Letteratura - Introduzione

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INTRODUZIONE

ECLISSI DELLA CRITICA SOCIOLOGICA E LA CRISI DELL’IDEOLOGIA


Per critica sociologica/socio-ideologica – la prospettiva che utilizzeremo - si intende un’indagine critica che si concentra
sull’interpretazione degli influssi del contesto sociale sugli autori e sulle opere, cercando di rivelare le visioni del mondo e gli
orientamenti di pensiero – impliciti – che ne hanno determinato le scelte formali.
La critica sociologica si è caratterizzata come una forma di critica all’ideologia.

Il declino della critica sociologica è avvenuto anche per ragioni interne agli studi letterari: la critica formale.
La critica formale ha consentito un salto in avanti verso la scientificità del linguaggio (linguistica).
La presunta opposizione radicale tra la critica formale e la critica sociologica deve essere smussata: ad esempio quando leggiamo le
critiche di Benjamin a opere sappiamo per certo in quanto Benjamin stesso dichiarato di essere marxista e rivoluzionario che si tratta
di un’analisi sociologica ma ad un’analisi più attenta notiamo che molte parti rispecchiano invece l’analisi formale.

La stessa supposta neutralità scientifica dell’indagine formale sui testi letterari è a sua volta una protesta ingenua.
La critica sociologica è stata regolarmente attaccata per i suoi eccessi ideologici e per le conseguenti deformazioni imposte ai dati
testuali. Sappiamo che però nella realtà l’ideologia non si identifica come un marchio di sociologismo (tendenza ad un inutile impiego
di argomenti nell’interpretazione di fenomeni e problemi) –esempio della terminologia narratologica di Genette-.
La fine della critica sociologica è solo uno degli effetti del complesso declino della critica dell’ideologia, legata al crollo di un certo tipo
di spinte di cambiamento politico. Va dunque di pari passo con quello che viene definito “il riflusso” (disimpegno dal punto di vista
politico e sociale) - e ci riferiamo alle brigate rosse, alla fine dell’operaismo, all’affermarsi del pensiero debole e al postmoderno.

Alla fine degli anni 70 abbiamo dunque perso l’abitudine di sforzarci di leggere i presupposti ideologici e dunque economico-sociali e
anche politici che stanno dietro le rappresentazioni che le culture e i testi danno di sé. Si analizzano i testi in modo molto approfondito
ma l’approfondimento analitico rischia regolarmente di arrestarsi alla superficie delle forme e delle rappresentazioni dunque al “si
vede”. Sempre meno ci preoccupiamo di andare a vedere “cosa c’è dietro” e “che cosa significa” dunque concepire le ragioni
profonde per cui le cose sono andate proprio in quella maniera e perché proprio in quel luogo. L’invito è dunque quello di recuperare
la forza della critica dell’ideologia intesa come uno sforzo di andare oltre le apparenze ma anche come tensioni alla sintesi
interpretativa.

FORME TESTUALI E VALORI


La diffusione dell’indagine formale sul testo ha prodotto molti aspetti positivi ma altrettanti negativi:
-positivi – raggiungere una grande precisione analitica
-negativi – inibire la capacità di produrre interpretazioni forti (e dunque ce ne sono solo di deboli) /di sintesi critica. Infatti,
raccogliendo dati sempre più minuziosi si rischia di non riuscire a rimetterli più insieme limitandosi dunque a poche generalizzazioni
sociologiche insoddisfacenti (vedi l’esempio dei libri scolastici).

Il rischio dell’analisi formale è dunque quello di privarci del piacere della lettura in senso forte – né rispetto al mondo in cui si trova né
rispetto al nostro presente-. Queste sono operazioni necessarie ma troppo spesso quasi impossibili, paradossalmente, per eccesso di
precisione.
Rimane però vero che senza strumenti di analisi formale è impossibile cogliere adeguatamente le dinamiche testuali – ma ad un
eccesso ne segue un altro-.

Auerbach diceva che le strutture formali della letteratura sono sia forme estetiche che forme morali, che i dati linguistici e retorici non
sono solo quello che mostrano nella loro oggettività poiché sono sempre, inevitabilmente, connessi con scelte più ampie.

