Il Lavoratore Rtrovato. Nuova Edizione
Il Lavoratore Rtrovato. Nuova Edizione
Il Lavoratore Rtrovato. Nuova Edizione
IL LAVORATORE
RITROVATO
Parte Prima
lIntervista
Introduzione
Era il 1971 quando Fred Uhlman, avvocato e pittore tedesco emigrato prima a Parigi,
poi in Spagna e infine in Gran Bretagna, per sfuggire alle persecuzioni naziste, diede
alle stampe una novella in lingua inglese: Lamico ritrovato. Un piccolo capolavoro,
una storia significativa di unepoca ma anche dei particolari equilibri che sovrintendono al mondo dei sentimenti. La storia ruota intorno ai destini di due giovani studenti di Stoccarda. Hans di origini ebree e Konradin rampollo dellaristocrazia tedesca.
Diventano amici per iniziativa pi di Hans che di Konradin ma lavvento del nazismo
spinge il giovane ebreo ad abbandonare la Germania per trovare rifugio negli Stati
Uniti. Al momento dei saluti, Konradin svela allamico che lui, pur non essendo nazista, comunque avverte il fascino di Hitler. Molti anni dopo, a guerra finita, Hans
riceve una lettera in cui viene sollecitato a partecipare alledificazione di un monumento in memoria dei compagni di classe del liceo di Stoccarda morti durante la Seconda Guerra Mondiale. Con timore e curiosit scorre lelenco delle vittime e ritrova
il nome di Konradin: giustiziato per aver partecipato al complotto contro Hitler. In
quel momento Hans, vivo, riannoda il filo dellamicizia con la memoria dellamico
morto, dimenticando quel lontano saluto che lo aveva amareggiato e in qualche misura
anche deluso. un racconto che parla di identit, un racconto drammatico al pari
dei tempi in cui ambientato, ma con una vena ottimistica: ci si pu ritrovare sempre
e la realt pu assumere contorni imprevisti.
Questo libro sul sindacato e sul mondo del lavoro sullo sfondo non ha una guerra,
quantomeno non ha una guerra di quelle combattute con modalit cruente. La guerra
di cui si parla e di cui i lavoratori sono vittime, si svolge su campi di battaglia silenziosi, discreti; lunico vento che si avverte quello dellaria condizionata; gli unici rumori che si percepiscono sono quelli ovattati dei computer con i quali vengono ordinati
movimenti di capitali da una banca a unaltra, da una istituzione finanziaria a
unaltra, da un continente a un altro. Tutto al di sopra delle teste dei lavoratori che
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IL LAVORATORE RITROVATO
avvertiranno gli effetti di questa guerra silenziosa solo quando verr loro presentato il
conto sotto forma di cassa integrazione o di mobilit o di improvviso licenziamento.
la guerra del capitalismo finanziario: si svolge sulle macerie di un sistema economico
che si basava sulla creazione e sulla vendita di un oggetto (un bullone, una saponetta,
una radio portatile) e che ha scoperto, non proprio allimprovviso, che molto pi facile, agevole e veloce fare soldi con i soldi, come dice il protagonista del film 9 settimane e mezzo. Una vera e propria mutazione genetica che ne ha prodotto altre,
che ha reso tutto pi incerto, impalpabile, scarsamente identificabile: derivati al
posto di fabbriche, manager al posto dei datori di lavoro. Anche questo, insomma,
un libro su una identit perduta e che potrebbe essere ritrovata. Quella vecchia novella
di Fred Uhlman ci ha ispirato il titolo anche, e soprattutto, per il risvolto positivo finale: gli amici che, comunque si ritrovano. Questa lunga chiacchierata nasce proprio
dal bisogno di capire se quei lavoratori sono ancora una classe e se quella classe ha
ancora una lotta di classe da combattere contro le sfrenatezze di un liberismo che ha
travolto le regole, aumentato le diseguaglianze, polarizzato la ricchezza come raccontano le analisi ufficiali che attribuiscono nel nostro Paese il 46 per cento della ricchezza nazionale al 10 per cento della popolazione. Un bisogno ispirato da un libro
del professor Luciano Gallino: La lotta di classe dopo la lotta di classe.
La tesi proposta affascinante e in buona misura condivisibile. Nella lotta di classe
c stata una inversione di ruoli. Negli anni Sessanta e Settanta, quelli che culminarono nellAutunno Caldo e portarono al varo dello Statuto dei Lavoratori, la facevano
gli operai, cio una categoria sociale meno favorita, nei confronti dei capitalisti, la
categoria pi favorita. La facevano per conquistare benefici che erano stati negati o
mal distribuiti attraverso il Miracolo Economico, per ottenere il riconoscimento di basilari diritti, per riaffermare principi di dignit. Adesso, al contrario, la lotta di classe
la fanno le categorie agiate per conquistare spazi di privilegio sempre pi ampi e pi
remunerativi. I numeri confermano questa tesi: la distribuzione sempre pi sperequata
della ricchezza, quelluno per cento contro cui puntavano il dito a Zuccotti Park i manifestanti di Occupy Wall Street, il fatto che oggi un manager pu percepire un salario
quattrocento volte superiore a quello di un impiegato della sua azienda quando, invece,
negli anni Sessanta si arrivava al massimo a una trentina di volte. Non solo una
questione di soldi, ma anche di visibilit, di rilevanza politica. Il mondo del lavoro
INTRODUZIONE
da centrale nel dibattito dei partiti diventato periferico; persino le forze politiche di
sinistra parlano con sempre maggiore circospezione di una classe che ha cambiato
lItalia sul finire degli anni Sessanta ma che oggi viene percepita quasi come uno scomodo reperto archeologico da osservare nelle foto depoca ma da non frequentare con
assiduit perch questa frequentazione pu portare a una rottura con quelle altre
classi che nel frattempo, con il carburante del turbo-liberismo, hanno conquistato il
centro della scena trasformando i propri bisogni nei bisogni collettivi, le proprie rivendicazioni nelle rivendicazioni collettive, soprattutto le proprie ricette nelle uniche ricette
possibili e praticabili. In un recente libro Joseph Stiglitz riporta una significativa battuta di Warren Buffet, uno degli uomini pi ricchi del mondo secondo le classifiche
di Forbes: Negli ultimi ventanni stata combattuta una lotta di classe. E la mia
classe ha vinto.
Alla luce di quel che avvenuto negli ultimi tre decenni, assume una nuova attualit
quel che scrisse nel 1755 Jean Jacques Rousseau nel discorso sullorigine delle disuguaglianze: I ricchi dovettero avvertire lo svantaggio di una guerra perpetua di cui
soli, facevano tutte le spese e nella quale il rischio della vita era comune, e quella dei
beni in particolare Il ricco spinto dalla necessit, concepisce infine il progetto pi
ponderato mai entrato nello spirito umano: impiegare a proprio favore le forze di chi
lo attaccava, farsi difensore dei suoi avversari, ispirare loro altre massime, offrire loro
altre istituzioni che fossero loro tanto favorevoli quanto il diritto naturale era loro contrario uniamoci disse loroinvece di volgere le nostre forze contro noi stessi, raccogliamole in un potere supremo che, capace di governarci seguendo leggi sagge e di
proteggere e difendere tutti i membri dellassociazione respinga i nemici comuni e ci
mantenga in una concordia universale Tutti credettero di assicurarsi la libert perch,
dotati di abbastanza raziocinio per comprendere i vantaggi di una istituzione politica,
non avevano abbastanza esperienza per prevedere i danni: pi capace di presentire
gli abusi era precisamente chi contava di approfittarne Tale fu o dovette essere lorigine della societ e delle leggi, che, intralciarono con nuove pastoie i deboli e conferirono
nuove energie ai ricchi, irrimediabilmente distrussero la libert naturale, fissarono per
sempre la legge della propriet e dellineguaglianza, di una accorta usurpazione fecero
un diritto irrevocabile e, per il profitto di qualche ambizioso, assoggettarono lintero
genere umano alla servit e alla miseria. Sembra quasi la cronaca dellascesa al
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potere di Thatcher e Reagan, del liberismo che prometteva benefici a tutti (andate e
arricchitevi, era la massima, anche quella una usurpazione di un principio evangelico) e che in realt ha garantito ricchezze solo a pochi (come ha raccontato nel suo
ultimo libro Edmondo Berselli, ben trentadue volte la Lady di Ferro cambi i criteri
di calcolo della disoccupazione per approdare al risultato che confortava le sue tesi
ma che non rappresentava la realt). Lo ha sottolineato uno studio dellOrganizzazione Internazionale del Lavoro: nei sedici paesi pi avanzati, la quota di Pil riservata
ai salari scesa dal 75 per cento della met degli anni Settanta, allattuale 65 per
cento (e in Italia siamo anche sotto quella media). Il crollo del Prodotto Interno Lordo
impoverisce le famiglie che, come ha rilevato lIstat, in Italia hanno perso in un solo
anno il 3,4 per cento della ricchezza, in quattro addirittura il 5,8, alla faccia degli
evangelici inviti della Signora Thatcher. Il conto finale delle difficolt lo pagheranno
evidentemente i pi deboli, soprattutto se troveranno conferma le stime del World Economic Situation and Prospect 2013 che prevedono una crescita globale del 2,4 per
cento nel 2013 e del 3,2 nel 2014 (contro una media del 7 negli anni che hanno preceduto lesplosione della crisi). Solo in Italia per ritornare su livelli occupazionali decenti, secondo l'Oil, dovremmo creare 1,7 milioni di posti di lavoro. Nella fascia d'et
tra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione nell'ultimo trimestre del 2012 balzato
al 35,2 per cento ma, secondo l'Istat, ormai abbiamo sfondato il tetto del 40 per cento
(per la precisione, 41,9). In cinque anni l'area del lavoro precario si estesa come una
potentissima macchia d'olio moltiplicandosi quasi per sei, passando dal 5,7 al 32 per
cento. Ma pessimo nel complesso lo stato di salute del Mondo dal punto di vista del
lavoro: pi di duecento milioni di disoccupati, avremmo bisogno di oltre trenta milioni
di nuovi posti di lavoro per riportare le lancette dell'orologio al 2008, all'epoca precedente al crollo Lehman Brothers che evocato ora sembra gi roba da preistoria.
A volte vien da pensare che questo Paese abbia un grande futuro alle sue spalle. Constatazione pessimistica che trova, per, dei riscontri se si prova a mettere a confronto
parole (e opere) dei manager di questi tempi con il fermento di idee che per un lungo
periodo ha caratterizzato unItalia forse pre-moderna ma ancora sognatrice, bacchettona ma capace di immaginare oltre la siepe del Particulare non il buio ma un giardino
soleggiato, non lEden che cosa che non riguarda questa vita, ma una Penisola
capace di distribuire con equanimit diritti e doveri, benefici senza privilegi, regole
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INTRODUZIONE
valide per tutti e non solo per alcuni, insomma uno Stato Padre e non patrigno, attento
a premiare i migliori e a non dimenticare i meno fortunati. C stato anche un momento e ci sono stati anche uomini del Capitale che vedevano unItalia diversa, incamminata su una Terza Via in cui il profitto non fosse lunica ragione di vita o
lunica ragione sociale dellimpresa, che da un versante diverso leggevano larticolo
46 della Costituzione non come linizio di un libro dei sogni ma come la descrizione
di un mondo nuovo e possibile. A leggerle oggi, le parole di Adriano Olivetti sembrano
provenire da unaltra galassia, meteoriti in forma di idee che possono ancora lasciare
qualche traccia e proporre qualche riflessione. Diceva agli operai di Pozzuoli: Il segreto
del nostro futuro fondato sul dinamismo dellorganizzazione commerciale e del suo
rendimento economico, sul sistema dei prezzi, sulla modernit dei macchinari e dei
metodi, ma soprattutto sulla partecipazione operosa e consapevole di tutti ai fini dellazienda... Pu lindustria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nellindice
dei profitti? Non vi al di l del ritmo apparente qualcosa di pi affascinante, una
vocazione anche nella vita di fabbrica? Possiamo rispondere: c un fine nella nostra
azione di tutti i giorni... il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, tentativo che pu
dirsi ancora incompiuto: creare unimpresa di tipo nuovo al di l del socialismo e del
capitalismo giacch i tempi avvertono con urgenza che nelle forme estreme in cui i
due termini della questione sociale sono posti, luno contro laltro, non riescono a risolvere i problemi delluomo e della societ moderna. La fabbrica dIvrea pur agendo
in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori
preoccupazioni allelevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata
a operare, avviando quella regione verso una comunit nuova ove non vi sia pi differenza sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue vicende umane, della storia che
si fa giorno per giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita pi
degna di essere vissuta. La nostra societ crede perci nei valori spirituali, nei valori
della scienza, crede nei valori dellarte, crede nei valori della cultura, crede, infine,
che gli ideali di giustizia non possono essere estraniati dalle contese ancora ineliminate
tra capitale e lavoro. Crede soprattutto nelluomo, nella sua fiamma divina, nella
sua possibilit di elevazione e riscatto.
Quattro anni dopo quel discorso, vicino Bonn, il Partito Socialdemocratico Tedesco
definiva con queste parole il proprio orizzonte di riferimento ideologico, ideale, spiri-
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tuale e culturale: Il socialismo democratico in Europa affonda le proprie radici nelletica cristiana, nellumanesimo e nella filosofia classica.
Il pianeta ha trascorso quasi un trentennio inebetito da una lunga sbornia alimentata
passando di bolla in bolla. In questo tripudio di luci e colori come se la classe operaia
avesse perso il diritto di parola essendo stata sconfitta dalla storia, essendo tramontata la
sua stella. Nel frattempo anche il linguaggio diventato confuso, le parole considerate
tipiche della sinistra, come riformismo, hanno perso il loro significato iniziale assumendone
uno nuovo, accettabile anche da parte dei vincitori, anzi usate, adesso, soprattutto da
loro, ultima terribile ironia in un processo di negazione dellidentit. Nel suo lavoro, Gallino spiega che questa marginalizzazione dei lavoratori non solo figlia delle mutate condizioni economiche, ma anche della trasformazione politica avvenuta in Italia. Il crollo
della Prima Repubblica ha cancellato i partiti di massa che facevano storicamente riferimento ai lavoratori, il Pci, il Psi e anche taluni spezzoni della Dc, quelli pi legati alle
logiche sindacali (ad esempio, Forze Nuove, la corrente di Carlo Donat Cattin). Ma a
questa marginalizzazione avrebbe contribuito il sindacato, perdendo capacit di rappresentanza. E questultimo laspetto che con il nostro libro abbiamo voluto investigare.
Come potuto accadere che un sindacato fortissimo almeno sino alla met degli anni
Settanta abbia finito per perdere il contatto con il mondo del lavoro? una questione generazionale? I giovani degli anni Sessanta erano pi sensibili al richiamo della politica,
del sindacato e delle organizzazioni di massa? La causa nelle dimensioni sempre pi ridotte delle fabbriche? Nella delocalizzazione che ha portato allestero pezzi notevoli del
nostro manifatturiero? Della precarizzazione dei rapporti di lavoro che rende difficile un
contatto continuo con persone che oggi sono occupate in un luogo e domani lo saranno
in un altro o non lo saranno per nulla? O sono i sindacati che parlano un linguaggio
ormai datato, praticano lotte lontane dalla storia di oggi? Sono le Confederazioni che si
sono rinchiuse in se stesse e nei luoghi di lavoro evitando di andare a vedere se su Marte
c vita, se cio oltre i cancelli c una societ in cui i bisogni si fondono creando nuovi legami di classe, solidariet diverse rispetto al passato? E allora come Hans che cerca in
quellelenco di nomi lamico con la speranza (e la paura) di ritrovarlo per potersi, almeno
idealmente, rappacificare, anche noi abbiamo provato a capire per quali strade lidentit
della classe si smarrita e per quali nuove strade pu a questo punto essere ritrovata.
g.b. a.m.
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obbligava su ogni questione, su ogni tema a pesare la tua capacit di rappresentanza e la tua autorevolezza, a misurare la tua capacit di ascolto e di
elaborazione. Insomma, non era solo il sindacato dei soci, degli iscritti, era
realmente il sindacato dei lavoratori, cio di una comunit che esprimeva bisogni, attese e, quindi, rivendicazioni, spinte innovative, volont di riforma
e cambiamento. Il fatto che il sindacato non fosse solo un club di soci obbligava tutti quanti noi a cercare un livello adeguato di unit di azione.
Con qualche eccezione, con qualche caduta, per.
Una sola eccezione: la trattativa sulla riforma della scala mobile con il governo presieduto da Bettino Craxi conclusasi la notte di San Valentino del
1984. La Uil e la Cisl con una lettera al Presidente del Consiglio aderirono
alla proposta che prevedeva la predeterminazione degli scatti di contingenza,
la Cgil no. Ma fatta quella eccezione, tra il 1966 e il 1992 i contratti siglati
dalle tre Confederazioni sindacali sono stati tutti unitari. In sostanza, lunica
diversit di posizione fu determinata dal rapporto con il Governo.
Per te quanto fu dolorosa quella divisione? Quanto sofferta quella lettera?
Perch se ne parliamo ancora oggi allora vuol dire che la questione and
ben oltre i quattro punti di contingenza tagliati.
Per me fu molto, molto dolorosa. La Uil fece di tutto per evitare la rottura,
fece il possibile e limpossibile per portare il sindacato a una soluzione unitaria, noi non avevamo latteggiamento intransigente della Cisl, non rinunciammo mai alla speranza che si potesse arrivare a un epilogo simile a quello
di un anno prima quando firmammo con lallora ministro del lavoro, Vincenzo Scotti, un accordo che non piacque al Pci. Ci provammo, fino alla
fine, con il sostegno di Ottaviano del Turco, segretario generale aggiunto
della Cgil, e con il sostegno del Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e di
Rino Formica. Craxi e Formica laccordo unitario lo volevano; lavorarono
per quella soluzione, al contrario di Ciriaco De Mita e di Enrico Berlinguer
che volevano la sconfitta di Craxi. Su una posizione contraria era attestato
anche il leader dei repubblicani, Giovanni Spadolini. Le trattative furono in-
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tense, serrate e bisogna riconoscere, con la sincerit che lanalisi storica impone, che Craxi si spese enormemente. Craxi aveva un solido rapporto di
amicizia con il segretario della Cgil, Luciano Lama: Lama stimava Craxi e
Craxi stimava Lama. Lo vuoi un esempio?
Credo possa essere utile per inquadrare i personaggi nel momento storico,
anche attraverso i loro sentimenti.
Craxi di Lama si fidava e la fiducia era reciproca. Si conoscevano bene e da
tempo. Ricordo una intervista che Craxi fece al segretario della Cgil: un episodio significativo delle relazioni che intercorrevano tra i due. Perch nelloccasione abbandon la sua veste di Segretario del Psi per tornare ad indossare
un abito pi da comune mortale, da giornalista dellAvanti, sua storica professione. Potr sembrare strano perch poi la pubblicistica dellepoca ha dato
della vicenda che si concluse con laccordo di San Valentino una immagine
molto diversa, eppure adesso, a tanti anni di distanza, dico che siamo stati a
un passo dallevitare quel referendum che poi pass alla cronaca come il referendum sulla scala mobile.
Cosa ha impedito quellultimo passo?
Berlinguer lo ha impedito prima da vivo e poi da morto. Quando scomparve
i suoi eredi non ebbero la forza di tradire quella sorta di lascito politico
per favorire unintesa che avrebbe evitato una profonda lacerazione del sindacato e probabilmente molti guai ai lavoratori e al Paese. Il referendum Luciano Lama non lo voleva ma si fece ugualmente perch nessuno se la sent
di smentire quella sorta di lascito testamentario. Io lintesa la volevo perch
ero convinto che da quella rottura il sindacato sarebbe uscito indebolito. E
cos stato perch dopo San Valentino le Confederazioni hanno operato
sempre allinterno di una logica difensiva. Molti tra di noi ritengono che la
nostra crisi sia nata nel 1980 con la vicenda Fiat, con la Marcia dei Quarantamila. Ma non vero: la nostra crisi nata nel 1984 con laccordo (e la rottura) di San Valentino.
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della Prima Repubblica perch aveva una grande organizzazione. Ma purtroppo non aveva pi una grande strategia. Siamo stati spiazzati dalle dinamiche della globalizzazione; abbiamo sottovalutato gli effetti economici della
caduta del Muro di Berlino. Pensavamo che quella vicenda avrebbe avuto
solo delle conseguenze politiche, pensavamo che tutto si sarebbe risolto con
la scomparsa dei regimi comunisti. Ma non era cos. La caduta del Muro di
Berlino ha avuto conseguenze economiche eccezionali, abbattendo tutti i
confini ha reso pi aperta la concorrenza. Abbiamo colto solo le conseguenze
politiche, non siamo stati in grado di contrastare il dumping sociale. In un
sistema globale, quando i diritti non vengono rispettati in una parte del
mondo, alla fine vengono compressi anche nella tua parte di mondo. Ecco,
noi abbiamo sottovalutato questo aspetto.
Questo antico mondo da cosa stato sostituito?
Oggi dal punto di vista delle dimensioni economiche il settore pi importante quello del gioco tanto vero che la Confindustria lo ha organizzato
al proprio interno. Le grandi imprese sono i Comuni, gli ospedali; le privatizzazioni sono state realizzate solo per ragioni di cassa. Le piccole imprese
sono diventate lelemento essenziale del nostro sistema produttivo. Ma il sindacato era forte soprattutto nelle grandi realt ed essendo forte in quelle diventava egemone anche nelle altre pi piccole. La polverizzazione del sistema
industriale ha fatto crollare le antiche certezze; andata in crisi la coesione
sociale che il sindacato nei tempi doro aveva creato, strutturato, irrobustito.
Nel 68, nel 69 gli operai del Nord si battevano per portare le fabbriche e il
lavoro al Sud; oggi accade il contrario. Le Confederazioni giocano solo in difesa, immaginano che tutto si possa risolvere nel rapporto con il governo centrale quando, al contrario, gran parte del potere si spostato verso le regioni,
le province, i comuni. E pensare che alla fine degli anni sessanta, quando le
Regioni non cerano ancora, si facevano le vertenze regionali, territoriali.
Insomma rimasto un passo indietro rispetto allevoluzione delle cose.
Il sindacato rimasto ancorato a una visione centralista. Si sente dire spesso:
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cattolico, legato a Pierre Carniti ma aveva simpatia per la Uil che aveva conosciuto all'interno del Corriere della Sera. Proprio a conclusione di quelle
189 pagine, sviluppava un'analisi profetica. Scriveva: Gli anni ottanta si
aprono come una stagione difficile. Il sindacato ancora una volta in campo
aperto, non pu vivere sul passato. Non pu vivere sulla rendita del potere
conquistato nell'autunno caldo. Non pu vivere con le vecchie ideologie, superate sia dal modo di produzione sia dal costume di tanta parte della nuova
classe operaia. La prospettiva pi grama sarebbe quella di passare dal sindacato dell'autunno a un bigio autunno del sindacato.
Forse anche per questo considerava la tua leadership un elemento di grande
innovazione...
Devo dire che Tobagi guardava all'esperienza della Uil con molta benevolenza, affascinato dalla visione laica che portavamo all'interno del sindacato.
Significativa la conclusione del capitolo in cui parla della mia elezione alla
Segreteria generale: Il problema vero di Benvenuto non il passato, non
la coerenza ideologica: la necessit di dare pi forza al suo sindacato, se
non vuole rischiare di trovarsi in minoranza anche quando sostiene idee giuste. Che il destino della cultura laica in questo paese di controriforme e verit di massa.
Aveva colto, Tobagi, due aspetti: l'attenzione verso la societ, questo proiettarsi oltre la fabbrica che prefigurava la nascita del sindacato dei cittadini; la ricerca di una strada per riannodare le fila del discorso riformistico
interrotto con la morte di Bruno Buozzi.
Ne parleremo pi avanti. Ma a rileggerle oggi quelle pagine resto stupito dalla
straordinaria lucidit. Quando, ad esempio dice che fu il castello di una
nuova ideologia che indusse Benvenuto a riscoprire vecchi padri putativi,
come Bruno Buozzi. E ancora: Rispetto ai due modelli classici sindacato
associazionistico oppure cinghia di trasmissione del partito politico si cerca
una via alternativa: quella del sindacato che sappia essere soggetto di programmazione e non si arresta neppure di fronte alla prospettiva di una
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bellina: chiediamo aiuti, provvidenze. vero che sono stati distrutti valori,
diritti, opportunit di lavoro ma non puoi pensare di vivere allinfinito nella
tendopoli. Oggi questo che manca: obiettivi su cui misurarci, impegnarci,
sfidare il mondo. Pensare che per competere sui mercati globali si debbano
abbattere i diritti corrisponde non solo a una politica ingiusta ma a una scelta
economica totalmente sbagliata. Noi dobbiamo puntare sulla qualit delle
nostre produzioni, sulla raffinatezza tecnologica delle nostre merci. Abbiamo
un paese di pensionati e cassaintegrati. I problemi che assorbono tutta lattenzione sindacale riguardano la difesa dei posti di lavoro, gli esodati, problemi gravi che vanno affrontati. Ma non possiamo giocare solo in difesa, di
rimessa, dobbiamo andare allattacco inserendo allordine del giorno del sindacato la questione dellinnovazione, come si fa industria di alta qualit in
un paese che sappia conciliare lavoro e diritti, salute e occupazione. Dobbiamo essere in grado di dare risposte sul versante della modernizzazione. I
figli dei contadini degli anni Sessanta potevano immaginare e realizzare un
futuro migliore dei propri padri; i figli del Terzo Millennio arrivano sul mercato del lavoro e sono sicuri, grazie alla precariet, di peggiorare la propria
posizione rispetto a quella dei genitori. Ho limpressione che il gruppo dirigente del sindacato sia oggi composto di persone appagate. Se io ho settantanni fatico a pensare alla societ in cui vivremo tra ventanni. Negli anni
Sessanta la classe dirigente delle Confederazioni era composta di persone
che avevano meno di cinquantanni. Bisogna riaprire i gruppi dirigenti ai
giovani ma noi abbiamo al vertice di tutte le istituzioni solo over sessanta.
Penso fermamente che le persone restano giovani se si aggiornano e si battono per cambiare. Il fatto che noi in questo momento abbiamo vecchie
idee e vecchi gruppi dirigenti. Invece dovremmo ispirarci a quel che diceva
John Maynard Keynes La difficolt non sta nel credere nelle idee nuove,
ma nel fuggire da quelle vecchie,le quali, per coloro che sono stati educati
come lo stata la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della
mente.
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DallAutunno Caldo
al Grande Freddo
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Le idee mazziniane andranno in crisi quando ne emergeranno altre che sosterranno il contrario, che la Patria deve essere distrutta. Mazzini vedeva il lavoro
come una forza costituente di quella Patria, madre di tutti. La sua Italia era evidentemente diversa da quella monarchica, un Paese strutturato per censo, che
arriv a un primo parziale suffragio universale maschile solo nel 1913 e a quello
totale, sempre maschile, nel dicembre del 1918; alle donne il diritto di voto
verr riconosciuto soltanto nel 1946. Il secondo punto di riferimento , per
quanto singolare possa apparire, Dio. Mazzini sentiva che bisognava fare riferimento a una cultura condivisa, a un humus. una questione che riemersa
in tempi recenti in occasione del dibattito sullinserimento nella costituzione
europea del riferimento alle radici cristiane, ovviamente non quelle che hanno
prodotto i processi di colonizzazione, ma quelle che hanno portato a encicliche
innovative come la Rerum Novarum di Leone XIII, o la Mater et Magistra di
Giovanni XXIII, insomma quelle che hanno riorganizzato il pensiero sociale
della Chiesa. Quello di Mazzini , come dire, un Dio Repubblicano. Il terzo
elemento la Famiglia. LItalia era una societ profondamente contadina e la
Famiglia era il primo presidio di solidariet. Leggendolo ci si rende conto che
lui immaginava un lavoratore capace di partecipare ai destini del suo Paese:
non un soggetto passivo, da sfruttare per finalit economiche, ma un protagonista sociale e politico, con pari dignit, coinvolto nella vita collettiva, a conoscenza dei sistemi e dei modi di produzione.
Quasi un ideologo del Modello Renano della compartecipazione prima
della sua attuazione.
La storia del sindacato fatta di personaggi che nel tempo sono stati dimenticati e che pure hanno avuto un ruolo non secondario. Ai repubblicani si devono le prime cooperative, sono repubblicane le posizioni fortemente
anti-clericali (loro avevano a che fare con la Chiesa della Repubblica Romana
non con quella che si sarebbe evoluta dopo la Rerum Novarum). Mi capitato
di recente di partecipare ad alcuni incontri e ho riscoperto interventi che risalgono ai primi mesi (o anni) dellultimo dopoguerra. Ho ritrovato, ad esempio quel che diceva Amedeo Sommovigo, uno dei fondatori della Uil, quando
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i rumori assordanti della guerra non si erano ancora sopiti. Leggo: Un sindacato democratico si pone nellobiettiva posizione di chi esamina con serenit leconomia del proprio Paese e le conseguenti possibilit di sviluppo,
indica i correttivi, gli eventuali errori, combatte gli egoismi delle classi possidenti, rileva le insufficienze del governo e si serve dellazione parlamentare. Il
sindacato non esclude la collaborazione con i datori di lavoro, intesa ad assicurare un effettivo vantaggio del lavoratore sia come produttore che come
consumatore. E pi o meno nello stesso periodo, Giovanni Conti, autorevole
esponente del Pri, che stato vice-presidente dellAssemblea Costituente, proclamava: ammissibile, in Repubblica, il metodo della lotta di classe e sono
ammissibili procedimenti diretti allesasperazione del vivente contrasto tra
classe e classe, se in Repubblica lazione di classe del sindacato pu far capo
allopera legislativa? In quegli anni di grande polemica, Ugo La Malfa invocava per il sindacato una visione moderna dello Stato e della Societ, che
studia statistiche, indici di costi e di prezzi, indici di produzione e di scambi,
e li tratta. E quegli uomini concludevano che il guaio del sindacato italiano
che c troppo Bakunin e poco Mazzini. I repubblicani da un punto di vista
ideologico sono un esperienza caratteristica della vita del nostro Paese. Il sindacato nasce in Emilia e Romagna poi si sviluppa nelle fabbriche. L, in Emilia
e Romagna, repubblicani e socialisti erano contigui.
Oggi di quella predicazione cosa rimasto? Non pensi che sia andata col tempo
dispersa?
No, non penso. Lazione tendente alla difesa dei diritti dei lavoratori in Italia
non stata mai intesa come tecnica rivoluzionaria. Le Leghe, le Case del Popolo nascono sotto la spinta dei repubblicani e sono i socialisti e i repubblicani che fanno da argine alla diffusione dellideologia anarchica. La
Confederazione Generale del Lavoro, quella che nasce agli inizi del Novecento non antagonista ma riformista e fa riferimento a un partito, quello
socialista, in cui le due anime si confrontano e si scontrano. Non un caso
che Bruno Buozzi ne divenga il segretario. Lo sarebbe stato anche dopo la
sua rinascita a guerra finita se non fosse stato ucciso il 4 giugno del 1944.
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ramenti reali dei lavoratori non sulle questioni ideologiche Guido una battaglia soltanto quando sono in pericolo gli interessi dei lavoratori. Abbiamo
un interesse naturale a una buona gestione delle imprese per garantire posti
di lavoro e crearne di nuovi. Compartecipazione significa allo stesso tempo
anche corresponsabilit In Italia dopo il 1945 i sindacati erano tra i pi forti
dEuropa ma ora hanno perso quellantica forza Bisogna avere la capacit
di mettere da parte le differenze ideologiche e dire che dovere dei sindacati
italiani unificarsi per lavorare al progresso del Paese Conosco lamministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, lo stimo e lho incontrato pi
volte. Non posso giudicare come gestisce gli irrigidimenti sindacali anche se
penso che i sindacati non dovrebbero essere emarginati.
Qual il messaggio di Huber?
La sostanza mi sembra molto chiara. Il Modello Renano ha un obiettivo: rafforzare loccupazione garantendo la competitivit delle imprese. Insomma,
Volkswagen vende auto anche per questo e, ovviamente, perch fa innovazione e ricerca (leve essenziali per il miglioramento della competitivit) e politiche dei prezzi. I lavoratori da tutto questo traggono beneficio tanto vero
che lo scorso anno la casa automobilistica che ha retto meglio di molte altre
alla crisi ed oggi il terzo produttore mondiale, ha pagato un premio di produzione estremamente cospicuo. La morale che nel mondo occidentale il
modello della compartecipazione regge, quello antagonista no. E qui ritorniamo a Mazzini perch quella idea del lavoratore che si preoccupa del mercato su cui opera la sua impresa, che studia e si aggiorna, nasce nel mondo
repubblicano e influenza quello socialista. Lo influenza nel momento in cui
sorge la contrapposizione con un nuovo modello, quello comunista. Nella
vita delle persone contano anche i simboli.
Cosa intendi dire?
Quando socialisti e comunisti, nel 1921 si divisero, i comunisti adottarono
come simbolo la falce e il martello cio nella simbologia sottolinearono lincontro tra contadini e operai; i socialisti ci aggiunsero il libro, cio non per-
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IL LAVORATORE RITROVATO
IL LAVORATORE RITROVATO
che ho ritrovato con una certa fatica. Si legge: Cari compagni, il successivo
incontro con la delegazione sindacale socialista ha avuto luogo. Essa mi ha
comunicato che la Direzione del suo Partito ha approvato, in generale, la posizione assunta nella precedente riunione di far propria la nostra posizione
sul sindacato libero, demandando alle stesse organizzazioni sindacali la possibilit di prendere una decisione definitiva in merito, nel caso vi fossero
punti di vista differenti. Dunque, il nostro disaccordo coi socialisti su questa
posizione, ha cessato di esistere. Ma linconsistenza di questi bravi amici
veramente sconcertante. Dopo la comunicazione incoraggiante di cui sopra,
il compagno Can. (Emilio Canevari, n.d.a.) mi ha presentato il documento
che vi accludoData una rapida lettura al documento, non mi stato difficile
demolirlo punto per punto, col maggior garbo possibile Alla mia critica, il
bravo comp. Can. (compagno Emilio Canevari, n.d.a.) rispose che non voleva
dire affatto quel che io avevo letto, chegli completamente daccordo con
me, che avrebbe accettato tutte le modifiche che avessi formulato. Dissi, con
molto garbo, che non si trattava di modificare qualche brano, ma di rivedere
tutto il documento. Proposi, quindi di ritirarlo, di non darlo soprattutto ai
democr. (democristiani, n.d.a) che vi avrebbero scorto laccoglimento della
loro posizione sulla concezione del Sind. (sindacato, n.d.a.) di categoria e
sulla struttura, che, invece, non sarebbe nelle intenzioni socialiste.
La forma del Sindacato, i suoi problemi, che sarebbero stati ingigantiti
dalla rottura politica, dalluscita dei comunisti e dei socialisti dallarea di
Governo e dalla Guerra Fredda, nata l?
I bravi compagni di cui parla Di Vittorio (Canevari, tra laltro, lasci il Partito socialista e segu Giuseppe Saragat nel Psli, poi Psdi) sostennero con poca
convinzione le posizioni di Buozzi.
Fu perso in quel momento il treno riformista.
S, anche perch poi mor anche il terzo grande protagonista del Patto di
Roma, il cattolico Achille Grandi. Eppure la strada che era stata scelta era
diversa. Nel 43 i tre leader sindacali avevano deciso di inserire, come avrebbe
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IL LAVORATORE RITROVATO
Allinizio, lo statuto del partito imponeva ai militanti di aderire, a livello sindacale, solo alla Cgil, un obbligo che non era stato ufficializzato in questa
maniera nemmeno dal Pci. Chi aderiva alla Uil e alla Cisl, veniva espulso
dal Psi. Poi le cose sono cambiate, sotto il peso delle vicende internazionali
(i carri armati di Ungheria) e sotto il peso delle unificazioni e successive divisioni delle diverse anime socialiste. Dopo lultima separazione, lobbligo
crollato anche perch la presenza massiccia comunista induceva il Psi a cercare nelle tre Confederazioni un riequilibrio politico e numerico. Il Sindacato dei cittadini in qualche misura figlio anche di quei tempi, di quella
storia. Non esistevano le incompatibilit e molti dirigenti della Uil erano
anche amministratori locali. Il cuore del sindacato riusciva a battere in sintonia con le esigenze immediate delle persone, iscritti e non.
Oggi i giovani hanno con il sindacato un rapporto difficile, anzi nella maggior parte dei casi non hanno nessun rapporto. Le Confederazioni vengono
viste come pachidermi burocratici impegnate a rendere difficile la vita dei
cittadini soprattutto con gli scioperi nei pubblici servizi, i trasporti ad esempio, vero nervo scoperto di una societ complessa che si alimenta di mobilit
in un Paese, per giunta, in cui la mobilit pubblica, collettiva gi, in condizioni ideali, un vero e proprio corso di sopravvivenza. Eppure la storia
del sindacato una storia alta, soprattutto nellItalia appena unita, povera
e largamente analfabeta. Tu hai nel tuo studio un bellissimo manifesto dellinizio del secolo scorso da cui emerge il ruolo sociale del Sindacato.
Il manifesto a cui fai riferimento racconta un sindacato che era un grande
punto di riferimento per la gente pi umile. Il sindacato organizzava il collocamento, si preoccupava di dare una istruzione di base a chi non aveva potuto
imparare a leggere e scrivere, creava le scuole popolari, le casse di solidariet.
Molti lavoratori e molti dirigenti sindacali erano autodidatti, lo era lo stesso
Buozzi. Il legame con il Partito Socialista consentiva di attrarre insegnanti,
maestri elementari, avvocati. Questa strutturazione corrispondeva in qualche
misura allidea mazziniana: non solo operai ma anche professionisti sensibili
alle problematiche sociali. A volte i film con le immagini raccontano storie
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dalle decisioni che furono assunte soprattutto negli Stati Uniti. Non abbiamo
meditato noi ma non ha meditato nemmeno il mondo politico. Lunica proposta che allepoca fu messa sul tavolo fu quella di Enrico Berlinguer, il Compromesso Storico, ma nasceva dalla paura provocata dai colonnelli greci e
dal golpe cileno di Pinochet: il Pci temeva che un eccesso di rivendicazionismo sindacale potesse rimettere in gioco le regole della democrazia. I comunisti, poi, erano molto insofferenti nei confronti dellunit sindacale cos
come si era evoluta nella Flm, la Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici:
quella unit metteva in campo un soggetto politico autonomo. E al Pci questo
non andava bene: preferiva la federazione Cgil-Cisl e Uil, meno autonoma,
quasi per costituzione fisica obbligata a fare i conti con i partiti politici di riferimento. Era una soluzione che si collocava perfettamente allinterno della
filosofia del Compromesso Storico. Ma ci fu anche una seconda causa. Il sindacato cominci ad avere problemi con i lavoratori proprio perch il rapporto
tra le confederazioni non era pi veramente unitario. Le difficolt pi grandi
le Confederazioni le incontravano quando trattavano con governi deboli, il
governo Cossiga, ad esempio. Ricordo che concludemmo unintesa per la
costituzione di un fondo di solidariet che avrebbe dovuto contribuire alla
crescita del Mezzogiorno. Laccordo, per, non incontrava il gradimento del
Pci e alla fine non se ne fece nulla.
Non fu un caso isolato...
La storia ebbe altre due repliche, con Scotti e con Craxi. Lunit assunse un
carattere difensivo, non era pi finalizzata a ottenere riforme, a elaborare proposte. Ognuno per la propria parte si impegnava a difendere il territorio di
competenza, eravamo un po come lAustria-Ungheria. A questa difficolt
reagimmo costruendo un sindacato di servizi: patronati, centri di assistenza
fiscale. Su quel terreno si poteva essere in concorrenza senza mettere in discussione quel che rimaneva della nostra unit. Se dovevo pubblicizzare il
mio Caf non dicevo che funzionava male quello del mio concorrente sindacale, dicevo pi semplicemente che il mio funzionava meglio. I problemi
veri nascevano sulle scelte. Il crollo della Prima Repubblica ha peggiorato la
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IL LAVORATORE RITROVATO
situazione perch il sindacato ha faticato a sintonizzarsi con le logiche del bipolarismo. Se fosse stato unito sarebbe stato un interlocutore forte; diviso,
al contrario, ha finito per essere tirato per la giacca di qui e di l e questa situazione ha indebolito ancora di pi il rapporto con il mondo del lavoro. Il
sindacato diventato benestante, lattivit sul fronte dei servizi diventata
florida, ma liniziativa contrattuale e politica si progressivamente indebolita.
come se allimprovviso la bussola si fosse bloccata.
