiocentesi.
239 Tracci MC: The Aorta. In: Sabiston Textbook of Surgery,1746, Elsevier 2017.
240 Hiratzka LF: Guidelines for the diagnosis and management of patients with Thoracic Aortic
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245 Setacci C: Sindrome aortica acuta, 285, In: Chirurgia Vascolare,Edizioni Minerva Medica, 2012.
236 La responsabilità del chirurgo
della richiesta di visita parere cardiologica da parte del medico di Pronto Soccorso.
L’intervento in urgenza per la dissezione dell’aorta ascendente di tipo A di Stan-
ford, di tipo II di De Bakey, riduce una mortalità altissima quando non eseguito
(25% nelle prime 24 ore, 50-68% nelle prime 48 ore, l’80% nelle prime due settima-
ne, il 90% a tre mesi 246 al 10% nelle prime 24 ore, 13% a 1 settimana, 20% ad 1 mese.
L’imperizia e la negligenza dei sanitari del Pronto Soccorso, attraverso la sotto-
valutazione della condizione clinica mostrata all’ingresso dal paziente, l’anam-
nesi suggestiva di cardiopatia ipertensiva, l’inerzia diagnostico-terapeutica, la
mancata applicazione delle linee guida per il dolore toracico, il ritardo nell’ese-
cuzione della visita cardiologica hanno ritardato l’intervento chirurgico salva-
vita di sostituzione dell’aorta ascendente in tempo utile, cagionando la morte
di un paziente che aveva, all’ingresso in ospedale, grandi possibilità di essere
salvato per una patologia priva di alternative al trattamento chirurgico.
246 Trocciola SM: Open surgical treatment of aortic dissection. In: Stanley JC: Current The-
raphy in Vascular and endovascular Surgery, 369, Elsevier 2014; Hagan PG: The Inter-
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overview. J Card Surg 12 (2 Suppl):270, 1997.
Casi peritali simulati e commentati 237
Sintesi:
Si lasciano le considerazioni al lettore.
Caso 38
Trombosi precoce dopo TEA carotidea,
grave danno neurologico
Vicenda clinica:
Maschio di circa 65 anni iperteso, dislipidemico, eseguiva Eco Color Doppler dei tron-
chi sovraortici con risultato di stenosi critica carotide della interna di destra del 75%
e a sinistra del 40%. Ricovero presso ospedale Alfa per TEA carotidea per eversione.
Dalle ore 8,40 alle ore 10,50:
Intervento: isolamento preventivo dell’ICA destra con cauta manovra di disse-
zione, eparinizzazione sistemica. Clampaggio di prova per 2’: non deficit neuro-
logici. Isolamento della biforcazione carotidea, clampaggio. Distacco della caro-
tide interna mediante ampia incisione ovalare alla sua base. TEA per eversione
dell’ICA, controllo della tenuta dell’endpoint e asportazione di frammenti di
medio-intima sotto lavaggio continuo del lume. TEA con dissettore dell’ECA
e della comune. Reimpianto dell’ICA in sede anatomica con sutura continua
6/0 monofilamento. Flush dell’ICA prima del completamento dell’anastomosi.
Clampaggio dell’ICA alla base e declampaggio di esterna e comune. Declam-
paggio dell’ICA. Non deficit neurologici. Neutralizzazione eparina.
Decorso postoperatorio senza complicanze sino alle ore 2,10 del giorno seguente
quando PA 190/85, somministrata terapia come da prescrizione medica.
252 Silva MB: Peripheral arterial occlusive disease. In: Sabiston Textbook of Surgery, 1769,
Elsevier 2012.
253 Laman DM: High embolic rete after carotid endarterectomy is associated with early cere-
brovascular complications. J Vasc Surg 36:278, 2002.
254 Sharafuddin MJ: Early postoperative recognition and management of acute stroke after
carotid endarterectomy. In: Stanley JC: Current Therapy in Vascular and Endovascular
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255 Sheehan MK: Timing of postcarotid complications: a guide to safe discharge planning. J
Vasc Surg 34:13, 2001.
256 Naylor AS: Extracranial cerebrovascular disease. In: Beard JD: Vascular and Endovascu-
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257 Naylor AR: Seizures after carotid endarterectomy: hypoperfusion, dysautoregulation or
hypertensive encephalopathy? Eur J Vasc Endovasc Surg 26:39, 2003.
Casi peritali simulati e commentati 241
studio dei possibili danni encefalici dell’ictus, senza avviare il paziente alla chi-
rurgia immediata, con diagnosi già disponibile.
La gestione della situazione clinica in emergenza è stata gravemente negligen-
te, comportando errori di indicazione e ritardi: l’inutile TAC encefalo veniva
eseguita 2 ore dopo il manifestarsi dell’ictus, e controindicava, come ovvio, l’in-
tervento chirurgico programmato a tre ore e mezzo di distanza dal manifestarsi
dell’ictus. Al paziente residuava invalidante emiplegia sinistra.
Sintesi:
Paziente asintomatico con stenosi carotidea, che subiva gravissime complicanze.
Necessaria l’attenzione circa il controllo pressorio periprocedurale, ai dettagli
tecnici, al controllo postoperatorio di qualità e, non da ultimo, alla completezza
del consenso informato.
242 La responsabilità del chirurgo
Caso 39
Flebite vs ischemia acuta dell’arto, amputazione
Vicenda clinica:
Donna di anni 70, giunge al Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa alle ore 12
Anamnesi: algia all’arto inferiore destro. In anamnesi TVP arto inferiore destro 5
anni prima, ipertensione arteriosa in trattamento, artroprotesi d’anca bilaterale.
Diagnosi: sospetta TVP arto inferiore destro.
Ricovero alle ore 13,30 in Reparto Chirurgia. Livello di urgenza: giallo (condi-
zione morbosa grave).
Anamnesi Patologica prossima: nella serata di ieri comparsa di dolenzia a cari-
co dell’arto inferiore destro, associata a parestesie e sensazione di freddo.
Precedenti interventi chirurgici: reintervento per protesi d’anca destra 6 anni
orsono con successiva TVP.
EO: arto inferiore destro con discromie cutanee a carico del terzo inferiore di
gamba come da sindrome postflebitica, lievemente edematoso, il piede risulta
ipotermico rispetto al resto dell’arto, polsi iposfigmici (malleolare e dorsale del
piede). Arteriopatie: no.
Terapia: Seleparina 0,4 x 2. Dicloreum 1 fl al bisogno.
Il giorno successivo
Si richiede Eco Doppler. Hb 9,3, Ht 27%, CK 704.
Eco Color Doppler arto inferiore destro: arterie femoropoplitee con flusso vali-
do e bifasico. Vene femoropoplitee pervie e fasiche. Segni di tromboflebite gam-
ba destra. Si dimette.
Diagnosi di dimissione: flebite.
Ore 20,30:
Richiesta consulenza chirurgo vascolare per ischemia acuta arto inferiore destra.
Eco Color Doppler: arteria femorale comune di destra con flusso bifasico, arte-
ria femorale superficiale destra con flusso monofasico; poplitea destra con flusso
demodulato a componente diastolica di medio grado a bassa ampiezza, non re-
gistrabili i vasi di gamba a destra; clinicamente bolle cutanee a livello del terzo
inferiore di gamba destra a livello del piede destro.
Casi peritali simulati e commentati 243
Ore 15,00:
Angio TAC addome e arti inferiori: a destra presenza di difetto endolumina-
le a livello dell’arteria iliaca superficiale, con irregolarità del lume anche lungo
il decorso della femorale profonda, che non è più visualizzabile a livello del-
la poplitea. La femorale superficiale presenta flusso più rallentato rispetto alla
controlaterale. A livello della gamba si osserva interruzione del flusso del terzo
distale della tibiale anteriore, il flusso è irregolare e filiforme a livello della ti-
biale posteriore e della peronea. Alterazione tomodensitometrica dei muscoli
profondi della gamba, che appaiono edematosi.
Anamnesi: da circa 3 gg presenza di marezzature all’arto inferiore destro con
graduale ipotermia.
E.O: presenza di marezzature dal ginocchio al piede con assenza dei polsi peri-
ferici e ipotermia dell’arto.
Anamnesi Patologica Recente: 5 giorni fa comparsa di dolore al polpaccio destro
con parestesie e bruciore. Riferisce progressivo aumento della cianosi.
Attualmente presenta cianosi alla gamba e mobilità del piede molto ridotta.
Flittene cutanee. Arto francamente ipotermico, assenza di tutti i polsi dell’arto in-
feriore destro.
Ore 10:
Piede destro freddo marezzato, assenza di motilità delle dita.
Hb 8,3; CPK 7565; d-dimero 1046, albumina 2,79, PCR 14.
244 La responsabilità del chirurgo
Ore 11:
Piede marezzato, polso popliteo presente.
Intervento (2):
Diagnosi: ischemia acuta arto inferiore destro: misurazione cruenta della pres-
sione arteriosa a valle della sospetta stenosi. Esplorativa poplitea bassa. Fogarty
vasi di gamba. Riparazione con patch in safena.
CPK 4009, GOT 244, LDH 793, leucociti 10,4.
Il giorno seguente
Assenza di motilità delle dita. Anestesia plantare. CPK 4005.