Non si dimentichi inoltre che le forme letterarie sono sia forme che contenuti: in letteratura tutto significa e forme e significato sono
in relazione con scelte caratterizzate socialmente.

Ogni volta che leggiamo un testo siamo portati a formulare un giudizio estetico continuo su vari livelli. Questo accade perché il testo
suscita reazioni che sono orientate sia da fattori psicologici sia da fattori preesistenti e strutturati (quindi non c’è percezione di valori
estetici senza percezione di valori extra-estetici).
In fin dei conti l’opera d’arte appare come un insieme di valori extra-estetici e come nient’altro che questo insieme.
Tutte le componenti del testo sono senza differenze parte integrante della forma e allo stesso modo tutte le componenti dell’opera
sono portatrici di significato e dei valori extra-estetici e dunque parte integrante del contenuto.
Come scriveva Bourdieu, la stessa delimitazione dell’estetico, in quanto ambito dotato di una sua autonomia, rappresenta un
orientamento sociologicamente determinato.
Alla critica sociologica non si sfugge.
Il critico è ovviamente un lettore ed è dunque portato ad avere giudizi estetici ma anche lo stesso scrittore è portato a questa analisi
proprio perché nell’atto di scrivere operano una scelta tra “bello” e “brutto” e pensano ai giudizi dei lettori.

Fin qui abbiamo visto la pars destruens del nostro discorso.


LA MOLTEPLICE SOCIALITA’ DEL LINGUAGGIO LETTERARIO
Proviamo a capire i motivi per cui critica formale e critica sociologica sembrano essere così in contrasto (quando in realtà c’è bisogno
di integrazione di queste due prospettive).
Nella prospettiva della critica sociologica, l’arte è un prodotto sociale di cui la società è causa. Questa è l’impostazione marxiana:
interpretare l’arte come una componente della sovrastruttura, orientata e determinata dalla struttura economico-sociale. Si noti che
gli stessi Marx ed Engels si resero conto dei rischi impliciti di questa impostazione: la tendenza a identificare l’arte (la letteratura in
particolare) con le sue cause socio-economiche o con l’ideologia della classe alla quale appartiene lo scrittore. Questa impostazione
venne chiamata marxismo volgare e in tempi moderni lo conosciamo come riduzionismo sociologico.
Si noti inoltre che il rapporto tra determinazioni sociali e caratteristiche formali varia molto a seconda delle arti: vi sono arti che si
prestano meglio a un’interpretazione critico-sociologica. Un esempio è proprio la letteratura che, come Gramsci attestava, per il fatto
stesso di essere fatta di parole, non può fare a meno di chiamare in causa le implicazioni sociali inscritte nelle scelte linguistiche. Le
parole devono essere adattate ai contesti.
Ma è comunque evidente che pur essendo formata dal linguaggio naturale la letteratura non si riduce solo a questo: vi sono molti
codici aggiuntivi apparentemente autonomi. Un esempio sono le regole metriche, le strutture narrative, i generi e le tradizioni
tematiche. La sovrapposizione e l’interazione dei codici produce una densità di significati.
In realtà però questi codici non sono autonomi ma sono in rapporto più (rappresentazione dei personaggi e azioni) o meno (scelte
metriche) evidente con il contesto sociale.

Com’è possibile che l’ideologia di uno scrittore non coincida con l’ideologia che il suo testo manifesta? Sappiamo che la letteratura è
ideologicamente orientata e proprio per la sua pluralità essa instaura con la società un rapporto non univoco ma molteplice e non
riconducibile ad un unico contesto. Questo accade perché la letteratura è programmata per essere letta anche in contesti diversi
rispetto a quello in cui era stata concepita.

La dicotomia di Escarpit consiste nel fatto che la letteratura è sia discorso (dunque linguaggio) che oggetto artistico.
Dunque la letteratura è al tempo stesso “cosa” e “significato”.
I testi della letteratura non sono soltanto dei testi, ma sono sempre anche dei modelli del mondo: quello che un testo letterario
rappresenta non è soltanto un certo mondo, ma si propone come il mondo, come un’ipotesi globale sulla realtà messa in scena
attraverso personaggi, oggetti ed eventi che lo scrittore ha scelto di rappresentare. Dunque seppur limitata nello spazio l’opera
diventa modello di un mondo senza confini (è il modello finito di un mondo infinito).