Negli anni sessanta il rapporto con i lavoratori era veramente intenso.
Cerano le assemblee dove dovevi convincere i lavoratori con argomenti seri;
e poi le delegazioni che seguivano le trattative e dovevi trovare soluzioni per
condurle al traguardo dellaccordo. Ora nel sindacato prevalgono le divisioni,
peraltro incomprensibili, soprattutto alla gente. Si affermata anche nelle
Confederazioni una deriva presidenziale: si conosce il segretario generale e
basta. Non ci sono pi le componenti, non c pi la dialettica. Il sindacato
difende le conquiste che ha gi consolidato ma non riesce pi a far passare
le proprie proposte perch quelle proposte non sono pi unitarie. E poi c
stato un oggettivo invecchiamento del gruppo dirigente. Negli anni Sessanta
i giovani sono stati invece il motore della rinascita sindacale.
E cera da parte di questi giovani una adesione fiduciosa al Movimento.
Dalla Storia del sindacato italiano di Sergio Turone, edito da Laterza,
ho recuperato questi dati che derivano da un sondaggio che i consigli di
fabbrica realizzarono tra il 1969 e il 1970: il 90 per cento dei delegati era
iscritto alle Confederazioni, lottanta per cento si dichiarava attivista. Insomma, giovani, combattivi, tesserati e determinati.
Molti di quei ragazzi venivamo dal Sud. Non accettavano di vivere nella stessa
societ dei loro genitori. La volevano cambiare. Ora quella spinta non c.
A volte si fatica a capire in che modo il Movimento Sindacale riusc a incidere sullItalia degli anni del boom economico, soprattutto sullItalia della
fine degli anni Sessanta. Comerano allora, prima dellAutunno Caldo,
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S, la realt era esattamente quella. Gli operai avevano pagato prezzi enormi
al processo di avanzamento del Paese. Avevamo avuto tassi di crescita del Pil
elevatissimi, in taluni casi prossimi al sette per cento in un anno
Tu prima hai detto che i giovani nati nel 1984 hanno sentito parlare solo
di crisi. I dati spiegano meglio di mille parole la corsa al benessere scattata
con il Miracolo Economico. Tra il 1959 e il 1962 il reddito pro-capite aument del 6,4, del 5,8, del 6,8 e del 6,1 per cento; la produzione industriale
aument dal 1957 al 1960 del 31,4 per cento, con punte dell89 per cento
nellautomobile, dell83 per cento nella meccanica di precisione, del 66,8
per cento nel tessile; mediamente il Pil, tra il 1958 e il 1963 aument del
6,3 per cento lanno; il tasso di disoccupazione raggiunse un livello frizionale, meno del tre per cento
Il Paese si era svegliato improvvisamente ricco, catapultato nelllite delle
grandi nazioni industrializzate. Ma le condizioni di vita degli operai avevano
tratto scarso giovamento da questo fermento, la situazione nelle case dei lavoratori era rimasta in larga misura quella degli anni precedenti al Miracolo.
C un aspetto geografico nella storia dellAutunno Caldo che va sottolineato. Le battaglie di quella stagione vennero condotte non tanto dai vecchi
operai ma dai giovani del Sud che erano andati in cerca di opportunit al
Nord. Loro volevano veramente cambiare. Non avevano paura, non avevano
nulla da perdere. I meridionali che si trasferirono al Nord sono stati il grande
motore del cambiamento della condizione operaia.
Al tempo stesso, per, quellesodo ha dato al Sud quasi il colpo di grazia:
lemigrazione ha impoverito ulteriormente quella parte dItalia. I dati sono
impietosi: tra il 1955 e il 1971 nei flussi migratori interni sono stati coinvolti
9.150.00 italiani, nel quadriennio 1960-1963 ogni anno sono saliti dal Sud
al Nord 800 mila persone. Qualche decennio fa, mentre montava londa dirompente della Lega, Sergio Zavoli condusse per la Rai una inchiesta straordinaria dimostrando, con cifre alla mano, il contributo in termini di
arricchimento economico determinato dallemigrazione meridionale. In-
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D A L L A U T U N N O C A L D O A L G R A N D CE AFPRI ET DO DL O
somma, al di l di quello che sosteneva la Lega, e ci che il Sud aveva impoverito il Nord, era accaduto esattamente il contrario, il Nord era stato reso
pi ricco da tutta quella forza lavoro ancora a basso costo che saliva a cercar
fortuna.
Che lemigrazione abbia impoverito il Sud un dato incontestabile. Il fatto
che al posto di costruire le fabbriche laddove cera surplus di manodopera, si
preferiva far trasferire la manodopera con costi sociali elevatissimi laddove cera
unalta concentrazione di imprese. Gli industriali preferivano costruire i capannoni al Nord. Al Sud lindustrializzazione lhanno fatta le Partecipazioni Statali
con le famose Cattedrali nel Deserto. Pochi imprenditori settentrionali decisero
di investire nel Mezzogiorno ma laspetto pi rilevante che quando ci avvenne
la spinta dei lavoratori e del sindacato fu decisiva. Il Sud si impoverito ma quei
ragazzi meridionali hanno veramente cambiato la storia del Paese, con le loro
scelte hanno sorpreso lintera classe politica. Basta pensare a quello che avvenuto con il divorzio. C una cosa stranissima su cui vale la pena riflettere: per
due volte il Paese ha smentito di essere conservatore con i referendum. Mi riferisco al divorzio e alla scala mobile. Nel primo caso ci si attendeva che lItalia,
paese cattolico, tornasse allantico abrogando il divorzio, and diversamente ed
emblematico del mutamento culturale in atto fu il voto del Sud. Nel caso dei
quattro punti di contingenza tagliati con laccordo di San Valentino del 1984,
le previsioni della vigilia immaginavano una sconfessione di quellintesa e il ripristino dei quattro punti. Anche in quel caso, lesito fu diverso.
Perch dalle urne laccordo usc indenne?
La scala mobile era un meccanismo che non poteva pi reggere. Eravamo un
paese ad alta inflazione e la scala mobile finiva per alimentarla. Non ricordo
chi lo disse, ma la metafora era perfetta: cos come non si poteva pensare di curare il diabete con lo zucchero, allo stesso modo non si poteva immaginare di
frenare linflazione con la scala mobile. Il problema era grave e il sindacato
doveva per forza di cose farsene carico.
Perch?
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mortali colpi di coda del terrorismo e un aspro confronto sul tema della
scala mobile. A marzo '85 l'agguato brigatista a Tarantelli, tredici mesi
prima l'accordo di San Valentino, tre mesi dopo il referendum voluto da
Berlinguer che di fatto convalid quell'intesa con un voto popolare. Il nostro presente nato l?
Tarantelli collaborava con la Cisl e aveva un ottimo rapporto con la Uil. In
un suo libro, Massimo Mascini ricostruisce i lavori della riunione delle strutture sindacali che si svolse a Montecatini nel marzo del 1981. Il tema della
scala mobile era gi caldo. Mascini racconta: Tutti lo sanno ma nessuno ha
la forza per porre il problema. Giorgio Benvenuto riesce a inserire nel documento finale dellassemblea un accenno alla necessit di intervenire in qualche maniera sul meccanismo della scala mobile, ma alla fine non se ne fa
niente, perch la platea decisamente contraria e il vertice del sindacato
contro di lui... Benvenuto viene lasciato solo. Ma proprio perch si tratta di
un passo ineluttabile, anche nel sindacato germoglia lidea di muoversi in
questa direzione. La prima mossa di un ideologo della Cisl, un giovane brillante economista, Ezio Tarantelli, che pagher con la vita questa sua intuizione. Per il sindacato, per il Paese fu una grandissima perdita. E' nato l il
nostro presente? Non saprei dirlo. Sicuramente quella fase storica racchiusa
tra San Valentino e il referendum dell'85 ha segnato in maniera profonda la
storia del sindacato, ne ha condizionato il futuro.
Perch?
Il referendum dell'85 e la rottura dell'anno prima a livello sindacale sono rimaste ferite non rimarginate: quella soluzione una parte del sindacato l'ha
subta, quasi come una violenza.
Tu San Valentino e il dopo lo hai ricostruito in un articolo scritto per la
Fondazione Craxi e pubblicato alcuni anni fa, precisamente nel 2005, su
Lavoro Italiano.
E' vero. Tanto per cominciare, lo sfondo storico. Scrivevo: Le elezioni politiche del 1983 danno un risultato imprevisto. La Democrazia Cristiana subi-
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tollerare una effettiva autonomia del sindacato unitario La cosiddetta politica di unit nazionale si ridotta a una sommatoria algebrica il cui risultato
zero". La replica di Napolitano fu netta: "Quando dice queste cose, Benvenuto fa del qualunquismo anche se dice di temere il qualunquismo pi di
ogni altra cosa". E io risposi in maniera ancora pi netta: "L'onorevole Napolitano non ha esitato ad apostrofare rozzamente con discutibile senso della
dialettica le nostre posizioni critiche nei confronti dell'azione di governo".
Chiosava Mieli: "Benvenuto deciso a vuotare il sacco delle recriminazioni:
alla strategia dell'attenzione con cui il Pci si muoveva nei confronti del suo
predecessore al vertice della Uil, il repubblicano Vanni, " subentrato un atteggiamento di fastidio che non di rado ha sconfinato nell'insulto e nell'insinuazione". I toni si fanno pi accesi anche perch i socialisti sanno di poter
contare sull'aiuto discreto della Cisl". Eravamo alla fine degli anni settanta e
le cose sarebbero ulteriormente precipitate con la fine della solidariet nazionale, l'arrivo di Craxi a Palazzo Chigi, San Valentino e il referendum.
A quella polemica ha fatto riferimento qualche anno dopo, il presidente
Napolitano, nella sua autobiografica politica, "dal Pci al socialismo europeo". Napolitano descrive il panorama di riferimento, spiega il "detto" e soprattutto il "non detto".
Di quella polemica, il presidente Napolitano ne parla nel capitolo in cui racconta gli anni dell'Unit Nazionale, della Svolta dell'Eur. Scrive: "Il rapporto
tra Pci e sindacati non era stato facile, fino a quel momento Eravamo convinti che si tendesse, attraverso la polemica con la politica e i comportamenti
del governo Andreotti, di cui si svalutavano i risultati, a colpire il Pci Ci fu
una spiacevole polemica tra me e Giorgio Benvenuto; in certe reazioni critiche di noi comunisti qualcuno vedeva il segno di una antica insofferenza
verso l'esprimersi di una effettiva autonomia sindacale (e, diceva Benvenuto,
verso l'iniziativa politico-culturale di un Partito socialista liberatosi da ogni
complesso di inferiorit nei confronti dell'altro partito della sinistra ) Richiamo quel brusco confronto perch ne emerse anche un tema di carattere
pi generale: se fosse possibile l'autonomia e il ruolo obiettivamente politico,
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del sindacato all'interno di una strategia totalizzante come quella del compromesso storico".
Tra diffidenze, divisioni e aneliti unitari: il filo rosso che unisce oltre un
secolo di storia della sinistra. E qualche anno dopo quella "spiacevole polemiche" tu e il presidente Napolitano vi ritrovaste su una iniziativa che puntava a rilanciare l'idea di una sinistra nuova, che andasse oltre i vecchi
steccati, che cercasse i suoi riferimenti in Europa e che provasse a candidarsi,
unitariamente, alla guida del Paese. Erano gli inizi degli anni novanta e i riformisti del Pci, diventato Pds, che erano stati per anni chiamati "miglioristi" erano sotto attacco, accusati di voler passare, armi e bagagli, al Psi.
E' vero. Di l a poco la Prima Repubblica sarebbe crollata sotto i colpi di
Mani Pulite e partiti storici come Psi e Dc sarebbero rimasti travolti. Ma noi
provammo a lanciare un ponte tra le due forze della sinistra, nonostante una
fosse al governo, ancorata a quell'accordo politico conosciuto con un acronimo, Caf, Craxi-Andreotti-Forlani, e l'altra all'opposizione. Scrive sempre
Napolitano: "Un'importante iniziativa unitaria sarebbe stata tentata in extremis dopo le elezioni del 1992, nell'ottobre di quell'anno, con il manifesto
"per una sinistra di governo", cui aderirono tutti gli esponenti dell'area riformista del Pds e numerosi esponenti di primo piano del Psi, da Giorgio Benvenuto a Rino Formica, da Enrico Manca a Giacomo Mancini, da Mario
Raffaelli a Claudio Signorile".
Ma ritornando indietro nel tempo, agli anni a cavallo tra la fine dei settanta
e gli inizi degli ottanta, le relazioni a sinistra si sviluppavano in un clima
decisamente rancoroso.
Questo rancore, questo spirito di rivalsa alimentato in maniera nemmeno tanto
sotterranea ha finito per segnare la vita, le scelte, la strategia delle Confederazioni.
Eppure oggi, a quasi trent'anni di distanza penso sia possibile una riflessione pacata, penso si possa passare dal conflitto politico all'analisi storica. Non solo per
rimettere in ordine i pezzi sulla scacchiera, ma per fornire una lettura pi realistica di quanto avvenne allora e di come tutti noi vivemmo quel travaglio.
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ricordo di Berlinguer. Ma anche nel Pci e nella Cgil c'erano posizioni diversificate. Ho un dubbio che mi accompagna...
Un dubbio?
Che la Confindustria abbia messo al corrente Pci e Cgil della sua intenzione
di disdettare la scala mobile. D'altro canto, poteva essere una soluzione bene
accetta da tutte e due le parti: da un lato il Pci avrebbe incassato il successo
politico del referendum, dall'altro la Confindustria avrebbe comunque obbligato i sindacati a sedersi al tavolo della trattativa per creare un nuovo meccanismo. Poi sono convinto anche di un'altra cosa: la scomparsa di Berlinguer
ha complicato la situazione.
Perch?
Berlinguer avrebbe trovato sicuramente un modo per uscire da quella strettoia. Ma chi arriv dopo di lui non riusc a trovare il bandolo della matassa
e s che ci furono incontri, contatti, tentativi. Ricordo che si prodig Gerardo
Chiaromonte. Carniti stesso si spese. E Spadolini, De Mita.
Esisteva, insomma, una realt in movimento, ancorch sotterranea.
Il decreto legge che inizialmente prevedeva una predeterminazione per un
anno venne unilateralmente modificato con il consenso della Uil e della Cisl,
limitando l'effetto al solo 1984. Lama e Del Turco colsero la novit e cercarono di riaprire il dialogo con il governo; ma non ci fu nulla da fare perch
Berlinguer si mostr irremovibile sia nelle riunioni ufficiali, sia in occasione
di molti incontri riservati: Carniti tempo fa in un convegno ha ricordato
come un dialogo tra sordi l'incontro che ebbe con il segretario comunista,
promosso da Rodano.
Il momento pi complicato di questo dialogo tra sordi?
La manifestazione del 24 marzo del 1984. Non venne proclamata dalla Cgil,
venne organizzata dagli autoconvocati. Davanti a un milione di persone Lama
fece un discorso prudente. Lo conobbi in anticipo. Lama disse tre no molto
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IL LAVORATORE RITROVATO
importanti: no allo sciopero generale, no all'apertura indiscriminata di vertenze aziendali, no all'ossessione per il ritiro del decreto. Il clima della manifestazione era terribile, ricordo che fummo costretti a presidiare la sede della
Uil. Fu, in sostanza, la pi grande manifestazione anti-socialista organizzata
in Italia. Nessuna polemica con la Dc, i nemici da abbattere erano Craxi,
i sindacalisti socialisti e il Psi.
Il referendum era per tutti una polpetta avvelenata anche se adesso, a
distanza di trent'anni si pu anche sottolineare che San Valentino ha consentito nel giro di quattro anni, dall'83 all'86 di abbassare l'inflazione dal
14,70 al 5,82 per cento.
Ricordo che durante la campagna elettorale, Biagio Agnes, uomo decisamente vicino a De Mita, neg a Bettino Craxi il diritto all'appello televisivo
finale. E ricordo che Craxi lanci un ultimatum: se l'accordo fosse stato bocciato dal referendum, lui si sarebbe dimesso. Ma era una prospettiva che non
stava bene a nessuno perch a quel governo non c'erano alternative. E a quel
punto intervenne in televisione il nuovo segretario del Pci, Alessandro Natta,
che disse chiaro e tondo che Craxi non doveva dimettersi, nemmeno in caso
di sconfitta referendaria. Penso che quella sortita possa aver condizionato
l'esito della consultazione. Era evidente che celebrato il referendum, bisognava riallacciare tra di noi i fili del discorso interrotto. Interrotto in maniera
brusca tanto vero che il 1 maggio tanto nell'84 quanto nell'85 lo festeggiammo separatamente. Quelle date, 14 febbraio 1984 e 9 e 10 giugno 1985,
sono, nella vita del sindacato, una discriminante, siamo rimasti schiacciati
in quella parentesi storica e venendo schiacciati ci siamo indeboliti: tutta la
nostra attenzione venne spostata sulla struttura del salario mentre altrove,
in Europa e nel Mondo si cominciava a parlare degli effetti della globalizzazione. Noi, invece, eravamo paralizzati in una guerra di religione.
Cambi qualcosa dopo il referendum?
Il No vinse con una percentuale netta: 54,3 per cento con le punte pi alte
a Nord (59,1, nel Veneto addirittura 66,9). Quel risultato, nonostante la mal-
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destra disdetta della Confindustria, consent di riportare al centro dell'attenzione i problemi del Paese con una rinnovata capacit del sindacato che vedeva riconosciuta e valorizzata la sua autonomia. Si sempre parlato della
drammatica rottura del referendum, poco del dopo. Craxi partecip ai congressi della Cisl, della Uil e della Cgil. Intervenne dando un commosso saluto
a Carniti e Lama che lasciavano i loro incarichi, sviluppando analisi improntate alla valorizzazione del ruolo e dell'autonomia del sindacato.
La scala mobile stata lungamente al centro del dibattito sindacale e Tarantelli stato uno tra i primi a parlare di un meccanismo nuovo che consentisse di domare un' inflazione che sembrava imbizzarrita.
In effetti una storia lunga. E forse conviene ripercorrerla nei suoi diversi
capitoli. Fu Guido Carli a lanciare la proposta sul Sole24Ore di una predeterminazione degli scatti con conguaglio. In realt, per, la proposta non
era sua e non era stata immaginata come una soluzione di rottura. Il periodo
particolare. Fine della solidariet nazionale. Noi siamo in difficolt con i
comunisti che escono dal governo e Lama che deve correggere la sua rotta
dopo essere stato il protagonista della svolta dell'Eur. Il Pci boicotta l'accordo
di solidariet, quello del contributo dello 0,50 per cento a favore del Mezzogiorno. L'idea sulla scala mobile di Pierre Carniti che la discute, ovviamente,
con Tarantelli. L'intento di Pierre era generoso: non voleva rompere con il
Pci, al contrario voleva offrirgli una opportunit per rientrare in gioco ed
era convinto che l'opportunit sarebbe stata colta. Ma le cose avrebbero potuto avere questa evoluzione se la proposta fosse stata avanzata dal sindacato,
non da Guido Carli.
C' un'altra idea che porta la firma di Ezio Tarantelli. La lanci poco prima
di essere ammazzato dalle Brigate Rosse. E' sintetizzata in un titolo-slogan:
Lavorare meno lavorare tutti. In sostanza, il sindacato avrebbe dovuto negoziare a livello aziendale cedendo quote di salario e di contribuzione per
favorire l'aumento dell'occupazione. Davanti agli occhi lui aveva numeri
preoccupanti: in dieci anni, dal '75 all'85, la disoccupazione in Italia era cre-
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sciuta dal 4,8 all'8,5 per cento. Quella proposta oggi potrebbe funzionare?
Dubito che una ricetta del genere possa produrre risultati in presenza di una
congiuntura sfavorevole, in una fase fortemente recessiva. La proposta di Tarantelli si legava culturalmente alle scelte che erano state fatte negli anni sessanta e inizi settanta quando si era in un momento di espansione e il
sindacato riusciva a contrattare riduzioni dell'orario di lavoro per favorire
l'aumento dell'occupazione. In una economia in crescita e in un mondo che
pu ancora innalzare barriere doganali, la soluzione pu dare dei risultati.
Ma nelle crisi e in un sistema economico cos aperto e globalizzato non ottieni granch. Bertinotti nel 1998 prov a rilanciare l'idea delle 35 ore mandando anche in crisi il governo Prodi. Ma non ottenne grandi risultati, come
non li aveva ottenuti in Francia, Martine Aubry che aveva lanciato per prima
l'idea. Il sindacato a volte ha una visione statica delle cose ma ci che va bene
in un periodo storico pu non andare bene in un altro.
Certo quel raddoppio del tasso di disoccupazione nell'arco di un decennio
poneva all'attenzione quello che ancora oggi il nostro pi grave problema.
Quel raddoppio fu prodotto dall'insorgere di grandi crisi industriali. Non
capimmo che eravamo in presenza di crisi strutturali non momentanee.
Cosa avreste dovuto fare? Quali politiche del lavoro avreste dovuto proporre?
Avremmo dovuto affrontare con determinazione la questione del controllo
della spesa pubblica. Ha ragione Raffaele Morese: abbiamo difeso attivit industriali che non erano pi competitive, abbiamo subto la crescita travolgente della societ dei servizi. A volte Morese mi ricorda che a Genova si
progettava la costruzione di un parco Disneyland a Cornigliano, nell'area
occupata dall'impianto siderurgico. Ma il Pci e la Cgil che erano egemoni si
opposero e alla fine la spuntarono. Prevalse una logica conservatrice. Quando
si parla di politiche attive del lavoro, nel sindacato sembrano dominare gli
stereotipi: mancano le proposte innovative, l'ultima stata quella sulla scala
mobile, l'ultima nostra grande battaglia stata contro l'inflazione. Le confederazioni non riescono a elaborare politiche di orientamento delle risorse.
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IL LAVORATORE RITROVATO
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tarie e sono riuscite a prevalere solo quando hanno potuto alimentarsi con
lagnosticismo, linerzia, la rassegnazione. Questo Paese nei momenti difficili
sa reagire, lho visto da ragazzo, con la guerra, la Resistenza e poi la ricostruzione. Perci non mi piaciuto Mario Monti quando, da presidente del consiglio in carica, ha detto che loro erano i tecnici e provvedevano a fare quel
che era giusto per il Paese limitandosi a darne semplice comunicazione a
sindacati e partiti. Io invece penso che in questo Paese la concertazione
abbia sempre prodotto grandi risultati. L8 settembre la gente scapp da una
guerra che non capiva, che non condivideva. Molti di quelli che scapparono,
per, poi andarono in montagna e parteciparono alla Resistenza. Anche in
questo caso, un film illustra perfettamente questo nostro modo di essere:
Tutti a casa di Luigi Comencini, con Alberto Sordi. Il padre, uno splendido Eduardo De Filippo, cerca di convincerlo a riprendere la guerra con
Mussolini. Lui, per, non convinto. Scende in strada, a Napoli, dove sono
cominciate le Quattro Giornate; da ex militare sa maneggiare le armi e
spiega agli insorti come utilizzare mitragliatrici e bombe. Anche lui alla fine
trova il coraggio di battersi. una metafora degli italiani. Bisogna coinvolgerli, avere fiducia: non mai tempo perso confidare nel loro senso di responsabilit.
A meditare oggi sui successi di ieri, non solo sindacali, nella luce del tramonto di questa Seconda Repubblica, mentre lo sgangherato bipolarismo
ondeggia tra tecnocrazia e populismo, sembra passato un secolo non soltanto quarantanni.
Siamo riusciti a fare tante cose finch nel Paese ha resistito la coesione e il sindacato stato sufficientemente unito. Poi abbiamo avuto i partiti personali,
gli aneliti presidenzialistici, i tecnici, i populisti in servizio permanente effettivo.
Negli anni dellAutunno Caldo sentivi che quando parlavi non avevi dietro di
te solo la Uil, avevi i lavoratori, avevi il peso di una grande responsabilit, ma
avevi pure una grande forza, una straordinaria autorevolezza.
Una forza da indirizzare verso un Italia migliore, per i lavoratori. Ho ri-
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l11 giugno 1981: dopo la vertenza Fiat allVIII congresso della Uil
il sindacato ripensa la sua strategia e prova a ricucire il rapporto unitario.
Da una parte a sinistra Luciano Lama, dallaltra Pierre Carniti.
Nel mezzo ago e filo Giorgio Benvenuto
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IL LAVORATORE RITROVATO
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posito di intellettuali sensibili alle tematiche del lavoro, alla vertenza dedic un
documentario Ugo Gregoretti). Fu in quelloccasione che pronunci la frase a
cui facevi prima riferimento. E quella sera annunci il varo dello Statuto dei Lavoratori. Ancora, la presenza ad Avola (Siracusa) ove la polizia aveva ucciso e
ferito diversi braccianti che manifestavano contro il caporalato. Infine, il viaggio
a Battipaglia dove le proteste per la chiusura della manifattura tabacchi e dello
zuccherificio erano state sedate dalla polizia con un bagno di sangue: due morti
e duecento feriti. L Brodolini promise che non ci sarebbero stati pi morti per
motivi di ordine pubblico. stato ministro per poco, ci ha lasciato troppo presto
ma ha inciso in maniera profonda sulla storia sociale di questo Paese. Ricordo
con affetto anche Donat Cattin che subentr a Brodolini: tenne gli stessi collaboratori del predecessore e applic lo Statuto, superando grandissime opposizioni, anche da parte della Cisl che non voleva un intervento per via legislativa.
Giugni sciolse il nodo con straordinaria abilit: disse che lo Statuto avrebbe provveduto a rafforzare quei princpi che venivano dai contratti. Brodolini ebbe il
tempo di far approvare in Consiglio dei Ministri lo Statuto e di accompagnarlo
in Parlamento. Poi, per, mor. Giugni ha raccontato in una intervista che prima
di partire per la Svizzera dove sarebbe spirato, lo invit a seguire con grande attenzione i lavori parlamentari evitando con questa vigilanza che lo Statuto dei
Lavoratori si trasformasse nello statuto dei lavativi.
E del suo rapporto col sindacato cosa ti viene in mente?
Un aforisma...
Perch?
Brodolini a volte si lamentava del fatto che le organizzazioni sindacali non
sostenessero in maniera adeguata la sua battaglia per lo Statuto. Era anche
una maniera per provocare il suo grande amico Viglianesi. Poi quel sostegno lo ebbe dall'Autunno Caldo. Ma per sottolineare quanto una visione
moderna dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali potessero trarre alimento da una adeguata strumentazione normativa, citava dal Cappotto di
Gogol questo passaggio: Raramente si sarebbe potuto incontrare una per-
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IL LAVORATORE RITROVATO
sona che vivesse cos il suo lavoro. E' poco dire: lavorava con zelo; no lavorava
con amore. Cos in questo suo copiare e ricopiare egli vedeva un qualche
mondo variopinto e piacevole. Il piacere si esprimeva sul suo volto; alcune
lettere erano le sue favorite; quando si imbatteva in esse, egli non era pi lui:
ridacchiava, ammiccava, muoveva le labbra, cos come nella sua faccia si aveva
l'impressione di poter leggere ogni lettera che la sua penna tracciava. Se gli
avessero concesso riconoscimenti commisurati con il suo zelo egli, con sua
stessa meraviglia, forse, sarebbe finito consigliere di Stato; invece tutto funzionava, cos si esprimevano i furboni dei suoi colleghi; doveva ottenere la
mostrina all'occhiello, ma si ebbe solo le emorroidi nel sedere.
Quei ministri del lavoro sembrano cos lontani dai ministri degli ultimi
anni. Difficilmente sentiremo qualcuno oggi ripetere la frase di Brodolini.
O anche quella di Carlo Donat Cattin (Non sono il ministro del lavoro,
sono il ministro dei lavoratori). Che riflessione ti sollecita questa sorta di
mutazione genetica?
Allinizio della Repubblica i ministri erano al di sopra delle parti. Con Brodolini e Donat Cattin sono diventati parte, adesso sono prevalentemente
controparte. Questa trasformazione spiega il profondo arretramento che c
stato nei rapporti di forze a livello sociale nel nostro Paese. Il sindacato, potente economicamente, debole politicamente. Un tempo i ministri del lavoro li avevi al tuo fianco, ora li hai contro. E fanno a gara a mettere le dita
negli occhi del sindacato.
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Sono gli anni ottanta tra la vertenza Fiat e laccordo di San Valentino:
Giorgio Forattini vede cos le difficolt sindacali
Dalla Concertazione
allEmarginazione
Abbiamo parlato del passato del sindacato, un passato che si intreccia con la
storia recente dellItalia, con i suoi momenti belli e i suoi momenti meno
belli. Tocca, adesso, affrontare il presente. E qui incombe la domanda centrale: esiste ancora la lotta di classe? Esiste ancora la Classe che nellinterpretazione sociologica viene definita Comunit di destino? Luciano Gallino nel
suo libro La lotta di classe dopo la lotta di classe sostiene la tesi che i ruoli
si siano invertiti: prima erano gli operai che lottavano per migliorare le proprie condizioni (economiche, sociali, di lavoro e di vita), adesso sono le categorie agiate, ad esempio quel dieci per cento di italiani che detiene la met
della ricchezza nazionale, che si batte per allargare larea del privilegio. Susanna Camusso rispondendo a una specifica domanda di Stefano Lepri nel
libro Il lavoro perduto (Editori Laterza) sembra propendere per una mutazione. Dice: Di sicuro la lotta di classe oggi non quella del passato. Questo perch il luogo dove si scontrano gli interessi, anche per come ormai
strutturato lapparato produttivo del nostro paese, non pi soltanto quello
classico tra lavoratori e imprese. Tu che la lotta di classe lhai guidata quando
si trattava di trasferire ai lavoratori una parte dei benefici prodotti dal Miracolo Economico che idea ti sei fatto?
La mia idea molto semplice: ho limpressione che sia venuto meno da parte
dei lavoratori dipendenti il senso di appartenenza a una classe. Il mondo del
lavoro oggi un universo frammentato, diviso, spesso contrapposto per aree
geografiche, categorie, classi anagrafiche, sistemazioni contrattuali (lavoratori
a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato pi o meno precarizzati). La Classe (forse non pi quella mitica, la classe operaia, ma una pi
ampia e anglosassone working class) esiste ancora per condizioni e oggettivi
bisogni, ma non lo sa, come dicevo, non ne ha consapevolezza. Non c pi
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IL LAVORATORE RITROVATO
una classe che avverte come impellente e ineludibile il bisogno del cambiamento. Di qui quel rovesciamento di cui parla Gallino con una proliferazione
di classi che delimitano il proprio territorio, lo coltivano concimando interessi e privilegi. La classe non solo una questione di quantit ma anche,
come dire, di qualit. La grande burocrazia una classe. Sia chiaro, non mi
riferisco ai dipendenti, ma ai dirigenti, che so, consiglieri di stato, magistrati
amministrativi, grandi lobbisti, capi di gabinetto che attraversano indenni
governi di ispirazione ideologica e colore diversi manifestando uno straordinario e incrollabile attaccamento al potere. Ecco, queste sono le vere nuove
classi che ispirano le scelte dei governi. I lavoratori, invece, attestati su posizioni difensive, faticano a fare sentire la propria voce, a comportarsi da Classe.
Le classi a cui tu fai riferimento pi che comunit di destino sono comunit di interessi
vero.
Come sono proliferate?
Sfruttando due debolezze: quella politica dei partiti e quella progettuale delle
forze sociali. Nellultimo ventennio si sono affermate come guardiani di un
Paese in cui le distanze (di reddito, di tutele, di diritti, di protezione sociale,
di privilegi sempre pi consolidati, ovviamente) si accentuano, straordinari
difensori dellesistente (evidentemente vantaggioso, per loro). In quelle secche
si va perennemente a incagliare lattivit esecutiva. Perch una volta fatte le
leggi, bisogna passare ai provvedimenti attuativi. E l nascono i problemi:
programmi e provvedimenti si infrangono su scogli che affiorano a pelo dacqua e che nessuno riesce, con lungimiranza, a evitare. Sono loro che amministrano il Paese. Col tempo hanno accumulato insofferenza e un desiderio
di rivalsa che adesso stanno scaricando sulla societ.
Insofferenza e rivalsa contro chi e contro cosa?
C stata unepoca in cui la politica in questo Paese esisteva ed esistevano le
forze sociali. In quel periodo la burocrazia contava decisamente meno. Una
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IL LAVORATORE RITROVATO
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della vicenda. Ma che significa affermare immediatamente: sono sessantamila, come a dire sono pochi, una sparuta minoranza, una roba irrilevante.
Peraltro non era vero
Ripeto, non una questione di numero. Il problema sarebbe stato importante anche se fossero stati solo diecimila o anche meno. Il peso di un problema non lo definisce la calcolatrice. Dietro i numeri ci sono persone in
carne e ossa, che soffrono, che hanno mutui, figli in cerca di occupazione da
sostenere, con disponibilit economiche contenute, donne e uomini che si
fanno carico di genitori non pi autosufficienti trovando nello Stato un sostegno limitatissimo. Quella tumulazione della concertazione stato un errore, di metodo e di sostanza. Probabilmente al tecnico che ha vissuto
lungamente isolato nella sua aula universitaria, al riparo dalla tempeste della
vita quotidiana sfuggono i problemi delle persone, la fatica del vivere di chi
non ben nato e non riuscito a crearsi unarea di privilegio: in Italia i
nodi pi intricati sono stati sciolti con la concertazione.
A proposito di concertazione e grandi problemi voglio rileggerti un passo
del libro Intervista sul sindacato di Luciano Lama. Era il 1976. Diceva il
Segretario della Cgil: Il problema centrale per il sindacato quello di fornire al paese e alle masse lavoratrici un disegno convincente e praticabile
di trasformazione della societ. Per far questo bisogna essere in grado di
conciliare nella coscienza dei lavoratori le aspettative per limmediato con
la cognizione del destino degli anni a venire. Naturalmente si tratta di un
obiettivo fin troppo ovvio, ma per niente facile da raggiungere. Io per
sono abbastanza ottimista sulla maturazione delle coscienze. Anche per effetto della difficile crisi che attraversiamo, si sta diffondendo dentro e fuori
il mondo del lavoro dipendente la convinzione che cos non pu durare.
Lama aveva un spirito profondamente unitario. Aveva vissuto sulla sua pelle
la divisione, lisolamento della Cgil e del Pci. Lo aveva vissuto con angoscia
come molti altri dirigenti del suo partito e del sindacato. Ecco perch pensava
che il sindacato per contare dovesse ricostruire le ragioni dellunit. Senza mire
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IL LAVORATORE RITROVATO
egemoniche perch lui era veramente convinto che legemonia non fosse il risultato dei rapporti di forza, dei numeri ma la conseguenza del confronto di
idee, del dibattito sulla praticabilit delle cose da fare. Era figlio legittimo di
quella cultura riformista che aggregandosi intorno a Filippo Turati port allelaborazione del programma minimo. Lama non era un agitatore a prescindere, si preoccupava di capire dove arrivare ma prima di tutto cercava di
individuare il modo in cui arrivare. Lo sciopero generale per tutti quanti noi
aveva un peso politico fortissimo, era una vera e propria arma finale, non poteva essere sprecata perch dopo non avremmo avuto a disposizione altri strumenti di pressione. La verifica della fondatezza di questa impostazione
labbiamo fatta sulla nostra pelle, in occasione della vertenza Fiat: avevamo
fatto gli scioperi, avevamo fatto laccordo, dai licenziamenti si era passati alla
cassa integrazione, avremmo dovuto cambiare in tempo strategia. Non ci riuscimmo. Arriv la Marcia dei Quarantamila. La Cgil ha fatto numerosi scioperi
generali da sola negli ultimi anni: sono passati senza lasciare traccia.
Erano i tempi della svolta dellEur, del salario che non era pi variabile
indipendente.
A dir la verit per noi il salario non mai stato una variabile indipendente.
Siamo rimasti vittime di semplificazioni che fornivano una idea distorta delle
nostre posizioni. Lama non ha mai detto: da oggi in avanti il salario una variabile indipendente. Non lo ha detto perch questa idea non mai esistita.
Era una posizione di alcuni gruppi della sinistra extra-parlamentare come Lotta
Continua, che poteva trovare accoglienza in qualche settore della Flm. Eravamo cos convinti che non fosse una variabile indipendente che nelle lotte
dellAutunno Caldo non puntammo tutto sul salario ma chiedemmo e ottenemmo riforme. Il sindacato utilizz quelle vertenze per realizzare un miglioramento generale delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
Quando proponevamo la piattaforma contrattuale noi dicevamo quaranta ore
di lavoro settimanali e Lotta Continua diceva trentacinque. No, noi non abbiamo mai enunciato che il salario fosse una variabile indipendente semplicemente perch non era la nostra idea, non era lidea di tutto il sindacato.
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Negli altri paesi io vedo una maggiore reattivit nellaffrontare la crisi e, soprattutto, la politica non ha deciso di ritirarsi, di consegnare al tecnicismo,
seppure temporaneamente, una delega in bianco. Nel resto dellEuropa in
difficolt si andati alle urne e si sono cambiati i governi. In Italia si preferita una soluzione anomala, abbiamo affidato la gestione della cosa pubblica a persone prive di consenso popolare, abbiamo accettato una sorta di
commissariamento della politica, cosa che poi non ci ha comunque impedito
di andare alle elezioni anticipatamente, seppur di poche settimane. Per carit,
ammetto che la nostra immagine era uscita profondamente offuscata dalle
ultime esibizioni del Governo Berlusconi e che Monti ci ha restituito un minimo di rispettabilit internazionale, di questo non gli si pu che dare atto.
Ma della politica in democrazia non si pu proprio fare a meno, semmai bisogna accertarsi che si tratti di buona politica.
Ora, per, piacciono i campioni della societ civile come se esistesse, in
contrapposizione, una societ incivile o come se dalla societ civile in questi
anni fossero realmente arrivati solo esempi positivi.
Io penso che la societ sia incivile quando manca la rappresentativit, quando
manca la cultura del bene comune, quando prevalgono linteresse personale
e le posizioni di privilegio che favoriscono laffermazione della legge della
giungla.
E lesperienza del governo Monti come la valuteremo fra qualche anno,
quando sar pienamente storia?
Monti ha una attenuante. Ripeto, un uomo di grande coerenza. Ma per capire lui e per capire Marchionne bisogna partire da una premessa: il Professore ragiona seguendo categorie diverse da quelle a cui siamo abituati noi
italiani. Monti era abituato a confrontarsi con le lobby perch in Europa
contano soprattutto quelle, non i sindacati o le forze sociali. Daltro canto,
a livello europeo i sindacati al massimo vengono informati, in Italia sempre
stato diverso. Le organizzazioni nazionali dei lavoratori non hanno mai ceduto una parte del loro potere. In Europa, Monti si confrontava con le lobby
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IL LAVORATORE RITROVATO
e dal suo punto di vista non ha mai avuto problemi. Ha ritenuto di esportare
in Italia quel metodo ma non detto che ci che funziona a livello di istituzioni dellUnione possa funzionare anche nel nostro Paese. Questa abitudine
lo ha inevitabilmente indotto a considerare il sindacato alla stregua di una
lobby. Non cos. E poi le lobby funzionano diversamente. Lo si visto
quando ad esempio le liberalizzazioni, portate in Parlamento dal Governo
sono state prima progressivamente corrette e poi addirittura svuotate. Funzionano anche i condizionamenti imposti dagli altri paesi che promuovono
scelte in contrasto con gli interessi italiani.
Cosa intendi dire?