In II giornata:
Assenza motilità delle dita. Piede ipotermico. Scalino termico fra terzo prossi-
male e medio di gamba. Ferita inguinale con macerazione. Quadro di ischemia
irreversibile gamba destra.
258 Earnshaw JJ: Management of acute limb ischemia. In: Beard JD: Vascular and endovas-
cular surgery, Saunders, 2009.
Casi peritali simulati e commentati 245
Tale situazione non può e non deve essere confusa con una patologia venosa
quale la tromboflebite, come avvenuto presso l’Ospedale Alfa.
Innanzitutto, nel caso in oggetto, non si comprende cosa significhi il termine
“flebite”, quando la patologia in oggetto è eventualmente una trombosi venosa.
Dobbiamo poi desumere che si facesse riferimento a una trombosi venosa pro-
fonda (TVP), essendo le trombosi superficiali di scarsa importanza clinica.
Nessun rilievo semeiologico espressivo per una TVP dell’arto inferiore è riporta-
to in cartella: segno di Bauer, segno di Homans, segno di Pratt.
L’Eco Color Doppler (eseguito su un solo arto, escludendo inoltre aorta addo-
minale e vasi iliaci), nulla dice sulla circolazione a livello di gamba (quella che
interessava) e parla solo di “segni di tromboflebite”.
Il paziente è stato ricoverato per 2 giorni, ha atteso 24 ore per eseguire l’Eco Dop-
pler (questo Eco Doppler!), le golden hours per una efficace rivascolarizzazione
sono andate irrimediabilmente perdute, la paziente è stata dimessa e quanto è
in seguito avvenuto non ha potuto, come assolutamente prevedibile, in alcun
modo influire sulla evoluzione verso l’inevitabile amputazione dell’arto.
Dopo la dimissione dall’Ospedale Alfa, frutto di una gravissima e colpevole
incompetenza, la paziente, a seguito della persistenza della sintomatologia, si
ripresentava al Pronto Soccorso dell’Ospedale Beta dove, in un’ora, veniva sot-
toposta da parte di due medici diversi ad esame Eco Color Doppler, il primo
inconclusivo, il secondo semplicemente dimostrante assenza di flusso a livello
di gamba.
La presenza però di flittene cutanee indirizzava questa volta correttamente la
diagnosi verso l’ischemia acuta, ormai diventata irreversibile.
Infatti, a nulla hanno potuto i tentativi di disostruzione e di rivascolarizzazione
(2) effettuati in seguito all’Ospedale Gamma, nel tentativo di evitare l’amputa-
zione dell’arto.
All’ingresso in Pronto Soccorso all’Ospedale Alfa la sintomatologia dolorosa
datava da poche ore, dunque quello era il momento per intervenire chirurgica-
mente d’urgenza.
Invece la vera natura della patologia non è stata riconosciuta, e la paziente è sta-
ta tenuta ricoverata per due giorni senza fare nulla, se non un esame Eco Color
Doppler del tutto inconclusivo ed inattendibile, per poi essere dimessa.
A questo punto il danno ischemico all’arto inferiore si faceva irreversibile.
Quando, dopo l’odissea dei giorni seguenti, i chirurghi dell’Ospedale Gamma
hanno effettuato, dopo 5 giorni dall’esordio sintomatologico, la prima disostru-
zione arteriosa, hanno asportato materiale trombotico non recente.
Sono pertanto individuabili comportamenti colposi in capo ai sanitari dell’O-
spedale Alfa, causalmente correlati al danno subito (amputazione di coscia).
E’ ravvisabile negligenza nel non aver individuato l’ischemia acuta in atto dell’arto,
la presenza di segni e sintomi clinici corroborati da dati laboratoristici (aumento di
LDH e CPK) ad essa riconducibili; imperizia nell’aver condotto un esame Eco Color
Doppler assolutamente lacunoso giungendo a diagnosi errata e del tutto avulsa dal
contesto clinico in essere; imprudenza per aver dimesso la paziente dopo 2 giorni di
246 La responsabilità del chirurgo
ricovero inutile con una quadro di ischemia che ha condotto alla perdita dell’arto.
Ne è derivato un periodo di invalidità temporanea assoluta di mesi 2, seguito
da ulteriore periodo di invalidità temporanea al 75% di mesi 2. In tale periodo il
grado di sofferenza morale va stimato nella misura del 21/25.
Residuano postumi di carattere permanente configurano un danno biologico del
70%, con una sofferenza morale ad essi connessa che pare congruo posizionare
ad un livello elevato.
Sintesi:
Gravissimo e poco comprensibile errore diagnostico in ambiente specialistico
ospedaliero, conseguente ad inquadramento clinico e strumentale di straordina-
ria grossolanità ed imperizia.
Manca, nel collegio dei CTU, la nomina di un chirurgo vascolare (nominato un
ortopedico) ma le conclusioni sono da ritenersi comunque sostanzialmente cor-
rette. Si segnala netta opposizione dell’Ospedale Alfa alla corresponsione del
risarcimento alla ricorrente.
Casi peritali simulati e commentati 247
Caso 40
Ischemia intestinale da embolia mesenterica,
dimissione da P.S, exitus
Vicenda clinica:
Donna di circa 80 anni, alle ore 9,30: giunge con Autoambulanza 118 al Pronto
Soccorso dell’Ospedale Alfa per vomito e diarrea. In anamnesi trombectomia
femoro-popliteo-tibiale destra per ischemia subacuta.
Vigile, collaborante, molto sofferente, pallida, cute e mucose visibili secche. Ad-
dome trattabile, meteorico, dolore evocato alla palpazione superficiale e profon-
da diffusamente. Non contrattura di difesa parietale. Blumberg neg.
Rx Addome: ndp. Leucociti 9,5; Neutr 82,5%.
ECG: non refertato.
Terapia: Fisiologica 500 ml; Pantorc + Plasil 1 fl; Tachipirina 1000; Apidra 8 U.I. s.c.
Ore 13,30:
Prima della dimissione si spiega alla figlia il quadro clinico, consigliando di eseguire
la terapia lassativa e analgesica. Si propone la dimissione accompagnata in ambulan-
za. Ella assume atteggiamento aggressivo nei confronti del medico di guardia, minac-
ciandolo di denuncia per aver proposto la dimissione. Di fronte al rifiuto della figlia
di riportare la paziente a casa si riprende in carico la paziente e la si riporta a letto.
Ore 22:
Giunge con Ambulanza 118 al Pronto Soccorso dell’Ospedale Beta.
Al triage codice di priorità: verde.
Rx addome: distensione di plurime anse del piccolo intestino con plurimi livelli. Im-
magine iperdiafana in sede sottodiaframmatica destra dubbia per ansa o aria libera.
TAC addome con mdc: versamento libero, occlusione trombotica del tratto di-
stale dell’arteria mesenterica superiore con parziale ricanalizzazione delle sue
diramazioni periferiche. Diffusa distensione liquida delle anse del piccolo in-
testino con mancata opacizzazione della parete di gran parete delle anse digiu-
no-ileali fino al cieco. I reperti descritti orientano per infarto intestinale.
Ore 6,10:
Intervento (1): laparotomia, presenza di liquido sierocorpuscolato e sofferenza
ischemica di tutta la matassa ileale dopo la prima ansa digiunale e del cieco. Iso-
lamento dell’arteria mesenterica superiore priva di pulsazione, arteriotomia e Fo-
garty anterogrado e retrogrado con fuoriuscita di voluminoso trombo ostruente.
Modica ripresa del flusso dopo eparinizzazione.
Ulteriore arteriotomia distale con Fogarty dei rami periferici accessibili. Non so-
stanziali modificazioni del quadro clinico. Al termine dell’intervento si constata
ischemia irreversibile ileo-ciecale.
Diagnosi: insufficienza vascolare dell’intestino.
Ore13,20:
Intervento (2): relaparotomia mediana, aspirazione di liquido sierocorposcolato.
Anse ileali con importanti note di sofferenza vascolare dal Treitz alla valvola ileo-cie-
cale. Cieco necrotico. L’estensione del danno vascolare è solo parzialmente ridotto
rispetto al primo intervento e valutate le condizioni cliniche si decide per sola emi-
colectomia destra e ileostomia terminale in FID e fistola colica in ipocondrio destro.
Per quanto riguarda la prognosi, la mortalità si attesta nelle forme emboliche attorno
al 50%, ma è strettamente legata alla perspicacia del medico il quale, nel valutare un
paziente che presenta le caratteristiche clinico-anamnestiche ricordate, deve sempre
tener presente l’esistenza della sindrome intestinale ischemica, per nulla rara: solo
così egli sarà portato ad eseguire quegli accertamenti di laboratorio e strumentali
(angio-TC) in grado di formulare una diagnosi corretta in un tempo utile ad esegui-
re un intervento chirurgico risolutore, pena la morte, inevitabile, del paziente.
Nel caso in oggetto, al momento del passaggio della paziente in Pronto Soccorso
dell’Ospedale Alfa, ella si trovava ancora nella prima fase della sindrome ische-
mica acuta, reversibile in presenza di tempestiva diagnosi e terapia (embolecto-
mia con Fogarty dell’arteria mesenterica superiore) atta a prevenire la necrosi
dell’intestino, o comunque a limitare l’estensione delle lesioni, eventualmente
suscettibili di resezioni limitate.