Lotman dice, con apparente paradosso, che è la densità semantica del testo a costruirne il carattere ideologico. Se il testo produce il
modello del mondo, questo modello sarà ideologicamente marcato.
Più un testo è bello e meno si lascerà condurre ad un’ideologia, eppure per certi versi più un testo è bello e più sarà capace di
persuaderci dalla sua verità. La sua bellezza consiste nella ricchezza semantica ed espressiva con cui esso mette in scena il suo mondo
facendocelo apparire come il mondo.
Il risultato finale è un’unità di senso ideologicamente orientata.

SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE LETTERARIA E TEORIA DELLA LETTERATURA


Il discorso fin qui ripercorreva i termini teorici del problema.
Questo libro intende ripercorrere alcuni testi classici e autori anche molto più recenti.
Possiamo parlare anche di tripartizione dei testi: filosofi, letterari e sociologi.
Partiamo da alcuni spunti essenziali che ci sono stati dati per conoscere la società e ci hanno permesso di ripensare alla funzione della
letteratura.
MARX E ENGELS hanno costruito la critica dell’ideologia, senza la quale la critica sociologica del ‘900 non sarebbe potuta esistere; si
tratta dunque di un’acquisizione fondamentale del pensiero occidentale.
GRAMSCI può essere affiancato a Marx e Engels poiché si è dedicato in maniera originale alla sovrastruttura culturale (e non alla
struttura economica), allontanandosi dal marxismo ortodosso. Così Gramsci ha puntato non sulla critica marxista dell’ideologia,
ritenendola “falsa coscienza”, bensì alla capacità costruttiva dell’ideologia intesa come struttura mentale che orienta alla
comprensione del mondo.
BENJAMIN (marxista atipico) è molto attuale per 3 motivi:
1.l’intuizione che le trasformazioni del mondo economico provocano cambiamenti antropologici.
2.ha avviato la filosofia verso l’ermeneutica, preparando all’integrazione fra interpretazione testuale e interpretazione sociologica.
3. ha colto le dinamiche dell’arte contemporanea
SARTE (filosofo) è stato pioniere di una prospettiva di studio che si propone di prendere in considerazione anche il ruolo del lettore.
Infatti, anche secondo JAUSS, vi è sia necessità di una critica sociologica alla letteratura che di una sociologia della comunicazione
letteraria: per parlare correttamente di letteratura dobbiamo tenere conto sia degli scrittori che dei lettori per cercare di cogliere
l’interrelazione che lega letteratura, scrittore e lettore.

L’integrazione tra analisi testuale e critica sociale appare evidente anche per via dell’estetica della ricezione (una prospettiva
ermeneutica che fa riferimento all’orizzonte storico-sociale).

WATT (critico letterario) parla della capacità di guardare (oltre che ai testi e al pubblico) anche alla realtà economica della scrittura e
della circolazione dei libri – dunque alla produttività e distribuzione.
Parla anche della sociologia della letteratura, e cioè dell’indagine sulla ricezione del reale, sul pubblico e sul destino sociale della
letteratura.
ESCARPIT (sociologo) può essere considerato come il padre della sociologia della letteratura.
BOURDIEU Le sue opere offrono strumenti per leggere le dinamiche dei processi di valorizzazione, in tutti i campi della società, incluse
le arti. La maggioranza dei gesti della nostra vita sono tramati di spezzoni ideologici.
AUERBACH (critico letterario) Nelle sue opere sono presenti sia la prospettiva della critica sociologica sia la prospettiva della sociologia
della letteratura.
BUSHHAUS E SPINAZZOLA Nei loro lavori è presente una tensione verso una critica letteraria pluridimensionale, capace di indagare su
tutti i componenti della comunicazione letteraria (testi, scrittori, lettori e editoria).
BACHTIN (linguista e filosofo) Nei suoi lavori è evidente la ricchezza della sua stilistica letteraria, le anticipazioni sul piano della
linguistica e della semiotica in direzione della pragmatica. Inoltre le sue intuizioni filosofiche e antropologiche ci danno un punto di
riferimento per la critica letteraria e in generale per ogni tipo di critica (poiché fondate sulla necessità di integrazione tra metodi
formali e prospettiva storico-sociale.