La Germania ci ha sicuramente condizionato imponendo la politica dei due
tempi: prima il risanamento poi lo sviluppo. Per i tempi del risanamento non
sono rapidi, lo sviluppo non c stato (e non in programma a stretto giro di
posta) e la Germania ha finito per ottenere un vantaggio concorrenziale evidente, lo dicono tutti i dati, compresi quelli sulloccupazione. un errore praticare politiche che non tengano conto della realt specifica. Giusto rimettere
a posto i conti ma nella situazione italiana la cura doveva essere pi equilibrata
per evitare di farci piombare nella depressione. Se il sindacato una lobby, perch mai Monti non ha detto nulla o mosso un dito invece nei confronti delle
vere lobby. La Fiat ha fatto tutto quel che ha voluto, uscita da Confindustria,
ha imposto accordi ai lavoratori, senza che una valutazione, anche minima, venisse fatta. Il sindacato pu essere debole, pu essere diviso ma non una
lobby. Non nemmeno una corporazione.
Quali sono le conseguenze di questo modo di fare?
La scelta dellemarginazione alla fine ha dato forza solo allala pi radicale
che si agita nel Paese e che ha un certo spazio nel sindacato. Se identifichi
tutto il mondo dei lavoratori e delle sue rappresentanze nella Fiom, alla fine
consegni legemonia a Landini. La trovo una scelta molto comoda perch
consente di evitare il confronto con tutti gli altri. Se metti il sindacato spalle
al muro, se lo ridicolizzi, in realt nei suoi confronti assumi un atteggiamento
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prepotente, non semplicemente sordo o indifferente. Non cos che si governa un Paese, soprattutto questo Paese afflitto da problemi serissimi, con
la povert e la disperazione sociale in crescita continua. Per questa strada indebolisci soltanto il sistema dei partiti che ancora lunico su cui si possa
articolare la democrazia, apri la strada alla protesta radicale e incontrollata e
vedi sfumare allorizzonte lobiettivo della crescita. Come puoi pensare di incamminarti sulla strada dello sviluppo se rifiuti di coinvolgere la gente, di responsabilizzarla, se non cerchi il consenso? La tecnocrazia a volte vittima di
un complesso di superiorit intellettuale e Monti ha spesso avuto latteggiamento superbo di chi dice: quel che faccio io non si discute perch giusto...
E non sempre lo stato.
La Fornero stata la cartina di tornasole in occasione della riforma del lavoro.
Di fronte alle proteste, sostenne che il provvedimento era buono perch tutti
lo criticavano. Non mi sembra una tesi agevolmente sostenibile n di grande
raffinatezza intellettuale. Il metodo della concertazione che ha trovato i suoi
momenti pi alti nella lotta al terrorismo e con il governo di Carlo Azeglio
Ciampi, ha pagato. Il bilancio del governo Monti, invece non stato straordinario. La realt che puoi avere le idee pi belle e brillanti ma non fai molta
strada se alle spalle non hai solidi punti di riferimento sociali e politici. E in
effetti il governo Monti di strada non ne ha fatta tantissima: lunica riforma
che ha lasciato in eredit dopo un anno di attivit quella delle pensioni, ma
non riuscito a realizzare la riforma fiscale, non ha inciso sui costi della politica pur avendo alle spalle un consenso popolare vastissimo, non riuscito a
ridurre il numero dei parlamentari, non riuscito a traghettarci verso una
nuova legge elettorale, non riuscito ad adottare quei provvedimenti per evitare la dilapidazione delle pubbliche risorse, che lopinione pubblica avrebbe
accolto con grande favore. Ha giustificato gli insuccessi per lopposizione dei
partiti ma su questi temi cera il consenso della gente.
Tu temi che la tecnocrazia, a lungo andare, replicata periodicamente come
avvenuto in Italia negli ultimi venti anni, possa determinare fenomeni di
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blemi e delle soluzioni, dalla diagnosi si passava alla terapia. Tutto questo
stato sostituito da meccanismi comunicazionali in cui conta soprattutto l'abilit di chi quei meccanismi maneggia con un elevatissimo rischio di manipolazione perch nel momento in cui non c' il confronto non prevale tanto il
pensiero unico ma il pensiero di Uno Solo, Uno Solo al Comando. Se Grillo
spopola, se Berlusconi con un'abile campagna incentrata sull'Imu riesce a recuperare tanti consensi elettorali, la ragione sta proprio in questa capacit
non di suscitare un confronto sui problemi del paese ma di veicolare delle
opinioni che attraverso il megafono mediatico diventano prima soluzioni e
poi verit assolute.
Dallo spettacolo (inteso come Grandezza filosofica) della democrazia, alla
democrazia dello spettacolo: non a caso, per vie e ruoli diversi, tanto Grillo
quanto Berlusconi vengono da l, dalla televisione.
Il problema oggi questo: riattivare forme di partecipazione e di controllo,
uscire da questa camicia di forza di un sistema mediatico che sostituisce l'illusione alla realt. Da questo punto di vista, io trovo che il messaggio di
Grillo sia ancora pi subliminale. Lui, attraverso la Rete, d veramente l'impressione alla gente di partecipare, di poter dire ci che pensa, anche infarcendo l'espressione del pensiero con qualche volgarit lessicale. Ma poi?
Poi?
Poi non resta nulla, resta solo l'illusione ma la democrazia qualcosa di molto
diverso, la somma di luoghi in cui le idee si confrontano, le proposte si articolano e si sintetizzano, in cui i gruppi dirigenti si selezionano non in base
semplicemente a un freddo curriculum ma sulla scorta di una verifica continua e quotidiana, sulla scorta di esami che eduardianamente non finiscono
veramente mai. La partecipazione sostanza, non un processo aleatorio in
notevole misura suscitato da questi abili utilizzatori di strumenti mediatici
attraverso la propagazione di notizie (vere o presunte che siano) attuata con
metodi tipici del marketing.
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che tempo fa erano ben radicati nel territorio, avevamo una articolazione democratica che coinvolgeva la gente e ne interpretava gli umori. La volatilit
dipende dal fatto che queste presenze sono diventate vieppi impalpabili.
Insomma, la crisi dei corpi intermedi.
Di questo in effetti parliamo perch non che arranchino solo i partiti e il
sindacato, sono in difficolt anche le associazioni, gli ordini professionali, la
stessa Confindustria. Le scelte politiche si fanno come se fossimo perennemente immersi in un talk show. Prima ci si lamentava delle lunghe riunioni,
delle interminabili trattative sindacali ma tutto questo finiva per coinvolgere
la gente in maniera attiva. Ora c' il vuoto della politica, vissuta come un pianeta sempre pi distante. Risultato? La gente vota normalmente contro qualcosa, quasi mai a favore di qualcosa e vota contro perch non riesce a
identificarsi con le persone, con le associazioni, con le organizzazioni rappresentative. Questo stato di cose non colpa di Beppe Grillo.
Preesisteva alla sua irruzione sulla scena politica?
S, preesisteva. Prima c' stata Mani Pulite che ha avuto in Italia lo stesso effetto del crollo del Muro di Berlino: ha spazzato via tutto. Poi arrivata la
Lega. E tanto il Pd quanto il sindacato hanno compiuto un errore nella valutazione degli orientamenti elettorali nonostante ci fossero studi (ne ricordo
uno degli anni novanta della Cgil) che dicevano con chiarezza che al nord
gli operai e i pensionati votavano il partito di Bossi. Adesso, evidentemente,
si sono spostati su Grillo. Nell'urna si manifesta la protesta ma il guaio che
non ci sono strutture in grado di canalizzare la protesta e cos un giorno sei
un santo e un altro giorno sei un diavolo.
Tutto semplice, senza mediazione alcuna.
Esattamente. Tutto ormai estremamente semplificato. Il povero Walter Veltroni veniva preso in giro per il suo famoso: ma anche... Aveva ragione,
per. La vita politica complessa, non esiste solo il bianco e il nero, esiste il
grigio che ha tantissime sfumature. Ora al ma anche si sono sostituite frasi
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definitive come senza se e senza ma che sono il segno di una semplificazione perversa: non ti costruisci una opinione, fai una scommessa.
Tu parlavi prima di talk show. L, almeno, si parla. La realt che siamo
passati ai mi piace della Rete, una forma di democrazia scarnificata.
In realt non una forma di democrazia. Per giunta, quei mi piace a cui
tu fai riferimento si trasformano in una forma fortissima di condizionamento. E lo abbiamo visto durante le elezioni per il presidente della Repubblica: i parlamentari del Pd non hanno fatto riferimento al partito ma ai
messaggi che arrivavano attraverso la Rete.
Messaggi che riguardano una infinitesima minoranza della popolazione
italiana perch alle parlamentarie di Grillo hanno partecipato venticinquemila persone e il famoso referendum sul presidente della Repubblica ha
coinvolto ventisettemila elettori. In fondo l'Italia abitata appena da sessanta milioni di connazionali. Il professor Novelli, docente di comunicazione politica all'Universit Roma Tre ha detto in una intervista: Ross
Perot nel 1993 negli Usa pensava un modello di partecipazione non comunitario. Il cittadino si alza, fa colazione e preme un bottone per avallare
o meno decisioni. Ma un tipo di approccio che non contempla la riflessione. E, allora, possiamo seguire indicazioni che arrivano da esigue minoranze per giunta non particolarmente riflessive?
Il fatto che la politica e il sindacato hanno ostruito i vecchi canali che consentivano di capire cosa si agita nella societ. Risultato: quando cambi opinione cos facilmente, quando la tue valutazioni sono tanto volatili, allora
vuol dire che in realt non hai opinioni. Alla fine i sondaggi che vengono effettuati in Rete e che riguardano comunque minoranze finiscono per essere
vissuti come il modo di sentire di una maggioranza. Purtroppo sono venute
meno le sedi materiali del confronto. E' un po' come nel Palio di Siena: non
gareggi per vincere, gareggi per far perdere il tuo avversario.
Volendo, l'immagine pi credibile sono gli stadi italiani, vera fotografia del
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Grillo si tiene alla larga dal governo: teme la normalizzazione. Se c' una cosa
che nella Rete emerge con chiarezza la protesta senza speranza. Invece sono
convinto che se usata in una maniera pi razionale potrebbe essere uno strumento formidabile di informazione.
Ma dovrebbe crescere una educazione all'uso della Rete. Da questo punto
di vista l'assenza dei corpi intermedi, a cominciare dal sindacato, drammatica perch potrebbero svolgere una funzione pedagogica essenziale.
Qui siamo al cane che si morde la coda. Parlare di educazione, di insegnamento veramente difficile in una societ in cui manca il lavoro di gruppo,
il gusto della ricerca, in cui non c' la volont di comprendere come puoi
svolgere una attivit di informazione, di interazione. La volatilit del voto,
degli stati d'animo il prodotto di tutto questo: le persone si identificano
con chi fa la voce pi grossa, con chi avanza le soluzioni pi liquidatorie.
La Rete , comunque, entrata da protagonista, nel bene o nel male, nelle
elezioni presidenziali. Ma, al di l di questi aspetti relativi a una idea di democrazia che avr bisogno di ulteriori approfondimenti, tu come giudichi
un evento decisamente storico come la rielezione di un presidente della
Repubblica? E' la sconfitta dei partiti?
Significa semplicemente che i partiti non sanno gestire la vittoria: ormai sono
delle macchine elettorali costruite per vincere nelle urne ma non per governare. La conferma di Napolitano semplicemente una presa d'atto: si sono
dovuti affidare a lui per garantire quella che Craxi chiamava governabilit.
Joschka Fisher, vice di Gerhard Schroeder nellultimo governo tedesco
rosso-verde, in una intervista al Corriere della Sera ha criticato cos le ricette della Angela Merkel: Mi preoccupa che lattuale strategia chiaramente non funziona. Va contro la democrazia, come dimostrano i risultati
delle elezioni in Grecia, in Francia e anche in Italia. E va contro la realt:
lo sappiamo sin dalla crisi del 1929, dalle politiche deflattive di Herbert
Hoover in America e del cancelliere Heinrich Bruening nella Germania
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di Weimar, che lausterit in una fase di crisi finanziaria porta solo a una
depressione. Cos parlava Fischer a maggio del 2012 e le sue parole hanno
trovato piena conferma alla fine dellanno nei dati diffusi dallIstat: disoccupazione oltre l11 per cento con tendenza in aumento per lanno successivo (11,4), contrazione del 2,3 per cento del Pil, crollo della spesa per i
consumi (- 3,2). una valanga che non si arresta?
Non credo che si arrester in tempi brevi o brevissimi. Daltro canto linizio
del 2013 stato analogo alla fine del 2012, una colpo dopo laltro ai bilanci
delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati, delle imprese.
Pensi che il sindacato sia consapevole di questa deriva?
consapevole ma paralizzato dalle divisioni: le polemiche tra Confederazioni
hanno pi spazio delle discussioni di merito sulle cose da fare. Uilm e Fim
hanno ragione quando pretendono di firmare il contratto dei metalmeccanici
ma si devono contemporaneamente porre il problema di una met della categoria che preferisce battere unaltra strada. Mi viene in mente un vecchio
proverbio: se vuoi camminare in fretta, vai da solo, ma se vuoi essere certo
di arrivare, allora muoviti in carovana. Quando le scelte che compi restano
solitarie, il rischio della sconfitta consistente, quando, al contrario le tue
soluzioni diventano patrimonio di tutti, le possibilit di giungere felicemente
a un traguardo sono pi concrete.
Un percorso che appare complicato: per quali vie ritrovare lunit in un
momento in cui i lavoratori sono estremamente vulnerabili, attaccati sul
fronte del reddito, dei diritti e delle certezze (o sarebbe meglio dire, incertezze) occupazionali?
Il sindacato deve rimettere in moto i meccanismi della democrazia interna,
deve tornare a rappresentare non solo chi iscritto ma anche chi non
iscritto, anche perch gli iscritti di oggi si avvicinano alle Confederazioni non
per una scelta politica ma per la via traversa dei servizi. Bisogna ritrovare nuovi
meccanismi democratici, bisogna cercare unintesa sullannosa questione della
rappresentanza. I sindacati, divorati dai loro apparati burocratici, sono bloc-
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cati. Lo sviluppo deve essere la loro bussola perch solo per quella strada puoi
incontrare quei giovani che oggi vivono le Confederazioni come una realt
lontana, incomprensibile, in qualche caso fastidiosa se non proprio ostile.
E qui siamo al problema dei problemi per il sindacato di questi anni: il
precariato. Guy Standing, docente di Economic Security alluniversit di
Bath in Inghilterra, in un suo recente libro, Precari (Il Mulino), dopo
aver diviso la societ, il mondo dellimpresa e del lavoro in sette categorie
(i super-ricchi, i detentori di lavori stabili, i proficians o tecnoprofessionisti,
i lavoratori manuali cio la vecchia classe operaia, i precari, gli emarginati
e i disagiati), ha sottolineato le dimensioni planetarie del problema: in
Giappone i precari sono ormai il trenta per cento della forza lavoro, in
Corea del Sud il cinquanta. In Italia siamo bene avviati. Non pensi che il
sindacato negli anni passati si sia illuso di riuscire a domare una bestia
insaziabile?
Il sindacato ha compiuto delle scelte in buona fede. Quando il problema ha
cominciato a manifestarsi, ha fatto un ragionamento di buon senso: in un
mercato globale abituato a trasformarsi in continuazione non possiamo impiccarci alle rigidit, bisogna inserire elementi di flessibilit; il mercato volubile, bisogna tener dietro a una organizzazione del lavoro in grado di
adattarsi alla domanda, di soddisfare le esigenze imposte dalle richieste dei
consumatori e dalle mode. Era giusta la flessibilit, i guai sono cominciati
quando la flessibilit stata trasformata in precariet. A questo punto il sindacato ha fatto unaltra valutazione: meglio un lavoro precario che un ragazzo
per strada, totalmente senza reddito, facile preda di mafie, camorre, ndrine.
Il controllo della situazione sfuggito di mano: la precariet per una, probabilmente per due generazioni, diventata lunico sbocco lavorativo. Uno
sbocco avvilente perch non incentiva i giovani obbligandoli ad accettare
quel che capita e non quel che in linea con la loro preparazione culturale
e professionale. In questa realt le Confederazioni sono finite ai margini venendo vissute come inutili orpelli del mondo del lavoro. Questi ragazzi poi
si ritrovano davanti dirigenti allo stesso tempo immortali e immobili, persone
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che fanno grandi aperture sul piano delle dichiarazioni ma che non lasciano
spazi nelle strutture sindacali e politiche. Tra sindacati e giovani si instaurato un dialogo tra sordi. Generazioni neglette e rifiutate, considerate inutili
sul piano del cambiamento, della rivoluzione delle idee. Alcune sortite della
Fornero ai tempi in cui ricopriva il ruolo di Ministro, mi hanno fatto letteralmente cascare le braccia: sempre questo atteggiamento didattico. Come
ha detto a proposito dei giovani in cerca di lavoro?
Schizzinosi, anzi ha usato un termine inglese, choosy, decisamente pi
elegante nei circoli intellettuali che alimentano i think tank liberisti o
turbo-liberisti cui il Professor Monti per formazione culturale e attivit
professionale fa riferimento.
Anche su questo terreno emerge un certo disprezzo intellettuale per una realt che non si conosce, non si frequenta, non si maneggia: la cattedra a volte
allontana dalla vita. Questi ragazzi non sono per nulla schizzinosi, al contrario
sono costretti a prendere quel che gli viene offerto. Trovo sinceramente insopportabile questo modo di fare politica per retorica e paternali. La realt
che ti intristisci quando fai un lavoro che non coerente non solo con le
tue aspettative ma anche con la tua specifica preparazione. La precariet non
solo un lavoro senza prospettive, una condizione di vita che ti porta allabbrutimento, che ti obbliga a vivere solo nel presente (e molto faticosamente), che ti toglie il futuro e il respiro, che condiziona chi ti sta vicino. La
precariet non semplicemente una inaccettabile e immorale condizione lavorativa, anche una insopportabile situazione esistenziale e familiare.
immaginabile definire i Precari una nuova classe proletaria o, addirittura, sottoproletaria? Standing nel sostantivo precariato individua lessicalmente proprio lunione di due concetti, la temporaneit del lavoro e la
definizione di una nuova forma di proletariato.
Per trasformare la moltitudine dei precari in classe bisognerebbe prima di
tutto sfoltire le tipologie contrattuali, oggi sono una vera e propria foresta. E
questa proliferazione stata un altro errore perch sino a quando tutto ruo-
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mente in pensione? Hai gente giovane e vitale che potrebbe ancora lavorare;
al contrario aumenti le sofferenze degli istituti di previdenza e non favorisci
lo sviluppo.
Questa dei prepensionati a fronte di riforme che innalzano sempre di pi
let pensionabile, un altro di quei paradossi molto italiani. Lo sottolineano Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini nel loro libro: Viene aumentata let pensionabile e poi si cerca di mandare in pensione anticipata
i lavoratori pi anziani, che costano di pi dei giovani precari: un comportamento che richiederebbe delle sedute di psicanalisi. Trovi che un intervento di Freud possa contribuire a illuminare i meandri oscuri della crisi
economica e della mente umana?
Visto come vanno le cose, forse s. Cerchiamo di mettere un punto fermo in
questa storia malferma delle pensioni. La vera riforma lha fatta Dini con la
collaborazione del sindacato. Da quel momento sono stati attuati numerosi
interventi scollegati, per, da un disegno generale. Anzi, non solo mancata
una politica generale, ma abbiamo perseguito finalit contraddittorie. Tutti a
sessantacinque anni? Benissimo e i giovani quando li facciamo uscire dalla precariet. Le crisi aziendali si affrontano con i prepensionamenti? E allora prepariamoci a terremotare le casse degli enti previdenziali. Da un lato si alza
lasticella dellet pensionabile, dallaltro non decolla la previdenza integrativa,
dallaltro ancora i giovani restano precari perch sul mercato del lavoro si abbattono i cinquantenni prepensionati che continuano a lavorare essendo vitali,
avendo grande esperienza e una straordinaria qualit: costano poco perch la
pensione ce lhanno e non devono pi versare contributi. Mi sembra un capolavoro.
Lunica riforma stata quella di Lamberto Dini e le altre?
Sono stati interventi rivolti soltanto a fare cassa, al di fuori di un vero disegno
strategico. Il sindacato stato colto in contropiede, si ritrovato completamente indifeso. Lultima riforma, poi, ha visto la luce nel giro di poche
ore, le Confederazioni sono state tenute ai margini delle scelte e la protesta
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dellinflazione, una indicizzazione che ha retto solo per gli assegni pi bassi.
Quindi le pensioni sono state sottoposte a un sistema di tassazione estremamente elevato, decisamente pi elevato di quello che riguarda i guadagni finanziari. Tutte le soluzioni di alleggerimento fiscale escludono i pensionati.
Infine le imposte legate alla propriet, le addizionali Irpef, quelle sui beni di
consumo (lincremento dellIva), lImu hanno avuto per i pensionati leffetto
di un vero e proprio salasso. Possiamo stupirci se tanti pensionati sono progressivamente scivolati verso la soglia di povert e alcuni lhanno pure varcata? Qual la conseguenza di questa situazione? Per puntellare in qualche
maniera bilanci familiari traballanti i pensionati lavorano. In nero. Risultato:
i giovani trovano solo occupazioni precarie di bassa qualit, gli anziani dotati
di esperienza lavorano senza pagare le tasse. Una quadratura del cerchio pi
imperfetta non potrebbe esistere.
Tu pensi che le stime sui poveri in Italia siano in qualche misura infondate?
Io penso che le stime pecchino per difetto, che il quadro reale sia anche peggiore di quello disegnato dalle cifre ufficiali dellIstat o della Banca dItalia.
Ma il vero problema che non ci stiamo rendendo conto che abbiamo minato un pezzo vero e proprio del welfare, il welfare familiare quello che ha
permesso a questo Paese di tenersi in piedi salvando anche una decente coesione sociale. I pensionati con il loro reddito sicuro garantivano un riparo
ai figli che gi trentenni un salario certo non lo avevano ancora conquistato.
La realt che i pensionati sono stati puniti quasi con sadismo: gli hanno
tolto il necessario non sovrabbondanti privilegi. Qui, in questa categoria sociale scopriamo i nuovi poveri. E li scopriamo anche nelle famiglie monoreddito, quelle in cui un uomo di cinquantanni ha perso il lavoro e quindi
lunica fonte di sostentamento per la sua famiglia. Non parliamo solo di lavoratori dipendenti. Parliamo anche di piccoli commercianti o artigiani che
fiaccati dalla crisi un bel giorno hanno abbassato la saracinesca e non sono
pi stati nelle condizioni di rialzarla.
E quel dieci per cento che detiene met della ricchezza nazionale cosa ti
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suggerisce?
Un senso di ingiustizia: su quel dieci per cento si sarebbe dovuta costruire
una patrimoniale. Al contrario, la si fatta attraverso lImu per colpire tutti
gli altri, per colpire nel mucchio dei grandi numeri.
Le tasse restano uno dei grandi nervi scoperti del nostro Paese, penalizzato
da una vasta area di evasione che fornisce un contributo notevolissimo alla
stima messa a punto dallex capo economista della McKinsey, James Henry:
ventunomila miliardi di dollari, un terzo del Pil mondiale, nascosto nei
paradisi fiscali, stima probabilmente sbagliata per difetto e che potrebbe
lievitare sino a trentaduemila, cio met del Pil Mondiale. leffetto del
crollo di Bretton Woods, di una libera circolazione dei capitali che ha contribuito a gettare le basi dellattuale disastro.
Le situazioni vanno studiate, conosciute; altrimenti si rischia di essere semplici opinionisti. Tu parli di Bretton Woods ma la realt che noi abbiamo
un problema enorme dietro langolo: la Svizzera. Si tratta di una storia esemplare, da un certo punto di vista. Il problema stato affrontato da ogni Stato
per proprio conto. La Svizzera un forziere. Ma solo gli americani e i tedeschi
sono riusciti a trovare una via daccesso, noi no.
Tu dicevi prima che un ragazzo nato nel 1984 ha sentito parlare solo di
crisi ma gli effetti della crisi non sono stati uguali per tutti. Alcune stime
dicono che in Italia, nel decennio che ha preceduto lesplosione della
bolla, dalla seconda met degli anni novanta al 2007 il sistema delle imprese, dalle piccolissime alle grandissime, ha realizzato un aumento del 14
per cento degli utili. Una percentuale che lievita oltre il sessanta per cento
per quelle medie e grandi e che arriva al novanta per le duecento migliori
aziende stimate allepoca da Mediobanca. La crisi non come la giustizia:
uguale per tutti.
Questo il paradosso della finanza: pochi investimenti produttivi, tanti impieghi su quella economia di carta che produce guadagni a breve e brevissimo
termine, che garantisce rendimenti minimi allanno del 15 per cento. A volte
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Ha scritto Paul Krugman, sempre con locchio rivolto al suo Paese, gli Stati
Uniti: I liberal sono coloro i quali credono in istituzioni che limitino le
disuguaglianze e lingiustizia. I progressisti sono coloro i quali partecipano,
esplicitamente o implicitamente, a una coalizione politica che difende e
cerca di potenziare quelle istituzioni. Sei un liberal, che tu ne sia consapevole o no, se sei convinto che gli Stati Uniti dovrebbero avere un sistema
di assistenza sanitaria per tutti. Sei un progressista se partecipi agli sforzi
per far nascere questo sistema. Quanti liberal e quanti progressisti circolano in Italia?
Pochi liberal e pochi progressisti. Ha ragione lo storico Massimo Salvadori
quando afferma che nella nostra dinamica politica le figure evocate da
Krugman non si sono materializzate. La sinistra italiana ancora dominata
da divisioni ormai lontane: massimalisti e riformisti, comunisti e anarchici.
Ma una sinistra veramente occidentale tale se riesce a porsi lobiettivo di
diventare forza di governo autosufficiente. Nella sinistra italiana, invece,
questa vocazione non mai cresciuta, forse per un breve periodo lha accarezzata Craxi. La sinistra italiana brava quando si tratta di fare opposizione ma quando bisogna andare al governo si mette immediatamente a
costruire alleanze. Questo atteggiamento non lo ritroviamo in Portogallo
o in Francia o in Spagna o in Germania o in Grecia o in Inghilterra. In
Italia, invece, bisogna associarsi a qualcuno con la conseguenza che le scelte
di governo risultano inevitabilmente annacquate. Il fatto che a noi mancato qualcosa. mancata Bad Godesberg, mancata Epinay sur Seine,
mancato il rinnovamento ideologico e generazionale che ha portato Felipe
Gonzalez a governare lungamente la Spagna. Per essere di sinistra devi credere in quello che fai e che proponi ma per crederci realmente devi avere
la voglia di misurarti con il governo. Veltroni in qualche maniera al Lingotto ci aveva provato a battere la strada dellautosufficienza ma poi ha ceduto alla tentazione dellalleanza con Di Pietro. Il fatto che alla chiarezza
delle posizioni si sostituisce lopportunismo delle coalizioni. Io sono convinto che la sinistra abbia un grande avvenire, che il mondo abbia bisogno
di socialismo perch il peso dellingiustizia sta diventando insopportabile.
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Ma bisogna discutere sulle cose da fare non solo sulle alleanze da costruire.
Bisogna essere visionari. Sognatori e visionari perch le riforme non si possono solo chiedere, bisogna farle.
il compito di chi governa: riuscire a intravedere quel che gli altri non vedono, semmai anche con laiuto dellimmaginazione. Limmaginazione al
potere, residuo di un tempo in cui se non tutto, molto apparso possibile.
Bisogna dare alla gente la visione del futuro. la passione il motore della sinistra ed quella che dovrebbe guidare i liberal e i progressisti. Purtroppo
prevale lopportunismo. La sinistra si annichilisce da sola parlando di alleanze. E si sottovaluta. Peccato che la discussione aperta da Craxi alla fine
degli anni settanta su Proudhon non abbia avuto un seguito perch ci
avrebbe aiutato a uscire da questa sorta di recinto storico, forse ci avrebbe
fatto nuotare nel mare aperto delle forze progressiste occidentali. Per tornare
a Krugman: no, liberal proprio non ne vedo. Questo un paese di microcorporazioni, sostanzialmente immobile, si lavora per sostituire i nuovi monopoli ai vecchi.
Per parlare del futuro del sindacato pu essere utile fare riferimento al tuo
passato. In particolare a un libro dato alle stampe nel 1986 ed edito da Rizzoli. Significativo gi nel titolo: La seconda giovinezza. Una lunga intervista raccolta da Lorenzo Scheggi Merlini. In quelle pagine dicevi: Abbiamo
il problema, non solo come Uil ma come intero movimento sindacale, di
riuscire a riprendere la rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
La riflessione sulla contrattazione, sulle modalit e i contenuti parte da questa esigenza. Ma niente sar pi come prima. E allora il sindacato, se vuole
continuare a esistere, deve trovare altre cose da dare ai lavoratori. Perch la
gente dovrebbe iscriversi a un sindacato senza avere niente in cambio? Non
avrebbe senso. Da qui lesigenza di estendere la tutela sugli aspetti, chiamiamoli cos, della qualit della vita. Era il manifesto ideologico del sindacato dei cittadini: dentro e oltre la fabbrica, gli uffici, i posti di lavoro.
Questa era la Seconda Giovinezza del sindacato. Quale sar la terza?
Il passato quasi un genere di conforto. Sappiamo cos accaduto e lo rimpiangiamo. Ma poi ci manca il futuro. A furia di rimpiangere intere generazioni
passano, invecchiano e si estinguono. Il Paese mi pare come immobilizzato: si
racconta la storia e si impedisce alle nuove generazioni di scriverne una ancora
inedita, anzi non si accetta proprio che si mettano alla scrivania per redigerla.
Abbiamo nei confronti dei ragazzi un retorico atteggiamento di grande comprensione per i loro problemi, per le loro difficolt a inserirsi in una realt dominata dalle vecchie generazioni per poi nei gangli vitali, nelle organizzazioni
sociali, nei partiti, nelle professioni, nella stampa riesci a entrare solo se vieni
cooptato. Da questo punto di vista, Matteo Renzi ha ragione quando dice, utilizzando un aforisma, che per ottenere un lavoro devi essere amico o figlio o
parente di qualcuno. Il merito scompare, non serve a nulla, la preparazione e
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perch lorario in fabbrica era uguale per tutti, le pause pure, si andava in
ferie tutti assieme quando ad agosto lazienda chiudeva. Poi cambiato tutto.
I grandi luoghi di aggregazione non ci sono pi, i bisogni hanno subto una
profonda diversificazione, difficilissimo tenere insieme con le rivendicazioni
tutti i lavoratori, difficile tenere insieme anche lavoratori impiegati nello
stesso territorio, nello stesso settore, nella stessa azienda. Il contratto nazionale a quel punto entrato in crisi. Il primo campanello dallarme stato la
Marcia dei Quarantamila.
Perch?
Perch in quel momento apparso chiaro che pur lavorando nella stessa fabbrica, i lavoratori non avevano pi i medesimi interessi e, quindi, non esprimevano pi una identica categoria di bisogni. Quelli che marciavano ci
dicevano che le rivendicazioni di cui eravamo portatori riguardavano una
parte della fabbrica, diciamo le avanguardie. Io la seguii quella marcia. Accaddero diverse cose significative. Tanto per cominciare, alcuni membri dei
consigli di fabbrica cominciarono a polemizzare, anche molto vivacemente,
con quelli che manifestavano. Poi vennero sollevati dubbi sul fatto che fossero
realmente quarantamila. Per fortuna abbandonammo prestissimo quella diatriba contabile perch laspetto pi rilevante della vicenda non era nei numeri
ma nel significato politico.
Qual era il significato politico?
Che non cerano pi rivendicazioni in grado di tenere unito un universo lavorativo che si era frammentato. Ad esempio: laumento uguale per tutti. Era
una scelta che poteva soddisfare alcuni, altri, per inseguivano la soddisfazione professionale. Gli aumenti in busta-paga funzionavano quando tutte
le aziende andavano bene ma nelle realt in crisi le rivendicazioni erano inevitabilmente diverse.
Da queste riflessioni nacque il sindacato dei cittadini.
S. Avevamo davanti un interrogativo a cui dare una risposta: come ricomporre
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costosi. Non esiste pi la societ protettiva dei bei tempi quando al fianco
del sindacato scendevano in piazza il vescovo e il sindaco. Poich lobiettivo
non mi pare sia pi lannientamento del capitalismo, allora bisogna percorrere la strada della collaborazione. Su alcune tematiche la conflittualit rester, su altre, invece, no. Sulla ripartizione degli utili le divisioni resteranno
patologiche ma sullefficienza e la competitivit si potr trovare un accordo
su cui realizzare non solo incrementi salariali ma anche irrobustimenti dei
livelli occupazionali. Io penso che il sindacato debba puntare oggi a realizzare
qualcosa che assomigli a quanto previsto dallarticolo 46 della Costituzione
o debba provare a importare in Italia sistemi che hanno funzionato nei paesi
del Nord del continente rivendicando, costruendo e partecipando a organismi di controllo che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi per i quali
stata richiesta la collaborazione dei lavoratori.
Pensi che gli imprenditori italiani sarebbero disponibili a battere questa strada?
C una parola che usa spesso Sergio Marchionne e che fa al caso nostro: esigibilit. Solo che la esigibilit di cui parlo io bilaterale, quella di cui parla
lui unilaterale, almeno nella versione italiana perch negli Stati Uniti si
comportato diversamente e ha accettato che lattuazione degli impegni assunti fosse sottoposta alla verifica del sindacato. Bisogna fare in modo che la
fabbrica sia efficiente: se lo , si espande, assume giovani, garantisce benefici
salariali. Deve cambiare la contrattazione. Il livello nazionale deve rimanere
per fissare i principi generali ma la parte sostanziale si deve realizzare in
azienda. Deve cambiare il rapporto con il Governo che un interlocutore
decisivo: Palazzo Chigi che fa le riforme. Il confronto del sindacato con
lesecutivo andato avanti a zig zag. Ci sono stati momenti in cui il governo
ha accettato il fatto che le Confederazioni controllassero lattuazione degli
impegni assunti. Lesempio migliore e pi recente quello di Carlo Azeglio
Ciampi, quellintesa con lesecutivo da lui presieduto agli inizi degli anni Novanta consent al Paese di uscire dalle sabbie mobili creando le condizioni
per laggancio delleuro. Ora il sindacato stato messo ai margini. Il governo
tecnico presieduto da Monti, ad esempio, aveva una visione veramente anti-
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finiremo, dunque, esattamente come Grecia e Spagna e avremo il commissariamento totale dopo averne subto uno a met. La nostra funzione in Europa
non pu essere solo quella di fare il compitino (altra frase ripetuta troppo
spesso: fare i compiti a casa), dobbiamo, invece, lavorare seriamente per trasformare lUnione in un soggetto politico.
Gli attacchi forsennati di Silvio Berlusconi alla Merkel rendono difficile
una riflessione sugli errori che pure la Germania ha compiuto: il rischio
di essere tacciati di populismo fortissimo. Eppure un dato che i tedeschi
abbiano ottenuto un vantaggio concorrenziale notevole sul terreno delle
esportazioni grazie al basso costo del denaro. Joschka Fisher sempre nellintervista richiamata nel capitolo precedente, ha affermato: Sarebbe una
tragica ironia se la Germania unita, con mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dellordine europeo una terza volta. Eppure
il rischio proprio questo. Laccusa di egoismo rivolta alla Germania
fondata?
Ho limpressione che alla base dei problemi di rapporto tra la Germania e i
Paesi del Sud dellEuropa non ci siano solo i vantaggi concorrenziali che pure
i tedeschi hanno avuto. Ci sono i pregiudizi. I paesi mediterranei vengono
visti in Germania come cicale che negli anni passati hanno speso ben al di
l delle loro possibilit, dilapidando scioccamente risorse. Quando sei animato da un pregiudizio alla fine commetti degli errori. Vorrei perci concedermi una lunga citazione. Helmut Schmidt stato cancelliere a lungo, ha
fatto la storia del suo Paese e della Spd, un testimone al di sopra di ogni sospetto. In un articolo apparso sul Sole 24Ore ha compiuto una analisi lucidissima che vale come pro-memoria per Angela Merkel e, in generale, per
i leader europei e per le stesse istituzioni dellUnione. Ha scritto: Non siamo
sufficientemente consapevoli che la nostra economia (della Germania, n.d.a.)
fortemente integrata nel mercato europeo ed anche largamente dipendente dalla congiuntura mondiale. Andremo perci incontro a un rallentamento della crescita delle esportazioni tedesche. Allo stesso tempo assistiamo
a uno squilibrio nel nostro sviluppo a fronte di una persistente e massiccia
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eccedenza della bilancia commerciale e delle partite correnti. Queste eccedenze rappresentano il 5 per cento del Pil Tutte le eccedenze sono in realt
deficit per gli altri. I crediti che abbiamo verso gli altri sono i loro debiti.
una incresciosa lesione dellequilibrio nei rapporti economici con lestero
che un tempo abbiamo elevato a ideale di legge. Questa infrazione preoccupa
i nostri partner europeiIn diverse capitali europee cresce lansia nei confronti di un dominio tedesco La posizione centrale che la Germania occupa
dal punto di vista geo-politico, linfausto ruolo assunto nel corso della storia
europea fino alla met del XX secolo, il rendimento attuale impongono a
ogni governo tedesco di immedesimarsi negli interessi dei partner europei e
di mostrarsi pronto a offrire aiuto Noi tedeschi abbiamo buone ragioni per
essere riconoscenti e abbiamo lobbligo di essere riconoscenti LUnione
Europea deve farsi carico di ci che uno Stato non in grado di regolare e
superare da solo Ci troviamo di fronte a uno scenario in cui alcune migliaia
di speculatori finanziari americani ed europei e qualche agenzia di rating
hanno preso in ostaggio i governi dEuropaSe gli europei avranno la forza
e il coraggio di portare a termine una drastica regolamentazione del mercato
finanziario, potremmo pensare di diventare a medio termine una zona di stabilit.Se fallissero il peso dellEuropa continuer a diminuire.
Schiacciati sotto il fardello dei luoghi comuni.
Prigionieri dei pregiudizi reciproci e dei conseguenti errori. I problemi della
Grecia si sarebbero potuti risolvere rapidamente invece sono stati fatti incancrenire. Non si dovevano imporre a Spagna e Italia politiche tanto recessive.
Dobbiamo riuscire a sconfiggere questo pregiudizio. Ma bisogna anche cercare di cambiare lEuropa e la sua percezione presso gli italiani. Se cerco di
spiegare razionalmente quanto sia importante per tutti noi questa Istituzione,
anche chi vota a sinistra fatica a capirrmi perch non riesce a intravedere i
vantaggi, non riesce a misurare i benefici delle scelte, anche molto dolorose,
che sono state imposte. Berlusconi penso sia un problema in via di (lenta)
soluzione anche se come uomo politico ha dimostrato di avere sette vite come
i gatti e la conferma venuta dalle elezioni politiche del 24 febbraio 2013.
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non esistono, le condizioni di lavoro non sono certo quelle dei paesi europei,
lo sfruttamento dellambiente sino ad ora stato senza limiti con conseguenze a tutti note e soprattutto preoccupanti per il futuro del pianeta. Ma
proprio questo mutamento del quadro internazionale, dovrebbe indurre le
organizzazioni dei lavoratori a muoversi in maniera pi coordinata, a dotarsi
di strumenti sovranazionali.
Un vuoto da colmare?
Gli Stati le sedi internazionali le hanno: lOnu, lOrganizzazione Mondiale
del Commercio, lUnione Europea. Una forte organizzazione sovranazionale
dei sindacati o dei partiti a cui i sindacati e i lavoratori tendono a fare riferimento, nella realt non esiste. Un tempo cerano. Pensiamo alle varie Internazionali sindacali. Non ho nostalgia per il passato, ma noi oggi ci
confrontiamo con una finanza che ha una sua internazionale, che ha luoghi
di incontro, di organizzazione delle idee e di condizionamento delle scelte
degli Stati. Noi non abbiamo nulla. Eppure avremmo bisogno di costruire
una posizione comune di fronte a problemi che nascono dalla trasformazione
della societ, davanti a quello che con una parola chiamiamo progresso. Lassenza di un coordinamento delle politiche sindacali la vivo con grande sofferenza. Eppure nel passato lavorando insieme, superando i confini, abbiamo
condotto battaglie e ottenuto risultati, penso allazione che abbiamo sviluppato dopo il golpe di Pinochet in Cile o alle iniziative intraprese nei confronti
della guerra nel Vietnam, Quando lEuropa ha cominciato a prendere forma,
Uil, Cgil e Cisl sono state tra i soci fondatori della Confederazione Sindacale Europea (era il 1973) nonostante la Cgil aderisse ancora alla Federazione
Sindacale Mondiale. Ora queste organizzazioni sovranazionali sono chiuse
in se stesse e non riescono a incidere nella realt.