Tuttavia il medico del Pronto Soccorso, oltre a misconoscere del tutto la situazione
in atto (malgrado l’anamnesi di fibrillazione atriale cronica e mancata scoagulazione
con dicumarolici o bloccanti del fattore Xa), addirittura imponeva dopo poco più tre
ore la dimissione della paziente, anche minacciando l’ausilio delle forze dell’ordine
per allontanarla, assieme alla figlia, che invano insisteva a chiedere soccorso a fronte
della grave situazione clinica della madre e delle di lei ingravescenti sofferenze.
La paziente veniva dimessa con incomprensibili restrizioni dietetiche (cioccola-
to, fritti, spezie etc) quando era in atto una ischemia intestinale acuta, raccoman-
dazione a riposo adeguato e rimandata al medico curante.
Tornata al domicilio, la figlia, sulla scorta di quanto imperativamente indicatole
dal medico di guardia del Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa, attendeva per al-
cune ore un miglioramento clinico destinato a non verificarsi, e quando in serata
decideva di rivolgersi al Pronto Soccorso dell’Ospedale Beta a nulla valevano
una diagnosi tempestiva e due interventi laparotomici in urgenza per salvare la
vita della paziente.259,260,261,262,263,264,265,266,267
259 Gavinelli M: Patologia vascolare acuta. In: Medicina d’Urgenza, 598, UTET 2000.
260 Tiberio G: L’ischemia intestinale acuta e l’infarto intestinale. In: Di Carlo V, Andreoni B, Stau-
dacher C: Manuale di Chirurgia d’Urgenza e Terapia Intensiva Chirurgica, 769, Masson 1993.
261 Williams LF: Mesenteric Ischemia. Surg Clin North Am 68:331, 1988.
262 Bellandi G: Insufficienza celiaco-mesenterica. In Setacci C: Chirurgia Vascolare, Ed.Min-
erva Medica, 441, 2012.
263 Chang JB: Mesenteric Ischemia: acute and chronic. Ann Vasc Surg 17:323, 2003.
264 Schermenhorn ML: Mesenteric Revascularization: management and out-comes in the
United States, 1988-2006 J Vasc Surg 50(2):341, 2009.
265 Stoney RJ: Acute mesenteric ischemia. Surgery 114(3):489, 1993.
266 Kazmers A: Operative management of acute mesenteric ischemia. Ann Vasc Surg 12(2) 1998.
267 Cleveland T: Renal and intestinal Vascular disease. In: Beard JD: Vascular and endovas-
cular surgery 273, Saunders 2009.
Casi peritali simulati e commentati 251
268 Aliosmanoglu I: Risk factors effecting mortality in acute mesenteric ischemic and mortal-
ity rates: a single center experience. Int Surg 98:76, 2013.
252 La responsabilità del chirurgo
Per i motivi anzi esposti e ad una valutazione ex ante, nonché dall’alto tasso di
mortalità di cui risulta essere gravata l’ischemia della mesenterica superiore,
non è possibile definire, con il criterio del “più probabile che non” un nesso cau-
sale e/o concausale tra le condotte dei Sanitari e la morte della paziente.
269 Perko MJ: Duplex ultrasound for assessment of superior mesenteric artery blood flow.
Eur J Vasc Endovasc Surg 21:106,2001.
270 Pozniak MA: Clinical Doppler Ultrasound,129, Churchill Livingstone, 2014.
271 Danse EM: Acute intestinal ischemia due to occlusion of the superior mesenteric artery:
detection with Doppler sonography. J Ultrasound Med 15:323, 1996.
272 Lichtensetein DA: General Utrasound in the critically ill. 37, Springer, 2000.
273 Lichenstein DA: L’abolition du peristaltisme digestive, un signe ecographique d’infarc-
tus mesenterique. Reanimation 10:1,203, 2001.
274 Machi J: Ultrasound for Surgeons, 68, Igaku Shoin, 1997.
275 Philliphs G: Sonographic diagnosis of thrombosis of the superior mesenteric vein and
small bowel infarction. J Ultras Med 4:565, 1985.
276 Myers SL: Acute and embolic mesenteric ischemia. In: Stanley JC: Current Theraphy in
Vascular and endovascular Surgery, 719, Elsevier 2014.
277 Hansen KY: Mesenteric artery disease in the elderly. J Vasc Surg 40:45, 2004; Gavinelli M:
Ultrasuoni in Chirurgia d’Urgenza, Ghedini Editore, 1988.
278 Gavinelli M: "Ecografia intraoperatoria, laparoscopica, endoscopica e interventistica". In:
R. Dionigi: Chirurgia, Masson, 39, 1997.
279 Gavinelli M: "Ischemia mesenterica acuta". Annali di Medicina e Chirurgia 21, 1991.
280 Gavinelli M: "L'ecografia diagnostica e operativa". In: Di Carlo V., Andreoni B., Stau-
dacher C.: Manuale di Chirurgia d'Urgenza e Terapia Intensiva Chirurgica, 311, II Ed. Mas-
son Italia Ed., 1991.
281 Gavinelli M: "Diagnostica ecografica nell'addome acuto: revisione di un'esperienza decen-
nale in un reparto di chirurgia d'urgenza". Giornale Italiano di Ultrasonologia, 3, 154, 1990.
282 Gavinelli M: “La diagnostica strumentale in chirurgia d'urgenza. Il Doppler. In: V.Stau-
dacher, G. Bevilacqua, B. Andreoni : Manuale di Chirurgia d'Urgenza e Terapia Intensiva
Chirurgica, Masson Ed., 1987.
283 Gavinelli M: "Ecografia". In: A. Randazzo, G. Tiberio Eds. : Medicina d'Urgenza, 24,
UTET, 2000.
254 La responsabilità del chirurgo
to sia ai medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale Alfa che a quelli del Pronto
Soccorso dell’Ospedale Beta.
Si sostiene che dopo due rivalutazioni cliniche, effettuate nell’arco di oltre 15 ore,
i sanitari non avevano elementi sufficienti per un corretto giudizio, e che le pro-
babilità di giungere ad una corretta diagnosi da parte dei sanitari dell’Ospedale
Alfa non fossero statisticamente apprezzabili. Ma che significa qui “statistica-
mente”? Ricordiamo che la statistica “ha per oggetto lo studio dei fenomeni col-
lettivi suscettibili di misura e descrizione quantitativa basandosi sulla raccolta di
un grande numero di dati inerenti ai fenomeni in esame, mediante l’applicazio-
ne di metodi matematici fondati sul calcolo delle probabilità”284, e qui dov’ è la
statistica? Come se si potesse numericamente determinare in quale percentuale
di casi è possibile fare, o non fare, la diagnosi di una patologia.
Sintesi:
È del tutto evidente che la formulazione ascientifica dei giudizi scaturisce da
una aprioristica intenzione assolutoria di imperdonabili errori determinati da
imperizia, negligenza ed imprudenza, per una patologia che secondo i CTU era
di impossibile diagnosi e di inutile trattamento.
La sorte della paziente era dunque, a loro giudizio, da ritenersi segnata dal mo-
mento dell’esordio sintomatologico dell’ischemia intestinale, ovvero dalle prime
ore del mattino in cui originarono i sintomi, a dispetto dell’impegno dei medi-
ci che l’avrebbero avuta in cura (la medicina era impotente): ma questo è pa-
lesemente in contraddizione con l’analisi statistica dei risultati del trattamento
chirurgico dell’ischemia intestinale, che riporta, come noto, una percentuale di
sopravvivenza complessivamente superiore al 50%.
Caso 41
Lesione dello SPE in corso di safenectomia
Vicenda clinica:
Donna di circa 80 anni veniva ricoverata presso Ospedale Alfa per varici dell’ar-
to inferiore destro. Intervento chirurgico di legatura e stripping di vene varicose
dell’arto inferiore destro in anestesia generale.
Dopo 1 mese
La paziente eseguiva all’Ospedale Beta elettromiografia: lesione peroneo. Tracciato
privo di attività a carico del m. tibiale anteriore ed estensione delle dita di destra,
con presenza di attività di fibrillazione. Assenza del PUM del n. peroneo a destra.
Dopo 7 mesi
Ripeteva EMG: quadro invariato rispetto al precedente esame, con peggiora-
mento della sofferenza del m. gastrocnemio mediale.
Dopo 2 anni
La paziente si sottoponeva a visita neurologica: deficit dello SPE di destra. Im-
possibile la dorsiflessione delle dita del piede. Difficoltà nella deambulazione
che avviene con appoggio, lamenta frequenti cadute. Obiettivamente presenza
di varici residue bilaterali di gamba associate a teleangectasie. Fa uso di tutore
a destra. A destra anestesia del dorso del piede e delle tre dita centrali, assenza
completa del movimento di dorsiflessione del piede.
È legata ad una compressione del nervo a livello del capitello peroneale o a suo sti-
ramento per eccessiva o prolungata flessione plantare del piede.
Nel corso dell’intervento di safenectomia l’arto inferiore è semiflesso, ma viene
ulteriormente flesso, intra ed extraruotato dall’operatore e dai suoi assistenti per
esporre le sue diverse parti allo scopo di eseguire le varicetomie complementari,
ed è proprio durante tali manovre, bruscamente eseguite o con eccessiva ango-
lazione in torsione (intra ed extrarorazione dell’arto), insieme alla compressione
delle dita a livello del capitello peroneale (indice della mano sinistra dell’opera-
tore) così come per una troppo energica flessione del piede per il sollevamento
dell’arto che può determinarsi la lesione nervosa.