La relazione fra teoria della letteratura, pensiero critico e critica dell’ideologia è molto stretto.
I problemi della teoria letteraria hanno a che fare con la questione della loro possibile scientificità e specificità.
Il profondo ri-orientamento degli studi letterari del XX secolo a favore dei metodi formali è dipeso dall’esigenza di rendere più
scientifico lo studio della letteratura e cioè di trovare un modo rigoroso per analizzare i testi.
L’avvicinamento degli studi letterari alla linguistica è dunque in sostanza avvenuto perché la linguistica è immediatamente apparsa
come la più scientifica fra le scienze sociali. Soltanto che negli ultimi decenni la linguistica ha fatto un sacco di strada che la
maggioranza della critica letteraria ha ignorato.

La teoria della letteratura/della poetica (nel senso jakobsoniano) è fondata su una linguistica da tempo scordata che aveva pensato di
dovere fondare la propria scientificità sull’identificazione dei tratti linguistici specifici del testo letterario, sull’isolamento della
letterarietà.
Il critico non può fare a meno della teoria, deve cioè sempre sforzarsi di individuare concetti e categorie generalizzanti: tutte le
interpretazioni sono necessariamente orientate, solo la discussione e l’esplicitazione dei criteri che le determinano può consentire di
approdare a un confronto.

28/09/’20 LETTERATURA E CULTURA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA (1° lezione, modulo 1)

PROGRAMMA
Si trova online il programma fino a fine ottobre.
Tutto il materiale proposto dal corso si trova su Ariel.
Si consiglia di non prendere appunti durante le lezioni bensì di riascoltare la lezione registrata per prenderli con più calma.
Questo corso sarà il punto di partenza per avere una base solida.

Titolo del corso “Com’è bella la città / com’è grande la città”. Giovani in cerca di sé nella Milano del xx secolo.
I temi e l’ambientazione del programma si rifanno al titolo: i giovani e Milano. Verranno proposti vari discorsi che ricostruiranno la
Milano della seconda metà del ‘900; inoltre i giovani in cerca di sé, i protagonisti dei libri hanno il nostro stesso problema: trovarsi un
posto all’interno della realtà italiana e milanese.

Il corso è diviso in 3 moduli:


due di questi si rifanno al titolo e sono moduli monografici e uno sarà propedeutico alla comprensione di entrambi. Ciascuno dei 3 è
da 3 CFU e dura 20 ore.
modulo 1: “miraggi e sconfitte del lavoro in città”
modulo 2: “sociologia della produzione letteraria” e fungerà da introduzione a tutto
modulo 3: “farcela nel mondo”

Vi sono due testi che dobbiamo leggere:


“A Milano fa freddo” e “La ragazza Carla” (Carla è una ragazza che inizia a lavorare nella Milano del dopoguerra).
Affronteremo comunque molti generi letterari differenti.
Tutti i libri sono acquistabili nella libreria lumi.

è preferibile aver letto in anticipo tutti i libri del modulo 1 e 3, soprattutto per quanto riguarda i testi narrativi.

Non vi sono parziali si farà l’esame direttamente a gennaio o febbraio.

Da mercoledì 30 si parte con il modulo 2, è importante avere il testo di Turchetta.


In seguito procediamo con il modulo 1 con due lezioni sulla storia italiana del 900 in cui è importante avere un’infarinata sul piano
storico.

Con il termine contemporaneo ci si riferisce a un qualcosa di molto vasto, per noi ciò fa riferimento al secondo dopoguerra, si partirà
dalla fine della 2° guerra mondiale (25 aprile 1945) fino all’inizio del 2000.

Marx Engels – vale come un unico autore


Gli autori sono a scelta per quanto riguarda il volume di Turchetta (6 autori)

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