Lappello di Carl Marx e Friedrich Engels stato raccolto e tradotto dal
mondo della finanza: Speculatori di tutto il mondo unitevi.
Sicuramente loro si muovono nel mondo globalizzato con grande disinvoltura.
Ecco perch dico che il livello internazionale non pu essere abbandonato. Ri-
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peto, la nostalgia non produce nulla. Lo slogan dellusato sicuro per quanto
riguarda le vicende umane di cui stiamo parlando va modificato: il sindacato
di ventanni fa sarebbe un usato insicuro. Ma non si possono chiudere gli occhi
di fronte al fatto che dai lavoratori di tutto il mondo unitevi si passati ai
lavoratori di tutto il mondo disunitevi. La globalizzazione ha prodotto leffetto di mettere i lavoratori di un paese contro quelli di un altro paese e i sindacati vanno in ordine sparso. Basta riflettere solo per un attimo sulla vicenda
Fiat: i sindacati italiani, americani, serbi, brasiliani, polacchi non hanno alcun
coordinamento, anzi battono strade diverse. Marchionne parla con Obama
con la Merkel, con Hollande, mentre negli anni passati con Obama ci avremmo
parlato anche noi. Il sindacato italiano fatica addirittura a confrontarsi con
lomologo americano. E daltro canto non riusciamo a condizionare neanche
il governo italiano.
A cosa ti riferisci?
Quando Marchionne ha detto che se avesse dovuto riportare in fabbrica i diciannove operai iscritti alla Cgil che avevano vinto la causa di reintegro avrebbe
dovuto provvedere a metterne in mobilit altrettanti, non una voce si alzata
dallesecutivo presieduto in quel momento da Mario Monti che successivamente
pure andato in visita pastorale a Melfi (dove poi scattata la cassa integrazione)
preoccupandosi di farsi immortalare dalle telecamere e dai fotografi accanto allamministratore delegato della Fiat.
N parte, n super-partes, decisamente controparte...
Immagino quello che avrebbero fatto Brodolini e Donat Cattin e senza andar
molto indietro nel tempo, penso a quello che avrebbe fatto Rino Formica che
nel 1989 sped in tutti gli stabilimenti della Fiat gli ispettori del lavoro e convoc
a Roma Giovanni Agnelli e Cesare Romiti per chiedere conto delle accuse di
attivit antisindacale e comportamenti intimidatori, sui problemi della salute.
In qualit di testimone and a deporre a Torino davanti al pretore Guariniello
che sul caso aveva aperto una inchiesta. I celebrati tecnici, invece, hanno preferito una linea ispirata a quella di un pioniere del liberismo, Vincent de Gournay:
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Laissez faire, laissez passer. E, infatti, Monti ha lasciato passare qualche giorno
e si presentato a Melfi come se nulla fosse accaduto, per il vernissage della
sua campagna elettorale. I tempi cambiano.
Parlavi prima del modello contrattuale: sei convinto che il centro di gravit
vada spostato, dalla sede nazionale alla periferia?
S. Il centro di gravit deve privilegiare il posto di lavoro. A livello nazionale
si possono definire le condizioni salariali minime, le garanzie generali, ma
poi inevitabile che flessibilit, straordinari, turni di lavoro, regole contro
lassenteismo debbano essere messe a punto laddove si svolge lattivit, che
pu essere la fabbrica, lufficio, lazienda privata o quella pubblica.
Eppure voi siete stati i campioni del contratto nazionale.
I tempi sono cambiati. Allora era pi facile fissare delle linee generali valide
per tutti e, comunque, anche noi avevamo introdotto delle varianti per le
piccole e medie aziende. Le fabbriche avevano dimensioni decisamente
grandi e la contrattazione nazionale veniva arricchita con quella integrativa.
Ora il tessuto industriale italiano composto prevalentemente da aziende
di piccole dimensioni, ci sono i Distretti in cui si concentrano determinate
produzioni. Nel 69 era pi facile fissare degli orari che valessero un po
ovunque, fatte salve le fabbriche a ciclo continuo e integrato Eppure
quando pi tardi provammo a inserire la novit del sei per sei, sei giorni
lavorativi di sei ore, sabato compreso, non riuscimmo a gestirla. Ma ora la
gran parte dei benefici legata alla produttivit e alla flessibilit e queste
cose le puoi governare in azienda o sul territorio. Bisogna superare certe
rigidit dapproccio.
Con quale obiettivo?
Dobbiamo lavorare per mantenere lunit di classe, di una classe che ha cambiato fisionomia e probabilmente si ampliata, ma questa unit non la consolidi nella lotta perch la frammentazione del mondo del lavoro impedisce
lindividuazione di obiettivi totalmente comuni: ci che va bene a un operaio
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che lavora in una fabbrica a Torino pu non andare bene a uno che lavora
in una fabbrica a Taranto, ci che va bene a un lavoratore inserito in una realt aziendale economicamente florida pu non andare bene a un lavoratore
che deve, invece, provare a salvare il posto perch lazienda in crisi. Durante
lAutunno Caldo la situazione era diversa. Tutte le fabbriche godevano ancora del vento favorevole del Miracolo Economico, erano pi o meno tutte
in espansione. Alla fine avevamo quasi tre livelli di contrattazione: il contratto nazionale, la scala mobile e la contrattazione integrativa. Poi accaduto
che il sindacato sia stato scavalcato nel momento in cui la realt ha cominciato ad articolarsi: laddove cera produttivit o laddove non cera produttivit, i lavoratori hanno risolto i problemi da soli, mantenendo il confronto
tra le quattro mura dellazienda. Il contratto dei metalmeccanici nel 69 rappresent una svolta epocale. Ora non riesci pi ad avere qualcosa di simile
tanto vero che gli ultimi contratti di categoria sono stati firmati senza lasciare strascichi storici.
Basta questo decentramento?
No. Ci sono alcuni temi su cui lo sforzo pu essere comune, lavoratori e datori di lavoro, e linterlocutore un terzo soggetto. Oggi si fa un gran parlare
di alleggerimenti fiscali sugli aumenti legati alla produttivit. Benissimo, ma
il fisco non lo disciplina n il sindacato n il datore di lavoro. Lo decide il
Governo. un obiettivo, quello di una riforma fiscale che finalmente cominci a premiare la produzione e non la rendita, su cui lavoratori e datori di
lavoro possono marciare insieme per convincere il governo a cambiare politiche. Poi interlocutori terzi si possono individuare a livello locale. Penso
a un atteggiamento comune nei confronti dei sindaci e dei governatori regionali per risolvere quei problemi che condizionano negativamente lattivit
produttiva in una determinata area. La realt che oggi non si pu risolvere
tutto con il contratto nazionale.
Una diversificazione di ruoli e di aree di intervento: il contratto nazionale
come una sorta di Costituzione che fissa principi alti, il contratto aziendale
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IL LAVORATORE RITROVATO
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Gennaio 1983, Vincenzo Scotti realizza con Giorgio Benvenuto, Luciano Lama,
Pierre Carniti e Vittorio Merloni un accordo sulla politica dei redditi che
La Discussione vede come un grande esercizio di equilibrio
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evidenziato tali limiti. Ognuno ha partecipato nel modo che riteneva pi opportuno, alcuni hanno scioperato, altri no. Non certo questa la strada per
essere un vero interlocutore politico.
Insomma, domina limmobilismo.
Appunto. Nel passato il sindacato, nei numeri, forse era anche pi debole
ma riusciva a incidere, contava. Ora conta in Germania, conta in America
dove Obama per essere rieletto si appoggiato enormemente ai sindacati
dellautomobile essendo intervenuto con grande determinazione per salvare quel settore produttivo, per salvare Detroit. Ora dir una cosa un po
forte, provocatoria, ma si tratta di una metafora che d lidea della situazione. Il sindacato rischia di diventare come lAci: diciotto milioni di iscritti
e una attivit silenziosa rispetto ai problemi veri dellautomobilista, gli aumenti continui della benzina, delle tariffe autostradali, delle assicurazioni;
produce statistiche, belle pubblicazioni ma dalle questioni che lassociato
vive sulla propria pelle e sul proprio portafoglio assente. Tutto questo
non regge. Io penso che la crisi sia drammatica e abbia aumentato la domanda di socialismo. Ma in un mondo complesso anche domande che sembrano semplici sono articolate. Un tempo al sindacato si chiedeva pane e
lavoro, ora le richieste sono pi sofisticate: welfare di qualit, valorizzazione
della professionalit, rispetto della persona.
Vedi una evoluzione politico-culturale in atto?
Stiamo smaltendo la sbornia liberista promossa dalla Thatcher e da Reagan,
la deregulation ha dimostrato che senza regole il mondo non funziona. Il
socialismo che sembrava finito , invece, vivo e vitale in Europa. La conferma viene dalle elezioni francesi, dalla rielezione di Obama che pure
espressione di unaltra storia politica ma figlio di quella famiglia liberal
di cui parlava Krugman con un capostipite come Roosevelt che, peraltro,
ai suoi tempi dagli americani agiati, dai privilegiati della Gilded Age, veniva
visto come un pericoloso socialista, un irrecuperabile statalista tanto vero
che lui in un famoso discorso del 1936 rispose alle critiche in maniera
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molto semplice: Lunico Stato che va bene ai liberisti lo Stato che non
fa nulla. I partiti socialisti europei hanno attraversato momenti di crisi
ma davanti a queste crisi i gruppi dirigenti si sono messi in discussione. E
questo discorso vale ancora di pi in Italia dove non abbiamo un partito
che si richiami direttamente al socialismo, un partito che lavori per riportare leconomia al servizio delluomo. Socialisti tedeschi e francesi non si
pongono lobiettivo di andare al governo, si pongono lobiettivo di governare. Poi in un partito puoi avere posizioni pi chiassose, pi agitatrici.
Dovremmo imboccare quella direzione.
Invece?
Invece in Italia abbiamo pensato bene di risolvere il problema della fine della
Dc con questa fusione fredda che ha portato alla nascita del Pd, un partito
prudentissimo sui diritti civili, che misura le virgole quando deve affrontare
tematiche di carattere sociale. Per i fatti dimostrano che in Italia sempre
forte il desiderio di ricostruire un partito popolare che faccia riferimento o
a quello europeo o alla storia migliore della vecchia Dc. Ma altrettanto forte
il bisogno di creare una forza politica che si richiami alle grandi socialdemocrazie europee. La domanda di socialismo va intercettata. E lo stesso discorso
vale per il sindacato. Tanti anni fa le Confederazioni dovevano combattere
per conquistare spazi; ora gli spazi ci sono e ci sono tutte le condizioni perch
le organizzazioni sindacali siano uno strumento della governabilit del Paese.
Ma devono essere protagoniste in un discorso di progresso civile dellItalia,
di trasformazione di un mercato che torni a rispettare la dignit della persona. La base di partenza del sindacato buona: ha una grande autonomia
finanziaria, pu fare da solo, pu non dipendere da nessuno; nel gestire i
servizi ha dato dimostrazione di grande efficienza, ha confermato di poter
maneggiare materie ostiche come il fisco. Ma queste condizioni di partenza
buone devono indurlo a investire, ad esempio sulla formazione.
In quale maniera?
Le scuole del sindacato, un tempo, erano straordinarie. La Confindustria
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ha una sua universit, perch mai i sindacati non devono avere un universit del lavoro? Bisogna investire sulla comunicazione. Con quello che spendono Uil, Cgil e Cisl per pubblicazioni settimanali che non riescono pi a
incidere penso che si potrebbero fare grandi cose utilizzando il vasto armamentario dei new media e degli audiovisivi. Il sindacato non deve solo avanzare proposte ed elaborare idee ma deve anche promuovere confronti e
dibattiti. La Confindustria ci riesce organizzando grandi workshop, convegni, seminari. Una volta anche noi ne eravamo capaci. urgente tornare a
investire sulla ricerca e sulla documentazione. Per essere ascoltati non basta
pi la battuta in tv o il comizio. Dire: contro la crisi faccio lo sciopero generale equivale ad assumere lo stesso atteggiamento di coloro che nei tempi
delle pestilenze organizzavano processioni. giusto fare grandi manifestazioni ma non su obiettivi generici o su denunce che cadono nel vuoto perch non hai soluzioni per risolvere i problemi. Il sindacato deve fare
proposte: a fronte della freddezza del tecnicismo, del semplicismo liquidatorio del populismo e del pressappochismo della politica, ha spazi enormi.
In questi ultimi anni abbiamo dilapidato risorse eccezionali, penso alle privatizzazioni che hanno prodotto scarsi benefici e avuto lunico effetto di
sostituire ai vecchi, nuovi monopoli. Le Partecipazioni Statali sono state
smobilitate a furor di popolo. Abbiamo smantellato anche aziende che funzionavano. Per anni abbiamo parlato delle Cattedrali nel deserto: ora le
cattedrali non ci sono pi, rimasto solo il deserto.
C un dato reso pubblico dallIstat che illumina la nostra condizione di
arretratezza. A fronte di una spesa media europea per la ricerca del 2,01
per cento del Pil, lItalia spende l1,26 per cento, contro il tre per cento di
Germania e Austria e, soprattutto, loltre tre per cento di Finlandia, Svezia
e Danimarca che, non a caso, alla crisi hanno retto meglio. Il dato costante da anni e la cosa pi curiosa che in quella percentuale gi bassa la
quota dei privati, delle aziende minoritaria. Cesare Romiti ha affermato
nel suo libro La storia segreta del capitalismo italiano (Longanesi): Linnovazione la cosa pi rischiosa e meno divertente che ci possa essere. Oggi
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gono: Non pi nelle condizioni italiane: siamo ormai abituati a essere valutati solo sul merito, e se lasciamo un posto ne possiamo trovare un altro
solo mettendo in evidenza quel che sappiamo fare. Non siamo abituati alle
segnalazioni o peggio. Alla fine del 2012 scomparsa una scienziata straordinaria, Rita Levi Montalcini: la comunit ebraica romana le ha intitolato
lospedale israelitico. Una decisione meritoria ma forse la maniera migliore
per celebrarne la grandezza sarebbe quello di difendere i talenti italiani,
creando le condizioni per non farli andare via. Oppure stanziando a favore
del suo centro di ricerca lEbri (European Brain Research Insitute) i fondi
necessari per vivere dignitosamente cio tre milioni allanno, e non solo
quelli per sopravvivere indecorosamente, cio ottocentomila euro.
Rita Levi Montalcini aveva un rapporto speciale con la Uil. Quando io ero
segretario della Confederazione e Silvano Miniati guidava la federazione dei
pensionati, lei veniva ai congressi. I nostri iscritti rimanevano affascinati.
Spiegava che un cervello tenuto in allenamento rallenta il tempo, attutisce
let che avanza, ostacola linvecchiamento. S la maniera migliore sarebbe
proprio quella. Invece i dati dellIsmu (Iniziative e Studi sulla Multietnicit,
n.d.a.) spiegano che nel 2011 il saldo tra italiani che sono partiti e stranieri
che sono arrivati stato positivo per i nostri connazionali: cinquantamila
contro ventisettemila. E la nostra una emigrazione fortemente scolarizzata,
laureati che vanno alla ricerca di occasioni armati di master, lingue straniere
e curricula.
Vorrei aprire una parentesi visto che prima ho citato Cesare Romiti e
lAspen Insitute che si definisce una organizzazione finalizzata a incoraggiare le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo. La sezione
italiana presieduta da Giulio Tremonti. Sar che questa concezione aristocratica della selezione (chi decide quali sono le leadership illuminate, i
valori e le idee senza tempo?) sollecita attacchi di orticaria, ma forse venuto il momento di mettere un po dordine nelle parole come dicevi qualche pagina fa proprio tu. Una tragica confusione stata fatta tra liberale e
liberista. Le due cose non sono propriamente sinonimiche. John Maynard
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giandosi alle parti sociali e fece quellaccordo che indicava obiettivi, tempi
per raggiungerli e sedi per controllarne il raggiungimento. Quellintesa non
ha sviluppato tutte le potenzialit, ed erano enormi, perch nel 94 arrivato
Berlusconi e poi quando Berlusconi stato sostituito da Prodi la coalizione
di centro-sinistra che lo reggeva stata obbligata a fare i conti con la sua ala
radicale venendo paralizzata sulla questione delle 35 ore, una riduzione
dellorario di lavoro che nemmeno in Francia che fece da apripista sotto la
spinta di Martine Aubry, ha avuto un gran successo. Oggi molti sono portati
a sostenere che i nostri problemi nascono dal non esserci dotati di una legge
sul conflitto di interessi e dal non aver realizzato la riforma della seconda
parte della Costituzione. Ma non vero: i nostri problemi sono il frutto dellattuazione parziale della concertazione avviata da Ciampi. Poi, con il ritorno
di Berlusconi al governo nel 2001 arrivato il Patto per lItalia che non ha
prodotto risultati perch mancata, quando non stata contraddetta, la sua
attuazione.
Pensi che se la concertazione di Ciampi avesse pienamente dispiegato i suoi benefici effetti, allappuntamento con la crisi lItalia si sarebbe presentata in condizioni migliori?
Come si suol dire, la storia non si fa con i se e con i ma. Una cosa per
certa: peggio di come andata non poteva proprio andare. Il progetto di
Ciampi aveva una sua organicit. Sono convinto che avremmo fatto una riforma seria, equa e meno dolorosa delle pensioni, avremmo trasformato in
maniera pi logica il mercato del lavoro, avremmo aggiornato intelligentemente la contrattazione. Davanti a noi avevamo una strada tracciata. Invece
siamo andati fuori strada ma... senza la Jeep che costruisce Marchionne.
Forse alla base di tutto c la formazione culturale di Carlo Azeglio Ciampi:
in un Paese di individualisti che pensano al particolare, Ciampi in tutti i
ruoli che ha ricoperto ha rappresentato la figura pi nobile del civil servant.
Guarda, la valutazione molto semplice: stato un grande Presidente del
Consiglio, un bravo ministro delleconomia e un ottimo Presidente della Re-
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pubblica. Aveva un rispetto straordinario del movimento sindacale, lo considerava per quel che realmente era, un soggetto riformista, non lo confondeva con gli agitatori di professione. qui la differenza con Monti, il
prototipo di tecnico di questi tempi confusi e stravaganti. Ecco, al contrario
di Ciampi, Monti nei confronti del sindacato ha avuto un atteggiamento preconcetto, carico di pregiudizi.
Eppure molti a sinistra lo hanno accolto come una sorta di nuovo messia.
Capita, alla sinistra, di incorrere in errori di valutazione e sulla base di questi
errori concedere vaste aperture di credito. avvenuto con Paolo Fresco che
aveva il solo compito di portare la Famiglia Agnelli fuori dallauto, con Sergio
Marchionne che vedevano con il maglioncino bl e tra gli operai in mensa
e lo immaginavano come un esempio di manager democratico, infine con
Monti che non si mai nascosto, non ha mai fatto mistero degli interessi di
riferimento, ha sempre avuto una sua coerenza intellettuale e pratica. Marchionne un manager sovranazionale, lui vive nel mondo, non ha radicamenti, fedele solo ai suoi interessi, non ha una visione romantica delle
cose. Monti ha illustrato in tutte le salse il suo orizzonte ideologico. In molti
si sono stupiti del consenso che la Chiesa gli ha tributato. Ma non casuale
che una tra le pi belle e concrete interviste da Presidente del Consiglio,
Monti labbia rilasciata allOsservatore Romano. La Chiesa sceglie i suoi
alleati in base alle opportunit, essendo la sua bussola il realismo. Inevitabilmente ha punt su Monti come interlocutore.
Le difficolt in cui oggi si imbattono le organizzazioni sindacali italiane non
diminuiscono in nulla limportanza dei mutamenti intervenuti entro di esse:
i progressi della democrazia interna, il decentramento delle decisioni, lautogestione delle lotte, la volont di modificare le condizioni di lavoro e di
stabilire un controllo sulla gestione delle imprese, la ricerca di una maggiore
eguaglianza tra i salariati E lavanzata italiana ha influenzato numerosi sindacalisti in ogni parte del mondo e, in primo luogo, il sindacalismo francese. Il riconoscimento risale a trentatr anni fa. Luomo che sviluppava
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queste analisi in un libro intitolato Sette sindacati per sette paesi (Laterza)
Gilles Martinet, giornalista e dirigente del Psf allepoca di Franois Mitterrand. Il bisogno di trasformazione e di modernizzazione (ma non nel senso
liberista) un elemento caratterizzante dellazione del sindacato e il suo riferimento al socialismo finisce quasi per essere un inevitabile corollario.
La storia del sindacato italiano ha attraversato varie fasi. Prima siamo stati
divisi o eravamo semplice cinghia di trasmissione. LAutunno Caldo ci ha
fatto superare questa condizione innalzando il nostro livello di autonomia
come sottolineava Martinet. Poi arrivata la crisi petrolifera e il terrorismo.
Ciononostante siamo riusciti a conservare un forte autonomia. Poi a partire
dalla met degli anni Ottanta le situazioni sono cambiate. Certo, per la questione della scala mobile. Ma non solo.
Cosa intendi dire?
Lungi da me lintento di esprimere giudizi sulle persone. Le personalit sono
figlie delle fasi storiche e di determinate fasi storiche certe personalit sono
quasi la diretta conseguenza. Per, al di l della scala mobile e delle divisioni
che ne seguirono, penso che gli addii alla segreteria della Cisl di Pierre Carniti
nel 1985 e di Luciano Lama a quella della Cgil nel 1986 abbiano accresciuto
le difficolt. La crisi che si apr sulla scala mobile provoc nel sindacato
unonda lunga che port anche al ricambio dei gruppi dirigenti. Oggi la
divisione che indebolisce il sindacato. E lultimo colpo alla coesione stato
inflitto dal bipolarismo.
Sotto alcuni aspetti una stranezza: il bipolarismo una forma di confronto
politico estremamente semplificata, il sindacato in questa semplificazione
si sarebbe potuto riappropriare di uno spazio di manovra, avrebbe potuto
pensare a fare solo ed esclusivamente il sindacato visto che i partiti di riferimento erano esplosi o implosi. Insomma, avrebbe potuto gestire la sua
partita sul terreno di gioco pi congeniale. O no?
No, perch il bipolarismo italiano ha una particolarit: unarea di centro che
ha impedito a questa sistema di trovare nella realt la sua forma pi classica,
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definita. Unarea di centro che presente nel sindacato. E, daltro canto, Sergio DAntoni quando ha lasciato la segreteria della Cisl ha fondato un partito
che andato a collocarsi in quellarea; alle vicende politiche oggi partecipa
Raffaele Bonanni con locchio rivolto sempre in quella direzione. Il nostro
un bipolarismo zoppo. Quello vero postula di stare o di qua o di l; in Italia
si un po di qua e un po di l, si , insomma, dappertutto. Il sindacato in
queste condizioni non riesce a incidere sulle dinamiche politiche e un sindacalista conquista un ruolo in quellambito solo quando lascia la Confederazione e viene eletto in Parlamento. Le organizzazioni dei lavoratori, peraltro,
hanno perso anche un altro ruolo: nella Prima Repubblica erano pure macchine elettorali, oggi non pi.
Anche perch, come ha spiegato Donald Sassoon, il voto dei lavoratori nei
confronti dei partiti di sinistra molto pi volatile del consenso delle classi
agiate nei confronti dei partiti conservatori o di destra. Qui, per, vorrei
tornare alla tua affermazione in base alla quale la domanda di socialismo
in questo momento in aumento. In realt, in un passato piuttosto recente, il socialismo era considerato un reperto archeologico. Alain Touraine nel 1989 proclamava senza troppi arzigogoli: Le socialisme est
mort. Ralph Dahrendorf non gli era da meno, sempre nel medesimo
anno: Occorre dichiarare senza possibilit di equivoci che il socialismo
morto e che nessuna delle sue varianti pu essere riportata in vita per un
mondo che va risvegliandosi dal doppio incubo dello statalismo e del breznevismo. Ma la dichiarazione pi sorprendente stata quella di Sir Anthony Giddens, in pratica lideologo di Tony Blair, risale al 94: Forse
lidea di seppellire il socialismo diventata realt.
Sono convinto che queste dichiarazioni di morte derivino dalla confusione
che in quegli anni veniva fatta tra socialismo e comunismo. C stata, in
quella fase in cui tante certezze sono crollate, la tendenza di molti che provenivano dallesperienza del Pci a cancellare di colpo tutto. Achille Occhetto,
ad esempio, pensava che si dovessero archiviare tanto il comunismo quanto
il socialismo. Ma avevano torto perch il socialismo ha saputo fare i conti
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con una realt in pieno cambiamento, si confrontato in maniera conflittuale con il liberismo. Anzi, il liberismo entrato in qualche misura in crisi
dopo la caduta del comunismo. Reagan e la Thatcher si sono politicamente
affermati proprio come contraltari del comunismo, hanno contribuito a farlo
cadere anche se il colpo decisivo arrivato dal Papa, Giovanni Paolo II, e
dagli integralismi religiosi che in quegli anni stavano sorgendo. Era il periodo
della rivoluzione degli Ayatollah guidata da Khomeyni. significativo che i
paesi africani che sino al crollo di Mosca avevano fatto riferimento al blocco
comunista, dopo si siano avvicinati allIslam. Quando cominciarono i fatti
di Danzica, io ero in Cina. Raccontai ai cinesi che nel 1980, con Lama e Macario, avevo avuto un incontro con i dirigenti sindacali sovietici. Raccontai
che mi avevano chiesto con una certa curiosit del papa polacco. Erano colpiti da questo fatto. Ed erano colpiti da Khomeini. Avevano capito che a
quel punto non dovevano pi far fronte al capitalismo ma a qualcosa che
dal loro punto di vista aveva i caratteri dellirrazionalit.
Conclusione?
il comunismo che muore e che induce Touraine, Dahrendorf e Giddens a
pronunciare quelle frasi. Quegli anni andrebbero riletti con una certa attenzione. Le posizioni di Wojtyla erano estremamente conservatrici sul versante
della dottrina ma dal punto di vista economico erano decisamente critiche
anche nei confronti della Thatcher e dopo la caduta del comunismo Giovanni Paolo II ha alzato sempre di pi i toni della sua polemica contro il capitalismo. Cos facendo diventato anche uno stimolo per i socialisti, li ha
aiutati, inconsapevolmente, a superare quella fase di crisi, a organizzare nuove
idee in grado di impedire la confusione tra socialismo riformista e comunismo reale. Non si capirebbe altrimenti perch dopo siano nati i governi di
Blair e Schroeder. Questo potente ritorno dei valori religiosi, le polemiche
contro il capitalismo, la spinta dei nazionalismi, processi favoriti dallatteggiamento della Chiesa e dei monoteismi, hanno indotto i socialisti a riflettere
sui problemi delle persone, sulla dignit umana. Dato per morto, il socialismo tornato di nuovo protagonista svecchiandosi; non ha rinnegato il suo
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movimento sindacale nel suo complesso ci sono stati momenti di cambiamento, dalla svolta di Di Vittorio, dal Piano del Lavoro, allAutunno
Caldo, al sindacato dei consigli, ora siamo in una fase di stimolante trasformazione. Va colta perch si tratta di una grande opportunit. miope
affermare che il sindacato finito. Le organizzazioni dei lavoratori hanno
avuto e hanno ancora un ruolo in questo Paese. Importante. Un piccolo
ricordo: quando nacque il quotidiano la Repubblica lintestazione delle
pagine economiche era: Economia e Sindacato. Poi hanno cancellato una
parola: Sindacato. Penso che dovranno rimetterla. Non sono malinconico,
anzi sono estremamente ottimista ma bisogna cogliere le opportunit.
stato talmente fallimentare il governo delle democrazie occidentali orientato dagli interessi della finanza e sono state cos aberranti le conseguenze,
che qualcosa dovr per forza avvenire.
Restando sempre sul Labour, ti leggo da Modernit Liquida (Laterza)
questa riflessione di Zygmunt Bauman, vero e proprio ideologo di Ed Miliband: I passeggeri della nave capitalismo pesante erano sicuri (non sempre a ragione) che i membri scelti dellequipaggio cui era stato concesso il
diritto di salire sul ponte di comando avrebbero portato la nave a destinazione I passeggeri dellaereo capitalismo leggero, per contro scoprono
con orrore che la cabina di pilotaggio vuota e che non c verso di estrarre
dalla misteriosa scatola nera con letichetta pilota automatico alcuna informazione su dove stia andando, dove atterreranno, chi sceglier laeroporto e se esistano regole che consentano loro di contribuire a un
atterraggio sicuro. Concordi?
una immagine affascinante, che rispecchia la realt, che illustra perfettamente il passaggio da una societ che con la sua concretezza dava pi sicurezze
a una societ impalpabile, mobile, indistinta e, quindi, con meno punti di
riferimento e pi incertezze, zone dombra. Prima si remava sicuri nella stessa
barca. Poi a un certo punto ci hanno tolto i remi e adesso non sappiamo
dove stiamo andando. Stiamo naufragando.
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Ma dato che larea dellevasione ancora molto vasta, allora vuol dire che
qualcosa mancato. Cosa?
Tanto per cominciare, lefficacia di una battaglia come questa aumenta se
oltre a snidare i contribuenti infedeli, prevedi dei premi per quelli fedeli. Insomma, i soldi recuperati con la lotta allevasione non possono finire tutti
nel pozzo senza fondo del debito pubblico, una parte deve servire per riequilibrare il carico fiscale. In questa maniera costruisci un vincolo sociale, un
alleanza. In secondo luogo, le regole per combattere levasione e ridurre lelusione devono essere rispettose delle norme dello statuto dei contribuenti. Lo
Stato deve muoversi con correttezza: non puoi dare a intendere che solo il
cittadino-contribuente ha dei doveri, devi riconoscere che qualche dovere lo
ha pure lAmministrazione. Inoltre, penso che si debba fare uso di un linguaggio appropriato. Lo Stato non deve far sentire tutti criminali perch non
tutti lo sono. giusto combattere levasione ma non devi considerare tutti a
priori degli evasori, devi tenere a mente che in tanti pagano sino allultimo
euro e non evadono. Anzi lo Stato dovrebbe sempre ricordare che c una
vasta categoria di cittadini che paga troppo. Infine, bisogna concentrare gli
sforzi laddove c la polpa.
Cio?
Sui paradisi fiscali si fatto veramente troppo poco. A cominciare dalla Svizzera. Si parla tanto di unItalia che grazie a Monti ha recuperato il prestigio
perduto. Il recupero del prestigio non lo misuri a parole ma nel confronto
con i partner: se l immagine, se l autorevolezza migliorata, allora perch
mai non siamo riusciti a concludere un accordo simile a quelli che la Germania e gli Stati Uniti, ad esempio, hanno fatto? Sulla finanza, sui giochi di
prestigio delle multinazionali e sui soldi portati allestero bisogna essere pi
determinati. Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate hanno le professionalit per scoperchiare i santuari; ci vuole solo la volont politica. Non pensabile che larea dellevasione sia cos vasta solo perch carrozzieri e
imbianchini non rilasciano la ricevuta fiscale. Per carit, c anche quello.
Per quellarea ampia perch su troppe operazioni finanziarie si chiudono
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gli occhi. Dobbiamo essere capaci di costruire rapporti positivi con i partner
europei. In questo momento, non vasta soltanto larea dellevasione ma
anche quella dellelusione. Daltro canto, i soldi si possono comodamente
occultare utilizzando le diverse leggi in Europa. E da questo punto di vista le
situazioni italiane sono veramente paradossali.
Perch paradossali?
Se io ho dei risparmi e mi compro un paio di case, lImu mi colpisce agevolmente. Attraverso la finanza, invece, posso ottenere straordinari benefici con
dribbling alla Van Basten. La Guardia di Finanza, lAgenzia delle Entrate e
la Consob hanno mezzi sufficienti per controllare. Ma il discorso va portato
in Europa, se necessario anche battendo i pugni sul tavolo perch questa
ricchezza che viene sottratta al nostro Paese. latteggiamento che deve cambiare, che deve essere pi convincente. E deve essere pi determinato perch
la pressione fiscale schizzata alle stelle. Vanno smantellati i santuari perch
in Italia i titolari di retribuzioni doro, di pensioni doro, gli evasori doro
sembrano godere di un diritto di extraterritorialit.
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un male?
Non lo sarebbe in assoluto, il fatto , per, che vengono chiamati non tanto
per il vero lavoro che svolgono, quello di sindacalisti, ma praticamente come
opinionisti. Per carit, lo stesso ruolo viene assegnato anche ai rappresentanti
dei partiti. Conclusione, viviamo in una democrazia che ha smarrito i terminali: parli genericamente del mondo del lavoro ma finisci spesso per non
essere a conoscenza dei problemi della gente.
Che fare in una situazione tanto complessa?
Bisognerebbe ritrovare la capacit di elaborazione ma, ad esempio, i nuovi
mezzi di comunicazione hanno solo parziale diritto di cittadinanza nel sindacato. La stampa delle Confederazioni ancora quella di trentanni fa ma
da allora tutto cambiato: alcune di quelle pubblicazioni possono andare
bene a uno come me che viene da unaltra generazione, ma non ai giovani.
Creare una radio non sarebbe difficile e anche dal punto di vista dellinvestimento limpegno non sarebbe proibitivo. Facebook, Twitter, la galassia dei
new media non vengono utilizzati in una misura adeguata ai tempi che
stiamo vivendo. Il sindacato, insomma, non si ancora impadronito delle
nuove tecnologie. Berlusconi, attraverso le televisioni, parla ai pensionati con
una facilit e una agilit che noi non abbiamo. Eppure, per molti anni, il
sindacato ha prodotto cultura, ha ispirato il cinema, la saggistica. Una condizione resa pi grave dalla divisione e dal frazionamento della rappresentanza. Per venti anni Cgil, Cisl e Uil ne hanno avuto il monopolio. Col
tempo le sigle si sono moltiplicate, lUgl ha conquistato una sua dignit. Ma,
ripeto, quel che fa male la divisione: va avanti da troppo tempo, da poco
pi di un decennio perch la frattura che si creata sul Patto per lItalia con
la Uil e la Cisl da un lato e la Cgil dallaltro, non mai stata sanata. E cos
torniamo alla questione iniziale: perch il lavoro uscito dalle agende? Perch
scarseggiano gli elementi di conoscenza.
Il sindacato dei Consigli ha rappresentato la pietra angolare del cambiamento avvenuto nella vostra azione, nel modo anche di stare assieme, in
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una certa fase storica. Ti leggo questo brano: Questa convinzione mi porta
a respingere le tesi interessate che predicono una crisi irreversibile dei consigli e che, in nome di una democrazia senza partecipazione, propongono
una normalizzazione del sindacato e un ripristino di vecchi metodi di direzione e di vecchi meccanismi di formazione del consenso. La strada per
uscire dalla crisi dei consigli e per andare a una tappa pi avanzata della democrazia sindacale ancora aperta davanti a noi. Potremmo usare oggi
queste parole, invece un tuo amico e compagno di lotta, Bruno Trentin, le
dett a Bruno Ugolini nel 1980 (Il Sindacato dei Consigli, Editori Riuniti). LAutunno Caldo che hai vissuto insieme a Trentin e a Carniti ha prodotto quella forma sindacale. E adesso? Come si va avanti? Per quale strada?
Il sindacato dei Consigli era figlio di quel tempo, promuoveva una idea di partecipazione che era nella logica di anni di grandi contestazioni e di grandi trasformazioni politiche e sociali. Ora le condizioni sono diverse e bisogna
modificare la struttura. Per evitare che si manifestino e si affermino forme di
corporativismo bisogna puntare sulla valorizzazione delle articolazioni regionali.
Perch?
Perch oggi molta politica si fa nei comuni e nelle regioni, istituzioni che intervengono sul territorio, sulle questioni sociali, sullambiente. Ma con quelle
istituzioni il sindacato non ha costruito rapporti. Eppure l si adottano scelte
che incidono sulla carne viva del Paese, sui cittadini. Faccio un esempio: il
comune di Roma ha praticamente triplicato negli ultimi tempi la pressione
fiscale. Mi sembra una questione rilevante sulla quale il sindacato deve e pu
mobilitarsi. In questo nostro paradossale Paese crolla il Pil ma si moltiplicano
le addizionali: a Brescia quella comunale pari a zero, altrove raggiunge lo
0,9 per cento. Poi, per, si parla di parit di condizioni. Bisogna dare forza
alle camere sindacali e alle strutture regionali, non devono pi erogare solo
servizi. In questa maniera possiamo ritrovare una capacit di azione e lavoro
sul territorio. E poi c unaltra questione.
Quale?
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alla Societ una struttura conforme alle rivendicazioni fondamentali del socialismo democratico. Abbiamo buttato via tempo e occasioni; abbiamo soprattutto evitato accuratamente di fare anche noi la nostra brava Bad
Godesberg. Ma se ancora oggi parli con qualcuno molto vicino alla cultura
del vecchio Pci, ti rendi conto che due questioni sono oggetto di demonizzazione: la scissione di Palazzo Barberini del 1947 e Bad Godesberg.
Probabilmente il vecchio Pci cercava la legittimazione per via indiretta, attraverso le alleanze, piuttosto che per via diretta, come avevano fatto i socialdemocratici tedeschi, ripensando al modo in cui una forza di sinistra
che non si ponesse lobiettivo di abbattere il capitalismo, potesse gestire
una societ complessa, industrializzata dentro un sistema basato sulleconomia di mercato.
Credo che si tratti anche di questo. Il problema della legittimazione lo aveva
risolto Craxi, ponendo una questione di leadership con tutti i problemi che
conosciamo. In molti che vengono dal Pci intravedo, per, la voglia di mimetizzarsi, sembra difettare in loro lorgoglio di essere di sinistra. Anche il
superamento del comunismo stato compiuto in una maniera particolare
che ha prodotto come effetto la scissione di Rifondazione e lirritazione di
molti dirigenti che in quella svolta non si sono ritrovati, non si sono sentiti
coinvolti. Io dico che adesso ci vorrebbe una Bad Godesberg che rimettesse
al vertice dellagenda politica di un partito di sinistra la questione del lavoro.
Poi s, certo, ci sono altre questioni, il conflitto di interessi, la giustizia, ma
prima di tutto, su tutto c il lavoro. Parafrasando Nenni, Travail dAbord.
mancato lo scatto verso lalternativa, quello scatto che i tedeschi hanno
avuto.
Loro al momento della elaborazione di quel programma si sono posti il problema di essere alternativi (non alleati) al partito in quel momento di maggioranza. Avevano capito che la societ stava cambiando anche se poi quasi
nessuno pensava che in cos poco tempo avrebbero raggiunto lautosufficienza. Tutto questo stato prodotto da Bad Godesberg e da due gesti alta-
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riformista, pi di quanto si potesse dire e far accettare ai militanti del vecchio Pci.
Io trovo che tutto questo sia normale. Il sindacato non fa rivoluzioni, fa accordi, non sta allopposizione, se non firma contratti non dura. Nella Cgil
ha sempre prevalso questa visione riformista anche se Di Vittorio non amava
essere definito in questo modo. Il sindacato ha continuamente avvertito una
certa sensibilit istituzionale.
Forse gli orizzonti del sindacato erano pi vasti: la Cgil doveva guardare a
Est ma non poteva evitare di dialogare con i sindacati a Ovest.
Ho vissuto la fase di grande tensione che caratterizz i rapporti tra Luciano
Lama ed Enrico Berlinguer. Lama ha fatto veramente il possibile e limpossibile per mantenere una grande autonomia nei confronti del Pci. Ti dir di
pi per comprendere lo spirito dei tempi: i dirigenti comunisti della Cgil
hanno sempre condannato lestremismo e il massimalismo a volte pi di
quanto facessimo noi. Pur di difendere lunit sindacale, erano disposti a pagare prezzi altissimi. Ricordo che nellorgano di governo della Federazione
Unitaria loro avevano diciotto membri su novanta. Era un grande sacrificio
tanto vero che quella situazione era osteggiata da Berlinguer. Bruno Trentin
era contro lo sciopero che provocasse danni agli impianti, le agitazioni a
tempo indeterminato, era contro le lotte disperate, diceva che bisognava
lasciare sempre alla controparte una via duscita, ripeteva che lui non voleva
in una vertenza giocarsi tutto perch faceva il sindacalista non il giocatore
dazzardo. S, ho proprio un bel ricordo di Trentin, un uomo che con le sue
analisi sollecitava sempre momenti di riflessione, certo, negli anni del Compromesso Storico ha subito il condizionamento del Pci ma si sempre mosso
con sofferta libert.