Anche una lesione diretta del nervo in prossimità del collo della fibula o a livello
del cavo popliteo può verificarsi in corso di chirurgia delle varici.
La lesione dello SPE è un evento infrequente ma ben noto: la lesione nervosa
è responsabile del 15% di azioni legali a scopo risarcitorio dopo chirurgia per
varici in Gran Bretagna (34 pazienti/anno su circa 100.000 interventi eseguiti)285.
Nel caso in oggetto esiste uno stretto nesso di causalità tra esecuzione dell’inter-
vento chirurgico di safenectomia e lesione nervosa.
Nel suo determinismo devono essere ipotizzati concretamente sia il trauma avve-
nuto in corrispondenza del capitello radiale da incongrua mobilizzazione dell’arto
in corso dell’intervento chirurgico piuttosto che, in subordine, una lesione chirur-
gica diretta sul nervo peroneale (con meccanismo di trauma aperto o chiuso, tra-
zione, lacerazione, avulsione o rottura). E tutto ciò rende ragione di un danno ri-
sarcibile. Trasferendo tali considerazioni sul piano medico-legale, si segnala come
la situazione menomativa attuale del soggetto sia particolarmente compromessa.
La limitazione riguarda tutte le attività che richiedono la deambulazione (ov-
vero tutte quelle non strettamente sedentarie) e quelle che richiedono una pro-
lungata stazione eretta (in piedi): infatti il deficit nervoso riportato comporta sia
un difetto nella deambulazione (zoppia) che nell’appoggio del peso del corpo,
durante la stazione eretta, sull’arto interessato.
Detto questo, si ritiene che la lesione nervosa pacificamente prodottasi durante il
gesto chirurgico identifichi una riduzione della validità psicofisica del soggetto
di circa il 20% con riferimento al danno biologico. Parimenti per quanto attiene
alla inabilità temporanea è da riconoscersi un periodo così strutturato: giorni 30
mediamente al 75%, giorni 30 mediamente al 50% e giorni 30 mediamente al 25%.
285 Giannas J: Common peroneal nerve injury during varicose vein operation. Eur J Vasc
Endovasc Surg 31:443, 2006.
Casi peritali simulati e commentati 257
Sintesi:
Le lesioni dello SPE in corso di chirurgia delle varici degli arti inferiori sono
meno infrequenti di quanto si possa pensare, e quando si verificano promuovo-
no sempre azioni risarcitorie. Particolare attenzione va posta da parte del chi-
rurgo nella manipolazione dell’arto soprattutto nel corso dell’esecuzione delle
varicectomie che possono richiedere una sua ampia mobilizzazione o torsione.
2.9 Miscellanea
Caso 42
Pneumonectomia per neoplasia ilare, shock emorragico ed
ischemia cerebrale
Vicenda clinica:
Maschio di circa 60 anni. fumatore, BPCO. Diagnosi di neoplasia del polmone
sinistro (ca. squamocellulare ben differenziato) a seguito di ricovero per febbre.
Eseguita chemioterapia neoadiuvante, indicazione a pneumonectomia sinistra.
All’intervento toracotomico voluminosa massa che interessa il lobo superiore e
in sede parailare anche il lobo inferiore. Dopo sezione di aderenze pleuriche e
diaframmatiche difficoltoso isolamento degli elementi ilari, pneumonectomia e
linfoadenectomia ilo-mediastinica.
286 Godstraw : The IASLC Lung Cancer Staging Project : proposal for the revision of the
TNM stage groupings in the forthcoming 7th edition of the TNM edition of the malignant
tumors. J.Thorac.Oncol.2:707, 2007.
287 Edge S.B. : AJCC Cancer Staging Manual , ed. 7, Springer, 2000.
288 Shiller J.H. : Comparison of four chemotherapy regimens for advanced non-small-cell
lung cancer. N.Engl.J.Med. 346: 92, 2012.
289 Scott J.W: Treatment of no small cell lung cancer stage I and stage II : ACCP evidence
based clinical practice guidelines. Chest 132:234S, 2007.
290 Putnam J.B : Lung, chest wall, pleura and mediastinum. In Sabiston Textbook of Surgery,
Elsevier, 1581, 2012.
Casi peritali simulati e commentati 259
Sintesi:
Si dimostra qui come una scelta tecnica difficile e coraggiosa possa essere com-
plicata da gravi reliquati. È l’eterno dilemma del chirurgo, chiamato ad effettua-
re quotidianamente tale scelta. La descrizione dell’intervento era ineccepibile.
In questo caso la complicanza emorragica è stata controllata al letto con una
toracotomia resuscitativa di emergenza, che però non ha potuto evitare i danni
neurologici da anossia cerebrale. Tuttavia, la malattia neoplastica è evoluta mol-
to rapidamente conducendo a morte il paziente in breve tempo, a dispetto della
apparente radicalità dell’intervento di exeresi polmonare. Nessuna responsabi-
lità quindi dei chirurghi per l’evento morte.
Casi peritali simulati e commentati 261
Caso 43
Emoftoe in Pronto Soccorso, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di circa 75 anni, giungeva tramite autoambulanza 118 al Pronto Soccorso
dell’Ospedale Alfa per febbre e tosse, seguiti da malore. Codice di priorità: verde.
EE: importante leucopenia WBC 1,61. Attende visita medica. SPO2 90%.
Dopo 1 ora
Visita anestesista: FC 190/min. Emottisi dopo tosse.
Terapia consigliata: O2 terapia con maschera, Cordarone (oppure Lanoxin?),
sostegno pressorio con liquidi. Paracetamolo. Antibioticoterapia? Consigliato
Rx/TAC torace, visita cardiologica ed ecocardiografia.
Dopo mezz’ora
ACC dopo episodio di emoftoe, intubazione.
Visita cardiologica: mancata ripresa di attività meccanica e di circolo.
Richiesta visita cardiologica, che veniva effettuata un’ora e un quarto più tardi,
con paziente già in arresto cardiocircolatorio.
Nel frattempo, la frequenza cardiaca in FA era di 190/min, non trattata; 1 fl di
verapamil veniva somministrata solo 40 minuti più tardi.
Non si procedeva, come d’obbligo in casi consimili, ad un approccio clinico inten-
sivo: incannulamento di grossa vena per infusione (meglio con CVC), esecuzione
immediata di Rx torace (anche al letto in Pronto Soccorso), posizione di sicurezza
(decubito laterale per evitare ab ingestis), eventuale pronta intubazione oro o naso-
tracheale, esecuzione d’urgenza di bronco-fibroscopia con endoscopio rigido con
paziente intubato, allo scopo di identificare la fonte di sanguinamento per agire di
conseguenza, se possibile con emostasi diretta del focolaio emorragico.
Qui nulla di questo è stato fatto, ed anche ammettendo che nell’Ospedale Alfa
non esistessero le “strutture” o le competenze per affrontare adeguatamente
una emorragia ad origine dall’apparato respiratorio, il paziente doveva tempe-
stivamente essere trasferito, in ambulanza medicalizzata, presso altro Ospedale
adeguatamente attrezzato, anche se questo doveva avvenire alcune ore prima, a
seguito di una corretta valutazione in fase di Triage, e non più in limine vitae, con
il paziente deceduto in seguito ad ab ingestis.
E nemmeno 4 ore prima, era stato disposto il trasferimento a nosocomio “più
attrezzato” quando la figlia aveva invano avvertito, per avere soccorso, l’infer-
miera del triage e la dottoressa di guardia dell’avvenuta emoftoe, ed entrambe
lo avevano negato, come già detto, l’infermiera addirittura intimando alla figlia
di pulire il pavimento dal sangue del padre.
Giova qui rammentare che in corso di emottisi, ovvero di emorragia dalle vie aeree,
che le prime vie aeree possono venire ostruite in presenza di una quantità di sangue e
coaguli di soli 150 ml, ed anche quantità minori possono mettere in pericolo la vita291.
La mortalità corrente per emottisi massiva è del 13% ed è solitamente correlata
a soffocamento piuttosto che agli effetti sistemici dell’emorragia, come anche ve-
rificatosi nel caso in narrativa: qui infatti la morte è avvenuta per soffocamento
da ab ingestis di una quantità modesta di sangue, per l’assenza di un adeguato
soccorso, e non certo per le conseguenze di una emorragia massiva.
È opportuno rammentare che la diagnosi ed il trattamento dell’emottisi si ottengono
con l’Rx torace e la broncoscopia con endoscopio rigido eseguita in emergenza292.
Le cause più frequenti di emottisi sono rappresentate da tubercolosi, bron-
chiectasie e cancro del polmone. L’endoscopia con endoscopio rigido è comun-
que raccomandata (anche se l’endoscopia con endoscopio flessibile è comunque
utile per la diagnosi, per identificare la fonte di sanguinamento)293.
291 Worrell SG: Thoracic emergencies. Surg Clin North Am 94:183, 2014.
292 Shigemura N: Multidisciplinary management of life threatening massive hemoptysis: a
10-year experience. Ann Thor Surg 87:849, 2009.