E tu eri in qualche maniera condizionato?
No, non mi sono mai sentito condizionato. N dal Psi, n tanto meno dal
Pci. Poi la Uil e la Cisl erano in una situazione favorevole: i dirigenti ce li
sceglievamo noi. Nella Cgil, invece, gli imput arrivavano sia dal Pci che dal
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Psi. Certo, cera una sintonia con la linea politica di Craxi perch sentivo
che avrebbe accentuato anche la nostra capacit di movimento.
Ora la capacit di movimento compressa dalla crisi, una crisi che ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio dramma sociale, con forme di
lotta disperate. Molti nodi riguardano aziende un tempo di propriet dello
Stato e che sono state privatizzate. Cesare Geronzi nel suo libro, Confiteor, ha detto: Con il senno di poi, posso dire che lintera partita della
Telecom stata mal condotta, dalla privatizzazione ai successivi passaggi di
propriet. Alla fine si stati costretti ad agire in stato di necessit. Mediobanca e Generali sono diventate azioniste della holding Telco, che deteneva
la maggioranza relativa di Telecom Italia, a valori che si sono subito dimostrati fuori mercato. una dichiarazione che spiega, seppur indirettamente, le difficolt che altre aziende stanno attraversando, dallIlva
allAlcoa; il pressappochismo, la faciloneria o il doloso sostegno a operazioni speculative hanno ispirato comportamenti scarsamente illuminati di
troppi nostri liberisti allamatriciana. Se oggi la situazione dell apparato
produttivo italiano e dei lavoratori tanto drammatica, in che misura la
responsabilit pu essere attribuita alla scelta di fare piazza pulita delle Partecipazioni Statali e dellIri?
Anche in questo caso bisogna fare ricorso alla storia. evidente che la globalizzazione ha fatto precipitare il sindacato in una situazione di impotenza. Allimprovviso si trovato privo di controparti perch erano allo stesso tempo
ovunque e in nessun luogo in particolare. In un quadro simile puoi promuovere solo azioni difensive. Il panorama stato ulteriormente complicato dalla
liquidazione delle Partecipazioni Statali. Per troppo tempo si detto peste e
corna di quel sistema e non nego che ci fossero dei problemi di trasparenza
che, per, potevano essere affrontati e risolti. Le Partecipazioni Statali hanno
avuto effetti positivi sul fronte dei diritti, su quello della collaborazione tra sindacati e datore di lavoro (il Protocollo Iri firmato con Romano Prodi), sul fronte
dellindustrializzazione del Mezzogiorno. che stata fatta dalle aziende di Stato
e, in minima parte, dalla Fiat. Si ironizzato parecchio sulla capacit competi-
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tiva di quelle fabbriche eppure io dico, alla luce delle performances di alcune
di quelle privatizzate, che la galassia aziendale sotto la mano pubblica ancora
oggi non sfigurerebbe sul mercato. La realt che la vicenda delle Partecipazioni
Statali stata speculare a quella della nostra Repubblica: abbiamo archiviato
la Prima senza creare la Seconda, abbiamo liquidato le aziende di Stato senza
costruire un sistema alternativo, sostituendole semplicemente con il deserto.
Lo si fatto in maniera frettolosa perch lobiettivo non era quello di rimpiazzare strutture inefficienti con strutture efficienti ma solo quello di fare cassa.
Alla fine la vendita, anzi la svendita, ha soltanto indebolito il sistema paese
perch sono andate perdute delle vere e proprie eccellenze che facevano ricerca
e innovazione, abbiamo rinunciato a rilevanti presenze produttive sul territorio.
Sarebbe stata una scelta positiva se allimprenditore pubblico fosse subentrato
quello privato, invece sono arrivati gli speculatori. che hanno acquistato straordinarie realt produttive come lIlva solo per fare utili ( il caso di Riva) investendo pochissimo o per venderle al fine di realizzare consistenti plusvalenze.
Un errore, insomma.
Il fatto che tutto avvenne in un momento di grande contestazione nei confronti del sistema delle Partecipazioni Statali che veniva accusato di essere
un grande collettore finanziario della Dc. L indignazione ha avuto la meglio
sulla programmazione. Altrove queste cose sono state attuate non per fare
cassa ma per cambiare le propriet in maniera coerente. Per il clima dellepoca era di demonizzazione. Io dico che forse sarebbe utile creare una commissione di inchiesta per analizzare meglio quel che accadde allora. Solo per
capire non per individuare colpevoli perch ormai il tempo passato e la
svendita avvenuta.
Come dice Cesare Geronzi, Telecom stato lesempio pi illuminante di
un modo sbagliato di privatizzare?
uno degli esempi possibili. Un altro lAlfa Romeo. Per un malinteso orgoglio nazionale fu venduta alla Fiat. La conseguenza che il marchio in
stato comatoso e che la Fiat stata danneggiata perch avrebbe avuto bisogno
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IL LAVORATORE RITROVATO
di un concorrente allinterno dei confini italiani, per migliorarsi, per produrre auto in grado di reggere il confronto con la concorrenza.
LIlva di Taranto una delle vertenze pi complesse di questi anni difficili.
Al di l degli aspetti giudiziari, c un dato che illustra la qualit di alcuni
protagonisti di questa vicenda delle liberalizzazioni: Riva su quella fabbrica
ha investito il necessario sul fronte della produzione manifestando una totale indifferenza verso lambiente circostante, tanto da un punto di vista
ecologico, quanto da un punto di vista sociale. Il capitalismo usa e getta,
solo che parliamo di donne, uomini e bambini, non di carta straccia.
LIlva non stata venduta, stata svenduta, Riva lha pagata un prezzo irrisorio. Ma anche questa la conferma della maniera malsana in cui tutta
loperazione si sviluppata. Al momento della vendita, lo Stato avrebbe dovuto riservarsi maggiori poteri di controllo. Gli enti pubblici quando hanno
alienato le propriet immobiliari hanno posto agli acquirenti la condizione
di non cederle per almeno cinque anni; per aziende che rappresentavano un
pezzo rilevante del nostro apparato produttivo, al contrario, non sono state
predisposte garanzie. Abbiamo spianato la strada a un processo di desertificazione della nostra industria manifatturiera.
Allepoca si ironizzava dicendo: lo Stato mica pu produrre panettoni.
Panettoni no e nemmeno occhiali. Ma in talune produzioni strategiche la
presenza dello Stato non assolutamente disdicevole. Per fortuna alcune
aziende sono state salvate, Eni, Finmeccanica. Poi lo Stato si deve preoccupare anche di difendere alcuni interessi nazionali. Noi abbiamo perso la nostra presenza nellelettronica con luscita dellOlivetti dal mercato dei
computer; abbiamo perduto posizioni nel settore farmaceutico, nellelettromeccanica, nei trasporti. Si parlava, senza fare distinzione, di un grande Carrozzone. Ma una privatizzazione che si rispetti non pu realizzarsi con lansia
di fare cassa.
Oggi Taranto vive in bilico, sfibrata da questo lungo baratto salute-lavoro.
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garantito. La soluzione concordata, capace di offrire a tutti garanzie, va trovata dalla politica e da un sindacato che si faccia carico dei problemi ambientali, superando le paure e i complessi di inferiorit di fronte allapparente
inanit dellimpresa. A Taranto tutti hanno chiuso gli occhi, i problemi si
sono trascinati e trascinandosi sono diventati sempre pi grandi. Ora diventato complicatissimo affondare le mani in questa melma ma bisogna farlo.
Ci vogliono soldi, tanti soldi ma non pensabile che la soluzione possa essere
trovata senza un intervento pubblico. Il discorso di Benedetto XVI nella sua
enciclica Caritas in Veritate, era ovviamente pi generale, ma alcune sue parole possono essere applicate al caso Taranto: Gli aspetti della crisi e delle
sue soluzioni nonch di un futuro nuovo possibile sviluppo, sono sempre
pi interconnessi, si implicano a vicenda, richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica. Taranto ha bisogno proprio di questo: di una nuova sintesi umanistica. Immagino cosa avrebbe detto
Bruno Trentin di fronte a una situazione di questo genere: bisogna trovare
una via di uscita perch il conflitto non pu essere cieco.
Parliamo di salute, per, di bambini: possiamo invocare una nuova sintesi
umanistica, ma a Taranto la sintesi stata per troppo tempo disumana.
Ci che avvenuto e che avviene ancora non si cancella. Ma i dibattiti non
servono a nulla se sono finalizzati soltanto alla ricerca del colpevole. I dibattiti
funzionano se ci consentono di trovare soluzioni. Ci sono delle responsabilit, la magistratura le colpir, anche severamente, non ne dubito. Ma cerchiamo la soluzione, qui ed ora. Ci sono stati quelli che hanno fatto guai e
quelli che hanno omesso di controllare chi faceva guai. Ma poi dobbiamo
trovare il modo per ripartire.
Da troppi anni in questo Paese non si fa politica industriale: non la si fa in
maniera antica e non la si fa in maniera moderna cio garantendo che le
produzioni siano rispettose dellambiente. Da diversi lustri non si fanno
riforme.
Noi siamo in questo momento come la Cina. Ci siamo fermati alla prima
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Scrivono Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini: A conti fatti, entrate nelle
casse dello Stato e benefici in termini di sviluppo industriale, possiamo affermare che le privatizzazioni non abbiano esercitato un ruolo trainante
nello sviluppo delleconomia italiana. Anche questo pu essere uno dei motivi alla base del debole tasso di crescita nel periodo 1992-2012, pari all1,5
per cento annuo, rispetto al 4,5 del quarantennio 1951-91. Lo Stato come
soggetto economico pu svolgere un ruolo positivo?
Diciamo subito che i problemi sono due: la crescita e le Authority. Io sono
convinto che con la penuria di capitali a disposizione, solo lo Stato pu svolgere un ruolo di stimolo. Altrimenti dal baratro non riusciremo a risalire e
la crescita rester solo unipotesi. Sulle Authority sono molto netto: sono
troppe e non hanno prodotto effetti positivi per i cittadini basta vedere cosa
avvenuto in questi anni sulle tariffe, sulla trasparenza, sulla concorrenza.
Sono organismi che hanno egregiamente risolto soprattutto i problemi di
chi ne fa parte. Lintervento pubblico deve trovare uno spazio, deve giocare
un ruolo pi attivo in questa crisi se non vogliamo rimanere paralizzati su
crescite da prefisso telefonico, quando va bene. Lappello agli industriali lanciato da Berlusconi per salvare lAlitalia mi sembra che abbia prodotto risultati decisamente deludenti. No, io non penso che esista la possibilit per gli
imprenditori italiani di fare da soli, di risollevare da soli questo Paese. Lo
Stato deve intervenire, per abbreviare i tempi della crisi, per stimolare i privati, per risollevare i tassi di occupazione che ormai hanno raggiunto livelli
troppo bassi nel nostro Paese, tra pensionati, prepensionati e cassaintegrati.
Unaltra vertenza emblematica quella dellAlcoa. L, in Sardegna, una
azienda straniera decide di chiudere i battenti perch ritiene non pi sostenibili i costi dellenergia. Anche in questo caso parliamo di una azienda
privatizzata. questo il pedaggio della globalizzazione unita alla delocalizzazione? I lavoratori come carta straccia, il lavoro come merce?
Anche su questo tema degli investimenti stranieri sento fare grandi discorsi.
La realt per pi cruda delle parole, per quanto misurate possano essere.
In Italia le aziende straniere non vengono. Ma accanto agli stranieri che ci
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snobbano, ora anche gli italiani vanno via e lo fanno o come imprese o come
menti perch cercano allestero quelle gratificazioni che il nostro Paese non
pi in grado di dare. Risultato: una notevole decadenza del nostro settore
manifatturiero che si accompagna a un peggioramento della qualit dei
gruppi dirigenti. Il fatto che o non conosciamo le situazioni o facciamo
finta di non conoscerle. Ma chi viene a investire in Italia nelle attuali condizioni? A parte i costi in denaro, nel nostro Paese bisogna aggiungere anche i
costi legati agli eccessi normativi e alle lungaggini burocratiche per ottenere
banali autorizzazioni. Uno straniero viene in Italia, vede landazzo e fugge.
Con il nostro barocchismo normativo e burocratico scoraggiamo anche le
persone evangelicamente dotate di buona volont. E poi bisognerebbe omogeneizzare le legislazioni a livello europeo.
A cosa ti riferisci?
Il nostro sistema fiscale antiquato. Prendi anche questo redditometro
nuovo.
Non va?
Ma parliamoci chiaro: in Italia c tanto lavoro autonomo, con la normativa attuale si pu agevolmente trasformare una spesa personale in una spesa aziendale.
E poi c un discorso da fare per le imprese: le condizioni vanno armonizzate
per evitare la fiscalit nociva. C una grande lotta da fare sul dumping sociale.
E pu farla il sindacato che, per, ora non guarda fuori dai confini del nostro
Paese. Lho detto prima: anni fa abbiamo fatto lotte straordinarie per aiutare
popoli oppressi a guadagnare la libert. Ora, per, bisogna fare un passo in
avanti: bisogna lottare perch questi popoli che hanno ottenuto la libert, abbiano anche il riconoscimento dei diritti economici di cui godono i lavoratori
dellOccidente avanzato. Il dumping sociale il vero nemico da combattere,
il carburante che alimenta la delocalizzazione e innesca un circolo vizioso per
cui il lavoro va dove i diritti sono compressi e tu, per recuperare pezzi sempre
pi esigui di salario, accetti di abbassare i tuoi. Insomma, una corsa al ribasso,
unasta al contrario sulla pelle delle persone. Questo il grande problema in-
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arretrate. Ora si ribaltano i piani con il Nord, ricco, che ottiene vantaggi e il
Sud, povero, che incamera svantaggi. In questo Paese si ha una idea bislacca
del federalismo fiscale. Regioni e Comuni possono applicare addizionali su
tutto, sulla benzina, sul gas, sulle assicurazioni. Dove sono pi alte le addizionali? Al Sud. Dalla fiscalit di vantaggio per stimolare la crescita, siamo
passati alla fiscalit di svantaggio per ammazzare definitivamente il cavallo
gi malnutrito. evidente che bisogna cambiare registro. Il federalismo va
realizzato anche a livello fiscale, ma va realizzato nella maniera indicata dalla
Costituzione. Per se le cose sono andate cos, la colpa anche nostra che
abbiamo alimentato la litigiosit tra Stato e Regioni. Al resto hanno provveduto le politiche imposte dalla Lega a Berlusconi. La conseguenza che con
il federalismo che abbiamo realizzato abbiamo soltanto reso pi debole il
Sud, cio quella parte di Paese che va tonificata, rilanciata, avvicinata negli
indici economici al Centro e al Nord.
Dagli opposti estremismi siamo passati agli opposti egoismi.
inevitabile che gli egoismi si irrobustiscano man mano che le forze politiche
diventano sempre pi deboli. La realt che la Seconda Repubblica stata
caratterizzata da partiti troppo leggeri, personali, territoriali, in taluni casi
semplici comitati elettorali.
Altra cosa la storia, ovviamente migliore, dei grandi partiti della Prima Repubblica, quella scritta prima della valanga di Tangentopoli.
La differenza con le forze politiche oggi in campo sta nel fatto che quelle rappresentavano veramente il Paese, per intero, da Nord a Sud, da Est a Ovest.
In pi le forze sociali, il sindacato e la Confindustria, non hanno pi la medesima rappresentativit degli anni doro. Bisogna ricreare le ragioni della
coesione perch lItalia si sta sfarinando: prevale, come scriveva Guicciardini,
il particulare sul generale. La mancanza di coesione determina larroccamento, larroccamento porta a un dialogo tra sordi.
Questa tua analisi applicabile a unaltra questione che dal dibattito politico
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Pensi che uno strumento del genere possa essere utile e, quindi, riesumato?
No, non penso. vero quel che tu dici, anche l ci sono stati fenomeni di malcostume, per un valore, un ruolo la Cassa lo ha avuto. Ma non ritengo che
la soluzione possa venire dalla sua riesumazione o dalla creazione di una banca
per il Mezzogiorno: ricette che potevano andare bene quando non cera lEuropa. Altre sono le strade da battere. In primo luogo una fiscalit di vantaggio
che stimoli realmente gli investimenti e, conseguentemente la crescita. Un
grande piano infrastrutturale che metta le merci (e anche le persone) nelle
condizioni di viaggiare agevolmente in un Paese molto stretto ma anche troppo
lungo. Non serve un ministero ad hoc per i vari dicasteri devono trattare la
Questione Meridionale come se fosse una costola del capitolo innovazione
e ricerca. E daltro canto i giovani sono l e li perdi, nel senso che andranno
via, se non li metti nelle condizioni di essere utili per il Paese.
Non pensi che ci sia qualcosa che non funziona in questa struttura istituzionale?
Al Sud il problema lo tocchi con mano perch realt analoghe vengono gestite con regole differenti, regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario e semmai laddove avresti bisogno di una architettura istituzionale
pi robusta, non ce lhai.
Parlando della Sicilia, tanti anni fa Leonardo Sciascia us un aggettivo dal
sapore pessimistico: irredimibile. Osservando linquinamento della politica
vien da dire che il pessimismo era solo spietato realismo.
Linquinamento esiste perch nel Sud contano molto le famiglie politiche:
figli nipoti, parenti vari. Veri e propri coaguli di interessi che gestiscono,
spostano, dirottano pacchetti di voti. Sai qual lamara verit? Nel Sud per
conquistare potere e fare i soldi devi dedicarti alla politica, al Nord puoi
anche seguire unaltra strada, quella del lavoro, dellimpegno professionale,
dellimpresa.
Nella industrializzazione del Sud (oltre che dellItalia) un ruolo determi-
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79 mila senza lavoro in meno rispetto al 2011. E la Volkswagen ha fatto segnare un incremento dellutile netto del 38,5 per cento, da 15,8 miliardi a
21,9; la busta paga dellamministratore delegato Martin Winterkom salita
da 17,5 a 20 milioni. La domanda a questo punto sorge spontanea: tutto
questo si raggiunge con gli scioperi?
Sinceramente non penso. Al contrario sono convinto che si possa ottenere
con la collaborazione, chiaramente non a senso unico come quella che teorizza
Marchionne. Sono convinto che sia utile che la classe lavoratrice cominci a
esplorare nuovi terreni di confronto non conflittuali con le aziende.
interessante a questo proposito uno studio dell ETUI (European Trade
Union Institute) che ha aggregato da un lato i dodici paesi in cui sono previste forme di cogestione (Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia,
Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Slovacchia, Slovenia, Spagna e
Svezia) e dallaltra quindici paesi, tra i quali lItalia, in cui non sono previste queste forme di partecipazione. Le due entit aggregate hanno quasi
il medesimo Pil. Il risultato dice che fra i dodici gli occupati tra i 20 e i 64
anni sono pari al 72,1 per cento contro il 67,4, la spesa per ricerca e sviluppo ammonta al 2,2 per cento contro l1,4, la popolazione a rischio povert attestata al 19,1 per cento contro il 25,4. Lo studio del 2010.
Io penso che sia giusto sperimentare strade alternative, nuove per noi, gi battute
per altri e, come dice lo studio a cui tu hai fatto riferimento, anche con una
certa soddisfazione. Bisogna fare un passo in avanti, mostrare coraggio perch
i tempi ce lo richiedono. Si possono e si debbono distinguere ruoli e obiettivi.
Il sindacato in azienda deve ampliare gli spazi di collaborazione evitando di scaricare sulle controparti i costi di uno stato sprecone ed inefficiente.
Ma la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, ritiene che il modello della
cogestione possa funzionare solo nelle grandi fabbriche. Il limite sottinteso
quello indicato dalla legge tedesca: duemila dipendenti che esprimono
nei consigli di sorveglianza una rappresentanza del cinquanta per cento.
Pu essere un freno questo delle dimensioni?
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Ma quale limite! La cogestione nelle piccole aziende si fa gi senza che il sindacato lo sappia. In molti distretti imprese e organizzazioni dei lavoratori
hanno elaborato piattaforme per affrontare i problemi comuni. Il nostro il
Paese delle vicende e dei protagonisti ignoti. Gi oggi esempi di cogestione
sono diffusi. Non vengono chiamati cos per una forma di pudicizia lessicale.
Insomma, tu pensi che in condizioni diverse e regolamentate, laccordo
che Ig Metall ha fatto alla Volkswagen si possa fare anche qui?
Tanto per cominciare, direi che una intesa simile lhanno gi fatta negli Stati
Uniti, alla Chrysler. Si dice che un accordo che non fa scioperare e non fa licenziare indebolisca il sindacato. Io la penso diversamente: tutto dipende
dai rapporti di forza.
E i rapporti di forza come si sono evoluti?
Parliamoci chiaro, il sindacato venuto fuori dalla frammentazione della Cgil
unitaria nel dopoguerra stato a lungo un soggetto debole. Dovevamo conquistare spazi, dovevamo imporre la nostra presenza, insomma bisognava
farsi valere. Era inevitabile la connotazione antagonista in quella fase storica:
il Miracolo Economico aveva garantito straordinari benefici a qualcuno ma
ai lavoratori erano state lasciate le briciole. Oggi con la globalizzazione la situazione cambiata. Se limpresa non competitiva, scappa. Abbiamo interesse a salvaguardare la capacit produttiva dellazienda, nel mercato senza
confini, siamo tutti fratelli e tutti concorrenti allo stesso tempo. A questo
punto penso che convenga esplorare questo terreno che non stato sufficientemente arato e sul quale si possono trovare intese convenienti per tutti,
per i lavoratori, per gli imprenditori e per il Paese. Accordi che consentano
alle aziende di essere pi efficienti e competitive. La questione molto semplice: se le imprese vanno bene puoi ottenere vantaggi salariali, migliorare i
livelli occupazionali, aprire le porte del mondo produttivo ai giovani; al contrario, se vanno male, c solo lalternativa della cassa integrazione e della disoccupazione; se vanno bene ti dividi la ricchezza, se vanno male ti
impoverisci sempre pi. evidente che un salto di qualit lo devono fare
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anche gli imprenditori che su questo terreno hanno sempre frenato. Tutto
questo non significa mettere in soffitta lo scontro di classe, solo prendere
atto che nel tempo cambiato, ha assunto altre forme. un discorso, per,
che incontra grandi diffidenze nella nomenklatura sindacale anche perch
le antenne non sono pi sensibili come nel passato. Ma se fossero sensibili,
anche la nomenklatura sindacale capirebbe che accordi realistici ormai si
fanno in molte piccole e medie aziende.
Il fatto che poi bisogna confrontarsi con Marchionne e con la sua idea
un po unilaterale della collaborazione
La Fiat un esempio molto particolare. Rappresenta un caso luscita dellunico produttore italiano di automobili dalla Confindustria; ed un caso
il fatto che la Confindustria lo abbia lasciato uscire. Marchionne bisognava
obbligarlo a un accordo che prevedesse dei vincoli, anche per lui. Le vicende
alla Fiat ci fanno capire che va definita finalmente la questione della rappresentativit sindacale nelle imprese private: nel pubblico il problema stato
risolto con la legge.
Ma quando tu eri segretario della Uil, avete mai provato a importare in
Italia qualcosa di simile ai Consigli di Sorveglianza tedeschi?
Io firmai con Luciano Lama e Franco Marini il Protocollo Iri, un accordo di
partecipazione. Poi lIri stata liquidata e con lIri anche il Protocollo. Non
sono mancate le iniziative legislative ma non sono mai andate avanti perch
la volont politica stata decisamente carente.Tutti hanno avuto paura di
mettere le mani su questa materia perch temevano la posizione ostile della
Confindustria. Invece io penso che questo problema di democrazia industriale, il sindacato e un partito di sinistra debbano porselo, esattamente
come se lo pose la Spd che con il governo Brandt nel 76 ampli enormemente lo spazio della cogestione di fatto attuando quello che era stato scritto
diciassette anni prima allhotel La Redoute di Bad Godesberg: Da suddito
delleconomia, il lavoratore deve diventare cittadino: la cogestione dellindustria siderurgica e carbonifera linizio di un rinnovamento dellordinamento
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economico e dovr svilupparsi ulteriormente per sfociare in una organizzazione democratica della grande industria. Ma se una partito di sinistra vuole
realmente governare, deve risolvere il problema della rappresentativit nel
senso dellapplicazione del dettato costituzionale che rimasto lettera morta.
E deve porre il tema della cogestione come forma di partecipazione dei lavoratori e di strumento per favorire lo sviluppo delleconomia del Paese.
In realt, la Spd lavor su un terreno reso fertile da Konrad Adenauer che
pure non era un progressista. Ma con un referendum il 95 per cento dei
lavoratori tedeschi disse che avrebbe rinunciato a benefici salariali se gli
fossero stati riconosciuti quei diritti di cogestione che i socialdemocratici
poi hanno sviluppato.
Le condizioni storiche erano tali che favorirono quelle soluzioni. Il trattato
di pace per dare ai tedeschi la possibilit di utilizzare il carbone e lacciaio,
materiali decisamente utili in guerra, stabil che nella gestione fossero coinvolti anche i sindacati e questo per evitare che si creassero spinte per un
nuovo conflitto. Quella presenza sindacale ha prodotto effetti benefici, in
Germania. In Italia, invece, si sempre temuto che le organizzazioni sindacali
potessero mettere i bastoni tra le ruote. Ma se in Germania sono state un fattore di crescita, non capisco perch in Italia dovrebbero essere, nelle situazioni attuali, un freno alla crescita.
La Germania in qualche maniera lincontro di due eresie: leresia liberale
delleconomia sociale di mercato interpretata soprattutto da Ludwig Erhard,
il ministro che considerato il padre del Miracolo Economico; e leresia socialdemocratica che troncava i ponti con il passato, con il marxismo per abbracciare una idea di socialismo capace di governare il capitalismo e non di
abbatterlo. Anche con Konrad Adenauer, il modello economico tedesco ha
avuto una evoluzione diversa rispetto a quella che si avuta in Italia.
In quel momento penso che Adenauer avesse solo un obiettivo: ricostruire
il sistema industriale uscito distrutto dalla guerra. Ma questo intento costruttivo era anche nel Dna del sindacato italiano. Le tracce si ritrovano nel piano
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sono le casse edili e le scuole professionali che sono gestite dai sindacati e
dalle imprese. Purtroppo non siamo mai riusciti a portare avanti questi discorsi per il rifiuto di persone come Monti e per le paure del Pci, per lostilit
degli imprenditori.
A questo punto ritornerei alla questione iniziale: che fine hanno fatto i lavoratori? Che fine ha fatto la lotta di classe? Dove si combatte? Su quali
temi si sviluppa?
La lotta di classe ora si fa sulle riforme per evitare che la lotta di classe la facciano gli altri, cio le categorie privilegiate, quelli che un tempo chiamavamo
gli Gnomi della Finanza, ai danni delle categorie meno protette, pi esposte
ai venti della crisi. Un tempo la lotta di classe aveva come obiettivo lo stato
socialista; ora lobiettivo uno stato democratico e solidale, uno stato in cui
ci sia realmente pari dignit. E valgono da questo punto di vista le parole
che mise, nero su bianco, nellenciclica Rerum Novarum nel lontano 1891
il Papa Leone XIII: Avvenne che a poco a poco gli operai rimanessero soli e
indifesi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza.
La cupidigia di un mondo dominato dalla finanza la medesima di 122 anni
fa. La lotta di classe non pi quella del passato, forse si addirittura ampliata. A condurla non ci sono pi solo gli operai ma categorie nuove, le
donne, gli anziani, la massa sconfinata di precari e non garantiti. La lotta di
classe non va in pensione, si arricchisce di elementi nuovi, esce dalle fabbriche e reclama riforme. Ma riforme vere. E per essere vere non devono accontentare tutti perch se dai a qualcuno diritti e solidariet evidente che devi
togliere a qualche altro dei privilegi.
Se le cose stanno come dici tu, allora il problema risolto: non c dirigente
politico che non si dichiari riformista.
Diffido fortemente di chi parla di riforme ma non si impegna a farle. Le ultime riforme realizzate in questo paese sono riconducibili a Dini (quella delle
pensioni) e a Ciampi (la politica dei redditi). Gli altri ne hanno solo parlato,
nessuna, per, delle riforme proclamate ha visto la luce, nessuna ha prodotto
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delle soluzioni organiche. cos abusato il termine che scaduto a luogo comune. Tutti si dichiarano riformisti, nessuno lo per davvero.
Peraltro questo uso del termine riformista, ha creato confusione, anzi veri
e propri fenomeni di appropriazione indebita perch la riforma qualcosa
che fa avanzare il Paese, che aiuta gli ultimi non i primi.
La parola riforma un vestito di taglia universale, lo possono indossare tutti
ed per tutte le stagioni, va bene in estate e in inverno, in primavera e in autunno. Ma la realt diversa: le riforme accorciano le distanze, non le ampliano, redistribuiscono la ricchezza non la concentrano in poche mani,
realizzano quello che dicevano i socialdemocratici di Bad Godesberg: Misure
appropriate devono far s che una quota adeguata del costante incremento
patrimoniale delle grandi imprese venga distribuita ampiamente oppure
posta al servizio dellutilit comune. In Italia le riforme non hanno questo
segno e non a caso quelle che sono state varate negli ultimi tempi hanno assunto la veste di leggi-delega: fissi dei principi generali (o generici) e poi affidi
allamministrazione lattuazione. Le cose da cambiare le elencano tutti: la
legge elettorale, la giustizia, il fisco, il lavoro. Lagenda c ma sintetizzata
in una delle ultime pagine bianche, proprio in fondo.
Lultimo sussulto realmente riformista lo si avuto con il primo centro-sinistra negli anni sessanta.
vero. Allinizio non lo si colto, non stato capito, con il passare del tempo
stiamo rivalutando quegli anni. Tutto questo fa parte del nostro modo di essere: siamo rivoluzionari senza rivoluzione e riformisti senza riforme. Il dibattito politico veramente surreale: si evocano le riforme ma non si fanno
perch se fossero vere scontenterebbero qualcuno. La realt che sono forti
le corporazioni mentre sono deboli i governi e i partiti. Ma veramente la liberalizzazione dei taxi pu essere vissuta come un grande intervento innovativo?
Le liberalizzazioni si sono fatte. Ne abbiamo parlato prima.
In quel caso ci si limitati a trasferire i monopoli da una parte allaltra. Tutte
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le liberalizzazioni in Italia, fatta eccezioni per treni e aerei, non hanno portato
benefici ai cittadini, al contrario hanno provocato aumenti, dalle assicurazioni alle autostrade. Manca una robusta difesa dei consumatori. Ma per tornare alla lotta di classe, io dico che ormai fuori dalla fabbrica.
E la classe qual ?
la classe lavoratrice nel senso pi ampio, linsieme di lavoratori ed ex lavoratori. Una classe di cittadini che deve spingere per fare le riforme.
Usi un vocabolario da rivoluzione francese.
E perch no. Il cittadino di nuovo al centro del nostro universo. In tutti questi anni abbiamo perso tempo e occasioni. Abbiamo perso unoccasione
quando abbiamo creato lunit sindacale che poi si dissolta, quando si
scatenata una ostilit preconcetta contro Craxi, quando abbiamo deciso di
non costruire un partito socialista e socialdemocratico europeo dopo la caduta del muro di Berlino.
In conclusione, aderiresti a una forza politica che ponesse come suoi punti
di riferimento letica cristiana, lumanesimo e la cultura classica...
S, penso che questa societ abbia bisogno di un nuovo umanesimo. E la filosofia classica in realt filosofia pratica. La verit che bisognerebbe conoscere realmente il programma di Bad Godesberg per capire che ancora
oggi contiene, almeno nella realt italiana, grandi elementi di novit. Ma su
Bad Godesberg ci sono le opinioni, non la conoscenza dei contenuti. E penso
anche che andrebbe riletto il documento della scissione di Palazzo Barberini,
qualche pregiudizio verrebbe meno insieme a qualche luogo comune. Dovremmo ispirarci un po di pi a Roosvelt che risollev gli Stati Uniti e il
mondo governando in una fase ancora pi drammatica di quella attuale.
Vanno di moda i Pantheon. Tu chi metti nel tuo?
Quello che qui, a Roma, quando stato costruito era vuoto, non cera nessuno. Nel Pantheon normalmente ci vanno i morti, io preferisco i vivi. Ecco
perch, se proprio devo scegliere, ci vedo i cittadini, quei cittadini al cui ser206
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Kennedy pensava alla Frontiera, ai pionieri, guardava l'orizzonte, una distesa di migliaia di miglia; noi fatichiamo persino ad avere una idea compiuta anche dei confini del nostro condominio: a volte anche girare
l'angolo ci sembra un'impresa altamente avventurosa. E, allora ti chiedo:
ma siamo proprio sicuri che il Paese Reale sia migliore del Paese Legale?
Non ti viene a volte il dubbio che quello che vediamo davanti a noi e che
non ci piace sia, in realt, la nostra immagine riflessa in uno specchio appena appena deformante?
Vedo la questione in un'altra maniera.
Cio?
Penso che lentamente il Paese stia diventando illegale nel senso che c' una
separatezza insopportabile tra le istituzioni, che progressivamente stanno venendo meno coesione e solidariet che sono collanti essenziali del vivere insieme. Ma la gente di tutto questo non ha colpa.
Cosa sta accadendo, allora?
Accade che in un momento come questo di gravissima crisi, tutti quanti noi
immaginiamo di camminare in un tunnel buio: non vediamo l'uscita, non
vediamo un raggio di sole che ci conforti. Non solo non siamo felici, non
solo non siamo appagati, ma siamo ormai rassegnati. Ci manca la speranza.
Ci guardiamo attorno e il panorama non ci conforta. Facciamo appello ai
valori costituzionali che sono sempre validi ma poi ci scontriamo con un bipolarismo sgangherato, che non esiste: era nato perch avevamo tanti partiti,
sette, e adesso fioriscono come limoni, una ventina. Le Istituzioni sono screditate e vengono vissute con imbarazzo, con fastidio. Ci vorrebbe un cambiamento di rotta. Bisognerebbe abbandonare la strada di questo leaderismo
fatto di Uomini della Provvidenza che non si sono mai rivelati provvidenziali
e ricostruire una societ in cui la vita associativa, collettiva si esprime e si
esalta nelle organizzazioni rappresentative.
Vuoi dire che a volte il vecchio pu essere pi utile del nuovo soprattutto
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pisco. Cos gli si toglie il nemico. Non vogliamo sostituirci a loro ma nemmeno possono impedirci di avere delle idee e di metterle in pratica. Tu
pensi che il problema sia quello di avere un nemico?
No. Il sindacato, a proposito dei welfare aziendale, ha una idea: teme che il
loro sviluppo determini un indebolimento dei sistemi universalistici. Trovo,
per, che sia un errore, in una fase di profonda crisi come quella che stiamo
attraversando, in cui spesso devi limitarti a una difesa di principi universalistici minimi, rinunciare all'apertura a forme di integrazione. Il problema,
semmai, un altro: devono essere soluzioni contrattate, negoziate con il sindacato, altrimenti si cade nel paternalismo. In ogni caso penso che quello
sia un campo da esplorare. Sono anche convinto che il miglioramento di
quelle soluzioni possa finire per trascinare anche tutte le altre aziende. Il fatto
che tra di noi resiste ancora l'idea che non si debba rompere una unit di
classe che, in realt, non c' pi, che non si possa collaborare con l'imprenditore perch la collaborazione diventa inevitabilmente subordinazione.
Niente intese col nemico...
Si tratta di una impostazione un po' datata e oggi manca una certa apertura
mentale, ma non solo da parte dei sindacati. Siamo fermi ai primordi del
confronto, ai tempi in cui il rapporto tra i datori di lavoro e le organizzazioni
dei lavoratori era basato sulla diffidenza reciproca. In questa maniera ci siamo
astenuti dall'esplorare quelle aree in cui il confronto poteva essere non conflittuale. Per, la sola idea che una intesa possa portare dei vantaggi all'imprenditore, fa scattare una sorta di richiamo della foresta.
Forse bisognerebbe partire dalla trasformazione del lessico.
Al posto di nemico, parlerei di un soggetto distinto, una persona con interessi diversi con la quale su alcuni temi si possono trovare soluzioni pacifiche mentre su altri resister la conflittualit. Sono convinto che ci sia uno
spazio enorme da percorrere insieme. Faccio un esempio. In molti posti di
lavoro si stanno organizzando contratti di solidariet per far fronte alla crisi.
Ma cosa ci impedisce di utilizzarli anche nelle fasi di espansione per favorire
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di costruzione, Faust tratta gli uomini che lavorano per lui alla stregua di
sudditi ottusi, senza neppure informarli delle proprie intenzioni. perch
l'opera grandissima si compia, uno spirito solo varr per mille mani. Quel
che vuole Faust a nessuno mai lecito scrutare a fondo. Grida ai propri
schiavi: servi fuori dal giaciglio, in piedi uno dopo l'altro. I lavoratori devono essere incitati ai lavori pi gravosi con il bastone e la carota. A Mefistofele, Faust comanda: Per quanto sar possibile, raccogli folle su folle di
lavoratori, stimolali con le ricompense e con la severit: pagali, allettali, stai
loro alle costole! Ogni giorno voglio che mi si dia notizia di quanto si allunga
il fosso che s' cominciato. Ascoltando il rumore delle vanghe, Faust dice
degli uomini al lavoro: E' folla che mi serve.
Come va reinterpretata oggi la leggenda?
E' evidente che Faust considera la libert dei lavoratori un premio per l'avvenire. Il lavoro di costruzione che deve rendere possibile la comunit futura
compiuto prima dai servi, che potranno divenire solo in un secondo tempo
uomini liberi e attivi. E' per aver ridotto i giovani in schiavit senza che mai
si intravedesse il traguardo finale della libert, che fin miseramente il sogno
di Faust.
Oggi i giovani sono vittime di un'altra schiavit: la schiavit della precariet. Si allargata a macchia d'olio, sestuplicata nel giro di pochi anni e
un contributo lo ha fornito anche la legge Fornero come hanno rivelato
recenti studi. Ci sar un altro epilogo per il sogno di Faust?
Mi auguro che l'incubo dei giovani senza soddisfazioni, sicurezza e diritti, finisca con una seria riforma del lavoro. Dovremmo ispirarci a quel che disse
John Kennedy: I problemi del mondo non possono essere risolti da scettici
o da cinici i cui orizzonti siano limitati dalle realt oggettive. Abbiamo bisogno di persone che possano sognare cose che non sono mai esistite e chiedersi: perch no?
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Ha scritto un interessante libro Antonio Passaro (il valore del Lavoro, Pironti editore) per spiegare come nato quel primo articolo. Oggi, a distanza
di tanto tempo, dico che stata una scelta lungimirante perch fa riferimento
alla complessa galassia del lavoro: lavoratori dipendenti ma anche artigiani
o mezzadri. stata sempre la particolarit del nostro Paese che, in realt, non
ha mai avuto la fabbrica come suo unico punto di riferimento. Certo, tra la
fine degli anni Sessanta e linizio dei Settanta, le scelte informative dei giornali, delle tv e delle radio amplificavano le grandi vertenze: la Fiat piuttosto
che lAlfa Romeo, il contratto dei metalmeccanici o dei chimici. Quei fatti
sembravano scandire la storia del lavoro. Ma le cose non stavano proprio
cos. La galassia italiana del lavoro era molto articolata, frammentata. In qualche maniera tale complessit fu portata al centro dellattenzione da Bettino
Craxi e Claudio Martelli con la scoperta del Made in Italy. Uno dei grandi
studiosi di questo fenomeno stato il professor Giuseppe De Rita che attraverso le analisi del Censis parlava dei cespugli.
La nostra Costituzione d tanto spazio al lavoro.
vero, ne d pi al lavoro che alla famiglia e da questo punto di vista potremmo definirla una Costituzione laica. Ma quei riferimenti contengono
qualcosa di ancora pi profondo, in particolare larticolo 1.