293 (Shigemura N, Op cit; Sakr L: Massive hemoptysis: an update on the role of broncoscopy
in diagnosis and management. Respiration 80:38, 2010.
Casi peritali simulati e commentati 263
294 Putnam JB: Lung, Chest Wall, Pleura and Mediastinum, In: Sabiston Textbook of Sur-
gery, 1573, Elsevier 2017.
295 Chen J: Immediate and long-term results of bronchial artery embolization for hemopty-
sis due di benign versus malignant pulmonary diseases. Am J Med Sci 348:204, 2014.
296 Chun JY: Radiological management of hemoptysis: a comprehensive review of diag-
nostic imaging of bronchial artery embolization. Cardiovasc Intervent Radiol 33:240, 2010.
264 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
La perizia definitiva non ha subìto nessuna modifica a fronte delle contestazioni
di parte ricorrente. Qui si utilizza una formula assolutoria per “problemi tecnici
di speciale difficoltà” che ha un significato molto preciso, e che è invero utilizza-
ta in casi eccezionali, come sopra sottolineato.
Caso 44
Melanoma perianale, ritardo diagnostico, exitus
Vicenda clinica:
Donna di circa 40 anni. Visita dermatologica presso ambulatorio Lambda per le-
sione cutanea perianale, diagnosi di sospetta cheratosi seborroica e richiesta di
visita chirurgica.
Dopo 1 mese
Visita chirurgica presso Ospedale Alfa per nevo in sede perianale. Diagnosi di
cheratosi seborroica, consigliata asportazione.
Dopo 3 mesi
PET/TC di ristadiazione: ipercaptazione in sede linfonodale iliaca esterna destra.
In seguito
Visita oncologica presso Ospedale Gamma: presenza di almeno 2 lesioni di
circa 1 cm pericicatriziali perianali sottocutanee sospette per recidiva locale o
in transit di malattia.
266 La responsabilità del chirurgo
Dopo 1 settimana
Visita oncologica presso Ospedale Beta: proposto trattamento con inibitori di
BRAF + inibitori di MEK. Si attiva la richiesta nominale all’azienda farmaceutica
per la fornitura del farmaco Cobimrtinib (non ancora disponibile in commercio),
nel frattempo si inizia terapia con Vemurafenib 2 cp x 2.
Dopo 1 mese
Prosegue Vemurafenib 4 cp due volte al dì. Cobimetinib 3 cp die per 21 giorni
poi pausa di una settimana.
Dopo 4 mesi
Riscontro TC di aumentato numero e dimensioni delle metastasi epatiche.
Dopo 1 mese
Infusione di Nivolumab 2 volte al mese per 4 mesi.
Poi comparsa di ipertensione endocranica da localizzazioni cerebrali secondarie,
quindi decesso per insufficienza multiorgano.
298 Balch CM: Final version of 2009 AJCC melanoma staging and classification. J Clin Oncol
27:6199, 2009.
Casi peritali simulati e commentati 267
299 Berger TG: Dermatologic Disorders, 101: in Mc Phee SJ: Current Medical Diagnosis and
Treatment, Lange, 2010.
300 Berger, op. cit; Balch CM: Final version of 2009 AJCC melanoma staging and classifica-
tion. J Clin Oncol 27:6199, 2009.
301 Kimbrough CV, Op cit, 740.
268 La responsabilità del chirurgo
In questo caso, invece, non si configura una perdita di chances, ma una perdita
del risultato sperato in quanto l’evento morte si sarebbe potuto evitare con ele-
vata probabilità. Secondo il criterio del “più probabile che non” l’adozione, da
parte dei sanitari, di una diversa condotta avrebbe evitato la morte della pazien-
te con elevata probabilità.
Nel caso di specie ci troviamo di fronte a un cosiddetto “caso chiuso” dal mo-
mento che il danno si è già verificato in quanto la paziente è deceduta. Pertanto,
si potrebbe prendere in considerazione la perdita di chance solo se si accertasse
che il nesso di causa si fosse verificato con una probabilità compresa tra lo 0%
e il 50%, ma questo non è il nostro caso dal momento che la probabilità supera
ampiamente il 50% (sarebbe stato diverso se il caso fosse stato “aperto” perché
qui sì che la perdita di chance può superare il 50%)302.
Sintesi:
Curiosa e personalistica interpretazione del significato di perdita di chances
piuttosto che pieno riconoscimento del nesso di causa. Vero è che si tratta di un
argomento molto complesso: a rigore la perdita di chance non attiene al nesso
di causa, ma al danno. Tale assunto teorico è difficile da calare nei singoli casi,
poiché lo scivolamento dal piano del nesso causale a quello danno è molto insi-
dioso e non è nient’affatto semplice dirimere dove finisca l’uno e dove inizi l’al-
tro e stabilire così come utilizzare le percentuali che si traggono dalla letteratura
scientifica: quali utilizzare per il nesso causale e quali per il danno? L’argomento
è a tutt’oggi in via di rielaborazione.
Il Giudice può trovarsi in difficoltà a prendere una decisione sulla base dell’ATP,
a maggior ragione in un caso come quello esemplificato, nel quale le strutture
soccombenti a corrispondere il risarcimento di un danno che diventa, in que-
sti termini, più difficile quantificare. È una situazione che prevede il fallimento
della ATP come strumento per raggiungere un accordo tra le parti, favorendo il
prosieguo del contenzioso in un contesto giuridico ulteriore.
302 Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni SIMLA, Linee guida per la valu-
tazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico, Giuffrè Editore, Milano,
2016: Cap VI “La perdita di chance”, p.: 61-69.
270 La responsabilità del chirurgo
Caso 45
Fascite necrotizzante (gangrena di Fournier) da ascesso
perianale, exitus
Vicenda clinica:
Maschio di circa 55 anni, diabetico, si recava al Pronto Soccorso dell’Ospedale
Alfa per dolore addominale e stipsi da 6 giorni. Leucocitosi, Rx addome n.d.p.
Visita chirurgica: ascesso perianale e gluteo non ancora in fase di colliquazione.
Consigliati impacchi caldo-umidi e ceftriaxone 1 gr/die.
Dimesso, dopo poche ore ritorna in Pronto Soccorso per ritenzione acuta di uri-
na, posizionato catetere vescicale.
Intervento (1):
Diagnosi: fascite necrotizzante del perineo e dello scroto (sindrome di Four-
nier). Incisione perianale destra e sinistra, a sinistra prolungamento della inci-
sione cutanea verso l’inguine con apertura dello scroto. Necrosectomia. Lavaggi
con H2O2 e Betadine, emostasi e zaffaggio con garze iodoformiche.
Dopo l’intervento
Consulenza iperbarica: non attuale emergenza iperbarica. Per disorientamento
e confusione mentale esegue TAC encefalo: negativa.
La sintomatologia neurologica permane nei giorni successivi.
Casi peritali simulati e commentati 271
303 Napolitano LM: Severe soft tissue infections. Infect Dis Clin North Am 23:571, 2009.
304 Sartelli M: World Society of Emergency Surgery (WSES) guidelines for management of
skin and soft tissue infections. World J Emergency Surgery 9:57, 2014.
305 Stevens DL: Practice Guidelines for the diagnosis and management of skin and soft tis-
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tious fasciitis with MR imaging? Radiology 259:816, 2011.
Casi peritali simulati e commentati 273
Una diagnosi rapida può essere fatta anche mediante biopsia del tessuto fasciale
analizzato al congelatore313. Allo stesso scopo si utilizza il Finger Test: incisione
di 2 cm di cute e sottocute in anestesia locale: se l’introduzione del dito al di sotto
del sottocute determina un facile scollamento dello stesso dalla fascia, oltre che
la fuoriuscita di liquame maleodorante con assenza di sanguinamento, il test è
positivo per una diagnosi certa di NSTI314.
Per quanto riguarda il trattamento, le NSTI rappresentano un’emergenza chirur-
gica, ed il suo caposaldo, in accordo con le linee guida WSES315 è rappresentato
da una asportazione ampia dei tessuti necrotici, da associarsi ad una terapia
antibiotica adeguata e al supporto intensivo delle funzioni vitali.
Nel corso degli interventi chirurgici devono essere prelevati frammenti di tessu-
to e campioni di liquido da inviare per esame colturale.
Sono necessarie revisioni programmate in sala operatoria ogni 24-48 ore, fino
ad ottenere la completa bonifica dei tessuti devitalizzati. In caso di NSTI del
perineo può essere necessaria una diversione del transito fecale, mediante co-
lostomia o con il posizionamento di sonde rettali che proteggano i tessuti molli
da ulteriori contaminazioni316. Una volta ottenuta la completa asportazione dei
tessuti necrotici possono applicarsi sistemi di medicazione a pressione negativa
per facilitare la rimozione delle secrezioni e la granulazione tissutale.
Il trattamento antibiotico ad ampio spettro deve essere iniziato precocemen-
te, prima ancora del risultato degli esami colturali. Esso deve coprire germi
Gram-positivi, Gram-negativi, aerobi, anaerobi e stafilococco meticillino-resi-
stente (MRSA). Gli esami colturali debbono comunque essere rapidamente effet-
tuati, allo scopo di instaurare al più presto una terapia mirata.