Cio?
Lo Statuto Albertino fu la carta fondamentale dellItalia appena unita. Ma
quella non era una costituzione accettata da tutti, alcuni settori della popolazione non vi si identificavano, non la condividevano. La Costituzione nata
dopo la seconda guerra mondiale, invece, la legge fondamentale di uno
Stato in cui tutti si potevano riconoscere e vi si potevano riconoscere soprattutto i lavoratori che avevano fatto la Resistenza, che avevano avviato il Paese
sulla strada del riscatto morale con gli scioperi del 43, che avevano difeso le
fabbriche e poi avevano con generosit partecipato alla ricostruzione dellapparato produttivo. La scelta stata cos felice che la Costituzione ha retto
anche nei momenti difficili, come linvoluzione autoritaria incarnata dal go-
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voro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle
quali il contratto si riferisce), alla regolamentazione del diritto di sciopero
il cui esercizio non deve arrecare danno ai cittadini. Le idee in quelle norme
ci sono tutte, ma purtroppo esse non tengono conto che nel frattempo il
mondo profondamente cambiato.
Parlavi di resistenze a toccare la Costituzione. Tu queste resistenze le supereresti e in che modo?
Penso che ci voglia una qualche manutenzione. Quanto meno aggiornerei le
norme sul lavoro. Penso che i principi sulla rappresentativit andrebbero definiti molto meglio. Cos come preciserei la parte relativa alla partecipazione,
semmai rafforzandola. E la stessa operazione andrebbe fatta per quanto riguarda larticolo 40, quello sul diritto di sciopero e, quindi, sulla conflittualit. Ma io farei anche unaltra cosa.
Cosa?
Costituzionalizzerei lo Statuto dei contribuenti perch in questa maniera si darebbe maggiore certezza ad alcuni dei valori contenuti in quella legge. Alcune
regole di quello statuto andrebbero richiamate cos come rafforzerei la parte
relativa ai diritti del cittadino con particolare riferimento alle questioni fiscali,
preciserei soprattutto che in questo campo le norme non possono assolutamente essere retroattive.
Basta?
Penso che bisognerebbe fare molto sul fronte della semplificazione amministrativa. Ovviamente andrebbe rivista, come ho sottolineato gi nel capitolo
precedente, la parte relativa alle funzioni del Parlamento, al numero di deputati e senatori, al bicameralismo perfetto. Insomma, cercherei di adeguare
la Costituzione alla cultura bipolare.
Dal tuo punto di vista questa Costituzione vecchia?
Non vecchia in assoluto, invecchiata in alcune sue parti. Sui diritti, ad
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blica. Il pi grande partito italiano il PSPA: partito della spesa pubblica allargata. A bloccare questa deriva ci ha provato Craxi con il decreto sulla scala
mobile, il primo non concordato con le opposizioni. La sacralit costituzionale ha determinato lallungamento delle decisioni, lallungamento delle
decisioni ha favorito il consociativismo, il consociativismo ha ampliato la
spesa pubblica, la spesa pubblica ha fatto impennare lindebitamento e, alla
fine di questo circolo vizioso, il pedaggio stato pagato dalle politiche fiscali
perch non potendo incidere sulla spesa si lavorato sulle entrate e il conto
stato presentato ai soliti noti. Risultato: secondo la Cgia di Mestre nel 2013
gli italiani pagheranno 14,7 miliardi in pi di tasse, 585 euro a testa, la pressione fiscale salir al 45,1 per cento del Pil.
Leninianamente potrei chiederti: che fare?
Lo sottolineavo prima: riforma del bicameralismo perfetto, riduzione dei parlamentari, correzione di un errore che ho compiuto anche io quando ero in
Parlamento con linserimento nella Costituzione del principio della legislazione concorrente per cui una legge non deve solo essere approvata dalle Camere ma anche dalla Conferenza Stato-Regioni. Tutte queste garanzie hanno
prodotto immobilismo, ritardi nelle decisioni e caduta della rappresentativit
dei vari organi coinvolti in questa sorta di marcatura a uomo.
Mal comune mezzo gaudio: anche Francois Hollande si visto cancellare
la supertassa sui ricchi dalla Corte Costituzionale e qualche problema lo
ha pure Barack Obama negli Usa.
Hollande lo ha avuto una volta, noi i problemi li abbiamo sempre. Il fatto
che abbiamo avuto una moltiplicazione delle competenze e nella moltiplicazione i contorni dei vari poteri sono diventati sfumati. Invece le competenze
devono essere chiare e dobbiamo rinunciare allidea che il consenso debba
essere totale, unanime perch per questa strada si va solo verso la paralisi. La
semplificazione fondamentale. Dobbiamo rimanere fedeli allo spirito della
Carta ma se Francia, Gran Bretagna e Germania decidono in pochi mesi noi
non possiamo impiegare anni e far marcire i problemi. Cos sembriamo Gul-
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Era la fine degli anni Sessanta quando Paolo VI cominci a parlare dei rischi della globalizzazione che lui chiamava mondializzazione.
Paolo VI sul terreno delle aperture sociali stato un grande Papa. Ma penso
che complessivamente tutti, da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II per finire
a Bendetto XVI abbiamo fornito una interpretazione dei problemi e delle
angosce del mondo del lavoro pi lungimiranti ed efficaci di molti movimenti di sinistra.
Dalla lettura delle encicliche si nota che le analisi dei Papi sono figlie dei
tempi. La Rerum Novarum nasce in un momento in cui la predicazione
socialista fa proseliti, lo scontro di classe si allarga e la Chiesa ha la necessit
di rimettere in ordine i tasselli sotto lombrello dellecumenismo. Giovanni
XXIII parla e scrive da vero rivoluzionario, Giovanni Paolo II coglie, appena due anni dopo la caduta del muro, i rischi di un liberismo sfacciato,
spregiudicato, senzanima e senza rispetto.
La Chiesa segue con grande attenzione levoluzione dei tempi, le encicliche
non segnano mai un passo indietro, non sono caratterizzate da ripensamenti,
il segno distintivo la continuit. Noi laici fatichiamo un po ad apprezzare
tutto questo per un motivo abbastanza semplice. Di solito la grande attenzione sociale si accompagna a posizioni di notevole chiusura verso i diritti civili (quelli cari alla cultura laica). Sono queste ultime constatazioni che
orientano i nostri giudizi e pregiudizi. Dovremmo essere in grado di scindere
i due piani perch la sensibilit della Chiesa sui temi sociali non solo va apprezzata (forse anche un po invidiata) ma va anche utilizzata da tutti noi
come fonte di positiva ispirazione.
Pensi veramente che la dottrina sociale possa illuminare il cammino di sindacati e partiti anche in un mondo tanto complesso e ricco di sfaccettature?
La Chiesa ha una dimensione sovranazionale, ecumenica. Direi quasi che
la sua attuale fortuna proprio quella di essere poco italiana, ha rinunciato
persino ad avere un partito di riferimento. I Pontefici scoprono prima di noi
aspetti oscuri, sconosciuti. La nostra arretratezza dipende dal fatto che siamo
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luomo rischiava di essere sopraffatto dal punto di vista etico. proprio questa rapidit e lucidit di analisi che mi induce ad affermare che la Chiesa sta
attraversando il mondo della globalizzazione armata di una bussola e di una
visione sovranazionale, noi, al contrario, ci dedichiamo a polemichette su
chi di destra o di sinistra, sui populismi e roba di questo tipo. Qualcuno,
prima o poi, dovr dirci dove stiamo andando e, soprattutto, qual il traguardo finale. Adriano Olivetti a premessa di un suo saggio Democrazia
senza partiti presentando il movimento Comunit cos guardava con speranza al futuro: ognuno pu suonare senza timore e senza esitazione la nostra campana. Essa ha voce soltanto per un mondo libero, materialmente pi
fascinoso e spiritualmente pi elevato. Suona soltanto per la parte migliore
di noi stessi, vibra ogniqualvolta in gioco il diritto contro la violenza, il debole contro il potente, lintelligenza contro la forza, il coraggio contro la rassegnazione, la povert contro legoismo, la saggezza e la sapienza contro la
fretta e limprovvisazione, la verit contro lerrore, lamore contro lindifferenza.
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Parte Seconda
Le Storie e i Documenti
PROLOGO
Hai mai sentito dire che la pigrizia e la trascuratezza siano utili all'uomo per
apprendere ci che deve sapere, ricordare ci che ha appreso, avere salute e
forza nel corpo e acquistare e conservare le cose utili della vita? O credi che
il lavorare e il preoccuparsi non servano a nulla?" Erano le domande che rivolgeva Socrate ad Aristarco, nel racconto di Senofonte.
Sono le domande che ognuno di noi potrebbe rivolgere a chi ritiene che il lavoro oggi sia solo un dettaglio, un accidente della vita, un fastidio che va cancellato dal confronto politico, annullato insieme ai diritti che lo proteggono e
che sono stati il frutto non solo di grandi battaglie sindacali, ma anche di una
elaborazione culturale e losoca che aonda le sue radici nella notte dei
tempi, addirittura in quei tempi in cui, come scriveva Jorge Luis Borges, nella
Grecia e nella Magna Grecia l'Occidente (quell'Occidente di cui noi siamo cittadini) cominciava a pensare.
Per Hegel "lo spirito non esiste mai e in nessun luogo se non dopo il compimento del suo lavoro"; per Marcuse col lavoro che "l'uomo diventa per s ci
che egli ". Quello che stato costruito nei secoli, che ci stato consegnato in
eredit a volte pu apparire banale, altre volte pu anche apparire fastidioso
perch tutto ci che impone limiti (ma una democrazia senza limiti non esiste
e non esiste nemmeno una societ equa) appare contrario all'interesse individuale e non viene accettato come lo strumento per amalgamare bisogni diversi.
Lavoro, lavoratori, sindacati: sono questi i tre protagonisti di questo nostro libro.
Ora, alla ne di un percorso oltre il quale condiamo di ritrovare quel Lavoratore perduto e dimenticato, indifeso e stritolato dai meccanismi di un liberismo che ci ha fatto precipitare in una crisi senza ne, ci sembra utile ritrovare
alcune "radici" di questo Movimento che ha cambiato il mondo, che ha cambiato l'Italia e che oggi viene vissuto come una palla al piede: un costo per il
Paese, non una risorsa straordinaria, la stessa risorsa straordinaria di cui par-
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lava Socrate, la stessa forza spirituale che evocava Hegel. Nel mondo del lavoro conuiscono mille anime e mille sentimenti; un luogo in cui per forza
di cose si esalta la logica beneca della "contaminazione", un luogo in cui nessuno pu chiudere porte perch l'aria deve circolare depositando "semi" di
conoscenza.
Come spiegano i loso, il lavoro non semplice liberazione dal bisogno. Se
cos non fosse non avrebbe ispirato le Costituzioni, a cominciare da quella
della nostra Repubblica; non avrebbe obbligato le forze di sinistra a trovare
forme nuove di governo di una societ che non pu rinunciare al mercato ma
che non pu, neanche, attraverso il mercato (soprattutto quello nanziario)
annichilire tutele, accentuare le distanze, incancrenire le diseguaglianze; non
avrebbe indotto numerosi Ponteci a trovare una strada capace di accordare
interessi limitando i conitti.
In questa seconda parte abbiamo voluto proprio mettere insieme tutti questi
aspetti provando a dare un senso di unitariet perch, per quanto da versanti
diversi, il ume della storia, della storia che ci riguarda e che riguarda questo
libro, va verso un unico mare, quello del lavoro, dei lavoratori e del sindacato.
Per rendersene conto basta rileggere le Costituzioni e la produzione legislativa
dei grandi organismi internazionali come l'ONU (la Dichiarazione Universale
dei Diritti dell'Uomo).
Per comprendere l'evoluzione del mondo del lavoro, del mondo sindacale e
dei suoi riferimenti politici a livello internazionale e nazionale, basta rileggere
come da un movimento socialista che poco meno di un secolo fa si proponeva
l'abbattimento del sistema per via rivoluzionaria e violenta (la domanda di
adesione al Psi del 1922) si passati alla "rivoluzione" socialdemocratica di
Bad Godesberg, della Spd tedesca, passando per la scissione di Palazzo Barberini che pose con forza il problema dell'abbandono di quei metodi e la scelta
di strumenti democratici perch, come avrebbero sostenuto i socialdemocratici tedeschi dodici anni dopo, solo nel socialismo si realizza la democrazia e
solo attraverso la democrazia si giunge al socialismo. E risultano profetiche le
parole pronunciate da Filippo Turati al congresso di Livorno del 1921. Ci era
andato da imputato politico, torn da trionfatore come gli scrisse la sua
compagna, Anna Kuliscio: e cos da accusato, o quasi condannato, sei di-
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PROLOGO
ventato trionfatore del congresso. Due giorni dopo quel discorso, si consum
la scissione comunista; quasi un secolo dopo lunica strada possibile per governare da sinistra societ complesse resta quella del socialtraditore.
Ma conviene anche rileggere le Encicliche Papali per capire il vento nuovo (le
cose nuove di Leone XIII) che spira da Oltretevere da quasi 130 anni, per scoprire quanto sia stata forte la critica al capitalismo di Giovanni Paolo II, rivoluzionaria la predicazione di Giovanni XXIII e anticipatori gli allarmi di
Benedetto XVI sul tema della globalizzazione. Inne pu essere utile aggrapparsi alle parole che tre grandi leader negli Stati Uniti, in epoche diverse, usarono per indicare al Paese un porto sicuro oltre la tempesta.
g.b. a.m.
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Per rendersene conto basta rileggere il discorso che il Presidente di quell'Assemblea, Umberto Terracini, pronunci in apertura della discussione sul progetto di Costituzione. Era il 4 marzo 1947. Si esprimeva cos, il presidente della
Costituente: La imminente discussione, onorevoli colleghi, deve assolvere
oltre che quello costituzionale un altro compito, che non dir sovrasta, ma
certo gli sta a paro. Essa deve dare conforto a tutti coloro e sono incommensurabilmente i pi, fra il popolo italiano che nell'istituto parlamentare
vedono la garanzia maggiore di ogni reggimento democratico; a tutti coloro
che, soffrendo in s - nel proprio spirito di ogni offesa ed ingiuria che venga
portata contro il principio rappresentativo e gli istituti nei quali esso storicamente oggi si incarna, voglion per a buon diritto, e si attendono, che questi
non vengano meno al proprio dovere; che non solo quello di elaborare testi
legislativi e costituzionali, ma anche di essere in tutti i propri membri esempio
al Paese di intransigenza morale, di modestia di costumi, di onest intellettuale, di civica severit ed ancora , me lo si permetta, di reciproco rispetto, di
responsabile ponderatezza negli atti e nelle espressioni, di autocontrollo spirituale ed anche fisico, di sdegnosa rinuncia ad ogni ricerca di facile popolarit
pagate a prezzo del decoro e della dignit dell'Assemblea. E' certo difficile,
dopo tanta immensit di umiliazione nazionale, ritrovare d'un tratto quell'incontrollabile equilibrio interiore senza il quale non pu darsi alcuna consapevole e conseguente attivit politica, e cio attivit in servizio del bene
pubblico. Ma ci che per tanti, pi prostrati dalla miseria e meno ferrati nel
sapere, pu ancora essere una meta da raggiungere, per noi che abbiamo
osato accogliere l'offerta di farci guida del popolo per noi ci deve essere,
o dovrebbe essere, certamente una meta gi conquistata. Io amo, dunque,
pensare, onorevoli colleghi, che l'alta impresa cui oggi muoveremo i primi
passi, impegnandovi ogni nostra forza d'ingegno, ogni nostro moto di passione, ogni nostro fervore di fede, riuscir a dare prova ai nostri ed ai cittadini
di tutti i Paesi del Mondo che l'Assemblea Costituente Italiana pari alla sua
missione, e degnamente rappresenta il popolo che l'ha eletta, un popolo
probo, eroico, incorrotto.
Meditando sui comportamenti attuali, la contraddizione tra quella spinta
e la realt contemporanea evidente e vien da chiedersi in quali misteriosi
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Principi fondamentali
Art. 1: LItalia una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali.
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando
di fatto la libert e luguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e leffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allorganizzazione politica, economica e
sociale del Paese.
Art. 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni
che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilit e la propria scelta, unattivit o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della societ.
Titolo II
Rapporti Etico-Sociali
Art. 32: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dellindividuo e interesse
della collettivit e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione
di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.
Titolo III
Rapporti Economici
Art. 35: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e lelevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare il diritto al lavoro.
Riconosce la libert di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nellinteresse generale, e tutela il lavoro italiano allestero.
Art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantit e qualit del
suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a s e alla famiglia unesistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non pu rinunziarvi.
Art. 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che
spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire ladempimento della sua es-
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senziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il minimo di et per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parit di lavoro, il diritto alla parit di retribuzione.
Art. 38: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha il diritto
al mantenimento e allassistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidit e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto alleducazione e allavviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dello
Stato.
Lassistenza privata libera.
Art. 39: Lorganizzazione sindacale libera.
Ai sindacati non pu essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici
locali o centrali, secondo le norme di legge.
condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento a
base democratica.
I sindacati registrati hanno personalit giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per
tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Art. 40: Il diritto di sciopero si esercita nellambito delle leggi che lo regolano.
Art. 41: Liniziativa economica libera.
Non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libert, alla dignit umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perch lattivit economica pubblica e
privata possa essere coordinata e indirizzata a fini sociali.
Art. 43: Ai fini di utilit generale la legge pu riservare originariamente o trasferire, mediante
espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunit di lavoratori o di
utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Art. 46: Ai fini dellelevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della
produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti
stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende.
(Stralci)
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stabilire, conterr garanzie necessarie per assicurare il funzionamento dei servizi essenziali
della comunit.
Art. 40: I pubblici poteri promuoveranno le condizioni favorevoli per il progresso sociale ed
economico per una pi equa distribuzione del reddito regionale e personale, nel quadro di
una politica di stabilit economica. In modo speciale realizzeranno una politica orientata al
pieno impiego.
Inoltre i pubblici poteri svilupperanno una politica che garantisca la formazione e il riadattamento professionale; veglieranno per la sicurezza e ligiene del lavoro e garantiranno il riposo
necessario mediante la limitazione della giornata lavorativa, le ferie periodiche retribuite e
la promozione di centri adeguati.
Art. 42: Lo Stato veglier specialmente per la salvaguardia dei diritti economici e sociali dei
lavoratori spagnoli allestero e orienter la sua politica al fine di assicurarne il rientro.
(Stralci)
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esercizio dei diritti ad essa collegati contro qualsiasi pregiudizio, entro i limiti della legge.
2) Lo sciopero un diritto. Esso esercitato dalle associazioni sindacali legalmente
costituite, in vista della difesa e del miglioramento degli interessi economici e professionali
dei lavoratori in generale. Lo sciopero sotto qualsiasi forma proibito ai magistrati e agli
agenti dei corpi di sicurezza. La legge pu imporre delle restrizioni al diritto di sciopero dei
dipendenti statali, degli impiegati delle collettivit locali e delle persone giuridiche di diritto
pubblico, come pure del personale delle imprese pubbliche o di utilit pubblica il funzionamento abbia unimportanza vitale per la soddisfazione dei bisogni essenziali della societ.
Tali restrizioni non possono giungere alla soppressione del diritto di sciopero od allimpedimento del suo esercizio legale.
(Stralci)
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professioni avranno presi da se stessi le misure interne che si possono equamente pretendere
da loro.
La legislazione federale emanata in virt del cpv. 3, lett. a e b, deve salvaguardare lo sviluppo
dei gruppi economici che si fondano sul mutuo aiuto.
Art. 31-quinquies. [aggiunto nel 1947 ed emend. nel 1978]. La Confederazione adotta misure per una equilibrata evoluzione congiunturale, segnatamente per prevenire e combattere
la disoccupazione e il rincaro. Essa collabora con i Cantoni e con leconomia.
Nelladozione di misure nei settori monetario e creditizio, delle finanze pubbliche e dei rapporti economici con lestero, la Confederazione pu, se necessario, derogare al principio della
libert di commercio e dindustria. Essa pu obbligare le imprese a costituire riserve di crisi
fiscalmente privilegiate. Dopo la liberazione di queste riserve, le imprese ne decidono liberamente limpiego nellambito degli scopi stabiliti dalla legge.
La Confederazione, i Cantoni e i Comuni allestiscono i propri bilanci di previsione tenendo
conto delle esigenze della situazione congiunturale. Per stabilizzare la congiuntura, la Confederazione ha facolt, a titolo temporaneo, di riscuotere supplementi o concedere ribassi sulle
imposte e sulle tasse federali. I fondi cos assorbiti devono essere sterilizzati fintanto che la
situazione congiunturale lo esiga. Le imposte e tasse federali dirette saranno poi individualmente rimborsate e quelle indirette devolute allassegnazione di ribassi o a procurare occasioni di lavoro.
La Confederazione tien conto delle disparit nelle sviluppo economico delle diverse regioni
del Paese.
La Confederazione procede alle indagini richieste dalla politica congiunturale.
Art. 31-sexies. [aggiunto nel 1981]. La Confederazione prende provvedimenti per proteggere
i consumatori salvaguardando glinteressi delleconomia nazionale e rispettando il principio
della libert di commercio e dindustria.
Nellambito della legislazione federale sulla concorrenza sleale, alle organizzazioni dei consumatori spettano gli stessi diritti di quelli accordati alle associazioni professionali ed economiche.
I Cantoni prevedono una procedura di conciliazione o una procedura giudiziaria semplice e
rapida per le controversie derivanti da contratti tra consumatori finali e fornitori fino a un
valore litigioso stabilito dal Consiglio federale.
Art. 31-septies. [aggiunto nel 1982]. Per impedire abusi nella formazione dei prezzi, la Confederazione emana disposizioni sulla sorveglianza dei prezzi e dei prezzi raccomandati per
merci e servizi offerti da imprese e organizzazioni dominanti il mercato, segnatamente da
cartelli e organizzazioni analoghe, di diritto pubblico o privato. Se il fine lo richiede, tali prezzi
possono essere ridotti.
Art. 34. La Confederazione in diritto di statuire disposizioni uniformi sullimpiego dei fanciulli nelle fabbriche e sulla durata del lavoro di persone adulte nelle medesime. Essa ha chiaramente il diritto di emanare dispositivi per la protezione degli operai contro lesercizio di
industrie malsane e pericolose.
Le operazioni delle agenzie di emigrazione e delle imprese private nel ramo delle assicurazioni
sono sottoposte alla sorveglianza e alla legislazione della Confederazione.
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Art. 34-bis. [aggiunto nel 1890]. La Confederazione introdurr per legge lassicurazione contro glinfortuni del lavoro e le malattie, tenendo conto delle casse di soccorso esistenti.
Essa pu dichiarare questassicurazione obbligatoria per tutti, o per certe classi di cittadini
soltanto.
Art. 34-ter. [aggiunto nel 1908, emend. nel 1947 e nel 1976]. La. Confederazione ha il diritto
di emanare disposizioni:
a) sulla protezione dei lavoratori;
b) sui rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, segnatamente sul disciplinamento comune
delle questioni che interessano lazienda e la professione;
c) sul conferimento del carattere obbligatorio generale a contratti collettivi di lavoro o ad
altri accordi, tra associazioni di datori di lavoro e lavoratori, per favorire la pace del lavoro:
d) su una compensazione adeguata del salario o del guadagno perduto in conseguenza del
servizio militare;
e) sul servizio di collocamento;
f) (abrogato nel 1976).
g) sulla formazione professionale nellindustria, nellartigianato, nel commercio, nellagricoltura e nei servizi delleconomia domestica.
Il carattere obbligatorio generale previsto nella lettera pu essere conferito solo per i rapporti
di lavoro tra datori di lavoro e lavoratori, e solo se i contratti o gli accordi tengono debito
conto delle diversit regionali, degli interessi legittimi delle minoranze e rispettano leguaglianza innanzi alla legge e la libert dassociazione.
Le disposizioni dellart. 32 sono applicabili per analogia.
Art. 34-quater. [aggiunto nel 1928 ed emendato nel l972]. La Confederazione prende i provvedimenti necessari per realizzare una sufficiente previdenza per la vecchiaia, i superstiti e
linvalidit. Essa composta di unassicurazione federale, della previdenza professionale e
della previdenza individuale.
La Confederazione istituisce, in via legislativa, unassicurazione per la vecchiaia, i superstiti e
linvalidit, obbligatoria per tutta la popolazione. Questa assicurazione eroga prestazioni in
denaro ed in natura. Le rendite devono compensare adeguatamente il fabbisogno vitale. La
rendita massima non deve superare il doppio della rendita minima. Le rendite devono essere
adattate almeno allevoluzione dei prezzi. I Cantoni cooperano allattuazione dellassicurazione; possono essere chiamate a cooperare associazioni professionali e altre organizzazioni
private o pubbliche. Lassicurazione finanziata:
a. con i contributi degli assicurati; trattandosi di salariati, la met dei contributi a carico del
datore di lavoro;
b. con un contributo della Confederazione non eccedente la met delle uscite e coperto, in
primo luogo, dai proventi detti dellimposta e dei dazi doganali sul tabacco, e dallimposizione
fiscale sulle bevande distillate secondo il disposto dellarticolo 32-bis capoverso 9;
c. qualora la legge desecuzione lo preveda, con un contributo cantonale che riduce corrispondentemente quello federale.
La Confederazione prende, in via legislativa, le seguenti misure in materia di previdenza professionale, allo scopo di permettere alle persone anziane, ai superstiti e agli invalidi di man-
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IL LAVORATORE RITROVATO
tenere in modo adeguato il loro precedente tenore di vita e tenuto conto delle prestazioni
dellassicurazione federale:
a. obbliga i datori di lavoro ad assicurare il personale presso una istituzione di previdenza
aziendale, amministrativa o di associazione, o presso una istituzione analoga, e ad assumersi
almeno la met dei contributi;
b. fissa le esigenze minime cui queste istituzioni di previdenza devono soddisfare; per risolvere certi problemi speciali, possono essere previsti provvedimenti a livello nazionale;
c. cura affinch ogni datore di lavoro abbia la possibilit di assicurare il proprio personale
presso unistituzione di previdenza; pu istituire una cassa federale;
d. vigila affinch le persone che svolgono unattivit lucrativa indipendente abbiano la possibilit di assicurarsi facoltativamente presso unistituzione di previdenza professionale, a
condizioni equivalenti a quelle offerte ai lavoratori dipendenti. Lassicurazione pu, in generale o per la copertura di rischi particolari, essere resa obbligatoria per alcune categorie di
persone che svolgono unattivit lucrativa indipendente.
La Confederazione cura affinch lassicurazione federale e la previdenza professionale si possano sviluppare, a lunga scadenza, conformemente al loro scopo.
I Cantoni possono essere obbligati a concedere esenzioni fiscali alle istituzioni dellassicurazione federale o della previdenza professionale, come pure sgravi fiscali agli assicurati e ai
loro datori di lavoro, per quanto concerne i contributi o i diritti di aspettativa.
La Confederazione, in collaborazione con i Cantoni, promuove la previdenza individuale, segnatamente con provvedimenti di politica fiscale e di politica in materia di propriet.
La Confederazione promuove lintegrazione degli invalidi e sostiene gli sforzi intrapresi in favore delle persone anziane, dei superstiti e degli invalidi. Essa pu usare a tale scopo i mezzi
finanziari dellassicurazione federale.
Art. 34-quinquies. [aggiunto nel 1945 ed emendato nel 1972]. La Confederazione tiene
conto, nellesercizio dei poteri che le sono conferiti e nei limiti della Costituzione, dei bisogni
della famiglia.
La Confederazione autorizzata a legiferare in materia di cassa di compensazione per le famiglie. Essa pu dichiarare obbligatoria, per tutta la popolazione o per taluni gruppi di essa,
laffiliazione a queste casse. Essa tiene conto delle casse esistenti, appoggia gli sforzi dei Cantoni per la fondazione di nuove casse e pu istituire una cassa nazionale di compensazione.
Essa pu far dipendere le sue prestazioni finanziarie da unequa partecipazione dei Cantoni.
La Confederazione istituir, per via legislativa, lassicurazione per la maternit. Essa potr dichiarare obbligatoria, in generale o per taluni gruppi della popolazione, laffiliazione a questa
assicurazione e obbligare al versamento di contributi anche persone che non possono fruire
delle prestazioni dellassicurazione. Essa pu far dipendere le sue prestazioni finanziarie da
unequa partecipazione dei Cantoni.
Le leggi emanate in virt del presente articolo saranno attuate con il concorso dei Cantoni;
si potr ricorrere alla collaborazione di associazioni di diritto pubblico e privato.
Art. 34-sexies. [aggiunto nel 1972]. La Confederazione adotta le misure intese a promuovere, segnatamente con la riduzione dei costi, la costruzione di alloggi e lacquisto in propriet
dappartamenti o case. La legislazione federale determiner le condizioni alle quali sar subordinata la concessione dellaiuto della Confederazione.
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di previdenza e la beneficienza.
Articolo 40
1. Ognuno ha diritto all'abitazione.
Nessuno puo' essere privato arbitrariamente dell'abitazione.
2. Gli organi del potere dello Stato e gli organi dell'autogoverno locale incoraggiano la costruzione di abitazioni e creano le condizioni per rendere effettivo il diritto all'abitazione.
3. Agli indigenti, e agli altri cittadini indicati dalla legge, bisognosi di un'abitazione, questa
assegnata gratuitamente o a prezzo agevolato, con risorse abitative statali, municipali o di
altro tipo, in conformita' alle regole stabilite dalla legge.
Articolo 41
1. Ognuno ha diritto alla tutela della salute e all'assistenza medica.
Nelle istituzioni sanitarie statali e municipali l'assistenza medica prestata ai cittadini gratuitamente ed finanziata con le risorse del relativo bilancio, con contributi assicurativi e
con altre entrate.
2. La Federazione Russa finanzia programmi per la tutela e il miglioramento della salute della
popolazione, adotta misure per lo sviluppo del sistema sanitario statale, municipale e privato,
incoraggia le attivita' idonee a favorire il miglioramento della salute della persona, lo sviluppo
della cultura fisica e dello sport, il benessere ecologico e sanitario-epidemiologico.
3. L'occultamento, da parte di funzionari pubblici, di fatti e circostanze, che costituiscono una
minaccia per la vita e la salute delle persone, per essi fonte di responsabilita', secondo la
legge federale.
Articolo 42
Ognuno ha diritto ad un ambiente naturale idoneo, a informazioni affidabili sull'ambiente e
al risarcimento del danno, alla salute o alle cose, prodotto da illeciti ambientali.
(Stralci)
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fessionali, sar trattenuto in busta-paga, a sostegno del sistema confederale della relativa
rappresentanza sindacale, indipendentemente dallammontare del contribuito previsto dalla
legge;
V. nessuno avr lobbligo di iscriversi o restare iscritto al sindacato;
VI. i sindacati sono obbligati a partecipare alle trattative collettive di lavoro;
VII. i pensionati iscritti hanno diritto di votare e di essere votati nelle organizzazioni sindacali;
VIII. vietato lallontanamento del lavoratore iscritto al sindacato a partire dalla registrazione
della sua candidatura a incarichi dirigenziali o rappresentanza sindacale e, se eletto, anche
se supplente, fino a un anno dopo la fine del mandato, tranne nel caso che venga commessa
una colpa grave, nei termini previsti della legge.
Paragrafo unico. Quanto previsto dal presente articolo si applica alle organizzazioni dei sindacati dei lavoratori rurali e dei pescatori, una volta rispettate le condizioni stabilite dalla
legge.
Art. 9. E assicurato il diritto di sciopero; spetta ai lavoratori decidere sullopportunit di esercitarlo e sugli interessi che debbano essere difesi per mezzo dello stesso.
1 La legge definir i servizi o le attivit essenziali e disporr in merito alla salvaguardia delle
necessit a cui la comunit non pu rinunciare.
2 I responsabili di abusi saranno sottoposti alle pene previste dalla legge.
Art. 10. Eassicurata la partecipazione dei lavoratori e dei datori di lavoro negli organi collegiali
pubblici in cui i loro interessi professionali o previdenziali siano oggetto di discussione o delibera.
Art. 11. Nelle imprese con pi di duecento impiegati, garantita lelezione di un loro rappresentante con la finalit esclusiva di promuovere le relazioni dirette con i datori di lavoro.
(Stralci)
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del paese che sono. Lo Stato promuove l'emulazione socialista del lavoro, e loda e premia
modello e operai avanzati. Lo Stato incoraggia i cittadini a prendere parte a lavoro volontario.
Lo Stato fornisce la formazione professionale necessaria per i cittadini prima di essere impiegati.
Articolo 43
I lavoratori della Repubblica popolare cinese hanno il diritto di riposare. Lo stato ampliastrutture per il riposo e di recupero delle persone che lavorano e prescrive l'orario di lavoro e le
vacanze per i lavoratori e il personale.
Articolo 44
Lo Stato applica il sistema di pensionamento per i lavoratori e il personale delle imprese e
delle istituzioni e per i funzionari di organi dello Stato secondo la legge. Il sostentamento del
personale in quiescenza assicurata dallo Stato e della societ.
Articolo 45
I cittadini della Repubblica Popolare Cinese ha il diritto di assistenza materiale da parte dello
Stato e della societ quando sono vecchi, malati o disabili. Lo stato sviluppa assicurazioni sociali, di assistenza sociale e servizi medici e sanitari che sono necessari per i cittadini di godere
di questo diritto. Lo stato e la societ garantire il sostentamento dei membri disabili delle
forze armate, le pensioni alle famiglie dei martiri e dare un trattamento preferenziale alle famiglie dei militari. L'aiuto di Stato e societ prendono accordi per il sostentamento di lavoro,
e l'istruzione dei ciechi, dei cittadini sordomuti e altri portatori di handicap.
Articolo 46
I cittadini della Repubblica Popolare Cinese hanno il dovere e il diritto di ricevere
un'istruzione. Lo Stato promuove la sviluppo a tutto tondo dei bambini e dei giovani, mralmente, intellettualmente e fisicamente.
(Stralci)
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CARTA ATLANTICA
(firmata da Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill) 1941
Essi desiderano attuare fra tutti i popoli la pi piena collaborazione nel campo economico,
al fine di assicurare a tutti migliori condizioni di lavoro, progresso e sicurezza sociale... (la
Carta Atlantica ispir in buona misura la successiva Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo, n.d.a.).
(Stralci)
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dellUcio internazionale del Lavoro la sua accettazione formale degli obblighi derivanti dalla
Costituzione dellOrganizzazione.
5. Nessun Membro potr uscire dallOrganizzazione internazionale del Lavoro senza avere
preventivamente comunicato la sua intenzione al Direttore generale del- lUcio internazionale del Lavoro. Siatta dichiarazione avr eetto due anni dopo la data del suo ricevimento
da parte del Direttore generale con la riserva che il Membro a questa data abbia adempito
tutti gli obblighi nanziari risultanti dalla sua qualit di Membro. Nel caso in cui un Membro
abbia raticato una convenzione internazionale del lavoro, questa uscita non inrmer in
modo alcuno la validit, per il periodo previsto dalla convenzione, degli obblighi risultanti
dalla convenzione stessa o che ad essa si riferiscono.
6. Nel caso in cui uno Stato avesse cessato di essere Membro dellOrganizzazione, la sua riammissione come Membro sar disciplinata dalle norme dei paragra 3 o 4 del presente articolo.
Art. 10
1. I compiti dellUcio internazionale del Lavoro comprendono la raccolta e la distribuzione
di ogni informazione concernente la disciplina internazionale delle condizioni dei lavoratori
e del regime del lavoro, in particolare lo studio delle questioni da sottoporre alla Conferenza
per la conclusione di convenzioni internazionali e lesecuzione di inchieste speciali ordinate
dalla Conferenza o dal Consiglio di amministrazione.
2. Con riserva delle direttive che potrebbero essergli impartite dal Consiglio damministrazione, lUcio:
a) prepara la documentazione concernente i diversi oggetti allordine del giorno delle sessioni
della Conferenza;
b) fornisce ai governi, se richiesto e nel limite dei mezzi a sua disposizione, un adeguato aiuto
per lelaborazione delle leggi in base alle decisioni della Conferenza, come pure per il miglioramento della pratica amministrativa e dei sistemi dispezione;
c) adempie, secondo le disposizioni della presente Costituzione, gli obblighi che gli incombono
per quanto concerne losservanza eettiva delle convenzioni;
d) redige e pubblica nelle lingue che il Consiglio damministrazione reputa opportuno scritti
concernenti questioni dinteresse internazionale relative allindustria ed al lavoro.
3. In generale esercita tutti gli altri poteri e funzioni che la Conferenza od il Consiglio damministrazione stima opportuno di assegnarli.
Allegato
Dichiarazione sugli scopi dellOrganizzazione internazionale del lavoro
La Conferenza generale dellOrganizzazione internazionale del Lavoro, riunita a Filadela nella
sua ventiseiesima sessione, adotta in questo decimo giorno di maggio 1944 la presente dichiarazione sugli scopi e le mete dellOrganizzazione internazionale del Lavoro e sui princip
che devono guidare la politica dei suoi Membri.
I.
La Conferenza riaerma i princip fondamentali sui quali si fonda lOrganizzazione, cio in
particolare:
II.
a) il lavoro non una merce;
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zione della produzione, come pure la collabora- zione del lavoratori e dei datori di lavoro nellelaborazione e nellapplicazione della politica sociale ed economica;
f) lestensione delle misure di sicurezza sociale, per potere garantire a tutti coloro che hanno
bisogno di siatta protezione, un reddito base, come pure cure mediche complete;
g) una protezione adeguata della vita e della salute dei lavoratori in ogni campo dattivit;
h) la protezione dellinfanzia e della maternit;
i) lintroduzione di condizioni soddisfacenti, alimentari e di alloggio, come pure listituzione
di sucienti possibilit ricreative e culturali;
j) la garanzia di possibilit eguali nel campo delleducazione e della formazione professionale.
IV.
La Conferenza convinta che unutilizzazione pi completa e pi estesa delle risorse produttive della terra, necessaria per lattuazione degli scopi enumerati nella presente Dichiarazione,
pu essere garantita mediante unazione ecace nel campo nazionale ed internazionale, in
particolare con misure intese a promuovere lespansione della produzione e del consumo, a
evitare gravi uttuazioni economiche, a conseguire il progresso economico e sociale delle regioni meno progredite, a garantire una maggiore stabilit dei prezzi delle materie prime e
delle derrate sul mercato mondiale e a favorire lo sviluppo di un commercio internazionale
esteso e costante. La conferenza promette perci lintera collaborazione dellOrganizzazione
inter- nazionale del Lavoro a tutte le organizzazioni internazionali, alle quali fosse adata
una parte di responsabilit nellattuazione di questo grande compito, come pure nel miglioramento della sanit, delleducazione e del benessere di tutti i popoli.
V.
La Conferenza aerma che i principi enunciati nella presente Dichiarazione sono integralmente applicabili a tutti i popoli del mondo e che, se nella loro applicazione, si deve tenere
debito conto dello sviluppo sociale ed economico di ogni popolo, la loro applicazione progressiva ai popoli che sono ancora dipendenti da altri, come pure a tutti i popoli che si governano da s, interessa il mondo civile nel suo complesso.
(Stralci)
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Art. 9: Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo alla sicurezza
sociale, ivi comprese le assicurazioni sociali.
Art. 10: Gli Stati parti del presente Patto riconoscono che:
1. La protezione e l'assistenza pi ampia che sia possibile devono essere accordate alla famiglia, che l'unico nucleo naturale e fondamentale della societ, in particolare per la
sua costituzione e n quando essa abbia la responsabilit del mantenimento e dell'educazione dei gli a suo carico. Il matrimonio deve essere celebrato con il libero consenso
dei futuri coniugi.
2. Una protezione speciale deve essere accordata alle madri per un periodo di tempo ragionevole prima e dopo il parto. Le lavoratrici madri dovranno beneciare, durante tale
periodo, di un congedo retribuito o di un congendo accompagnato da adeguate prestazioni di sicurezza sociale.