L’utilizzo della ossigenoterapia iperbarica (HBO) nei paziento con NSTI è con-
troversa317. In conformità alle linee guida internazionali WSES, la HBO può esser
presa in considerazione solo per il trattamento dei pazienti stabili, e solo se le
sedute di ossigenoterapia non interferiscono con quelle chirurgiche per il com-
pletamento del debridement. Non esiste alcun dubbio circa il fatto che l’asces-
so perianale e gluteo avrebbe dovuto, al momento dell’ingresso del paziente in
Pronto Soccorso, essere drenato chirurgicamente, come sempre deve esser fatto
per tale tipo di ascessi, ben sapendo che la terapia antibiotica da sola non è suf-
313 Majeski J: Necrotizing fasciitis: improved survival with early recognition by tissue biop-
sy and aggressive surgical treatment. South Med J 90:1065, 1997.
314 Anaya DA: Necrotizing soft tissue infections: diagnosis and management. Clin Infect Dis
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315 Sartelli M, Op cit.
316 Estrada O: Rectal diversion without colostomy in Fournier’s gangrene. Tech Coloproctol
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317 Massey PR: Hyperbaric oxigen therapy in necrotizing soft tissue infections. J Surg Res
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in cases of necrotizing soft tissue infections. Surg Infect 15:328, 2014.
274 La responsabilità del chirurgo
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322 Stremitzer S: Treatment of perianal sepsis and long-term outcome of recurrence and
continence. Colorectal Dis 13:703, 2011.
323 Gallone L: Ascessi anali, perianali e perirettali. In Gallone L: Chirurgia, 1686, Casa
Editrice Ambrosiana, 2005.
324 Dionigi R: Chirurgia, 1469, Masson Editore, 1997.
325 Whiteford MH: Practice parameters for the treatment of perianal abscess and fistu-
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326 Holzehimer RG:Treatment procedures for anal fistulous cryptoglandular abscess-how to
get the best results. Eur J Med Res 11:501, 2006.
Casi peritali simulati e commentati 275
Sintesi:
Complessivo riconoscimento di nesso di causa tra criticità assistenziali e morte
del paziente. Il chirurgo del Pronto Soccorso viene sollevato da responsabilità
in quanto l’ascesso perianale e gluteo non era ancora colliquato, e quindi non
poteva ancora essere trattato chirurgicamente.
276 La responsabilità del chirurgo
Ma poche ore dopo, affermano i CTU, era già troppo tardi per farlo con successo.
A questo punto giova rivedere il concetto di “ascesso”: “raccolta di pus in cavità
neoformata per colliquazione dei tessuti”. La necrosi colliquativa, condizione
comune alla genesi di qualsiasi ascesso…; nella parete dell’ascesso si distinguo-
no: uno strato esterno detto membrana piogenica, uno strato intermedio costitu-
ito da tessuto di granulazione, uno stato esterno di fibrille collagene, destinate a
costituire la zona di sclerosi connettivale, al limite con i tessuti circostanti”.
È dunque evidente che l’ascesso non ancora in fase di colliquazione non esiste, in
quanto la colliquazione, dal punto di vista anatomo-patologico, è condizione sine
qua non per l’esistenza dell’ascesso. La diagnosi corretta era invece di flemmone:
“infiammazione diffusa del tessuto cellulare con tendenza necrotica e suppurati-
va”, che si propaga, senza note di demarcazione, negli spazi occupati da tessuto
cellulare e di connettivo lasso. Con il rapido estendersi del flemmone la grave
compromissione dello stato generale denuncia l’alta virulenza dei germi patogeni,
alla cui propagazione le difese cellulare e umorali non sanno opporre una efficace
barriera327, condizione questa da trattarsi chirurgicamente nell’immediato.
Caso 46
Tiroidectomia totale per struma, lesione bilaterale
dei nervi ricorrenti
un medico legale.
Vicenda clinica:
Donna di circa 40 anni, sottoposta presso l’Ospedale Alfa ad intervento di ti-
roidectomia totale per gozzo multinodulare, in cui la visualizzazione dei nervi
ricorrenti viene descritta.
Dopo l’intervento
Comparsa di dispnea: alla laringoscopia diretta le corde vocali appaiono fisse in
posizione intermedia, con riduzione dello spazio respiratorio.
Alla valutazione logopedica si rilevava una respirazione sterno-costale superio-
re, durata espiratoria di cinque secondi e durata fonatoria di due secondi. La
voce era soffiata. Consigliato ciclo di terapia logopedica.
327 Infezioni da piogeni. In Gallone G, Galliera M: Chirurgia, Vol I, 64, Casa Editrice Am-
brosiana, 2005.
Casi peritali simulati e commentati 277
Dopo 1 anno
Rivalutazione ORL presso l’Ospedale Beta, in cui si confermava paresi delle
corde vocali in posizione paramediana, con motilità di circa il 15% circa sia in
abduzione che in adduzione, spazio respiratorio del diametro di circa 3 mm,
deficit di chiusura fonatoria lungo tutta la rima glottica.
Parametri spirometrici compatibili con sindrome mista di grado severo.
328 Clark O: Thyroid and parathyroid. In: Doherty GM: Surgery, Current Diagnosis and
Treatment, 265, 2010.
329 Gallone L: Chirurgia, 805, Casa Editrice Ambrosiana, 2005.
278 La responsabilità del chirurgo
Conclusioni:
Il CTU confermava quanto già espresso nella bozza di consulenza tecnica.
334 Higgins TS: Recurrent laryngeal nerve monitoring versus identification alone on
post-thyroidectomy true vocal fold palsy: a meta-Analysis. Laringoscope 121:1009, 2011.
280 La responsabilità del chirurgo
Sintesi:
La prima osservazione è che il CTU nominato sia stato un medico legale da
solo, senza un collegio con un co-CTU chirurgo, e questo già in epoca avanzata
dall’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco. La valutazione complessiva del
danno permanente risulta comunque, matematicamente, da una sommatoria
dei singoli danni che lo compongono. La parte convenuta, al di là di una indi-
cazione chirurgica che nelle sue modalità di esecuzione può essere oggetto di
discussione all’infinito, considera una lesione bilaterale dei ricorrenti un evento
prevedibile e non prevenibile, anche in assenza di qualunque tipo di difficoltà
tecnica, tesi invero difficilmente condivisibile.
Caso 47
Perforazione esofagea iatrogena in corso di bendaggio
gastrico per obesità
Vicenda clinica:
Donna di circa 50 anni, affetta da obesità grave: peso 160 kg x 165 cm di altezza,
BMI 57.
Intervento laparoscopico di bendaggio gastrico presso l’Ospedale Alfa. Febbre nel
postoperatorio, ripresa della alimentazione in IV giornata; in VI alla TAC raccolta
liquida perisplenica e falce d’aria subfrenica sinistra con livello idroaereo.
EGDS: decubito da bendaggio gastrico e breccia alla giunzione esofago-gastrica.
Intervento laparotomico per peritonite da perforazione cardiale posteriore (cir-
ca 3 cm) da decubito di bendaggio gastrico. Sutura e drenaggio.
Ricoverata in Terapia intensiva per shock settico, insufficienza respiratoria acu-
ta, addensamento pneumonitico bibasilare; ventilazione meccanica con intu-
bazione oro-tracheale. Infezioni polimicrobiche su liquido peritoneale, urine,
broncoaspirato. Eseguita tracheostomia. Diastasi della ferita con riscontro di
Stafilococco aureo, Escherichia coli; emocoltura positiva a E.coli; nel broncoa-
spirato Acinetobacter e Candida. Nutrizione enterale, comparsa di piaga sacrale
con presenza di Acinetobacter + Candida.
TAC torace: focolai flogistici plurimi. Broncoaspirato + per Proteus; dalla punta
di catetere in succlavia: Acinetobacter; dalla ferita addominale: Pseudomonas e
Proteus; da decubito sacrale: Acinetobacter e Pseudomonas.
Dimessa dopo 1 mese, medicazioni a giorni alterne per tre mesi del decubito sacrale.
Dopo circa 6 mesi
Intervento chirurgico d’urgenza presso l’Ospedale Beta per laparocele perma-
gno condizionante occlusione ileale.
335 Peiser J: Sleep apnea syndrome in the morbidly obese as an indication for weight reduc-
tion surgery, Ann Surg 100:112, 1984.
336 Baron RB: Nutritional Disorders. In: McPhee SJ: Current Medical Diagnosis and Treat-
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337 Ogden CL:The epidemiology of obesity. Gastroenterology 132:2087, 2007.
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340 Flegal KM: Cause specific excess deaths associated with underweight, overweight, and
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341 Ashrafian H: Metabolic surgery and gut hormones-a review of bariatric entero-humoral
modulation. Physiol Behav 97:620, 2009.
282 La responsabilità del chirurgo
I suoi vantaggi sono la regolabilità nel tempo ed una morbilità e mortalità assai
basse, inferiori, nei primi tempi, a quelle ascritte alle altre procedure chirurgiche
impiegate nel trattamento dell’obesità patologica.
L’intervento viene condotto per via laparoscopica, e l’approccio di scelta per il
posizionamento del bendaggio è attraverso la pars flaccida del piccolo omento.
Esso ha inizio con l’apertura del legamento epato-gastrico in tale sede, appena
sopra al lobo caudato del fegato. La branca anteriore del vago è identificata e
risparmiata, così come eventuali arterie epatiche accessorie di sinistra. Si identi-
ficano il pilastro di destra del diaframma e la vena cava inferiore. Si segue la sua
parte posteriore ed inferiore per preparare l’angolo di His. Per via smussa si crea
un tunnel avascolare lungo questo piano, circondando posteriormente l’esofago.
Quando la punta del dissettore articolato utilizzato per la tunnellizzazione vie-
ne visualizzata a sinistra dell’esofago, in prossimità della milza, esso viene de-
finitivamente spinto a superare gli strati peritoneali residui per completare il
tunnel che circonda la parete posteriore dello stesso. Il bendaggio viene quindi
inserito in tale tunnel e chiuso anteriormente, in modo tale da circondare l’eso-
fago secondo un calibro regolato dall’operatore. Si realizza allora una plicatura
anteriore dello stomaco al di sopra del bendaggio con tre o quattro punti staccati
con materiale non riassorbibile. La sutura è portata il più posteriormente possi-
bile per evitare erniazioni del fondo gastrico attraverso il bendaggio che viene
posizionato circa 1 cm al di sotto della giunzione esofago-gastrica. L’intervento
si conclude connettendo un catetere di Silastic al bendaggio, utilizzato per intro-
durvi soluzione fisiologica da un port posto in una tasca sottocutanea e fissato
alla fascia muscolare della parete addominale. Abitualmente la dimissione av-
viene in prima giornata postoperatoria342.
La mortalità correlata alla procedura è 0,02-0,1%, inferiore alle altre procedure
di chirurgia bariatrica. La più frequente complicanza del bendaggio gastrico è
la sua dislocazione, che determina intolleranza all’assunzione dei cibi, reflusso
gastroesofageo, ostruzione con conseguente dilatazione dell’esofago (incidenza
del 4-15%). Complicanza meno frequente è l’erosione della parete gastrica da
parte del bendaggio (1-3%), che richiede un reintervento di sutura dello stoma-
co e riposizionamento di un nuovo bendaggio. Complicanze non infrequenti si
verificano nella gestione del port.343,344,345
In definitiva, il bendaggio gastrico ha il più basso tasso di complicanze maggiori
a 30 giorni rispetto al by pass gastrico, alla sleeve gastrectomy e alla diversione
342 Richards WO: Morbid obesity. In Sasbiston Textbook of Surgery, 364, Elsevier 2012.
343 O’Brien PE: Weight loss and early and late complications-the international experience.
Am J Surg 184:425, 2002.
344 Dixon JB: Adjustable gastric banding and conventional therapy for type 2 diabetes: a
randomized controlled trial. JAMA 299:316, 2008.
345 Ponce J: Laparoscopic adjustable gastric banding:1,014 consecutive cases. J Am Coll Surg
201:529, 2005.
Casi peritali simulati e commentati 283
346 Zuberi KA: Laparoscopic surgery for morbid obesity. In Cameron JL: Current Surgical
Therapy, 1422, Elsevier 2014.
284 La responsabilità del chirurgo
perdita di chances, che è da considerare effettivo, legato con stretto nesso causale
all’infezione e ai comportamenti ritenuti censurabili, e che è da considerare pari
a una premorienza considerabile di circa 10 anni e all’insorgenza di patologie
dismetaboliche e cardiocircolatorie.
Sintesi:
Si riconoscono come risarcibili le conseguenze di una manovra chirurgica errata.
Inoltre, in considerazione del fatto che a seguito di queste la correzione dello sta-
to di obesità è diventato assai difficilmente realizzabile, anche per il prevedibile
e giustificato rifiuto della paziente, si identifica anche una perdita di chances per
il possibile verificarsi di una possibile premorienza legata alle prevedibili com-
plicanze dell’obesità stessa.
Caso 48
Disfagia dopo chirurgia bariatrica reiterativa
Vicenda clinica:
Donna di di circa 45 anni, affetta da obesità patologica. Peso kg 90, altezza cm
165. Ricovero presso Chirurgia Generale dell’Ospedale Alfa. 6 anni prima ben-
daggio gastrico, nell’ultimo anno aumento ponderale di 20 kg. Al controllo ben-
daggio gastrico decalibrato.
Intervento: rimozione laparoscopica di dispositivo di restrizione gastrica.
Diagnosi: vomito in portatrice di bendaggio.
Dimissione in IV giornata.
Dopo 8 mesi
Nuovo ricovero presso Chirurgia Generale dell’Ospedale Alfa per intervento
di sleeve gastrectomy laparoscopica, per obesità patologica. Nel postoperatorio
vomito ripetuto.
In II giornata
Rx tubo digerente prime vie: si opacizza unicamente porzione gastrica roton-
deggiante con doppio livello idroaereo senza evidente progressione del mdc a
livello antrale e duodenale.
TAC addome: nell’ipocondrio di sinistra in sede sottodiaframmatica voluminosa
sacca in cui ristagna gran parte del mezzo di contrasto idrosolubile somministrato
per via orale molte ore prima dell’esame, riferibile a fondo gastrico dilatato.
Casi peritali simulati e commentati 285
In IV giornata
EGDS: stomaco con esiti di sleeve con ampia tasca posteriore a monte della su-
tura con substenosi del lume gastrico.
In V giornata:
Rx tubo digerente: mancata opacizzazione del viscere gastrico persistendo dop-
pio livello idroaereo in formazione globosa comunicante con lo stomaco, priva
di disegno mucoso-muscolare. Dimissione.
Dopo 1 settimana
Nuovo ricovero per vomito presso il Reparto di Chirurgia dell’Ospedale Alfa.
EGDS + dilatazione: dilatazione pneumatica con palloncino da 20 mm nella sede
di pregressa sleeve gastrectomy.
Rx tubo digerente: rilievi invariati rispetto al precedente.
Intervento laparoscopico per tasca gastrica a livello del fondo. Sleeve gastrectomy
parziale a livello del fondo. Persistenza di vomito nel postoperatorio.
TAC addome: persiste evidente il restringimento del lume del corpo gastrico.
EGDS: stenosi del terzo superiore a livello della precedente raffia chirurgica.
Dimissione:
Diagnosi: tasca gastrica in esiti di recente sleeve gastrectomy.
Da allora calo ponderale di 35 Kg, in presenza di disfagia. Scialorrea e vomito
nel corso della notte. La paziente mangia distesa, in clinostatismo, posizione che
sembra facilitare il transito del bolo alimentare.
Dopo 1 anno
Rx tubo digerente prime vie: rallentato transito esofago-gastrico e aspetto di-
smorfico del viscere gastrico a ridotta capacità.
EGDS + dilatazione: cavità gastrica con recesso posteriore e lume al III medio lieve-
mente ristretto. Si esegue dilatazione pneumatica della substenosi con palloncino.
Dopo 1 anno
Nuova dilatazione endoscopica, in presenza di substenosi medio-gastrica, tor-
sione del viscere e diverticolo del fondo. Peso stabile a 55 kg.
286 La responsabilità del chirurgo
347 Richards WO: Morbid Obesity. In Sabiston Textbook of Surgery, 374, Elsevier 2012.
348 Schauer P. Minimally Invasive Bariatric Surgery, New York, 2008, Springer; Zuberi KA:
Laparoscopic Surgery for morbid obesity. In Cameron JL: Current Surgical Therapy, 1426,
Elsevier 2014.
Casi peritali simulati e commentati 287
lutazione che tiene conto del danno anatomico, dell’importante calo ponderale,
della sintomatologia e della disfunzionalità quotidianamente presenti.
Inoltre, persistono diverse situazioni che creano disagio nella vita sociale, aspetti
questi di tipo dinamico-relazionale di cui tenere debito conto nel contesto risar-
citorio, così come vi è un danno patrimoniale legato alla compromissione dell’at-
tività professionale della paziente: si ritiene infatti che la sua capacità lavorativa
sia ridotta di almeno il 30%.
Sintesi:
Si evidenzia una evidente disparità nella valutazione dei postumi di una chi-
rurgia bariatrica gastrica reiterativa, che appare giustificare, di base, un danno
biologico del 30-35%, comunque ricercato a scopo terapeutico. Al tempo stesso
si ritiene che le sue complicanze colpose debbano essere valutate partendo dallo
0%, e attribuendo un peso assai modesto a disturbi ritenuti del tutto soggettivi
che, nel contesto di una situazione soddisfacente riguardo al peso della paziente,
condizionano comunque negativamente la sua vita in maniera significativa.
288 La responsabilità del chirurgo
Caso 49
Diagnosi tardiva di torsione del funicolo spermatico,
orchiectomia
Vicenda clinica:
Paziente di anni 16, per comparsa di dolenzia al testicolo destro alle ore 10 circa
veniva visitato dal medico curante che prescriveva esecuzione di ecografia scro-
tale, eseguita in mattinata, che diagnosticava orchiepididimite acuta con idrocele
reattivo. Visionata l’ecografia, prescritta terapia antibiotica ed antinfiammatoria
dal medico curante stesso.
Nel pomeriggio
Il dolore testicolare diventava più intenso, e il paziente nel tardo pomeriggio si
recava al Pronto Soccorso Pediatrico dell’Ospedale Alfa, dove era sottoposto a
visita pediatrica ed urologica. Diagnosi di orchiepididimite acuta destra, confer-
mata terapia, + sospensione scrotale ed impacchi caldo-umidi.