3. Speciali misure di protezione e di assistenza devono essere prese in favore di tutti i fanciulli e gli adolescenti senza discriminazione alcuna per ragioni di liazione o per altre ragioni. I fanciulli e gli adolescenti devono essere protetti contro lo sfruttamento economico
e sociale. Il loro impiego in lavori pregiudizievoli per la loro moralit o per la loro salute,
pericolosi per la loro vita, o tali da nuocere al loro normale sviluppo, deve essere punito
dalla legge. Gli Stati devono altres ssare limiti di et al di sotto dei quali il lavoro salariato
di manodopera infantile sar vietato e punito dalla legge.
Art. 11:
1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita
adeguata per s e per la propria famiglia, che includa un'alimentazione, un vestiario, ed
un alloggio adeguati, nonch al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita.
Gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal ne l'importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul
libero consenso.
2. Gli Stati parti del presente Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo
alla libert dalla fame, adotteranno, individualmente e attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e fra queste anche programmi concreti, che siano necessarie:
a. per migliorare i metodi di produzione, di conservazione e di distribuzione delle derrate
alimentari mediante la piena applicazione delle conoscenze tecniche e scientiche,
la diusione di nozioni relative ai princpi della nutrizione, e lo sviluppo o la riforma
dei regimi agrari, in modo da conseguire l'accrescimento e l'utilizzazione pi ecaci
delle risorse naturali;
b. per assicurare un'equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai
bisogni, tenendo conto dei problemi tanto dei paesi importatori quanto dei paesi
esportatori di derrate alimentari.
Art. 12:
1. Gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute sica e mentale che sia in grado di conseguire.
2. Le misure che gli Stati parti del presente Patto dovranno prendere per assicurare la piena
attuazione di tale diritto comprenderanno quelle necessarie ai seguenti ni:
a. la diminuzione del numero dei nati-morti e della mortalit infantile, nonch il sano
sviluppo dei fanciulli;
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La cartella per la sottoscrizione lanciata dal Pci nel giugno del 1946 per far fronte
alle spese per la campagna per le elezioni dellAssemblea Costituente
Turati, Saragat
e le Ragioni del Riformismo
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episodici della lotta. La violenza, che per noi non un programma, non pu
e non deve essere un programma, che alcuni accettano in toto e vogliono organizzare e preparare i cosiddetti comunisti puri, chiamateli come volete
che altri accettano a mezzo, guadagnando tutte le conseguenze dannose e
nessun utile che la violenza potrebbe per avventura, nella mente di quegli
altri, contenere in s, noi, come programma, la riutiamo.
Dittatura del proletariato, dittatura di minoranza
La dittatura del proletariato, per noi, o dittatura di minoranza, e allora
imprescindibilmente dispotismo tirannico, o dittatura di maggioranza, ed
un vero non senso, perch la maggioranza non dittatura, la volont del
popolo, la volont sovrana. E da ultimo, altro segno di distinzione, il proposito della costrizione del pensiero allinterno del Partito, la persecuzione
delleresia, da cui nasciamo; nostra madre, o gliuoli, o fratelli carissimi,
come direbbe un predicatore la persecuzione della eresia nellinterno del Partito, che fu lorigine e la vita stessa del Partito, la sua forza rinnovatrice ad
ogni istante, la garanzia che esso possa lottare contro tutte le forze intellettuali e materiali che gli si parano di fronte. Tutte forme queste violenza,
culto della violenza, dittatura del proletariato, persecuzione delleresia che
si risolvono in una sola: nel culto della violenza interna, dir cos, e esterna,
e che hanno un solo presupposto semplichiamo la questione nella quale
il vero punto di ogni divergenza e cio quello che per noi lillusione
che la rivoluzione sociale, intendiamoci, non una rivoluzione politica, che abbatte e cambia sistema, sia il fatto volontario di un giorno o di un mese o di
qualche mese, sia limprovviso alzarsi di un sipario, il calare di uno scenario
nuovo, sia il domani di un post-domani di un calendario, mentre il fatto di
ieri, di oggi, di sempre, che esce dalle viscere stesse della societ capitalistica,
di cui noi creiamo soltanto la consapevolezza, che noi possiamo soltanto agevolare nei molteplici adattamenti della vita politica, ma non possiamo n
creare, n apprestare, n precipitare, che dura da decenni, che si avverer
tanto pi presto quanto meno lo sforzo della violenza, quanto meno il culto
della violenza provocante, bruta, prematura, e quindi destinata al fallimento,
esasperando resistenze avversarie e provocando reazioni e contro rivoluzioni,
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passato oh! vi dar un consiglio che vi far ridere, ma a torto lo fareste storia
che magnicamente riassunta in un articolo contenuto nel numero di dicembre della Nuova Antologia scritto da un nostro avversario, Filippo Meda, con
una comprensione storica quale dicilmente noi avremmo avuto leggetelo
quellarticolo la storia dei nostri Congressi dimostra che la lotta di oggi acuita
dalla guerra, inasprita dalle conseguenze della guerra la lotta che stata
sempre combattuta, e nella quale il culto della violenza rinasce, fu smantellato,
demolito, torna a rinascere in varie truccature a seconda del momento e delle
circostanze, ma sempre lunica lotta che si combattuta e nella quale sempre
il socialismo antico, quello classico, il socialismo che crea le coscienze, le organizzazioni, gli organismi, venuti a poco a poco, per acquisizioni successive,
sempre stato il vincitore, pure avendo lindomani a combattere la stessa lotta.
Non da oggi che siamo socialtraditori: lo siamo stati per tutta la nostra vita,
lo fummo sempre.
Dal partito operaio al partito socialista
Allepoca degli scioperi generali chi non lo ricorda? di quelli anche economici, a ripetizione, non eravamo noi che difendevamo le ragioni della borghesia perch ci opponevamo a quella perdita di forze, a quellalbuminuria, a quel
diabete a cui labuso della grande arma dello sciopero sottoposero il Partito e
la classe? Il Partito operaio, dal 1880 al 1890, era una reazione utile di fronte
al vecchio corporativismo infetto di tutta la lue labourista, labuso della casacca, e via via, e noi abbiamo combattuto, cercando di renderlo un Partito
politico nel senso moderno della parola, e fummo derisi, sospetti. Abbiamo
poi vinto. Nel 1891-92 il Partito operaio a Milano prima, a Genova poi, si allargava nel concetto del Partito dei lavoratori italiani in senso pi alto, pi vario,
pi largo, perch nei lavoratori c anche loperaio dellintelligenza, il professionale, e via via, e noi imprimevamo nella massa quellanelito alla conquista
del potere politico che oggi ci annuncia Terracini come cosa sua, ed anche allora
eravamo segnati a dito come traditori da quellanarchismo inconscio che cera
nella massa operaia. A Parma nel 1894, quando si cre il Partito socialista con
questo nome, la vittoria fu completa e le manette, il carcere, il domicilio coatto
ci servirono per far correre avanti a pi rapidi passi la concezione politica che
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era stata prima derisa, vilipesa, sospettata. Era il concetto della conquista del
potere contro lazione che per carit, non ve labbiate a male chiamer preadamitica di quel Partito operaio che non ammette che lazione teorica, che considera la lotta elettorale come un mezzo di propaganda escludendo che si possa
pensare alla conquista proletaria del potere.
Il divorzio dei socialisti dagli anarchici
Nel 1892 ci fu la grande lotta a Genova contro gli anarchici, dolorosa anche
per noi. Abbiamo vinto, ce ne siamo separati, molti degli anarchici di sentimento che diventarono pi colti, pi riessivi a poco a poco tornarono nelle
nostre le e contiamo fra essi alcuni dei nostri migliori compagni anche oggi.
Forse che ci divideva dagli anarchici la visione della societ futura? Ma neanche per sogno! Noi, proiettando la nostra speranza nellavvenire, possiamo
essere anarchici e lanarchismo il pi perfetto ideale di societ futura, salvo
le possibilit graduali. Non era questo quello che ci divideva. Era limpazienza,
il miracolismo, il culto della violenza, queste le sole ragioni di quella lotta nella
quale siamo stati vincitori. Dal 94 al 98 ricordate ci che avvenne? Lo sciopero generale, il primo, la lotta col sindacalismo, lo sciopero di Parma; i vecchi
ricordano bene, anche i semi-vecchi. Ebbene, anche allora fu la stessa cosa. l
sindacalismo, lazione diretta, era il vero sovietismo italiano, solamente tentato allitaliana, era veramente la superiorit degli operai, indipendentemente
dalla conquista dello Stato, che doveva imporsi a regnare, non c niente di
uguale anche nei fenomeni storici, che pur si riproducono eternamente identici
nella storia nellintimo loro era il primo sovietismo nostro che precedeva
Mosca, eravamo pi avanti
Quando svanir il mito russo...
Lanarchismo di un tempo fu dissolto, fu spazzato via, ma rinasce sempre dalle
ceneri o tenta di rinascere. Oggi la guerra lo ha fatto rinascere. Il corporativismo fu dissolto, il sindacalismo fu rigettato, il labriolismo and al potere, il
ferrismo fece le capriole che sapete, lintegralismo anche esso spar, e rimase
il nucleo vitale dei socialtraditori, il vile riformismo, il marcio riformismo, per
alcuni, il socialismo vero per altri, immortale, invincibile, inesorabile, che pu
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essere minoranza oggi, maggioranza domani, ma che salva il Partito, che conduce la classe, che tesse la sua tela ogni giorno e compie quella dura e tenace
fatica di cui parlava Engels nel periodo che vi ho citato, che non fa miracoli,
che non si culla nelle illusioni delle cose precipitate, che crea oggi una cooperativa, domani fa un sindacato di resistenza, posdomani si occupa della cultura
operaia, senza della quale non usciremo mai da questi dolorosi anfratti, che
si impossessa dei Comuni, del Parlamento, di tutti gli organi, a poco a poco,
giorno per giorno, che crea lentamente ma sicuramente la maturit delle cose
e degli animi, crea lo Stato di domani e gli uomini capaci di manovrare il timone. Sempre socialtraditori, in un momento, sempre vincitori alla ne.Ricordate questo fenomeno. La lotta sar questa volta pi dura, lenta, ma sar lo
stesso leetto, e fra qualche anno quando anche il mito russo, che avete torto
di confondere con la rivoluzione russa, cui applaudo con tutto il cuore quando
il mito, quello che di religioso nei vostri animi, il mito bolscevico, sar evaporato, quando il bolscevismo attuale o avr fatto fallimento o sar trasformato dalla forza delle cose, la nostra vittoria verr.
Imperialismo e nazionalismo orientale
Quando sotto le lezioni dellesperienza, e speriamo che non sia troppo dura
per lItalia e non debbano versarsi quei torrenti sanguinosi che si versarono
in Ungheria, quando sotto la lezione delle cose voi avrete inteso pi che non
abbiate inteso ora; quando le vostre aermazioni di oggi saranno da voi stessi
onestamente abbandonate e sconfessate; e i Consigli degli operai e dei contadini, a cui non si aggiungono i soldati non so perch, dovranno pur cedere
il passo a quel grande Parlamento proletario in cui sar riassunta tutta la forza
intellettuale, politica e tecnica di tutto il proletariato italiano alleato al proletariato di tutto il mondo, solo allora avrete inteso come il fenomeno russo sia
un grande fenomeno storico, ma non nel solo aspetto, forse il pi caduco, il
meno vitale che voi considerate vedendone lapplicazione puramente tecnica
e meccanica, che non sar possibile e che se poi possibile ci ricondurrebbe
al medioevo, avrete capito intelligenti come voi siete che la forza del bolscevismo russo in un nazionalismo russo che avr una grande inuenza nella
storia del mondo come opposizione allimperialismo dellIntesa, ma che pur
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Giuseppe Saragat allassemblea costitutiva sul Psli Palazzo Barberini 11 gennaio 1947
Liberati dalle pesanti ipoteche che gravano su di noi nel partito fusionista, potremo porre il problema dei nostri rapporti con i comunisti su di un piano non
pi polemico ma umano e, ardisco sperare, fraterno. Se i fusionisti con il loro
funesto atteggiamento non ci avessero preclusa sino ad oggi questa strada
penso che saremmo riusciti sin da un pezzo a creare un movimento socialista
sottratto a ogni complesso di inferiorit... Qual compagni, il dissenso di carattere ideologico che ci separa dai comunisti? E prima di tutto cos compagni la
democrazia. La democrazia non altro che la partecipazione fervida, continua
di tutto il popolo alla vita politica. Nellinterno di un partito la stessa cosa.
La vera unit della classe lavoratrice
La democrazia la partecipazione di tutti i compagni alla vita del Partito. La
differenza che passa fra noi e i comunisti questa: mentre i comunisti fanno
partecipare i loro militanti alla loro vita interna del partito per tutto ci che si
riferisce alla parte organizzativa e su questo piano bisogna riconoscere sono
veramente ammirevoli li escludono per dalla formulazione delle linee direttive generali che vengono dettate sempre dallalto. Ora queste linee direttive potranno anche essere le migliori di questo mondo, ma la base comunista
non ha diritto di interferire su di esse. Noi intendiamo per democrazia la partecipazione di tutti i militanti non solo allorganizzazione del Partito ma allelaborazione delle linee fondamentali che orientano lazione comune.
Uno degli scopi essenziali del nostro partito di creare le premesse per la vera
unit della classe lavoratrice. Unit che non pu che realizzarsi sul piano democratico dove tutte le correnti possono armonizzarsi in concorso fecondo.
Mai si visto un rovesciamento pi radicale delle tradizionali concezioni socialiste. Mai si assistito ad un diniego pi violento di quei principi su cui sono
fondati i nostri ideali. La nozione del mezzo ha soverchiato quella del fine. La
lotta di classe come strumento dellabbattimento del capitalismo e linstaurazione di una societ libera ed associata si risolve in una lotta per linstaura-
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degli uffici, che rende possibili non solo lavvento al potere delle classi popolari
ma la gestione di esso in forme non terroristiche, cio in forme civili. Ricordiamoci daltronde che il socialismo non pu che essere il risultato del concorso
della grande maggioranza del popolo. Questa solidariet tra i lavoratori del
ceto medio e i lavoratori delle officine dettata non soltanto da considerazioni
politiche ma da necessit economiche. Nelle grandi fabbriche le forze produttive sono gi socializzate, mentre i rapporti di produzione sono ancora di natura
privata. Si tratta semplicemente di mettere i secondi in armonia con le prime...
Noi sappiamo che nel nostro Paese il socialismo pu trionfare per opera s della
classe operaia, ma di una classe operaia che avr legato a s, per luniversalit
dei suoi fini e per lumanit dei suoi sforzi, tutte le forze del lavoro... Abbiamo
visto che sempre quando il proletariato ha legato a s con una vera politica
democratica i lavoratori del ceto medio, si sono fatti dei passi in avanti e che,
proprio quando li ha respinti, si andati incontro a catastrofi. Il fascismo nato
da questa divisione delle forze del lavoro e dalla conseguente polarizzazione
del ceto medio attorno al capitalismo monopolistico. La Repubblica invece
nata dalla fraterna alleanza dei lavoratori dei campi e delle officine con i lavoratori degli uffici.
(Stralci)
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gramma delibera: di informare la organizzazione del Partito Socialista Italiano ai supposti principi; di aderire alla Terza Internazionale che lorganismo del proletariato mondiale che tali principi propugna e difende; di
promuovere accordi con le organizzazioni sindacali che sono sul terreno della
lotta di classe perch informino la loro azione per la pi profonda realizzazione
dei supposti princpi.
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Pi si invecchia, pi si pensa a lunghissimo termine. Anche da vecchio ho ancora stretti tra le mani i tre valori fondamentali del Programma di Bad Godesberg: libert, giustizia, solidariet. E credo che la giustizia richieda oggi pari
opportunit per le nuove generazioni. Parlava cos alcuni anni fa Helmut
Schmidt, ultimo Patriarca della Spd, davanti alla platea della conferenza nazionale del partito. Un riferimento all'Anima Ideale uscita rifondata da quel
lontano congresso. Una vera e propria rivoluzione: pacifica, silenziosa, senza
armi, feriti e morti. L'unica vittima: l'Ortodossia Marxista abbandonata da un
partito pi vecchio della stessa Germania. Bad Godesberg per la sinistra italiana una sorta di fantasma, in alcuni casi di incubo. Perch sul panorama
politico dell'epoca si abbatt violentemente facendo venire meno certezze
consolidate, mettendo in discussione punti di riferimento che buona parte
della sinistra italiana non era in grado e non voleva mettere in discussione. Ci
sono voluti decenni perch quel Fantasma fosse accettato come contributo
al rinnovamento, come esempio da seguire per la costruzione di una sinistra
di governo.
Un percorso, sotto molti aspetti, addirittura ancora incompiuto, anche oggi a
oltre mezzo secolo di distanza. Discussero per tre giorni, dal 13 al 15 novembre del 1959, in maniera anche accesa nei saloni dell'Hotel La Redoute di Bad
Godesberg, un sobborgo di Bonn, all'epoca capitale di una Germania Federale
ancora divisa. I delegati erano trecentoquaranta e tra di loro vi era il futuro
Cancelliere e premio Nobel per la pace, a quell'epoca Borgomastro di Berlino,
Willy Brandt. E c'era anche un ragazzo di diciannove anni che si sarebbe laureato in sociologia e sarebbe diventato uno dei leader del '68, Rudi Dutschke.
Il ragazzo guidava l'organizzazione studentesca, la Sds, e alla svolta si oppose
ferocemente. Al pari di alcuni delegati come quello di Erlangen, Dorsch, che
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raccolse consensi nemmeno nel Partito Socialista tanto vero che Riccardo
Lombardi individu nella svolta un'origine servile mentre Pietro Nenni ribad
con chiarezza: Il movimento operaio e socialista ha il suo obiettivo insostituibile nella soppressione del sistema di classe capitalista. Lo storico Giuseppe Tamburrano ha sottolineato anni fa in un servizio del Corriere della Sera
che tutta la sinistra italiana reag male alla svolta della Spd. Anche la rivista
dei socialisti riformisti Critica Sociale, la pi aperta e sensibile alle istanze
del revisionismo giudic negativamente, proprio con un mio articolo, Bad Godesberg. E persino Saragat storse il naso: oggi pu sembrare strano ma era
un marxista ortodosso e si contrapponeva al leninismo giudicandolo un'aberrazione, un tradimento. Riteneva Marx un pensatore democratico e libertario,
la negazione del totalitarismo.
Nonostante pi di mezzo secolo sia trascorso, Bad Godesberg ha ancora una
sua vitalit. Non un caso che Helmut Schmidt faccia riferimento proprio a
quel congresso, a quei giorni turbolenti e avvincenti che produssero una svolta
epocale nella socialdemocrazia tedesca. Ancora oggi il senso di quel dibattito
pu tornare utile. In Germania e soprattutto in Europa. Lo sottolinea Schmidt:
Noi tedeschi di sinistra non dobbiamo farci prendere da illusioni o farci confondere da cortine fumogene: se la Germania tenter di essere il primus inter
pares nella politica europea, una crescente percentuale dei nostri vicini penser di doversi difendere efficacemente da questo tentativo di primato. Tornerebbe la preoccupazione della periferia per un centro troppo forte. E le
probabili conseguenze di tale sviluppo sarebbero paralizzanti per l'Unione Europea, mentre la Germania cadrebbe nell'isolamento. In fondo abbiamo bisogno di proteggerci da noi stessi... La socialdemocrazia tedesca stata per
mezzo secolo internazionalista, abbiamo lottato per mantenere la libert e la
dignit di ogni essere umano. Abbiamo inoltre creduto nella rappresentanza
della democrazia parlamentare. Questi valori ci impegnano oggi per la solidariet europea. Con Bad Godesberg cominciata la marcia di avvicinamento
della Spd al governo. E mentre in Italia l'eco dell'Autunno Caldo cominciava a
diventare assordante, Willy Brandt a Bonn presentava il suo governo (di coalizione con il liberali, il governo Rosso-Bl) dicendo: Non possiamo creare
una democrazia perfetta. Per vogliamo una societ che offra maggiore libert
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ed esiga una maggiore condivisione di responsabilit. E annunciava l'Ostpolitik che avrebbe avuto il momento pi alto nel rito dell'inginocchiamento
a Varsavia con queste parole: Siamo disposti a offrire comprensione sincera,
in modo da poter superare le conseguenze dei mali inflitti all'Europa da una
cricca di criminali. Probabilmente le ricette messe a punto da quei trecentoquaranta delegati adesso, alla prova dei fatti, non reggono pi. Lo spirito, per,
quello pu ancora essere utile in questo mondo in piena transizione, vittima
di un liberismo sfrenato e di una finanza rapace e spregiudicata. Bad Godesberg dopo cinquantaquattro anni resta un utile pro-memoria per quelle forze
politiche che vogliono governare coniugando sviluppo umano ed economico,
crescita ed equit sociale, pari opportunit e solidariet. Perch, come lascia
intendere Schmidt, i confini possono essere diventati pi ampi, ma i valori e
gli ideali, alla resa dei conti, hanno un carattere universale. O, come disse Giacomo Matteotti Lidea che in me non muore.
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nunciare verit supreme e ci non per mancanza d comprensione, ne per indifferenza riguardo alle diverse concezioni della vita o verit religiose, bens
per rispetto delle scelte dellindividuo in materia di fede, scelte sul cui contenuto non devono arrogarsi il diritto di decidere n un partito politico, n lo
Stato. Il Partito socialdemocratico tedesco il partito della libert dello spirito.
Esso composto di uomini provenienti da diversi indirizzi religiosi ed ideologici, uomini la cui intesa si fonda sulla comunanza dei valori etici fondamentali
e sulla identit degli obiettivi politici.
Il Partito socialdemocratico tedesco propugna un ordinamento sociale ispirato
a questi valori fondamentali.
Il socialismo, missione continua
Il socialismo una missione continua volta alla conquista della libert e della
giustizia, alla loro tutela ed al loro consolidamento. Ladesione al socialismo
democratico implica alcune rivendicazioni fondamentali, che devono essere
soddisfatte in una societ civile. Tutti i popoli devono sottomettersi ad un ordinamento giuridico internazionale che disponga di un adeguato potere esecutivo. La guerra non devessere uno strumento della politica. Tutti i popoli
devono avere le medesime possibilit di partecipare al benessere nel mondo.
I Paesi in fase di sviluppo hanno diritto alla solidariet degli altri popoli.
Noi lottiamo per la democrazia, che deve divenire la forma dorganizzazione
statuale e sociale generalmente ammessa, in quanto essa sola lespressione
del rispetto per la dignit della persona umana e la responsabilit dellindividuo. Noi ci opponiamo ad ogni dittatura, a qualsiasi genere di dominazione
totalitaria ed autocratica, perch esse non rispettano la dignit dellindividuo,
ne annullano la libert ed infirmano il diritto.
Un solo strumento: la democrazia
Il socialismo si attua solo attraverso la democrazia e la democrazia attraverso
il socialismo.Tutti i popoli devono avere le medesime possibilit di partecipare
al benessere del mondo. A torto i comunisti si richiamano a tradizioni socialiste. In verit, essi hanno falsato il patrimonio ideologico socialista. Mentre i
socialisti operano per la libert e la giustizia, i comunisti sfruttano le divisioni
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sviluppare la propria personalit con libera autodeterminazione e senso di responsabilit sociale. I diritti fondamentali devono non solo garantire la libert
del singolo cittadino di fronte allo Stato, ma altres contribuire alla formazione
dello Stato stesso in quanto diritti che statuiscono una comunit. Come Stato
sociale, esso tenuto a prendere le misure atte a garantire lesistenza dei suoi
cittadini, per assicurare a ciascuno di essi la possibilit d unautodeterminazione responsabile e favorire levolversi di una societ libera.
Il Partito socialdemocratico tedesco riafferma la propria fede nella democrazia. Dalla sintesi dellidea democratica, di quella sociale e della idea del diritto,
allo Stato deriva la sua missione culturale, che serve allo spirito creativo delluomo ed il cui contenuto tratto dalle forze sociali. Il Partito socialdemocratico tedesco riafferma la propria fede nella democrazia, nella quale
lautorit dello Stato discende dal popolo ed il Governo sempre responsabile
di fronte al Parlamento e consapevole della necessit di godere della fiducia
di questultimo. Nella democrazia, i diritti della minoranza devono essere garantiti unitamente a quelli della maggioranza. Governo ed opposizione hanno
compiti diversi, situati per sullo stesso piano, e portano ambedue la responsabilit dello Stato. Il Partito socialdemocratico tedesco vuole, in competizione
su un piano di perfetta uguaglianza con gli altri partiti democratici, conquistare
la fiducia della maggioranza della popolazione, per dare allo Stato ed alla societ una struttura conforme alle rivendicazioni fondamentali del socialismo
democratico.
Divisione dei poteri, libert del cittadino
Il potere legislativo, il Governo e la magistratura sono tenuti, ciascuno nel proprio ambito, ad operare per il bene della collettivit. La divisione dei poteri
tra Federazione, Lender e Comuni tende a ripartire il potere, rinsaldare la libert ed offrire al cittadino molteplici possibilit di accedere alle istituzioni
democratiche grazie al suo diritto di partecipare alle decisioni ed alla responsabilit comuni. Liberi comuni sono indispensabili per una vitale democrazia.
Pertanto, il Partito socialdemocratico tedesco sostiene i principi delle libert
dei Comuni e della loro autonomia amministrativa, che devono essere ulteriormente perfezionate e garantite anche sul piano finanziario.
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pedire gli abusi del potere economico. I mezzi pi efficaci sono il controllo
degli investimenti e il controllo delle forze che dominano il mercato.
Propriet collettiva e pubblico controllo
La propriet collettiva una forma legittima di pubblico controllo a cui nessuno Stato moderno rinuncia. Essa serve a preservare la libert dallo strapotere delle grandi concentrazioni economiche. Nella grande industria il potere
di decisione prevalentemente affidato a dirigenti che, da parte loro, servono
potenze anonime. In conseguenza la propriet privata dei mezzi di produzione
ha perso ampiamente il suo potere di disposizione. Il problema centrale del
nostro tempo quello della potenza economica. Dove non pu essere assicurata una sana regolamentazione dei rapporti di forza economici, l opportuna e necessaria la propriet comune. Qualsiasi concentrazione di
potenza economica, anche quella nelle mani dello Stato, cela in s pericoli.
La propriet collettiva deve essere perci organizzata secondo principi della
autonomia amministrativa e del decentramento. Gli interessi degli operai e
degli impiegati, nonch il pubblico interesse e quello dei consumatori, devono
essere rappresentati presso i suoi organi amministrativi. Non attraverso una
burocrazia centrale, ma con una cooperazione consapevole delle responsabilit di tutti gli interessati si giover nel migliore dei modi la comunit.
Una consapevole ed equa politica dei redditi
Leconomia di mercato non assicura di per s una equa ripartizione dei redditi
e del patrimonio. A tal scopo necessaria una consapevole politica del reddito
e del patrimonio. Redditi e patrimoni non sono ripartiti equamente. Ci non
dipende solo dalle massicce distruzioni di patrimoni causate da crisi, guerre
e inflazioni, ma sostanzialmente la colpa di una politica economica e fiscale
che favorisce la formazione di redditi e di patrimoni nelle mani di pochi e danneggia coloro che finora non posseggono un patrimonio.
Il Partito socialdemocratico vuole creare condizioni di vita che permettano a
tutti gli uomini di poter creare liberamente, mediante redditi crescenti, un
proprio patrimonio. Ci presuppone un costante aumento del prodotto sociale e la sua equa ripartizione.
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Tutti gli uomini debbono poter creare liberamente, mediante redditi crescenti
un proprio patrimonio. La politica dei salari e degli stipendi un mezzo adeguato e necessario per ripartire pi equamente redditi e patrimonio. Misure
appropriate devono far s che una quota adeguata del costante incremento
patrimoniale delle grandi imprese venga distribuita ampiamente oppure posta
al servizio della utilit comune. E un segno dei nostri tempi che il benessere
privato di classi sociali privilegiate aumenti senza limiti, mentre importanti
compiti comuni, soprattutto scienza, ricerca ed educazione vengono trascurati
in modo indegno di una nazione civile. I principi della politica socialdemocratica in materia economica valgono anche per lagricoltura. La struttura dellagricoltura e la dipendenza della sua produzione da fattori naturali non
influenzabili rendono necessario tuttavia misure particolari.
Il Partito socialdemocratico riafferma il principio della propriet della terra da
parte di chi la coltiva. Le imprese familiari produttive devono essere protette
da un moderno diritto agrario e devono essere rafforzate sul piano economico
e sociale. La promozione del sistema delle cooperative la migliore strada per
accrescere la produttivit delle piccole e medie imprese, salvaguardando al
tempo stesso la loro autonomia. Lagricoltura deve adeguarsi alle trasformazioni
strutturali della economia nel suo complesso per poter apportare il suo pieno
contributo allo sviluppo economico generale e per poter assicurare un adeguato
livello di vita ai lavoratori agricoli. Queste trasformazioni non verranno determinate solo dal progresso tecnico-scientifico, ma dal mutamento delle condizioni regionali nel quadro della cooperazione europea e della crescente
interpenetrazione delleconomia tedesca con quella mondiale. Incoraggiare il
rammodernamento dellagricoltura e la sua produttivit un compito pubblico.
La popolazione pu essere solo avvantaggiata dallintegrazione in un complesso
economico caratterizzato da unalta produttivit generale e da un crescente potere dacquisto della massa. La politica di mercato e dei prezzi necessaria a garantire il reddito agricolo (ordinamento di mercato) deve tener conto degli
interessi dei consumatori e delleconomia pubblica. necessario migliorare la
situazione culturale, economica e sociale di tutti i lavoratori agricoli. Larretratezza della legislazione sociale deve essere eliminata. Tutti gli operai, gli impiegati e i funzionari hanno il diritto di riunirsi in sindacati.
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vita di lavoro. Tutte le prestazioni sociali in danaro, nonch le pensioni agli invalidi di guerra e ai superstiti, devono essere adattate continuamente al crescente reddito del lavoro.
Garantire la libert professionale dei medici, assicurare lassistenza La tecnica
e il progresso espongono oggi la salute delluomo a molteplici pericoli, che minacciano non solo lattuale generazione ma anche quelle future. Il singolo non
pu difendersi da questi danni: il Partito socialdemocratico esige pertanto una
ampia protezione sanitaria. necessario impostare le condizioni e le forme di
vita nonch organizzare la politica sanitaria in modo da eliminare i pericoli alla
salute umana. necessario sviluppare la protezione sanitaria pubblica, soprattutto la protezione del lavoro, e metodi efficaci di previdenza e di profilassi sanitaria a favore del singolo. Appare opportuno sia destare la coscienza del
dovere di aver cura della propria salute, sia consentire al medico, scelto liberamente, di impiegare qualsiasi mezzo disponibile per proteggere la salute e
prevenire le malattie. Si dovr garantire la libert professionale dei medici, ed
un compito pubblico assicurare lassistenza ospedaliera. Luguale diritto alla
vita di tutti gli uomini deve anche essere attuato riaffermando per ciascuno,
in caso di malattia, il diritto incondizionato a godere, indipendentemente dalle
proprie possibilit economiche, di tutti i mezzi terapeutici che oggi la scienza
medica in grado di offrire. Lassistenza medica liberamente scelta deve essere
integrata, in caso di malattia, da una completa compensazione economica. Lasciando immutati i redditi, la durata del lavoro deve essere abbreviata progressivamente nella misura resa possibile dallo sviluppo economico.
Al fine di superare particolari difficolt e situazioni di bisogno le prestazioni sociali generali devono essere integrate da servizi e prestazioni assistenziali individuali degli enti di sicurezza sociale, che si aggiungono a quelli delle libere
associazioni di previdenza sociale, delle organizzazioni di mutuo soccorso e
delle associazioni filantropiche. Sar necessario tutelare lindipendenza della
libera previdenza sociale.
Un codice del lavoro, un codice sociale
Ciascuno ha diritto a una casa decorosa. Tutta la legislazione sociale e del lavoro deve essere riordinata in maniera chiara e unitaria in un codice del lavoro
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sit, la giovent deve essere educata insieme, nello spirito di reciproca stima,
alla libert, allautonomia, alla consapevolezza della responsabilit sociale ed
agli ideali della democrazia e della comprensione tra i popoli, perch possa
acquisire, nella nostra societ permeata di varie e diverse convinzioni politiche
e ordini di valori, una mentalit e un atteggiamento basati sulla comprensione,
la tolleranza e la solidariet. A questo fine, necessario che in tutti i programmi scolastici venga tenuto adeguato conto delleducazione civica quale
materia di insegnamento. Un posto centrale nellistruzione spetta alleducazione artistica e allattivit artigianale.
Lo Stato e la societ hanno il dovere di renderle accessibili e familiari a tutto
il popolo, organizzando convenientemente listruzione, larte e lattivit in tutti
i camp dellarte. Lo sport e leducazione fisica devono ricevere largo incremento da parte dello Stato e della societ. Essi giovano alla salute del singolo
individuo e sono essenziali alla formazione dello spirito di solidariet.
La scuola deve essere gratuita
In tutte le scuole si dovr meglio organizzare la cooperazione dei genitori alleducazione scolastica e una partecipazione degli allievi allamministrazione.
Lordinamento scolastico e i programmi dinsegnamento devono essere tali
da consentire un adeguato esplicarsi dei vari talenti in tutte le fasi dello sviluppo. A chiunque abbia attitudine allo studio deve essere sempre aperto laccesso a scuole di ordine superiore e istituti di perfezionamento. La frequenza
di tutte le scuole pubbliche, universit e istituti universitari deve essere gratuita. Parimenti gratuito sar in tali scuole luso dei mezzi didattici messi a disposizione degli allievi. Listruzione obbligatoria generale deve essere portata
a dieci anni. Le scuole davviamento professionale non si limiteranno allinsegnamento delle discipline tecniche bens cureranno anche listruzione generale e leducazione civica. indispensabile aprire nuove vie daccesso agli
istituti universitari. Poich il curriculum abituale degli studi, attraverso la
scuola elementare e le scuole medie, non permette di valorizzare tutti i giovani effettivamente capaci, devono essere create nuove possibilit di adire
lUniversit percorrendo una seconda via attraverso lesercizio dellattivit professionale, le scuole professionali e altre istituzioni particolari. Tutti gli inse-
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gnanti devono essere addestrati in istituti di ordine universitario. Un buon sistema scolastico richiede che gli educatori abbiano una personalit pedagogica, e siano capaci di discutere con autonomia di giudizio critico tutti i
problemi dellepoca.
La ricerca e linsegnamento scientifico devono essere liberi. I loro risultati devono essere accessibili al pubblico. Saranno messi a disposizione della ricerca e dellinsegnamento scientifico mezzi pubblici adeguati. Lo Stato ha
lobbligo di provvedere a che non si faccia uso a danno dellumanit dei risultati della ricerca scientifica. Un Consiglio indipendente delle ricerche deve
aiutare sotto la propria responsabilit i ricercatori a porsi ed a risolvere i
compiti di volta in volta pi importanti. Da questo programma dincremento
della ricerca scientifica non dovr essere escluso nessun campo della
scienza. La necessit di risolvere i problemi politici, umani e sociali connessi
con la crescente evoluzione della societ industriale, e la necessit di salvaguardare in essa la libert delluomo, esigono lulteriore sviluppo e lapprofondimento della scienza delluomo e della societ. Gli sforzi compiuti in
questo campo devono essere pari per intensit a quanto viene realizzato
per lo sviluppo delle scienze naturali e della tecnica.
Universit libere e indipendenti
La libert e lindipendenza delle universit e di tutti gli istituti di ordine universitario rimangono intangibili. Le universit, tuttavia, non possono isolarsi
dalla realt della vita che le circonda; esse dovrebbero perci collaborare
strettamente con altre istituzioni della societ democratica, soprattutto con
le organizzazioni per listruzione post-scolastica degli adulti. Aiuti su larga scala
devono assicurare agli studenti la possibilit di perfezionare la loro formazione
scientifica. A tutti dovranno essere trasmesse le nozioni fondamentali del
gruppo delle scienze politiche e sociali. Una moderna organizzazione di insegnamento post-scolastico per adulti deve permettere di sviluppare la capacit
di giudizio e di acquisire le cognizioni e le capacit indispensabili per un agire
conscio delle proprie responsabilit nello Stato democratico. Allattivit artistica dovr essere concessa piena libert. Lo Stato ed i comuni sono tenuti a
fornire tutti i mezzi atti a favorire la produttivit artistica ed a rendere acces-
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sibili i valori culturali in tutti i campi dellarte. Lesplicazione dellattivit artistica non deve subire restrizioni da parte di alcuna norma, e in particolar
modo non essere soggetta a nessun genere di censura.
Patrocinare il diritto di tutti gli uomini alla loro patria, lingua, cultura e tradizioni. Il compito pi importante e pi urgente quello di mantenere la pace
e di garantire la libert. Il socialismo democratico si sempre ispirato allidea
della collaborazione e della solidariet internazionale. In unepoca in cui tutti
gli interessi e le relazioni si intrecciano su un piano internazionale, nessun
popolo pu pi risolvere per s solo i suoi problemi politici, economici, sociali
e culturali. Il Partito socialdemocratico tedesco guidato dallidea che i compiti culturali, economici, giuridici e militari della politica tedesca debbono essere assolti in stretto collegamento con gli altri popoli. indispensabile
mantenere relazioni diplomatiche e commerciali normali con tutte le nazioni,
prescindendo dai loro sistemi di governo e dalle loro strutture sociali. Corti
internazionali darbitrato, procedure compromissorie, diritto di autodeterminazione e parit di diritti fra tutti i popoli, inviolabilit dei territori nazionali
e non-intervento negli affari interni degli altri popoli devono assicurare la
pace, garantita da unorganizzazione mondiale.
Tutti gli uomini hanno diritto a una patria
Le Nazioni Unite dovranno diventare veramente quellorganizzazione mondiale generale a cui mirava lidea che ha dato loro vita. I loro principi dovranno avere carattere vincolante per tutti. indispensabile che si elabori
un diritto dei gruppi etnici, in armonia con i diritti universali delluomo proclamati dalle Nazioni Unite. Il Partito socialdemocratico tedesco patrocina il
diritto di tutti gli uomini alla loro patria, lingua, cultura e tradizioni. Come
primi passi sulla via di un disarmo generale e della distensione nelle relazioni
internazionali devono essere istituiti sistemi di sicurezza regionale nellambito delle Nazioni Unite. La Germania unificata dovr divenire membro di un
sistema europeo di sicurezza, con tutti i diritti e i doveri che tale posizione
comporta. Levoluzione economica impone la collaborazione fra gli Stati europei. Il Partito socialdemocratico tedesco approva questa collaborazione,
che deve favorire in modo particolare il progresso economico e sociale. Co-
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io ero l che mi chiedevo se/ questa terra stata creata per te e per me (This
Land Is Your Land). Roosevelt restitu la fiducia a quel Paese stremato riformando il sistema bancario (Glass-Steagall Act), regolando il mercato dei titoli
(Securities act e Security exchange act), impiegando tre milioni di disoccupati
in lavori socialmente utili (il tasso di disoccupazione in tre anni scese al dieci
per cento, la produzione industriale aument in quattro mesi del 57 per
cento).
Abbiamo voluto riprodurre il discorso di insediamento che Franklin Delano
Roosevelt ha pronunciato il 4 marzo del 1933 e quello di accettazione della
candidatura alla presidenza degli Stati Uniti d'America pronunciato da JFK nel
luglio del 1960 alla Convention democratica. Momenti diversi ma ugualmente
difficili, turbolenti. Momenti in cui bisogna navigare in un mare in tempesta,
senza farsi travolgere dalle onde. Gli stessi momenti che dal 2008 stanno attraversando il Mondo, l'Europa e, soprattutto, l'Italia. Peccato, per, che la citazione che in queste fasi sia venuta pi rapidamente alla mente sia quella di
Dante Alighieri: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in
gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello. E tornano in mente
anche le parole che il 26 giugno del 1963 John Fitzgerad Kennedy pronunci
a Berlino davanti a un muro che spaccava il mondo anche da un punto di vista
squisitamente edilizio: Duemila anni fa il maggior vanto era poter dire civis
romanus sum. Oggi nel mondo della libert il maggior vanto poter dire Ich
bin ein Berliner ... Tutti gli uomini liberi, ovunque vivano, sono cittadini di
Berlino, ed per questo che, da uomo libero, sono fiero di poter dire: Ich
bin ein Berliner. Ma abbiamo voluto riprodurre anche il discorso di Bob Kennedy sul Pil perch quasi mezzo secolo fa il fratello di John poneva allattenzione dell apubblica opinione un tema che oggi il Premio Nobel, Joseph E.