Dopo 6 mesi
Intervento di orchipessi sinistra per testicolo mobile presso Ospedale Beta.
Casi peritali simulati e commentati 289
Dopo 1 anno
Eseguiva spermiogramma che dimostrava la presenza del 6% di forme normali
e del 94% di forme anormali. Valutazione psichiatrica che certificava disturbo
dell’adattamento con umore depresso, insorto a seguito dell’intervento di or-
chiectomia. L’urologo dell’Ospedale Gamma attestava capacità fertile ai limiti
inferiori della norma, profilo ormonale normale.
350 Coburn M: Testicular torsion. In: Sabiston Textbook of Surgery, 2068, Elsevier 2012.
351 Mantovani F: La torsione del funicolo. In: Di Carlo V: Manuale di Chirurgia d’Urgenza e
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352 Gerscovich EO: Scrotum and testes. In: Mc Gahan JP: Diagnostic Ultrasound, 926, Infor-
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353 Dewire DM: Color Doppler Ultrasonography in the evaluation of acute scrotum. J Urol
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359 Gavinelli M: Il “segno dei testicoli gemelli” nella diagnosi ecografica di torsione del fu-
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360 Coburn M, Op cit.
Casi peritali simulati e commentati 291
to deve promuovere una gestione aggressiva dei pazienti con dolore riferibile a
torsione che si presentano all’osservazione anche dopo molte ore.
Non esistono elementi a conferma dell’ipotesi di parte convenuta secondo cui
la torsione completa del funicolo fosse in atto al momento della comparsa della
sintomatologia e quindi il testicolo già irrecuperabile, per cui la condotta, chia-
ramente errata dei sanitari, non avrebbe portato danno alcuno.
Invece, lo scorretto comportamento dei sanitari ha determinato la perdita del
testicolo asportato dopo 6 giorni. Si realizza un periodo di inabilità temporanea
parziale di 25 giorni; non si rilevano alterazioni della funzione riproduttiva, per
cui si valutano i postumi permanenti nell’8% con riferimento al danno biologico.
Sintesi:
La torsione del funicolo spermatico è patologia di non infrequente osservazione
da parte del chirurgo, soprattutto in Pronto Soccorso. La diagnostica immediata
e, nel dubbio, un comportamento aggressivo di esplorazione chirurgica per una
procedura di assai semplice esecuzione appaiono sempre indicati ed indispen-
sabili per il salvataggio del testicolo. La perdita monolaterale del testicolo non
compromette di solito la fertilità, ed il danno biologico che ne consegue è, di
conseguenza, considerato limitato.
Caso 50
Perforazione del retto da clistere, infezioni nosocomiali,
exitus
Vicenda clinica:
Donna di circa 70 anni, giungeva in ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale
Alfa per dispnea in BPCO. Dispnoica, tachipnoica. MV aspro diffuso. Addome
globoso scarsamente trattabile per coinvolgimento dei muscoli accessori della
respirazione. Inizia NIV.
Rx torace: diffusi segni di enfisema, con accentuazione del disegno polmonare.
Ricovero in Medicina, cui segue miglioramento clinico. Dopo alcuni giorni, ese-
guito clistere e svuotamento manuale, in presenza di feci molto dure e scarse.
La notte successiva
Ricomparsa di dispnea, ansia. Al mattino trasferimento presso la Riabilitazione
Respiratoria dell’Ospedale Beta.
Casi peritali simulati e commentati 293
Il giorno successivo
Dolore addominale ai quadranti inferiori, Blumberg +.
TAC addome: aumento di densità e disomogeneità, con falda fluida associata,
del cellulare adiposo presacrale e perirettale nel cui contesto sono presenti mul-
tiple immagini a densità aerea: sospetta perforazione intestinale. Comparsa di
peritonismo diffuso.
Trasferita in Rianimazione.
Nel postoperatorio ipotensione, febbre, mancata canalizzazione intestinale, peg-
gioramento della meccanica respiratoria.
In VII giornata:
PA 80/50, iperpiressia.
Tampone rettale + per Klebsiella, emocoltura + per Klebsiella Pneumoniae.
TAC addome con mdc: persiste in sede presacrale una componente fluida, im-
modificata, con componente gassosa nel contesto. Quadro di ileo paretico. Dif-
fusa imbibizione del tessuto sottocutaneo della parete addominale.
Stomia non funzionante. Rimosso drenaggio addominale. Peristalsi assente.
Tampone nasale + per stafilococco aureo. Tampone rettale + per Klebsiella.
Soporosa, risvegliabile, disorientata, esegue ordini semplici. Hb 7,7.
Progressivo decadimento delle condizioni generali, shock settico, MOF.
362 Paran H: Enema induced perforation of the rectum in chronically constipated patients.
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siva Chirurgica, 621, Masson 1993.
370 Bouras EP. Chronic constipation in the elderly. Gastroenterol Clin North Am 38:463, 2009.
Casi peritali simulati e commentati 295
Il decesso fu quindi cagionato da shock settico da porre in nesso causale con una
perforazione del retto determinata da manovre colpevolmente erronee eseguite
da personale infermieristico dell’Ospedale Alfa nell’eseguire un clistere e svuo-
tamento manuale delle feci. Nella causazione del decesso concorsero colpevoli
errori del personale medico dell’Ospedale Gamma.
Sintesi:
La parte convenuta, nelle sue considerazioni, nega (come spesso avviene in que-
sto ambito, e bisogna farsene una ragione) l’evidenza, ovvero la presenza della
Casi peritali simulati e commentati 297
perforazione iatrogena del retto, e addirittura afferma che essa è stata corretta-
mente estrinsecata con l’esecuzione della colostomia, negando inoltre il verifi-
carsi di infezioni nosocomiali. Il chirurgo deve fare tesoro della conoscenza di
queste situazioni, aumentando la prudenza, riflettendo su come gli eventi in
causa possano essere presentati, anche stravolgendo la verità evidente dei fatti.
E questo è molto pericoloso nei casi nei quali si incontrino CTU non sufficiente-
mente avveduti, cosa nel caso in oggetto non verificatasi.
298 La responsabilità del chirurgo
Uno dei punti deboli che più di frequente ricorrono nella valutazione della
documentazione clinica è senz’altro rappresentato dalla descrizione degli inter-
venti chirurgici.
A parte il fatto che in molti casi essi sono ancora scritti a mano, quasi a voler
giustificare una difficile lettura o addirittura voler renderla tale anche in nome
di una sintesi descrittiva, invero spesso eccessiva tanto da tramutarsi in carenza,
si deve certo osservare che nella gran parte dei casi trattasi di un aspetto neglet-
to, non eseguito con l’attenzione dovuta, laddove invece la descrizione accurata
costituisce un aspetto fondamentale per la comprensione del trattamento chirur-
gico e di tutto quello che ne deriverà in seguito.
Merita di essere menzionata la descrizione di un intervento di appendicectomia
“more solito”, fatta da un chirurgo alle prime armi che era la prima volta che l’eseguiva.
All’opposto, se non si può pretendere di scrivere come Dante o come Man-
zoni, altrettanto è difficile rivaleggiare con l’accuratezza della descrizione (e
certamente anche con la maestria chirurgica) che fece Pietro Valdoni, assistente
trentacinquenne della Clinica Chirurgica di Roma, assistito dal Dott. Paride Ste-
fanini, nel 1935, del primo intervento di embolectomia polmonare (sec. Trende-
lemburg) eseguito in Italia e coronato da successo, il nono nel mondo.
Questa descrizione è destinata a restare, nel tempo, un fulgido ed inarriva-
bile esempio.
Rendiconto operatorio:371
Opera il Dott. Valdoni; assiste il Dott. Stefanini. Senza disinfezione delle mani si
indossano i guanti sterili, poi i camici; disinfettata la pelle con tintura di iodio, si prepara
il campo sterile.
L’intervento si inizia al 7° minuto dall’avvenuta embolia. Dagli esperimenti eseguiti
su cadaveri, avevo notato come fosse come fosse più facile di aggredire il pericardio e di
scollare la pleura sostituendo alla incisione del Meyer (a T rovesciato con resezione della
II e III costola) una incisione parallela al margine sinistro dello sterno con resezione della
II, III e IV cartilagine costale. In questa maniera la breccia è più ampia, non vi è bisogno
di resecare il margine sternale e nell’angolo inferiore si domina bene il seno pleurico nel
tratto in cui devia verso sinistra dalla linea mediana, lasciando scoperta l’aia pericardica.
Si pratica rapidamente l’incisione verticale parasternale. Il malato che in questa
fase ha ancora dei movimenti respiratori spontanei non reagisce affatto alle manovre
praticate senza alcuna anestesia.
371 Santoro E, Ragno C. Cento Anni di Chirurgia, 58, Ed. Scientifiche Romane, 2000.
Come si scrive un intervento chirurgico 299
Matteo Marchesi. Medico legale, dirigente medico dell’ASST Papa Giovanni XIII
di Bergamo e coordinatore del Secondo Raggruppamento per la Gestione dei
Sinistri della Regione Lombardia. Professore a contratto nell’Università di Mila-
no-Bicocca per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Ostetricia e Fisioterapia.
([email protected])
ISBN 978-88-9385-243-2