Stiglitz, ripropone con forza: linadeguatezza del Prodotto Interno Lordo come
unit di misura del benessere collettivo.
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difficolt, ma di reagire ad esse per noi stessi e per i nostri simili. Il riconoscere
la falsit della ricchezza puramente materialistica come indice di successo procede di pari passo con l'abbandonare la falsa convinzione che i posti di alta
responsabilit pubblica e politica si identificano con i fini dell'ambizione e del
profitto personale. Bisogna porre fine a quella linea di condotta bancaria e
commercialistica, che troppo spesso ha permesso di confondere la concessione di sacri diritti con la possibilit di perpetuare impunemente il male secondo criteri spietatamente egoistici. C' poco da meravigliarsi di fronte alla
diminuita fiducia, perch la confidenza prospera solo se alimentata dall'onest, dal senso dell'onore, dal mantenimento delle obbligazioni assunte, da un
costante spirito di protezione e da una linea di condotta invariabilmente altruistica. In mancanza di tali elementi la fiducia destinata a morire. Ma la ricostruzione non esige solo modificazioni di indole morale. La nostra nazione
domanda di poter agire, e immediatamente. Il nostro primo grande compito
di dare lavoro al popolo. Non un problema insolubile, se affrontato con
saggezza e coraggio. Pu essere parzialmente risolto per mezzo di ingaggi diretti da parte del governo, affrontando la questione come si affronterebbe in
caso di bisogno la mobilitazione per una guerra; ma nello stesso tempo non
dimenticando che tale impiego di uomini va diretto al compimento di opere
di grande utilit pubblica, realizzando progetti adatti a provocare e riorganizzare l'uso delle nostre grandi risorse nazionali.
Al tempo stesso, per, bisogna ammettere francamente che nei nostri centri
industriali esiste un eccesso di popolazione, ed in conseguenza, impegnandoci
in una redistribuzione di uomini in tutta la nazione, occorrer tentar di provocare un migliore sfruttamento delle possibilit agricole del suolo americano,
a beneficio di chi pi adatto alla coltivazione della terra. Affermo che questo
compito pu essere facilitato da sforzi ben precisati per giungere ad un rialzo
del valore dei prodotti agricoli e quindi ad una aumentata capacit d'acquisto
della produzione dei centri urbani. Pu essere facilitato impedendo con mezzi
pratici l'aumento delle perdite, che deriva alle nostre piccole aziende agricole
da affrettate e premature sospensioni della loro attivit. Pu essere facilitato
insistendo sull'opportunit da parte del Governo Federale, di quelli dei vari
Stati e delle amministrazioni locali di fare il possibile per ridurre i gravami delle
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cita adozione. Ma se il Congresso non volesse adottare una di queste due alternative, e se la situazione della nazione fosse ancora critica, io non mi sottrarr alla chiara responsabilit che eventualmente mi si presentasse.
Domanderei al Congresso l'ultimo mezzo che resterebbe per fronteggiare la
crisi: ampi poteri esecutivi per combattere contro i pericoli del momento, poteri altrettanto ampi come quelli che mi si potrebbero dare se il nostro territorio fosse invaso da un nemico.
In cambio della fiducia avuta in me sapr dare il coraggio e la devozione che
convengono al momento presente. il meno che io possa fare. Noi affrontiamo i difficili giorni che ci attendono, col vivo coraggio derivante dalla nostra
unit nazionale, con la chiara coscienza di voler perseguire e ritrovare gli antichi e preziosi valori morali, con la netta soddisfazione proveniente dal compimento del proprio dovere da parte dei giovani e dei vecchi. Nostro scopo il
raggiungimento di una vita nazionale stabilmente riordinata.
Non guardiamo con sfiducia verso l'avvenire della vera democrazia. Il popolo
degli Stati Uniti non ha tradito s stesso. Nel momento del bisogno ha sottoscritto la richiesta di volere che si agisca sollecitamente e decisamente. Ha
chiesto la disciplina e ha voluto essere guidato con sicurezza. Ha fatto di me
l'attuale strumento del suo volere. Secondo lo spirito col quale il dono m'
stato fatto, io lo accetto.
In questo giorno di consacrazione alla nazione domandiamo umilmente la benedizione di Dio.
Che Egli protegga ciascuno e tutti noi.
Che Egli mi guidi nei giorni venturi.
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ch di maggiore sicurezza...
Sarebbe facile ritirarsi da questa frontiera, volgere lo sguardo alla sicura
mediocrit del passato, lasciarsi cullare dalle buone intenzioni e dalla nobile
retorica...
Io credo invece che questo tempo esiga inventiva, innovazione, immaginazione
e risolutezza del tutto nuove. Chiedo a ognuno di voi di essere pioniere di questa frontiera...
...E' di coraggio, non di autocompiacimento, che abbiamo bisogno oggi, di leader, non di imbonitori. E l'unica prova concreta della leadership la capacit
di guidare, e di farlo con vigore...
E' un dato di fatto che ci troviamo sulla frontiera a un punto di svolta della
storia. Dobbiamo dimostrare ancora una volta se questa nazione, o qualsiasi
nazione cos concepita, in grado di sopravvivere...
Pu una nazione organizzata e governata come la nostra sopravvivere? E'
questo il vero interrogativo. Abbiamo il nerbo e la volont necessari
E' questo l'interrogativo della nuova frontiera.
(Stralci)
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i paesi e in tutte le citt, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorit di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi. Quella di Leone
XIII una societ industriale che ha poco a che vedere con i concetti della predicazione evangelica, in cui i minori senza alcuna tutela sono impiegati in lavori duri e pericolosi, al pari delle donne per le quali non sono previste
garanzie per la maternit, in cui soprattutto l'orario di lavoro (come sottolinea
la Seconda Internazionale avviando le rivendicazioni per le otto ore) non in
alcun modo normato, quindi limitato. Se con il lavoro eccessivo o non conveniente al sesso e all'et, si reca danno alla sanit dei lavoratori, in questi
casi si deve adoperare, entro i debiti confini, la forza e l'autorit delle leggi.
E ancora: Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale
ai deboli e ai poveri.
Quarant'anni dopo, Pio XI ricorder quella enciclica fondativa con un nuovo
documento significativamente intitolato: Quadragesimo anno. I riferimenti
sociali saranno gli stessi di Leone XIII ma il nuovo Pontefice per aggiornare la
Dottrina Sociale della Chiesa si far ispirare dalle sue cose Nuove. E il 15
maggio del 1931 il mondo, soprattutto l'Italia, era decisamente diverso, al
centro esatto tra due guerre. Soprattutto spazzato da quella che ancora oggi
viene considerata la pi grande crisi del Capitalismo, la Grande Depressione,
il crollo di Wall Street, quel Venerd Nero che determin negli Stati Uniti (ma
non solo) un decennio si enormi difficolt. Pio XI insiste su due concetti: la
solidariet e la sussidiariet. Sar proprio Papa Ratti a parlare per primo di
Dottrina Sociale. Trent'anni pi tardi, il 15 maggio 1961, toccher a Giovanni
XXIII celebrare l'anniversario della Rerum Novarum. Ne verr fuori l'enciclica
Mater et Magistra, probabilmente il documento pi innovativo che compone
la Dottrina Sociale della Chiesa, un documento in cui si comincer a parlare
di solidarismo internazionale in una visione dell'economia che comincia a essere fortemente globalizzata. Un documento in cui verranno accettate anche
forme di socializzazione a patto che siano rispettose della dignit umana. Poi
arriver la Populorum Progressio di Paolo VI, un Pontefice che aveva scelto di
stare nel mondo e di percorrere il Mondo. E da attento osservatore cominci
a rendersi conto dei rischi della globalizzazione, rischi che sarebbero esplosi
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quella liberale dell'economia sociale di mercato. Al contrario dei liberisti classici (quelli per i quali lo Stato migliore, come diceva Roosevelt, lo Stato che
non fa nulla), Roepke e gli altri ritenevano che, senza cadere nel dirigismo,
l'organizzazione statale avrebbe dovuto fornire un quadro giuridico all'interno
del quale, senza alterare le dinamiche di mercato, le relazioni industriali si sarebbero dovute svolgere. E alle encicliche faranno riferimento soprattutto per
quanto riguarda l'aspetto della sussidiariet, per valorizzare l'attivit di quei
corpi intermedi che danno sostanza alla societ civile. Per Roepke tutto questo
sar l'Umanesimo Liberale, cio quella Terza via tra il liberismo del Laissez
faire e il collettivismo; il suo obiettivo era un sistema industriale basato sul
libero mercato e non sul capitalismo perch il capitalismo porta alla creazione di monopoli, alla costituzione di cartelli, alle posizioni dominanti. Per
apprezzare pienamente questi sviluppi teorici, abbiamo deciso di proporre la
sintesi delle sei pi significative Encicliche, raggruppandole in virt di un criterio di vicinanza: da un lato quelle che fanno riferimento diretto al documento fondativo, Rerum Novarum, e cio Quadragesimo Anno, Mater et
Magistra e Centesimus Annus; dall'altro Caritas in Veritate che si collega direttamente alla Populorum Progressio.
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tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non
la sanit, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di
necessit la differenza delle condizioni sociali.
Necessit della concordia
Nella presente questione, lo scandalo maggiore questo: supporre una classe
sociale nemica naturalmente dellaltraLa concordia fa la bellezza e lordine delle
cose, mentre un perpetuo conflitto non pu dare che confusione e barbarie.
Relazioni tra le classi sociali
Innanzi tutto, linsegnamento cristiano, di cui interprete e custode la Chiesa,
potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari,
ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto
dalla giustizia. Obblighi di giustizia, quanto al proletario e alloperaio, sono
questi: prestare interamente e fedelmente lopera che liberamente e secondo
equit fu pattuita; non recar danno alla roba, n offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti
Principalissimo poi tra i loro doveri (dei datori di lavoro, n.d.c) dare a ciascuno la giusta mercede. Il determinarla secondo giustizia dipende da molte
considerazioni: ma in generale si ricordino i capitalisti e i padroni che le umane
leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici,
e di trafficare sulla miseria del prossimo.
Lopera dello Stato
A risolvere peraltro la questione operaia, non vi dubbio che si richiedano
altres i mezzi umani I governanti debbono in primo luogo concorrervi in
maniera generale con tutto il complesso delle leggi e delle istituzioni politiche,
ordinando e amministrando lo Stato in modo che ne risulti naturalmente la
pubblica e privata prosperit... Perci tra i molti e gravi doveri dei governanti
solleciti del bene pubblico, primeggia quello di provvedere ugualmente ad
ogni ordine di cittadini, osservando con inviolabile imparzialit la giustizia cosiddetta distributiva ...Se dunque alla societ o a qualche sua parte stato recato o sovrasta un danno che non si possa in altro modo riparare o impedire,
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si rende necessario lintervento dello Stato Ma giova discendere espressamente ad alcuni particolari di maggiore importanza. Principalissimo questo:
i governi devono per mezzo di sagge leggi assicurare la propriet privata
Difesa del lavoro contro lo sciopero
Il troppo lungo e gravoso lavoro e la mercede giudicata scarsa porgono non
di rado agli operai motivo di sciopero. A questo disordine grave e frequente
occorre che ripari lo Stato, perch tali scioperi non recano danno solamente
ai padroni e agli operai medesimi, ma al commercio e ai comuni interessi e,
per le violenze e i tumulti a cui dordinario danno occasione, mettono spesso
a rischio la pubblica tranquillit. Il rimedio, poi, in questa parte, pi efficace e
salutare, si prevenire il male con lautorit delle leggi e impedire lo scoppio,
rimovendo a tempo le cause da cui si prevede che possa nascere il conflitto
tra operai e padroni.
Condizioni di lavoro
Molte cose parimenti lo Stato deve proteggere nelloperaio, e prima di tutto
i beni dellanima. Di qui segue la necessit del riposo festivo... Quanto alla tutela dei beni temporali ed esteriori prima di tutto dovere sottrarre il povero
operaio allinumanit di avidi speculatori. Non deve dunque il lavoro prolungarsi pi di quanto lo comportino le forzeSi deve avere ancor riguardo alle
stagioni, perch non di rado un lavoro, facilmente sopportabile in una stagione, in unaltra o del tutto insopportabile o tale che s sopporta con difficolt. Infine, un lavoro proporzionato alluomo alto e robusto, non
ragionevole che simponga a una donna o a un fanciullo. Anzi, quanto ai fanciulli, si badi a non ammetterli nelle officine prima che let ne abbia sufficientemente sviluppate le forze fisiche Cos, certe specie di lavoro non si
addicono alle donne, fatte da natura per lavori domestici.
La questione del salario
La quantit del salario, si dice, la determina il libero consenso delle parti: sicch il padrone, pagata la mercede, ha fatto la sua parte, n sembra sia debitore di altro. Si commette ingiustizia solo quando o il padrone non paga
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lintera mercede o loperaio non presta tutta lopera pattuita; e solo a tutela
di questi diritti, e non per altre ragioni, lecito lintervento dello Stato. A questo ragionamento, un giusto estimatore delle cose non pu consentire n facilmente n in tutto non v dubbio che pu loperaio pattuire una mercede
inferiore al giusto, poich siccome egli offre volontariamente lopera, cos pu,
volendo, contentarsi di un tenue salario o rinunziarvi del tutto. Ben diversa
la cosa se con la personalit si considera la necessit: due cose logicamente
distinte, ma realmente inseparabili. Infatti, conservarsi in vita dovere, a cui
nessuno pu mancare senza colpa. Di qui nasce, come necessaria conseguenza, il diritto di procurarsi i mezzi di sostentamento, che nella povera gente
s riducono al salario del proprio lavoro. Loperaio e il padrone allora formino
pure di comune consenso il patto e nominatamente la quantit della mercede;
vi entra per sempre un elemento di giustizia naturale
Il diritto allassociazione naturale
Il sentimento della propria debolezza spinge luomo a voler unire la sua
opera allaltruiDegnissimi dencomio sono molti tra i cattolici che, conosciute
le esigenze dei tempi, fanno ogni sforzo per migliorare onestamente le condizioni degli operai. E presane in mano la causa, si studiano di accrescerne il
benessere individuale e domestico A tal fine vediamo che spesso si radunano dei congressi, ove uomini saggi si comunicano le idee, uniscono le forze,
si consultano intorno agli espedienti migliori.
(Stralci)
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nostro secolo detto dell'industrialismo, non sono rettamente distribuite e applicate alle diverse classi di uomini...
...Ma tale attuazione non sar possibile se i proletari non giungeranno, con la
diligenza e con il risparmio, a farsi un qualche modesto patrimonio, come abbiamo detto riferendoci alla dottrina del Nostro Predecessore Leone XIII. Orbene, chi per guadagnarsi il vitto e il necessario alla vita altro non ha che il
lavoro, come potr, pur vivendo parcamente, mettersi da parte qualche fortuna se non con la paga, che trae dal lavoro?
...Ora facile intendere che oltre al carattere personale e individuale deve
considerarsi il carattere sociale, come della propriet, cos anche del lavoro,
massime di quello che per contratto si cede ad altri...
...Da questo doppio carattere, insito nella natura stessa del lavoro umano,
sgorgano gravissime conseguenze, a norma delle quali il salario vuole essere
regolato e determinato.
...In primo luogo, all'operaio si deve dare una mercede che basti al sostentamento di lui e della sua famiglia . bens giusto che anche il resto della famiglia, ciascuno secondo le sue forze, contribuisca al comune Sostentamento,
come gi si vede in pratica specialmente nelle famiglie dei contadini, e anche
in molte di quelle degli artigiani e dei piccoli commercianti; ma non bisogna
che si abusi dell'et dei fanciulli n della debolezza della donna...
Attenzione alle condizioni dellazienda
...Nello stabilire la quantit della mercede si deve tener conto anche dello
stato dell'azienda e dell'imprenditore di essa; perch ingiusto chiedere esagerati salari, quando l'azienda non li pu sopportare senza la rovina propria
e la conseguente calamit degli operai...
...Tutti adunque, e operai e padroni, in unione di forza e di mente, si adoperino
a vincere tutti gli ostacoli e le difficolt, e siano aiutati in quest'opera tanto
salutare dalla sapiente provvidenza dei pubblici poteri...
...Finalmente la quantit del salario deve contemperarsi col pubblico bene
economico... contrario dunque alla giustizia sociale che, per badare al proprio vantaggio senza aver riguardo al bene comune, il salario degli operai
venga troppo abbassato o troppo innalzato...
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...A ci parimenti giova la giusta proporzione tra i salari; con la quale va strettamente congiunta la giusta proporzione dei prezzi, a cui si vendono i prodotti
delle diverse arti, quali sono stimate l'agricoltura, l'industria e simili...
...Nel mercato del lavoro l'offerta e la domanda divide gli uomini come in due
schiere; e la disunione che ne segue trasforma il mercato come in un campo
di lotta, ove le due parti si combattono accanitamente. E a questo grave disordine, che porta al precipizio l'intera societ, ognuno vede quanto sia necessario portare rimedio. Ma la guarigione perfetta si potr ottenere allora
soltanto, quando, tolta di mezzo una tale lotta, le membra del corpo sociale
si trovino bene assestate, e costituiscano le varie professioni, a cui ciascuno
dei cittadini aderisca non secondo l'ufficio che ha nel mercato del lavoro, ma
secondo le diverse parti sociali. che i singoli esercitano...
...Recentemente, come tutti sanno, venne iniziata una speciale organizzazione
sindacale e corporativa, la quale, data la materia di questa Nostra Lettera enciclica, richiede da Noi qualche cenno e anche qualche opportuna considerazione.
...Lo Stato riconosce giuridicamente il sindacato e non senza carattere monopolistico, in quanto che esso solo, cos riconosciuto, pu rappresentare rispettivamente gli operai e i padroni, esso solo concludere contratti e patti di
lavoro... Lo sciopero vietato; se le parti non si possono accordare, interviene
il Magistrato... Basta poca riflessione per vedere i vantaggi dell'ordinamento
per quanto sommariamente indicato; la pacifica collaborazione delle classi,
la repressione delle organizzazioni e dei conati socialisti, l'azione moderatrice
di une speciale magistratura...
...La lotta di classe quando si astenga dagli atti di inimicizia e dall'odio vicendevole, si trasforma a poco a poco in una onesta discussione, fondata nella
ricerca della giustizia: discussione che non certo quella felice pace sociale
che tutti vagheggiano, ma che pu e deve essere un punto di partenza per
giungere alla mutua cooperazione delle classi.
(Stralci)
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interi continenti, ai quali viene corrisposto un salario che costringe essi stessi
e le loro famiglie a condizioni di vita infraumane
La rimunerazione del lavoro
In alcuni tra quei paesi per, alle condizioni di estremo disagio di moltissimi, fa stridente,
offensivo contrasto labbondanza e il lusso sfrenato di pochi privilegiati Inoltre nei paesi
economicamente sviluppati, non raro costatare che mentre vengono assegnati compensi
alti o altissimi per prestazioni di poco impegno o di valore discutibile, allopera assidua e proficua di intere categorie di onesti e operosi cittadini vengono corrisposte retribuzioni troppo
esigue...Riteniamo perci nostro dovere riaffermare ancora una volta che la retribuzione del
lavoro, come non pu essere interamente abbandonata alle leggi di mercato, cosi non pu
essere fissata arbitrariamente; va invece determinata secondo giustizia ed equit.
Sviluppo economico e progresso sociale
allo sviluppo economico si accompagni e si adegui il progresso sociale, cosicch degli incrementi produttivi abbiano a partecipare tutte le categorie di
cittadini Non possiamo qui non accennare al fatto che oggi in molte economie le imprese a medie e grandi proporzioni realizzano, e non di rado, rapidi
ed ingenti sviluppi produttivi attraverso lautofinanziamento. In tali casi riteniamo poter affermare che ai lavoratori venga riconosciuto un titolo di credito
nei confronti delle imprese in cui operano, specialmente quando viene loro
corrisposta una retribuzione non superiore al minimo salariale Laccennata
esigenza di giustizia pu essere soddisfatta in pi modi suggeriti dallesperienza.
Uno di essi, e tra i pi auspicabili, quello di far si che i lavoratori nelle forme
e nei gradi pi convenienti possano giungere a partecipare alla propriet delle
stesse imprese Ma dobbiamo inoltre ricordare che ladeguamento tra rimunerazione del lavoro e del reddito va attuato in armonia alle esigenze del bene
comune tanto della propria comunit politica quanto della intera famiglia
umanaSono da considerarsi esigenze del bene comune su piano nazionale:
dare occupazione al maggior numero di lavoratori; evitare che si costituiscano
categorie privilegiate, anche tra i lavoratori; mantenere una equa proporzione
fra salari e prezzi e rendere accessibili beni e servizi al maggior numero di cittadini Sono invece esigenze del bene comune sul piano mondiale: evitare
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ogni forma di sleale concorrenza tra le economie dei diversi paesi; favorire la
collaborazione tra le economie nazionali...
Esigenze della giustizia nei confronti delle strutture produttive
Strutture conformi alla dignit delluomo
La giustizia va rispettata non solo nella distribuzione della ricchezza, ma
anche in ordine alle strutture delle imprese in cui si svolge lattivit produttiva... Perci se le strutture, il funzionamento, gli ambienti dun sistema economico sono tali da compromettere la dignit umana di quanti vi esplicano
le proprie attivit, o da ottundere in essi sistematicamente il senso della responsabilit, o da costituire un impedimento a che comunque si esprima la
loro iniziativa personale, un siffatto sistema economico ingiusto, anche se,
per ipotesi, la ricchezza in esso prodotta attinga quote elevate e venga distribuita secondo criteri di giustizia e di equit.
Presenza attiva dei lavoratori nelle medie e grandi imprese
Muovendoci sulla linea tracciata dai nostri predecessori, noi pure riteniamo che sia legittima nei lavoratori laspirazione a partecipare attivamente alla vita delle imprese... Ci esige
che i rapporti tra gli imprenditori e i dirigenti da una parte e i prestatori dopera dallaltra,
siano improntati a rispetto, a stima, a comprensione, a leale ed attiva collaborazione ed interessamento come ad opera comune, e che il lavoro sia concepito e vissuto da tutti i membri dellimpresa oltre che come fonte di reddito, anche come adempimento di un dovere
e prestazione di un servizio. Ci importa pure che i lavoratori possano far sentire la loro
voce e addurre il loro apporto allefficiente funzionamento dellimpresa e al suo sviluppo.
Presenza dei lavoratori a tutti i livelli
Nellepoca moderna si verificato un ampio sviluppo del movimento associativo dei lavoratori e il generale suo riconoscimento negli ordinamenti giuridici dei diversi paesi e su piano internazionale, ai fini specifici di collaborazione
soprattutto mediante il contratto collettivo. Non possiamo per non rilevare
come sia opportuno o necessario che la voce dei lavoratori abbia possibilit di
farsi sentire ed ascoltare oltre lambito dei singoli organismi produttivi e a tutti
i livell... Se non che le scelte che maggiormente influiscono su quel contesto
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non sono decise allinterno dei singoli organismi produttivi; sono invece decise
da poteri pubblici o da istituzioni che operano su piano mondiale o regionale
o nazionale o di settore economico e di categoria produttiva.
Di qui lopportunit o la necessit che in quei poteri e in quelle istituzioni, oltre
che i portatori di capitali o di chi ne rappresenta gli interessi, siano pure presenti
i lavoratori o coloro che ne rappresentano i diritti, le esigenze, le aspirazioni.
Riaffermazione del diritto di propriet
Il diritto di propriet privata sui beni anche produttivi ha valore permanente
Inoltre, storia ed esperienza attestano che nei regimi politici, che non riconoscono il diritto di propriet privata sui beni anche produttivi, sono compresse
o soffocate le fondamentali espressioni della libert; perci legittimo dedurre che esse trovino in quel diritto garanzia e incentivo.. In ci trova la sua
spiegazione il fatto che movimenti sociali-politici, che si propongono di conciliare nella convivenza la giustizia con la libert, fino a ieri nettamente negativi
nei confronti del diritto di propriet privata sui beni strumentali, oggi, maggiormente edotti sulla realt sociale, rivedono la propria posizione e assumono, in ordine a quel diritto, un atteggiamento sostanzialmente positivo.
Non basta affermare il carattere naturale del diritto di propriet privata anche
sui beni produttivi; ma ne va pure insistentemente propugnata leffettiva diffusione fra tutte le classi sociali.
Propriet pubblica
Quanto sopra esposto non esclude, come ovvio, che anche lo Stato e gli altri
enti pubblici possano legittimamente possedere in propriet beni strumentali,
quando specialmente portano seco una preponderanza economica per cui non
si possano lasciare in mano di privati cittadini senza pericolo del bene comune
(Enc. Quadragesimo anno) Nellepoca moderna c la tendenza a un progressivo estendersi della propriet che ha come soggetto lo Stato ed altri enti di diritto pubblico. Il fatto trova una spiegazione nelle funzioni sempre pi ampie
che il bene comune domanda ai poteri pubblici di svolgere. Per anche nella
presente materia da seguirsi il principio di sussidiariet, sopra enunciato.
(Stralci)
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luogo di lavoro, senza essere violati in alcun modo nella propria coscienza o
nella propria dignit. Anche qui da richiamare il ruolo dei sindacati non solo
come strumenti di contrattazione, ma anche come luoghi di espressione
della personalit dei lavoratori Al conseguimento di questi fini lo Stato deve
concorrere sia direttamente che indirettamente. Indirettamente e secondo il
principio di sussidiariet, creando le condizioni favorevoli al libero esercizio
dellattivit economica
Le riforme in parte furono realizzate dagli Stati, ma nella lotta per ottenerle
ebbe un ruolo importante lazione del Movimento operaio. Nato come reazione
della coscienza morale contro situazioni di ingiustizia e di danno, esso esplic una
vasta attivit sindacale, riformista, lontana dalle nebbie dellideologia e pi vicina
ai bisogni quotidiani dei lavoratori e, in questo ambito, i suoi sforzi si sommarono
spesso a quelli dei cristiani per ottenere il miglioramento delle condizioni di vita
dei lavoratori. In seguito, tale movimento fu, in certa misura, dominato proprio
da quella ideologia marxista, contro la quale si volgeva la Rerum novarum.
Lanno 1989
Si comprende linaspettata e promettente portata degli avvenimenti degli
ultimi anni. Il loro culmine certo sono stati gli avvenimenti del 1989 nei Paesi
dellEuropa centrale ed orientale Tra i numerosi fattori della caduta dei regimi oppressivi alcuni meritano di essere ricordati in particolare. Il fattore
decisivo, che ha avviato i cambiamenti, certamente la violazione dei diritti
del lavoro Il secondo fattore di crisi certamente linefficienza del sistema
economico, che non va considerata come un problema soltanto tecnico, ma
piuttosto come conseguenza della violazione dei diritti umani alliniziativa,
alla propriet ed alla libert nel settore delleconomiaGli avvenimenti dell
89 si sono svolti prevalentemente nei Paesi dellEuropa orientale e centrale;
tuttavia, hanno unimportanza universale, poich ne discendono conseguenze positive e negative che interessano tutta la famiglia umana Prima
conseguenza stato, in alcuni Paesi, lincontro tra la Chiesa e il Movimento
operaio, nato da una reazione di ordine etico ed esplicitamente cristiano contro una diffusa situazione di ingiustizia La seconda conseguenza riguarda i
popoli dellEuropa. Molte ingiustizie, individuali e sociali, regionali e nazio-
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nali, sono state commesse negli anni in cui dominava il comunismo ed anche
prima; molti odi e rancori si sono accumulati. reale il pericolo che questi
riesplodano dopo il crollo della dittaturaOccorrono, per, passi concreti per
creare o consolidare strutture internazionali capaci di intervenire, per il conveniente arbitrato, nei conflitti che insorgono tra le Nazioni,.. Per alcuni Paesi
di Europa inizia, in un certo senso, il vero dopoguerra. Il radicale riordinamento delle economie giusto che nelle presenti difficolt i Paesi ex-comunisti siano sostenuti dallo sforzo solidale delle altre Nazioni
La propriet privata e luniversale destinazione dei beni
Nella Rerum novarum Leone XIII affermava con forza e con vari argomenti,
contro il socialismo del suo tempo, il carattere naturale del diritto di propriet
privata. Tale diritto stato sempre difeso dalla Chiesa fino ai nostri giorni.
Parimenti, la Chiesa insegna che la propriet dei beni non un diritto assoluto, ma porta inscritti nella sua natura di diritto umano i propri limitiNel
nostro tempo diventa sempre pi rilevante il ruolo del lavoro umano, come
fattore produttivo delle ricchezze immateriali e materiali; diventa, inoltre,
evidente come il lavoro di un uomo si intrecci naturalmente con quello di
altri uomini. Oggi pi che mai lavorare un lavorare con gli altri e un lavorare
per gli altri: un fare qualcosa per qualcuno. Ma unaltra forma di propriet
esiste, in particolare, nel nostro tempo e riveste unimportanza non inferiore
a quella della terra: la propriet della conoscenza, della tecnica e del sapere. Si ora accennato al fatto che luomo lavora con gli altri uomini, partecipando ad un lavoro sociale che abbraccia cerchi progressivamente pi
ampi. Chi produce un oggetto, lo fa in genere, oltre che per luso personale,
perch altri possano usarne dopo aver pagato il giusto prezzo, stabilito di comune accordo mediante una libera trattativa. Ora, proprio la capacit di conoscere tempestivamente i bisogni degli altri uomini e le combinazioni dei
fattori produttivi pi idonei a soddisfarli, unaltra importante fonte di ricchezza nella societ moderna... Cos diventa sempre pi evidente e determinante il ruolo del lavoro umano disciplinato e creativo e quale parte
essenziale di tale lavoro delle capacit di iniziativa e di imprenditorialit
Se un tempo il fattore decisivo della produzione era la terra e pi tardi il ca-
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stizia sociale entro un quadro di forze profondamente mutato. Il mercato diventato globale ha stimolato anzitutto, da parte di Paesi ricchi, la ricerca di
aree dove delocalizzare le produzioni di basso costo al fine di ridurre i prezzi
di molti beni, accrescere il potere di acquisto e accelerare pertanto il tasso di
sviluppo centrato su maggiori consumi per il proprio mercato interno. Conseguentemente, il mercato ha stimolato forme nuove di competizione tra Stati
allo scopo di attirare centri produttivi di imprese straniere, mediante vari strumenti, tra cui un fisco favorevole e la deregolamentazione del mondo del lavoro. Questi processi hanno comportato la riduzione delle reti di sicurezza
sociale in cambio della ricerca di maggiori vantaggi competitivi nel mercato
globale, con grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali
delluomoLa mobilit lavorativa, associata alla deregolamentazione generalizzata, stata un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perch
capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture
diverse. Tuttavia, quando lincertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilit e di deregolamentazione, diviene endemica,
si creano forme di instabilit psicologica, di difficolt a costruire propri percorsi
coerenti nellesistenza, compreso anche quello verso il matrimonio Oltre
quarantanni dopo la Populorum progressio, il suo tema di fondo, il progresso,
resta ancora un problema aperto, reso pi acuto ed impellente dalla crisi economico-finanziaria in attoLa novit principale stata lesplosione dellinterdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come globalizzazione.
Il mercato funziona solo se...
Il mercato, se c fiducia reciproca e generalizzata, listituzione economica
che permette lincontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri il mercato,
lasciato al solo principio dellequivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidariet e di fiducia reciproca, il mercato non
pu pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi questa
fiducia che venuta a mancare, e la perdita della fiducia una perdita grave
366
Il mercato non , e non deve perci diventare, di per s il luogo della sopraffazione del forte sul debole. La societ non deve proteggersi dal mercato,
come se lo sviluppo di questultimo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani La vita economica ha senzaltro bisogno del
contratto, per regolare i rapporti di scambio tra valori equivalenti
Gli scopi sociali dellimpresa
Leconomia globalizzata sembra privilegiare la prima logica, quella dello scambio contrattuale, ma direttamente o indirettamente dimostra di aver bisogno
anche delle altre due, la logica politica e la logica del dono senza contropartita un fatto che si va sempre pi diffondendo il convincimento in base al
quale la gestione dellimpresa non pu tenere conto degli interessi dei soli
proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie
di soggetti che contribuiscono alla vita dellimpresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunit di riferimento. Negli ultimi
anni si notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso
rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi
tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre
pi conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i
territori, in cui opera
Preservare i vincoli di giustizia
Non c motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito allestero piuttosto che in patria. Devono per essere fatti salvi i vincoli
di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si formato e dei
danni alle persone che comporter il suo mancato impiego nei luoghi in cui
esso stato generato. Bisogna evitare che il motivo per limpiego delle risorse
finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di
breve termine, e non anche la sostenibilit dellimpresa a lungo termine, il
suo puntuale servizio alleconomia reale e lattenzione alla promozione, in
modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo. La delocalizzazione buona e cattiva.
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IL LAVORATORE RITROVATO
(Stralci)
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mico. A che punto siamo arrivati? Al punto che non siamo consci di questa
dignit della persona; questa dignit del lavoro. Ma oggi la figura di san Giuseppe, di Ges, di Dio che lavorano, ci insegnano la strada per andare verso
la dignit. Oggi non possiamo dire pi quello che diceva san Paolo: Chi non
vuol lavorare, non mangi, ma dobbiamo dire che chi non lavora o non trova
la possibilit di lavorare, ha perso la dignit! Anzi, la societ ha spogliato questa persona di dignit!
Poi, il 18 maggio 2013, nella veglia di Pentecoste, Papa Francesco, ritornava
sul tema del lavoro, della crisi economica, della finanza rapace.
...Non interessa se la gente muore di fame, se non ha niente. Ci si preoccupa
delle banche o della finanza... Nella vita pubblica se non c' l'etica tutto possibile. Leggiamo sui giornali quanto la mancanza di etica fa tanto male all'umanit intera... Se cadono gli investimenti, le banche, tutti a dire che una
tragedia. Se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa
niente... Questa la nostra crisi... Ci sono pi martiri oggi che nei primi secoli
della Chiesa, fratelli e sorelle nostri che soffrono. Fa male al cuore dire che
trovare un barbone morto di freddo non notizia mentre lo uno scandalo;
pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non notizia, questo
grave. Ma il martirio non mai una sconfitta, il grado pi alto della testimonianza che dobbiamo dare. Noi siamo il cammino e il martirio.
Infine l'intervento svolto nel corso dell'Udienza generale del 5 giugno 2013 e
quasi interamente dedicato alla giornata per l'ambiente.
"I soldi comandano ma Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la
terra non ai soldi, ma a noi, gli uomini e le donne, noi abbiamo questo compito... Se muore una persona non notizia, se tanti bambini non hanno da
mangiare non notizia, sembra normale, non pu essere cosi... Non abituiamoci al superfluo e allo spreco di cibo... Vorrei che prendessimo l'impegno
contro la cultura dello spreco, per una cultura della solidariet e dell'incontro... Si cura la terra perch dia frutto e perch questo frutto sia condiviso:
una indicazione di Dio data non solo all'inizio della storia, ma a ciascuno di
noi, parte del suo progetto, vuole dire far crescere il mondo con responsabilit, farlo crescere perch sia un giardino abitabile per tutti... Si dimentica
la persona perch quello che comanda il denaro".
370
IL LAVORATORE RITROVATO
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Turone Sergio; 50, 52, 77
Trentin Bruno; 13, 58, 59, 170, 175, 176, 186
Ugolini Bruno; 170
Uhlman Fred; 7, 8
Valiani Leo; 149
Valletta Vittorio; 52, 197, 198
Van Basten Marco; 164
Veltroni Walter; 100, 122, 175
Vendola Nichi; 135
Viglianesi Italo; 78, 79
Visco Vincenzo; 162
Visentini Bruno; 67, 88, 117, 248
Von Hayek Friedrich; 149
Voltaire; 243
Wehner Herbert; 40, 300
Winterkom Martin; 199
Zapatero Jos Luis Rodriguez; 233
Zavoli Sergio; 53
Zetsche Dieter; 198
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IL LAVORATORE RITROVATO
GLOSSARIO
Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane
Alcoa, Aluminium Company of America
Bot, Buoni Ordinari del Tesoro
Br, Brigate Rosse
Cdu, Christlich Demokratische Union
Cee, Commissione Economica europea
Censis, Centro Studi Investimenti Sociali
Cgia, Confederazione generale dell'Artigianato
Cgdl, Confederazione Generale del lavoro
Cgil, Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Cisl, Confederazione Italiana Sindacato Lavoratori
Consob, Commissione Nazionale per le societ e la Borsa
Csu, Christlich Soziale Union
Dc, Democrazia Cristiana
Ebri, European Brain Research Institute
Eni, Ente Nazionale Idrocarburi
Etui, European Trade Union Institute
Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino
Fim, Federazione Italiana Metalmeccanici
Fiom, Federazione Impiegati e Operai Metallurgici
Flm, Federazione Lavoratori Metalmeccanici
Ig Metall, Industriegewerkschaft Metall
Imu, Imposta Municipale Unica
Inail, Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro
Inps, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Irap, Imposta Regionale sulle Attivit Produttive
Iri, Istituto per la Ricostruzione Industriale
Irpef Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche
Ismu, Iniziative e Studi sulla Multietnicit
Istat, Istituto Nazionale di Statistica
400
GLOSSARIO
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IL LAVORATORE RITROVATO
INDICE
Gli Autori
Giorgio Benvenuto, nato a Gaeta l8 dicembre 1937.
Si laureato a 22 anni in giurisprudenza. La tesi Natura e funzioni delle
Commissione Interne in Diritto del lavoro con il Professore Francesco Santoro Passarelli stata pubblicata.
E entrato nella UIL IL 1 ottobre 1955. E stato Segretario Confederale della
UIL (1968-1969), Segretario Generale dei metalmeccanici della UILM e
della FLM (1969-1976), Segretario Generale della UIL (1976-1992) e della
Federazione CGIL-CISL-UIL (1976-1984).
E stato pi volte negli anni settanta ed ottanta vice presidente della Federazione Europea Metalmeccanici (FEM); vice presidente della Confederazione Sindacale Europea (CES); consigliere del Consiglio Nazionale
Economia e Lavoro (CNEL).
Segretario Generale del Ministero delle Finanze (1992-1993).
Segretario Nazionale del PSI (febbraio-giugno 1993).
Parlamentare alla Camera dei Deputati e al Senato per tre legislature
(1996-2008) ha ricoperto lincarico di Presidente delle Commissioni Finanze e Tesoro.
Economista ed esperto in materie scali, insegna alla Scuola Superiore
della Guardia di Finanza. E autore di molti saggi sulla nanza, sulla politica,
sul sindacato, sui partiti.
E attualmente il Presidente della Fondazione Bruno Buozzi e Vice Presidente della Fondazione Giacomo Brodolini.
Antonio Maglie, premio giornalistico Saint Vincent per le inchieste nel
1999, inviato del Corriere dello Sport-Stadio.
Ha fatto parte del gruppo dei fondatori del Quotidiano di Brindisi, Lecce e
Taranto ricoprendo l'incarico di vice-caporedattore. Ha collaborato all'Ucio Stampa della Uil durante la Segreteria di Giorgio Benvenuto.
E' stato vice-segretario dell'Associazione della Stampa Romana agli inizi
degli anni novanta.
Tra i libri pubblicati: La disfatta (Limina, 2003) sulla crisi economica del calcio professionistico.
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97290040589
Chi ha solo il CUD potr consegnare in posta il modello compilato nella
parte recante lindicazione scelta per la destinazione del 5 per mille dellIRPEF.
A chi volesse invece inviare contributi il bonifico deve essere effettuato a
favore della Fondazione Bruno Buozzi con la causale liberalit al seguente Iban: IT05K 03069 05065 000006406344.
FONDAZIONE BRUNO BUOZZI
via Sistina, 57 - 00187 Roma
tel. 066798547 fax 066798845
sito: www.fondazionebrunobuozzi.it
e-mail: [email protected]
twitter: @FondBrunoBuozzi - twitter: @giorgiobenvenut
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